Laboratorio di Misure Fisiche per Scienze Biologiche Misure di ottica LUCE POLARIZZATA: LEGGE DI MALUS Richiami di teoria (Ragozzino et al. Fondamenti di Fisica, pp.458-460) Il piano di polarizzazione di un’onda elettromagnetica è il piano formato dalla direzione di propagazione dell’onda con la direzione del vettore campo elettrico E. Una lamina polarizzatrice è costituita da materiale otticamente anisotropo che lascia passare la componente del campo elettrico parallela al suo asse di trasmissione ed assorbe fortemente la componente del campo elettrico perpendicolare all’asse di trasmissione. La direzione di polarizzazione è fissata nel processo di fabbricazione della lamina. La trasmittanza di un polarizzatore, quando su di esso incide un fascio di luce polarizzato linearmente, è definita come il rapporto fra l’intensità I della luce trasmessa e l’intensità I0 della luce incidente. Se consideriamo un polarizzatore ideale che trasmetta solo la componente parallela al suo asse di trasmissione, ed assorba completamente la componente perpendicolare, l’espressione della trasmittanza si riduce alla legge di Malus I T= = k1 cos2 α 1) I0 dove k1 è il coefficiente di trasmissione e α è l’angolo fra il piano di polarizzazione dell’onda incidente e l’asse di trasmissione del polarizzatore. In un polarizzatore reale k1 dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione e per la luce bianca assume valori dell’ordine di 0.4. Svolgimento dell’esperienza Si hanno a disposizione una lampada a bassa tensione, uno schermo con un’apertura centrale, due polarizzatori lineari, di cui uno montato su un goniometro, un fotodiodo collegato con un multimetro digitale. L’uso combinato della lampada, dello schermo e del polarizzatore montato su supporto fisso serve a definire un fascio di luce polarizzato linearmente di bassa intensità. Il polarizzatore montato sul goniometro funge da analizzatore in quanto la sua direzione di polarizzazione può essere liberamente ruotata di un angolo misurabile. Il sistema formato da un polarizzatore e da un analizzatore montati su un supporto adatto, viene detto polarimetro. Il fotodiodo viene usato per misurare l’intensità luminosa poiché, quando illuminato fornisce una tensione che, in opportune condizioni, è proporzionale all’intensità luminosa. Per intensità luminose troppo elevate la risposta del fotodiodo non è più lineare e raggiunge un valore di saturazione, per cui è opportuno usare intensità relativamente basse. Lo schermo serve appunto a selezionare una parte del cono di luce generato dalla lampada. - Si allineino lampada, schermo, polarizzatori e fotodiodo in modo che il fascio di luce cada sulla superficie del fotodiodo. - Si tolga l’analizzatore e si regoli la distanza relativa tra lampada e schermo in modo che il segnale sia inferiore a 8 V. Si eviti quanto più possibile che luce non proveniente dalla lampada incida sul fotodiodo. A questo proposito occorre notare che la misura andrebbe realizzata in condizioni di massima oscurità ambientale. Si consiglia pertanto di ridurre al minimo tutte le fonti di luce (per esempio spegnendo tutte le luci e sistemando un’unica lampada sotto il tavolo) e di mantenere l’intensità della luce ambiente il più costante possibile. - Si rimetta quindi al suo posto l’analizzatore e si misuri il segnale del fotodiodo per diverse orientazioni ϑ dell’asse di trasmissione dell’analizzatore. Si faccia compiere al goniometro un giro completo (360°) e si prenda un valore di tensione almeno ogni 20°. - Si cerchi di determinare con la massima precisione possibile le due posizioni ϑm e ϑM corrispondenti alla tensione minima V m ed a quella massima VM. Elaborazione dei dati L’intensità della luce che incide sul fotodiodo è proporzionale alla tensione generata dal fotodiodo e letta sul multimetro, per cui la legge di Malus I = k1I 0 cos2 α 2) può essere riscritta sostituendo alle intensità luminose le tensioni misurate. Inoltre poiché sul fotodiodo incide anche luce dell’ambiente non proveniente dall’analizzatore e non si conosce a priori la direzione di polarizzazione della lamina, i dati sperimentali possono essere interpretati dalla seguente equazione V − Vm = (VM − Vm )cos 2 (ϑ − ϑM ) 3) dove Vm è la tensione minima misurata dal fotodiodo corrispondente all’intensità della luce ambientale e VM è il valore massimo della tensione. Si grafichi V in funzione di ϑ Per una verifica quantitativa, si può considerare questa relazione nella forma: V − Vm = ϑ − ϑM ar cos 4) V − V m M Si grafichi il primo termine di questa uguaglianza in funzione di ϑ (espresso in radianti) e si verifichi che i dati siano compatibili con una retta. Si tracci la retta migliore che approssima i dati sperimentali. Si determinino dal grafico i valori della pendenza e dell’intercetta della retta, possibilmente con la loro indeterminazione. Nota: per il calcolo dell’errore occorre ricordare quanto segue: a) La propagazione dell’errore nel caso di una funzione di più grandezze fisiche del tipo f (x, y) si df df df si intende la derivata della ottiene dalla formula ∆ f ( x,y) = ∆x + ∆y dove con dy dx dx funzione f rispetto alla sola variabile x considerando costanti tutte le altre variabili. 2 df df 2x x2 ∆x + ∆y = ∆x + − 2 ∆y Per esempio l’errore per f (x, y) = x y vale ∆ f ( x,y) = dx dy y y d ar cos(x ) 1 b) La derivata della funzione arcos(x) è =− 1 dx (1 − x 2 ) 2 Riferendoci all’equazione 4), l’errore finale risulta quindi dalla somma di tre contributi: ∆ar cos V − Vm d ar cos V − Vm VM − Vm = VM − Vm dVm V − Vm d ar cos ∆V + VM − Vm m dVM V − Vm d ar cos ∆V + VM −Vm M dV ∆V c) Per calcolare l’errore occorrera’ derivare la funzione composta arcos(X). A tale scopo si puo’ procedere come segue. Posto X = V − Vm VM − Vm 1 2 ed Y = V − Vm allora VM − Vm V − Vm d ar cos VM − Vm dVm V − Vm 1 d d ar cos( X ) dX dY V −V 2 d ar cos( X ) dY m = M = dX dY dVm dX dY dVm 1 d ar cos(X ) dY 2 Si noti infine che il termine è presente in tutti i contributi per cui l’errore dX dY diventa V − Vm ∆ar cos VM − Vm 1 = 2 2 X 1− X V − Vm d VM − Vm ∆V + m dVm con facile sviluppo dei calcoli. V − Vm d VM − Vm ∆V + M dVM V − Vm d VM − Vm ∆V dV