18 sabato 15 giugno 2013 Reportage UNA NATURALISTA A PASSEGGIO Alla scoperta del Parco regionale del Ljubljansko barje, un’area che trae origine due milioni di anni fa || Tartaruga dalle orecchie rosse || Capanno da birdwatching alla Koščeva učna pot La palude di Lubiana, un am di Chiara Veranić || Campi di fertilissima terra nera I l Ljubljansko Barje, ovvero la Palude di Lubiana, della quale mi accingo ad andare alla scoperta, è una vasta superficie piana che si estende tra la capitale della Slovenia e le località di Vrhnika e Škofljica. Ha avuto origine all’incirca due milioni d’anni or sono dallo sprofondamento di un bacino in cui grosse quantità di sedimenti portati dalle acque locali finirono con lo sbarrare il corso del fiume principale, provocando l’inondazione dell’intera area. Circa 6.000 anni fa, il verificarsi di un vasto prosciugamento fece scomparire l’antico lago, lasciando il posto a una pianura paludosa. Con l’andare dei millenni, in essa si formarono spessi strati di torba, un carbone particolare dalla struttura feltrata, in cui si riescono a distinguere facilmente i muschi e le piante acquatiche che l’hanno generato. Un fiume molto particolare Le costanti alluvioni stagionali furono il motivo principale che portò a vari tentativi di prosciugamento e drenaggio, iniziati già all’epoca degli antichi romani, che per primi costruirono in loco una strada e regolarono il corso del fiume Lubljanica, allo scopo di trasportare il marmo dalle vicine cave di Podpeč verso l’appena fondata città di Emona. La vena acquea principale del Barje era e continua a esserlo un fiume molto particolare. Esso nasce ai piedi dello Snežnik (Monte Nevoso), s’inabissa e riemerge nel Carso varie volte per scaturire finalmente a Močilnik nei pressi di Vrhnika da tre splendide sorgenti dall’acqua color verde cupo. Per un lungo periodo, il fiume rappresentò un’importante fonte di vita e soprattutto un’indispensabile via di comunicazione, ma le sue continue esondazioni spinsero l’uomo a modificarne l’imprevedibile corso. L’estrazione della torba, pratica dannosa Ulteriori grosse opere di prosciugamento vennero perciò eseguite nel XVI e nel XVIII secolo, ma l’estrazione della torba, che rappresentava un’attività più redditizia dell’agricoltura, peggiorò la situazione, provocando nuove alluvioni in quanto con la sua asportazione venne a mancare il tampone naturale che essa costituiva. Nel 1875, proprio nel corso dello scavo di un canale di drenaggio nei pressi di Ig, vennero alla luce i resti di palafitte, numerosi oggetti in ceramica, utensili e scheletri che il fango aveva celato e protetto per migliaia d’anni. Erano le vestigia delle popolazioni preistoriche che dal neolitico all’età del bronzo avevano abitato le rive dell’antico lago e le paludi. Le antiche popolazioni Dalle ricerche effettuate dagli studiosi si è potuto appurare che appartenevano a una civiltà diffusa anche in altre aree a settentrione della penisola Appenninica e nelle vallate umide delle Alpi. Queste antiche popolazioni costruivano le loro capanne sui tronchi infissi nel fango e si occupavano di agricoltura, allevamento, raccolta e caccia. Veneravano la Madre Terra e il Sole, fabbricavano splendidi oggetti in ceramica e conoscevano anche l’arte di fondere utensili in bronzo, come dimostrato dagli stampi, dai crogioli e dagli ugelli per i soffietti rinvenuti in loco. Il suolo acquitrinoso dell’area e la stabilità delle sue caratteristiche hanno fatto in modo da conservare parecchi resti di origine organica, tra i quali il più importante è rappresentato da una ruota in legno di un’età che supera i 5.000 anni. Gli insediamenti palafitticoli Dal 2011 gli insediamenti palafitticoli delle Alpi sono entrati a far parte del patrimonio mondiale patrocinato dall’UNESCO e due di essi, opportunamente studiati, si trovano proprio nel Barje, mentre i reperti sono custoditi presso il Museo nazionale di Lubiana. Purtroppo, il segno della loro presenza è stato cancellato dalla bonifica, poiché in ogni caso, una volta esposti all’aria, i resti materiali sarebbero andati distrutti. Non mi riesce però difficile, osservando il paesaggio, d’immaginare decine di piroghe sull’acqua, intorno alle capanne di legno sulle palafitte, con gli abitanti intenti a svolgere i loro lavori quotidiani. L’origine della nebbia lubianese Nonostante le opere massicce che hanno trasformato gran parte della palude in terreno coltivabile, la coabitazione tra l’uomo e la natura ha creato un ambiente assolutamente particolare, dalla grande biodiversità, nel quale i campi di fertilissima terra nera si alternano a pascoli, prati umidi, boschetti alluvionali, saliceti, fossati e siepi che osservo con attenzione durante il mio percorso. Si è giunti però a un punto cruciale, poiché la palude, che un tempo costituiva l’abitat prevalente, di anno in anno si riduce e sta praticamente scomparendo, nonostante gli sforzi di chi combatte per salvare il salvabile. Molti infatti considerano il Barje la causa della famosa nebbia lubianese, reputandolo inoltre un ambiente Reportage || Una delle sorgenti della Ljubljanica || Carici ai bordi del lago di Podpeč sabato 15 giugno 2013 19 || Un bosco alluvionale mbiente che sta scomparendo || Reperti in ceramica dei palafitticoli || Resti delle fondamenta di un antico abitato || La fritillaria, regina dei prati umidi insalubre con nugoli d’insetti. Eppure, in questo biotopo multiforme, vivono ancora numerosissime specie di piante e animali acquatici e, soprattutto, vi nidifica un centinaio di specie d’uccelli, mentre parecchie vi svernano o sostano per rifocillarsi durante le migrazioni. Anche se il Barje copre soltanto l’un per cento del territorio sloveno, ospita volatili rari come il re di quaglie (Crex crex) il cui nome latino deriva proprio dal caratteristico verso dell’animale, che gli sloveni chiamano kosec (il falciatore) poiché il suono da esso prodotto è simile al rumore della cote sulla falce. giallo, rane comuni e varie specie di pesci (trote californiane, carpe erbivore, persici sole, salmerini di fonte, pesci gatto nebulosi), mentre le testuggini palustri europee stanno diventando sempre più rare, soppiantate dalle tartarughe a orecchie rosse originarie del Centro e Sud America, che i proprietari degli acquari casalinghi scaricano nell’area allorché gli animali raggiungono dimensioni troppo grandi. Ecco che allora quest’ultime entrano in competizione con le autoctone per il cibo e per la conquista dei cespi d’erba dove ambedue le specie amano crogiolarsi al sole. Tartarughe in competizione Negli acquitrini, che si fanno sempre più rari, e soprattutto ai bordi dei corsi d’acqua, vivono altre specie invasive come le nutrie, che amano scavare gallerie negli argini aumentando seriamente l’erosione. Nutrendosi quasi esclusivamente di vegetali producono danni ingenti anche all’agricoltura. Un altro ospite non gradito è rappresentato dall’ondatra o topo muschiato, un animale semiacquatico originario del Nordamerica e introdotto in Europa il secolo scorso. Voracissimo, si nutre di radici, foglie, piante acquatiche, corteccia d’albero, molluschi e insetti, minacciando seriamente un ambiente in cui non esiste un suo nemico naturale. Nei punti in cui la vegetazione è più folta i richiami degli uccelli non cessano un momento. Ne vedo un paio lungo la Koščeva učna pot (Sentiero didattico del re di quaglie) ma, soprattutto, riesco ad osservarne alcuni dal capanno da birdwatching posto in mezzo ai prati umidi. Nel Barje vivono infatti il chiurlo grande, la quaglia comune, la pavoncella, l’allodola e l’assiolo, il più piccolo strigide europeo dopo la civetta nana, dalle dimensioni di un merlo. Fino a una decina d’anni fa, vi nidificava anche il falco grillaio, che purtroppo ha abbandonato il territorio. Nelle acque abbondano ululoni dal ventre Gli ospiti non graditi || Il trifoglio d’acqua L’invasione delle piante alloctone I vasti prati umidi sono popolati da ben 89 specie di variopinte farfalle, alcune delle quali, dipendendo totalmente dalle piante di cui si nutrono i loro bruchi (pimpinella maggiore, genziana mettinborsa), risultano particolarmente rare e quindi estremamente minacciate. Tra le piante di questi prati spicca la fritillaria, dai caratteristici fiori a quadretti, comune in alcune parti d’Europa, ma abbastanza rara in Slovenia e Croazia, e quindi protetta. Anche tra le piante si notano un paio di specie estranee, introdotte dall’uomo. Tra le principali, il poligono del Giappone e soprattutto la verga d’oro del Canada, che con la loro rapida diffusione, creano delle monocolture, eliminando dagli areali conquistati le piante autoctone. L’ambrosia, che purtroppo anche qui è estremamente diffusa, è invece la più nociva per la salute dell’uomo, in quanto, com’è noto, il suo polline rappresenta un fortissimo allergene che provoca potenti riniti nelle persone sensibili. Le sorgenti della Ljubljanica Tra le numerose attrattive del Barje, oltre alle sorgenti del fiume Ljubljanica, c’è anche il lago di Podpeč, accanto all’abitato || Ranuncoli d’acqua sulla torba di Jezero, dove mi fermo un po’ più a lungo perché ferve di vita. Questo bacino carsico possiede un particolare regime idrico, poiché è nutrito da sette minuscole sorgenti; le sue acque defluiscono nel sottosuolo, inghiottite da un imbuto alla profondità di 51 metri, che ne fa quindi uno degli specchi d’acqua più singolari della Slovenia. Al Mali Blatec si trova invece ciò che rimane dell’antica torbiera, il che dà l’idea di come fosse il Barje migliaia d’anni fa, prima che l’uomo ne modificasse l’aspetto. Speriamo che prevalga la ragione... In barba a tutti gli interventi antropogeni, esso resta un’area umida e, oltretutto, rappresenta il serbatoio che disseta la capitale. Ha inoltre un’importante azione protettiva, poiché accoglie il surplus nei periodi delle piene stagionali, per non parlare della sua vegetazione rigogliosa che produce ingenti quantità d’ossigeno. Mi auguro che in un prossimo futuro, la ragione prevalga sugli interessi economici di chi vorrebbe trasformarlo in un’immensa area agricola e che si riesca a conservare almeno ciò che resta di quell’antico ambiente naturale che per l’intervento umano è andato in gran parte perduto.