Il Sole 24 Ore Sanità - Anno XIII - n. 15 del 20

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Anno XIII - n. 15
Settimanale
20-26 aprile 2010
www.24oresanita.com
Poste Italiane Sped. in A.P.
D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004,
art. 1, c. 1, DCB Roma
Meno ricoveri, più assistenza a casa e interventi immediati salva-vita: il manifesto della società scientifica
Tutte le sfide della telemedicina
In arrivo le linee guida ministeriali - L’«ignoranza informatica» costa 862 milioni l’anno
I
n ospedale solo per le emergenze, il resto (anche le cronicità) si cura a casa. Interventi in tempo reale nelle emergenze con un risparmio di vite
umane fino al 4%. Gestione dei
servizi senza doppioni e code
inutili. Meno spese per la maggiore appropriatezza e a regime
niente costi per l’“ignoranza informatica” che vale 862 milioni l’anno. Sono gli obiettivi della telemedicina su cui la Società italiana (Sit) ha fatto il punto,
elaborando anche un manifesto
nazionale. E dal ministero della
Salute stanno per arrivare le linee guida per interventi omogenei in tutte le Regioni.
Gli esperti
«Le buone
Sboccia la nuova oncologia
pratiche siano
lo standard Cure più umane: 10 progetti in mostra - Dipartimenti al check
per l’Ict»
oncerti nei reparti, sportelli le», come annuncia il presidente
C
A PAG. 19
Strategie
Con i certificati
malattia
on line parte
l’era paperless
A PAG. 7
A PAG. 18-19
FARMINDUSTRIA
Frodi milionarie all’Erario - Fazio: perso il 5-10% del Fsn Farmacisti e Mmg i più popolari - Sud, crolla la fiducia
ruffe e sprechi rubano al
Ssn dal 5 al 10% del Fsn.
Si potrebbero recuperare ben 11
miliardi l’anno solo allineando
l’attività gestionale delle Regioni agli standard più elevati. Attorno a questi dati - e alle statistiche d’attività di Nas e Gdf, che
Malpractice,
tempo di mediare
G
razie al 28/2010 tra un
anno sarà obbligatorio
tentare la mediazione nelle
cause civili da malpractice
prima di rivolgersi ai giudici. Una strada intelligente
per sgonfiare il contenzioso
e restituire serenità al rapporto medico-paziente.
A PAG. 24
censiscono danni milionari all’Erario - si è snodato il dibattito
su legalità ed efficienza promosso da Farmindustria, che lancia
un patto di solidarietà con le
Regioni in rosso.
F
armacie e Mmg sono in cima alla classifica della
“popolarità” tra gli italiani, insieme agli «studi medici privati». Seguono, poi, i pediatri, i
laboratori e le cliniche. Promossi anche gli ospedali e i pronto
A PAG. 14-16 soccorso. Lo dice un’indagine
Cipomo, in termini di efficienza
e di comfort.
E, dal punto di vista organizzativo - secondo i primari, che
stanno lavorando a un’indagine
ad hoc - non può che essere il
Dipartimento la “forma” capace
di supportare l’umanizzazione
delle cure anti-cancro attraverso
l’approccio multidisciplinare.
Una strada però ancora in salita.
A PAG. 2-4
M
età degli eventi avversi correlati agli interventi chirurgici è stata giudicata «prevenibile»,
ossia potrebbe non essere mai successa. È sulla
base di questo dato che il ministero della Salute ha
presentato un video dimostrativo e un manuale per
la sicurezza in sala operatoria. Il problema della
sicurezza rappresenta infatti una priorità del Ssn e
sulla scorta delle campagne di sensibilizzazione dell’Oms, il ministero ha realizzato un video didattico,
scegliendo quindi uno strumento di comunicazione
efficace e immediato, che illustra le modalità di
esecuzione dei controlli per la sicurezza in sala
operatoria e ha lo scopo principale di influenzare il
A PAG.
12
A PAG.
Prosegue alla Affari sociali della Camera l’esame del
Ddl sulle dichiarazioni anticipate: a inizio giugno il testo
sarà in aula e il primo via libera è atteso entro due
settimane. La Commissione intanto ha proseguito a votare anche gli emendamenti al testo unificato sulla governance previsto in aula entro maggio. (Servizi a pag. 9)
A PAG. 10-11
▼ Patto per la salute: tra Governo e Regioni c’è la Stem
comportamento delle équipe operatorie, introducendo buone pratiche per la sicurezza dei pazienti.
In Italia si eseguono ogni anno circa 4,6 milioni di interventi chirurgici ma non ci sono dati
precisi sul numero degli infortuni a livello nazionale. Forse però la chiarezza del linguaggio cinematografico e le musiche di Nicola Piovani potranno
contribuire a diminuire i pur rari episodi di «negligenza», che in un contesto complesso e difficile
come la sala operatoria possono avere conseguenze gravi e in ogni caso ingiustificabili. (Ro.M.)
A PAG. 23
25
Biotestamento: l’aula si avvicina
Governo clinico a metà percorso
del Censis che mostra comunque come questa fiducia cali
sensibilmente al Sud e nelle
Isole. Qui i servizi ospedalieri
sono considerati «buoni» solo
dal 17,7% dei cittadini.
Chirurgia, la sicurezza va in video
GUIDA ALLA LETTURA
Primo Piano
a pag. 2 - 4
Dal Governo
6-7
In Parlamento
9
Dibattiti
10 - 11
In Europa
12
Cronache
13
Speciale
14 - 16
Aziende/Territorio
17 - 21
n Mercati&News
21
n Lavoro/Professione
23 - 27
n Fisco/Previdenza
25
n Medicinæ
26
n La Giurisprudenza
27
n
n
n
n
n
n
n
n
d’accoglienza, sostegno alla sessualità dei malati, accoglienza continua e “globale”. Sono andati in scena a Biella, nel
corso del convegno «Contaci»
promosso dalla rete oncologica
piemontese e dai primari del Cipomo, i semi della nuova oncologia ospedaliera italiana. Sempre più attenta all’umanizzazione delle cure e al vissuto dei
pazienti. Sempre più tesa a realizzare strutture «a cinque stel-
INDAGINE CENSIS
Caccia aperta agli sprechi Italiani soddisfatti del Ssn
T
LOTTA AI TUMORI
A PAG.
27
Programma Ue
Imprese&Tasse Consiglio di Stato
Dai trapianti
alla psichiatria:
ecco gli otto
bandi europei
che scadono
il prossimo
20 maggio
Entro aprile
i produttori
di medicinali
devono versare
all’Aifa il 5%
delle spese
promozionali
È legittimo
riservare
ai generalisti
una gara
pubblica per
la locazione
di immobili
Pronta per l’esame dei nuovi governatori prima della StatoRegioni la bozza di regolamento della struttura tecnica
“paritaria” Governo-Regioni. (Servizio a pag. 6)
▼ Organi: donazioni samaritane al vaglio del Cnb
Il Comitato nazionale di bioetica voterà il prossimo 22-23
aprile un parere sulle donazioni samaritane da parte di estranei
coperti da anonimato. (Servizio a pag. 6)
▼ Farmacia dei servizi: tra un mese i decreti attuativi
Pronte entro un mese le regole attuative del Dlgs 153/2009 che
fa della farmacia il front office del Ssn: l’annuncio di Fazio a
un convegno Federfama-Assofarm. (Servizio a pag. 21)
▼ Puglia: una rete più flessibile per i consultori
Via libera della Regione al Piano di riprogrammazione della
rete di consultori. Nuovi orari per le donne lavoratrici,
priorità alla prevenzione dell’aborto. (Servizio a pag. 20)
2
PRIMO PIANO
20-26 aprile 2010
TUMORI/ Ecco i progetti assistenziali più innovativi premiati alla mostra-convegno «Contaci»
Umana, sostenibile e responsabile: soffia
un vento nuovo nel cielo dell’oncologia
C
ambiamento, responsabilità, sostenibilità e umanizzazione: sono
queste le «parole fondenti» della
“nuova” oncologia, i termini programmatici della rivoluzione nella lotta al cancro
in corsia. Il congresso nazionale «Contaci
- Convivere con il tumore: studi, progetti
ed esperienze», che si è svolto a Biella il
19 e il 20 marzo, si è aperto proprio con
una sessione dedicata alle parole. Perché
ogni novità per farsi canone ha bisogno di
un dizionario comune, di un linguaggio
condiviso, di un nuovo repertorio.
«Abbiamo voluto rendere omaggio alle tantissime iniziative spontanee che sono nate e stanno crescendo in tutta Italia»,
ha spiegato Mario Clerico, direttore del
dipartimento di oncologia dell’Asl di Biella e promotore del convegno, sostenuto
dal Cipomo e dalla rete oncologica piemontese. «E abbiamo voluto farlo con i
pazienti, grazie a una proficua collaborazione con le associazioni Bianco Airone e
Grappoli».
La scommessa può dirsi vinta: nella
provincia piemontese sono accorsi primari e dirigenti oncologi, malati e operatori.
Hanno relazionato oltre 50 esperti. E, soprattutto, sono andati in mostra oltre 70
progetti, diligentemente selezionati e classificati, sulla base di una griglia di valutazione, da una commissione composta da
tre primari “pionieri” nell’umanizzazione
delle cure: Alessandro Bertolini (Valtellina), Giorgio De Signoribus (San Benedetto del Tronto) e Luciano Latini (Macerata). Tre i criteri utilizzati per stilare
l’elenco: il livello di innovazione, la ripro-
ducibilità e la ricaduta concreta sul benessere di pazienti, familiari o operatori.
Scorrendo i progetti (qui abbiamo potuto raccontare soltanto i primi dieci classificati), è evidente il filo rosso che li lega:
un’attenzione inusitata al benessere del
paziente che non si ferma al momento del
trattamento farmacologico ma cerca di
andare oltre. Per tutelare a 360 gradi la
sua qualità della vita, durante e dopo la
malattia. E allora largo all’arte nei reparti,
ai progetti di presa in carico globale, ai
vademecum sui diritti dei malati. Spazio
alla valorizzazione del ruolo degli infermieri, i più vicini ai bisogni dei pazienti e
spesso i più bistrattati. Largo al sostegno
delle famiglie, alla difesa della sessualità,
alla riabilitazione innovativa. La filosofia
è sempre la stessa: unire le forze delle
istituzioni, delle famiglie e del mondo del
volontariato per combattere la solitudine
dei malati mettendosi in ascolto. Delle
loro esigenze, delle loro richieste.
Incisivo e applauditissimo l’intervento
di Oscar Bertetto, direttore generale dell’Agenzia regionale per i servizi sanitari
del Piemonte e coordinatore operativo della rete oncologica piemontese. «I dati di
sopravvivenza a 5 anni differiscono molto
tra i vari Registri tumori, tra le varie Regioni e all’interno delle stesse Regioni»,
ha ricordato Bertetto. «Se un risultato è
10-15 volte minore significa che si possono introdurre modelli organizzativi diversi». Cambiare pagina, migliorare. Naturalmente sono le aree svantaggiate a pagare
lo scotto più alto, in termini di ritardo
diagnostico, inefficienza e salute. Bertetto
Carrara/ Largo ai «donatori di musica» in corsia
«N
oi della musica siamo gente perbene, e portiamo fortuna. Per
questo faccio un “appelletto” ai miei colleghi: venite a cantare
nel reparto di oncologia dell’ospedale di Carrara. Un concerto qui
vale molto di più di un tutto esaurito allo stadio». Parola di Renzo
Arbore, che il 18 gennaio scorso ha “donato” un’ora di magia a
malati e operatori del reparto carrarese guidato da Maurizio Cantore.
Arbore è in ottima compagnia: la lista dei musicisti che hanno
aderito al progetto “Donatori di musica” lanciato nel 2009 per realizzare e coordinare stagioni di concerti negli ospedali è ormai lunga.
Convinti, come Cantore non si stanca di sottolineare, che «l’esperienza emotiva e umana dell’ascolto della musica dal vivo è un diritto di
tutti, anche di chi si trova ad affrontare situazioni critiche».
“Donatori di musica” ha conquistato il secondo premio assegnato
dalla speciale giuria di Contaci. Meritatissimo. Anche perché non si
tratta di un’iniziativa “spot”, ma di una pratica ormai consolidata: da
quando Gian Andrea Lodovici, grandissimo critico musicale e
producer discografico da paziente ha aiutato a rafforzare l’idea nel
2007, si è arrivati oggi a quattro o cinque stagioni concertistiche
regolari, al quarto piano dell’ospedale civile. La prossima sta per
cominciare: si aprirà il 24 aprile alle 17 e prevede quattro concerti,
ogni sabato alla stessa ora (gli altri il 29 maggio, il 30 ottobre e l’11
dicembre). Carrara ha al suo attivo oltre 70 concerti aperti e gratuiti
con musicisti di valore assoluto. Che si esibiscono senza percepire
compensi e accettano di trattenersi dopo, perché i pazienti possano
conoscerli personalmente. Nell’ottica di abbattere le barriere tra
malato e sano, tra medico e paziente.
I “Donatori di musica” sono contagiosi. Si sono allargati a Reggio
Emilia, a Bolzano, a Sondrio, a San Bonifacio (Verona). E speriamo che
crescano ancora. Oggi hanno anche un sito: www.donatoridimusica.it
Torino 1/ Una casa «dedicata» per bambini e ragazzi
A
ccogliere e sostenere le famiglie italiane
o straniere messe Ko, anche economicamente, dalla malattia del figlio. Ospitarle
gratuitamente in un mini-appartamento per
l’intero periodo della cura. Ricomporre le
consuetudini personali, mantenere viva l’appartenenza culturale, garantire giochi, corsi
di lingua e laboratori creativi per mamme e
piccoli. Al terzo posto nella classifica stilata
a Biella si è piazzato il progetto “Una casa
dedicata”, promosso dalla onlus Unione genitori italiani (Ugi) per supportare i piccoli
pazienti del Centro oncoematologico dell’ospedale Regina Margherita di Torino.
Da trent’anni i volontari dell’Ugi lavora-
no fianco a fianco con gli operatori del
centro torinese. E dal 2006 ha preso corpo
il modello della “casa”, dell’accoglienza che
integra il percorso di cura. Oggi l’Unione
mette a disposizione gratuitamente 22 mini-appartamenti ricavati nell’ex stazione
Nord della monorotaria di Italia ’61 grazie
al contributo della Compagnia San Paolo e
della Fondazione Paideia. Si fa totale carico
delle spese di conduzione del complesso. E
accompagna i pazienti e le loro famiglie con
l’azione sinergica di assistenti sociali e volontari.
L’obiettivo è chiaro. «In questo luogo
confortevole e rassicurante che è Casa Ugi
- spiegano i promotori - la famiglia, sebbene
condizionata dai tempi delle terapie, è posta
nella favorevole condizione di riprendere
normali ritmi di vita, altrimenti difficili da
recuperare dopo i lunghi periodi di ospedalizzazione».
La presenza dei volontari è quotidiana.
Sono loro a fornire sostegno e aiuto, a
intrattenere i giovani ospiti e i loro genitori.
Non solo. Una collaborazione avviata con la
facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Torino permette anche agli studenti di partecipare alle attività ludico-didattiche della casa. Per rendere la battaglia
contro la malattia meno dura.
non ha dubbi: «Nella nostra programmazione occorre introdurre l’“equity audit”:
è ora di metterci in discussione».
Questa è la grande responsabilità delle
istituzioni. Tenendo dritta la barra della
sostenibilità. «Il Ssn - ha rilevato il direttore dell’Aress - non deve rispondere alla
domanda ma alle reali necessità, rispettando il principio etico dell’assicurare i risultati migliori con le risorse minori». Per
l’oncologia, strozzata dai costi dei farmaci innovativi, vale ancora di più. Ma ormai oncologi e malati lo sanno: basta
poco per fare moltissimo.
pagine a cura di
Rosanna Magnano
Manuela Perrone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fano 1/ Telefono 12 ore al dì
U
n filo diretto con gli oncologi del reparto per
avere consigli e informazioni sulle terapie anche
quando il day hospital è chiuso, nei giorni festivi e
pre-festivi settimanali. Il servizio di “pronta consultazione telefonica oncologica” è attivo da sei mesi all’Unità operativa complessa dell’ospedale Santa Croce di Fano, diretta da Rodolfo Mattioli. E si è aggiudicato il primo premio tra i 70 progetti in mostra a
Biella per originalità, riproducibilità e innovazione.
«Il nostro obiettivo - spiega il primario - è stato
quello di ridurre il senso di smarrimento del malato,
aprendo un efficace canale comunicativo con gli oncologi». Che ogni settimana a turno, tutti i giorni dalle 8
alle 20, sono telefonicamente reperibili. Un servizio
utile a costi tutto sommato sostenuti: oltre alla spesa
per l’acquisto di un telefonino dedicato e per l’attivazione di una linea telefonica, a ogni camice bianco
viene riconosciuto un compenso di 200 euro lordi per
settimana di reperibilità. I fondi utilizzati sono quelli
provenienti dai grant previsti dalle sperimentazioni
cliniche condotte dagli stessi dirigenti medici dell’Uo.
A pubblicizzare la novità ha contribuito la distribuzione a tutti i pazienti di una “oncology card”, grande
quanto una carta di credito, con il numero bene in
vista. Che è stato anche comunicato alle realtà assistenziali del territorio (gli altri reparti, i medici di
famiglia e di guardia medica, il “118”) e stampato
nell’intestazione delle lettere di dimissione.
In sei mesi di attività sono state ricevute complessivamente 88 chiamate, 16 in media al mese. Le domande più frequenti riguardano la gestione del dolore, i fenomeni di tossicità grastroenterologica, la febbre e la richiesta di aiuto psicologico. Il beneficio è
evidente: il paziente in chemio non si sente abbandonato, una volta fuori dal reparto. I “suoi” medici ci
sono.
Fano 2/ Obiettivo telemedicina
Caserta/ Le ferite dell’amore
Siena/ Un approccio olistico
L
L
A
a telemedicina applicata all’assistenza domiciliare oncologica.
È questa l’idea alla base del progetto presentato dal direttore
dell’Uoc Oncologia medica Ospedale Santa Croce di Fano (Pesaro Urbino), Rodolfo Mattioli, che si è classificato al quarto
posto. Il progetto nasce dall’esigenza di realizzare un sistema
informatico che permetta di mettere in comunicazione audiovisiva i malati oncologici domiciliari con i medici del reparto. Semplicità e immediatezza di utilizzo saranno le caratteristiche principali
del sistema informatico di comunicazione.
L’iniziativa è articolata in due fasi: in primis l’acquisto dell’hardware necessario alla realizzazione del sistema di comunicazione
audiovisiva e l’installazione dei software, a seguire saranno eseguiti tutti i test per verificare il corretto funzionamento del sistema
e infine verrà redatto un piccolo manuale d’uso e manutenzione
da consegnare a corredo delle apparecchiature stesse. Al momento della consegna delle apparecchiature verrà realizzato anche un piccolo corso di formazione sull’utilizzo. Il costo totale del
progetto ammonta a circa 9,2 milioni di euro: il budget è stato
calcolato per la realizzazione di15 sistemi di comunicazione audiovisiva, per la loro consegna, la messa in esercizio, piano di
formazione e a manuale.
a vita affettiva e sessuale dei pazienti affetti da neoplasia. È l’orizzonte frastagliato su cui il quinto progetto premiato intende posare lo sguardo. L’iniziativa è
stata presentata dall’Ao «S. Anna e S. Sebastiano»,
ospedale civile di Caserta: Uoc Oncologia 1, Ambulatorio di psicologia clinica 2. L’indagine ha un titolo illuminante: “Quando la diagnosi colpisce al cuore”. «L’attuale esperienza clinica - spiegano i promotori del progetto
- conferma ancora oggi l’effetto inibitore dei miti e dei
pregiudizi legati alla relazione tra cancro (o altra malattia terminale) e attività sessuale. Attraverso il nostro
lavoro intendiamo difendere il diritto della persona a
essere riconosciuta, accettata nella sua pienezza e aiutarla a viversi come individuo che può ancora amare ed
essere amato, può desiderare ed essere desiderato nonostante la malattia».
Il progetto mira a offrire la possibilità al paziente di
adattarsi a una nuova dimensione del Sé corporeo; solo
così l’accettazione di una nuova consapevolezza di sé
tende a favorire il raggiungimento dell’altro, consentendo, di nuovo, «il passaggio dall’Io al Noi».
l sesto posto si è classificato il progetto presentato dal
Day Hospital Oncologico Campostaggia a Poggibonsi (Siena) nella Ausl7, diretta da Sergio Crispino. L’iniziativa si
propone di privilegiare la visione olistica del malato oncologico, con un approccio biopsicosociale. Un counseling psicologico rivolto a pazienti e familiari che si muove su due fasi. 1. La
parola: counseling psicologico a malati, familiari, equipe (nelle
due modalità, individuale e di gruppo); 2. Il segno-colore:
laboratorio di arte-terapia (nelle due modalità, individuale e di
gruppo).
Gli obiettivi sono molteplici: impedire la crisi e sostenere le
capacità di adattamento e le risorse della persona; sviluppare la
parte creativa e ricreativa per accrescere il senso di integrità e
l’autostima ritrovando la forza in se stessi; offrire la possibilità
di auto-espressione ed elaborazione delle proprie emozioni
per prevenire stati di ansia e di depressione; minimizzare la
frattura fra il tempo del “prima tumore” e quello del “dopo
tumore” all’insegna della continuità della vita.
L’iniziativa è stata finanziata dal Collegio italiano dei primari
oncologi medici ospedalieri, Associazione per lo sviluppo della
scienza oncologica e Istituto toscano tumori.
PRIMO PIANO
20-26 aprile 2010
3
LA RICETTA DEL PRESIDENTE CIPOMO
«Contro il cancro
ospedali a 5 stelle»
Una sfida in 3D: hi-tech, hi-touch e low risk
N
Quando l’emulazione fa crescere
L’
imitazione è la forma più elementare di apprendimento. Vale per
gli esseri umani come per le organizzazioni. L’oncologia non fa
eccezione: negli ultimi anni l’umanizzazione delle cure anti-cancro è
diventata contagiosa. Approccio convinto di alcuni primari “illuminati”, è
pian piano dilagata nei reparti ospedalieri. D’altronde, come ha rilevato lo
storico Giorgio Cosmacini, «la storia dell’oncologia non può non essere
anche storia del vissuto esistenziale del malato neoplastico». Non si può
pensare che la lotta ai tumori possa limitarsi ai cicli di chemio, alla mera
asettica terapia farmacologica. Dopo Di Bella, non capirlo sarebbe stato
proprio da sciocchi. (M.Per.)
Roma/ Presa in carico globale
Torino 2/ Psiconcologia modello
A
ssistenza integrale e integrata, garantita da un gruppo di operatori che va dagli oncologi ai medici estetici, dai fisioterapisti agli
assistenti spirituali. È questa la strada imboccata sin dal 2000 dal
Dipartimento di oncologia dell’ospedale “San Giovanni Calibita”
Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina di Roma, diventato partner del
network di oncologie “La forza di vivere”.
Il «percorso di cura integrata per il malato oncologico» è risultato
ottavo nella speciale classifica elaborata a Biella. Cominciato come un
tentativo, oggi è diventato un metodo di lavoro che prevede riunioni
mensili e incontri con pazienti e famiglie. Perché la presa in carico
globale è possibile soltanto partendo dalla rilevazione dei bisogni dei
malati al primo accesso in ospedale (che avviene con il “termometro
del distress”) e la segnalazione dei disagi al personale competente.
Tra le esigenze emerse tre hanno richiesto l’attivazione di servizi
ad hoc: l’informazione, per cui, in collaborazione con Aimac, è nato
un Punto di accoglienza ad hoc gestito da due psicologhe del Servizio
civile; l’attenzione al benessere psicofisico, realizzata da psicologi,
medici estetici, fisioterapista e consulente dietista; la continuità delle
cure, sostenuta dal servizio sociale chiamato a mettere in connessione ospedale e territorio.
I
Biella/ L’infermiere educatore
Potenza/ Accoglienza superstar
U
P
n progetto di educazione terapeutica rivolta ai
malati oncologici e ai loro familiari è l’iniziativa
che si è guadagnata il decimo posto. Il responsabile
è Mario Clerico, del Polo Oncologico di Biella, con il
coordinamento di Cesarina Prandi.
Secondo la definizione dell’Oms, l’educazione terapeutica è lo «strumento per aiutare il paziente e
la famiglia a comprendere la malattia e il trattamento, collaborare alle cure proposte e necessarie, farsi
quindi carico del proprio stato di salute, conservare
e migliorare la propria qualità di vita». Un livello di
consapevolezza e autogestione che fa affidamento
soprattutto sugli infermieri. E a loro si rivolge infatti il corso di formazione in 20 giornate previsto dal
progetto Et. Gli infermieri diventano esperti nell’allenare il paziente attraverso la malattia. «Prendono
ciò che è estraneo e fonte di timore per il paziente spiegano i curatori del progetto - e lo rendono
familiare e, quindi, meno spaventoso. Queste operazioni richiedono grandi capacità in quanto il discente è malato e vulnerabile».
l settimo progetto è un modello di intervento di
psico-oncologia pediatrica in atto presso le Strutture di Oncoematologia Pediatrica dell’Aso Oirm-S.
Anna di Torino, presentato da Marina Bortolotti.
Gli obiettivi generali: limitare le interferenze della
malattia tumorale sulla crescita, accompagnando il
paziente nel suo percorso di cura; sostenere la qualità della relazione terapeutica offerta dall’equipe
curante; salvaguardare, per quanto possibile, la qualità della vita presente e futura del bambino/adolescente e della sua famiglia; favorire un buon livello
di comunicazione all’interno dello staff ,anche accogliendo le ansie generate dall’importante carico
emotivo che coinvolge l’equipe medico-infermieristica. «Non so se il modello è innovativo - sottolinea
Marina Bortolotti - poiché da molti anni prosegue,
anche se con i dovuti cambiamenti. Comunque le
tre parole chiave sono: qualità della vita; qualità
delle cure; intervento diretto e in equipe multidisciplinare».
assa dall’accoglienza la strategia di umanizzazione delle
cure dell’oncologia dell’ospedale San Carlo di Potenza,
diretta da Luigi Manzione. Nell’atrio principale del V
piano del padiglione E, dove si trovano il reparto, gli ambulatori e l’hospice, è attivo da maggio 2008 uno sportello ad
hoc che si occupa di fornire informazioni sui servizi e sulle
prestazioni offerte. Ma anche di comunicare iniziative, progetti, novità e cambiamenti e di aiutare pazienti e visitatori a
orientarsi in ospedale.
Il progetto - nono classificato tra quelli presentati alla
mostra-convegno Contaci - è gestito in collaborazione con
Amo (Associazione malati oncologici della Basilicata). Il
punto d’accoglienza è aperto dal lunedì al venerdì dalle 8
alle 14 ed è dotato di telefono, computer collegato in rete
alla intranet aziendale, stampante, fax, fotocopiatrice e scanner. Sono i volontari, appositamente formati, ad ascoltare
le domande degli utenti. Le richieste più frequenti riguardano informazioni su come e dove effettuare una prestazione,
dove trovare un reparto o un ufficio, come e dove effettuare le accettazioni, dove è ricoverato un parente. Rispondere significa rendere l’ospedale più “amico”.
egli ultimi trent’anni gli
oncologi medici ospedalieri hanno contribuito ad affermare concetti importanti nel complesso percorso assistenziale
dei pazienti oncologici. Con la
standardizzazione e la diffusione in periferia dell’attività assistenziale, il loro ruolo è diventato sempre più di grande rilievo. La continua ricerca della
“total quality” ci ha portati a
una visione tridimensionale lungo tre assi: high tech, high
touch e low risk - sulla cui base
sono state sviluppate molte
azioni per portare le oncologie
mediche ospedaliere ad alti livelli. Molte altre iniziative sono ancora in corso o in programma.
Dalle analisi che abbiamo
condotto sui disagi e sui bisogni dei pazienti oncologici è
emerso con chiarezza che già
oggi diverse oncologie possono essere valutate, da un punto
di vista strutturale e funzionale,
come strutture a cinque stelle.
Ma la realtà nazionale è piuttosto eterogenea, e il percorso ancora lungo: la nostra determinazione deve essere sempre viva
e attenta.
Come Cipomo (Collegio italiano primari
oncologi medici ospedalieri),
per evitare autocelebrazioni
e autovalutazioni e accrescere
l’indipendenza
di giudizio, abbiamo ritenuto
fondamentale
coinvolgere il
volontariato e il mondo dei pazienti nel processo di accreditamento all’eccellenza. Con loro,
i principali fruitori dei nostri
servizi, cercheremo di accelerare, in modo sinergico, quel
cammino virtuoso che ci permetterà di avere strutture e servizi a cinque stelle sempre più
omogenei sul territorio nazionale.
Se davvero crediamo che
l’ospedale sia innanzitutto la casa dei malati, il comfort, l’accoglienza e il rispetto della privacy dovranno essere punti su
cui non mollare mai. Dovremo
continuare a far conoscere meglio le strutture giudicate d’eccellenza dai pazienti, prenderne il meglio per generare e facilitare il processo di crescita su
scala nazionale. Di certo dovremo continuare a impegnarci
per renderle sempre più funzionali, così come dovremo continuare a lavorare in maniera meticolosa per migliorare al massimo l’high tech (alto standard e
innovazione) e quindi l’high
touch (alte capacità di ascolto,
comunicazione e condivisione). Su questo non abbiamo
dubbi, perché abbiamo sempre
identificato tutto ciò come nostro must. Il nostro percorso
sull’high tech ci coinvolge in
prima persona, perché fa parte
del nostro vivere la professione, del nostro continuo stare in
prima linea.
L’high touch dovrebbe essere uno stile fatto di doti personali, ma anche frutto di uno
specifico percorso formativo.
Su quest’ultimo aspetto, sul
modo di trasmettere ai nostri
collaboratori un’alta sensibilità
verso l’ascolto, la comunicazione e la condivisione, bisognerà
continuare a riflettere e a discutere senza imbarazzi: realizzare
servizi dove l’acronimo Aracc
(accoglienza, rispetto, ascolto,
comunicazione, condivisione)
sia condiviso il più possibile e
applicato ad alto livello non
può che riempirci di orgoglio.
Anche sul low risk il lavoro
prosegue. È un concetto moderno, che merita tutta la nostra
attenzione. Lavorare in sicurezza, minimizzando il più possibile il rischio per i nostri pazienti
e per le équipe è infatti quanto
di più moderno si possa chiedere al nostro Collegio. Come Cipomo vogliamo continuare a
crescere con questo modello
culturale, incrementandone e
potenziandone i vari aspetti.
Nella complessa filiera assistenziale comfort, accoglienza,
e privacy restano aspetti importanti, che non possono e non
devono essere trascurati. Quello intrapreso è
un percorso importante, di civiltà e di crescita sociale. È un
percorso in cui
bisognerà sempre più confrontarsi con
chi programma
e progetta strutture sanitarie,
per disegnare e realizzare strutture nuove, più moderne e più
funzionali.
Come Cipomo dovremo facilitare, sostenere e contribuire
alla progettazione di modelli
strutturali ospedalieri ideali per
la degenza, per i Dh e gli ambulatori, modelli proiettati anche
verso una visione multidisciplinare e dipartimentale. La realizzazione con architetti di alto
livello nazionale di un modello
ideale di oncologia medica
ospedaliera a cinque stelle a
cui ispirarsi è quindi sicuramente un obiettivo importante, utile e opportuno.
Alleanze e partnership sono
essenziali per continuare a sviluppare idee e progetti, per riuscire a realizzare azioni concrete e mirate su precisi obiettivi
dove benessere dei nostri pazienti e benessere della nostra
équipe possano coniugarsi al
meglio.
In sintesi: “Cipomo and
friends”, per realizzare al meglio il nostro mandato di primari e tenere sempre più vivo il
nostro Collegio. L’evento Contaci di Biella e il prossimo congresso nazionale, in programma a Pesaro dal 20 al 22 maggio, sono stati e saranno momenti importanti per affrontare
anche questi aspetti.
Innovazione
e accoglienza
sono gli strumenti
per cambiare
Sergio Crispino
Presidente Cipomo
4
PRIMO PIANO
20-26 aprile 2010
TUMORI/ Al via un’indagine Cipomo per tracciare l’identikit delle aggregazioni di Uo
Dipartimenti al microscopio
Ideali in oncologia per l’approccio multidisciplinare - Ma ancora arrancano
P
assare al setaccio i Dipartimenti
in cui sono inseriti i reparti di
oncologia per verificare come lavorano, con quali obiettivi, diretti da chi.
Ma anche proporre un modello ideale perché, attraverso l’organizzazione dipartimentale, si realizzi l’approccio multidisciplinare nella lotta ai tumori, l’unico in
grado di mettere davvero il malato al centro. È questo il duplice obiettivo del Collegio italiano oncologi medici ospedalieri,
che ha affidato a Roberto Labianca, direttore del Dipartimento di oncologia ed
ematologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo, il compito di effettuare una ricognizione in profondità dello stato dell’arte.
Secondo l’ultima edizione del Libro
bianco Aiom, l’84,35% delle strutture
censite fa parte di un Dipartimento.
«Questo in teoria», spiega Labianca.
«Ma in molte realtà esistono soltanto
sulla carta. Manca una fotografia precisa
del loro ruolo, delle loro attività e del
livello reale di integrazione tra Unità
operative. È questa lacuna che intendiamo colmare nei prossimi mesi».
L’oncologo, forte della sua esperienza
sul campo, ha le idee chiare sul
“Dipartimento che vorrebbe”. «Dovrebbe
avere poche Uo: il core dovrebbe comprendere l’oncologia medica, le cure palliative con l’hospice e la radioterapia. Anche nell’ottica di assicurare al paziente
sempre più precocemente un’efficace gestione del dolore». Spesso, come a Berga-
La struttura è inserita in un Dipartimento
Area
Nord
Centro
Sud e Isole
Italia
Sì
92 (40,00)
56 (24,35)
46 (20,00)
194 (84,35)
No
12 (5,22)
5 (2,17)
19 (8,26)
36 (15,65)
Tipo di Dipartimento
Totale
104 (45,22)
61 (26,52)
65 (28,26)
230 (100,00)
Area
Nord
Centro
Sud e Isole
Italia
N.B.: le cifre tra parentesi indicano la percentuale sul totale
Oncologia
Nord
Centro
Sud e Isole
Italia
Oncologo
Ematologo
Radioterap.
34 (14,41)
15 (6,36)
10 (4,24)
17 (7,20)
8 (3,39)
7 (2,97)
Altro
Totale
39 (19,7)
11 (5,56)
28 (14,14)
16 (8,08)
94 (47,47)
7 (3,54)
18 (9,09)
6 (3,03)
56 (28,28)
9 (4,55)
8 (4,04)
19 (9,60)
12 (6,06)
48 (24,24)
73 (36,87)
26 (13,13)
65 (32,83)
34 (17,17)
198 (100,00)
Dipartimento in cui è inserita la struttura
Internista
Altro
Totale
22 (9,32)
35 (14,83)
116 (49,15)
15 (6,36)
19 (8,05)
66 (27,97)
13 (5,51)
5 (2,12)
0 (0,00)
11 (4,66)
25 (10,59)
54 (22,88)
64 (27,12)
28 (11,86)
17 (7,20)
48 (20,34)
79 (33,47)
236 (100,00)
mo, il dipartimento associa l’ematologia.
«Indubbiamente - dice Labianca - esistono notevoli affinità ed è bene che siano
insieme, ma i pazienti sono popolazioni
molto diverse. Se fosse possibile sarebbe
un bene anche la presenza dell’anatomia
patologica». Meglio, invece, tenere esterna la chirurgia in un Dipartimento ad hoc,
con molti scambi. «Perché nel Dipartimento ideale dovrebbero lavorare persone che al 95% si occupano di malati di
Medicina
25 (12,63)
Il responsabile del Dipartimento è...
Area
Onco-emat.
tumore». Per Labianca, il Dipartimento
dev’essere «forte», prevedere frequenti e
intensi momenti di integrazione tra Uo.
«Dovrebbero esserci veri budget dipartimentali, mentre oggi ancora si sommano i
budget delle singole Unità». E poi, in era
di accreditamento, bisogna prevedere procedure di valutazione ad hoc per i processi la cui regia spetta al Dipartimento, dalla
formazione alla ricerca clinica.
E chi dovrebbe dirigere i Dipartimenti
oncologici? «L’oncologo medico, perché
è l’unico ad avere una visione del malato
a 360 gradi. Per una garanzia di migliore
funzionamento il direttore dovrebbe essere inoltre svincolato dal reparto da cui
proviene, mentre oggi la normativa prevede che sia scelto tra i primari delle Uo
aggregate. Ma l’attività di primario assorbe tempo ed energie».
Tra poco sarà messo a punto un set di
domande da distribuire ai primari. Il docu-
mento Cipomo non sarà pronto prima di
fine anno. E la versione definitiva dovrebbe essere diffusa al congresso 2011 del
Collegio, che si terrà a Udine. Il messaggio è comunque già chiaro: se l’umanizzazione è l’obiettivo condiviso, lo strumento organizzativo per realizzarlo non può
che essere il Dipartimento.
Manuela Perrone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IN LIBRERIA IL VOLUME «HO VINTO IO»
Storie esemplari di donne che ce l’hanno fatta
I
l cancro al seno non è una malattia incurabile.
Bisogna gridarlo a gran voce per due motivi: dare
coraggio alle donne che si ammalano e riconoscere
alle tante che guariscono (otto su dieci) pieni diritti,
sul lavoro e in famiglia. In questa direzione va il libro
«Ho vinto io», appena edito da Giunti, realizzato
dalla Fondazione Aiom grazie alla penna di Mauro
Boldrini, ufficio stampa dell’Associazione italiana di
oncologia medica, e al sostegno di AstraZeneca.
Il libro, presentato al Senato il 20 aprile, raccoglie
testimonianze toccanti di donne che ce l’hanno fatta.
Alcune sono famose, come la tennista Lea Pericoli.
Alcune hanno messo le loro competenze al servizio
della “causa”. Come l’avvocato civilista Elisabetta
Iannelli, vicepresidente Aimac, prima diagnosi a soli
24 anni, che racconta: «Ho inventato lo slogan: “Il
cancro ha cambiato la mia vita, io cambierò la vita
con il cancro”. Un obiettivo su cui ho concentrato
tutte le mie energie». Portano la sua firma molte delle
conquiste ottenute in Italia per la tutela dei diritti dei
malati.
Tante delle donne intervistate sono mogli, compagne, madri. Le separazioni dopo l’irrompere della
malattia abbondano, segno che gli uomini hanno ancora moltissimo da imparare sul fronte del “prendersi
cura”. Le reazioni alla malattia sono le più disparate,
ma le storie più belle sono quelle delle maternità. Del
rapporto con i figli nati prima del tumore, e delle
nascite avvenute dopo la guarigione: la vita che trionfa e si moltiplica. Si chiama Vittoria l’ultima donna
del libro: non poteva avere nome più adatto. Vittoria,
malata e guarita, è riuscita ad adottare una bambina.
È la prima donna in Italia e in Europa ad aver
condiviso la sua scelta di vita. Una Nike del mondo
moderno. Il segno tangibile che la determinazione
può vincere su tutto, persino sulla burocrazia.
M.Per.
«IO, GUARITA E MADRE ADOTTIVA»
«C
om’è oggi la sua vita “da mamma”?
Bellissima, più ricca, più felice. Noi e questa
bambina siamo fatti gli uni per l’altra. Ringrazio ogni
giorno il cielo perché la considero un miracolo. Il
papà è completamente impazzito per la figlia, e da lei
ricambiato. I nonni, gli zii, gli amici… tutti amano
Andrea e ci sono vicini in questa nuova avventura.
Siamo stati molto fortunati, abbiamo sofferto, ma
ricevuto cento volte tanto. Certo, da mamma sono
più ansiosa. Provo sentimenti che prima mi erano
estranei e sconosciuti. Soprattutto in vista dei controlli medici, mi assale la paura che la malattia si ripresenti
o non risponda più alle terapie. Un timore nuovo,
non per la mia vita ma per quella di mia figlia.
Lei è una delle prime donne in Italia
che dopo la malattia riescono ad avere un
figlio adottivo. Qual è il consiglio per chi
volesse intraprendere questa strada?
Auguro loro di vivere la nostra meravigliosa esperienza. Ma bisogna essere molto convinti e determinati: sia nei confronti dell’esterno, perché si possono
incontrare molti ostacoli, sia all’interno della coppia e
del proprio intimo. È inutile nascondersi dietro un
dito, è chiaro che possono sorgere dubbi e cattivi
pensieri. Sarò troppo egoista? Un bambino ha diritto
a genitori che lo accompagnino nella crescita… Ma lo
rifarei senza esitazione: la gioia è tale che dona ancor
più voglia di vivere e combattere la malattia. Un
augurio a tutte le donne: «In becco alla cicogna!».
Ha “aperto la via”, ora casi come il suo
sono più frequenti?
Probabilmente oggi il problema è più sentito, cresce il numero di donne giovani che si ammalano
quando non hanno avuto ancora figli, guariscono e
poi desiderano diventare madri. Non credo però
siano moltissime. Non tante da aver cambiato la
cultura: non tutti credono che anche per chi ha avuto
un cancro sia possibile sognare e ottenere una famiglia. Purtroppo le persone non sempre possiedono la
necessaria sensibilità, preparazione e intelligenza. Bisogna essere forti, ma anche informati e consapevoli dei
propri diritti. Con la speranza che i tempi e le umiliazioni si riducano sempre più… Su questo possiamo
lavorare insieme. Spero che la mia testimonianza
possa convincere altre persone a parlarne, per dimostrare che è possibile farcela e diventare mamme e
papà felici. Anche se si ha un cancro alle spalle».
(estratto dalla testimonianza di Vittoria)
20-26 aprile 2010
5
6
DAL GOVERNO
20-26 aprile 2010
PATTO PER LA SALUTE/ Bozza di regolamento per la struttura tecnica Stato-Regioni
Monitoraggi, arriva la Stem
Controllo dei servizi e degli standard - Il parere sui piani di rientro
S
i chiama «Struttura tecnica di
monitoraggio
paritetica»
(Stem). La sua nascita e i suoi
compiti li ha fissati il Patto per la
salute 2010-2012. Dovrà curare l’avvio di un sistema di monitoraggio
dello stato dei servizi sanitari regionali (reti ospedaliere, assistenza farmaceutica, personale, assistenza specialistica, regolazione del mercato e del
rapporto pubblico-privato, mobilità
interregionale, assistenza territoriale
e post acuta, potenziamento dei procedimenti amministrativo-contabili,
prevenzione). Si occuperà di provvedere all’aggiornamento degli strumenti di valutazione e monitoraggio
che la Stato-Regioni dovrà approvare
per «snellire e semplificare» gli attuali adempimenti e individuare indicatori per aree prioritarie per l’attuazione
dei Lea.
Ma dovrà valutare anche i piani di
rientro delle Regioni in deficit e quelli messi a punto dalle Regioni in
difficoltà, ma non per obblighi di
bilancio.
A volere la struttura sono state le
stesse Regioni, per avere un luogo di
confronto ad armi pari col Governo e
voce in capitolo anche sulle scelte di
politica economica come a esempio
quelle legate ai piani di rientro dove
finora a decidere era solo il tavolo di
monitoraggio e, di fatto, l’Economia.
I compiti della “Stem”
A
Promuovere un sistema di autovalutazione regionale e di monitoraggio dello stato dei servizi sanitari su
indicatori di efficienza e appropriatezza allocativa delle risorse, correlati a valutazioni sull’erogazione dei Lea
in particolare in riferimento a settori strategici in cui operare al fine di qualificare i Servizi sanitari regionali e
garantire maggiore soddisfacimento dei bisogni dei cittadini e al tempo stesso un maggior controllo della
spesa
B
Supportare la Conferenza Stato-Regioni per l’Intesa sui criteri per l’individuazione delle Regioni per il
calcolo degli indicatori di cui al punto precedente
C
Provvedere all’aggiornamento degli strumenti di valutazione e monitoraggio da sottoporre alla approvazione della Conferenza Stato-Regioni, al fine di snellire e semplificare gli attuali adempimenti e individuare un
apposito set di indicatori per aree prioritarie di particolare rilevanza in materia di attuazione dei Lea,
tenendo conto degli indicatori già resi disponibili dal ministero della Salute e delle esperienze già operative
in diverse realtà regionali, anche promuovendo le eventuali necessarie modifiche normative
D
Determinare a livello regionale la variazione rispetto allo standard nazionale massimo della dotazione dei
posti letto ospedalieri di cui all’articolo 6, commi 1e 2, dell’Intesa
E
Valutare i piani di rientro approvati dalla Regione ed esprimere parere in merito alla Conferenza
Stato-Regioni, anche sulla base delle verifiche tecniche condotte dal Tavolo di verifica e monitoraggio
presso il ministero dell’Economia e delle finanze e il Comitato di verifica per l’erogazione dei Lea di cui agli
articoli 12 e 9 dell’Intesa del 23 marzo 2005
Per organizzare la Stem le Regioni
hanno messo a punto una bozza di
regolamento, ancora soggetta a modifiche e integrazioni per ampliarne il
campo d’azione, che dovrà andare all’esame delle nuove Giunte.
La Stem ha sede presso la Segreteria della Conferenza Stato-Regioni ed
è composta, come prevede lo stesso
Patto per la salute, da sei rappresentanti dell’Economia, della Salute e degli
Affari regionali, sei rappresentanti del-
le Regioni di cui tre con competenza
economica e tre sanitaria, un rappresentante della Segreteria della Conferenza delle Regioni e uno della Segreteria della Conferenza Stato-Regioni.
E le Regioni hanno intenzione di
chiedere col regolamento l’ulteriore
designazione di due rappresentanti
delle Regioni rispettivamente per le
competenze economiche e sanitarie,
con funzioni di supplenza, e per le
competenze relative, in sostituzione
temporanea del rappresentante della
Regione il cui piano di rientro è valutato dalla struttura.
A presiederla è un ulteriore componente nominato con un’intesa StatoRegioni, su proposta della Conferenza delle Regioni.
Il presidente rappresenta all’esterno le posizioni della Stem, ne convoca e presiede le sedute, partecipa alle
riunioni del Tavolo di verifica e monitoraggio all’Economia e al Comitato
di verifica dei Lea, alle riunioni della
Conferenza Stato-Regioni sugli argomenti di competenza della Stem e ne
sottoscrive le determinazioni.
La Stem si riunisce in quattro casi:
quando devono essere assunte decisioni previste da leggi, intese o regolamenti; ogni volta che c’è la necessità
di affrontare problematiche relative alle materie di propria competenza;
quando lo richiedono almeno sei componenti; quando a richiederlo è il presidente della Conferenza delle Regioni o un ministro dei dicasteri che la
compongono.
Una volta composta, la Stem dovrà mettere a punto un regolamento
interno approvato all’unanimità con
cui disciplinare i propri lavori «secondo criteri di trasparenza e di simmetria informativa» soprattutto per quanto riguarda le modalità di convocazione e di verbalizzazione delle riunioni
e il quorum strutturale e funzionale
delle sedute. Il regolamento disciplina
anche la convocazione in audizione
di esperti e rappresentanti delle Regioni e delle amministrazioni centrali.
Infine, per i suoi compiti istituzionali (ma senza oneri aggiuntivi specifici) la Stem potrà avvalersi del supporto di Aifa e Agenas.
P.D.B.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IN ARRIVO IL PARERE DEL COMITATO NAZIONALE DI BIOETICA
S
arà votato dal Comitato
nazionale per la bioetica
(Cnb) nella riunione del 22 e
23 aprile prossimi un parere
sulle cosiddette donazioni «samaritane» di organi. Un pronunciamento richiesto dalla
Presidenza del Consiglio.
«La novità contenuta nel
parere - spiega Demetrio Neri, ordinario di Bioetica all’Università di Messina e
membro del Cnb - è rappresentata dalla possibilità di consentire la donazione da vivente non solo da consanguinei o
soggetti legati al ricevente da
relazione emotiva, ma anche
da estranei, purché sia conservato l’assoluto anonimato».
«Non c’è nulla di preoccupante nella donazione samari-
Donazioni «samaritane» sotto la lente
tana - aggiunge Neri - dal momento che si tratta dell’espressione più pura di solidarietà e
non va stigmatizzata. Negli
Usa, a esempio, questa possibilità esiste già da tempo e
riguarda il 40% circa delle donazioni di rene».
La legge italiana vigente,
la n. 458 del 1967, non la
esclude. E prevede, seppure
in casi eccezionali, la possibilità di ricorrere al trapianto
del rene da vivente non consanguineo, parente e non, solo nei casi in cui il candidato
ricevente non abbia congiunti
consanguinei disponibili o
idonei al trapianto.
In ogni caso il donatore deve essere maggiorenne, in grado di intendere e di volere, a
conoscenza dei limiti della terapia del trapianto del rene,
consapevole delle conseguenze personali, esprimendo in
definitiva consenso esplicito
e informato. La donazione deve essere inoltre a titolo gratuito, del tutto libera, sempre
revocabile e non deve far sorgere alcun diritto presso il ricevente. A sovrintendere alle
autorizzazioni e a verificare
l’intera procedura è il pretore.
Al personale sanitario spetta il compito di esprimere
esclusivamente un giudizio
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tecnico da redigere in un apposito verbale attestante l’idoneità del donatore e l’esistenza della indicazione clinica al
trapianto nel paziente.
Se il prossimo 22 aprile sarà approvata la nuova bozza,
verrà superato un parere già
espresso dallo stesso Cnb nel
1997, in cui il Comitato, per
scongiurare un possibile incremento della commercializzazione illegale di organi, esprimeva un parere favorevole all’estensione «controllata» del
prelievo da vivente anche non
consanguineo ma solo «affettivamente vicino» al ricevente
(a esempio il coniuge, il con-
vivente stabile o un amico),
di cui si provi l’effettivo vincolo di affettività tale da giustificare l’atto altruistico. Una
«relazione emozionale», che
la donazione samaritana potrebbe invece superare e trascendere.
Il trapianto di rene da donatore vivente rappresenta oggi
meno del 10% dei trapianti
eseguiti in Italia ogni anno,
nonostante numerosi Centri
italiani siano autorizzati a effettuare questo trapianto.
«Vi è ormai una larga esperienza italiana e internazionale sul trapianto da donatore
vivente - si legge nel Docu-
mento informativo del Centro
nazionale trapianti - che consente ai pazienti affetti da insufficienza renale cronica, e
ai loro medici curanti, di considerarla una valida possibilità terapeutica e di prendere
serenamente una decisione in
merito».
Dal momento che le liste
d’attesa non accennano ad accorciarsi, non ostacolare le donazioni samaritane anonime
potrebbe portare qualche miglioramento. Il problema però
è il «come», e l’esclusione di
qualunque possibilità di compravendita nascosta da un’apparente gesto solidale.
Rosanna Magnano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MINISTERO DELL’UNIVERSITÀ
Commissione di studio sui rapporti atenei-Ssn
N
asce per iniziativa del ministero dell’Istruzione e dell’Università la Commissione
di studio sui rapporti tra le facoltà di Medicina
e Ssn.
Compito della commissione sarà di svolgere, in base alle norme e alle esperienze nazionali e internazionali, lavoro istruttorio e proposte
operative sui rapporti tra le facoltà di Medicina
e il Ssn nel campo della ricerca bio-medica e
sanitaria, della formazione pre e post laurea e
delle attività assistenziali legate a quelle scientifico-formative, compresa l’organizzazione delle strutture assistenziali, sedi delle facoltà.
La commissione sarà composta da otto
esperti in ambito medico e accademico, selezionati per riequilibrare funzioni e costi nei rapporti tra atenei e Ssn.
La task force sarà presieduta e coordinata da
Aldo Pinchera, presidente dell’Osservatorio
sulla formazione specialistica dei medici.
Con Pinchera fanno parte della Commissione Renzo Dionigi, professore ordinario di
Chirurgia generale all’Università dell’Insubria, Luigi Caimi, ordinario di Medicina e
chirurgia presso l’Università di Brescia, Franco Cuccurullo, rettore dell’Università di Chieti, presidente del Comitato di indirizzo per la
valutazione della ricerca, Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale e
dei corsi di laurea in Medicina e chirurgia,
Francesco Antonio Manzoli, presidente del
Comitato del fondo per gli investimenti della
ricerca di base, Alessandro Mazzucco, rettore dell’Università di Verona, delegato della
Conferenza dei rettori delle Università, Giovanni Persico, preside della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Napoli
“Federico II”.
DAL GOVERNO
20-26 aprile 2010
7
Ministero apripista della rivoluzione “paperless” - Brunetta: «Un modello per la Pa»
Certificati on line: si parte
Cominciata la fase sperimentale dell’invio all’Inps da parte dei medici
A
ddio alla carta. Tra certificazioni e ricette
che viaggiano sul web, cartelle elettroniche,
fascicoli sanitari e Cup il ministero della
Salute si è aggiudicato la palma di prima amministrazione pubblica pronta a diventare “paperless”. «Il
migliore esempio di Pa in Italia», ha sentenziato il
ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta,
durante la visita condotta il 14 aprile con il collega
Ferruccio Fazio per verificare lo stato di avanzamento del sistema informativo della Salute. «Ormai - ha
detto Fazio - lavoriamo con materiale elettronico il
98% dei documenti».
La rivoluzione alla volta della «dematerializzazione» è cominciata da tempo (si veda anche Il Sole-24
Ore Sanità della scorsa settimana). Ma il primo banco
di prova di peso è appena partito: l’invio on line
all’Inps dei certificati malattia dei dipendenti pubblici e
privati da parte dei medici, come previsto dal Dlgs
150/2009. La sperimentazione è decollata proprio la
scorsa settimana, ma entro la metà di luglio la trasmissione via web diventerà obbligatoria. Grandi le aspettative: per i due ministri la novità dovrebbe produrre
risparmi per 500 milioni di euro sui costi di gestione
(considerando una spesa attuale di 10 euro a pratica) e
l’eliminazione di quasi 100 milioni di fogli di carta.
Senza considerare i benefìci “intangibili” che ne
deriveranno ai lavoratori, che non dovranno più inviare tramite raccomandata il loro certificato entro due
giorni lavorativi (sarà l’Inps a trasmetterle al datore di
lavoro) ma potranno accedere al sistema informatico
dell’Istituto previdenziale per visualizzare l’attestato,
oltre che chiederne copia al medico. Per il quale, in
caso di inadempienza, sono previste sanzioni che in
casi estremi possono arrivare fino al licenziamento o
alla perdita della convenzione con il Ssn.
Numeri e vantaggi dell’operazione
100.000.000
È il numero dei certificati di malattia che ogni anno i lavoratori
dipendenti, pubblici e privati, inviano ai propri datori di lavoro e dei
relativi attestati di malattia (50 milioni ciascuno) e anche il numero
del risparmio di certificati e attestati cartacei non più prodotti con
la dematerializzaione
10 euro
Costo medio per la collettività dovuto al ciclo dei certificati di
malattia per ogni pratica
500
Il numero di operatori in più che l’Inps ha previsto per l’avvio dei
certificati del settore privato
500.000.000 euro
Il risparmio annuo previsto per l’abbattimento dei costi di gestione
dei flussi cartacei
5.000.000.000 euro
Il risparmio previsto con le ricette elettroniche
Vantaggi
per il lavoratore
Eviterà di sostenere il costo dell’invio della raccomandata con
ricevuta di ritorno. Il lavoratore potrà inoltre accedere al sistema
Inps per visualizzare il proprio attestato di malattia e chiedere al
medico copia cartacea del certificato e dell’attestato di malattia,
ovvero chiedergli di inviare copia degli stessi alla propria casella di
posta elettronica o Pec
La novità ha creato più di un malumore tra i
medici. Si è svolto il 13 aprile il secondo appuntamento tra la FnomCeO e i rappresentanti dei ministeri di
Salute e Funzione pubblica (si veda Il Sole-24 Ore n.
12/2010) per sciogliere i punti più oscuri dal punto di
vista organizzativo. In cima alla lista delle preoccupazioni c’è il dovere di certificare anche le assenze
brevi, inferiori a tre giorni, in base a dati clinici
«direttamente constatati e oggettivamente documentabili». Ma vanno sciolti anche altri nodi. «A esempio ha riferito Guido Marinoni, componente del comitato centrale Fnom - le responsabilità del medico, qualo-
ra si trovi a rilasciare il certificato di un paziente in un
luogo diverso dalla sua residenza; inoltre la connettività a Internet va fornita dalle Asl e nel caso di dimissioni ospedaliere, deve essere il medico della struttura a
compilare e rilasciare il certificato. Vanno inoltre
forniti i Pin ai medici non convenzionati che sostituiscono i medici di base quando non ci sono e informatizzate le postazioni delle guardie mediche, al momento quasi del tutto sprovviste».
Le risposte a molti dubbi dovrebbero arrivare presto con un’altra circolare di Brunetta. Ma una parte del
mondo sindacale continua a essere ostile. Snami e Smi,
i due sindacati dei medici di medicina generale contrari
alla nuova convenzione che hanno manifestato a Roma il 15 aprile, hanno evidenziato l’inadeguatezza del
Paese verso «salti al buio nell’informatica» (Angelo
Testa, Snami) e il «metodo brutale e autoritario» utilizzato (Salvo Calì, Smi). Ma la replica del ministero per
la Funzione pubblica non si è fatta attendere. Si tratta
di critiche «del tutto infondate» per il portavoce di
Brunetta, secondo cui «è purtroppo fisiologico che le
grandi rivoluzioni organizzative che comportano efficienza, trasparenza, rapidità, capacità di controlli rigorosi e soprattutto un considerevole risparmio economico suscitino alcune resistenze».
Intanto si scaldano i motori per l’altra grande rivoluzione alle porte, che i ministri sperano di attuare entro
la fine dell’anno: la ricetta elettronica, spedita dai medici on line al ministero dell’Economia, che potrebbe
valere altri 5 miliardi di risparmi l’anno. E centrare
anche altri obiettivi, come ha spiegato il segretario
della Fimmg, il maggior sindacato dei medici di famiglia, Giacomo Milillo: «Avere a disposizione i dati per
valutare i casi di appropriatezza e per facilitare l’individuazione di truffe o abusi. Senza creare alcun inconveniente al cittadino, per cui non cambierà nulla».
Non ha obiezioni Sergio Dompè, presidente di
Farmindustria: «Ogni misura che va nella direzione
dell’efficienza e della lotta agli sprechi in Sanità non
può che essere valutata positivamente dalle imprese
farmaceutiche. Confermo però l’assoluta necessità di
combattere ogni diseconomia anche nelle altre aree
della Sanità. La spesa farmaceutica convenzionata è,
infatti, già ampiamente sotto controllo».
Manuela Perrone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
DISPOSITIVI MEDICI: IL PRESIDENTE DI ASSOBIOMEDICA
L
a costruzione di un osservatorio degli acquisti è
la chiave di volta per avere
una spesa sanitaria razionale. Senza inseguire obiettivi
brutali di risparmi attraverso
logiche di razionamento o di
controllo più o meno mascherato dei prezzi. Sono soddisfatto nel constatare la convergenza di idee emersa dalla ricerca ministero della Salute-Cergas sulle modalità di
acquisto dei dispositivi medici, presentata in occasione
della III Conferenza nazionale sui dispositivi medici a Roma. Nell’occasione anche negli interventi dei rappresentanti del ministero è apparsa
chiara la volontà di procedere rapidamente sulla strada
dell’osservatorio.
A proposito della centralizzazione degli acquisti, se
questa non è accuratamente
organizzata può produrre gravi danni. In termini più generali importante è invece predisporre bandi di gara accessibili a tutti. Appare finalmente evidente quanto Assobiomedica da tempo va affermando. Cioè l’inutilità dei
prezzi di riferimento, la non
dimostrata convenienza della centralizzazione degli acquisti, la eccessiva ricerca di
risparmi a qualunque costo.
La stessa ricerca MinisteroCergas mostra consapevolezza che la spesa media unitaria non è un indicatore valido e forse è addirittura fuorviante, poiché viene calcolata facendo riferimento a dispositivi che, anche se della
stessa tipologia, possono ave-
«Spesa sanitaria razionale ma non razionata»
«C
redo sia arrivato il momento della revisione del grande
settore dei dispositivi medici dopo
l’enorme sviluppo segnato negli ultimi anni». Lo ha dichiarato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio,
partecipando alla terza conferenza
nazionale sui dispositivi medici che
si è svolta lunedì scorso presso l’Auditorium della Tecnica di Roma (si
veda Il Sole-24 Ore Sanità n.
14/2010), sottolineando che l’obiettivo della revisione sarà quello di
«offrire il servizio migliore al costo
minore per i malati».
Tre i grandi gruppi di dispositivi,
re caratteristiche molto diverse. Che valore può avere una
media in presenza di un grado inadeguato di copertura
del campione sull’universo,
di dichiarate differenze nelle
classificazioni e dell’impossibilità di pesare le difficoltà
che possono esistere tra prodotti ugualmente denominati?
Abbiamo svolto un esercizio per un “prodotto immaginario”, che in verità immaginario non è. Ebbene risulta
che il pricing dipende da numerosi aspetti, legati al tipo
di servizio richiesto, ai volumi, alle garanzie offerte dall’azienda sanitaria, nonché
al fatto che questa sia già
cliente per altri prodotti.
Conseguentemente i prezzi variano e, in taluni casi,
anche di molto.
È la normalità nelle attivi-
ha voluto precisare Fazio. «Anzitutto quelli usati in congiunzione con i
farmaci, che potrebbero - ha detto
- essere gestiti da un tavolo comune con l’Aifa ed è quel che si pensa
di fare». Nella seconda classe le
grandi apparecchiature diagnostico-terapeutiche, «per le quali la
problematica è anzitutto quella di
identificare prezzi di riferimento e
a questo fine - continua il ministro ho insediato una commissione che
si occupa nello specifico del problema». Per tutti gli altri dispositivi
medici sono altre le problematiche
da tener presenti, riflette Fazio:
tà commerciali. Non servono, a nostro parere, correttivi
tesi ad accrescere i poteri di
mercato di cui l’acquirente
pubblico già ampiamente dispone.
Guardando poi i confronti
interregionali, è evidente
l’eccessiva frequenza di difformità inspiegabili anche facendo ricorso alle diverse
modalità di acquisto. La spiegazione può essere allora la
casualità legata a fenomeni,
diciamo così, patologici oppure a difformità rilevanti
qualora si tenga conto delle
condizioni complessive di
fornitura.
È giunto il momento di
comprendere che i dispositivi medici sono fattori della
prestazione a essa imprescindibilmente legati. Per garantire appropriatezza della cura
è necessario perciò convin-
«A esempio la non disponibilità in
tutte le regioni del Centro unico di
acquisto per beni e servizi».
Il settore dei dispositivi medici
conta 6.096 fabbricanti censiti nella nuova banca dati della Salute a
febbraio per un totale di 244.190
prodotti presenti sul mercato. Italia (33%), Usa (15,7%) e Germania
(13,1%) sono i Paesi leader di un
mercato che elenca 58.363 attrezzi chirurgici pluriuso o riutilizzabili, 42.952 dispositivi protesici impiantabili e prodotti per osteosintesi, 26.238 tipi di apparecchiature
sanitarie.
cersi che è indispensabile definire finalmente percorsi diagnostici e terapeutici. In un
sistema così organizzato
l’Hta può essere valorizzato
al meglio delle sue potenzialità. L’Health technology assessment (Hta) costituisce
un importante opportunità,
per un moderno sistema sanitario, per far fronte ai crescenti bisogni di salute, con
risorse sempre limitate, grazie a un utilizzo pervasivo e
consapevole di tecnologie innovative.
La valutazione economica
dell’innovazione aiuta a definire priorità e linee guida diagnostico-terapeutiche, nonché a organizzare i servizi
sanitari e gestire l’innovazione tecnologica.
Vanno però evitati alcuni
rischi. L’Hta non deve costituire una barriera d’accesso
al mercato per le tecnologie
innovative e neppure introdurre restrizioni d’uso per le
tecnologie già diffuse, ed efficaci, ma ritenute più costose. Occorre poi evitare la
frammentazione delle regole
di accesso alle tecnologie sanitarie, con differenze da regione a regione e la prevalenza degli aspetti economici rispetto a quelli clinici. Hta
non deve contrapporsi alla
valutazione clinica, ma deve
integrarla, con la valutazione
dell’impatto sul piano economico, organizzativo e della
qualità di vita del paziente.
Nel caso dell’Hta nei dispositivi medici, bisogna tenere presente che l’evoluzione tecnologica è molto rapida e in particolare è molto
più rapida rispetto a quella
dei farmaci. Inoltre i costi, e
conseguentemente i prezzi
dei dispositivi medici, sono
soggetti a una forte dinamica
nel tempo. L’Hta deve riguardare le tecnologie innovative
(quelle trasformazionali più
ancora di quelle incrementali) che interessano quelle patologie che maggiormente
impattano sulla spesa e sulle
priorità dettate dalla politica
sanitaria. Inoltre deve servire
all’ammodernamento
del
Ssn: obsolescenza tecnologica e sottoutilizzo di tecnologie innovative sono entrambi aspetti di inappropriatezza
che vanno combattuti.
Circa la responsabilità di
chi valuta, l’autonomia delle
Regioni non è in discussione, ma preso atto che le risorse e le competenze necessarie non sono in realtà distribuite in modo uniforme sul
territorio, occorre sviluppare
una funzione di coordinamento istituzionale a livello
nazionale teso a evitare duplicazioni e spreco di risorse.
Nell’organizzare l’Hta sarà fondamentale stabilire regole chiare e condivise con
l’industria, che riguardino innanzitutto: i centri di eccellenza da coinvolgere, la curva di apprendimento, la popolazione target, il protocollo e la durata dello studio
valutativo; va realizzato, in
conclusione, un reale (non
semplicemente di facciata)
coinvolgimento
degli
stakeholders, tra cui le Società scientifiche e l’industria.
Angelo Fracassi
Presidente Assobiomedica
8
20-26 aprile 2010
IN PARLAMENTO
20-26 aprile 2010
9
CAMERA/ Prosegue alla Affari sociali l’esame del Ddl sulle dichiarazioni anticipate
Biotestamento, aula più vicina
No alle modifiche dell’opposizione: il convivente non può fare il fiduciario
A
ncora un mese di tempo in commissione
Affari sociali. E poi a inizio giugno si spalancheranno le porte dell’aula di Montecitorio.
Il biotestamento riprende a marciare dopo la pausa
delle elezioni regionali. E avanza verso il via libera
che potrebbe arrivare nel giro di un paio di settimane: finora sono stati già votati sei articoli sui dieci
complessivi. L’intenzione della maggioranza è quella di chiudere senza nuove sorprese votando solo le
modifiche, non decisive, del relatore Domenico Di
Virgilio.
Anche la settimana scorsa i deputati del Pdl hanno respinto tutti gli emendamenti dell’opposizione.
E dopo la battaglia su alimentazione
e idratazione artificiale è scoppiato
il nodo del fiduciario. Il testo licenziato dal Senato nel marzo del 2009
prevede, all’articolo 6, che chi redige il testamento biologico (la dichiarazione anticipata di trattamento)
«può nominare un fiduciario maggiorenne» che, se nominato, «è l’unico soggetto legalmente autorizzato a interagire con il
medico e si impegna ad agire nell’esclusivo e migliore interesse del paziente, operando sempre e solo
secondo le intenzioni legittimamente esplicitate dal
soggetto nella dichiarazione anticipata». Il testo però
non prevedeva nulla in caso di mancata nomina del
fiduciario, questione affrontata da un emendamento
del Pd bocciato in commissione Affari sociali. La
proposta di modifica dell’articolo 6 del testo approvato dal Senato, sottoscritta da tutto il gruppo dei
democratici dal Pd, introduceva la possibilità, in caso
di mancata nomina, rinuncia, o morte del fiduciario,
che questa funzione venisse assunta «nell’ordine: al
coniuge non separato legalmente o di fatto, al convivente more uxorio, ai figli maggiorenni, ai genitori,
ai parenti entro il quarto grado». Di parere contrario
è stata, invece, la maggioranza che ha bocciato
l’emendamento con i voti contrari di Pdl e Lega. E
che, anzi, nella prossima seduta prevista questa
settimana metterà al voto un emendamento del relatore, Domenico di Virgilio, che prevede in caso di
mancata nomina del fiduciario che i suoi compiti
siano «adempiuti dai familiari secondo quanto previsto dal Codice civile, Libro II, Titolo II, Capo I»,
vale a dire il diritto di successione, dove non esiste
il convivente.
Promossi invece alcuni subemendamenti del Pd all’emendamento del relatore all’articolo 5, che
«migliorano - come spiega Livia
Turco - l’assistenza delle persone in
stato vegetativo permanente, prevedendola tra i livelli essenziali di assistenza», oltre a chiedere alle Regioni di adeguarsi alle linee guida che
emanerà il ministero della Salute in materia, «entro
60 giorni» dall’entrata in vigore della legge.
Tra gli ultimi nodi da sciogliere in commissione
Affari sociali c’è anche il peso da assicurare alle
volontà scritte dal paziente nel testamento biologico:
finora il testo licenziato dal Senato prevede che il
medico possa liberamente discostarsene. Ma tra le
modifiche volute del relatore Di Virgilio dovrebbe
spuntare l’ipotesi di rendere il biotestamento in qualche modo più vincolante per i camici bianchi.
Stato vegetativo
tra i livelli essenziali
EMENDAMENTI AL GOVERNO CLINICO
Governance, sulle nomine decide la Regione
T
occa alle Regioni decidere sugli incarichi di struttura semplice e professionali,
di ricerca, di verifica e sulle consulenze dei
medici, senza più specifiche che entrino nel
merito né prescrizioni di ulteriori pareri da
acquisire, prima di definire le scelte. La Commissione Affari sociali della Camera ha proseguito la scorsa settimana in sede referente
l’esame e il voto sugli emendamenti al testo
unificato del governo clinico, calendarizzato
per l’aula a maggio.
Le modifiche approvate riguardano gli articoli da 5 (incarichi di struttura semplice e
professionali) a 8 (responsabilità dei direttori
di Dipartimento), fino alle soglie cioè degli
articoli più “caldi” del provvedimento dai
limiti di età e la cancellazione della rottamazione alle nuove regole per l’intramoenia e
alla previsione di quella per gli infermieri e il
personale.
Oltre alla modifica che lascia alle Regioni
il compito di decidere sull’affidamento degli
incarichi, diminuisce anche il peso dei direttori di struttura complessa e dei capi Dipartimento che non fanno più “proposte” sui nomi dei responsabili della struttura semplice,
ma sono “sentiti” dal direttore generale. MoMarzio Bartoloni difica anche per la pubblicazione dell’attribuzione dell’incarico che non avviene più sulla
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«Gazzetta Ufficiale» almeno tre mesi prima
che il posto sia vacante, ma sul Bollettino
ufficiale regionale e sui siti istituzionali della
Regione.
Niente più modalità poi sul sorteggio dei
membri della commissione dell’azienda né
formulazione da parte di questa di un giudizio “motivato” sulla scelta: la commissione
proporrà direttamente una terna di candidati
da cui il direttore generale può scegliere.
Titoli, giudizi e graduatoria degli eletti poi,
oltre che sul sito dell’azienda, dovranno comparire anche su quello della Regione.
Per quanto riguarda la valutazione dei dirigenti, si aggiungono ai medici quelli sanitari
non medici e tra i parametri, accanto alle
strategie per il contenimento dei costi e alla
soddisfazione degli utenti, arriva l’uso appropriato delle risorse. Per quanto riguarda gli
strumenti di valutazione, saranno quelli decisi nel contratto e indicati in linee guida del
ministero della Salute, senza più la previsione che siano adottate con atto di indirizzo del
Comitato di settore approvato poi con Dpcm.
Infine, dalle responsabilità dei direttori di
Dipartimento è cancellata la previsione che le
Regioni possano disciplinare la composizione del Comitato di Dipartimento e gli indirizzi sulla sua attività.
10 DIBATTITI
20-26 aprile 2010
In una ricerca del Censis aspettative e soddisfazione dei cittadini verso i servizi sanitari
Gli italiani promuovono il Ssn
Ma al Sud crolla il “consenso” - I nodi: liste d’attesa e offerta razionata
L
a ciambella degli italiani,
alla fine dei conti, si chiama sempre Ssn. Non sarà il paradiso delle cure in terra,
ma ai pazienti del nostro Paese
non dispiace. Anche se, come
sempre, ci sono due Italie: una,
quella del Nord, che apprezza i
servizi sanitari e li promuove
con voti piuttosto alti (piacciono
soprattutto le farmacie, le case
di cura e i Mmg). L’altra
“Italia”, quella del Centro-Sud,
che a stento li considera «buoni». Anche se alla fine li considera «sufficienti».
A dirlo è l’ultima ricerca targata Censis, presentata venerdì
scorso con il ministro Fazio, sulle «aspettative e soddisfazione
dei cittadini rispetto alla salute e
alla Sanità». Che giustifica il giudizio «positivo» nella «natura
stessa del Ssn, universale e gratuito». Perché «di fronte a un
bisogno, importante e psicologicamente destabilizzante quale è
il bisogno di salute - avverte il
Censis - il Ssn comunque risponde». Da qui la maggiore fiducia
«nelle articolazioni più capillari
e accessibili, dunque visibili e
tangibili del Servizio, quali la
medicina generale e la farmaceutica territoriale». Farmacie e
I “voti” degli italiani
Il ricovero? Prima una visita privata dal medico
L’
ospedale e il ricovero superano
l’esame. Nove pazienti su dieci si
dicono molto o abbastanza soddisfatti su
quasi tutti i fronti: dalla qualità degli interventi medici alla chiarezza delle informazioni ricevute, dalla disponibilità e
gentilezza del personale fino alla qualità
delle strutture e all’accoglienza.
Quello che non va bene per gli italiani
- secondo l’indagine Censis - sono alcuni
«malfunzionamenti e distorsioni» e l’imbuto che si crea per accedere al ricovero
programmato con il suggello di «personalismi e favoritismi, che trovano terreno fertile in strutture organizzative spesso percepite come iperburocratizzate e
respingenti». Secondo la ricerca ben un
paziente su tre, tra quelli che hanno ricevuto un ricovero programmato, spiegano che prima di essere ricoverati hanno
dovuto farsi visitare privatamente o intramoenia dal medico dell’ospedale. Una
Mmg sono, infatti, in cima alla
classifica della “polarità” tra gli
italiani, insieme agli «studi medici privati». Seguono, poi, i pediatri, i laboratori di analisi e centri
diagnostici privati e le cliniche.
Comunque anche il settore pub-
blico incassa la sua promozione:
dagli ospedali (compresi i pronto soccorso) alle strutture di riabilitazione. Anche se, come detto, la fiducia crolla al Sud e nelle Isole, dove a esempio i servizi
ospedalieri sono considerati
«buoni» solo dal 17,7% dei cittadini (contro il 33,8 della media
italiana) e «sufficienti» dal
55,7% (contro il 47 in Italia).
Mentre ben il 26,6% nel Mezzogiorno boccia ospedali e pronto
soccorso (la media nazionale è
CELEBRATA IL 18 APRILE LA GIORNATA EUROPEA DEI DIRITTI DEL MALATO
del 19,2 per cento).
Tra le criticità segnalate dal
Censis c’è soprattutto l’accessibilità dei servizi. E dunque: le
solite liste d’attesa e il «sottodimensionamento dell’offerta».
«Problematicità» ci sono anche
«O
gni individuo ha il diritto di
non subire danni derivanti dal
cattivo funzionamento dei servizi sanitari o da errori medici e ha il diritto di
accedere a servizi e trattamenti sanitari
che garantiscano elevati standard di sicurezza».
È il diritto alla sicurezza, contenuto
nella Carta europea dei diritti del malato, il leit motiv degli eventi promossi
dalle sedi locali del Tribunale per i
diritti del malato in occasione della IV
Giornata europea dei diritti del malato.
In particolare in 20 città si è parlato di qualità
e sicurezza in chirurgia,
attraverso l’attività di informazione che i volontari del Tribunale per i diritti del malato e i chirurghi della Acoi (Associazione chirurghi ospedalieri italiani) hanno svolto congiuntamente nei reparti che hanno adottato
la Carta della qualità in chirurgia e avviato un percorso per la qualità e la
sicurezza nelle sale operatorie.
La Carta, promossa a partire dal
2007 dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, in collaborazione
con Acoi e Fiaso e in partnership con
Johnson&Johnson Medical, è stata a oggi sottoscritta da 114 reparti in tutta
Italia e rappresenta un importante esempio di alleanza tra medici e cittadini per
dare risposte concrete agli eventi avversi che possono verificarsi nelle strutture
e innestare un processo di miglioramento dell’assistenza nei reparti, restituendo a ciascun attore un ruolo attivo.
I 54 impegni della Carta della qualità
in chirurgia sono riassumibili in sette
FRANCESCA MOCCIA *
princìpi: accoglienza, informazione, organizzazione, consenso informato, sicurezza e igiene, innovazione e dimissioni:
Œ essere accolti, trattati con umanità e
messi in condizione di affrontare con
serenità la degenza;
essere ben informati, per instaurare
un corretto rapporto medico-paziente ed
essere coinvolti nel percorso di cura;
trovare un reparto ben organizzato,
che garantisca la migliore qualità delle
cure possibili;
essere coinvolti nelle
decisioni mediche che li
riguardano ed essere considerati parti attive del
loro percorso di cura;
essere protetti da
eventuali rischi causati
dal cattivo funzionamento di strutture e servizi;
‘ poter contare su una
struttura che garantisca
l’aggiornamento del personale e l’utilizzo di tecniche innovative per migliorare la qualità di vita e
delle cure;
’ ottenere tutte le informazioni necessarie ad affrontare meglio il rientro a
casa, al momento delle dimissioni.
Nei reparti che adottano la Carta, il
cittadino ricoverato potrà contare su
un’adeguata accoglienza, avrà a disposizione un medico di riferimento, prima
di sottoporsi a un intervento chirurgico
firmerà un consenso informato e sarà
tutelato da misure per prevenire l’insorgenza di infezioni ospedaliere. Inoltre
al momento delle dimissioni avrà una
scheda completa che riporta diagnosi,
terapia e decorso, con i numeri di telefono a cui rivolgersi in caso di necessità.
Sicurezza
in sala operatoria
con i professionisti
dell’Acoi
Il cittadino, attraverso la Carta della
qualità, può valutare adempienze e inadempienze delle strutture e, nello stesso
tempo, può modificare i suoi stessi comportamenti al fine di contribuire al miglioramento della qualità e sicurezza di
un reparto. A esempio, utilizzando in
maniera appropriata e con rispetto gli
ambienti e la struttura, chiedendo a familiari e amici in visita di rispettare gli
orari, non fumando negli ambienti ospedalieri e segnalando se qualcuno viola il
divieto.
E ancora, partecipando attivamente
all’atto del consenso informato, facendo
domande sull’intervento, per avere tutte
le informazioni necessarie per affrontarlo con maggior serenità; nello stesso
tempo fornendo informazioni ai professionisti sanitari sulle proprie condizioni
di salute e facilitando la comunicazione. E, per quanto attiene più direttamente alla sicurezza, il cittadino può collaborare attivamente nelle fasi pre e post
operatorie: per esempio, ricordando al
personale medico e infermieristico di
lavarsi le mani prima di entrare in contatto con i pazienti, non dimenticando
di farlo lui stesso e sollecitando propri
familiari e amici. Sul sito www.tribunaledirittimalato.it, tutte le informazioni
sulla campagna dei 30 anni del Tdm
che, partita dal diritto alla sicurezza con
la Giornata europea, proseguirà nel corso dell’anno con una serie di eventi e
appuntamenti sul tema dei diritti del
cittadino. In particolare la campagna
sarà focalizzata su: diritto all’accesso,
diritto all’informazione, diritto a non
soffrire, diritto al tempo.
* Coordinatore nazionale
del Tribunale dei diritti del malato
nel rapporto con i servizi di cure
primarie: a esempio il 13,6% degli italiani ha indicato di essersi
dovuto rivolgere a un medico
privato, a causa dell’inadeguatezza del servizio fornito dal proprio Mmg (il 15,3% per i pedia-
E Bruxelles si schiera a maggio
«Alleanza con i pazienti in 114 chirurgie d’Italia» D
DI
quota che sale al 41,6% tra i residenti al
Sud e nelle Isole.
Non è tutto: il 30% circa degli italiani
dichiara di aver dovuto «seguire una trafila burocratica complessa e faticosa».
Mentre il 21,4% (quasi il 30% al Centro e
al Mezzogiorno) indica di aver dovuto
ricorrere a conoscenze personali per facilitare il suo accesso in ospedale. «Altri
segnali di criticità» riguardano la quotidianità nei reparti: l’8,0% dei ricoverati
(il 14,5% al Mezzogiorno) ha, per esempio, trascorso almeno una giornata in
corsia senza essere visitato, senza cure e
senza che gli fosse chiaro il motivo. Mentre ben l’11,5% (il 18,1% al Sud e Isole)
spiega di aver ricevuto informazioni diverse da diversi medici.
Infine il 3,9% ritiene di aver subìto gravi errori diagnostici o terapeutici, mentre il 6,7% pensa di essere stato vittima
di disattenzioni sotto il profilo medico.
omenica 18 aprile in 16 Paesi europei (Italia, Francia, Inghilterra, Polonia, Olanda, Repubblica Ceca,
Slovenia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Malta, Lettonia,
Grecia, Macedonia, Cipro, Croazia) è stata celebrata la
IV Giornata europea dei diritti del malato.
Cittadinanzattiva, tramite la sua rete europea Active
citizenship network, ha organizzato eventi di piazza,
banchetti informativi, convegni e conferenze sul tema
dei diritti dei cittadini in Sanità, a partire dalla Carta
europea dei diritti del malato promossa dall’associazione nel 2002.
In Italia con la Giornata hanno preso il via anche i
festeggiamenti per i 30 anni del Tribunale per i diritti
del malato, con iniziative in più di 60 città, in programma fra il 16 e il 26 aprile. In particolare in 20 città si
parlerà di qualità e sicurezza in chirurgia, attraverso
l’attività di informazione che i volontari del Tribunale
per i diritti del malato e i chirurghi della Acoi (Associazione chirurghi ospedalieri
italiani)
svolgeranno
congiuntamente nei reparti che hanno adottato
la Carta della qualità in
chirurgia e
avviato un
percorso per
la qualità e la sicurezza nelle sale operatorie. A livello
europeo la Giornata avrà il suo appuntamento istituzionale a Bruxelles il prossimo 6 maggio, con la partecipazione del Commissario Ue alla Salute, John Dalli.
Nel corso dell’evento i Parlamentari di diversi gruppi
politici presenteranno una Dichiarazione scritta che richiede la istituzionalizzazione della Giornata europea
dei diritti del malato come celebrazione europea annuale in tutti i 27 Paesi.
Obiettivo di Cittadinanzattiva è far sì che tale Dichiarazione sia sottoscritta dalla metà più uno dei parlamentari. Sempre da maggio partirà il monitoraggio sulla
applicazione della Carta europea dei diritti del malato: i
risultati sul rispetto dei diritti dei pazienti saranno presentati nella Giornata europea del 2011(www.activecitizenship.net)
DIBATTITI
20-26 aprile 2010
Le prinicipali criticità (%)
Nord- Nord- Centro
Sud
Ovest
Est
e Isole Totale
Servizi indicati come scarsamente presenti sul territorio
Cure a casa pubb.
13,8
14,2
23,0
25,0
19,5
Ospedali e Ps
4,4
8,8
15,7
26,5
15,0
Ambulatori e con6,3
15,0
14,0
22,0
14,9
sultori pubblici
Servizi ind. come non facilmente accessibili per i tempi di attesa
Ospedali e Ps
25,9
24,0
53,2
37,8
35,0
Ambulatori
24,4
20,4
36,2
34,9
29,6
specialistici pubb.
Laboratori analisi
26,7
17,7
29,9
27,4
25,9
pubb. (Asl e osp.)
Fonte: indagine Censis, 2010
Valutazioni ed esperienze relative al ricovero (%)
Nord- Nord- Centro
Sud
Ovest
Est
e Isole Totale
Sente di essere stato vittima di disattenzioni sotto il profilo medico?
Sì
2,9
2,7
9,6
9,6
6,7
No
97,1
97,3
90,4
90,4
93,3
Ritiene di aver subìto gravi errori diagnostici o terapeutici?
Sì
3,6
5,4
3,6
3,5
3,9
No
96,4
94,6
96,4
96,5
96,1
Si è sentito sempre e puntualmente informato/a in modo corretto
sulle sue condizioni e sui trattamenti che riceveva?
Sì
83,3
64,9
68,7
69,7
72,6
No
16,7
35,1
31,3
30,3
27,4
Ritiene che il suo follow up dopo la dimissione (terapie, visite di
controllo, riabilit. ecc.) sia stato organizzato e gestito adeguatamente?
Sì
89,9
73,0
74,7
77,8
79,9
No
10,1
27,0
25,3
22,2
20,1
Fonte: indagine Censis - Centro nazionale per il controllo delle malattie, 2009
tri). Mentre al 10,5% è capitato
che il medico di famiglia non
abbia diagnosticato una patologia emersa invece a controlli più
approfonditi.
È, inoltre, pari al 64,4% la
quota di italiani che ritiene che i
servizi amministrativi della sua
Asl siano efficienti e ben organizzati (contro il 36,6 che si
esprime in termini opposti). Anche in questa occasione l’opinione positiva trova d’accordo con
frequenze nettamente maggiori i
La qualità complessiva percepita nelle varie zone del Paese (%)
cittadini del Nord-ovest e del
Nord-est (rispettivamente il
73,9% e l’83,7%, contro il
54,3% del Sud e Isole e il 51,5%
al Centro).
Un altro elemento di potenziale criticità riguarda le forme associative dei medici: ben il
61,6% degli italiani dichiara
che, per quanto ne sa, il suo
medico non fa parte di alcuna
forma associativa. Infine, se è
vero che circa 3 italiani su 4
ritengono poco o per nulla frequenti i casi di malasanità nella
zona in cui vivono, il Censis
segnala che questa quota si riduce al 58,3% al Sud e Isole (dove
il 34,5% degli italiani li ritiene
abbastanza frequenti e il 7,2%
molto frequenti), mentre si attesta intorno al 90% circa nelle
regioni settentrionali. Valori
estremamente simili a quelli che
si rilevano a proposito dell’opinione sulla probabilità che un
paziente ricoverato in ospedale
possa subire un grave errore medico: lo ritiene poco o per nulla
probabile il 69,7% complessivo,
ma il dato crolla al 51,1% al Sud
e nelle Isole.
Marzio Bartoloni
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11
12 IN EUROPA
20-26 aprile 2010
SPAGNA/ Il Governo vara un pacchetto di misure: risparmi per 1,5 miliardi all’anno
Farmaci, la scure di Madrid
Prezzi in base alla terapia più economica - Generici: sconti del 25%
U
n risparmio di 1.500 milioni di euro all’anno. È quello
previsto in Spagna attraverso una serie di misure volte
a ridurre la spesa farmaceutica. Le iniziative sono il
frutto di un accordo raggiunto nel Consiglio interterritoriale
del «Sistema naciònal de Salud» - che include i rappresentanti
delle Comunità autonome - su proposta del ministero della
Sanità di Madrid.
Tra le misure previste c’è innanzitutto un cambiamento
nel sistema di calcolo dei prezzi di riferimento per i farmaci
che sono presenti sul mercato da più di dieci anni, dei quali
sia presente in commercio una versione generica e che
presentano uno stesso principio attivo e la
medesima modalità di somministrazione.
L’accordo prevede che il calcolo verrà realizzato per ogni gruppo omogeneo di medicinali a partire dal costo giornaliero e per trattamento più economico e non più mediante la
media dei tre più economici, come avveniva
fino a ora. Inoltre i medicinali generici subiranno un taglio dei prezzi che in media è del
25 per cento. La riduzione sarà minore per i farmaci per i
quali già in passato è stato applicato un taglio considerevole
dei prezzi. L’accordo prevede anche una riduzione delle
tariffe per i prodotti sanitari, che sarà del 6%, tranne che per
i pannolini il cui prezzo sarà ridotto del 20 per cento.
Scenderà anche il costo dei medicinali che sono finanziati dalla Sanità pubblica da più di dieci anni e che allo stesso
tempo non sono inclusi nel sistema dei prezzi di riferimento
e hanno una versione generica o biosimilare approvata in un
altro Paese dell’Ue. In questo caso viene portata dal 20 al
30% la riduzione dei prezzi che già veniva applicata.
Il Consiglio interterritoriale ha poi deciso la revisione dei
prezzi di alcuni gruppi di medicinali di uso molto comune.
Attraverso la Commissione interministeriale dei prezzi dei
farmaci verrà proposto un nuovo prezzo massimo di finan-
ziamento; i medicinali che sfonderanno questo tetto non
potranno più essere finanziati. L’accordo punta alla sostenibilità finanziaria del sistema sanitario nell’attuale congiuntura di crisi economica e assume particolare rilievo se si pensa
che la spesa farmaceutica rappresenta in Spagna circa un
terzo della spesa sanitaria pubblica complessiva. Ma le
misure porteranno benefìci anche per la popolazione. Il
ministero della Sanità stima che il risparmio diretto per i
cittadini sarà di circa 100 milioni all’anno.
Il settore farmaceutico spagnolo tuttavia ha reagito negativamente a queste iniziative. La «Federación empresarial de
farmacéuticos españoles» (Fefe) ha parlato
di «grave rischio» per la qualità del sistema
sanitario, ha criticato il mancato coinvolgimento delle imprese del settore e si è detta
convinta che queste iniziative «saranno assolutamente inefficaci per il contenimento della spesa sanitaria». La Fefe inoltre teme la
perdita di 5mila posti di lavoro nel comparto. Critiche sono state espresse anche dalla
«Federación nacional de oficinas de farmacia» (Fenofar) e
dalla «Federación de asociaciones de farmacias de Cataluña» (Fefac). In seguito alle proteste, il ministro della
Sanità Trinidad Jimenez, ha apportato lievi modifiche al
testo dell’accordo, che in seguito è stato trasformato in
decreto. I cambiamenti lasciano inalterato l’impianto dell’intesa ma introducono dei benefìci fiscali per le farmacie e
autorizzano le piccole imprese farmaceutiche ad aumentare
i prezzi di alcune ristrette categorie di farmaci. Tutte le
iniziative, dopo che il Parlamento avrà approvato la norma
che le contiene, verranno introdotte durante l’anno in corso
e nel 2011.
INDAGINE DELL’EUROBAROMETRO
Troppi antibiotici per gli italiani
S
ono gli italiani i maggiori
consumatori europei di antibiotici: è quanto emerge da
uno studio dell’Eurobarometro
che analizza il problema dell’abuso di questo tipo di farmaci. Se il 40% degli europei
intervistati ha dichiarato di
averne assunti almeno una volta nell’ultimo anno, in Italia la
percentuale è del 57%, la più
alta fra i 27 Stati dell’Ue. Sopra la media anche Spagna
(53%), Romania (51%), Irlanda (45%), Francia e Inghilterra
(42%). I «minori» consumatori sono invece gli svedesi
(22%), ma anche i tedeschi sono sotto la media (28%) così
come tutti i nordici; consumi
moderati anche per greci
(34%) e portoghesi (33%).
«Gli antibiotici hanno rivoluzionato la medicina permettendo di combattere le infezioni
batteriche e di salvare vite - ha
spiegato il commissario Ue
Giacinto Severino per la salute, John Dalli - ma
l’abuso che se n’è fatto ha pro© RIPRODUZIONE RISERVATA
Imprese e farmacie
sul piede di guerra
vocato l’apparizione di organismi in grado di resistere al loro attacco». In altre parole,
«un uso inadeguato degli antibiotici nuoce alla loro efficacia a più lungo termine»: per
questo l’Ue punta alla prevenzione dei rischi attraverso controlli, formazione e campagne
di sensibilizzazione.
Il rapporto evidenzia una
correlazione negativa fra il livello di conoscenza degli antibiotici e il loro uso: chi ne sa
di meno li utilizza di più. Il
62% degli italiani, contro il
53% degli europei pensa, erroneamente, che gli antibiotici
uccidano i virus, e solo il 29%
sa che questo è falso, contro il
36% degli europei. Gli italiani
(il 49%) sono però meglio informati della media europea
(46%) sul fatto che gli antibiotici non sono efficaci contro
raffreddori e influenza; a credere che lo siano, sbagliando, sono il 44% degli intervistati in
Italia e il 47% nell’Ue.
FRANCIA
I
n Francia, in tre anni, sono scese del
40% le infezioni nosocomiali legate
al «Sarm» (Stafilococco aureo resistente alla meticillina). È uno dei risultati
del programma nazionale di lotta contro le infezioni nosocomiali e, in particolare, dell’aumento delle procedure di
controllo. La maggior parte delle aziende ha infatti organizzato delle strutture
di controllo, vigilanza e autovalutazione; l’uso di prodotti igienici per le mani a base d’alcol è raddoppiato. I risultati presentati recentemente alla quinta
conferenza internazionale decennale
sulle infezioni legate alle cure risultano
dalle misure indicate nel piano adottato
dalla Francia per il triennio 2005-2008.
Secondo quanto indicato dal ministero d’Oltralpe, gli obiettivi prefissati
Il piano di Parigi fa crollare le infezioni
sono stati raggiunti poiché l’89% delle
2.800 aziende ospedaliere sono riuscite
a raggiungere il livello più alto degli
indicatori globali di controllo delle infezioni nosocomiali. Ed è questo fattore
che ha fatto scendere drasticamente le
infezioni legate al Sarm - sotto controllo nel 94% delle strutture a livello locale e regionale - e le infezioni respiratorie. Anche la pubblicazione da parte
dei media delle performance nel campo della lotta alle infezioni nosocomiali è stata un incentivo efficace. In generale, la stragrande maggioranza di ospedali e cliniche si è dotata di un dispositivo a tutto campo: sistema di valutazio-
ne e allarme rapido in caso di infezione, comitato dei farmaci anti-infettivi e
raccomandazioni per la prevenzione
delle infezioni da intervento chirurgico, controllo permanente dell’antibioterapia e consegna di un libretto informativo ai pazienti.
E, stando ai dati del ministero della
Salute, la situazione si è ancora migliorata l’anno scorso con un’ulteriore riduzione del 38% delle infezioni del sito
chirurgico e un migliore uso degli antibiotici nella metà delle strutture. Lo
scorso settembre il ministero ha lanciato il piano per il periodo 2009-2013.
Tra gli obiettivi per il 2012, il ministe-
ro vuole ridurre di un quarto il tasso
d’incidenza delle infezioni legate alla
presenza di un catetere venoso centrale
in rianimazione, su un periodo di mille
giorni, l’incidenza per 100 operazioni a
leggero rischio infettivo, quella degli
incidenti con esposizione al sangue su
100 posti letto, e il tasso di incidenza
dei Sarm isolati nei prelievi nell’arco
di mille giorni di ricovero. Inoltre il
95% delle aziende dovrà inserire il controllo permanente delle infezioni del
sito chirurgico nel loro sistema d’informazione.
Tra le misure previste dal piano c’è
anche un capitolo sulla formazione del
personale. A livello nazionale è raccomandata l’introduzione di un capitolo
sulla prevenzione dei rischi infettivi nel
libretto consegnato a ogni nuovo assunto. All’interno di ogni azienda, poi,
bisogna formare i neo-assunti ai princìpi della prevenzione delle infezioni,
verificarne la messa in pratica e assicurarsi che il tema della profilassi faccia
parte dell’aggiornamento professionale
dei dipendenti. La formazione al rischio di infezione deve far parte anche
dei requisiti del personale delle aziende
che rispondono alle gare per i servizi
logistici (pulizie, biancheria, ristorazione ecc.).
Silvia Porzio
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PROGRAMMA EUROPEO
C’
è tempo fino al 20 maggio per partecipare ai
bandi indetti dall’Unione europea per le gare d’appalto su
alcune tematiche sanitarie.
Tutti i cittadini, gli istituti
di ricerca, le organizzazioni
profit e non profit, così come
le istituzioni pubbliche dei 27
Paesi comunitari potranno accedere alle gare, presentando
le offerte come specificato
sul sito dell’Agenzia per la
salute e i consumatori (Eahc)
(http://ec.europa.eu/eahc/health/tenders.html).
I bandi 2010 sono differenziati lungo otto tematiche portanti. Il primo riguarda la comunicazione, che ha l’obiettivo di concludere contrattiquadro con candidati in grado
di assistere l’Each e la Commissione europea nello svolgi-
Dai trapianti alla psichiatria: via a 8 bandi Ue
mento delle loro attività di
informazione sanitaria (relazioni salute, studio di indicatori economici di analisi sul
rapporto salute-popolazione
ecc.). Il secondo bando riguarda il riconoscimento reciproco (e poi la condivisione) delle “ricette” in materia di sicurezza del paziente messe a
punto dai diversi Paesi membri. In questo caso, gli obiettivi operativi sono: l’identificazione e la compilazione di un
elenco non esaustivo di elementi da includere nelle prescrizioni; così come la creazione di strumenti utili alla
creazione di uno o più registri
di medici idonei a praticare
queste soluzioni a misura di
paziente. Il terzo bando guarda alla formazione nell’ambito dei trapianti: in particolare
è destinato a chi dovrà coordinare gli aspetti formativi e
didattici in materia di donazione degli organi, per cui dovranno mettere a punto percorsi con corsi, seminari e
workshop a livello di ogni Paese membro. Il bando numero quattro riguarda invece il
modo per migliorare gli investimenti e le informazioni sulla salute mentale. Si vuole
cioè invitare ad approfondire
lo studio sul livello delle cure
e così portare avanti quanto
disposto dal Patto europeo
per la salute e il benessere
mentale, varato nel giugno
2008, al fine di sviluppare cinque ambiti chiave: prevenzione del suicidio e della depressione; salute mentale tra i giovani e istruzione; salute mentale sul lavoro; salute mentale
tra gli anziani; lotta contro
l’esclusione sociale. Quanto
al bando numero cinque, è
rivolto alla creazione di un
meccanismo per lo scambio
di conoscenze tra gli Stati
membri e le autorità europee
sulla valutazione scientifica
del valore aggiunto clinico
per i farmaci orfani. In sostanza si chiede di elaborare una
metodologia utile all’accesso
tempestivo ed efficace ai farmaci orfani soprattutto per le
persone afflitte da malattie ra-
re. Su questo si chiedono soluzioni condivise tra tutti i Paesi membri. Il bando della sesta area tematica riguarda invece la preparazione di un
rapporto sulle diseguaglianze
sanitarie nell’Ue. Un lavoro
che contribuisca a realizzare
un quadro d’azione che metta
in luce le iniquità in tema di
cure e organizzazione clinica,
e al contempo evidenzi le
azioni intraprese per superarle in tutti i Paesi dell’Unione.
Il settimo bando guarda alla
sicurezza sanitaria e in particolare al rilancio del confronto competitivo per l’assistenza esterna con la conclusione
di più contratti-quadro con
soggetti in grado di affianca-
re attivamente in tema di
“health security” l’Agenzia
Eahc e la Dg Salute della
Commissione Ue.
Infine, l’ultimo bando riguarda un aspetto valutativo
sugli impatti che i fondi strutturali hanno avuto nell’ambito della salute degli europei.
Per riuscirci occorre identificare e raccogliere informazioni sul “prima e dopo” l’intervento di investimenti Ue in
materia di prassi sanitarie. I
risultati di questa analisi saranno utili alla preparazione
della politica di coesione
2014-2020, in modo da sostenere i territori indicando priorità e ambiti di investimento
realmente efficaci.
Lucilla Vazza
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CRONACHE
20-26 aprile 2010
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ITALIA FUTURA/ Presentate le proposte per lo sviluppo del sistema sanitario
Ssn efficiente nel XXI secolo
La ricetta: equità territoriale, bisogni di salute e “controllo” dei cittadini
G
aranzia di equità al tempo del
federalismo e una tecnostruttura
Governo-Regioni per le best
practice, portali web con un “cruscotto di
lettura delle performance regionali” alla
portata di tutti e finanziamenti basati sui
bisogni di salute, senza “indicatori semplici e incompleti” come gli attuali. Perché è
un futuro a rischio di disuguaglianze geografiche ed economico-sociali, di percezione di scarsa qualità dei servizi, sprechi
nell’uso delle risorse, rischi per la sostenibilità del sistema, incapacità di «prevenire
il prevenibile», quello che aspetta la Sanità secondo l’associazione «Italia futura»,
think tank promosso da Luca Cordero di
Montezemolo, diretta da Andrea Romano. Che ha fatto il punto all’incontro organizzato la scorsa settimana a Bologna su
«Sanità è partecipazione. La salute degli
italiani, la salute del futuro», durante il
quale l’associazione, nata per «promuovere il dibattito civile e politico sul futuro
del paese», ha presentato proposte-soluzioni per il sistema salute.
All’incontro sono intervenuti Luca
Cordero di Montezemolo, il ministro della Salute Ferruccio Fazio, il preside della
facoltà di Medicina dell’Università di Firenze Gianfranco Gensini, Riccardo
Mannehimer, direttore dell’Istituto per
gli studi sulla pubblica opinione e Walter
Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene
e della Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva dell’Università
I “cinque pilastri”
Attori
Ministero della Salute
Regioni e Province
autonome
Strutture erogatrici
di prestazioni/
Professionisti e operatori
Cittadini
Ruoli
Programmazione, indirizzo e controllo per la garanzia del diritto costituzionale
alla tutela della salute
Programmare, organizzare e gestire le strutture socio-sanitarie per tutelare la
salute dei cittadini attraverso un sistema di erogatori pubblici e privati
Focalizzazione sull’erogazione di prestazioni di qualità, con particolare attenzione per la valutazione degli esiti dei trattamenti e dei servizi resi con impatto
positivo sui pazienti, per far evolvere i sistemi di gestione e cura verso modelli
innovativi e di copertura sempre più ampia dei cittadini
Partecipazione attiva al sistema sanitario con un ruolo di “utilizzatore informato” e l’obiettivo di elaborare scelte autonome basate sulla valutazione dei
risultati di strutture e professionisti della cura e nel trattamento delle patologie
Cattolica di Roma, coordinatore di Osservasalute ed esperto di management sanitario.
I problemi su cui si concentra la ricetta
di Italia futura vanno dall’aumento delle
aspettative dei cittadini a quello dei bisogni, legato all’invecchiamento, dagli stili
di vita sbagliati e dannosi (obesità a esempio) a nuove (e costose) tecnologie, fino
al cambiamento climatico con nuovi problemi sanitari.
La soluzione però non sta - come sottolinea Ricciardi nel rapporto dell’associazione - nella costruzione di nuovi ospedali, nell’accesso indiscriminato ad altre tecnologie o in un approccio burocratico, ma
in un «insieme combinato di interventi
finalizzati sia ad aggredire i problemi
emergenti che ad avviare un importante
cambiamento culturale e organizzativo
per uno stabile successo futuro». Secondo
il rapporto non esiste una spesa sanitaria
fuori controllo, ma semmai una spesa non
adeguatamente quantificata e non calibrata sui bisogni della popolazione. La strada
è trasferire risorse dall’ospedale al territorio sì, ma non risparmiando subito risorse.
Anzi, anche con eventuali duplicazioni di
spese per lasciare a pieno regime i due
sistemi finché l’uno non sia in grado di
sostituire l’altro.
Poi, scelte consapevoli dei cittadini in
base ai reali bisogni su cui i manager
devono focalizzare l’attenzione, garanzia
di efficienza dei professionisti e piena collaborazione della politica nazionale e re-
gionale perché i problemi sanitari sono
«globali e locali contemporaneamente».
Vanno superate le “barriere” che finora
hanno impedito lo sviluppo dell’Ict: basta
col cittadino “vettore” delle informazioni
cartacee, avanti con le reti tecnologiche di
trasmissione dati tra operatori e assistiti.
Infine la ricerca: servono investimenti
finalizzati al miglioramento della qualità
della vita e dei servizi, riconoscimenti e
premi dell’innovazione farmaceutica e sanitaria, detassazione completa degli utili
reinvestiti in ricerca, incentivazione della
collaborazione pubblico-privato.
Italia futura (v. tabella in fondo alla
pagina) non prevede modifiche legislative
o riforme, ma una serie di interventi per
cambiamenti e trasformazioni organizzati-
ve e culturali ai diversi livelli del sistema
sanitario.
Anzitutto il sistema federale richiede
maggiori garanzie di equità e controllo
dei Lea. Per ottenerle è necessaria una
tecnostruttura (l’Agenas potrebbe essere
il punto di partenza) per lo studio e la
diffusione delle migliori pratiche. E politica e gestione devono lavorare insieme per
garantire la soddisfazione del cittadino
che deve poter comprendere le performance regionali. Lo strumento di lettura delle
performance è un “cruscotto” web che
conterrà indicatori raccolti in banche dati
di semplice interpretazione, oggettivi, sensibili alle variazioni nel breve-medio periodo, applicabili e comparabili a livello
interregionale. Gli indicatori saranno di
efficacia (risultato, a esempio la mortalità), di efficienza (allocativa e distributiva), di qualità percepita (le liste d’attesa).
Infine la spesa. Oltre alla revisione dei
criteri di riparto in base ai bisogni di
salute, si dovrà riqualificare l’offerta e
azzerare il debito nei confronti dei fornitori per il mancato coordinamento tra sistema bancario pubblico e privato, imprese
fornitrici e Regioni. E avanti anche a forme finanziarie integrative/sostitutive per
ampliare la disponibilità senza aggravi ai
cittadini, soprattutto nella cronicità e non
autosufficienza.
P.D.B.
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Le proposte di Italia futura
L’ORGANIZZAZIONE
Il ministero della Salute
● Rafforzamento del ministero del Salute il cui
ruolo è imprescindibile, in particolare in un
sistema sanitario sempre più federale. Per svolgere adeguatamente i compiti di programmazione, indirizzo e controllo per la garanzia del
diritto costituzionale alla tutela della salute, il
ministero deve, in particolare, rafforzare le sue
competenze tecniche per fornire alle Regioni e
ai singoli professionisti gli standard di riferimento per tutte le pratiche assistenziali e per comunicare direttamente con i cittadini
L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari
● Rafforzamento come tecnostruttura di coordinamento che, coinvolgendo sia il Governo
nazionale che quelli regionali, supporti entrambi nella valutazione dei risultati dell’assistenza e
nella riduzione delle disuguaglianze. Essa dovrà
supportare l’effettiva diffusione delle migliori
pratiche assistenziali, sia con interventi a livello
nazionale che delle singole Regioni, e deve
promuovere e monitorare i meccanismi di formazione continua dei professionisti. Per far
questo deve consolidare, con una forte attività
di “capacity building”, le proprie competenze
tecniche e professionali
L’Agenzia nazionale per la valutazione
delle tecnologie sanitarie
● Analogamente a tutti i Paesi sviluppati del
mondo è opportuna la creazione di una tecnostruttura nazionale di riferimento che valuti
sistematicamente, anche in collaborazione con
analoghe agenzie internazionali, le nuove tecnologie sanitarie da introdurre e quelle obsolete
da abbandonare. In un contesto federale, nel
caso che singole Regioni o Province, come in
Canada e Spagna, avviino le proprie strutture a
livello locale, il ruolo dell’Agenzia nazionale dovrà essere quello di coordinamento e ottimizzazione delle tecnostrutture regionali
IL FUNZIONAMENTO
La finanza sanitaria
● Integrazione, nell’ambito del sistema di finanziamento, di indicatori dei bisogni di salute rile-
vati, delle caratteristiche distintive della popolazione e delle prestazioni erogate. Le modalità
di ripartizione della spesa dovranno inoltre tenere conto della distribuzione dell’offerta per
favorire la necessaria riqualificazione della stessa anche in termini di miglioramento continuo
della qualità assistenziale. Tali indicatori dovranno altresì affiancare i parametri economico-finanziari nei piani di rientro dal disavanzo delle
Regioni
● Introduzione, nei sistemi di finanziamento
della Sanità nelle Regioni, di fondi integrativi
per l’erogazione di particolari servizi assistenziali quali prestazioni ambulatoriali, prestazioni
odontoiatriche e quelle rivolte alla non autosufficienza, anche in attuazione di quanto già
espresso dalle recenti normative nazionali
● Strutturazione di un sistema di accordi tra
sistema bancario, imprese fornitrici della Sanità
e Regioni per la gestione del debito nei confronti dei fornitori della Sanità. Tali accordi saranno
funzionali a velocizzare e garantire i pagamenti
alle imprese da parte delle aziende sanitarie
pubbliche e a ridurre la maturazione di interessi da debito fortemente incidenti nei bilanci di
Asl e aziende ospedaliero/universitarie
La governance clinica
Progettazione e implementazione di un sistema per l’introduzione e il funzionamento di
strumenti e tecniche volti al miglioramento
continuo della qualità e dell’appropriatezza assistenziale, in particolare quelli che, nel loro insieme, contribuiscono a una adozione diffusa della
“clinical governance” delle strutture ospedaliere e delle aziende sanitarie territoriali. Ciò può
avvenire attraverso l’insediamento di unità organizzative dedicate, a livello regionale (nell’ambito dell’assessorato/direzione regionale Sanità
o agenzia sanitaria regionale), che supportino
le aziende nell’introduzione e monitoraggio di
meccanismi e strumenti legati alla governance
clinica
Le Regioni e l’integrazione/
continuità assistenziale
● Implementazione di una funzione organizzativa (nell’ambito dell’assessorato/direzione regio●
nale Sanità o agenzia sanitaria regionale che
funga da garante della continuità assistenziale
alle persone che necessitano di essere seguite
durante tutto il percorso di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione in modo continuativo e permanente. Tale funzione organizzativa
dovrà inserirsi, nell’ambito delle istituzioni regionali esistenti, come “task force” di guida alla
riorganizzazione della rete territoriale di servizi
socio-sanitari, nonché al loro coordinamento.
Compito importante sarà inoltre quello di gestione del contributo di Servizio sanitario regionale e Comuni all’offerta integrata di servizi
socio-sanitari
LA VALUTAZIONE E LA TRASPARENZA
Il sistema di valutazione
dei servizi regionali/locali
Strutturazione e avvio di un sistema chiaro e
oggettivo di indicatori per la valutazione dei
risultati di salute ottenuti dalle Regioni in termini di miglioramento dello stato di salute dei
cittadini del proprio territorio. Tale sistema di
valutazione dei programmi e dei servizi sanitari
dovrà essere funzionale (oltre che alle continue azioni correttive per il miglioramento) alla
programmazione della Sanità nelle Regioni in
termini organizzativi e di destinazione delle
risorse
●
Il portale della salute
Istituzione di un portale della salute finalizzato alla divulgazione ai cittadini di informazioni
“filtrate” dai livelli istituzionali e dai più autorevoli professionisti sanitari riguardanti: tutti gli
elementi (anatomici, biologici, fisiologici ecc.)
del proprio corpo e della propria salute, i rischi
legati al genere e all’età, alle abitudini e ai
comportamenti/stili di vita (salute dalla A alla
Z); le modalità più appropriate e sostenibili di
prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle patologie (dalle grandi campagne di promozione della salute fino alle piccole abitudini quotidiane); l’individuazione della struttura dove
accedere ai servizi richiesti e la prenotazione
del proprio appuntamento (vedi analoga esperienza inglese www.nhs.uk). A tale portale si
potrà accedere direttamente o attraverso i siti
●
web di istituzioni, associazioni, rappresentanti di
stakeholder accreditati, ciò al fine di garantire la
più elevata diffusione dei contenuti e dei messaggi e la massima partecipazione dei cittadini
IL COINVOLGIMENTO DEI CITTADINI
L’assistenza agli anziani tra pari
Individuazione e selezione della forza attiva
sul territorio composta da anziani autosufficienti e motivati a offrire a coetanei meno autonomi sostegno nella gestione della quotidianità.
Le attività di formazione e coordinamento della rete di supporto individuata saranno gestite
a livello territoriale, con il coinvolgimento delle
strutture socio-sanitarie competenti. Sulla stregua di esperienze di Paesi del Nord Europa, in
cui le reti sociali sono istituzionalizzate, saranno attivate forme di incentivazione del supporto reciproco da parte di anziani più attivi nei
confronti di pari più bisognosi, quali buoni spesa e agevolazioni economiche per la partecipazione ad attività ricreative e l’utilizzo di mezzi
di trasporto pubblico
●
L’empowerment e self-management
del cittadino in Sanità
Creazione di un cruscotto di indicatori utile
a monitorare, ai diversi livelli del sistema e con
riferimento alle modalità assistenziali, l’erogazione delle prestazioni e il loro impatto sulla
salute dei cittadini, sulla qualità percepita, sulla
programmazione delle politiche e sulla valutazione delle aziende e degli operatori. Tale cruscotto fornirà al cittadino uno strumento estremamente semplificato, ma preciso e sensibile,
di lettura e comprensione del proprio sistema
sanitario regionale dotandolo nei fatti di un
parametro obiettivo di valutazione dell’operato del governo regionale
●
Attivazione di un percorso di self-management attraverso la realizzazione di programmi
e percorsi formativi mirati, rivolti a cittadini
affetti da patologie croniche e ai loro caregiver,
e finalizzati all’incremento del livello di indipendenza nella gestione della cronicità e alla riduzione dell’inappropriatezza delle prestazioni sanitarie
●
14 SPECIALE
20-26 aprile 2010
Dafne fa volare l’acquisto
Denuncia di Fazio al convegno Farmindustria su legalità ed
A
Scoppia la crociata a
proposito di ottimizzazione delle risorse
e di garanzie sull’ottimizzazione del processo di distribuzione del farmaco una menzione a parte se la merita il consorzio Dafne:
una comunità B2B la cui missione è creare e
sviluppare una partnership all’interno della filiera farmaceutica per l’ottimizzazione dei processi distributivi e della correlata gestione
amministrativa.
Organismo di filiera, costituito da aziende
farmaceutiche e aziende di distribuzione intermedia, Dafne, attivo dal 1992, oggi coinvolge
operatori che rappresentano circa il 90% delle quote di mercato del farmaco etico.
Sui collegamenti telematici diretti e grazie
agli standard condivisi per un linguaggio comune - ha spiegato il presidente, Luciano Bodini viaggiano ordini e fatture riferiti a 650 presidi
ospedalieri, 139 distributori (99% del mercato), 58 aziende farmaceutiche (95%) per un
totale transato di 25 miliardi di euro, 750mila
ordini e 280mila confezioni movimentate.
Principali attività realizzate, la trasmissione
di ordini ospedalieri, i buoni d’acquisto telematici per i prodotti stupefacenti, il sistema di
fatturazione elettronica, operativo dall’aprile
2009. I vantaggi: digitalizzazione e conservazione delle fatture emesse a clienti e gli accordi
tra fornitori e clienti per lo scambio delle
fatture generate di tutti gli altri documenti.
Il meccanismo - finito sotto la lente dell’Osservatorio B2B del Politecnico di Milano, di
cui il Consorzio Dafne è partner - ha dato
risultati importanti: la conservazione sostitutiva genera 1-2 euro di risparmio a ciclo; lo
scambio elettronico può valere fino a 5,5-8,5
euro a ciclo di minore spesa; lo scambio
elettronico strutturato di tutti i documenti
del ciclo tra tutti gli attori vale addirittura da
24 a 65 euro di minore spesa.
Per i 10 milioni l’anno di cicli stimati si
tratterebbe di qualcosa come 240 milioni di
risparmio. Senza nulla togliere (anzi qualificando e garantendo) al servizio.
Cerm: 11 miliardi da recuperare - Dompé: patto
«I
l 5-10% dei circa 108 miliardi del Fondo
sanitario nazionale vanno sprecati».
È una valutazione “personale” e “fatta a
braccio” ma di peso quella che il ministro della Salute
Ferruccio Fazio ha fatto esplodere davanti al denso e
variegato parterre dei partecipanti al convegno su
«Legalità ed efficienza: le risorse della buona salute»,
organizzato martedì scorso da Farmindustria. «Il 5%
circa è rappresentato dal deficit delle Regioni oggetto
di piani di rientro, mentre un altro 5% si può essere
ulteriormente recuperato dalle Regioni virtuose».
Sarà stata pure “a braccio” la stima
fatta dal ministro, ma coincide curiosamente con la stima - econometricamente circostanziata - dei risparmi
che si potrebbero realizzare se tutte le
Regioni italiane si allineassero ai livelli più efficienti effettuata dal Cerm
(Competitività regolazione mercati)
(cfr. pagina 16).
«Si potrebbero recuperare ben 11
miliardi di euro l’anno», ha annunciato il direttore Fabio Pammolli, convinto che la Sanità sia «il vero banco di prova del
federalismo non solo perché conta per circa il 75-80%
dei bilanci delle Regioni ma anche perché, per completare la governance federalista della Sanità, è necessario affrontare e sciogliere tutti i nodi riguardanti, da
un lato, le nuove relazioni istituzionali tra Stato,
Regioni ed Enti locali e, dall’altro, i nuovi strumenti
di politica economica».
Un motivo in più per la nuova crociata anti-sprechi
lanciata dal presidente Farmindustria, Sergio Dompé:
«L’industria farmaceutica è pronta a condividere un
patto di solidarietà, con regole stabili e chiare e
modalità e tempi da definire, tra Governo, Regioni e
tutti i fornitori del Ssn per accompagnare le realtà
territoriali con pesanti deficit verso l’uscita dall’emergenza», ha garantito.
In cambio però le aziende chiedono di beneficiare
alla pari degli altri del momento di tregua che il
Paese rischia di disperdere: «Con tre anni senza
elezioni davanti, la Sanità, il Servizio sanitario nazionale e le eccellenze che vivono dentro di esso possono diventare un volano per il nostro Paese. Questo è
il modello di lavorare tutti insieme studiando modelli
che funzionino».
Ancora una volta Dompé ha lanciato l’invito a non identificare la spesa
farmaceutica come «fonte privilegiata per la copertura dei disavanzi altrui, come è accaduto negli ultimi 15
anni. E nemmeno come l’origine della crescita della spesa sanitaria». E
una volta tanto i fatti sembrano dare
ragione alle imprese. Almeno stando
ai dati riferiti da Nas e Fiamme Gialle, primi paladini della guerra a truffe, sperperi e latrocini che quotidianamente affliggono la Sanità pubblica.
«Nel biennio 2008-2009 - ha riferito il comandante
del Nas, Cosimo Piccinno - i Carabinieri del Nucleo
anti-sofisticazione hanno effettuato 44mila ispezioni,
rilevando 7.800 infrazioni amministrative e 22.500
infrazioni penali. In tutto sono stati sequestrati 4,8
milioni di confezioni di medicinali irregolari e anche
falsificati».
La buona notizia è che in Italia «non esistono
medicinali “falsi” nei canali tradizionali», ma internet
preoccupa: «Ci sono siti - ha spiegato ancora Piccin-
Finanza e Nas:
stanate frodi
milionarie
ai danni dell’Erario
GUARDIA DI FINANZA
L’
Italia viaggia ormai a
passi veloci verso il federalismo, ma il Paese
appare sempre più spaccato in due:
da un lato il Nord, più efficiente
nella spesa e nell’offerta di salute;
dall’altro il Sud, dove il sistema
sanitario è stato lasciato, in gran
parte, all’iniziativa speculativa di
privati che si sono semplicemente
sostituiti a un comparto pubblico
carente, confuso, mal gestito e peggio indirizzato.
Perché ci sono in media, per
Asl, 14 ambulatori e laboratori privati convenzionati al Nord e 55 nel
Mezzogiorno? E se le donne del
Sud possono confermare, anno dopo anno, il record mondiale di ecografie prenatali a pagamento non
dipende forse anche dal fatto che
strumentazioni come Eco e Tac si
concentrano al Sud fuori dagli ospedali in misura almeno doppia rispetto al Nord?
Ma al di là degli illeciti va citata anche la cosiddetta gestione
“allegra”. I costi
lievitano anche
in virtù di un malinteso welfare
sociale: i dipendenti hanno incassato, per anni,
prebende ingiustificate - a esempio l’indennità infettivi - elargita a persone che non entreranno mai a contatto con i malati.
Ci sono Asl che pagano a tutti i
dipendenti compensi accessori doppi della media regionale.
Occorre intervenire per cercare
non soltanto di arginare i debiti delle Regioni ma anche con verifiche
sul campo, per moralizzare l’ambiente che ruota intorno al mondo
Risorse sufficienti senza le truffe
della Sanità, che spesso si presta a
ogni sorta di affari. Il fenomeno
delle frodi a danno del Ssn può
ritenersi uno dei più gravi aspetti
delle inefficienze della spesa di settore.
Vaste aree di inefficienza della
spesa possono “nascondere” frodi
non scoperte. Da qualche anno il
settore sanitario è tra le aree di particolare interesse per la criminalità
organizzata, perché caratterizzato
da ingenti flussi di finanziamento e
interventi economici, nonché da un
elevatissimo tasso di redditività.
La Guardia di Finanza si sta impegnando per conoscere, in maniera approfondita, tutte le problematiche del settore, utilizzando personale altamente qualificato, capace di
fornire idoneo supporto collaborativo agli enti che ne avessero esigenza. Nell’azione
di contrasto alle
frodi bisogna
considerare che
nella Sanità a problematiche di interesse generale
corrispondono
comportamenti
da rapportare alla grande platea
dei soggetti coinvolti. È questo il caso dei falsi esenti da ticket o dei medici remunerati
anche su pazienti residenti all’estero o deceduti. Al riguardo, ricordo
uno specifico controllo operato da
un comando della Guardia di finanza sulle prescrizioni effettuate nelle
strutture sanitarie pubbliche a favore di oltre 10mila utenti: il 7% aveva firmato sul retro l’impegnativa
dichiarando di avere un reddito in-
False esenzioni,
gestione “allegra”
dei bilanci, interessi
della criminalità
Risultati di servizio
2008
Frodi al Servizio sanitario nazionale
Interventi effettuati (n.)
1.683
Soggetti denunciati (n.)
1.799
Frode accertata (milioni di euro)
55,6
Danni erariali
Soggetti deferiti alla Corte dei conti (n.)
521
Danni erariali segnalati (milioni di euro)
55
feriore ai circa 8mila euro annui,
soglia media di esenzione nel pagamento del ticket, pur guadagnando
molto di più. Il caso limite è stato
un imprenditore, che non ha pagato
il ticket per una radiografia, dimenticando di aver guadagnato un milione e 170mila euro nell’ultimo
anno.
Ritengo che la Sanità non sia
una materia per contabili. La vita e
il benessere dei cittadini non possono soggiacere a logiche di risparmio. Partendo da queste considerazioni, è evidente che i finanziamenti sono più che sufficienti. Basterebbe non sprecarli, applicando il principio: la Sanità va governata e non
occupata.
In sostanza, va garantito il rispetto delle regole sotto ogni profilo,
assicurando una corretta competizione tra strutture. Non basta evocare che bisogna razionalizzare la spesa: bisogna intervenire in maniera
forte e decisa sulla frequente e ingiustificata alterazione dei costi; i
bilanci delle Asl e delle Ao vanno
redatti in conformità alle disposizioni regionali che devono essere rispettose dei princìpi del Codice ci-
2009
1.827
3.459
98,7
427
715
vile e andrebbero resi pubblici nelle forme adeguate. In questo modo
si fornirebbero dati omogenei per
tutte le aziende, rendendo possibile
valutare la performance di ciascuna
di esse.
Si tratta, in buona sostanza, di
applicare anche al pubblico il rigore che si pretende dal privato, per
poter poi riflettere serenamente sulle scelte da compiere.
Riassumendo, le tipologie di violazioni e frodi al Ssn più ricorrenti
sono: false autocertificazioni di
esenzione; false attestazioni di ricovero o di tipo di ricovero; fraudolento frazionamento dei periodi di lungodegenza; finti ricoveri in regime
d’emergenza; medici di base rimborsati per assistiti inesistenti; iperprescrizione di farmaci.
Le truffe ai danni del Ssn sono
diffuse su tutto il territorio nazionale, ma si può riscontrare una
“specificità meridionale”. I dati tratti dalle operazioni della Guardia di
finanza confermano anche per gli
anni 2008 e 2009 tra i settori maggiormente a rischio quello relativo
al funzionamento delle strutture erogatrici di prestazioni sanitarie e, a
seguire, gli appalti di beni e servizi,
dove si rilevano frequentemente acquisti a prezzi superiori rispetto a
quelli di mercato o acquisizioni di
strutture e macchinari inutilizzati.
Dal VI rapporto Sanità 2008 del
Ceis-Tor Vergata emerge una serie
di distorsioni nella spesa sanitaria
delle Regioni. Una delle più rilevanti è l’aumento della spesa per il
personale che non riguarda i medici bensì il personale amministrativo. In alcune realtà regionali, il rapporto tra posti letto e personale impiegatizio è fuori da ogni compatibilità gestionale. Non si tratta di
errori di valutazione sul fabbisogno
di organico amministrativo, ma di
un carico di assunzioni scaricate
sugli ospedali. I casi limite sono nel
Sud: ricomporre queste distorsioni
di assetto del sistema è impresa
ardua, ma non vi
sono alternative.
I minori rischi
che sembrano
emergere con riferimento
all’area della spesa
farmaceutica potranno peraltro
essere ulteriormente contenuti
con la completa
implementazione del sistema di monitoraggio globale assicurato dalla
tessera sanitaria e dal sistema di
tracciabilità del farmaco, soprattutto per le forniture ospedaliere e la
distribuzione diretta.
Trovo metodologicamente corretta la richiesta da tempo avanzata
da Farmindustria: sì ai controlli,
per garantire la massima trasparenza, ma analogo impegno e risorse
vanno rivolti alle altre voci della
spesa sanitaria, che superano di
gran lunga le risorse pubbliche destinate alla farmaceutica.
I controlli repressivi non sono
sufficienti: è necessaria anche
un’azione efficace di controlli preventivi basati, sempre più, su sistemi informatizzati.
Confindustria ha più volte dichiarato che la spesa sanitaria è uno
dei problemi più gravi della Pa e ha
calcolato che un intervento organico e innovativo potrebbe procurare
un risparmio del 9-13% sull’attuale
spesa sanitaria pubblica: un importo pari a circa 10 miliardi l’anno.
Le norme esistono, ma spesso la
burocrazia le vanifica. È sintomatico l’utilizzo del bollino farmaceutico di sicurezza che le aziende applicano ormai da anni su tutte le confezioni immesse sul mercato italiano.
Allo stesso modo la tracciatura dei
dispositivi medici, per lo meno
quelli oltre un
certo valore, unitamente al livello
dei costi uniformi su cui il ministero della Salute
sta lavorando,
comporterebbe
anche maggiore
trasparenza nella
loro gestione e
nei relativi appalti di fornitura. Servono insomma
norme chiare e procedimenti amministrativi trasparenti, ricordando
sempre che in Sanità tutela della
salute e tutela dei conti pubblici
devono e possono coesistere.
Servono norme
e procedimenti
amministrativi
più trasparenti
Saverio Capolupo
Comandante Scuola di polizia
tributaria Gdf
(sintesi dell’intervento)
SPECIALE
20-26 aprile 2010
efficienza: «Perso il 5-10% del Fsn»
anti-sprechi
o istituzionale con le Regioni
no - dove vengono messi a disposizione camici bianchi on line che possono effettuare, a pagamento, una
prescrizione virtuale con cui acquistare prodotti che
nella maggior parte dei casi non contengono il principio attivo o lo contengono in quantità minime o anche
eccessive».
Notizie pesanti anche dal fronte delle Fiamme
Gialle: «Nel biennio 2008/2009 - ha riferito Saverio
Capolupo, Comandante della Scuola di Polizia tributaria della Gdf - la Guardia di Finanza ha registrato
frodi per oltre 154 milioni di euro ai danni del Ssn, a
fronte di 3.500 interventi effettuati con oltre 5mila
persone denunciate». Nello stesso biennio sono stati
calcolati danni erariali, sempre provenienti dal settore
sanitario, per 770 milioni di euro con quasi mille
soggetti deferiti alla Corte dei conti.
E se il Pg Mario Ristuccia conferma le preoccupazioni già espresse in passato per le armi spuntate
concesse alla magistratura contabile dalla legge Brunetta (i rilievi della Corte possono essere infatti superati con un decreto motivato che riporta la questione a
livello politico, rendendo di fattio impossibile un
intervento su quanto è già in itinere), l’invito di
Capolupo a individuare interventi fondati sulla trasparenza resta incontestabile. «La Sanità va governata,
non occupata» lo slogan utilizzato dal comandante
Gdf per ricordare che le sole regole contabili non
bastano a garantire un uso corretto delle risorse.
La soluzione tirando le fila del dibattito prova a
fornirla Fazio. Dopo gli indicatori di appropriatezza
ed efficienza del sistema, forniti alle Regioni e alla
Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia
e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale, che
consentono un’analisi concreta del fenomeno, in dirittura d’arrivo c’è anche un nuovo modello di acceditamento “bifase”, basato su valutazioni ex-post ed exante che considererà “rivedibili” le strutture anno
dopo anno.
Un esame di qualità periodico e a maglie strette,
perché gli esami a chi deve gestire e garantire il buon
esercizio del Ssn non finiscano mai. Su una cosa però
Fazio glissa e non è per gioco: le manovre future. Il
tavolo sulla farmaceutica produrrà quasi certamente
una manovra da mettere in pista a giugno. Ma di
questo se ne occuperà l’Economia. E le ansie degli
industriali delle pillole restano tutte in piedi.
15
PANDEMIA
Influenza A: comincia
il mea culpa dell’Oms
«Gestione non perfetta»: task force al lavoro
Q
ualche difetto di comunicazione c’è stato. La prima breccia nel muro dell’Organizzazione mondiale della Sanità sulla gestione della pandemia 2009 è arrivata da
Keiji Fukuda, consigliere speciale Oms per
l’influenza A. «La realtà è che una pandemia
è caratterizzata da un’elevata dose di incertezza. Penso che non siamo riusciti a trasmetterla. E questo è stato
da molti interpretato come mancanza di trasparenza».
Il cauto mea
culpa è stato indirizzato il 12 aprile
scorso a una platea
precisa: il gruppo
di 29 esperti «indipendenti» del Review Committee,
incaricati di passare al setaccio il
comportamento
dell’Oms nella vicenda. Nella lista di “controllori” figura però
curiosamente anche un “controllato” eccellente: si tratta dell’australiano John Mackenzie,
presidente del segretissimo Emergency Committee, che ha coadiuvato il direttore generale
dell’Organizzazione, Margareth Chan, proprio nella gestione dell’emergenza.
Qual è il compito della task force? Lo
ha chiarito la stessa Chan in apertura della
Sara Todaro prima sessione di lavori: «Una revisione
franca, critica, trasparente, credibile e indi© RIPRODUZIONE RISERVATA
pendente del nostro operato». L’iniziativa
dell’Oms è un modo per reagire alle critiche e ai sospetti di complicità con le aziende farmaceutiche piovute da ogni parte, a
cominciare dal Consiglio d’Europa. Il Review Committee dovrebbe impiegare nove
mesi per esaurire il suo lavoro, ma una
relazione preliminare sarà pronta a maggio, per l’assemblea Oms.
Intanto continua il confronto
tra il Governo italiano e Novartis,
fornitore unico, sugli 11 milioni di
dosi ordinate e
non acquistate (su
24 milioni totali
oggetto del contratto siglato ad agosto per 184,5 milioni di euro). La via
dell’indennizzo (la
Francia ha pagato il 16% del valore degli
ordini cancellati) sembra la più probabile. E
le altre dosi consegnate e inutilizzate? «Otto
milioni - ha affermato il ministro della Salute,
Ferruccio Fazio, durante il question time al
Senato del 7 aprile - saranno valide fino a
ottobre, e potranno essere utilizzate nella prossima stagione influenzale».
Manuela Perrone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
16 SPECIALE
20-26 aprile 2010
Analisi del Cerm sull’ipotesi di finanziamento dei Lea e la determinazione degli standard
Fisco federale su due livelli
Serve il Fsn con quota capitaria ponderata e poi il benchmarking locale
L
a legge di riorganizzazione della fiscalità in prospettiva
federalista richiede che il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria avvenga con riferimento a
benchmark di costo e di fabbisogno.
Sono emerse, ormai da tempo, due “scuole di pensiero”:
quella che punta alla determinazione di standard il più possibile
a livello di singola prestazione; e quella che vede necessario
distinguere gli standard da adottare nei rapporti Stato/Regione
da quelli cui ogni Regione può affidarsi nei rapporti con le sue
Asl e le sue Ao.
Lo studio del Cerm, dopo aver analizzato la criticità dell’impiego di standard a livello di singola prestazione nei rapporti tra
Stato e Regioni, giunge a formulare la proposta di differenziare
le regole che presiederanno ai rapporti finanziari tra Stato e
Regioni, da quelle che poi ogni Regione seguirà nei rapporti
con gli enti a essa sottesi, le sue Asl e le sue Ao. Nel primo caso,
si suggerisce un’applicazione completa della quota capitaria
ponderata per ripartire tutte le risorse del Fsn (parte corrente e
parte capitale). Nel secondo, le Regioni potranno utilmente
sviluppare sistemi di benchmarking da cui far discendere anche
standard puntuali con funzione di tariffa a livello di singola
prestazione. Programmazione macro tra Stato e Regioni e microfondazione della governance all’interno della Regione e a cura
della stessa Regione.
La fase di transizione va adeguatamente disegnata, in maniera tale che il processo di cambiamento sia credibile e venga
costantemente verificato. Parte integrante della transizione dovrebbe essere un programma pluriennale di investimenti, a
carico del bilancio dello Stato e sotto rigorosa regìa, per l’attenuamento del gap infrastrutturale in Sanità. Questo gap, derivato dal passato, pesa sulle attuali capacità delle Regioni di
ottimizzare sia i costi che la qualità delle prestazioni.
Tra i vantaggi della soluzione proposta (quota capitaria ponderata e sostegno al recupero del gap),
anche la compatibilità con
i tempi di interazione delle
nasciture istituzioni federaliste e di redazione e validazione dei documenti di
finanza pubblica. La Sanità si dimostra “banco di
prova” del federalismo
non solo perché conta per circa il 75-80% dei bilanci delle
Regioni, ma anche perché, per completare la governance federalista della Sanità, è necessario affrontare e sciogliere tutti gli
snodi riguardanti, da un lato, le nuove relazioni istituzionali tra
Stato, Regioni ed Enti locali e, dall’altro, i nuovi strumenti di
politica economica. Definite le regole per individuare i differenziali di fabbisogno delle Regioni, l’interazione tra Stato e Regioni dovrà necessariamente continuare a potersi svolgere ogni
anno sul dimensionamento delle risorse dedicate alla Sanità su
scala nazionale e sul loro proporzionamento rispetto al perimetro dei Lea.
Questa interazione non dovrà tradursi in una ricontrattazione
degli stanziamenti che finirebbe per minare tutta la nuova
impalcatura: gli aggiustamenti annuali dovranno trovare valide
giustificazioni, e innestarsi su una programmazione pluriennale
del Fsn da mantenersi il più possibile ferma. A valle dell’assegnazione della loro quota di Fondo, le Regioni, pur pienamente
responsabilizzate sull’equilibrio di bilancio e sull’implementazione dei Lea, non potranno rimanere insindacabili nel loro
operato, ma dovranno darne conto presentando Piani sanitari
pluriennali da vagliare e approvare in Conferenza unificata, e
sulla cui base potranno anche rendersi necessarie policy guideline anche a carattere cogente. È la “prova generale” di quanto
dovrebbe avvenire nel futuro Senato federale, con l’approvazione di programmi di stabilità regionali, il vaglio anno per anno
della loro implementazione, e la possibilità di decadenza dalle
funzioni per i rappresentanti politici e gli amministratori delle
Regioni inadempienti.
Di fronte alla crescita intensa che la spesa sanitaria farà
registrare nei prossimi decenni, sarà indispensabile farsi trovare
pronti a bilanciare al meglio, sulla base di programmi, i due
obiettivi della sostenibilità finanziaria e dell’adeguatezza delle
prestazioni. Il processo di transizione deve partire subito, con
regole di base condivise, ma chiare e non ricontrattabili.
Il Ssn sarà
il più importante
banco di prova
per la riforma
La distanza delle Regioni dalla frontiera
Contabilità sanitaria
Spesa pro capite
effettiva, media
Regioni
(euro 2000)
[a]
Campania ●
1.215
Sicilia ●
1.155
Puglia
1.149
Lazio ●
1.395
Trentino A.A.
1.439
Liguria ●
1.423
Abruzzo ●
1.265
Molise ●
1.303
Calabria
1.157
Basilicata
1.125
Valle d’Aosta
1.451
Sardegna
1.233
Toscana
1.253
Veneto
1.215
Emilia R.
1.300
Marche
1.234
Lombardia
1.206
Piemonte
1.250
Friuli V.G.
1.266
Umbria
1.266
● Piano di rientro in corso
Standardizzazione
e spostamento sulla
frontiera (euro 2000)
[b]
388
285
264
238
246
200
164
161
129
102
128
77
33
30
25
19
11
6
-20
-36
Valori stimati
Spesa pro capite
efficiente
(euro 2000)
[a - b]
827
870
885
1.157
1.193
1.223
1.101
1.142
1.028
1.023
1.323
1.156
1.220
1.185
1.275
1.215
1.195
1.244
1.286
1.302
Aggiustamento
in percentuale della
spesa effettiva (%)
[(a - b) / a ]
31,9%
24,7%
23,0%
17,1%
17,1%
14,1%
13,0%
12,4%
11,1%
9,1%
8,8%
6,2%
2,6%
2,5%
1,9%
1,5%
0,9%
0,5%
-1,6%
-2,8%
Valore economico della distanza dalla frontiera 2007-2008 (milioni di euro correnti)
Regioni
Campania ●
Sicilia ●
Puglia ●
Lazio ●
Trentino A.A.
Liguria ●
Abruzzo ●
Molise ●
Calabria
Basilicata
Valle d’Aosta
2007
3.097,45
2.056,79
1.552,75
1.856,43
343,40
436,76
302,95
77,12
361,25
88,33
21,73
2008
3.090,84
2.061,21
1.615,06
1.896,89
359,81
448,24
303,91
80,77
368,62
92,11
22,95
Regioni
2007
Sardegna
167,75
Toscana
166,47
Veneto
202,63
Emilia R.
144,92
Marche
37,88
Lombardia
145,51
Piemonte
38,64
Friuli V.G.
Umbria
Italia
11.098,75
% Pil Italia
0,72%
● Piano di rientro in corso
2008
174,61
172,70
210,64
150,81
39,55
150,1
40,34
11.279,16
0,72%
Distribuzione geografica degli scostamenti dalla frontiera
Fabio Pammolli
Cerm - Competitività, regolazione, mercati
NOTA. L’analisi del Cerm seleziona le principali variabili che influenzano la spesa sanitaria calcolandone i coefficienti di impatto
medio su tutte le Regioni per ottenere poi una spesa standardizzata che può essere confrontata
con quella di contabilità, per defi-
nire scostamenti di ogni Regione
dallo standard. Successivamente
- tramite un indicatore sintetico
che raggruppa oltre 50 variabili
di performance - viene aggiunta
la dimensione della qualità delle
prestazioni sanitarie: la frontiera
efficiente è la curva che interpola
le combinazioni migliori, osservabili su tutte le Regioni, di scostamento di spesa rispetto allo standard e di livello di qualità.
A PAG.
18
TELEMEDICINA. Il punto della Società
italiana: in arrivo linee guida uguali per tutti
A PAG.
20
PUGLIA. Consultori: via libera al piano di
riprogrammazione di assistenza alle donne
A PAG.
21
MERCATI&NEWS. Università di Verona
capofila del consorzio sul genoma anti-cancro
SARDEGNA/ Approvate dalla Giunta le direttive regionali in materia di inquinamento elettromagnetico
Una strategia contro l’elettrosmog
Impianti vietati vicino a scuole, ospedali e residenze per anziani - I criteri per il catasto
P
erseguire obiettivi di tutela della
salute e di salvaguardia della popolazione esposta a emissioni elettromagnetiche; consentire l’ordinato sviluppo, la corretta localizzazione e il risanamento degli impianti, in raccordo con la
pianificazione territoriale, ambientale e
urbanistica locale; prevenire e ridurre
l’inquinamento ambientale, dovuto alle
emissioni elettromagnetiche degli impianti e assicurare la tutela dell’ambiente
e del paesaggio. Sono le priorità indicate
dalle direttive regionali in materia di inquinamento elettromagnetico, un documento tecnico approvato dalla Giunta regionale sarda, nelle more dell’approvazione di una legge regionale ad hoc.
Le direttive costituiscono lo strumento di riferimento sia per le amministrazioni comunali, sia per i privati, proprietari
e gestori di impianti fissi per le telecomunicazioni e la radiotelevisione che generano campi elettromagnetici.
Il documento detta i criteri per la gestione delle procedure di autorizzazione
degli impianti e dà indicazioni ai Comuni per la redazione e l’adozione del Regolamento comunale per l’installazione degli impianti fissi per le telecomunicazioni e la radiotelevisione, che generano
campi elettromagnetici, allo scopo di assicurare il corretto insediamento degli
impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.
Gli operatori di telefonia mobile, dovranno provvedere a redigere e presentare a ciascun Comune interessato, un programma annuale delle installazioni. La
presentazione del programma annuale
delle installazione consentirà l’informa-
zione e la partecipazione del pubblico.
E i Comuni da parte loro dovranno
provvedere alla individuazione delle aree
sensibili - all’interno delle quali l’amministrazione può vietare l’installazione di
impianti fissi e mobili - che possono
essere di due tipi: di interesse socio sanitario o di interesse socio architettonico e
paesaggistico ambientale.
Nella prima categoria rientrano gli edifici dedicati totalmente o in parte alla
tutela della salute (ad esempio ospedali,
case di cura, cliniche); edifici scolastici;
edifici o aree attrezzate dedicati totalmente o in parte alla popolazione infantile
(ad esempio parchi gioco, oratori, istituti
di accoglienza socio-assistenziali e strutture similari); residenze per anziani.
Nelle direttive si è infine provveduto
a definire le modalità per l’aggiornamento del «Catasto Regionale degli impianti
fissi che generano campi elettromagnetici» vista la necessità di garantire il coordinamento con il Catasto nazionale e la
coerenza e funzionalità con il Sistema
informativo regionale ambientale, attualmente in fase di avvio.
Rosanna Magnano
EMILIA ROMAGNA
Contraccezione: l’«Abc»
aggiornato in dieci lingue
È
stata aggiornata e ristampata in otto lingue italiano, inglese, spagnolo, russo, arabo, albanese, cinese, rumeno - la pubblicazione «La contraccezione. Conoscere per scegliere», realizzata dalla Regione Emilia-Romagna per fornire alle donne e alle
coppie italiane e straniere tutte le informazioni per
scegliere, se lo vogliono, il proprio metodo contraccettivo. La pubblicazione è in distribuzione in questi
giorni nelle sedi dei Consultori familiari, negli Spazi
donne immigrate e loro bambini, negli Spazi giovani,
nei reparti di ostetricia delle strutture sanitarie della
regione.
Oltre agli opuscoli, sono disponibili, sempre in
otto lingue, le schede di approfondimento, specifiche
per alcuni metodi contraccettivi, da utilizzare nel
corso delle visite e dei colloqui delle operatrici e
degli operatori di Consultori, Spazi giovani, Spazi
donne immigrate e loro bambini con donne e coppie
che scelgono di fare contraccezione. A breve l’opuscolo e le schede saranno disponibili anche nelle
versioni in lingua turca, urdu e punjabi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SICILIA
LAZIO
CAMPANIA
Un’ora di lavoro Più disturbi alimentari A scuola di efficienza
Assunto un disabile
alle mamme etiopi
l 12 aprile scorso presso la sede dell’Uffinche per l’esercizio 2009 si è riscontrato un
arantire al paziente affetto da patolo-
I
cio provinciale del Lavoro di Catania è
stata ufficialmente avviata la prima assunzione di un disabile psichico, che verrà
impiegato presso l’Azienda sanitaria etnea
con contratto a tempo indeterminato.
L’iniziativa rientra nell’ambito del protocollo d’intesa siglato nel 2001 dal Nucleo
Interventi di rete del Dipartimento di salute
mentale dell’Asp Catania e l’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione (Uplmo) di Catania, realizzata per l’inserimento lavorativo dei soggetti disabili psichici, in riferimento agli articoli 9 e 11
della legge 68/1999.
L’obiettivo era quello dell’attivazione di
servizi di sostegno per il «collocamento
mirato» - attraverso forme di consulenza e
tutorato - con il supporto di efficaci procedure d’inserimento, al fine di velocizzare i
tempi d’assunzione dei soggetti disabili
mentali.
U
n’ora del proprio lavoro per aiutare la salute materno-infantile in
Etiopia. È l’iniziativa promossa dall’Asl To2 di Torino Nord e dal Comitato collaborazione medica (Ccm), grazie alla quale ogni dipendente dell’Asl
può scegliere di donare 1 ora del proprio stipendio al mese a favore di un
progetto per le mamme etiopi.
Il Ccm, un’Ong di cooperazione sanitaria nata nel 1968, insieme all’Asl
To2 ha chiamato l’iniziativa «1 ora, un
futuro». La prima fase del progetto
prevede la formazione di 8 medici generalisti e 10 infermieri specializzati e
ostetriche sulla gestione delle emergenze ostetriche e neonatali. Un gesto che
può rendere una giornata come tante
ancora più preziosa. (Ro.M.)
A
aumento delle prestazioni ambulatoriali relative ai disturbi del comportamento alimentare
che sono passate da 4.947 del 2005 a 6.863 del
2009, con un incremento assoluto di 1.916 prestazioni pari al 38,7%. È quanto afferma, in una
nota, Luigi D’Elia, direttore generale dell’azienda ospedaliera San Giovanni-Addolorata.
LOMBARDIA
Meno sale nel pane
M
eno sale nel pane per aiutare a combattere le malattie cardiovascolari. È questo il
senso dell’iniziativa «Con meno sale nel pane
c’è più gusto e guadagni in salute», promossa
nell’ambito del Tavolo di filiera agroalimentare dalla Direzione regionale Sanità della Lombardia, in collaborazione con le associazioni
di rappresentanza del comparto commerciale.
G
gie oncologiche il miglior trattamento
possibile, utilizzando al meglio le risorse
disponibili e riducendo gli sprechi. Sono i
vantaggi della «appropriatezza» della cura,
tema al centro del seminario di aggiornamento che si svolgerà da aprile a dicembre
presso l’azienda ospedaliera Cardarelli di
Napoli.
Il corso di formazione gratuito, riservato
a 60 medici e 50 farmacisti, si articola in
undici incontri ed è coordinato dal direttore dell’unità operativa di Oncologia medica, Giacomo Carteni. Cinque giornate da
aprile a luglio e altre sei da settembre a
dicembre per mettere a confronto le esperienze disponibili su diversi aspetti della
medicina oncologica perché, come spiega
Carteni, «l’appropriatezza nella fase diagnostica e in quella del trattamento è la
risultante dei diversi saperi che contribuiscono a identificare l’oncologia clinica».
IN BREVE
▼ Bologna: Ru486 in day hospital ▼ Milano: corso di ecografia Fimmg ▼ Modena: campagna anti-alcol ▼ Trento: formazione per manager ▼ Bolzano: lezioni contro il fumo
La Regione Emilia-Romagna,
Si svolgerà dal 16 al 18 aprile
Per combattere il consumo
Un corso di formazione manaIl Servizio pneumologico delconclusa l’istruttoria sugli aspetti
2010 il corso nazionale di ecograproblematico di alcol, le
geriale per dirigenti sanitari a
l’Azienda sanitaria di Bolzatecnico-scientifici e giuridici inefia Fimmg rivolto ai Medici di
Aziende sanitarie di Modena
Trento. Lo ha organizzato l’asno e l’Assessorato provinciarenti all’utilizzo della pillola abormedicina generale, coordinato da
hanno presentato una campasessorato alla Salute, Servizio
le alla Sanità organizzano in
tiva Ru486, ha ribadito la propria
Fabio Bono. Il primo ciclo teorico
gna di informazione e prevenorganizzazione e qualità delle
maggio e giugno un corso per
linea che conferma la possibilità
si terrà presso il Novotel Milano
zione, rivolta in particolare ai
attività sanitarie della Provinsmettere di fumare. Il corso è
di effettuare l’interruzione della
Nord - Ca’ Granda di viale Suzzapiù giovani. Attraverso inconcia autonoma, tramite l’Univerrivolto ai fumatori che abbiagravidanza in day hospital. Nello
ni. Il successivo ciclo di lezioni
tri e altre iniziative in circa
sità degli Studi di Trento. La
no maturato la decisione di
stesso tempo la Regione ribadipratiche è fissato per metà magtrenta locali, circoli e scuole,
scadenza per le domande di
smettere e che, non riuscendosce la possibilità, di scegliere cogio. Per informazioni rivolgersi a
l’obiettivo è sensibilizzare raiscrizione è fissata a venerdì 7
ci da soli, necessitano di un
munque il ricovero ordinario.
Giampiero Marfurt: 3396535354.
gazze e ragazzi.
maggio 2010.
aiuto specialistico.
18 AZIENDE/TERRITORIO
20-26 aprile 2010
Il punto della Società italiana (Sit) sullo stato dell’arte e le prospettive delle cure in rete
Telemedicina, il jolly del Ssn
Risparmi e appropriatezza sono le parole d’ordine - E il paziente resta a casa
T
elemedicina è ospedale a
casa, interventi in tempo reale con risparmio anche di
vite umane (mortalità ridotta in
emergenza fino al 4%), gestione dei
servizi senza duplicazioni e code,
risparmi per la maggiore appropriatezza e per il superamento dell’«
ignoranza informatica» in Sanità
che costa al Ssn 862 milioni l’anno
di “tempo perso” del personale.
Questi gli obiettivi e le prospettive
su cui ha fatto il punto la Società
italiana di telemedicina (Sit, unica
società medico-scientifica di medicina telematica italiana, come ha spiegato il suo segretario generale,
Giancarmine Russo) a Firenze la
scorsa settimana in una “tre giorni”
a cui hanno partecipato produttori,
istituzioni, società scientifiche, Regioni e Università (v. box in fondo
alla pagina). Dall’incontro è scaturito il primo manifesto della telemedicina in Italia, illustrato dal presidente
della Sit, Gianfranco Gensini, preside della facoltà di Medicina dell’Università di Firenze, un documento (v.
pagina 19) inviato al mondo dell’ehealth con l’obiettivo di arrivare a un
testo condiviso nel giro di due mesi.
Le reti. Ci sono, ma non molte,
secondo l’Osservatorio nazionale ecare, un progetto del ministero della
Salute, realizzato in Emilia Romagna con il supporto di Cup2000
assieme a Campania, Liguria, Marche, Sicilia, Toscana e Veneto. E
quasi tutte (79%) sono dedicate all’assistenza domiciliare. Le reti raramente offrono servizi di supporto
sociale (teleassistenza, telecompagnia ecc.) e sulla telemedicina la
tendenza è creare progetti “a moduli” che differenziano l’offerta nelle
aree specialistiche: la rilevazione in-
I costi dell’ignoranza informatica
Personale
% tempo perso
per giornata
lavorativa
Personale medico
strutture sanitarie
Personale
infermieristico
Personale tecnico
Personale
impiegatizio
Medici di base
Totale
La telemedicina nelle specialità
Costo totale
del tempo perso
annualmente
0,90%
188.285.066
2,80%
96.161.592
3,60%
49.133.063
7,90%
410.549.237
3,40%
117.583.658
861.712.616
Elementi per un «documento strategico»
1. Contesto internaz., naz.le, reg.le e aziendale
2. Formazione e training degli operatori sanitari
3. Empowerment dei cittadini
4. Strumenti tecnologici e standard
5. Risorse dedicate
6. Documentazione chiara
7. Qualità delle prestazioni
dica un impegno nel 51% dei casi
nella Cardiologia, seguita (12%)
dalla Pneumologia e (10%) dall’Oncologia. C’è larga diffusione di progetti-pilota e sperimentazioni, ma
anche un’alta mortalità dei progetti
implementati, secondo la valutazione di Carla Fiori, che ha illustrato i
risultati dell’analisi.
L’ignoranza informatica. La
spesa per Ict raggiunge l’1,1% di
quella sanitaria globale contro un
tasso di crescita in Europa del 7%,
il 44% del totale dei dipendenti di
Asl e Ao sono “utenti informatici”
(ma gli Mmg raggiungono il 90%),
tuttavia su 250mila utenti di infor-
8. Sicurezza delle prestazioni
9. Analisi costo-efficacia
10. Priorità di azioni da sviluppare
11. Individuazione appropriata dei pazienti
12. Modifiche organizzative e gestionali
13. Modalità di rimborso
14. Aspetti medico-legali
matica individuale solo il 7% si dichiara “esperto”, 200mila utilizzano strumenti informatici senza preparazione e più di 400mila non li
utilizzano affatto. Questa ignoranza
informatica - ha spiegato Antonio
Teti dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara - vale lo
0,84% circa della spesa sanitaria,
circa 862 milioni in un anno di
“tempo perso” del personale sanitario. Per questo Teti ha rilanciato il
progetto “Ecdl Health” gestito dall’Aica (Associazione italiana per
l’informatica e il calcolo automatico), che prevede la certificazione
degli operatori del Ssn per garantire
15. Privacy e confidenzialità
16. Comunicazione
17. Integrazione - Non competizione - Tra
i livelli istituzionali
18. Valutazione
19. Ricerca e innovazione
20. Partnership pubblico-privato
l’utilizzo dell’Ict: una “patente sanitaria” del computer insomma.
Le linee guida. L’esigenza è
avere un indirizzo unico per l’applicazione e la gestione della telemedicina, un “documento strategico” secondo un indice che garantisca applicazioni efficaci, illustrato da Alessandro Ghirardini, del dipartimento Qualità del ministero della Salute
(v. tabella). Ma il ministero sta già
lavorando a linee guida che saranno
presto ufficializzate per rendere il
Nuovo Sistema informativo sanitario (NSis) la cornice unitaria politico-strategica delle iniziative di Sanità in rete, come ha spiegato Maria
Carla Gilardi, professore di Bioingegneria, elettronica e informatica
all’Università Milano Bicocca, direttore dell’Istituto di bioimmagini
e fisiologia molecolare del Cnr e
consulente del ministro della Salute. Le linee che ne faranno parte
riguardano l’attuazione dei risultati
dei Mattoni del Ssn per la generazione di “Lea di informazioni” assicurando l’interoperabilità tra tutti i
livelli del Ssn nella rilevazione delle prestazioni erogate, l’identificazione del cittadino e la rilevazione
delle prestazioni con la tessera sanitaria, l’innovazione nelle cure primarie con l’invio telematico di pre-
scrizioni e certificati, il fascicolo sanitario elettronico, il sistema dei
Cup, l’adozione di servizi di telemedicina nella pratica clinica per ridisegnare struttura e organizzazione dell’offerta e infine un’anagrafe unica
delle strutture Ssn per il monitoraggio della rete di assistenza. Essenziale tuttavia - ha ribadito il direttore
generale del NSis, Rossana Ugenti
- è un cambio di rotta nella cultura
degli operatori e dei cittadini perché
comprendano importanza e appropriatezza delle reti nell’assistenza.
Le imprese. Coinvolti nello sviluppo della telemedicina sono i produttori di apparecchiature. E Fernanda Gellona, direttore generale
di Assobiomedica, l’associazione
che le rappresenta, ha indicato le
proposte dell’associazione. Per gli
aspetti legali-regolatori-clinici la richiesta delle imprese è di definire
un contratto standard tra struttura
sanitaria e fornitore del servizio in
cui siano chiare le rispettive responsabilità, e anche di un “contratto”
paziente-struttura sanitaria (con un
consenso informato ad hoc) che garantisca gli ambiti di privacy, la
“diligenza” nella telemedicina, il livello del servizio. D’accordo con la
necessità di percorsi, professionalità
e formazione specifiche per operatori e pazienti, Assobiomedica ha sottolineato infine la necessità di inserire nei Lea la telemedicina, prevedendo una codifica che per la tracciabilità delle tecnologie, eventuali
forme di co-payment per gruppi di
pazienti non finanziabili e Drg specifici e tariffe ambulatoriali di rimborso per le tecnologie innovative.
Paolo Del Bufalo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Emergenza: -4% di mortalità
L’ospedale a casa dei cronici
Isole, medici di base on line
U
n elettrocardiogramma pre-ospedaliero grazie alla telemedicina riduce il tempo per la diagnosi e l’inizio della
terapia di 20-55 minuti, aumenta i pazienti trattati nel Dea,
quelli trattati con fibrinolisi (dal 37 al 43%), riduce la mortalità
ospedaliera dal 12 all’8 per cento. In Lombardia il progetto
Prometeo realizza strutture e forma gli operatori col risultato di una giornata di degenza guadagnata ogni 6 pazienti; nel
Lazio c’è il progetto infarto.net che fa capo a 7 aziende
ospedaliere coordinate; in Toscana mezzi e personale specializzato trattano non solo il cuore; in Puglia il sistema telecardiologia del 118 ha refertato 28.669 Ecg on-line su 233.657
totali. L’emergenza è uno dei settori di maggiore applicazione della telemedicina e al di là del problema tecnico sono in
atto processi completi di riorganizzazione e razionalizzazione in funzione del miglioramento della qualità delle cure.
C
on la telemedicina l’ospedale diventa struttura di riferimento
per il territorio. Le esperienze illustrate (Irccs Maugeri di
Milano, Fatebenefratelli di Roma, Molinette di Torino) sono di reti
radiologiche telematiche a elevate competenze con la creazione
di servizi di riferimento, attività di telemonitoraggio degli anziani
affetti da patologie croniche riacutizzate e ospedalizzati a domicilio e di vere e proprie strutture di telemedicina con équipe
multidisciplinari di medici e infermieri che trasformano le cure
normali in assistenza integrata: telemedicina, self-management,
assistenza domiciliare, ospedale a casa, second opinion per il
Mmg, riabilitazione domiciliare, dimissioni protette e cure palliative. Un nuovo modello organizzativo che coinvolge soprattutto il
personale infermieristico (advance pratical nurse) con cui si
“telesorveglia” il paziente cronico (telemonitoraggio, teleassistenza, teleconsulto anche per i pazienti post-stroke e post-ictus).
L
L’Università raggiunge l’Africa
Prove di futuro dalla ricerca
Società scientifiche alzano il tiro
L’
P
C
università con il supporto dell’Ict ha come obiettivo proiettare le
strutture sanitarie pubbliche e private della Sanità del futuro. E
sono le facoltà di Ingegneria che affiancano stavolta i medici per implementare la digitalizzazione. La scommessa è soprattutto sui dispositivi
mobili che incentivano lo sviluppo economico e contribuiscono all’innalzamento del Pil. E sono gli ingegneri biomedici a strutturare, ma anche a
gestire le reti. Oltre questo ruolo, le facoltà di Medicina puntano spesso
al di là dei confini tradizionali (ospedale/territorio).
Il caso illustrato a Firenze è quello dell’Università di Napoli Federico
II che ha implementato il programma di medicina prenatale Tocomat
totalmente digitale e basato sulla telemedicina. E da Napoli il collegamento arriva fino a Budapest e a Tripoli e nel 2010 a Dakar in Senegal e
Moi in Kenia. Obiettivo: tenere sotto controllo i pericoli delle pazienti a
rischio visto che la mortalità perinatale in Africa raggiunge il 62 per mille
nati, mentre in Europa non va oltre il 13 per mille.
azienti “connessi”, infrastrutture telematiche per
la continuità dell’assistenza, robot. La ricerca nella
medicina telematica guarda alla fantascienza tenendo i
piedi nella realtà. E partendo dallo studio di prototipi di
modelli infrastrutturali per garantire l’interoperabilità
tra sistemi informativi diversi (progetto Itaca) per la
continuità dell’assistenza, arriva fino alla valutazione
della qualità del servizio di telemedicina grazie al progetto multiregionale e-R.Me.Te. (Regioni per la medicina telematica). Ed ecco i “robot”. O meglio i sistemi
robotici e meccatronici per la neuroriabilitazione dell’arto superiore con risultati che consentono a un arto
artificiale anche di sentire caldo e freddo, fino a suonare il pianoforte. La teleriabilitazione è anche cardio-respiratoria e neuromotoria e il paziente la fa a domicilio.
a gestione del paziente nei gruppi di cure primarie strutturati con un sistema informativo assicura accessibilità e
servizi multicanale, telemonitoraggio e assistenza, realizzando
un’“agenda del paziente”, servizi on demand e proattivi e la
partecipazione di tutte le figure del tema con l’integrazione e
la connettibilità delle cartelle cliniche in uso e il contatto con i
servizi di supporto.
Ma il medico di base utilizza la telemedicina anche in altri
contesti. A esempio nelle piccole isole, con sistemi che rendono wireless la casa da cui il paziente trasmette i dati al medico
e questo lo allerta in caso non compia gli atti previsti nella sua
agenda di cure. E i suoi vantaggi non finiscono qui: a esempio in
un paziente con ictus, una trombolisi endovenosa eseguita
entro tre ore dai primi sintomi grazie al riconoscimento precoce con la telemedicina “salva” un paziente ogni 10 casi trattati.
ardiologia, radiologia, sistema 118: i pionieri della telemedicina (le
società scientifiche che rappresentano queste aree), fanno il punto sullo sviluppo, ma anche sulle criticità della medicina telematica. E
chiedono linee guida nazionali per evitare frammentazioni, e lo sviluppo delle reti per la tempestività nella trasmissione e ricezione dei dati.
Il tutto con consensus intersocietà multidisciplinari e multiprofessionali
basati sulla evidence clinica. Meno disposizioni tecniche e norme per
rivistare l’attuale modello nazionale dispersivo e frammentario.
La necessità è di modelli innovativi di sperimentazione che contribuiscano alla modernizzazione del sistema sanitario per una gestione non
più solo nelle strutture del servizio, ma anche a domicilio con reti
integrate. E serve anche l’educazione dei pazienti accanto a quella del
personale usando sistemi che permettano un pronto accesso alla
consulenza di esperti e alle informazioni del paziente indipendentemente da dove si trovino.
AZIENDE/TERRITORIO
20-26 aprile 2010
19
IL MANIFESTO SIT DELLA TELEMEDICINA
L
La realtà delle reti attuali (2009)
I “luoghi” della telemedicina
Domiciliare
Rsa (residenze sanitarie assistenziali)
Mobile (prevede l’uso del telefono mobile
o dello smartphone)
Marittima
Luoghi di lavoro
Istituti penitenziari
Territori (zone colpite da calamità naturali)
Territori (a esempio “chiosco elettronico”
per videoconferenza/teleconsulto)
Totale
N. reti
157
25
%
79%
13%
3
2%
2
3
2
2
1%
2%
1%
1%
4
2%
198
100%
Reti aperte al cittadino - Totale nazionale e internazionale (2008)
a Società italiana di Telemedicina e
Sanità elettronica (Sit) è stata fondata con la finalità di promuovere e diffondere lo sviluppo della Telemedicina e
della Sanità elettronica in tutti i suoi
aspetti: medici, tecnologici e organizzativi, favorendo, a tal fine, la collaborazione tra le varie componenti del sistema
sanitario nazionale e regionale, nonché
le aziende e le organizzazioni che contribuiscono al miglioramento dei servizi
socio-sanitari, attraverso l’innovazione
tecnologica, la ricerca e l’investimento
di risorse finanziarie.
La Società italiana di Telemedicina e
Sanità elettronica, in quanto Società
scientifica, intende definire i princìpi fondamentali necessari per lo sviluppo armonico e sostenibile della “Telemedicina” intesa come strumento di innovazione tecnologica a valenza multidisciplinare che comprende la formazione, l’integrazione, il monitoraggio e la gestione
dei pazienti, attraverso l’impiego di sistemi di telecomunicazione che si avvalgono della cooperazione di differenti professionalità al fine della promozione della salute attraverso i percorsi di prevenzione, diagnosi e cura del paziente.
Il primo principio che la Società italiana di Telemedicina e Sanità elettronica
vuole affermare con il presente documento riguarda il riconoscimento, sia a
livello culturale che organizzativo e operativo,
della
coesistenza
nella
“Telemedicina” di tre pilastri fondamentali: la Medicina telematica, la Sanità elettronica e l’Ict (Information and communication technology) in Sanità. Si afferma inoltre che questi tre pilastri costituiscono
fondamento
della
“Telemedicina” nella misura in cui concorrono al miglioramento, sia dell’esercizio della professione medico-chirurgica che dell’offerta sanitaria per i pazienti. Per tale motivo questo manifesto è,
al momento, centrato prima di tutto
sulla Medicina telematica.
La Medicina telematica è una branca
della scienza medica
che ha una sua propria valenza clinica e
una sua propria specificità tecnico-scientifica. Si tratta di un’innovazione nella modalità di esercizio della
Medicina e chirurgia che richiede conoscenze e abilità specialistiche. Il grado di
maturità tecnica raggiunto dalla Medicina telematica, e le potenzialità offerte
dalle nuove tecnologie disponibili, presentano infatti indubbi vantaggi nell’ambito del miglioramento della qualità e
della sicurezza nell’assistenza ai pazienti. Tuttavia, malgrado tale potenzialità,
il ricorso ai servizi di Medicina telematica è ancora limitato: la ricerca e il
mercato infatti presentano, a oggi, un
elevato livello di frammentazione che si
traduce in un ostacolo allo sviluppo
della Telemedicina sull’intero territorio nazionale.
Partendo da questo scenario la Società italiana di Telemedicina e Sanità
elettronica redige il presente documento, aperto al confronto, al contributo e
alla valutazione delle Istituzioni, delle Società scientifiche e delle aziende di settore presenti alle Giornate nazionali di
studio in Medicina telematica, svolte a
Firenze nei giorni 8, 9 e 10 aprile 2010,
allo scopo di meglio definire, promuovere e diffondere lo sviluppo della Medicina telematica nel nostro Paese.
Con il termine di Medicina telematica si definisce l’erogazione di servizi di
assistenza sanitaria tramite il ricorso alle tecnologie di telecomunicazione computer assistite, in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o
due o più professionisti) non si trovino
nella stessa località o vi si trovino in
momenti diversi. Essa comporta la trasmissione, in modalità sicura e protetta,
di informazioni e dati di carattere medico grazie a testi, suoni, immagini o altre
informazioni necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il
successivo monitoraggio dei pazienti. Si
tratta di un’attività eminentemente clinica che presuppone l’intervento del medico e dell’infermiere i quali, per mezzo
di strumenti tecnologici idonei, svolgono tutte le azioni necessarie a garantire
ai pazienti la migliore assistenza a distanza, ovvero: rilevare, registrare, elaborare, trasmettere, decodificare informazioni e dati clinici, utilizzare, a distanza,
strumentazioni medico-chirurgiche.
La Medicina telematica individua, pertanto, l’insieme di attività prettamente
di Medicina e chirurgia cliniche, analoghe a quelle tradizionali, ma ricomprese
nel termine più vasto e generale di
“Telemedicina”, così come definito dall’Unione europea, e si distingue dalla
cosiddetta “Sanità Elettronica” (o connected-Health o e-Health) atta a indicare i sistemi e i servizi sanitari erogati
per via info-telematica (teleprenotazione, e-prescription, refertazione on-line
ecc.) e dall’Ict sanitario atto a indicare le
tecnologie info-telematiche utilizzate in
Sanità e nei sistemi sanitari.
La Medicina telematica è multidisciplinare in quanto abbraccia un’ampia varietà di attività specialistiche e non, è praticabile in varie forme in tutte le discipline mediche e chirurgiche, costituendone un indubbio progresso, in particolare per la teleassistenza domiciliare, il
telemonitoraggio medicale delle patologie croniche e del decorso post-operatorio, il teleconsulto specialistico, i servizi di emergenza-urgenza, l’assistenza nelle piccole isole e nelle comunità montane, la tele-cardiologia, -radiologia e -dermatologia.
La Medicina telematica condivide gli
stessi princìpi etici della Medicina e della
Chirurgia esercitati in modo tradizionale, seguendo i dettami della deontologia
medica e della buona pratica clinica, medica e chirurgica.
La Medicina telematica è interdisciplinare in quanto occorre la collaborazione
di esperti di differenti
settori per la progettazione e implementazione dei sistemi di
cui essa si avvale. Tale
collaborazione deve
essere condotta a partire dalle problematiche medico-chirurgiche che a loro volta sono basate sulle
necessità assistenziali dei pazienti. Per
tale motivo il ruolo e il coinvolgimento
degli infermieri nell’erogazione di servizi
di Telemedicina clinica sono imprescindibili. La progettazione e lo sviluppo di
servizi di Medicina telematica, nonché la
loro strutturazione nel sistema sanitario nazionale e regionale, devono avere
come prima finalità il miglioramento dell’assistenza sanitaria, nel pieno rispetto
del rapporto fiduciario tra medico e
paziente.
Massima attenzione deve essere pertanto posta alla sicurezza del malato o
della persona che usufruisce di prestazioni sanitarie di Medicina telematica,
così come alla tutela della riservatezza
dei dati sanitari, soprattutto per quanto
riguarda la loro trasmissione e trattamento. L’interazione telematica tra medico e paziente è da considerare sempre a tutti gli effetti un atto medico e
come tale soggetto al segreto professionale.
Un utilizzo corretto della Medicina
telematica può garantire un miglior accesso alle cure, un miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza del Servizio sanitario nazionale e regionale, ma tutto ciò
comporta un processo di implementazione che necessita della elaborazione
di procedure, della precisazione dei ruoli degli operatori e delle loro responsabilità, nonché di risorse e tempi adeguati.
Di conseguenza devono essere sempre
valutati assieme agli aspetti clinici, anche
quelli amministrativi, economici e medico-legali.
●
Un documento
“aperto” alle
considerazioni
e ai suggerimenti
LE CRITICITÀ
Best practice: obiettivi e non modelli
C
ome mai le esperienze di telemedicina non sono “messe a
sistema”? Come si può propagare un’innovazione duratura
nelle aziende sanitarie? Le best practice nella medicina telematica
non sono un punto di arrivo, ma devono essere uno standard di
servizi sanitari efficienti e il lavoro da fare è verso chi non riesce a
raggiungerli questi standard, secondo Angelo Rossi Mori, dell’Unità di Sanità elettronica - Itb-Cnr di Roma, che ha elaborato una
visione complessiva sulle modalità di diffusione della Sanità elettronica nel settore della salute in rete.
In sostanza, l’emulazione delle best practice presuppone una
diffusione spontanea delle esperienze, ma se si vuole provocare la
diffusione di nuovi modelli organizzativi, si deve trovare il modo
per portare l’innovazione a sistema. «Per questo - ha sostenuto
Rossi Mori - Federsanità-Anci e Forum Pa hanno promosso un tavolo permanente di lavoro
sulla Sanità elettronica dei vertici di Asl e Ao,
che a sua volta ha avviato l’iniziativa sui “Livelli
di innovazione tecnologica in Sanità” (Litis), in
accordo con il Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’innovazione tecnologica della presidenza del Consiglio. E
Litis conferma che le funzionalità essenziali (es.
su contabilità, logistica, portale) sono diffuse e
c’è esperienza sui nuovi modelli assistenziali
basati su telemedicina e sulla gestione avanzata
della documentazione clinica. Ma la propagazione dell’innovazione è avvenuta in modo non controllato, e un certo numero di
Asl/Ao sono rimaste indietro. Tutte le aziende sanitarie devono
poter garantire un minimo di soluzioni, ormai ben stabilizzate, per
le funzionalità essenziali». Secondo Rossi Mori, l’approccio spontaneo e quello pianificato sono complementari e si applicano bene in
situazioni diverse. Le best practice sono uno stimolo al riuso: le
caratteristiche di esperienze di successo sono messe in evidenza per
permettere la diffusione di singole soluzioni nei contesti più maturi,
migliorando la qualità, l’efficacia, il numero di funzioni già offerte,
o il loro grado di copertura. Il processo di massa teorizzato da Litis
invece è orientato soprattutto a recuperare le aziende sanitarie in cui
l’innovazione è meno diffusa, in modo da avviare un fenomeno di
sistema, di mettere in evidenza “cosa manca” a un’azienda per
raggiungere lo sviluppo bilanciato delle funzionalità.
E tra le cose che mancano, ha spiegato Guerino Carnevale del
Dipartimento qualità del ministero della Salute, ci sono una legislazione più specifica, linee guida di riferimento e standard di qualità,
l’attivazione e l’omoegeneità delle reti, una codifica delle prestazioni e modalità di rimborso da parte del Ssn, la gestione dei dati, il
valore medico-legale dell’atto medico, la definizione delle competenze e delle responsabilità degli operatori. E poi il capitolo sicurezza (smart card, password digitali ecc.) e dell’autenticazione per certificare l’identità del mittente
e del destinatario. Tra le criticità della telemedicina Carnevale ha indicato l’esistenza di modelli
autoreferenziali, la necessità di valutazione delle
esigenze di assistenza sanitaria in ogni Regione,
le eterogeneità presenti nelle priorità valutate
negli investimenti regionali, i campi di applicazione (patologie ad alto impatto sociale), le tecnologie (hardware/software, dispositivi, applicativi,
sicurezza), la formazione del personale sanitario
(Mmg, Pdf, medici specialisti, 118, infermieri,
tecnici) e dei professional di Università, enti di ricerca, Asl ecc.,
fino alla formazione dei pazienti, dei familiari e/o dei caregiver che
li assistono. L’agenda delle cose da fare deriva da queste e va dalla
scelta dei partner tecnici per valutare i dispositivi all’identificazione
delle aree di interesse e degli aspetti socio-sanitari di applicazione.
E poi - una volta formati operatori e pazienti - c’è l’Hta (Health
technology assessment) per validare i sistemi che offrono le migliori garanzie in termini di qualità (efficienza, efficacia) e di sicurezza
in ambito medico, sociale ed economico.
È necessaria l’analisi
di ciò che manca
per raggiungere uno
sviluppo bilanciato
20 AZIENDE/TERRITORIO
20-26 aprile 2010
PUGLIA/ Via libera al piano di riprogrammazione - Nuovi orari per le donne lavoratrici
Consultori, rete più flessibile
Assistenza ai migranti da potenziare - Aborto: priorità alla prevenzione
I
n Puglia la nuova rete dei consultori sarà presto realtà
e seguirà un modello innovativo a «geometria variabile», con orari flessibili per venire incontro alle esigenze dei cittadini. La Regione ha infatti dato il via libera al
piano di riprogrammazione, contenuto nella delibera di
giunta approvata un anno fa (Dgr 405 del 7 marzo 2009),
che dovrà rimettere mano al sistema della rete consultoriale pugliese. Il tutto sulla base delle indicazioni contenute
nel Piano regionale di Salute 2008-2010, incentrate sugli
obiettivi di ottimale distribuzione sul territorio, nonché
multidisciplinarietà e completezza delle prestazioni. Che
tradotto significa un’offerta di servizi più efficienti, una
migliore dislocazione dei presìdi e un uso più accorto delle
risorse.
Per la messa a punto delle linee di
indirizzo è stato fatto un lungo lavoro di
concertazione con le associazioni per la
salute femminile (Forum sulla salute della donna). Il presidente Nichi Vendola
già l’anno scorso, al varo delle linee
guida, parlò di una riorganizzazione degli orari d’apertura, per incontrare le
esigenze delle donne che lavorano, così come della messa
a punto di un’équipe stabile di professionisti dell’area
sanitaria e sociale, con l’affiancamento di mediatori culturali e una formazione continua e programmata, rivolta a
tutto il personale. Il tutto in collegamento stabile con le
altre strutture sociali e socio-sanitarie e gli ospedali di
riferimento.
Il punto di partenza sono i 156 consultori già esistenti:
96 consultori propriamente detti e 63 «Punti di accoglienza», in parte di nuova istituzione in Comuni che non
avevano alcun presidio consultoriale e in parte frutto del
riutilizzo di alcuni consultori inidonei o sottoutilizzati.
L’attuazione del progetto di riorganizzazione della rete dei
consultori è affidata alle Asl che sono chiamate a elaborare
un piano aziendale complessivo in ottemperanza alle previsioni della Dgr 405/2009.
Le aziende dovranno intervenire a potenziare l’accoglienza e assistenza ai migranti (servizi di mediazione
interculturale); studiare interventi per la prevenzione e il
contrasto alla violenza di genere; potenziare le attività in
materia di adozione e affido; migliorare i «percorsi nascita» e la prevenzione delle interruzioni volontarie di gravidanza.
È questo ultimo punto infatti a rappresentare un nodo di
elevata criticità, visto che questo riordino si prefigge di
riportare in primo piano la legge 194 del 1978, rilanciandone la sua completa applicazione alla luce
dei numeri tristemente negativi che riguardano la quantità degli aborti in Regione, inclusa l’incidenza di quelli clandestini in costante aumento. Oggi in Puglia si effettuano oltre12mila interruzioni
di gravidanza l’anno, di cui il 50% nell’area metropolitana barese e di questi
più del 50% vengono effettuati nel privato convenzionato. Il che rappresenta un costo sociale ed
economico rilevante. Secondo i dati del Forum Salute
delle donne, il 69,7% delle ricorrenti all’aborto è costituito
da disoccupate, casalinghe e studentesse. Un circuito negativo su cui la nuova rete di consultori dovrà in qualche
modo intervenire per fornire nuovi strumenti di conoscenza e supporto nelle situazioni più critiche, dove la donna è
spesso lasciata a sé stessa nella completa solitudine. Va
sottolineato che oggi la Puglia è l’unica Regione che
fornisce gratuitamente alle donne la pillola contraccettiva.
LIGURIA
Già presenti
156 strutture
Lucilla Vazza
Laboratorio di biomeccanica al Galliera di Genova
È
stato inaugurato al Galliera di Genova il Laboratorio di biomeccanica, diretto da
Claudio Mazzola, responsabile della Sc Ortopedia delle articolazioni dell’ente.
La struttura è dotata di un sofisticato sistema di rilevazione sensoriale, che permette
di acquisire qualunque tipo di movimento per effettuare valutazioni e diagnosi
funzionali del cammino e della postura. «Con l’attivazione del laboratorio - spiega
Adriano Lagostena, direttore generale del Galliera - mettiamo a disposizione
un’innovativa tecnologia che ci consente di proporre un servizio esclusivo nel campo
dell’applicazione clinica, in quello della ricerca e dello sport». Il laboratorio è dotato
di 12 telecamere a infrarossi e di due pedane per il monitoraggio delle forze espresse
da camminata, corsa, salto. Nella foto: Emma Quaglia, campionessa italiana dei 3000
siepi.
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SARDEGNA
I
l reparto di Neurochirurgia dell’ospedale di Nuoro punta a diventare un centro di riferimento
per tutta la Sardegna grazie all’introduzione di nuove tecniche di microchirurgia in grado di risolvere
numerose patologie a carico della
colonna vertebrale.
Ogni anno nel centro di eccellenza vengono curati oltre 600 pazienti e 150 sono mediamente gli interventi di microchirurgia che hanno
risolto problematiche croniche senza ricorrere a procedure invasive di
tipo tradizionale. Perché quando il
dolore diventa cronico e la patologia invalidante busti e farmaci non
possono risolvere efficacemente il
Microchirurgia contro il mal di schiena
problema che affligge pesantemente almeno 9mila sardi. E parliamo
di malattie che peggiorano con il
tempo e non si risolvono spontaneamente, come spiega Giovanni Pinna, neurochirurgo dell’ospedale di
Nuoro. «Ogni anno in Sardegna
vengono eseguiti circa 1.800 interventi chirurgici per patologie della
colonna vertebrale di cui, un numero in continua crescita, con tecnica
mininvasiva. Oggi le discopatie degenerative della colonna vertebrale
come lesioni o cedimenti strutturali
possono essere trattate con successo con l’adozione di un’innovativa
procedura chirurgica percutanea
mininvasiva grazie alla quale è possibile recuperare in modo eccellente l’assetto anatomico-funzionale
della colonna vertebrale, a fronte di
una riduzione sostanziale del trauma chirurgico, limitando la perdita
ematica e le complicanze post operatorie che comporterebbero l’impiego delle procedure chirurgiche
convenzionali».
Le nuove tecniche consentono
la stabilizzazione dei segmenti vertebrali lesionati attraverso l’impianto, per via percutanea, di una barra
di connessione collegata ai segmen-
ti vertebrali tramite piccole viti, permettendo al paziente di mantenere
una completa motilità della colonna. L’intervento viene eseguito attraverso un’incisione minima, al
massimo di 1,5 cm, sotto controllo
scopico del chirurgo e richiede una
degenza al massimo di quattro giorni. «La terapia delle fratture vertebrali da cedimento su base osteoporotica non prevede più come un
tempo la prescrizione di busto ortopedico per tre mesi, spiega Pinna.
Noi pratichiamo un’iniezione di cemento per via percutanea (dopo
avere inserito e gonfiato un pallon-
cino che risollevi la vertebra fratturata posizionandola il più vicino
possibile all’altezza originale) in
modo da rinforzare e riespandere
la vertebra lesionata.
Tale procedura è eseguita in anestesia locale con una degenza massima di un giorno». Queste procedure mini-invasive consentono una
rapida guarigione e soprattutto una
veloce riabilitazione: in questo modo pazienti invalidati per anni dal
mal di schiena riescono a migliorare sensibilmente il livello della propria qualità della vita.
Lucilla Vazza
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FRIULI VENEZIA GIULIA
T
ra il 2000 e il 2007 in
Friuli Venezia Giulia le
malattie professionali sono rimaste stabili come numero circa 1.200 - ma è cambiata
la composizione. Sono infatti
in calo le cosiddette malattie
«tabellate», quelle cioè
espressamente previste per
legge e inserite nelle tabelle
dell’Inail, a fronte di un aumento di quelle «non tabellate», malattie cioè di tipo nuovo rispetto alle norme codificate. È quanto risulta dall’Atlante delle malattie professionali in Friuli Venezia Giulia,
uno studio elaborato dalla Regione e presentato a Trieste
dall’assessore alla Salute,
Vladimir Kosic.
Quest’evoluzione - spiega
la Regione - è la risultante di
due tendenze: da un lato, le
Malattie professionali: cambia la geografia
malattie «tabellate» diminuiscono proprio perché la consapevolezza del rapporto tra
una specifica patologia e
l’ambiente del lavoro ha consentito di intervenire con efficaci strumenti di prevenzione, come dimostra per esempio il calo delle denunce nel
settore della lavorazione del
legno; dall’altro, l’aumento
delle malattie «non tabellate»
dimostra la crescente consapevolezza dei lavoratori sull’origine professionale dei loro
problemi di salute.
«Solo la conoscenza del
fenomeno - ha detto Kosic ci permette di intervenire in
modo efficace per migliorare
le condizioni dei nostri lavoratori, soltanto i dati ci con-
sentono di porre le premesse
per un lavoro di prevenzione, in modo da evitare i pericoli e i fattori di rischio. La
denuncia deve lasciare il posto alla progettualità».
Le patologie più frequenti
restano l’ipoacusia e la sordità, mentre in aumento risultano quelle di tipo osteoarticolare (artropatie, artrosi, ernie
e dischi invertebrali, malattie dei tendini e dei muscoli). In calo invece le malattie
dell’apparato respiratorio e
le malattie infettive, proprio
come risultato del miglioramento delle condizioni di lavoro.
Nel
periodo
2000-2007 sono stati registrati anche quasi 500 casi di
tumore da amianto.
Tra le malattie tabellate, i
decessi sono riconducibili
per oltre l’80 per cento ai
tumori, spesso riconducibili
a una pregressa esposizione
all’amianto (45,2% ai mesoteliomi e 35,9% alle neoplasie
polmonari), mentre le patologie prevalenti tra quelle con
postumi permanenti sono i
mesoteliomi (17,4%), l’asbestosi (14,6%), i tumori polmonari (10,0%) e soprattutto
l’ipoacusia (36,8%) che interessa anche il 64,7% delle
malattie con postumi temporanei (seguiti dalle malattie
cutanee e dall’asbestosi con
poco più del 10 per cento dei
casi ciascuna).
Il dato più critico che riguarda le malattie professio-
nali e le pone in primo piano
al pari degli infortuni sul lavoro, nonostante la prevalenza
sia notevolmente inferiore, è
la gravità di questo fenomeno. Le tecnopatie con esito
mortale con o senza superstiti
triplicano annualmente i decessi per infortunio sul lavoro
e costituiscono il 6,4% degli
eventi definiti, mentre il
21,4% comporta postumi permanenti; solo il 3,2% dei casi
si risolve con postumi temporanei contro il 31,9% che viene definito regolare senza indennizzo da parte dell’istituto
assicuratore.
Se da un lato tra le malattie non tabellate emerge l’elevata prevalenza proprio dei
casi definiti come regolari
senza indennizzo, tra le tabellate si distinguono i casi definiti con inabilità permanente
o come mortali, indipendentemente dall’assenza/presenza
di superstiti. Sono infortuni
«definiti» quelli per i quali si
è concluso l’iter sanitario e
amministrativo da parte dell’Inail.
Quanto all’analisi territoriale, nelle aree delle Aziende
sanitarie Triestina e Isontina
(province di Trieste e Gorizia) il numero delle malattie
professionali risulta superiore
a quello degli infortuni sul
lavoro, a differenza delle altre aziende, in particolare
quelle del Friuli occidentale e
Medio-Friuli.
Rosanna Magnano
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MERCATI&NEWS
20-26 aprile 2010
21
L’Ateneo veronese capofila per l’Italia nel consorzio che coinvolge scienziati di 12 Paesi
Cancro, Verona sul genoma
Test su 25mila campioni di tumore - Dal ministro Gelmini 8 milioni di euro
RICERCA
S
arà l’università di Verona a rappresentare l’Italia nel consorzio internazionale “Genoma del cancro”
(www.icgc.org), impegnato in quella che
oggi è considerata la sfida più ambiziosa
della ricerca biomedica dopo “Genoma
umano”: sequenziare il genoma di 25mila
campioni di tumore.
Il gruppo di ricerca dell’Ateneo, guidato da Aldo Scarpa, anatomo patologo
molecolare, ordinario della facoltà di Medicina e direttore del centro “Arc-net Alleati per la ricerca sul cancro” (www.
arc-net.it), porterà il proprio contributo
assieme ad Australia, Canada, Cina, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna,
India, Spagna e Stati Uniti, sequenziando
il Dna di 250 tumori endocrini ed esocrini
rari del pancreas. Un impegno di grande
valore, cui il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini ha garantito un finanziamento di otto milioni di euro. I campioni sono raccolti e conservati in una bio-
CONVEGNO FEDERFARMA-ASSOFARM
Farmacie al fronte della riscossa
P
er le 17mila farmacie italiane è in arrivo una rivoluzione
epocale in quattro decreti e due annunci, che contemplano
anche la possibile abolizione del Testo unico delle leggi sanitarie
del 1934 «così medici e farmacisti potranno fare alla luce del sole
quello che fanno nell’appartamento sopra le farmacie», nonché
l’avvento di manovre «come quella che ha fatto la Germania e
appena avviata dalla Spagna», perché il problema della distribuzione intermedia «va affrontato una volta per tutte». Ovviamente (ma
Fazio non lo dice) anche con il famoso e temuto taglio del 3% sui
margini che dovrebbe finire col figurare tra le misure adottate al
tavolo Governo-Regioni sulla farmaceutica, ancora in fase tecnica.
Questi gli argomenti di peso con cui il ministro della Salute,
Ferruccio Fazio, ha travolto giovedì scorso la platea dei farmacisti
riuniti a Roma in occasione del convegno organizzato dall’Associazione delle farmacie private, Federfarma e da quella delle farmacie
comunali, Assofarm, sul nuovo ruolo della farmacia nel Ssn, presenti gli stati generali della professione e politici di settore. Sotto la
lente i dati della ricerca finanziata dalla Salute e commissionata al
Censis sul rapporto tra over-60 e farmacie: il 76% frequenta sempre
lo stesso esercizio; il 90% segnala la presenza di servizi diagnostici
nel presidio (pressione, colesterolo, glicemia ecc.), il 93,7% è
soddisfatto della cortesia e del servizio ricevuto, il 42% vorrebbe di
più. Dati che la Salute conosce molto bene e che offrono il destro a
Fazio per battute che battute non sono: «Da una ricerca che abbiamo commissionato al Censis (cfr. pag. 10) risulta che siete il
servizio più gradito, seguiti subito dopo dai medici: per questo siete
l’accoppiata migliore».
La tesi del ministro è semplice: «La sostenibilità del Sistema
sanitario è a rischio»; «il modello Bismark è ad alto rischio d’implosione»; «la creazione di presìdi territoriali socio-sanitari che possono essere pubblici e privati è una scelta obbligata». A incorniciare
il modello è un triangolo perfetto: «Una convenzione Ssnfarmacie; una Ssn-medici;
una farmacie-medici», e il gioco è fatto.
«Abbiamo avviato un tavolo di confronto con generalisti», avverte ancora il ministro. Che poi va oltre e prende per le corna anche la
questione delle liberalizzazioni: «Dovete lasciare sempre più la
mentalità commerciale: siete professionisti qualificati, dovete scegliervi degli obiettivi, tutto non potete fare».
Strada spianata dunque al Ddl Gasparri-Tomassini sul riordino
della rete dei presìdi, ancora in stand by alla Igiene e Sanità di
Palazzo Madama. Fazio lo condivide in pieno: «Nessuno vuole
eliminare i corner. Anzi potrebbero essere inseriti nelle farmacie,
ma va eliminato il nome “parafarmacie” che crea una attesa di
trasformazione in farmacia: meglio quello di “empori sanitari”
suggerito da Tomassini». Problemi di là da venire, mentre in
dirittura d’arrivo dovrebbero esserci per ora solo i quattro decreti
attuativi del Dlgs che ha aperto la strada all’integrazione farmacieSsn. Il primo dovrà tracciare la rotta del ruolo giocato da infermieri
e fisioterapisti all’interno dei presìdi; il secondo individuerà le
modalità per lo svolgimento delle prestazioni analitiche di controllo
effettuate dal paziente con l’assistenza del professionista, sgombrando il campo a possibili equivoci con i laboratori analisi; il terzo
riguarderà le modalità di prenotazione e consegna referti, tema su
cui la Salute ha avviato un tavolo con il Garante della privacy;
l’ultimo detterà regole ad hoc per l’integrazione nel nuovo corso
delle farmacie comunali nel rispetto dei vincoli imposti dal Patto di
stabilità con gli enti locali. Il tutto - nuova remunerazione compresa
- finirà nella nuova convenzione. Poi si comincerà a sperimentare.
Decreti sui servizi
in dirittura d’arrivo
Tagli e riforme
all’orizzonte
Sara Todaro
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banca gestita da Arc-Net grazie alla quale
il gruppo veronese affianca anche il gruppo australiano nell’analisi del tipo più comune di cancro del pancreas e provengono in prevalenza dal gruppo interdisciplinare dedicato dell’Azienda ospedaliera
universitaria integrata di Verona diretto
da Paolo Pederzoli: uno dei tre maggiori
poli mondiali nella cura e nella ricerca
scientifica su queste neoplasie che rappresentano la quarta causa di morte per tumore nel mondo occidentale con una sopravvivenza a 5 anni di appena il 5 per cento.
Le organizzazioni e i centri che partecipano al «Genoma cancro» seguono identiche normative per il consenso informato e
la tutela della privacy e tutti si sono impegnati a non rivendicare alcuna proprietà
intellettuale sui dati provenienti direttamente dai progetti del consorzio.
Gli studi sui carcinomi di mammella,
fegato e pancreas hanno già generato una
serie di dati ora disponibili sul sito www.
icgc.org. L’analisi è stata condotta dai
membri dell’Icgc in Gran Bretagna (mammella), Giappone (fegato), Australia e Ca-
nada (pancreas). I dati sono raccolti nel
centro di coordinamento dati che si trova
all’Ontario Institute for Cancer Research
di Toronto.
I leader dell’Icgc presenteranno i dati
relativi ai progressi nei rispettivi progetti
durante le diverse sessioni della conferenza annuale dell’American Association for
Cancer Research in programma a Washington dal 17 al 21 aprile.
S.Tod.
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22
20-26 aprile 2010
A PAG.
24
MEDICINA DELLO SPORT. Fmsi:
riflettori sui certificati per attività agonistica
A PAG.
25
SPESE PROMOZIONALI. Entro aprile
le farmaceutiche devono versare all’Aifa il 5%
A PAG.
27
CORTE UE. Paletti al numero chiuso degli
studenti stranieri nelle facoltà di Medicina
Dal ministero della Salute un video e un manuale per evitare incidenti durante gli interventi chirurgici
Sala operatoria, obiettivo sicurezza
La metà degli eventi avversi si può prevenire - Previsto monitoraggio nelle strutture
U
n video dimostrativo e un manuale per la
sicurezza in sala operatoria. Sono gli strumenti presentati dal ministero della Salute
la scorsa settimana per sensibilizzare gli addetti
ai lavori. E, per verificare la corretta applicazione
dei protocolli, sarà anche avviato un monitoraggio nelle sale operatorie.
Il problema della sicurezza in sala operatoria
rappresenta una priorità di politica sanitaria del
Ssn e sulla scorta delle campagne di orientamento e sensibilizzazione della Organizzazione mondiale della Sanità, il ministero ha realizzato un
video didattico, che illustra le modalità di esecuzione dei controlli per la sicurezza in sala operatoria e ha lo scopo principale di influenzare il
comportamento delle équipe operatorie, introducendo buone pratiche per la sicurezza di pazienti,
che sarà oggetto di una grande iniziativa che
coinvolgerà i professionisti dell’area chirurgica
del Ssn.
Il video è stato realizzato con la partecipazione di prestigiosi testimonial del mondo sanitario
(presidenti di società scientifiche e di organizzazioni di tutela degli utenti) e di quello culturale
come il musicista Nicola Piovani, l’attrice Mariella Lo Giudice e il compositore Aidan Zammit.
Nel video, che sarà disponibile su internet
gratuitamente e sarà anche inviato a direzioni
aziendali, direttori di dipartimento chirurgico, dirigenti infermieristici ed équipe chirurgiche, si
mostra come devono e non devono essere compiute le tre fasi del sign in, time out e sign out in
cui è organizzato l’intervento chirurgico. Si va
dalla corretta identificazione del paziente, e la
verifica del suo consenso informato prima dell’operazione, al controllo in sala operatoria di
tutta la équipe chirurgica, della profilassi antibiotica fino alla redazione del registro operatorio e
della documentazione anestesiologica.
«Rispetto ad altri settori - si legge nel manuale del ministero della Salute - la sicurezza in sala
operatoria si contraddistingue per la complessità
intrinseca caratterizzante tutte le procedure chirurgiche, anche quelle più semplici: numero di
persone e professionalità coinvolte, condizioni
acute dei pazienti, quantità di informazioni richieste, l’urgenza con cui i processi devono essere
eseguiti, l’elevato livello tecnologico, molteplici-
LINEE GUIDA
Assistenza a casa:
dieci regole d’oro
È
tà di punti critici del processo che possono provocare gravi danni ai pazienti». Particolare rilevanza assumono i processi di comunicazione all’interno dell’équipe operatoria, nella quale il chirurgo, l’anestesista e l’infermiere non lavorano isolatamente l’uno dall’altro e devono assicurare un
clima di collaborazione tra le diverse professionalità. Va seguito quindi un complesso iter di best
practice, indispensabili per prevenire incidenti.
«Dal monitoraggio degli eventi sentinella nell’arco di quattro anni - spiega Filippo Palumbo,
presidente della commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati - è emersa la segnalazione di 385 eventi, di cui il 20,5% legati ad attività
chirurgica. Anche se linee guida per la sicurezza
in sala operatoria già esistono, è fondamentale la
formazione e la sensibilizzazione degli operatori
sanitari su questo tema. Ci siamo uniformati a
esperienze valide già in uso da anni in altri paesi
europei dell’area Ocse. Inizieremo anche un monitoraggio di tutte le sale operatorie, per verificare l’implementazione di queste regole, su cui
contiamo di avere i risultati alla fine del 2010».
In Italia i volumi di attività chirurgica rappresentano il 40,6% della totalità dei ricoveri per
acuti: nel 2007 sono stati dimessi circa 4 milioni
e 600mila pazienti a seguito di interventi o procedure chirurgiche; tra questi quasi 3 milioni sono
stati eseguiti in regime ordinario e poco più di un
milione e 600mila in day surgery. A livello nazionale, sono stati effettuati numerosi studi epidemiologici sulla frequenza delle infezioni del sito
chirurgico, ma a oggi non esistono dati sul più
ampio tema dell’incidenza di eventi avversi associati all’assistenza chirurgica; dalle esperienze di
altri Paesi è stata riportata un’incidenza compresa tra il 3% e il 16% nelle procedure eseguite nei
ricoveri ordinari, con un tasso di mortalità compreso tra lo 0,4% e lo 0,8%; in tali studi, circa la
metà degli eventi avversi sono stati considerati
prevenibili.
Venerdì 30
Ro.M.
Rosanna Magnano
LE SCADENZE FISCALI DI APRILE
■ Ires e Irap - Seconda rata di acconto per i soggetti
Ires
Scade il termine entro cui le società e gli enti soggetti a Ires
con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare e per
i quali aprile sia l’undicesimo mese del periodo devono eseguire il versamento della seconda (o unica) rata di acconto Ires e
Irap. Si utilizza il modello di pagamento unificato F24. Il
modello deve essere presentato con modalità telematiche per i
titolari di partita Iva, ovvero, a un’azienda di credito convenzionata, al concessionario della riscossione o a un ufficio postale
abilitato, per i non titolari di partita Iva.
■ Assistenza fiscale - Presentazione ai sostituti d’imposta del Mod. 730
Scade il termine per dipendenti e pensionati che si avvalgano
stata pubblicata sul sito del ministero
della Salute la guida per gli operatori
che prestano assistenza domiciliare «Assisto e curo a casa in sicurezza», rivolta a
coloro che prestano cura e assistenza a
domicilio di pazienti.
Il nuovo decalogo si aggiunge agli otto
già pubblicati nell’ambito dell’iniziativa
del ministero “Uniti per la sicurezza”. La
prima delle dieci regole da seguire riguarda la collaborazione con gli altri operatori
che assistono il paziente: raccogliendo informazioni e segnalando qualsiasi cambiamento delle condizioni cliniche. Il secondo
punto si riferisce alle condizioni ambientali: illuminazione, dispositivi sanitari, presidi antidecubito, ventilatori. Prioritario naturalmente anche lavarsi le mani, per evitare
infezioni. Il paziente deve essere poi istruito: vanno verificate le abitudini rilevanti
per la salute, in particolare l’alimentazione,
l’assunzione di liquidi e il movimento. Bisogna controllare che il suo abbigliamento
sia adatto alla temperatura, che calzi pantofole chiuse e non indossi cinture, per evitare il rischio di caduta. E le stesse informazioni devono essere fornite a chi assiste il
paziente.
È importante anche prestare attenzione
ai farmaci che assume il paziente, compilare e custodire la documentazione, fornire
le informazioni cliniche del paziente in
caso di suo trasferimento, partecipare al
sistema di gestione del rischio clinico. Infine l’assistente domiciliare aggiornare continuamente le proprie competenze tecniche
clinico assistenziali.
dell’assistenza fiscale prestata direttamente dal sostituto d’imposta per la presentazione della dichiarazione annuale (Mod.
730) e della busta contenente la scelta della destinazione
dell’otto per mille dell’Irpef al datore di lavoro o all’ente
pensionistico.
■ Imposta di registro - Contratti di locazione
Termine per la registrazione, previo versamento dell’imposta,
dei nuovi contratti di locazione degli immobili aventi decorrenza 1˚ aprile 2010 e termine per il versamento dell’imposta sui
contratti del medesimo tipo e con la stessa decorrenza rinnovati tacitamente.
■ Onlus - Redazione del bilancio o rendiconto annuale
Ultimo giorno per redigere la situazione patrimoniale, economica e finanziaria, distinguendo le attività direttamente connesse da quelle istituzionali, delle Onlus diverse dalle società
cooperative, a pena di decadenza dei benefici fiscali.
■ Enti non commerciali - Raccolta pubblica in concomitanza di ricorrenze e campagne di sensibilizzazione - Redazione del rendiconto
Per gli enti non commerciali che effettuano raccolte pubbliche
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DI
ALBERTO SANTI
di fondi, scade oggi il termine per la redazione di apposito
rendiconto, accompagnato da una relazione illustrativa, delle
entrate e delle spese relative alle raccolte pubbliche di fondi in
concomitanza delle celebrazioni, delle ricorrenze e delle campagne di sensibilizzazione.
■ Iva - Rimborsi trimestrali
Scade il termine concesso ai soggetti che versino nelle condizioni previste dall’articolo 38-bis del Dpr 633/1972 per inviare
all’ufficio dell’agenzia delle Entrate territorialmente competente la domanda di rimborso dell’Iva a credito relativa al primo
trimestre 2010. Si tratta di chi effettua operazioni soggette
all’imposta con aliquota inferiore a quella applicata su acquisti
e importazioni ovvero operazioni non imponibili per più del
25% del volume d’affari.
■ Iva intracomunitaria - Dichiarazione e versamento
per gli acquisti degli enti non commerciali
Ultimo giorno entro cui enti, associazioni e altre organizzazioni non commerciali che non siano soggetti passivi Iva devono
presentare la dichiarazione relativa agli acquisti intracomunitari registrati a marzo e versare la relativa imposta, ai sensi
dell’articolo 49 della legge 427/1993.
24 LAVORO/PROFESSIONE
20-26 aprile 2010
Con il Dlgs 28/2010 diventa obbligatorio tentare la mediazione prima di andare in tribunale
Malpractice, mediare è meglio
Un anno per adeguarsi: l’iter in ambito sanitario è tutto da inventare
I
l fenomeno delle conflittualità
tra paziente e operatori sanitari
è in continuo aumento e da tempo si assiste a una crescita esponenziale delle richieste di risarcimento
danni da presunta responsabilità professionale medica. È questo l’incipit
scontato per chiunque si trovi ad affrontare il fenomeno della malpractice nel nostro Paese. L’unica risposta
al dilagare di questo fenomeno sembra essere rappresentata dal ricorso
all’attività giudiziaria: la tendenza è
quella di canalizzare
il contenzioso sanitario nei processi civili e penali determinando una serie di
complicate conseguenze, dirette e indirette, che pesano
sul complesso rapporto tra la classe medica e l’intera
collettività (si pensi al fenomeno della “medicina difensiva” commissiva
od omissiva e alle sue rilevanti conseguenze).
Con l’approvazione e la successiva pubblicazione del Dlgs 4 marzo
2010, n. 28 in materia di mediazione
finalizzata alla conciliazione delle
controversie civili e commerciali (in
attuazione alla legge delega
69/2009), il legislatore ha forse offerto una nuova modalità, complemen-
tare e alternativa a quella tradizionale, per affrontare il complesso fenomeno della malasanità in Italia. Introducendo, tra le materie per le quali il
ricorso alla mediazione diventerà obbligatorio - decorsi dodici mesi dall’approvazione - a pena di improcedibilità, la responsabilità medica (in
realtà l’obbligo sembra estendersi a
qualsiasi altra causa che contempli
un danno da responsabilità in ambito
sanitario), aprendo il varco a un diverso modo di affrontare questo delicato tipo di conflitto
e ristabilendo la centralità della relazione medico-paziente,
assolutamente ignorata dall’approccio
giurisdizionale.
Quest’ultimo,
proprio a causa della struttura stessa del procedimento,
che nega la possibilità di un confronto diretto tra i protagonisti, impedisce che alcuni aspetti relazionali e i
vissuti soggettivi delle parti siano affrontati e ricomposti, concludendosi
generalmente con sentenze che, pur
ponendo fine alla controversia, lasciano aperto e irrisolto il conflitto
tra i loro protagonisti.
Il ricorso alla mediazione potrebbe rivelarsi, sotto questo profilo, più
adatto a fornire risposte adeguate e
Priorità al rapporto
medico-paziente
maggiormente rispondenti ai bisogni
delle parti, creando le condizioni affinché le parti stesse, ristabilita la
comunicazione, possano abbandonare l’approccio win-lose e assumere
atteggiamenti collaborativi che li portino a ridefinire il loro conflitto nei
termini di un problema comune e
reciproco da risolvere.
Se da un lato è innegabile che le
potenzialità di uno strumento come
la mediazione, applicata a questo tipo di contenzioso, potrebbero declinarsi al meglio e trovare un impiego
del tutto nuovo e capace di risposte
non compatibili con ogni altro strumento di tipo giurisdizionale, è altresì innegabile che il “percorso” di
mediazione in ambito sanitario sia
ancora tutto da inventare e che il
modello di mediazione oggi utilizzato in ambito commerciale andrà riscritto e adeguato alla complessità di
questo tipo di controversie. Anche le
sperimentazioni già avviate nel contesto nazionale si muovono con cautela e sono ancora in attesa di conferme da parte degli enti stessi che le
hanno, con grande lungimiranza, promosse.
La mediazione sanitaria, oltre che
ristabilire - come si è detto - la centralità della relazione medico-paziente,
dovrà anche riconoscere un ruolo da
protagoniste alle compagnie di assi-
curazione, la cui partecipazione è altrettanto centrale e determinante per
la buona riuscita di questo innovativo strumento e il cui coinvolgimento
dovrà avvenire fin da ora.
Sarebbe auspicabile approfittare
di questo brevissimo tempo concesso dal legislatore (i dodici mesi che
ci separano dall’introduzione dell’obbligatorietà) per “sfruttare” al meglio
le competenze professionali già esistenti in materia di sinistro medicosanitario: l’apporto altamente qualificato dei manager assicurativi, nonché
dei dirigenti ospedalieri che da anni si
occupano - con alcune indiscutibili eccellenze - di risk management, dovrebbe
costituire il punto di
partenza per l’avvio di una sperimentazione che si proponga di delineare
un nuovo modello di mediazione in
ambito sanitario.
La strada è ancora tutta da percorrere e le insidie molte. È evidente
che la preparazione del mediatore è
il primo, più urgente, problema da
affrontare: è chiamato a essere buono psicologo, esperto nella comunicazione nonché in tecniche di negoziazione e, non da ultimo, esperto
giurista (quest’ultimo requisito è ne-
cessario, dato che al mediatore, secondo gli insegnamenti classici, non
è richiesta alcuna competenza giuridica). Ma deve anche essere dotato
di saggezza e autorevolezza innate.
Impossibile immaginare compito
più difficile, visto l’ampio e qualificato numero di competenze, solo in
parte acquisibili attraverso corsi altamente qualificati e, in buona parte,
derivanti da una spiccata inclinazione naturale che non si apprende con
l’insegnamento.
L’obiettivo è sfidante, e il tentativo
di raggiungerlo non
può che passare attraverso la condivisione di un percorso
di sperimentazione
che coinvolga, fin
dagli esordi, tutti i
soggetti interessati (Ordini professionali, compagnie di assicurazione e
aziende ospedaliere, enti pubblici) al
fine di concorrere a delineare un modello di mediazione sanitaria che sia
un’efficace alternativa al modello di
contenzioso tradizionale, pur nella
consapevolezza dei limiti di applicazione e avendo superato le numerose
criticità grazie allo sforzo comune.
Ordini, compagnie
e Asl collaborino
Paola Ventura
Partner Studio legale La Scala
LA FMSI ACCENDE I RIFLETTORI SUI CERTIFICATI PER ATTIVITÀ AGONISTICA
L’
Italia è internazionalmente riconosciuta all’avanguardia in tema
di legislazione e protocolli atti alla
tutela sanitaria di coloro che, tesserati a una Federazione, praticano
attività sportiva agonistica e non.
Tale riconoscimento deriva dalla
storia del sistema sportivo e legislativo italiano.
Il ruolo svolto nel nostro Paese dalla Federazione medico sportiva italiana (Fmsi), Federazione
del Coni dal 1929 e società scientifica di Medicina dello sport, ha
fatto sì che particolare attenzione
sia stata data alla tutela della salute degli atleti fin dalla giovane
età. Non va dimenticato poi che
è nata in Italia, a Milano prima
nel mondo, la scuola universitaria di specializzazione in Medicina dello sport.
Già nel ’50 veniva approvata
la legge 1055 con la quale la
tutela sanitaria delle attività sportive veniva affidata alla Federazione medico-sportiva. La legge
1099/71 stabiliva che fosse obbligatoria la visita annuale di idoneità allo sport con un protocollo
omogeneo in tutta Italia. Nel ’75
veniva disciplinato e regolamentato l’accesso alle singole attività
sportive in base al sesso, all’età,
allo sforzo soprattutto cardio-polmonare, ai rischi specifici dei vari sport valutati in gara e allenamento.
La legge 833/1978 deliberava
altri criteri e specificatamente
quello che stabiliva che l’idoneità
fosse rilasciata esclusivamente dai
medici specialisti in Medicina dello sport, autorizzati e accreditati
in base ai regolamenti delle varie
Regioni. Il Dm 18/2/1982 e il Dm
28/2/1983 stabilivano poi le nor-
La responsabilità dei dottori dello sport
me applicative per la tutela sanitaria rispettivamente dell’attività
agonistica e non. Successivamente venivano promulgati il Dm ’93
per i disabili e il Dm ’95 per il
professionismo dopo la legge
91/1981.
Si è venuto quindi a costituire
un sistema sanitario di tutela preventiva della salute degli sportivi
che pone l’Italia in posizione d’eccellenza nel mondo. La Fmsi ha
realizzato le linee guida cardiologiche, endocrinologiche, pneumologiche e allergologiche e oculistiche. Il concetto di idoneità è specifico: un atleta può essere infatti
idoneo a uno sport e inidoneo a
un altro e viceversa.
Tale sistema ha portato grandi
risultati:
a) la riduzione delle morti improvvise sui campi di gara. Come
è facile comprendere il check up
periodico, che viene fatto a partire
dagli 8-12 anni rappresenta un importantissimo filtro sanitario della
popolazione giovanile. È infatti il
primo e unico screening della nostra popolazione obbligatorio per
legge! Un importantissimo lavoro
pubblicato su Jama di uno studio
condotto in Veneto in 25 anni ha
dimostrato la riduzione delle morti
improvvise dell’89% dall’introduzione dell’obbligatorietà della certificazione all’idoneità agonistica;
b) lo screening rappresenta anche un enorme valore dal punto di
vista epidemiologico e della Sanità pubblica come emerge da una
ricerca Fmsi 2003. Evidenzia infatti anche tante piccole patologie
che non costituiscono di per sé
causa di non idoneità (aritmie,
ipertensioni controllabili, obesità,
dimorfismi, scoliosi, allergie ecc.)
ma che prese per tempo garantiscono salute e risparmio economico futuro per la Sanità pubblica.
I mutamenti intervenuti nel corso degli ultimi anni nell’espletamento dell’attività sportiva hanno
comportato un cambiamento nell’attività dello specialista in Medicina dello sport: da ciò nuovi profili di responsabilità nell’esercizio
professionale, legati anche all’evoluzione della normativa vigente
nel nostro Paese relativa alla tutela
dello sportivo agonista, dello sportivo diversamente abile e del professionista.
L’attività del medico dello
sport a maggior rischio di contenzioso rimane a tutt’oggi la certificazione d’idoneità agonistica.
Che rappresenta un preciso strumento di “garanzia pubblicistica”
con duplice finalità: preventiva, attraverso uno screening volto a sta-
bilire lo stato di salute e l’effettiva
idoneità a una specifica attività
agonistica nonché assistenziale attraverso la periodicità del controllo per accertare la permanenza delle qualità psico-fisiche richieste.
In un recente convegno tenuto
a Brescia dalla Fmsi sulla «Responsabilità professionale del medico certificatore e del medico sociale» presieduto da Francesco
De Ferrari, ordinario di Medicina legale alla stessa Università,
membro della commissione scientifica della Fmsi e massimo esperto italiano di questa tematica, si
sono tracciati i profili di responsabilità professionale in ambito penalistico e/o civilistico riferito al
medico dello sport. Oltre a una
condotta adeguata in riferimento
alla “colpa generica” (imperizia,
imprudenza e negligenza), potrà
prospettarsi anche una “colpa specifica” (inosservanza del disposto
legislativo).
Un riferimento importante per
la valutazione dell’operato del professionista sono le linee guida, intese come regola generale. Esse
però non rappresentano un valore
di norma da cui non prescindere,
ma devono considerarsi nella realtà concreta del singolo caso e su
di essa adeguatamente modularsi
e applicarsi. In altri termini, proprio perché hanno carattere generale, seguirle in modo pedissequo
non può esimere dalla responsabilità il medico certificatore, e l’allontanarsi da esse deve essere
sempre adeguatamente motivato
e validamente documentato.
Un altro aspetto che merita attenzione è il ruolo delle consulenze specialistiche, a cui il medico
dello sport, nel dubbio, è tenuto a
rivolgersi. In tal caso si potrà configurare «una responsabilità
d’équipe». Il consulente specialistico risponderà personalmente degli esami effettuati e della loro
interpretazione; il medico dello
sport risponderà di una non adeguata valutazione delle risultanze
specialistiche oppure di un mancato controllo della adeguatezza del
parere specialistico.
Altri profili di responsabilità
sono attualmente legati all’obbligo etico e deontologico: il Codice deontologico dedica gli articoli 74, 75 e 76 alla Medicina dello
sport.
Lo spirito del Dm 82 diventa
ancora più rilevante qualora il medico dello sport sia anche medico
di una società sportiva. Infatti in
questa condizione, per il rapporto
di continuità assistenziale che viene a crearsi tra il medico e i tesse-
rati della società sportiva, ancor
più cogente risulta l’obbligo di
“sorveglianza sanitaria”. Pertanto,
oltre i profili di responsabilità professionale sopraesposti, possono
in questo contesto delinearsi ipotesi di responsabilità peculiari in relazione all’assistenza fornita agli
atleti.
Altro aspetto rilevante fonte di
responsabilità per il medico è rappresentato dall’obbligo di informazione al cittadino-sportivo.
Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta ai soggetti minorenni, soprattutto in relazione alle
possibili pressioni di carattere psicologico che il minore può subire
tanto da dirigenti e allenatori quanto dal contesto familiare. L’informazione andrebbe data non solo a
entrambi i genitori ma anche al
minore. È infatti eticamente imprescindibile, come sottolineato
dal Comitato nazionale di bioetica, che anche il minore venga
coinvolto in un’adeguata e completa informazione.
Un ulteriore aspetto peculiare
è rappresentato dalla prescrizione
e dal controllo di assunzione di
sostanze, in assenza di indicazioni
di tipo strettamente clinico.
Per terminare, la responsabilità
del medico in ambito sportivo
non esaurisce le diverse responsabilità, in particolare nei riguardi
dei giovani, che devono essere vissute unitamente ai tecnici, ai dirigenti, ai genitori ponendo sempre
al centro dell’attenzione la persona prima dell’atleta.
Maurizio Casasco
Presidente Federazione medico
sportiva italiana (Fmsi)
Membro dell’Esecutivo europeo
di Medicina dello sport
FISCO&PREVIDENZA
20-26 aprile 2010
25
Entro aprile le farmaceutiche devono versare all’Aifa il 5% delle spese promozionali
Farmaci, l’ora della “tassa”
Convegni compresi tra i costi - Obbligati anche i produttori di dispositivi
C
ontributo spese promozionali alla cassa. Entro il prossimo 30 aprile, le aziende farmaceutiche e
di dispositivi medici devono
comunicare all’Agenzia italiana del farmaco l’ammontare
complessivo della spesa sostenuta nel 2009 per le attività di
promozione rivolte a medici, a
operatori sanitari e a farmacisti, nonché versare il relativo
contributo del 5 per cento.
Il contributo sulle spese
promozionali. L’articolo 48
del Dl 269/2003 ha istituito un
contributo a carico dell’industria farmaceutica, pari al 5%
delle spese di promozione,
che le aziende stesse devono
autocertificare entro il 30 aprile di ogni anno. Detto contributo - da calcolarsi al netto
delle spese per il personale addetto - è destinato a finanziare, presso l’Aifa:
● per il 50% del relativo ammontare, un fondo per l’impiego a carico del Ssn di farmaci
orfani e salva-vita;
● per il restante 50%, l’istituzione di un centro di informazione indipendente nell’ambito dell’Agenzia, un programma di farmacovigilanza, ricer-
E
che sull’uso dei farmaci e, in
particolare, sperimentazioni
cliniche comparative di orphan drug e salvavita, nonché altre attività di informazione, ricerca e formazione
del personale.
L’autocertificazione, da produrre all’Aifa avvalendosi
esclusivamente del modello
dalla stessa predisposto, deve
attestare l’ammontare complessivo della spesa sostenuta nell’anno precedente per le attività di promozione, nonché la
sua ripartizione nelle singole
voci di costo, sulla base dello
schema approvato con il decreto del ministro della Salute del
23 aprile 2004. Sempre entro
il 30 aprile le farmaceutiche
devono eseguire il versamento
del contributo. Che dovrà essere effettuato mediante bonifico
bancario sul conto corrente intestato all’Aifa (dettagli su
www.agenziafarmaco.it.)
L’articolo 1, comma 409,
della legge 266/2005 ha esteso
l’obbligo di dichiarazione e
versamento anche alle aziende
che producono e immettono in
commercio dispositivi medici,
anche non in nome proprio,
cedendoli al Ssn, oppure a ter-
Le voci di costo relative alle attività promozionali
●
Le spese per il materiale promozionale destinato a medici e
farmacisti, inclusi il materiale consegnato dagli Isf o anche spedito
per posta e i costi per le inserzioni promozionali su riviste anche
scientifiche destinate agli operatori sanitari
●
Le spese per i campioni gratuiti di specialità medicinali, anche da
banco
●
Le spese per convegni e congressi anche accreditati Ecm, incontri
e riunioni varie, visite aziendali, incluse le spese di ospitalità e i
compensi ai relatori, nonché quelle a beneficio del soggetto
organizzatore
●
Le spese per i gadgets di ogni genere
●
Ogni altra spesa relativa all’attività di promozione dell’informazione scientifica
zi, ma con onere a carico dello
stesso Ssn. Le aziende devono
versare le somme dovute sul
c/c 92824879, intestato alla Tesoreria di Viterbo, con la causale «contributo di cui alla lett.
d) dell’articolo unico della legge 266/2005 da imputare sul
capitolo 2582 art. 27», oppure
con il canale bancario.
L’autocertificazione. Il decreto del 23 aprile 2004 ha
approvato lo schema con le
voci di costo relative alle attività promozionali sostenute dalle farmaceutiche (si veda tabella). Per quanto applicabili, co-
me detto, le stesse indicazioni
dovranno essere osservate anche dalle aziende che producono e immettono in commercio
dispositivi medici.
Il Dl 269/2003 richiede che
vi sia un nesso fra l’iniziativa
promozionale promossa dall’azienda farmaceutica e gli
operatori sanitari che ne beneficiano. Rientra, così, nella base
di calcolo tutto il materiale promozionale (fra cui i prodotti
editoriali, gli atti congressuali)
destinato a medici e farmacisti, ivi inclusi i costi afferenti i
messaggi promozionali su pub-
INFERMIERI E FINESTRE PENSIONISTICHE
blicazioni loro destinate. Devono ritenersi escluse, invece, le
spese per le campagne pubblicitarie sui medicinali da banco, destinate direttamente al
pubblico dei pazienti.
Ugualmente incluse nel novero delle spese promozionali sono quelle relative ai campioni gratuiti di qualsiasi specialità medicinale e ai gadgets in genere. Per quanto riguarda le spese per i convegni accreditati Ecm, lo schema le include espressamente
nella base contributiva, accomunandole alle spese di ospitalità dei partecipanti, di allestimento degli spazi espositivi, ai compensi spettanti ai
relatori e a coloro che svolgono le funzioni organizzative.
Devono essere autocertificate, altresì, tutte le «altre spese
relative all’attività di promozione dell’informazione scientifica», diverse da quelle precedentemente elencate. L’esemplificazione recata dal decreto
fa riferimento a spese sostenute per l’acquisto di strumenti
tecnologici come telefonini,
computer ecc. e altre dotazioni
in carico agli informatori scientifici, purché non connessi al
A
rapporto di lavoro degli stessi.
Sono escluse dalla base di
computo del contributo del
5%, invece, le spese per il
«personale addetto».
Per le aziende che producono e immettono in commercio
dispositivi medici, importanti
precisazioni sono state fornite
dalla citata Nota interpretativa
della Salute del 23 marzo
2006. In particolare, sono soggette a contribuzione solo le
spese relative alle attività promozionali nei confronti di professionisti e strutture del Ssn o
con questo convenzionati, anche se concernenti un’intera
classe o gruppo di dispositivi
prodotti o commercializzati
dall’impresa. Sono escluse dall’autodichiarazone, oltre alla
pubblicità istituzionale, quella
rivolta al pubblico e i campioni gratuiti espressamente richiesti dalle Pa, ai fini della
partecipazione a gare di fornitura, oppure ceduti in base a
specifici obblighi contrattuali,
per sperimentazioni o indagini
cliniche.
Antonio Iorio
Alberto Santi
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SE IL GENITORE RISCATTA LA LAUREA
Sono nato il 10 gennaio 1952 e ho iniziato a lavorare come infermiere professionale dipendente da un
ospedale pubblico dal 1˚ marzo 1970. Nessuno ha
saputo dirmi quando potrò andare in pensione anche
perché vi sono dubbi sulle date di possibile uscita dal
lavoro.
Mio figlio si laurea l’anno prossimo. Ho pensato di
attivare il riscatto degli anni di studio in quanto ritengo che per i primi anni dalla laurea non avrà attività
lavorativa retribuita. È un desiderio realizzabile? Ne
avrò qualche vantaggio ai fini fiscali anche dopo che
mio figlio avrà avuto la possibilità di lavorare?
(L.T.)
(M.C.)
Lei, sfortunatamente, raggiungendo il diritto nel gennaio
2012 dovrà attendere un anno per poter andare in pensione
in quanto la sua finestra si aprirà solamente dal 1˚ gennaio
2013. Qualora fosse nato entro il 31 dicembre 1951, solamente pochi giorni prima dell’effettiva sua nascita, avrebbe avuto
la finestra pensionistica aperta dal luglio 2012.
Qualora si versino i contributi del riscatto per un familiare
a carico, non iscritto a una forma previdenziale, il genitore
che si accolla il costo del riscatto realizza una detrazione
dell’imposta del 19 per cento dell’importo versato anche
quando il figlio lavorerà.
a cura di Claudio Testuzza
E
CONTRIBUTI, QUANDO BASTANO 5 ANNI
se appare, stante le normative attuali, obbligatoSono un infermiere e ho lavorato come dipendente
ria o discrezionale l’informazione da dare al padi una casa di cura solamente per pochi anni riuscenziente.
do a cumulare circa 267 settimane a fine 1994. Mi è
stato detto che per chi ha maturato almeno 5 anni di
(S.M.)
contributi prima del 1994 come dipendente si ha
diritto alla pensione. Posso prevedere di avere il
L’obbligo di informare pienamente il paziente, prescritto
trattamento pensionistico quando raggiungerò l’età
dal codice di deontologia medica, pur con le dovute cautele,
pensionabile?
non è soggetto a nessuna valutazione discrezionale e perciò
(B.G.) comprende tutti gli aspetti diagnostici e prognostici dello
stato di salute del paziente e quindi anche i rischi meno
L’informazione datale non è corretta. I cinque anni richie- probabili, purché non del tutto anomali, in modo da consentirsti bastano per coloro che abbiano iniziato ad avere contribu- gli di capire non solo il suo attuale stato, ma anche le
ti successivamente al 1995 (ricadenti nel sistema contributi- eventuali malattie che possono svilupparsi, le percentuali di
vo). Per coloro che abbiano avuto contributi in precedenza esito fausto e infausto delle stesse, nonché il programma
(ricadenti nel sistema retributivo o misto) il limite per ottene- diagnostico per seguire l’evoluzione delle condizioni del pare il pensionamento di vecchiaia al momento del raggiungi- ziente e l’indicazione delle strutture specializzate ove svolgermento dell’età richiesta è di almeno 20 anni di contribuzione. lo, ovvero di specialisti esperti per formularlo, pur se a tal
È verosimile che la confusione del suggerimento sia nata dal fine il paziente si deve allontanare dal luogo ove è in cura.
fatto che per la pensione opzionabile con il sistema contributi- L’obbligo ha rilevanza giuridica perché integra il contenuto
vo bastano almeno 5 anni ma, nel suo caso, ciò non è del contratto e qualifica la diligenza del professionista nelpossibile perché occorrono almeno 15 anni di contributi, di l’esecuzione della prestazione. La violazione di esso può
determinare la violazione di diritti fondamentali e inviolabili
cui 5 versati prima del 1995.
(quali il diritto a esprimere la propria personalità, la libertà
C L’INFORMAZIONE DIRITTO DEL PAZIENTE personale, la salute - articoli 2, 13 e 32 della Costituzione - il
diritto alla vita, al rispetto della vita privata e familiare, alla
Sono un dirigente medico responsabile di una formazione della famiglia: articoli 2, 8 e 12 della Convenziostruttura complessa di chirurgia. Desidero sapere ne europea dei diritti dell’uomo).
F
PERMESSI ALLATTAMENTO ANCHE AL PAPÀ
Un dipendente della casa di cura ha chiesto di
poter fruire del congedo cd. “per allattamento”, riducendo - di fatto - il suo orario di lavoro di due ore
giornaliere. Posto che la moglie del lavoratore in
questione è casalinga, siamo obbligati a concedere
quanto richiesto?
(P.S.)
Con lettera circolare n. 15 del 12 maggio 2009, il ministero del Lavoro ha riconosciuto al lavoratore padre il «diritto a
fruire dei congedi previsti dall’articolo 40, lettera c), del Dlgs
151/2001 (c.d. permessi giornalieri o di allattamento) anche
nell’ipotesi in cui la madre svolga lavoro casalingo». Sul
punto, inoltre, il suddetto ministero è nuovamente intervenuto
con circolare del 16 novembre 2009, precisando, in aperta
contrapposizione con quanto sostenuto dall’Inps con circ. n.
112 del 15 ottobre 2009 (poi corretta con nota del 25
novembre u.s.), che il suddetto diritto sorge senza che sia
necessario, per il dipendente, produrre i «documenti attestanti l’effettiva impossibilità della madre di occuparsi del figlio».
Pertanto la struttura, previa acquisizione della sola documentazione comprovante la nascita del bambino, dovrà concedere i permessi in questione al lavoratore padre.
a cura di Giovanni Costantino (Studio Costantino)
26 MEDICINÆ
20-26 aprile 2010
Una infezione “sommersa” da contrastare con la diagnosi precoce e la prevenzione
Cure su misura all’epatite C
Selezionati i pazienti con buone probabilità di risposta agli antivirali
L’
infezione da Hcv, il virus
responsabile dell’epatite C,
ha colpito una popolazione
circa 4 volte superiore quella infettata
dall’Hiv. Secondo i dati dell’Oms, l’infezione cronica C affligge circa 180
milioni di persone nel mondo e ogni
anno si registrano 3-4 milioni di nuove
infezioni. In Italia, secondo le stime,
circa un milione di persone ha contratto infezione cronica con virus Hcv.
Questi dati costituiscono la preoccupante realtà del “sommerso”, che
riguarda un gran numero di persone che
non sanno di essere
infettate, proprio perché l’infezione decorre senza sintomi e si
manifesta solo in stadio avanzato, in diversi casi causando
gravi conseguenze come cirrosi e tumore del fegato. Allo stato attuale gli
interventi di igiene primaria capaci di
prevenire l’infezione si limitano all’interruzione della catena del contagio a
livello di donazione di sangue e di
strumenti medici infettanti. Nel soggetto cronicamente infettato, la ricerca
farmacologica e l’intervento terapeutico hanno un ruolo chiave per eradicare il virus, contrastare la progressione
della malattia, ridurre il rischio di sviluppare tumore epatico e migliorare la
qualità di vita dei pazienti.
La diagnosi e la selezione dei pazienti da trattare. A fronte del milione di italiani con infezione cronica da
virus C, solo circa 30mila pazienti
vengono sottoposti ogni anno al trattamento farmacologico. Il ristretto numero di pazienti avviati alle cure si
spiega in primo luogo con l’asintomaticità clinica dell’infezione: in Italia, la
maggioranza dei pazienti ha contratto
l’infezione negli anni ’60-’70 attraverso trasfusioni di sangue infetto, prima
che fossero disponibili test sierologici per
Hcv (1990), oppure
con l’uso di aghi, siringhe e altri strumenti riciclati e non sterilizzati.
Solo una minoranza (30%) di tutti i pazienti con infezione acuta va incontro
a spontanea guarigione, mentre della
quota maggiore di infezioni che evolvono in forme croniche, circa il 30%
progredisce in 20-30 anni a cirrosi,
con conseguente rischio di sviluppare
tumore del fegato. La diagnosi precoce aiuta a contrastare efficacemente la
progressione della malattia e le sue
gravi conseguenze, soprattutto quando il medico riesce a selezionare i
pazienti con priorità di cura e maggiori probabilità di risposta ai farmaci
In Italia un milione
di malati cronici
antivirali. La selezione dei pazienti da
trattare si forma su un algoritmo gestionale che considera diversi fattori
predittivi di risposta alle cure, tra cui
l’età del paziente, la gravità della malattia, il genotipo infettante, l’aspettativa di vita, la presenza di co-fattori di
malattia, la motivazione personale del
paziente e le possibili controindicazioni al trattamento.
Il trattamento. Lo standard di cura è la somministrazione sottocutanea
di interferone peghilato associato a dosi orali di ribavirina che in un consistente numero di pazienti permette di
eradicare l’infezione e prevenirne le
più serie complicanze.
Numerosi studi controllati hanno
confermato l’efficacia e la sicurezza
di questa terapia, e soprattutto hanno
dimostrato la possibilità di ritagliare la
cura a misura di ogni paziente: 24
settimane per pazienti infettati da genotipo 2 e 3 e 48 settimane per quelli
infettati da genotipo 1 o 4. Soprattutto,
con un semplice esame di sangue, è
possibile guidare la durata della cura e
interrompere il trattamento già nelle
prime 12 settimane nei pazienti che
non dimostrano rapida eliminazione
del virus.
Le ultime conferme sulla sicurezza
e tollerabilità del trattamento vengono
dallo studio italiano indipendente Mist
recentemente pubblicato Gastroentero-
logy. Lo studio da me condotto tra il
2003 e il 2007 presso il Centro Migliavacca per lo studio del fegato dell’Ospedale Maggiore-Università di
Milano ha coinvolto oltre 400 pazienti
italiani.
I dati raccolti hanno dimostrato l’efficacia antivirale del peginterferone alfa-2a, e in particolare, il suo elevato
profilo di sicurezza e tollerabilità. L’interferone viene iniettato per via sottocutanea una volta alla settimana in
associazione alla somministrazione
orale quotidiana di ribavirina, chemioterapico antivirale che
stabilizza l’azione antivirale del peginterferone. Nello studio
Mist il trattamento
ha eliminato il virus
in circa 5 pazienti su
dieci infettati con genotipo Hcv1, in 9
pazienti su 10 di quelli infettati con
genotipo 2 e in 7 su dieci di quelli
infettati con il genotipo 3.
La somministrazione monosettimanale di interferone è una notevole semplificazione della cura dell’epatite C,
garantisce costante soppressione del
virus e migliora nettamente la tollerabilità della terapia. Il futuro della ricerca è rappresentato dai farmaci antivirali diretti da associare all’attuale terapia
duale peginterferone + ribavirina. Stu-
di iniziali hanno riportato tassi di guarigione dell’infezione da Hcv1 del
75%, con riduzione del tempo di cura
a sole 24 settimane.
La qualità di vita. L’infezione cronica da virus Hcv spesso ha un impatto significativo sulla qualità di vita dei
pazienti, sia dal punto di vista fisico
che psicologico, fatto questo non percepito da tutti i medici curanti.
Molti pazienti, dopo la diagnosi di
infezione, vivono sensazioni di sconforto, rabbia, depressione e non di rado ricercano l’isolamento. Non pochi
sperimentano problemi nella vita sessuale
e sul posto di lavoro,
dove sono talvolta
vittime di discriminazioni spesso traumatiche. Una chiara informazione e comunicazione sulla malattia aiutano a combattere i tabù e le
paure legati all’epatite C. La qualità di
vita costituisce quindi una priorità, di
cui si interessa a pieno titolo la ricerca
scientifica.
«Mist» promuove
l’interferone
Massimo Colombo
Ordinario di Gastroenterologia,
Università degli studi di Milano.
Direttore Uo Gastroenterologia 1,
Fondazione Irccs Cà Granda
Ospedale Maggiore Policlinico
LE RICHIESTE DI FEDEMO PER LA GIORNATA MONDIALE DELL’EMOFILIA DEL 17 APRILE
«U
niti per garantire a
tutti cure adeguate» è lo slogan scelto dalla World Federation of
Emophilia (Wfh) e pienamente
condiviso dalla Federazione delle associazioni Emofilici (FedEmo) in occasione della Giornata
mondiale dell’Emofilia, celebrata sabato 17 aprile.
La Wfh è la massima organizzazione mondiale per la divulgazione scientifica dell’emofilia
nel mondo, attiva con numerosi
progetti umanitari nei Paesi in
via di sviluppo. La FedEmo, è
nata in Italia nel 1996 con
l’obiettivo di informare, educare, stimolare e coordinare tutte
le attività volte al miglioramento
dell’assistenza clinica e sociale
degli emofilici. Insieme alla Fondazione Paracelso, promuove il
potenziamento della ricerca
scientifica nei settori delle malattie della coagulazione e della terapia genica.
L’emofilia, ed in generale tutte le malattie emorragiche congenite (Mec), sono malattie rare,
causate dalla mancanza nel sangue di una proteina (Emofilia A,
deficit di fattore VII o Emofilia
B, deficit di fattore IX) necessaria per la normale coagulazione.
In Italia sono stati diagnosticati
oltre 6.600 casi di Mec. La prevalenza per l’emofilia A è di 4,8
pazienti su 100mila abitanti,
mentre per l’emofilia B è di un
paziente su 100mila.
Si tratta di una patologia a
bassa prevalenza, che però richiede, come accade del resto
per tutte le malattie rare, competenze specifiche per la diagnosi,
terapie mirate ed elevata intensità di cure. Per far fronte ai biso-
«Standard Ue per le malattie emorragiche»
gni complessi dei pazienti e delle loro famiglie, a livello di Ssn
è necessario un uso razionale delle risorse e l’organizzazione di
una rete articolata di servizi centrati sui centri di diagnosi e cura.
Le persone affette da emofilia rischiano di sviluppare emorragie a livello dei diversi organi
e tessuti; quando a essere colpite
ripetutamente sono le articolazioni possono svilupparsi importanti disabilità motorie.
Il trattamento, consiste nella
terapia sostitutiva, cioè nella
somministrazione endovenosa
del fattore mancante, eseguita in
genere dal paziente o dai suoi
familiari al momento dell’insorgenza dell’emorragia o in profilassi. Fino a pochi anni fa l’unico modo per ottenere questi fattori era quello di concentrarli partendo dal plasma di molti donatori; oggi sono disponibili tecniche di ingegneria genetica che
permettono di ottenere fattori di
sintesi (cosiddetti ricombinanti).
Un’intera nuova generazione
di emofilici, grazie alla disponibilità del trattamento sostitutivo
e alle conoscenze cliniche acquisite con la ricerca, anche grazie
all’azione dell’Associazione italiana dei centri emofilia,
“potrebbe” vivere una situazione rassicurante dal punto di vista
medico: l’aspettativa di vita è,
infatti, sovrapponibile a quella
della popolazione generale. Ma
esistono ancora delle criticità, soprattutto per quanto concerne
l’accesso alle cure.
In Italia si osserva una estrema variabilità territoriale nell’of-
Le richieste dei pazienti
●
●
●
●
●
●
●
●
●
●
Accesso omogeneo sul territorio nazionale a centri, farmaci e trattamenti intensivi ad alto costo
Sostegno alla ricerca e alla formazione di nuovi specialisti
Supporto alle iniziative di informazione e formazione
Autorizzare l’autoinfusione domiciliare tutto il territorio
nazionale (oggi regolamentato solo in undici Regioni)
Provvedimenti normativi finalizzati a favorire un uso razionale ed etico del Fattore VIII in eccedenza rispetto al
fabbisogno nazionale
Adeguamento della legge sull’invalidità e applicazione omogenea della legge 104/1992
Attenzione socio-sanitaria ai soggetti più vulnerabili
Accesso per tutti gli aventi diritto (di cui 600 emofilici) al
percorso transattivo in tempi trasparenti e certi
Aggiornamento della legge 210/1992 sull’indennizzo
Avvio di una indagine indipendente per la ricostruzione
storica, extragiudiziaria, degli eventi che hanno determinato l’epidemia e la strage degli anni ’80 da plasma infetto
ferta assistenziale ai pazienti con
malattie emorragiche congenite
(Mec), con conseguente crescente pendolarismo e costi socio-sanitari a carico delle famiglie. Per
ovviare a tale disomogeneità, la
FedEmo si è fatta promotrice,
attraverso la Commissione salute della Conferenza Stato-Regioni, dell’avvio di un percorso per
la definizione dei requisiti minimi strutturali tecnologici e organizzativi per l’accreditamento
istituzionale dei centri e servizi
per la diagnosi e la cura delle
Mec sul territorio nazionale.
Questo però è solo un aspetto
dell’impegno che ci si aspetta da
parte delle istituzioni.
Nel corso di un incontro avuto con la Commissione Igiene e
sanità del Senato giovedì 15 apri-
le i rappresentanti di FedEmo
hanno richiesto che gli «Haemophilia Principles of Care» documento presentato al Parlamento europeo il 27 gennaio
2009, che identifica i dieci principi cardine del trattamento delle
Mec - siano riconosciuti come
essenziali e attuati anche a livello delle istituzioni italiane.
La Commissione, presieduta
dal senatore Antonio Tomassini,
ha espresso la piena disponibilità a sottoscrivere il documento
che allinea la pratica clinica Italiana all’Europa, e a mantenere
un’approfondita riflessione sull’accreditamento regionale dei
centri. Nella stessa sede, si è inoltre discusso del tema giustizia.
Negli anni ’70 e ’80, a seguito del trattamento con emoderi-
vati, migliaia di emofilici hanno
contratto i virus dell’epatite e/o
dell’Hiv. In Italia, secondo i dati
della Fondazione Paracelso, 500
emofilici sono stati infettati dal
virus Hiv (di cui 250 deceduti) e
oltre 1.500 dai virus dell’epatite.
Nel mondo, molti Stati hanno attivato misure compensatorie del danno. Lo Stato italiano,
su spinta dei pazienti, ha concesso un primo ristoro economico
attraverso la legge 210 del 1992,
che prevede un indennizzo a favore di chi ha contratto virus da
trasfusioni ed emoderivati (si trata di un assegno di circa 600
euro mensili).
In assenza di una chiara
definizione delle responsabilità da parte degli organismi
istituzionali preposti, i pazienti hanno intrapreso azioni legali in sede penale e civile
per ottenere un equo riconoscimento di tutti i loro diritti.
Il ministero della Salute, nel
rispetto di quanto stabilito nella legge Finanziaria per il
2008, e nel decreto-legge collegato, si avvia a definire accordi transattivi con i soggetti
che abbiano subito un danno
da trasfusioni, somministrazioni di emoderivati infetti e
vaccinazioni obbligatorie, allo scopo di estinguere una notevole parte del contenzioso
in materia di risarcimento del
danno, instaurato prima del 1˚
gennaio 2008, e su cui non si
sia nel frattempo formato un
giudicato. Sono giunte complessivamente oltre 6.500
istanze di cui 5.445 per via
informatica: l’istruttoria ha
avuto inizio il 20 gennaio.
La Fedemo ritiene essenziale che sia avviata un’indagine
indipendente (auspicabile da
parte di una commissione parlamentare) finalizzata a una
ricostruzione storica, in sede
extragiudiziale, degli eventi
che hanno determinato la strage da plasma infetto degli anni ’80.
Nel corso dell’incontro
con FedEmo il presidente Tomassini ha definito «essenziale la sottoscrizione degli
“Haemophilia Principles of
Care”, per garantire a tutti i
pazienti un trattamento adeguato a cura di specialisti opportunamente formati» e ha
definito «doveroso l’impegno
delle istituzioni affinché tali
principi siano accolti nell’organizzazione dei servizi di assistenza e nel percorso di accreditamento dei centri e servizi di diagnosi e cura».
Per il vicepresidente, senatore Daniele Bosone, «L’attenzione del Parlamento nel
formulare e promulgare le leggi in materia di malattie rare,
nel caso di patologie come le
Mec dovrebbe puntare in particolare a favorire l’integrazione sociale dei pazienti e dei
loro familiari, evitando discriminazioni che risulterebbero
ingiustificate rispetto ai progressi scientifici attuali» ed è
fondamentale «che il ministero velocizzi l’istruttoria delle
domande di risarcimento presentate dai pazienti infettati».
Gabriele Calizzani
Presidente FedEmo
LA GIURISPRUDENZA
20-26 aprile 2010
27
CONSIGLIO DI STATO/ Legittimo un bando per l’affitto di immobili destinato ai soli generalisti
Mmg, «sì» alla gara riservata
La ratio: gli obiettivi di tutela della salute prevalgono su quelli economici
I
nutile protestare: una società a totale o di gara e delle relative clausole in modo da
prevalente capitale pubblico può ben deci- conseguire l’interesse pubblico affidato alle
dere di riservare una gara per la concessio- sue cure».
Nella fattispecie, «la gara in questione non
ne di immobili in locazione ai soli medici di
medicina generale convenzionati. Con l’obietti- ha per oggetto la mera concessione in locaziovo esplicito «di facilitare l’accesso alle cure e ne di locali commerciali, bensì la concessione
di migliorare il servizio di assistenza medica a di locali per l’esercizio di attività di studi medifavore della collettività, in base a quanto previ- ci ed è pertanto del tutto ragionevole che a tale
gara possano partecipare solo quei soggetti che
sto dallo statuto e dalle direttive regionali».
A chiarirlo è il Consiglio di Stato (decisio- possano esercitare la professione medica». Del
ne n. 1999/2010, depositata il 9 aprile scorso) resto, la stessa ditta appellante ha affermato
che ha accolto l’appello della società (il cui che, in caso di aggiudicazione, avrebbe acquisioggetto sociale è la gestione delle farmacie di to gli immobili in locazione per sub-locarli ai
medici e così incassato introiti
un Comune lombardo), riforsuperiori a quelli corrisposti
mando due sentenze del Tar
ON LINE
dai camici bianchi. Ma questa
Lombardia, sezione staccata
I testi delle sentenze
finalità - sottolinea la decisiodi Brescia.
ne - «è del tutto estranea e
Il tribunale amministrativo,
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comunque recessiva rispetto
nel 2009, aveva accolto le doalla prioritaria finalità pubbliglianze di una ditta del settore
immobiliare e aveva annullato il bando: a suo ca del bando» di migliorare il servizio sanitaavviso, la limitazione della partecipazione alla rio. In altre parole, non può sostenersi «l’illegitgara ai medici di famiglia era illegittima, per- timità di una procedura di gara pubblica per il
ché fonte di disparità di trattamento, e immoti- solo fatto che l’amministrazione non abbia intevata, perché il rispetto dei princìpi generali in so privilegiare esclusivamente o in modo pretema di gare pubbliche imponeva la più ampia ponderante l’aspetto economico-finanziario ripartecipazione dei soggetti interessati alla loca- spetto ad altri interessi pubblici». Come la
tutela della salute pubblica.
zione degli immobili.
La gara è dunque pienamente valida. Per
Palazzo Spada non è d’accordo. Ricordando l’oggetto sociale e lo statuto della società l’agenzia una magra consolazione: data la «pelocataria, che le riconoscono anche la facoltà culiarità» delle questioni trattate i giudici handi effettuare assistenza domiciliare e gestire no compensato le spese di giudizio.
servizi per anziani e disabili in strutture ad hoc,
Manuela Perrone
il Consiglio di Stato difende il potere della Pa
di determinare «l’esatto contenuto di un bando
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CORTE DEI CONTI LOMBARDIA
Il punto sulle consulenze nella Pa
L
a cerimonia di apertura dell’anno giudiziario 2010 della Corte dei conti della Lombardia del 19 febbraio scorso è stata
l’occasione anche per segnalare
le principali sentenze del 2009
che hanno riguardato, tra l’altro,
i giudizi di responsabilità amministrativo-contabile inerenti alle
consulenze e agli incarichi professionali.
Criteri di prudenza e ponderatezza. Con sentenza 165/2009 la
Corte dei conti della Lombardia,
nell’esaminare la causa riguardante
le consulenze e gli incarichi professionali conferiti da un ente pubblico ha osservato che, nel processo
contabile, l’atto della Pa è rilevante come fatto giuridico produttivo
di danno erariale; pertanto al giudice contabile è consentito vagliare
l’attività discrezionale degli amministratori verificandone sia la rispondenza ai criteri di legittimità,
razionalità e congruità, sia la compatibilità con le finalità di pubblico interesse perseguite dall’ente
per stabilire se la scelta risponda ai
criteri di prudenza e ponderatezza
cui deve ispirarsi l’azione dei pubblici poteri.
Princìpi di indipendenza,
imparzialità e buon andamento. La Corte ha ribadito che la Pa
deve trovare le risorse per lo svolgimento delle proprie funzioni
nell’ambito dei propri apparati,
rimanendo eccezionale il ricorso
a collaborazioni esterne, che devono essere rivolte a obiettivi determinati, limitate nel tempo, di
elevato contenuto professionale e
autorizzate da norma specifica se
finalizzate alla diretta collaborazione con le autorità politiche.
Restrizioni in linea con i princìpi
costituzionali di indipendenza,
imparzialità e buon andamento
dei pubblici uffici.
Criteri di pubblicità, economicità, trasparenza. Per reclutare
personale presso la Pa, è necessario rispettare i criteri di pubblicità,
economicità, trasparenza e verificabilità del possesso dei requisiti professionali richiesti riguardo alla posizione da ricoprire. Con sentenza
2880/2009, la Corte dei conti della
Lombardia si è interessata della dotazione di personale dell’ufficio
stampa, iscritto all’albo dei giornalisti, che può essere costituita, ai
sensi della legge 150/2000, anche
da «personale estraneo» alla Pa,
purché «in possesso dei titoli individuati dal regolamento di cui all’art. 5».
Modalità di reclutamento.
Sono quelle tipiche del reclutamento dall’esterno di specifiche
professionalità non disponibili all’interno della struttura, con predeterminazione della durata, del
luogo, dell’oggetto e del compenso della collaborazione. Per l’individuazione dei profili professionali dell’ufficio stampa, il possesso del diploma di laurea rappresenta un requisito imprescindibile dei soggetti esterni. Se fosse
possibile sostenere che l’incarico sia da assimilare a una funzione di staff non dirigenziale sarebbe necessario richiedere che il
non laureato supplisca alla carenza con una competenza e una
capacità tali da essere equiparate
a quelle di chi ha conseguito il
titolo.
Procedura selettiva. Il potere
di nomina non è espressione di
scelte del tutto libere, dovendo comunque scaturire dalla valutazione obiettiva dei requisiti professionali e delle capacità dei soggetti
interessati. I compensi corrisposti
dall’ente pubblico per incarichi, indebitamente conferiti a soggetti
esterni, in difformità ai parametri
di legittimità sopra evidenziati,
comportano una responsabilità amministrativa per danno erariale.
Discrezionalità e sindacabilità. Nel giudizio sulla responsabilità
amministrativa per il danno da conferimento di incarichi e consulenze
esterne (sentenza 324/2009), non si
viola l’insindacabilità del merito
delle scelte discrezionali della Pa:
al giudice contabile spetta un potere sindacatorio delle scelte discrezionali delle Pa per impedire la lesione dei princìpi di imparzialità e
buon andamento.
Controllo della conformità
dell’azione amministrativa. Con
sentenza 473/2009, sempre in materia di incarichi e consulenze esterne, la sezione lombarda ha sottolineato che l’intervenuta soppressione, ai sensi della legge 127/1997,
del parere di legittimità del segretario (comunale o provinciale) su
ogni proposta di delibera sottoposta alla Giunta o al Consiglio, non
esclude che permangano in capo al
segretario una serie di adempimenti e la specifica funzione di garante
della legalità e correttezza amministrativa dell’azione dell’ente locale.
Volendo fare un paragone con le
aziende del Ssn è una funzione assimilabile a quella del direttore amministrativo.
Pier Paolo Balzamo
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CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA
Paletti al tetto per stranieri negli atenei
I
l numero chiuso nelle facoltà di Medicina per gli studenti universitari stranieri è accettabile solo se l’obiettivo è
quello di garantire un alto livello di tutela della salute pubblica. È quanto stabilisce una sentenza della Corte di giustizia
europea a proposito delle decisioni della comunità francese
in Belgio, adottate dal 2006, di
fissare una quota del 30% di
studenti stranieri nelle proprie
facoltà di Medicina per arginare l’afflusso di aspiranti medici
e paramedici proveniente soprattutto dalla Francia.
La Corte Ue (causa 73/08,
pronuncia del 13 aprile scorso)
precisa innanzitutto che «gli Stati membri sono liberi di optare
per un sistema di istruzione fondato sul libero accesso alla formazione - senza limiti di iscrizione del numero degli studenti
- ovvero per un sistema fondato
su un accesso regolato che selezioni gli studenti. Tuttavia (...)
le modalità del sistema scelto
devono rispettare il diritto dell’Unione e, in particolare, il
principio di non discriminazione in base alla nazionalità».
A dettare legge, in linea generale, sono gli articoli 18 e 21
del Trattato che stabiliscono la
libertà di circolazione e soggiorno per i cittadini Ue. E
sicuramente la normativa belga «crea una disparità di trattamento» tra studenti residenti e
non. Ma ogni regola ha la sua
eccezione. La disparità potrebbe essere infatti «obiettivamente giustificata».
Il Governo belga ha avanzato due giustificazioni. La prima
- il timore di eccessivi oneri di
finanziamento per l’istruzione
superiore - secondo i giudici
del Lussemburgo non regge. La
seconda, invece - l’esigenza di
tutelare la Sanità pubblica salvaguardando il livello qualitativo
dell’insegnamento in considerazione dei limiti relativi alla capacità di accoglimento degli istituti e alla disponibilità di perso-
nale - potrebbe essere valida.
«Non può essere escluso a
priori - si legge nella sentenza che un eventuale abbassamento
del livello qualitativo della formazione di futuri professionisti
nel settore sanitario possa pregiudicare, nel tempo, il livello
qualitativo dell’assistenza sanitaria fornita sul territorio». Né
può sottacersi il rischio di una
penuria futura di operatori sanitari disposti a lavorare sul territorio interessato.
La Corte costituzionale belga dovrà valutare per prima cosa la sussistenza concreta di
questi rischi, sulla base delle
prove fornite dalle autorità nazionali. Poi dovrà verificare se
la normativa sia idonea a scongiurarli e non eccessiva rispetto
all’obiettivo. Infine, dovrà verificare se esistano misure alternative meno restrittive ma ugualmente efficaci.
M.Per.
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20-26 aprile 2010
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