Scaffolding, ZSP e sfondo integratore (analogie)

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Scaffolding, ZSP e sfondo integratore (analogie)
Il termine scaffolding viene utilizzato in psicologia e pedagogia per indicare l'aiuto dato da una
persona ad un'altra per svolgere un compito. Il termine deriva dalla parola inglese scaffold, che
indica "impalcatura" o "ponteggio". Ci si riferisce alle impalcature di tipo edilizio, di legno o
di acciaio, che consentono agli operai di svolgere lavori di costruzione o ristrutturazione.
Il termine scaffolding venne utilizzato per la prima volta in ambito psicologico in un articolo scritto
da Jerome Bruner, come metafora per indicare l'intervento di una persona più esperta che ne aiuta
una meno esperta ad effettuare un compito, risolvere un problema o raggiungere un obiettivo che non
riuscirebbe a raggiungere senza un adeguato sostegno così come le impalcature sostengono gli operai
durante i lavori edilizi. Si tratta, dunque, del sostegno che un esperto (adulto o pari) offre ad un
apprendista durante la costruzione attiva del suo processo di apprendimento.
L'azione di sostegno, che si traduce in una forma di tutoraggio, necessita di una verifica costante che
la renda adeguata e rispondente ai reali bisogni ed ai livelli di competenza raggiunti dall'apprendista.
Per comprendere appieno il termine scaffolding può essere utile il concetto, teorizzato da Lev
Semënovi Vygotskij, di <<zona di sviluppo prossimale>>. Lo psicologo distingue due aree che
concernono lo sviluppo individuale di un soggetto:
area effettiva di sviluppo: si tratta delle competenze effettivamente acquisite ad un certo
momento dello sviluppo cognitivo di un individuo;
area potenziale di sviluppo: la stessa cosa, per le competenze potenzialmente acquisibili in un
futuro ravvicinato o che potrebbe già raggiungere attraverso l'aiuto di una persona esperta.
L'attività didattica deve essere effettuata tra l'area effettiva di sviluppo e quella potenziale, che viene
detta zona di sviluppo prossimale, cioè la distanza tra il livello effettivo di sviluppo e quello
potenziale. Lo scaffolding di Bruner e la zona di sviluppo prossimale di Vygotskij sono
complementari: l'insegnante opera un'attività di mediazione (scaffolding) e l'allievo viene sostenuto
da tale attività (zona di sviluppo prossimale). L'insegnante, quindi, aiuta l'allievo a rendere il
materiale di studio acquisibile, tale aiuto fornito nella zona prossimale viene detto scaffolding.
In pedagogia lo scaffolding indica un insieme di strategie di aiuto utilizzate da un individuo esperto
per agevolare il processo di apprendimento di un individuo.
Nell'apprendistato cognitivo
Secondo studi recenti (1995) effettuati da Allan Collins, John Seely Brown e Susan Newman,
lo scaffolding è una delle quattro fasi di un unico processo adottato come strategia per facilitare
l'apprendimento, che viene definito apprendistato cognitivo. Tale processo consta delle seguenti fasi:
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Modeling (modellamento) durante il quale l'esperto esegue il compito, mentre l'apprendista lo
osserva.
Coaching (allenamento) l'apprendista viene assistito, in questa fase, dall'esperto che interviene,
laddove necessario, fornendo feedback.
Scaffolding (assistenza) l'apprendista prova ad eseguire il compito con la guida dell'esperto.
Fading (allontanamento) l'esperto riduce il proprio sostegno fornendo solo qualche
suggerimento, perfezionamento o valutazione, ma lasciandolo procedere autonomamente.
Queste sono fasi molto importanti nel processo di apprendimento, che devono essere seguite
opportunamente per sviluppare nell'allievo l'automonitoraggio e l'autocorrezione delle sue capacità e
conoscenze e per arrivare al risultato finale: apprendimento di una competenza. Si tratta di un
processo che come metafora può essere accostata ad un'impalcatura, che deve essere di volta in volta
smantellata. L'azione di sostegno, che si traduce in una forma di tutoraggio, necessita di una verifica
costante che la renda adeguata e rispondente ai reali bisogni ed ai livelli di competenza raggiunti
dall'apprendista. Tale azione di sostegno offerta dal maestro richiede l'esercizio di alcune funzioni
tutoriali
Lo scaffolding, non è solo un sostegno intellettuale, tecnico o organizzativo, ma anche emotivo,
cognitivo e metacognitivo. Emotivo perché ha come finalità quello di stimolare l'allievo ad
apprendere, incoraggiarlo, spronarlo a superare eventuali barriere di tipo motivazionale.
Metacognitivo perché si propone di fare l'ulteriore passo in avanti e sostenere l'allievo non solo
nell'acquisizione di una specifica conoscenza o competenza, ma nello sviluppo delle abilità
metacognitive che gli consentiranno di imparare ad apprendere facilitando così il processo di
apprendimento continuo e gli permetteranno di fissarsi su processi più complessi come il pensiero
critico e la riflessione. Per fare questo chi fornisce aiuto deve valutare ciò che il discente già conosce
a partire dagli scopi prefissati o ai problemi d'apprendimento che possono esservi, fino ai processi
decisionali riguardo a delle problematiche poste in essere. Francesca Mastrogiacomi individua altre
tre modalità attraverso cui può essere fornito aiuto, oltre a quelle già citate: scaffolding concettuale,
strategico e procedurale. Con il supporto concettuale vi è una guida a cosa considerare oggetto di
apprendimento e nel riconoscere delle relazioni interne ai domini di conoscenza presi in
considerazione. Il supporto strategico offre modi diversi per affrontare i compiti; infine, il sostegno
procedurale guida il discente nel corretto utilizzo dell'intero sistema. Quindi, lo scaffolding consente
al discente di acquisire conoscenze, di capire in che modo abbia appreso, quale strategia abbia
seguito e, di conseguenza di rendersi conto dei progressi fatti. La presa di coscienza dei propri
progressi e la consapevolezza di essere all'altezza delle competenze richieste aiutano il discente ad
aumentare la propria autostima. Nell'articolo di Wood, Bruner e Ross, infatti, si menziona il fatto che
durante il percorso di apprendimento del soggetto bisogna continuamente effettuare una valutazione
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dei bisogni e verificare il livello di competenza raggiunto. Lo scaffolding è, dunque un processo che
deve essere continuamente adattato alle esigenze dei singoli individui, in base ai loro progressi. Il
maestro quindi struttura il compito e il processo di apprendimento creando una sorta di impalcatura
(appunto detta scaffolding) che sorregge l'allievo durante questo periodo permettendogli di
apprendere quelle nozioni che come detto devono essere adeguate alle sue abilità cognitive. Infatti, il
docente non ha la funzione di trasmettere solamente le conoscenze, ma di accompagnare l'allievo nel
suo intero percorso di apprendimento:
1. reclutare l'allievo;
2. definire gli obiettivi e mantenere questi ultimi;
3. adattare il compito alle capacità dell'allievo;
4. sottolineare gli aspetti fondamentali;
5. indicare possibili soluzioni o riduzioni dei gradi di libertà dell'alunno o del gruppo stesso.
Anche
in ambito
biologico
il termine scaffolding si riferisce
all'azione esercitata da
alcune proteine che hanno il compito di facilitare l'interazione di altre particolari proteine
aumentando il segnale.
Come già detto, nella teoria di Lev Vygotskij la zona di sviluppo prossimale (ZSP) è un concetto
fondamentale che serve a spiegare come l'apprendimento del bambino si svolga con l'aiuto degli altri.
La ZSP è definita come la distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di sviluppo potenziale,
che può essere raggiunto con l'aiuto di altre persone, che siano adulti o dei pari con un livello di
competenza maggiore. Infatti, a differenza dell'approccio piagetiano, Vygotskij non riteneva che il
bambino passasse attraverso diversi stadi e, dunque, "fosse pronto" ad apprendere nuove conoscenze
che prima non era in grado di ritenere, ma sostiene che il bambino impara da coloro che si trovano ad
un livello di conoscenza superiore.
Secondo Vygotskij, l'educatore dovrebbe proporre al bambino problemi di livello un pò superiore
alle sue attuali competenze, ma comunque abbastanza semplici da risultargli comprensibili;
insomma, all'interno di quell'area in cui il bambino può estendere le sue competenze e risolvere
problemi grazie all'aiuto degli altri (la ZSP, appunto). Questi problemi potranno, infatti, essere risolti
dal bambino aiutato da un esperto (l'educatore, un adulto o anche un pari con maggiori competenze
in quel campo), ma non dal bambino che non riuscirebbe ad affrontarli da solo (in quel caso
saremmo all'interno della zona di sviluppo attuale).
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La zona di sviluppo prossimale
Se il processo è impostato correttamente, la zona di sviluppo attuale del bambino si amplia,
includendo quella che in precedenza era la zona di sviluppo prossimale, in altre parole egli diventa
capace di eseguire autonomamente un compito che prima non sapeva eseguire. All'esterno della zona
di sviluppo attuale si crea una nuova zona di sviluppo prossimale.
Questo processo iterativo dovrebbe, dunque, permettere al bambino di acquisire nuove capacità
senza sperimentare la frustrazione del fallimento.
La progettazione educativa e il contesto: lo "sfondo integratore"
In Italia, è stata sviluppata una metodologia di intervento didattico che ha molte analogie con
lo scaffolding: lo sfondo integratore. Si tratta di un metodo, utilizzato all'interno dei percorsi
scolastici, di apprendimento contestualizzato. Tale proposta venne formalizzata negli anni ottanta
da Andrea Canevaro con la partecipazione di Paolo Zanelli, nell'ambito dell'Università degli Studi di
Bologna, cattedra di pedagogia speciale. La programmazione dei percorsi didattici per sfondi
integratori sorge prevalentemente dall'esigenza di integrare nei programmi scolastici gli alunni
“diversamente abili", di favorire la loro integrazione. Infatti, ha avuto molta diffusione nella scuola
dell'infanzia. Lo sfondo integratore è:
un contenitore di percorsi didattici per migliorare l'apprendimento dei discenti e che deve
essere condiviso da tutti;
un sollecitatore di situazioni problematiche;
un facilitatore dell'apprendimento dei discenti.
È uno strumento utile per rapportare l'organizzazione didattica al processo di sviluppo
evolutivo del bambino. Paolo Zanelli dice: “Quando si parla di sfondo integratore si parla in
primo luogo di uno sfondo istituzionale (particolare organizzazione contestuale di spazi,
tempi, mediazioni, regole di comunicazione) che favorisca l'autonoma organizzazione, da
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parte del bambino, delle proprie strategie di costruzione del mondo, favorendo l'auto
motivazione e il vissuto di connessione spazio temporale. Da questo punto di vista lo sfondo
appare come un contenitore, come una specie di cornice per la co-evoluzione delle diverse
identità." Dice ancora: “[…] In quanto struttura narrativa, lo sfondo viene a coincidere con
l'insieme di connotazioni, di significati particolari, condivisi dal gruppo classe e non
generalizzabili che auto motivano il lavoro dei bambini. Tali connotazioni mutano con lo
svilupparsi della storia educativa. Sono, perciò, paragonabili a una narrazione, che viene
costruita mentre viene vissuta e che collega nel tempo elementi diversi di realtà. Utilizzando
questa metodologia, i docenti organizzano l'ambiente di apprendimento dei discenti in
connessione con il loro vissuto emotivo ed affettivo e possono effettuare delle simulazioni
controllate, permettendo agli allievi di fare esperienze di attività strettamente connesse con il
proprio vissuto. Tale strumento permette di riconsiderare le proprie storie familiari e del
gruppo classe in uno scenario protetto e condiviso con gli altri, con l'aiuto di un soggetto che
media la situazione problematica. Si pone, dunque, come elemento contenitore di percorsi
didattici e ha come obiettivo la capacità di generare in modo spontaneo degli apprendimenti
di tipo costruttivo da parte dei discenti. Dopo il testo di Zanelli del 1986, il costrutto sfondo
integratore è stato sviluppato in due diverse direzioni.
1. Da una parte, come strumento per sostenere l'autonomia del bambino con disabilità e la
sua integrazione nel contesto della sezione. Così inteso, si presenta, in genere, come
un oggetto organizzatore delle attività del gruppo sezione (può consistere, ad esempio, in
una macchina, costruita utilizzando una carrozzina adattata e materiale di recupero, che
consenta al bambino di muoversi autonomamente negli spazi della scuola e divenga, per
l'intero gruppo dei bambini, un elemento organizzatore delle attività).
2. Dall'altra, è stato utilizzato come struttura di connessione narrativa. Nella pratica educativa,
lo sfondo integratore, così inteso, è spesso coinciso con la creazione di narrazioni, elaborate
insieme al gruppo dei bambini, allo scopo di favorire una percezione condivisa della
situazione e di facilitare, attraverso l'elaborazione di significati condivisi, i processi
comunicativi fra il gruppo di bambini e fra questi e gli adulti educatori.
Una sintesi degli sviluppi della riflessione sullo sfondo integratore, fino agli inizi degli anni 1990, si
può trovare nel testo collettivo Potenziali individuali di apprendimento.
Secondo gli autori, si possono individuare tre diverse forme fenomenologiche che hanno assunto, a
partire dalla seconda metà degli anni 1980, il concetto di sfondo integratore.
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1. Sfondo integratore come sfondo istituzionale. Consiste nell'organizzazione degli elementi
dell'ambiente (soprattutto spazi, materiali, tempi) e nell'utilizzo di elementi mediatori o
organizzatori delle attività (in linea con la pedagogia istituzionale).
2. Sfondo integratore come struttura di connessione narrativa. Consiste nell'utilizzo della
dimensione narrativa per costruire situazioni di condivisione di significati fra bambini e fra
gruppo di bambini ed insegnanti.
3. Sfondo integratore come sfondo metaforico. Si tratta di uno specifico strumento didattico
(influenzato, in parte, dalla pratica e dalla prospettiva terapeutica di Milton Erickson),
pensato per supportare l'integrazione di bambini con problematiche comunicative e con
forme di psicosi lievi. Consiste, praticamente, nel proiettare la situazione problematica su di
uno sfondo metaforico che, da una parte, ripropone gli elementi del problema, ma, dall'altra,
introduce nuovi elementi che consentono al bambino e al gruppo classe di ristrutturare la
situazione problematica e di farla evolvere.
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