Comunità Pastorale Ascensione del Signore XVII pe r annum B rn Mi preparo alla preghiera: scene di massa: allo stadio…code di auto in fila per il fine settimana…fiumane di gente che escono dalla metropolitana nelle ore di punta…cortei di dimostranti che percorrono la città…Un solo Dio, Padre di tutti! Dalla lettera di S.Paolo Apostolo agli Efesini (4,1 -6) Fratelli io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà., dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell' amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. Per una lettura spirituale (lectio divina) L’apostolo Paolo si presenta come “prigioniero a motivo del Signore”. Precedentemente, al cap. 3 della stessa lettera agli Efesini, v.1, si era definito “prigioniero di Cristo.” Tale appellativo ricorre anche in altre lettere paoline che pertanto vengono chiamate “lettere della prigionia”. Così nelle lettera ai Filippesi l’apostolo parla delle sue catene (1,7.17); ugualmente nella lettera ai Colossesi (4,3.18) dove nomina anche un Aristarco suo compagno di prigionia (4,10). Nella lettera a Filemone ritroviamo il titolo di “prigioniero di Cristo Gesù” (1,1). Nella II lettera a Timoteo, Paolo si presenta. “in carcere per lui” (1,8). Lettere della prigionia dunque. Ma di quale prigionia si tratta? Paolo subisce una prima prigionia a Cesarea, attestata in Atti 23,31 ss. Alcuni pensano anche ad una prigionia in Efeso, alla quale ascrivere la lettera ai Filippesi. Di questa prigionia non abbiamo testimonianza diretta, ma potrebbe trovare riscontro in Atti 19 e spiegare alcuni particolari della stessa lettera ai Filippesi. Certa è infine la prigionia romana di Paolo, probabilmente anzi due prigionie succedutesi a Roma. Alla prima (61-63 d.C) verrebbero assegnate le lettere ai Colossesi, agli Efesini, a Filemone, alla seconda, quella che si conclude con il martirio nel 67 d.C, apparterrebbe la II lettera a Timoteo. “Prigioniero a motivo Signore” è comunque per Paolo un titolo onorifico sul quale far leva per proporre autorevolmente le sue esortazioni ai cristiani. Prigioniero a motivo del Signore può essere inteso come prigioniero a causa di Cristo e del Vangelo; ma può anche inteso come: tutto consegnato a Cristo, alla sua causa, conquistato e quasi incatenato da Lui. Le due interpretazioni non si escludono, ma si compenetrano a vicenda. www.ascensionemonza.it 1 8/4/2015 Comunità Pastorale Ascensione del Signore XVII pe r annum B rn Forte di questo titolo, S. Paolo esorta i suoi cristiani a comportarsi in maniera degna della chiamata che hanno ricevuto. Paolo esorta, ma chi ha chiamato è il Signore. E’ al Signore quindi che i cristiani devono rispondere con la loro condotta, prima che all’apostolo. La risposta degna della vocazione consiste negli atteggiamenti della umiltà, della dolcezza, della magnanimità che hanno il loro coronamento nell’ amore (agape) capace di sopportazione (= accoglienza e perdono) reciproca. A questa esortazione se ne aggiunge una seconda: conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Ritroviamo qui il vocabolario fondamentale di cui Paolo si serve per tratteggiare la comunità cristiana: l’amore, l’unità, la pace come dono e frutto della azione dello Spirito. Segue una formula che ha il sapore di un inno liturgico: un solo Spirito, un solo Signore, un solo Dio e Padre di tutti. La vita della comunità cristiana, caratterizzata dall’amore, dalla pace e dall’unità in un solo corpo, nella condivisione di una sola speranza, di una sola fede e di un solo battesimo, viene così rimandata, come alla sua sorgente, all’amore, all’unità e alla pace della vita trinitaria tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Per una revisione di vita (esame di coscienza) L’anima mia magnifica il Signore (confessio laudis) che guarda l’umiltà dei suoi servi Padre, ho peccato verso il Cileo e davanti a te (confessio vitae) …umiltà…L’umiltà cristiana, in quanto cristiana, non può che essere riferita a Gesù Cristo. Si qualifica allora come riconoscimento della verità di Gesù Cristo come rivelatore del progetto di Dio sull’uomo e sul mondo per la sua salvezza. Umile è colui che non vuol essere diverso da Gesù Cristo né percorrere un cammino diverso dal suo: nascondimento (Betlemme, Nazaret…), povertà, dono di sé , sacrificio di Croce…come unico e vero percorso attraverso il quale l’uomo conosce la sua dignità, la sua grandezza, la sua esaltazione (Risurrezione). Sono umile così? …dolcezza…La dolcezza, o mitezza, cristiana, in quanto cristiana, non può che essere riferita a Gesù Cristo. Non è la virtù né del coniglio né della pecora. Ma di Gesù Cristo: Imparate da me che sono mite e umile di cuore. La dolcezza in Gesù Cristo è la forza e il coraggio di accettare fino alle estreme conseguenze la scelta dell’amore come unica possibile salvezza dell’uomo e della sua dignità, sconfessando ogni logica di forza, di costrizione, di potere, di aggressività, così come ogni logica di seduzione, di propaganda pubblicitaria, di plagio. Il bene nasce dall’amore e da nessuna imposizione. Ho la dolcezza di Gesù? …magnanimità… cioè l'animo grande. La magnanimità, in quanto cristiana, non può che essere riferita a Gesù Cristo. Ora il Cristo dall'animo grande, capace di grandi cose, è il Cristo sofferente, colui che si fa carico delle colpe degli altri, le prende su di sé, accoglie il sacrificio dovuto per i nostri peccati. E’ magnanimo perché non ce li ributta addosso, non si lava le mani come Pilato, non si tira www.ascensionemonza.it 2 8/4/2015 Comunità Pastorale Ascensione del Signore XVII pe r annum B rn indietro, non si dissocia da noi lasciandoci soli nelle nostre miserie…Ho la magnanimità di Cristo anche di fronte agli sbagli degli altri? Ed ho la magnanimità di Cristo anche di fronte ai miei sbagli? …sopportandovi a vicenda nell'amore… sopportarsi a vicenda è tenersi su a vicenda. Con amore. Sono uno che aiuta gli altri a tenersi su o sono uno che butta giù? Sono uno che sostiene o che scarica chi ha bisogno di aiuto? So gestire le mie difficoltà o le rovescio su chiunque mi passa accanto? …un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti… Sono parole che dovremmo continuamente ricordarci e meditare! Non c’è limite capace di contenere Dio, se non il limite stesso che Dio si è scelto: Gesù Cristo! Neanche la Chiesa contiene Dio. Neanche l’infallibilità della Chiesa contiene tutta la verità di Dio. Lo Spirito di Dio non soffia necessariamente solo sulla vela della barca di Pietro. E la capacità di amare e di fare il bene non è proprietà esclusiva dei credenti e dei battezzati! Come sarebbe più pieno di fiducia e di speranza il nostro sguardo sulla umanità e sul mo ndo se fossimo convinti che Dio è presente e agisce in tutti! Sono capace di vederlo quando mi guardo attorno e guardo chi mi sta attorno? Va’ in pace e non peccare più (confessio fidei): nella dolcezza e nella giustizia, Signore, riconduci i peccatori sulla retta strada. Per un cammino di conve rsione (penitenza) Una attenzione particolare all’esercizio della umiltà, della dolcezza e della magnanimità. www.ascensionemonza.it 3 8/4/2015