Anno XIII - n. 15 Settimanale 20-26 aprile 2010 www.24oresanita.com Poste Italiane Sped. in A.P. D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004, art. 1, c. 1, DCB Roma Meno ricoveri, più assistenza a casa e interventi immediati salva-vita: il manifesto della società scientifica Tutte le sfide della telemedicina In arrivo le linee guida ministeriali - L’«ignoranza informatica» costa 862 milioni l’anno I n ospedale solo per le emergenze, il resto (anche le cronicità) si cura a casa. Interventi in tempo reale nelle emergenze con un risparmio di vite umane fino al 4%. Gestione dei servizi senza doppioni e code inutili. Meno spese per la maggiore appropriatezza e a regime niente costi per l’“ignoranza informatica” che vale 862 milioni l’anno. Sono gli obiettivi della telemedicina su cui la Società italiana (Sit) ha fatto il punto, elaborando anche un manifesto nazionale. E dal ministero della Salute stanno per arrivare le linee guida per interventi omogenei in tutte le Regioni. Gli esperti «Le buone Sboccia la nuova oncologia pratiche siano lo standard Cure più umane: 10 progetti in mostra - Dipartimenti al check per l’Ict» oncerti nei reparti, sportelli le», come annuncia il presidente C A PAG. 19 Strategie Con i certificati malattia on line parte l’era paperless A PAG. 7 A PAG. 18-19 FARMINDUSTRIA Frodi milionarie all’Erario - Fazio: perso il 5-10% del Fsn Farmacisti e Mmg i più popolari - Sud, crolla la fiducia ruffe e sprechi rubano al Ssn dal 5 al 10% del Fsn. Si potrebbero recuperare ben 11 miliardi l’anno solo allineando l’attività gestionale delle Regioni agli standard più elevati. Attorno a questi dati - e alle statistiche d’attività di Nas e Gdf, che Malpractice, tempo di mediare G razie al 28/2010 tra un anno sarà obbligatorio tentare la mediazione nelle cause civili da malpractice prima di rivolgersi ai giudici. Una strada intelligente per sgonfiare il contenzioso e restituire serenità al rapporto medico-paziente. A PAG. 24 censiscono danni milionari all’Erario - si è snodato il dibattito su legalità ed efficienza promosso da Farmindustria, che lancia un patto di solidarietà con le Regioni in rosso. F armacie e Mmg sono in cima alla classifica della “popolarità” tra gli italiani, insieme agli «studi medici privati». Seguono, poi, i pediatri, i laboratori e le cliniche. Promossi anche gli ospedali e i pronto A PAG. 14-16 soccorso. Lo dice un’indagine Cipomo, in termini di efficienza e di comfort. E, dal punto di vista organizzativo - secondo i primari, che stanno lavorando a un’indagine ad hoc - non può che essere il Dipartimento la “forma” capace di supportare l’umanizzazione delle cure anti-cancro attraverso l’approccio multidisciplinare. Una strada però ancora in salita. A PAG. 2-4 M età degli eventi avversi correlati agli interventi chirurgici è stata giudicata «prevenibile», ossia potrebbe non essere mai successa. È sulla base di questo dato che il ministero della Salute ha presentato un video dimostrativo e un manuale per la sicurezza in sala operatoria. Il problema della sicurezza rappresenta infatti una priorità del Ssn e sulla scorta delle campagne di sensibilizzazione dell’Oms, il ministero ha realizzato un video didattico, scegliendo quindi uno strumento di comunicazione efficace e immediato, che illustra le modalità di esecuzione dei controlli per la sicurezza in sala operatoria e ha lo scopo principale di influenzare il A PAG. 12 A PAG. Prosegue alla Affari sociali della Camera l’esame del Ddl sulle dichiarazioni anticipate: a inizio giugno il testo sarà in aula e il primo via libera è atteso entro due settimane. La Commissione intanto ha proseguito a votare anche gli emendamenti al testo unificato sulla governance previsto in aula entro maggio. (Servizi a pag. 9) A PAG. 10-11 ▼ Patto per la salute: tra Governo e Regioni c’è la Stem comportamento delle équipe operatorie, introducendo buone pratiche per la sicurezza dei pazienti. In Italia si eseguono ogni anno circa 4,6 milioni di interventi chirurgici ma non ci sono dati precisi sul numero degli infortuni a livello nazionale. Forse però la chiarezza del linguaggio cinematografico e le musiche di Nicola Piovani potranno contribuire a diminuire i pur rari episodi di «negligenza», che in un contesto complesso e difficile come la sala operatoria possono avere conseguenze gravi e in ogni caso ingiustificabili. (Ro.M.) A PAG. 23 25 Biotestamento: l’aula si avvicina Governo clinico a metà percorso del Censis che mostra comunque come questa fiducia cali sensibilmente al Sud e nelle Isole. Qui i servizi ospedalieri sono considerati «buoni» solo dal 17,7% dei cittadini. Chirurgia, la sicurezza va in video GUIDA ALLA LETTURA Primo Piano a pag. 2 - 4 Dal Governo 6-7 In Parlamento 9 Dibattiti 10 - 11 In Europa 12 Cronache 13 Speciale 14 - 16 Aziende/Territorio 17 - 21 n Mercati&News 21 n Lavoro/Professione 23 - 27 n Fisco/Previdenza 25 n Medicinæ 26 n La Giurisprudenza 27 n n n n n n n n d’accoglienza, sostegno alla sessualità dei malati, accoglienza continua e “globale”. Sono andati in scena a Biella, nel corso del convegno «Contaci» promosso dalla rete oncologica piemontese e dai primari del Cipomo, i semi della nuova oncologia ospedaliera italiana. Sempre più attenta all’umanizzazione delle cure e al vissuto dei pazienti. Sempre più tesa a realizzare strutture «a cinque stel- INDAGINE CENSIS Caccia aperta agli sprechi Italiani soddisfatti del Ssn T LOTTA AI TUMORI A PAG. 27 Programma Ue Imprese&Tasse Consiglio di Stato Dai trapianti alla psichiatria: ecco gli otto bandi europei che scadono il prossimo 20 maggio Entro aprile i produttori di medicinali devono versare all’Aifa il 5% delle spese promozionali È legittimo riservare ai generalisti una gara pubblica per la locazione di immobili Pronta per l’esame dei nuovi governatori prima della StatoRegioni la bozza di regolamento della struttura tecnica “paritaria” Governo-Regioni. (Servizio a pag. 6) ▼ Organi: donazioni samaritane al vaglio del Cnb Il Comitato nazionale di bioetica voterà il prossimo 22-23 aprile un parere sulle donazioni samaritane da parte di estranei coperti da anonimato. (Servizio a pag. 6) ▼ Farmacia dei servizi: tra un mese i decreti attuativi Pronte entro un mese le regole attuative del Dlgs 153/2009 che fa della farmacia il front office del Ssn: l’annuncio di Fazio a un convegno Federfama-Assofarm. (Servizio a pag. 21) ▼ Puglia: una rete più flessibile per i consultori Via libera della Regione al Piano di riprogrammazione della rete di consultori. Nuovi orari per le donne lavoratrici, priorità alla prevenzione dell’aborto. (Servizio a pag. 20) 2 PRIMO PIANO 20-26 aprile 2010 TUMORI/ Ecco i progetti assistenziali più innovativi premiati alla mostra-convegno «Contaci» Umana, sostenibile e responsabile: soffia un vento nuovo nel cielo dell’oncologia C ambiamento, responsabilità, sostenibilità e umanizzazione: sono queste le «parole fondenti» della “nuova” oncologia, i termini programmatici della rivoluzione nella lotta al cancro in corsia. Il congresso nazionale «Contaci - Convivere con il tumore: studi, progetti ed esperienze», che si è svolto a Biella il 19 e il 20 marzo, si è aperto proprio con una sessione dedicata alle parole. Perché ogni novità per farsi canone ha bisogno di un dizionario comune, di un linguaggio condiviso, di un nuovo repertorio. «Abbiamo voluto rendere omaggio alle tantissime iniziative spontanee che sono nate e stanno crescendo in tutta Italia», ha spiegato Mario Clerico, direttore del dipartimento di oncologia dell’Asl di Biella e promotore del convegno, sostenuto dal Cipomo e dalla rete oncologica piemontese. «E abbiamo voluto farlo con i pazienti, grazie a una proficua collaborazione con le associazioni Bianco Airone e Grappoli». La scommessa può dirsi vinta: nella provincia piemontese sono accorsi primari e dirigenti oncologi, malati e operatori. Hanno relazionato oltre 50 esperti. E, soprattutto, sono andati in mostra oltre 70 progetti, diligentemente selezionati e classificati, sulla base di una griglia di valutazione, da una commissione composta da tre primari “pionieri” nell’umanizzazione delle cure: Alessandro Bertolini (Valtellina), Giorgio De Signoribus (San Benedetto del Tronto) e Luciano Latini (Macerata). Tre i criteri utilizzati per stilare l’elenco: il livello di innovazione, la ripro- ducibilità e la ricaduta concreta sul benessere di pazienti, familiari o operatori. Scorrendo i progetti (qui abbiamo potuto raccontare soltanto i primi dieci classificati), è evidente il filo rosso che li lega: un’attenzione inusitata al benessere del paziente che non si ferma al momento del trattamento farmacologico ma cerca di andare oltre. Per tutelare a 360 gradi la sua qualità della vita, durante e dopo la malattia. E allora largo all’arte nei reparti, ai progetti di presa in carico globale, ai vademecum sui diritti dei malati. Spazio alla valorizzazione del ruolo degli infermieri, i più vicini ai bisogni dei pazienti e spesso i più bistrattati. Largo al sostegno delle famiglie, alla difesa della sessualità, alla riabilitazione innovativa. La filosofia è sempre la stessa: unire le forze delle istituzioni, delle famiglie e del mondo del volontariato per combattere la solitudine dei malati mettendosi in ascolto. Delle loro esigenze, delle loro richieste. Incisivo e applauditissimo l’intervento di Oscar Bertetto, direttore generale dell’Agenzia regionale per i servizi sanitari del Piemonte e coordinatore operativo della rete oncologica piemontese. «I dati di sopravvivenza a 5 anni differiscono molto tra i vari Registri tumori, tra le varie Regioni e all’interno delle stesse Regioni», ha ricordato Bertetto. «Se un risultato è 10-15 volte minore significa che si possono introdurre modelli organizzativi diversi». Cambiare pagina, migliorare. Naturalmente sono le aree svantaggiate a pagare lo scotto più alto, in termini di ritardo diagnostico, inefficienza e salute. Bertetto Carrara/ Largo ai «donatori di musica» in corsia «N oi della musica siamo gente perbene, e portiamo fortuna. Per questo faccio un “appelletto” ai miei colleghi: venite a cantare nel reparto di oncologia dell’ospedale di Carrara. Un concerto qui vale molto di più di un tutto esaurito allo stadio». Parola di Renzo Arbore, che il 18 gennaio scorso ha “donato” un’ora di magia a malati e operatori del reparto carrarese guidato da Maurizio Cantore. Arbore è in ottima compagnia: la lista dei musicisti che hanno aderito al progetto “Donatori di musica” lanciato nel 2009 per realizzare e coordinare stagioni di concerti negli ospedali è ormai lunga. Convinti, come Cantore non si stanca di sottolineare, che «l’esperienza emotiva e umana dell’ascolto della musica dal vivo è un diritto di tutti, anche di chi si trova ad affrontare situazioni critiche». “Donatori di musica” ha conquistato il secondo premio assegnato dalla speciale giuria di Contaci. Meritatissimo. Anche perché non si tratta di un’iniziativa “spot”, ma di una pratica ormai consolidata: da quando Gian Andrea Lodovici, grandissimo critico musicale e producer discografico da paziente ha aiutato a rafforzare l’idea nel 2007, si è arrivati oggi a quattro o cinque stagioni concertistiche regolari, al quarto piano dell’ospedale civile. La prossima sta per cominciare: si aprirà il 24 aprile alle 17 e prevede quattro concerti, ogni sabato alla stessa ora (gli altri il 29 maggio, il 30 ottobre e l’11 dicembre). Carrara ha al suo attivo oltre 70 concerti aperti e gratuiti con musicisti di valore assoluto. Che si esibiscono senza percepire compensi e accettano di trattenersi dopo, perché i pazienti possano conoscerli personalmente. Nell’ottica di abbattere le barriere tra malato e sano, tra medico e paziente. I “Donatori di musica” sono contagiosi. Si sono allargati a Reggio Emilia, a Bolzano, a Sondrio, a San Bonifacio (Verona). E speriamo che crescano ancora. Oggi hanno anche un sito: www.donatoridimusica.it Torino 1/ Una casa «dedicata» per bambini e ragazzi A ccogliere e sostenere le famiglie italiane o straniere messe Ko, anche economicamente, dalla malattia del figlio. Ospitarle gratuitamente in un mini-appartamento per l’intero periodo della cura. Ricomporre le consuetudini personali, mantenere viva l’appartenenza culturale, garantire giochi, corsi di lingua e laboratori creativi per mamme e piccoli. Al terzo posto nella classifica stilata a Biella si è piazzato il progetto “Una casa dedicata”, promosso dalla onlus Unione genitori italiani (Ugi) per supportare i piccoli pazienti del Centro oncoematologico dell’ospedale Regina Margherita di Torino. Da trent’anni i volontari dell’Ugi lavora- no fianco a fianco con gli operatori del centro torinese. E dal 2006 ha preso corpo il modello della “casa”, dell’accoglienza che integra il percorso di cura. Oggi l’Unione mette a disposizione gratuitamente 22 mini-appartamenti ricavati nell’ex stazione Nord della monorotaria di Italia ’61 grazie al contributo della Compagnia San Paolo e della Fondazione Paideia. Si fa totale carico delle spese di conduzione del complesso. E accompagna i pazienti e le loro famiglie con l’azione sinergica di assistenti sociali e volontari. L’obiettivo è chiaro. «In questo luogo confortevole e rassicurante che è Casa Ugi - spiegano i promotori - la famiglia, sebbene condizionata dai tempi delle terapie, è posta nella favorevole condizione di riprendere normali ritmi di vita, altrimenti difficili da recuperare dopo i lunghi periodi di ospedalizzazione». La presenza dei volontari è quotidiana. Sono loro a fornire sostegno e aiuto, a intrattenere i giovani ospiti e i loro genitori. Non solo. Una collaborazione avviata con la facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Torino permette anche agli studenti di partecipare alle attività ludico-didattiche della casa. Per rendere la battaglia contro la malattia meno dura. non ha dubbi: «Nella nostra programmazione occorre introdurre l’“equity audit”: è ora di metterci in discussione». Questa è la grande responsabilità delle istituzioni. Tenendo dritta la barra della sostenibilità. «Il Ssn - ha rilevato il direttore dell’Aress - non deve rispondere alla domanda ma alle reali necessità, rispettando il principio etico dell’assicurare i risultati migliori con le risorse minori». Per l’oncologia, strozzata dai costi dei farmaci innovativi, vale ancora di più. Ma ormai oncologi e malati lo sanno: basta poco per fare moltissimo. pagine a cura di Rosanna Magnano Manuela Perrone © RIPRODUZIONE RISERVATA Fano 1/ Telefono 12 ore al dì U n filo diretto con gli oncologi del reparto per avere consigli e informazioni sulle terapie anche quando il day hospital è chiuso, nei giorni festivi e pre-festivi settimanali. Il servizio di “pronta consultazione telefonica oncologica” è attivo da sei mesi all’Unità operativa complessa dell’ospedale Santa Croce di Fano, diretta da Rodolfo Mattioli. E si è aggiudicato il primo premio tra i 70 progetti in mostra a Biella per originalità, riproducibilità e innovazione. «Il nostro obiettivo - spiega il primario - è stato quello di ridurre il senso di smarrimento del malato, aprendo un efficace canale comunicativo con gli oncologi». Che ogni settimana a turno, tutti i giorni dalle 8 alle 20, sono telefonicamente reperibili. Un servizio utile a costi tutto sommato sostenuti: oltre alla spesa per l’acquisto di un telefonino dedicato e per l’attivazione di una linea telefonica, a ogni camice bianco viene riconosciuto un compenso di 200 euro lordi per settimana di reperibilità. I fondi utilizzati sono quelli provenienti dai grant previsti dalle sperimentazioni cliniche condotte dagli stessi dirigenti medici dell’Uo. A pubblicizzare la novità ha contribuito la distribuzione a tutti i pazienti di una “oncology card”, grande quanto una carta di credito, con il numero bene in vista. Che è stato anche comunicato alle realtà assistenziali del territorio (gli altri reparti, i medici di famiglia e di guardia medica, il “118”) e stampato nell’intestazione delle lettere di dimissione. In sei mesi di attività sono state ricevute complessivamente 88 chiamate, 16 in media al mese. Le domande più frequenti riguardano la gestione del dolore, i fenomeni di tossicità grastroenterologica, la febbre e la richiesta di aiuto psicologico. Il beneficio è evidente: il paziente in chemio non si sente abbandonato, una volta fuori dal reparto. I “suoi” medici ci sono. Fano 2/ Obiettivo telemedicina Caserta/ Le ferite dell’amore Siena/ Un approccio olistico L L A a telemedicina applicata all’assistenza domiciliare oncologica. È questa l’idea alla base del progetto presentato dal direttore dell’Uoc Oncologia medica Ospedale Santa Croce di Fano (Pesaro Urbino), Rodolfo Mattioli, che si è classificato al quarto posto. Il progetto nasce dall’esigenza di realizzare un sistema informatico che permetta di mettere in comunicazione audiovisiva i malati oncologici domiciliari con i medici del reparto. Semplicità e immediatezza di utilizzo saranno le caratteristiche principali del sistema informatico di comunicazione. L’iniziativa è articolata in due fasi: in primis l’acquisto dell’hardware necessario alla realizzazione del sistema di comunicazione audiovisiva e l’installazione dei software, a seguire saranno eseguiti tutti i test per verificare il corretto funzionamento del sistema e infine verrà redatto un piccolo manuale d’uso e manutenzione da consegnare a corredo delle apparecchiature stesse. Al momento della consegna delle apparecchiature verrà realizzato anche un piccolo corso di formazione sull’utilizzo. Il costo totale del progetto ammonta a circa 9,2 milioni di euro: il budget è stato calcolato per la realizzazione di15 sistemi di comunicazione audiovisiva, per la loro consegna, la messa in esercizio, piano di formazione e a manuale. a vita affettiva e sessuale dei pazienti affetti da neoplasia. È l’orizzonte frastagliato su cui il quinto progetto premiato intende posare lo sguardo. L’iniziativa è stata presentata dall’Ao «S. Anna e S. Sebastiano», ospedale civile di Caserta: Uoc Oncologia 1, Ambulatorio di psicologia clinica 2. L’indagine ha un titolo illuminante: “Quando la diagnosi colpisce al cuore”. «L’attuale esperienza clinica - spiegano i promotori del progetto - conferma ancora oggi l’effetto inibitore dei miti e dei pregiudizi legati alla relazione tra cancro (o altra malattia terminale) e attività sessuale. Attraverso il nostro lavoro intendiamo difendere il diritto della persona a essere riconosciuta, accettata nella sua pienezza e aiutarla a viversi come individuo che può ancora amare ed essere amato, può desiderare ed essere desiderato nonostante la malattia». Il progetto mira a offrire la possibilità al paziente di adattarsi a una nuova dimensione del Sé corporeo; solo così l’accettazione di una nuova consapevolezza di sé tende a favorire il raggiungimento dell’altro, consentendo, di nuovo, «il passaggio dall’Io al Noi». l sesto posto si è classificato il progetto presentato dal Day Hospital Oncologico Campostaggia a Poggibonsi (Siena) nella Ausl7, diretta da Sergio Crispino. L’iniziativa si propone di privilegiare la visione olistica del malato oncologico, con un approccio biopsicosociale. Un counseling psicologico rivolto a pazienti e familiari che si muove su due fasi. 1. La parola: counseling psicologico a malati, familiari, equipe (nelle due modalità, individuale e di gruppo); 2. Il segno-colore: laboratorio di arte-terapia (nelle due modalità, individuale e di gruppo). Gli obiettivi sono molteplici: impedire la crisi e sostenere le capacità di adattamento e le risorse della persona; sviluppare la parte creativa e ricreativa per accrescere il senso di integrità e l’autostima ritrovando la forza in se stessi; offrire la possibilità di auto-espressione ed elaborazione delle proprie emozioni per prevenire stati di ansia e di depressione; minimizzare la frattura fra il tempo del “prima tumore” e quello del “dopo tumore” all’insegna della continuità della vita. L’iniziativa è stata finanziata dal Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri, Associazione per lo sviluppo della scienza oncologica e Istituto toscano tumori. PRIMO PIANO 20-26 aprile 2010 3 LA RICETTA DEL PRESIDENTE CIPOMO «Contro il cancro ospedali a 5 stelle» Una sfida in 3D: hi-tech, hi-touch e low risk N Quando l’emulazione fa crescere L’ imitazione è la forma più elementare di apprendimento. Vale per gli esseri umani come per le organizzazioni. L’oncologia non fa eccezione: negli ultimi anni l’umanizzazione delle cure anti-cancro è diventata contagiosa. Approccio convinto di alcuni primari “illuminati”, è pian piano dilagata nei reparti ospedalieri. D’altronde, come ha rilevato lo storico Giorgio Cosmacini, «la storia dell’oncologia non può non essere anche storia del vissuto esistenziale del malato neoplastico». Non si può pensare che la lotta ai tumori possa limitarsi ai cicli di chemio, alla mera asettica terapia farmacologica. Dopo Di Bella, non capirlo sarebbe stato proprio da sciocchi. (M.Per.) Roma/ Presa in carico globale Torino 2/ Psiconcologia modello A ssistenza integrale e integrata, garantita da un gruppo di operatori che va dagli oncologi ai medici estetici, dai fisioterapisti agli assistenti spirituali. È questa la strada imboccata sin dal 2000 dal Dipartimento di oncologia dell’ospedale “San Giovanni Calibita” Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina di Roma, diventato partner del network di oncologie “La forza di vivere”. Il «percorso di cura integrata per il malato oncologico» è risultato ottavo nella speciale classifica elaborata a Biella. Cominciato come un tentativo, oggi è diventato un metodo di lavoro che prevede riunioni mensili e incontri con pazienti e famiglie. Perché la presa in carico globale è possibile soltanto partendo dalla rilevazione dei bisogni dei malati al primo accesso in ospedale (che avviene con il “termometro del distress”) e la segnalazione dei disagi al personale competente. Tra le esigenze emerse tre hanno richiesto l’attivazione di servizi ad hoc: l’informazione, per cui, in collaborazione con Aimac, è nato un Punto di accoglienza ad hoc gestito da due psicologhe del Servizio civile; l’attenzione al benessere psicofisico, realizzata da psicologi, medici estetici, fisioterapista e consulente dietista; la continuità delle cure, sostenuta dal servizio sociale chiamato a mettere in connessione ospedale e territorio. I Biella/ L’infermiere educatore Potenza/ Accoglienza superstar U P n progetto di educazione terapeutica rivolta ai malati oncologici e ai loro familiari è l’iniziativa che si è guadagnata il decimo posto. Il responsabile è Mario Clerico, del Polo Oncologico di Biella, con il coordinamento di Cesarina Prandi. Secondo la definizione dell’Oms, l’educazione terapeutica è lo «strumento per aiutare il paziente e la famiglia a comprendere la malattia e il trattamento, collaborare alle cure proposte e necessarie, farsi quindi carico del proprio stato di salute, conservare e migliorare la propria qualità di vita». Un livello di consapevolezza e autogestione che fa affidamento soprattutto sugli infermieri. E a loro si rivolge infatti il corso di formazione in 20 giornate previsto dal progetto Et. Gli infermieri diventano esperti nell’allenare il paziente attraverso la malattia. «Prendono ciò che è estraneo e fonte di timore per il paziente spiegano i curatori del progetto - e lo rendono familiare e, quindi, meno spaventoso. Queste operazioni richiedono grandi capacità in quanto il discente è malato e vulnerabile». l settimo progetto è un modello di intervento di psico-oncologia pediatrica in atto presso le Strutture di Oncoematologia Pediatrica dell’Aso Oirm-S. Anna di Torino, presentato da Marina Bortolotti. Gli obiettivi generali: limitare le interferenze della malattia tumorale sulla crescita, accompagnando il paziente nel suo percorso di cura; sostenere la qualità della relazione terapeutica offerta dall’equipe curante; salvaguardare, per quanto possibile, la qualità della vita presente e futura del bambino/adolescente e della sua famiglia; favorire un buon livello di comunicazione all’interno dello staff ,anche accogliendo le ansie generate dall’importante carico emotivo che coinvolge l’equipe medico-infermieristica. «Non so se il modello è innovativo - sottolinea Marina Bortolotti - poiché da molti anni prosegue, anche se con i dovuti cambiamenti. Comunque le tre parole chiave sono: qualità della vita; qualità delle cure; intervento diretto e in equipe multidisciplinare». assa dall’accoglienza la strategia di umanizzazione delle cure dell’oncologia dell’ospedale San Carlo di Potenza, diretta da Luigi Manzione. Nell’atrio principale del V piano del padiglione E, dove si trovano il reparto, gli ambulatori e l’hospice, è attivo da maggio 2008 uno sportello ad hoc che si occupa di fornire informazioni sui servizi e sulle prestazioni offerte. Ma anche di comunicare iniziative, progetti, novità e cambiamenti e di aiutare pazienti e visitatori a orientarsi in ospedale. Il progetto - nono classificato tra quelli presentati alla mostra-convegno Contaci - è gestito in collaborazione con Amo (Associazione malati oncologici della Basilicata). Il punto d’accoglienza è aperto dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 14 ed è dotato di telefono, computer collegato in rete alla intranet aziendale, stampante, fax, fotocopiatrice e scanner. Sono i volontari, appositamente formati, ad ascoltare le domande degli utenti. Le richieste più frequenti riguardano informazioni su come e dove effettuare una prestazione, dove trovare un reparto o un ufficio, come e dove effettuare le accettazioni, dove è ricoverato un parente. Rispondere significa rendere l’ospedale più “amico”. egli ultimi trent’anni gli oncologi medici ospedalieri hanno contribuito ad affermare concetti importanti nel complesso percorso assistenziale dei pazienti oncologici. Con la standardizzazione e la diffusione in periferia dell’attività assistenziale, il loro ruolo è diventato sempre più di grande rilievo. La continua ricerca della “total quality” ci ha portati a una visione tridimensionale lungo tre assi: high tech, high touch e low risk - sulla cui base sono state sviluppate molte azioni per portare le oncologie mediche ospedaliere ad alti livelli. Molte altre iniziative sono ancora in corso o in programma. Dalle analisi che abbiamo condotto sui disagi e sui bisogni dei pazienti oncologici è emerso con chiarezza che già oggi diverse oncologie possono essere valutate, da un punto di vista strutturale e funzionale, come strutture a cinque stelle. Ma la realtà nazionale è piuttosto eterogenea, e il percorso ancora lungo: la nostra determinazione deve essere sempre viva e attenta. Come Cipomo (Collegio italiano primari oncologi medici ospedalieri), per evitare autocelebrazioni e autovalutazioni e accrescere l’indipendenza di giudizio, abbiamo ritenuto fondamentale coinvolgere il volontariato e il mondo dei pazienti nel processo di accreditamento all’eccellenza. Con loro, i principali fruitori dei nostri servizi, cercheremo di accelerare, in modo sinergico, quel cammino virtuoso che ci permetterà di avere strutture e servizi a cinque stelle sempre più omogenei sul territorio nazionale. Se davvero crediamo che l’ospedale sia innanzitutto la casa dei malati, il comfort, l’accoglienza e il rispetto della privacy dovranno essere punti su cui non mollare mai. Dovremo continuare a far conoscere meglio le strutture giudicate d’eccellenza dai pazienti, prenderne il meglio per generare e facilitare il processo di crescita su scala nazionale. Di certo dovremo continuare a impegnarci per renderle sempre più funzionali, così come dovremo continuare a lavorare in maniera meticolosa per migliorare al massimo l’high tech (alto standard e innovazione) e quindi l’high touch (alte capacità di ascolto, comunicazione e condivisione). Su questo non abbiamo dubbi, perché abbiamo sempre identificato tutto ciò come nostro must. Il nostro percorso sull’high tech ci coinvolge in prima persona, perché fa parte del nostro vivere la professione, del nostro continuo stare in prima linea. L’high touch dovrebbe essere uno stile fatto di doti personali, ma anche frutto di uno specifico percorso formativo. Su quest’ultimo aspetto, sul modo di trasmettere ai nostri collaboratori un’alta sensibilità verso l’ascolto, la comunicazione e la condivisione, bisognerà continuare a riflettere e a discutere senza imbarazzi: realizzare servizi dove l’acronimo Aracc (accoglienza, rispetto, ascolto, comunicazione, condivisione) sia condiviso il più possibile e applicato ad alto livello non può che riempirci di orgoglio. Anche sul low risk il lavoro prosegue. È un concetto moderno, che merita tutta la nostra attenzione. Lavorare in sicurezza, minimizzando il più possibile il rischio per i nostri pazienti e per le équipe è infatti quanto di più moderno si possa chiedere al nostro Collegio. Come Cipomo vogliamo continuare a crescere con questo modello culturale, incrementandone e potenziandone i vari aspetti. Nella complessa filiera assistenziale comfort, accoglienza, e privacy restano aspetti importanti, che non possono e non devono essere trascurati. Quello intrapreso è un percorso importante, di civiltà e di crescita sociale. È un percorso in cui bisognerà sempre più confrontarsi con chi programma e progetta strutture sanitarie, per disegnare e realizzare strutture nuove, più moderne e più funzionali. Come Cipomo dovremo facilitare, sostenere e contribuire alla progettazione di modelli strutturali ospedalieri ideali per la degenza, per i Dh e gli ambulatori, modelli proiettati anche verso una visione multidisciplinare e dipartimentale. La realizzazione con architetti di alto livello nazionale di un modello ideale di oncologia medica ospedaliera a cinque stelle a cui ispirarsi è quindi sicuramente un obiettivo importante, utile e opportuno. Alleanze e partnership sono essenziali per continuare a sviluppare idee e progetti, per riuscire a realizzare azioni concrete e mirate su precisi obiettivi dove benessere dei nostri pazienti e benessere della nostra équipe possano coniugarsi al meglio. In sintesi: “Cipomo and friends”, per realizzare al meglio il nostro mandato di primari e tenere sempre più vivo il nostro Collegio. L’evento Contaci di Biella e il prossimo congresso nazionale, in programma a Pesaro dal 20 al 22 maggio, sono stati e saranno momenti importanti per affrontare anche questi aspetti. Innovazione e accoglienza sono gli strumenti per cambiare Sergio Crispino Presidente Cipomo 4 PRIMO PIANO 20-26 aprile 2010 TUMORI/ Al via un’indagine Cipomo per tracciare l’identikit delle aggregazioni di Uo Dipartimenti al microscopio Ideali in oncologia per l’approccio multidisciplinare - Ma ancora arrancano P assare al setaccio i Dipartimenti in cui sono inseriti i reparti di oncologia per verificare come lavorano, con quali obiettivi, diretti da chi. Ma anche proporre un modello ideale perché, attraverso l’organizzazione dipartimentale, si realizzi l’approccio multidisciplinare nella lotta ai tumori, l’unico in grado di mettere davvero il malato al centro. È questo il duplice obiettivo del Collegio italiano oncologi medici ospedalieri, che ha affidato a Roberto Labianca, direttore del Dipartimento di oncologia ed ematologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo, il compito di effettuare una ricognizione in profondità dello stato dell’arte. Secondo l’ultima edizione del Libro bianco Aiom, l’84,35% delle strutture censite fa parte di un Dipartimento. «Questo in teoria», spiega Labianca. «Ma in molte realtà esistono soltanto sulla carta. Manca una fotografia precisa del loro ruolo, delle loro attività e del livello reale di integrazione tra Unità operative. È questa lacuna che intendiamo colmare nei prossimi mesi». L’oncologo, forte della sua esperienza sul campo, ha le idee chiare sul “Dipartimento che vorrebbe”. «Dovrebbe avere poche Uo: il core dovrebbe comprendere l’oncologia medica, le cure palliative con l’hospice e la radioterapia. Anche nell’ottica di assicurare al paziente sempre più precocemente un’efficace gestione del dolore». Spesso, come a Berga- La struttura è inserita in un Dipartimento Area Nord Centro Sud e Isole Italia Sì 92 (40,00) 56 (24,35) 46 (20,00) 194 (84,35) No 12 (5,22) 5 (2,17) 19 (8,26) 36 (15,65) Tipo di Dipartimento Totale 104 (45,22) 61 (26,52) 65 (28,26) 230 (100,00) Area Nord Centro Sud e Isole Italia N.B.: le cifre tra parentesi indicano la percentuale sul totale Oncologia Nord Centro Sud e Isole Italia Oncologo Ematologo Radioterap. 34 (14,41) 15 (6,36) 10 (4,24) 17 (7,20) 8 (3,39) 7 (2,97) Altro Totale 39 (19,7) 11 (5,56) 28 (14,14) 16 (8,08) 94 (47,47) 7 (3,54) 18 (9,09) 6 (3,03) 56 (28,28) 9 (4,55) 8 (4,04) 19 (9,60) 12 (6,06) 48 (24,24) 73 (36,87) 26 (13,13) 65 (32,83) 34 (17,17) 198 (100,00) Dipartimento in cui è inserita la struttura Internista Altro Totale 22 (9,32) 35 (14,83) 116 (49,15) 15 (6,36) 19 (8,05) 66 (27,97) 13 (5,51) 5 (2,12) 0 (0,00) 11 (4,66) 25 (10,59) 54 (22,88) 64 (27,12) 28 (11,86) 17 (7,20) 48 (20,34) 79 (33,47) 236 (100,00) mo, il dipartimento associa l’ematologia. «Indubbiamente - dice Labianca - esistono notevoli affinità ed è bene che siano insieme, ma i pazienti sono popolazioni molto diverse. Se fosse possibile sarebbe un bene anche la presenza dell’anatomia patologica». Meglio, invece, tenere esterna la chirurgia in un Dipartimento ad hoc, con molti scambi. «Perché nel Dipartimento ideale dovrebbero lavorare persone che al 95% si occupano di malati di Medicina 25 (12,63) Il responsabile del Dipartimento è... Area Onco-emat. tumore». Per Labianca, il Dipartimento dev’essere «forte», prevedere frequenti e intensi momenti di integrazione tra Uo. «Dovrebbero esserci veri budget dipartimentali, mentre oggi ancora si sommano i budget delle singole Unità». E poi, in era di accreditamento, bisogna prevedere procedure di valutazione ad hoc per i processi la cui regia spetta al Dipartimento, dalla formazione alla ricerca clinica. E chi dovrebbe dirigere i Dipartimenti oncologici? «L’oncologo medico, perché è l’unico ad avere una visione del malato a 360 gradi. Per una garanzia di migliore funzionamento il direttore dovrebbe essere inoltre svincolato dal reparto da cui proviene, mentre oggi la normativa prevede che sia scelto tra i primari delle Uo aggregate. Ma l’attività di primario assorbe tempo ed energie». Tra poco sarà messo a punto un set di domande da distribuire ai primari. Il docu- mento Cipomo non sarà pronto prima di fine anno. E la versione definitiva dovrebbe essere diffusa al congresso 2011 del Collegio, che si terrà a Udine. Il messaggio è comunque già chiaro: se l’umanizzazione è l’obiettivo condiviso, lo strumento organizzativo per realizzarlo non può che essere il Dipartimento. Manuela Perrone © RIPRODUZIONE RISERVATA IN LIBRERIA IL VOLUME «HO VINTO IO» Storie esemplari di donne che ce l’hanno fatta I l cancro al seno non è una malattia incurabile. Bisogna gridarlo a gran voce per due motivi: dare coraggio alle donne che si ammalano e riconoscere alle tante che guariscono (otto su dieci) pieni diritti, sul lavoro e in famiglia. In questa direzione va il libro «Ho vinto io», appena edito da Giunti, realizzato dalla Fondazione Aiom grazie alla penna di Mauro Boldrini, ufficio stampa dell’Associazione italiana di oncologia medica, e al sostegno di AstraZeneca. Il libro, presentato al Senato il 20 aprile, raccoglie testimonianze toccanti di donne che ce l’hanno fatta. Alcune sono famose, come la tennista Lea Pericoli. Alcune hanno messo le loro competenze al servizio della “causa”. Come l’avvocato civilista Elisabetta Iannelli, vicepresidente Aimac, prima diagnosi a soli 24 anni, che racconta: «Ho inventato lo slogan: “Il cancro ha cambiato la mia vita, io cambierò la vita con il cancro”. Un obiettivo su cui ho concentrato tutte le mie energie». Portano la sua firma molte delle conquiste ottenute in Italia per la tutela dei diritti dei malati. Tante delle donne intervistate sono mogli, compagne, madri. Le separazioni dopo l’irrompere della malattia abbondano, segno che gli uomini hanno ancora moltissimo da imparare sul fronte del “prendersi cura”. Le reazioni alla malattia sono le più disparate, ma le storie più belle sono quelle delle maternità. Del rapporto con i figli nati prima del tumore, e delle nascite avvenute dopo la guarigione: la vita che trionfa e si moltiplica. Si chiama Vittoria l’ultima donna del libro: non poteva avere nome più adatto. Vittoria, malata e guarita, è riuscita ad adottare una bambina. È la prima donna in Italia e in Europa ad aver condiviso la sua scelta di vita. Una Nike del mondo moderno. Il segno tangibile che la determinazione può vincere su tutto, persino sulla burocrazia. M.Per. «IO, GUARITA E MADRE ADOTTIVA» «C om’è oggi la sua vita “da mamma”? Bellissima, più ricca, più felice. Noi e questa bambina siamo fatti gli uni per l’altra. Ringrazio ogni giorno il cielo perché la considero un miracolo. Il papà è completamente impazzito per la figlia, e da lei ricambiato. I nonni, gli zii, gli amici… tutti amano Andrea e ci sono vicini in questa nuova avventura. Siamo stati molto fortunati, abbiamo sofferto, ma ricevuto cento volte tanto. Certo, da mamma sono più ansiosa. Provo sentimenti che prima mi erano estranei e sconosciuti. Soprattutto in vista dei controlli medici, mi assale la paura che la malattia si ripresenti o non risponda più alle terapie. Un timore nuovo, non per la mia vita ma per quella di mia figlia. Lei è una delle prime donne in Italia che dopo la malattia riescono ad avere un figlio adottivo. Qual è il consiglio per chi volesse intraprendere questa strada? Auguro loro di vivere la nostra meravigliosa esperienza. Ma bisogna essere molto convinti e determinati: sia nei confronti dell’esterno, perché si possono incontrare molti ostacoli, sia all’interno della coppia e del proprio intimo. È inutile nascondersi dietro un dito, è chiaro che possono sorgere dubbi e cattivi pensieri. Sarò troppo egoista? Un bambino ha diritto a genitori che lo accompagnino nella crescita… Ma lo rifarei senza esitazione: la gioia è tale che dona ancor più voglia di vivere e combattere la malattia. Un augurio a tutte le donne: «In becco alla cicogna!». Ha “aperto la via”, ora casi come il suo sono più frequenti? Probabilmente oggi il problema è più sentito, cresce il numero di donne giovani che si ammalano quando non hanno avuto ancora figli, guariscono e poi desiderano diventare madri. Non credo però siano moltissime. Non tante da aver cambiato la cultura: non tutti credono che anche per chi ha avuto un cancro sia possibile sognare e ottenere una famiglia. Purtroppo le persone non sempre possiedono la necessaria sensibilità, preparazione e intelligenza. Bisogna essere forti, ma anche informati e consapevoli dei propri diritti. Con la speranza che i tempi e le umiliazioni si riducano sempre più… Su questo possiamo lavorare insieme. Spero che la mia testimonianza possa convincere altre persone a parlarne, per dimostrare che è possibile farcela e diventare mamme e papà felici. Anche se si ha un cancro alle spalle». (estratto dalla testimonianza di Vittoria) 20-26 aprile 2010 5 6 DAL GOVERNO 20-26 aprile 2010 PATTO PER LA SALUTE/ Bozza di regolamento per la struttura tecnica Stato-Regioni Monitoraggi, arriva la Stem Controllo dei servizi e degli standard - Il parere sui piani di rientro S i chiama «Struttura tecnica di monitoraggio paritetica» (Stem). La sua nascita e i suoi compiti li ha fissati il Patto per la salute 2010-2012. Dovrà curare l’avvio di un sistema di monitoraggio dello stato dei servizi sanitari regionali (reti ospedaliere, assistenza farmaceutica, personale, assistenza specialistica, regolazione del mercato e del rapporto pubblico-privato, mobilità interregionale, assistenza territoriale e post acuta, potenziamento dei procedimenti amministrativo-contabili, prevenzione). Si occuperà di provvedere all’aggiornamento degli strumenti di valutazione e monitoraggio che la Stato-Regioni dovrà approvare per «snellire e semplificare» gli attuali adempimenti e individuare indicatori per aree prioritarie per l’attuazione dei Lea. Ma dovrà valutare anche i piani di rientro delle Regioni in deficit e quelli messi a punto dalle Regioni in difficoltà, ma non per obblighi di bilancio. A volere la struttura sono state le stesse Regioni, per avere un luogo di confronto ad armi pari col Governo e voce in capitolo anche sulle scelte di politica economica come a esempio quelle legate ai piani di rientro dove finora a decidere era solo il tavolo di monitoraggio e, di fatto, l’Economia. I compiti della “Stem” A Promuovere un sistema di autovalutazione regionale e di monitoraggio dello stato dei servizi sanitari su indicatori di efficienza e appropriatezza allocativa delle risorse, correlati a valutazioni sull’erogazione dei Lea in particolare in riferimento a settori strategici in cui operare al fine di qualificare i Servizi sanitari regionali e garantire maggiore soddisfacimento dei bisogni dei cittadini e al tempo stesso un maggior controllo della spesa B Supportare la Conferenza Stato-Regioni per l’Intesa sui criteri per l’individuazione delle Regioni per il calcolo degli indicatori di cui al punto precedente C Provvedere all’aggiornamento degli strumenti di valutazione e monitoraggio da sottoporre alla approvazione della Conferenza Stato-Regioni, al fine di snellire e semplificare gli attuali adempimenti e individuare un apposito set di indicatori per aree prioritarie di particolare rilevanza in materia di attuazione dei Lea, tenendo conto degli indicatori già resi disponibili dal ministero della Salute e delle esperienze già operative in diverse realtà regionali, anche promuovendo le eventuali necessarie modifiche normative D Determinare a livello regionale la variazione rispetto allo standard nazionale massimo della dotazione dei posti letto ospedalieri di cui all’articolo 6, commi 1e 2, dell’Intesa E Valutare i piani di rientro approvati dalla Regione ed esprimere parere in merito alla Conferenza Stato-Regioni, anche sulla base delle verifiche tecniche condotte dal Tavolo di verifica e monitoraggio presso il ministero dell’Economia e delle finanze e il Comitato di verifica per l’erogazione dei Lea di cui agli articoli 12 e 9 dell’Intesa del 23 marzo 2005 Per organizzare la Stem le Regioni hanno messo a punto una bozza di regolamento, ancora soggetta a modifiche e integrazioni per ampliarne il campo d’azione, che dovrà andare all’esame delle nuove Giunte. La Stem ha sede presso la Segreteria della Conferenza Stato-Regioni ed è composta, come prevede lo stesso Patto per la salute, da sei rappresentanti dell’Economia, della Salute e degli Affari regionali, sei rappresentanti del- le Regioni di cui tre con competenza economica e tre sanitaria, un rappresentante della Segreteria della Conferenza delle Regioni e uno della Segreteria della Conferenza Stato-Regioni. E le Regioni hanno intenzione di chiedere col regolamento l’ulteriore designazione di due rappresentanti delle Regioni rispettivamente per le competenze economiche e sanitarie, con funzioni di supplenza, e per le competenze relative, in sostituzione temporanea del rappresentante della Regione il cui piano di rientro è valutato dalla struttura. A presiederla è un ulteriore componente nominato con un’intesa StatoRegioni, su proposta della Conferenza delle Regioni. Il presidente rappresenta all’esterno le posizioni della Stem, ne convoca e presiede le sedute, partecipa alle riunioni del Tavolo di verifica e monitoraggio all’Economia e al Comitato di verifica dei Lea, alle riunioni della Conferenza Stato-Regioni sugli argomenti di competenza della Stem e ne sottoscrive le determinazioni. La Stem si riunisce in quattro casi: quando devono essere assunte decisioni previste da leggi, intese o regolamenti; ogni volta che c’è la necessità di affrontare problematiche relative alle materie di propria competenza; quando lo richiedono almeno sei componenti; quando a richiederlo è il presidente della Conferenza delle Regioni o un ministro dei dicasteri che la compongono. Una volta composta, la Stem dovrà mettere a punto un regolamento interno approvato all’unanimità con cui disciplinare i propri lavori «secondo criteri di trasparenza e di simmetria informativa» soprattutto per quanto riguarda le modalità di convocazione e di verbalizzazione delle riunioni e il quorum strutturale e funzionale delle sedute. Il regolamento disciplina anche la convocazione in audizione di esperti e rappresentanti delle Regioni e delle amministrazioni centrali. Infine, per i suoi compiti istituzionali (ma senza oneri aggiuntivi specifici) la Stem potrà avvalersi del supporto di Aifa e Agenas. P.D.B. © RIPRODUZIONE RISERVATA IN ARRIVO IL PARERE DEL COMITATO NAZIONALE DI BIOETICA S arà votato dal Comitato nazionale per la bioetica (Cnb) nella riunione del 22 e 23 aprile prossimi un parere sulle cosiddette donazioni «samaritane» di organi. Un pronunciamento richiesto dalla Presidenza del Consiglio. «La novità contenuta nel parere - spiega Demetrio Neri, ordinario di Bioetica all’Università di Messina e membro del Cnb - è rappresentata dalla possibilità di consentire la donazione da vivente non solo da consanguinei o soggetti legati al ricevente da relazione emotiva, ma anche da estranei, purché sia conservato l’assoluto anonimato». «Non c’è nulla di preoccupante nella donazione samari- Donazioni «samaritane» sotto la lente tana - aggiunge Neri - dal momento che si tratta dell’espressione più pura di solidarietà e non va stigmatizzata. Negli Usa, a esempio, questa possibilità esiste già da tempo e riguarda il 40% circa delle donazioni di rene». La legge italiana vigente, la n. 458 del 1967, non la esclude. E prevede, seppure in casi eccezionali, la possibilità di ricorrere al trapianto del rene da vivente non consanguineo, parente e non, solo nei casi in cui il candidato ricevente non abbia congiunti consanguinei disponibili o idonei al trapianto. In ogni caso il donatore deve essere maggiorenne, in grado di intendere e di volere, a conoscenza dei limiti della terapia del trapianto del rene, consapevole delle conseguenze personali, esprimendo in definitiva consenso esplicito e informato. La donazione deve essere inoltre a titolo gratuito, del tutto libera, sempre revocabile e non deve far sorgere alcun diritto presso il ricevente. A sovrintendere alle autorizzazioni e a verificare l’intera procedura è il pretore. Al personale sanitario spetta il compito di esprimere esclusivamente un giudizio Direttore responsabile: ELIA ZAMBONI Coordinatore editoriale: ROBERTO TURNO Redazione: Marzio Bartoloni (vice capo servizio); Paolo Del Bufalo (capo servizio); Barbara Gobbi; Rosanna Magnano; Manuela Perrone; Sara Todaro (capo servizio) [email protected] Registrazione testata: Proprietario ed editore: Presidente: Sede legale: Redazione: Stampa: Abbonamenti: Arretrati: Servizio clienti: Pubblicità: Tariffa pubblicitaria: Tribunale di Milano n. 679 del 7/10/98 Il Sole 24 ORE Spa Giancarlo Cerutti Via Monte Rosa, 91 - 20149 Milano P.zza dell’Indipendenza, 23 B, C - 00185 Roma - Tel.: 0630226656 - Fax: 0630226484; [email protected] Il Sole 24 Ore - Via Tiburtina Valeria (Ss 5) km 68,700 - 67061 Carsoli (Aq) Il Sole 24 ORE Sanità (settimanale + on line) euro 169,00; per conoscere le altre tipologie di abbonamento ed eventuali offerte promozionali, contatti il Servizio Clienti (tel. 02.3022.5680 oppure 06.3022.5680; mail: [email protected]). 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Manoscritti e fotografie, su qualsiasi supporto veicolati, anche se non pubblicati, non si restituiscono. tecnico da redigere in un apposito verbale attestante l’idoneità del donatore e l’esistenza della indicazione clinica al trapianto nel paziente. Se il prossimo 22 aprile sarà approvata la nuova bozza, verrà superato un parere già espresso dallo stesso Cnb nel 1997, in cui il Comitato, per scongiurare un possibile incremento della commercializzazione illegale di organi, esprimeva un parere favorevole all’estensione «controllata» del prelievo da vivente anche non consanguineo ma solo «affettivamente vicino» al ricevente (a esempio il coniuge, il con- vivente stabile o un amico), di cui si provi l’effettivo vincolo di affettività tale da giustificare l’atto altruistico. Una «relazione emozionale», che la donazione samaritana potrebbe invece superare e trascendere. Il trapianto di rene da donatore vivente rappresenta oggi meno del 10% dei trapianti eseguiti in Italia ogni anno, nonostante numerosi Centri italiani siano autorizzati a effettuare questo trapianto. «Vi è ormai una larga esperienza italiana e internazionale sul trapianto da donatore vivente - si legge nel Docu- mento informativo del Centro nazionale trapianti - che consente ai pazienti affetti da insufficienza renale cronica, e ai loro medici curanti, di considerarla una valida possibilità terapeutica e di prendere serenamente una decisione in merito». Dal momento che le liste d’attesa non accennano ad accorciarsi, non ostacolare le donazioni samaritane anonime potrebbe portare qualche miglioramento. Il problema però è il «come», e l’esclusione di qualunque possibilità di compravendita nascosta da un’apparente gesto solidale. Rosanna Magnano © RIPRODUZIONE RISERVATA MINISTERO DELL’UNIVERSITÀ Commissione di studio sui rapporti atenei-Ssn N asce per iniziativa del ministero dell’Istruzione e dell’Università la Commissione di studio sui rapporti tra le facoltà di Medicina e Ssn. Compito della commissione sarà di svolgere, in base alle norme e alle esperienze nazionali e internazionali, lavoro istruttorio e proposte operative sui rapporti tra le facoltà di Medicina e il Ssn nel campo della ricerca bio-medica e sanitaria, della formazione pre e post laurea e delle attività assistenziali legate a quelle scientifico-formative, compresa l’organizzazione delle strutture assistenziali, sedi delle facoltà. La commissione sarà composta da otto esperti in ambito medico e accademico, selezionati per riequilibrare funzioni e costi nei rapporti tra atenei e Ssn. La task force sarà presieduta e coordinata da Aldo Pinchera, presidente dell’Osservatorio sulla formazione specialistica dei medici. Con Pinchera fanno parte della Commissione Renzo Dionigi, professore ordinario di Chirurgia generale all’Università dell’Insubria, Luigi Caimi, ordinario di Medicina e chirurgia presso l’Università di Brescia, Franco Cuccurullo, rettore dell’Università di Chieti, presidente del Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca, Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale e dei corsi di laurea in Medicina e chirurgia, Francesco Antonio Manzoli, presidente del Comitato del fondo per gli investimenti della ricerca di base, Alessandro Mazzucco, rettore dell’Università di Verona, delegato della Conferenza dei rettori delle Università, Giovanni Persico, preside della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Napoli “Federico II”. DAL GOVERNO 20-26 aprile 2010 7 Ministero apripista della rivoluzione “paperless” - Brunetta: «Un modello per la Pa» Certificati on line: si parte Cominciata la fase sperimentale dell’invio all’Inps da parte dei medici A ddio alla carta. Tra certificazioni e ricette che viaggiano sul web, cartelle elettroniche, fascicoli sanitari e Cup il ministero della Salute si è aggiudicato la palma di prima amministrazione pubblica pronta a diventare “paperless”. «Il migliore esempio di Pa in Italia», ha sentenziato il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, durante la visita condotta il 14 aprile con il collega Ferruccio Fazio per verificare lo stato di avanzamento del sistema informativo della Salute. «Ormai - ha detto Fazio - lavoriamo con materiale elettronico il 98% dei documenti». La rivoluzione alla volta della «dematerializzazione» è cominciata da tempo (si veda anche Il Sole-24 Ore Sanità della scorsa settimana). Ma il primo banco di prova di peso è appena partito: l’invio on line all’Inps dei certificati malattia dei dipendenti pubblici e privati da parte dei medici, come previsto dal Dlgs 150/2009. La sperimentazione è decollata proprio la scorsa settimana, ma entro la metà di luglio la trasmissione via web diventerà obbligatoria. Grandi le aspettative: per i due ministri la novità dovrebbe produrre risparmi per 500 milioni di euro sui costi di gestione (considerando una spesa attuale di 10 euro a pratica) e l’eliminazione di quasi 100 milioni di fogli di carta. Senza considerare i benefìci “intangibili” che ne deriveranno ai lavoratori, che non dovranno più inviare tramite raccomandata il loro certificato entro due giorni lavorativi (sarà l’Inps a trasmetterle al datore di lavoro) ma potranno accedere al sistema informatico dell’Istituto previdenziale per visualizzare l’attestato, oltre che chiederne copia al medico. Per il quale, in caso di inadempienza, sono previste sanzioni che in casi estremi possono arrivare fino al licenziamento o alla perdita della convenzione con il Ssn. Numeri e vantaggi dell’operazione 100.000.000 È il numero dei certificati di malattia che ogni anno i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, inviano ai propri datori di lavoro e dei relativi attestati di malattia (50 milioni ciascuno) e anche il numero del risparmio di certificati e attestati cartacei non più prodotti con la dematerializzaione 10 euro Costo medio per la collettività dovuto al ciclo dei certificati di malattia per ogni pratica 500 Il numero di operatori in più che l’Inps ha previsto per l’avvio dei certificati del settore privato 500.000.000 euro Il risparmio annuo previsto per l’abbattimento dei costi di gestione dei flussi cartacei 5.000.000.000 euro Il risparmio previsto con le ricette elettroniche Vantaggi per il lavoratore Eviterà di sostenere il costo dell’invio della raccomandata con ricevuta di ritorno. Il lavoratore potrà inoltre accedere al sistema Inps per visualizzare il proprio attestato di malattia e chiedere al medico copia cartacea del certificato e dell’attestato di malattia, ovvero chiedergli di inviare copia degli stessi alla propria casella di posta elettronica o Pec La novità ha creato più di un malumore tra i medici. Si è svolto il 13 aprile il secondo appuntamento tra la FnomCeO e i rappresentanti dei ministeri di Salute e Funzione pubblica (si veda Il Sole-24 Ore n. 12/2010) per sciogliere i punti più oscuri dal punto di vista organizzativo. In cima alla lista delle preoccupazioni c’è il dovere di certificare anche le assenze brevi, inferiori a tre giorni, in base a dati clinici «direttamente constatati e oggettivamente documentabili». Ma vanno sciolti anche altri nodi. «A esempio ha riferito Guido Marinoni, componente del comitato centrale Fnom - le responsabilità del medico, qualo- ra si trovi a rilasciare il certificato di un paziente in un luogo diverso dalla sua residenza; inoltre la connettività a Internet va fornita dalle Asl e nel caso di dimissioni ospedaliere, deve essere il medico della struttura a compilare e rilasciare il certificato. Vanno inoltre forniti i Pin ai medici non convenzionati che sostituiscono i medici di base quando non ci sono e informatizzate le postazioni delle guardie mediche, al momento quasi del tutto sprovviste». Le risposte a molti dubbi dovrebbero arrivare presto con un’altra circolare di Brunetta. Ma una parte del mondo sindacale continua a essere ostile. Snami e Smi, i due sindacati dei medici di medicina generale contrari alla nuova convenzione che hanno manifestato a Roma il 15 aprile, hanno evidenziato l’inadeguatezza del Paese verso «salti al buio nell’informatica» (Angelo Testa, Snami) e il «metodo brutale e autoritario» utilizzato (Salvo Calì, Smi). Ma la replica del ministero per la Funzione pubblica non si è fatta attendere. Si tratta di critiche «del tutto infondate» per il portavoce di Brunetta, secondo cui «è purtroppo fisiologico che le grandi rivoluzioni organizzative che comportano efficienza, trasparenza, rapidità, capacità di controlli rigorosi e soprattutto un considerevole risparmio economico suscitino alcune resistenze». Intanto si scaldano i motori per l’altra grande rivoluzione alle porte, che i ministri sperano di attuare entro la fine dell’anno: la ricetta elettronica, spedita dai medici on line al ministero dell’Economia, che potrebbe valere altri 5 miliardi di risparmi l’anno. E centrare anche altri obiettivi, come ha spiegato il segretario della Fimmg, il maggior sindacato dei medici di famiglia, Giacomo Milillo: «Avere a disposizione i dati per valutare i casi di appropriatezza e per facilitare l’individuazione di truffe o abusi. Senza creare alcun inconveniente al cittadino, per cui non cambierà nulla». Non ha obiezioni Sergio Dompè, presidente di Farmindustria: «Ogni misura che va nella direzione dell’efficienza e della lotta agli sprechi in Sanità non può che essere valutata positivamente dalle imprese farmaceutiche. Confermo però l’assoluta necessità di combattere ogni diseconomia anche nelle altre aree della Sanità. La spesa farmaceutica convenzionata è, infatti, già ampiamente sotto controllo». Manuela Perrone © RIPRODUZIONE RISERVATA DISPOSITIVI MEDICI: IL PRESIDENTE DI ASSOBIOMEDICA L a costruzione di un osservatorio degli acquisti è la chiave di volta per avere una spesa sanitaria razionale. Senza inseguire obiettivi brutali di risparmi attraverso logiche di razionamento o di controllo più o meno mascherato dei prezzi. Sono soddisfatto nel constatare la convergenza di idee emersa dalla ricerca ministero della Salute-Cergas sulle modalità di acquisto dei dispositivi medici, presentata in occasione della III Conferenza nazionale sui dispositivi medici a Roma. Nell’occasione anche negli interventi dei rappresentanti del ministero è apparsa chiara la volontà di procedere rapidamente sulla strada dell’osservatorio. A proposito della centralizzazione degli acquisti, se questa non è accuratamente organizzata può produrre gravi danni. In termini più generali importante è invece predisporre bandi di gara accessibili a tutti. Appare finalmente evidente quanto Assobiomedica da tempo va affermando. Cioè l’inutilità dei prezzi di riferimento, la non dimostrata convenienza della centralizzazione degli acquisti, la eccessiva ricerca di risparmi a qualunque costo. La stessa ricerca MinisteroCergas mostra consapevolezza che la spesa media unitaria non è un indicatore valido e forse è addirittura fuorviante, poiché viene calcolata facendo riferimento a dispositivi che, anche se della stessa tipologia, possono ave- «Spesa sanitaria razionale ma non razionata» «C redo sia arrivato il momento della revisione del grande settore dei dispositivi medici dopo l’enorme sviluppo segnato negli ultimi anni». Lo ha dichiarato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, partecipando alla terza conferenza nazionale sui dispositivi medici che si è svolta lunedì scorso presso l’Auditorium della Tecnica di Roma (si veda Il Sole-24 Ore Sanità n. 14/2010), sottolineando che l’obiettivo della revisione sarà quello di «offrire il servizio migliore al costo minore per i malati». Tre i grandi gruppi di dispositivi, re caratteristiche molto diverse. Che valore può avere una media in presenza di un grado inadeguato di copertura del campione sull’universo, di dichiarate differenze nelle classificazioni e dell’impossibilità di pesare le difficoltà che possono esistere tra prodotti ugualmente denominati? Abbiamo svolto un esercizio per un “prodotto immaginario”, che in verità immaginario non è. Ebbene risulta che il pricing dipende da numerosi aspetti, legati al tipo di servizio richiesto, ai volumi, alle garanzie offerte dall’azienda sanitaria, nonché al fatto che questa sia già cliente per altri prodotti. Conseguentemente i prezzi variano e, in taluni casi, anche di molto. È la normalità nelle attivi- ha voluto precisare Fazio. «Anzitutto quelli usati in congiunzione con i farmaci, che potrebbero - ha detto - essere gestiti da un tavolo comune con l’Aifa ed è quel che si pensa di fare». Nella seconda classe le grandi apparecchiature diagnostico-terapeutiche, «per le quali la problematica è anzitutto quella di identificare prezzi di riferimento e a questo fine - continua il ministro ho insediato una commissione che si occupa nello specifico del problema». Per tutti gli altri dispositivi medici sono altre le problematiche da tener presenti, riflette Fazio: tà commerciali. Non servono, a nostro parere, correttivi tesi ad accrescere i poteri di mercato di cui l’acquirente pubblico già ampiamente dispone. Guardando poi i confronti interregionali, è evidente l’eccessiva frequenza di difformità inspiegabili anche facendo ricorso alle diverse modalità di acquisto. La spiegazione può essere allora la casualità legata a fenomeni, diciamo così, patologici oppure a difformità rilevanti qualora si tenga conto delle condizioni complessive di fornitura. È giunto il momento di comprendere che i dispositivi medici sono fattori della prestazione a essa imprescindibilmente legati. Per garantire appropriatezza della cura è necessario perciò convin- «A esempio la non disponibilità in tutte le regioni del Centro unico di acquisto per beni e servizi». Il settore dei dispositivi medici conta 6.096 fabbricanti censiti nella nuova banca dati della Salute a febbraio per un totale di 244.190 prodotti presenti sul mercato. Italia (33%), Usa (15,7%) e Germania (13,1%) sono i Paesi leader di un mercato che elenca 58.363 attrezzi chirurgici pluriuso o riutilizzabili, 42.952 dispositivi protesici impiantabili e prodotti per osteosintesi, 26.238 tipi di apparecchiature sanitarie. cersi che è indispensabile definire finalmente percorsi diagnostici e terapeutici. In un sistema così organizzato l’Hta può essere valorizzato al meglio delle sue potenzialità. L’Health technology assessment (Hta) costituisce un importante opportunità, per un moderno sistema sanitario, per far fronte ai crescenti bisogni di salute, con risorse sempre limitate, grazie a un utilizzo pervasivo e consapevole di tecnologie innovative. La valutazione economica dell’innovazione aiuta a definire priorità e linee guida diagnostico-terapeutiche, nonché a organizzare i servizi sanitari e gestire l’innovazione tecnologica. Vanno però evitati alcuni rischi. L’Hta non deve costituire una barriera d’accesso al mercato per le tecnologie innovative e neppure introdurre restrizioni d’uso per le tecnologie già diffuse, ed efficaci, ma ritenute più costose. Occorre poi evitare la frammentazione delle regole di accesso alle tecnologie sanitarie, con differenze da regione a regione e la prevalenza degli aspetti economici rispetto a quelli clinici. Hta non deve contrapporsi alla valutazione clinica, ma deve integrarla, con la valutazione dell’impatto sul piano economico, organizzativo e della qualità di vita del paziente. Nel caso dell’Hta nei dispositivi medici, bisogna tenere presente che l’evoluzione tecnologica è molto rapida e in particolare è molto più rapida rispetto a quella dei farmaci. Inoltre i costi, e conseguentemente i prezzi dei dispositivi medici, sono soggetti a una forte dinamica nel tempo. L’Hta deve riguardare le tecnologie innovative (quelle trasformazionali più ancora di quelle incrementali) che interessano quelle patologie che maggiormente impattano sulla spesa e sulle priorità dettate dalla politica sanitaria. Inoltre deve servire all’ammodernamento del Ssn: obsolescenza tecnologica e sottoutilizzo di tecnologie innovative sono entrambi aspetti di inappropriatezza che vanno combattuti. Circa la responsabilità di chi valuta, l’autonomia delle Regioni non è in discussione, ma preso atto che le risorse e le competenze necessarie non sono in realtà distribuite in modo uniforme sul territorio, occorre sviluppare una funzione di coordinamento istituzionale a livello nazionale teso a evitare duplicazioni e spreco di risorse. Nell’organizzare l’Hta sarà fondamentale stabilire regole chiare e condivise con l’industria, che riguardino innanzitutto: i centri di eccellenza da coinvolgere, la curva di apprendimento, la popolazione target, il protocollo e la durata dello studio valutativo; va realizzato, in conclusione, un reale (non semplicemente di facciata) coinvolgimento degli stakeholders, tra cui le Società scientifiche e l’industria. Angelo Fracassi Presidente Assobiomedica 8 20-26 aprile 2010 IN PARLAMENTO 20-26 aprile 2010 9 CAMERA/ Prosegue alla Affari sociali l’esame del Ddl sulle dichiarazioni anticipate Biotestamento, aula più vicina No alle modifiche dell’opposizione: il convivente non può fare il fiduciario A ncora un mese di tempo in commissione Affari sociali. E poi a inizio giugno si spalancheranno le porte dell’aula di Montecitorio. Il biotestamento riprende a marciare dopo la pausa delle elezioni regionali. E avanza verso il via libera che potrebbe arrivare nel giro di un paio di settimane: finora sono stati già votati sei articoli sui dieci complessivi. L’intenzione della maggioranza è quella di chiudere senza nuove sorprese votando solo le modifiche, non decisive, del relatore Domenico Di Virgilio. Anche la settimana scorsa i deputati del Pdl hanno respinto tutti gli emendamenti dell’opposizione. E dopo la battaglia su alimentazione e idratazione artificiale è scoppiato il nodo del fiduciario. Il testo licenziato dal Senato nel marzo del 2009 prevede, all’articolo 6, che chi redige il testamento biologico (la dichiarazione anticipata di trattamento) «può nominare un fiduciario maggiorenne» che, se nominato, «è l’unico soggetto legalmente autorizzato a interagire con il medico e si impegna ad agire nell’esclusivo e migliore interesse del paziente, operando sempre e solo secondo le intenzioni legittimamente esplicitate dal soggetto nella dichiarazione anticipata». Il testo però non prevedeva nulla in caso di mancata nomina del fiduciario, questione affrontata da un emendamento del Pd bocciato in commissione Affari sociali. La proposta di modifica dell’articolo 6 del testo approvato dal Senato, sottoscritta da tutto il gruppo dei democratici dal Pd, introduceva la possibilità, in caso di mancata nomina, rinuncia, o morte del fiduciario, che questa funzione venisse assunta «nell’ordine: al coniuge non separato legalmente o di fatto, al convivente more uxorio, ai figli maggiorenni, ai genitori, ai parenti entro il quarto grado». Di parere contrario è stata, invece, la maggioranza che ha bocciato l’emendamento con i voti contrari di Pdl e Lega. E che, anzi, nella prossima seduta prevista questa settimana metterà al voto un emendamento del relatore, Domenico di Virgilio, che prevede in caso di mancata nomina del fiduciario che i suoi compiti siano «adempiuti dai familiari secondo quanto previsto dal Codice civile, Libro II, Titolo II, Capo I», vale a dire il diritto di successione, dove non esiste il convivente. Promossi invece alcuni subemendamenti del Pd all’emendamento del relatore all’articolo 5, che «migliorano - come spiega Livia Turco - l’assistenza delle persone in stato vegetativo permanente, prevedendola tra i livelli essenziali di assistenza», oltre a chiedere alle Regioni di adeguarsi alle linee guida che emanerà il ministero della Salute in materia, «entro 60 giorni» dall’entrata in vigore della legge. Tra gli ultimi nodi da sciogliere in commissione Affari sociali c’è anche il peso da assicurare alle volontà scritte dal paziente nel testamento biologico: finora il testo licenziato dal Senato prevede che il medico possa liberamente discostarsene. Ma tra le modifiche volute del relatore Di Virgilio dovrebbe spuntare l’ipotesi di rendere il biotestamento in qualche modo più vincolante per i camici bianchi. Stato vegetativo tra i livelli essenziali EMENDAMENTI AL GOVERNO CLINICO Governance, sulle nomine decide la Regione T occa alle Regioni decidere sugli incarichi di struttura semplice e professionali, di ricerca, di verifica e sulle consulenze dei medici, senza più specifiche che entrino nel merito né prescrizioni di ulteriori pareri da acquisire, prima di definire le scelte. La Commissione Affari sociali della Camera ha proseguito la scorsa settimana in sede referente l’esame e il voto sugli emendamenti al testo unificato del governo clinico, calendarizzato per l’aula a maggio. Le modifiche approvate riguardano gli articoli da 5 (incarichi di struttura semplice e professionali) a 8 (responsabilità dei direttori di Dipartimento), fino alle soglie cioè degli articoli più “caldi” del provvedimento dai limiti di età e la cancellazione della rottamazione alle nuove regole per l’intramoenia e alla previsione di quella per gli infermieri e il personale. Oltre alla modifica che lascia alle Regioni il compito di decidere sull’affidamento degli incarichi, diminuisce anche il peso dei direttori di struttura complessa e dei capi Dipartimento che non fanno più “proposte” sui nomi dei responsabili della struttura semplice, ma sono “sentiti” dal direttore generale. MoMarzio Bartoloni difica anche per la pubblicazione dell’attribuzione dell’incarico che non avviene più sulla © RIPRODUZIONE RISERVATA «Gazzetta Ufficiale» almeno tre mesi prima che il posto sia vacante, ma sul Bollettino ufficiale regionale e sui siti istituzionali della Regione. Niente più modalità poi sul sorteggio dei membri della commissione dell’azienda né formulazione da parte di questa di un giudizio “motivato” sulla scelta: la commissione proporrà direttamente una terna di candidati da cui il direttore generale può scegliere. Titoli, giudizi e graduatoria degli eletti poi, oltre che sul sito dell’azienda, dovranno comparire anche su quello della Regione. Per quanto riguarda la valutazione dei dirigenti, si aggiungono ai medici quelli sanitari non medici e tra i parametri, accanto alle strategie per il contenimento dei costi e alla soddisfazione degli utenti, arriva l’uso appropriato delle risorse. Per quanto riguarda gli strumenti di valutazione, saranno quelli decisi nel contratto e indicati in linee guida del ministero della Salute, senza più la previsione che siano adottate con atto di indirizzo del Comitato di settore approvato poi con Dpcm. Infine, dalle responsabilità dei direttori di Dipartimento è cancellata la previsione che le Regioni possano disciplinare la composizione del Comitato di Dipartimento e gli indirizzi sulla sua attività. 10 DIBATTITI 20-26 aprile 2010 In una ricerca del Censis aspettative e soddisfazione dei cittadini verso i servizi sanitari Gli italiani promuovono il Ssn Ma al Sud crolla il “consenso” - I nodi: liste d’attesa e offerta razionata L a ciambella degli italiani, alla fine dei conti, si chiama sempre Ssn. Non sarà il paradiso delle cure in terra, ma ai pazienti del nostro Paese non dispiace. Anche se, come sempre, ci sono due Italie: una, quella del Nord, che apprezza i servizi sanitari e li promuove con voti piuttosto alti (piacciono soprattutto le farmacie, le case di cura e i Mmg). L’altra “Italia”, quella del Centro-Sud, che a stento li considera «buoni». Anche se alla fine li considera «sufficienti». A dirlo è l’ultima ricerca targata Censis, presentata venerdì scorso con il ministro Fazio, sulle «aspettative e soddisfazione dei cittadini rispetto alla salute e alla Sanità». Che giustifica il giudizio «positivo» nella «natura stessa del Ssn, universale e gratuito». Perché «di fronte a un bisogno, importante e psicologicamente destabilizzante quale è il bisogno di salute - avverte il Censis - il Ssn comunque risponde». Da qui la maggiore fiducia «nelle articolazioni più capillari e accessibili, dunque visibili e tangibili del Servizio, quali la medicina generale e la farmaceutica territoriale». Farmacie e I “voti” degli italiani Il ricovero? Prima una visita privata dal medico L’ ospedale e il ricovero superano l’esame. Nove pazienti su dieci si dicono molto o abbastanza soddisfatti su quasi tutti i fronti: dalla qualità degli interventi medici alla chiarezza delle informazioni ricevute, dalla disponibilità e gentilezza del personale fino alla qualità delle strutture e all’accoglienza. Quello che non va bene per gli italiani - secondo l’indagine Censis - sono alcuni «malfunzionamenti e distorsioni» e l’imbuto che si crea per accedere al ricovero programmato con il suggello di «personalismi e favoritismi, che trovano terreno fertile in strutture organizzative spesso percepite come iperburocratizzate e respingenti». Secondo la ricerca ben un paziente su tre, tra quelli che hanno ricevuto un ricovero programmato, spiegano che prima di essere ricoverati hanno dovuto farsi visitare privatamente o intramoenia dal medico dell’ospedale. Una Mmg sono, infatti, in cima alla classifica della “polarità” tra gli italiani, insieme agli «studi medici privati». Seguono, poi, i pediatri, i laboratori di analisi e centri diagnostici privati e le cliniche. Comunque anche il settore pub- blico incassa la sua promozione: dagli ospedali (compresi i pronto soccorso) alle strutture di riabilitazione. Anche se, come detto, la fiducia crolla al Sud e nelle Isole, dove a esempio i servizi ospedalieri sono considerati «buoni» solo dal 17,7% dei cittadini (contro il 33,8 della media italiana) e «sufficienti» dal 55,7% (contro il 47 in Italia). Mentre ben il 26,6% nel Mezzogiorno boccia ospedali e pronto soccorso (la media nazionale è CELEBRATA IL 18 APRILE LA GIORNATA EUROPEA DEI DIRITTI DEL MALATO del 19,2 per cento). Tra le criticità segnalate dal Censis c’è soprattutto l’accessibilità dei servizi. E dunque: le solite liste d’attesa e il «sottodimensionamento dell’offerta». «Problematicità» ci sono anche «O gni individuo ha il diritto di non subire danni derivanti dal cattivo funzionamento dei servizi sanitari o da errori medici e ha il diritto di accedere a servizi e trattamenti sanitari che garantiscano elevati standard di sicurezza». È il diritto alla sicurezza, contenuto nella Carta europea dei diritti del malato, il leit motiv degli eventi promossi dalle sedi locali del Tribunale per i diritti del malato in occasione della IV Giornata europea dei diritti del malato. In particolare in 20 città si è parlato di qualità e sicurezza in chirurgia, attraverso l’attività di informazione che i volontari del Tribunale per i diritti del malato e i chirurghi della Acoi (Associazione chirurghi ospedalieri italiani) hanno svolto congiuntamente nei reparti che hanno adottato la Carta della qualità in chirurgia e avviato un percorso per la qualità e la sicurezza nelle sale operatorie. La Carta, promossa a partire dal 2007 dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, in collaborazione con Acoi e Fiaso e in partnership con Johnson&Johnson Medical, è stata a oggi sottoscritta da 114 reparti in tutta Italia e rappresenta un importante esempio di alleanza tra medici e cittadini per dare risposte concrete agli eventi avversi che possono verificarsi nelle strutture e innestare un processo di miglioramento dell’assistenza nei reparti, restituendo a ciascun attore un ruolo attivo. I 54 impegni della Carta della qualità in chirurgia sono riassumibili in sette FRANCESCA MOCCIA * princìpi: accoglienza, informazione, organizzazione, consenso informato, sicurezza e igiene, innovazione e dimissioni: Œ essere accolti, trattati con umanità e messi in condizione di affrontare con serenità la degenza; essere ben informati, per instaurare un corretto rapporto medico-paziente ed essere coinvolti nel percorso di cura; trovare un reparto ben organizzato, che garantisca la migliore qualità delle cure possibili; essere coinvolti nelle decisioni mediche che li riguardano ed essere considerati parti attive del loro percorso di cura; essere protetti da eventuali rischi causati dal cattivo funzionamento di strutture e servizi; ‘ poter contare su una struttura che garantisca l’aggiornamento del personale e l’utilizzo di tecniche innovative per migliorare la qualità di vita e delle cure; ’ ottenere tutte le informazioni necessarie ad affrontare meglio il rientro a casa, al momento delle dimissioni. Nei reparti che adottano la Carta, il cittadino ricoverato potrà contare su un’adeguata accoglienza, avrà a disposizione un medico di riferimento, prima di sottoporsi a un intervento chirurgico firmerà un consenso informato e sarà tutelato da misure per prevenire l’insorgenza di infezioni ospedaliere. Inoltre al momento delle dimissioni avrà una scheda completa che riporta diagnosi, terapia e decorso, con i numeri di telefono a cui rivolgersi in caso di necessità. Sicurezza in sala operatoria con i professionisti dell’Acoi Il cittadino, attraverso la Carta della qualità, può valutare adempienze e inadempienze delle strutture e, nello stesso tempo, può modificare i suoi stessi comportamenti al fine di contribuire al miglioramento della qualità e sicurezza di un reparto. A esempio, utilizzando in maniera appropriata e con rispetto gli ambienti e la struttura, chiedendo a familiari e amici in visita di rispettare gli orari, non fumando negli ambienti ospedalieri e segnalando se qualcuno viola il divieto. E ancora, partecipando attivamente all’atto del consenso informato, facendo domande sull’intervento, per avere tutte le informazioni necessarie per affrontarlo con maggior serenità; nello stesso tempo fornendo informazioni ai professionisti sanitari sulle proprie condizioni di salute e facilitando la comunicazione. E, per quanto attiene più direttamente alla sicurezza, il cittadino può collaborare attivamente nelle fasi pre e post operatorie: per esempio, ricordando al personale medico e infermieristico di lavarsi le mani prima di entrare in contatto con i pazienti, non dimenticando di farlo lui stesso e sollecitando propri familiari e amici. Sul sito www.tribunaledirittimalato.it, tutte le informazioni sulla campagna dei 30 anni del Tdm che, partita dal diritto alla sicurezza con la Giornata europea, proseguirà nel corso dell’anno con una serie di eventi e appuntamenti sul tema dei diritti del cittadino. In particolare la campagna sarà focalizzata su: diritto all’accesso, diritto all’informazione, diritto a non soffrire, diritto al tempo. * Coordinatore nazionale del Tribunale dei diritti del malato nel rapporto con i servizi di cure primarie: a esempio il 13,6% degli italiani ha indicato di essersi dovuto rivolgere a un medico privato, a causa dell’inadeguatezza del servizio fornito dal proprio Mmg (il 15,3% per i pedia- E Bruxelles si schiera a maggio «Alleanza con i pazienti in 114 chirurgie d’Italia» D DI quota che sale al 41,6% tra i residenti al Sud e nelle Isole. Non è tutto: il 30% circa degli italiani dichiara di aver dovuto «seguire una trafila burocratica complessa e faticosa». Mentre il 21,4% (quasi il 30% al Centro e al Mezzogiorno) indica di aver dovuto ricorrere a conoscenze personali per facilitare il suo accesso in ospedale. «Altri segnali di criticità» riguardano la quotidianità nei reparti: l’8,0% dei ricoverati (il 14,5% al Mezzogiorno) ha, per esempio, trascorso almeno una giornata in corsia senza essere visitato, senza cure e senza che gli fosse chiaro il motivo. Mentre ben l’11,5% (il 18,1% al Sud e Isole) spiega di aver ricevuto informazioni diverse da diversi medici. Infine il 3,9% ritiene di aver subìto gravi errori diagnostici o terapeutici, mentre il 6,7% pensa di essere stato vittima di disattenzioni sotto il profilo medico. omenica 18 aprile in 16 Paesi europei (Italia, Francia, Inghilterra, Polonia, Olanda, Repubblica Ceca, Slovenia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Malta, Lettonia, Grecia, Macedonia, Cipro, Croazia) è stata celebrata la IV Giornata europea dei diritti del malato. Cittadinanzattiva, tramite la sua rete europea Active citizenship network, ha organizzato eventi di piazza, banchetti informativi, convegni e conferenze sul tema dei diritti dei cittadini in Sanità, a partire dalla Carta europea dei diritti del malato promossa dall’associazione nel 2002. In Italia con la Giornata hanno preso il via anche i festeggiamenti per i 30 anni del Tribunale per i diritti del malato, con iniziative in più di 60 città, in programma fra il 16 e il 26 aprile. In particolare in 20 città si parlerà di qualità e sicurezza in chirurgia, attraverso l’attività di informazione che i volontari del Tribunale per i diritti del malato e i chirurghi della Acoi (Associazione chirurghi ospedalieri italiani) svolgeranno congiuntamente nei reparti che hanno adottato la Carta della qualità in chirurgia e avviato un percorso per la qualità e la sicurezza nelle sale operatorie. A livello europeo la Giornata avrà il suo appuntamento istituzionale a Bruxelles il prossimo 6 maggio, con la partecipazione del Commissario Ue alla Salute, John Dalli. Nel corso dell’evento i Parlamentari di diversi gruppi politici presenteranno una Dichiarazione scritta che richiede la istituzionalizzazione della Giornata europea dei diritti del malato come celebrazione europea annuale in tutti i 27 Paesi. Obiettivo di Cittadinanzattiva è far sì che tale Dichiarazione sia sottoscritta dalla metà più uno dei parlamentari. Sempre da maggio partirà il monitoraggio sulla applicazione della Carta europea dei diritti del malato: i risultati sul rispetto dei diritti dei pazienti saranno presentati nella Giornata europea del 2011(www.activecitizenship.net) DIBATTITI 20-26 aprile 2010 Le prinicipali criticità (%) Nord- Nord- Centro Sud Ovest Est e Isole Totale Servizi indicati come scarsamente presenti sul territorio Cure a casa pubb. 13,8 14,2 23,0 25,0 19,5 Ospedali e Ps 4,4 8,8 15,7 26,5 15,0 Ambulatori e con6,3 15,0 14,0 22,0 14,9 sultori pubblici Servizi ind. come non facilmente accessibili per i tempi di attesa Ospedali e Ps 25,9 24,0 53,2 37,8 35,0 Ambulatori 24,4 20,4 36,2 34,9 29,6 specialistici pubb. Laboratori analisi 26,7 17,7 29,9 27,4 25,9 pubb. (Asl e osp.) Fonte: indagine Censis, 2010 Valutazioni ed esperienze relative al ricovero (%) Nord- Nord- Centro Sud Ovest Est e Isole Totale Sente di essere stato vittima di disattenzioni sotto il profilo medico? Sì 2,9 2,7 9,6 9,6 6,7 No 97,1 97,3 90,4 90,4 93,3 Ritiene di aver subìto gravi errori diagnostici o terapeutici? Sì 3,6 5,4 3,6 3,5 3,9 No 96,4 94,6 96,4 96,5 96,1 Si è sentito sempre e puntualmente informato/a in modo corretto sulle sue condizioni e sui trattamenti che riceveva? Sì 83,3 64,9 68,7 69,7 72,6 No 16,7 35,1 31,3 30,3 27,4 Ritiene che il suo follow up dopo la dimissione (terapie, visite di controllo, riabilit. ecc.) sia stato organizzato e gestito adeguatamente? Sì 89,9 73,0 74,7 77,8 79,9 No 10,1 27,0 25,3 22,2 20,1 Fonte: indagine Censis - Centro nazionale per il controllo delle malattie, 2009 tri). Mentre al 10,5% è capitato che il medico di famiglia non abbia diagnosticato una patologia emersa invece a controlli più approfonditi. È, inoltre, pari al 64,4% la quota di italiani che ritiene che i servizi amministrativi della sua Asl siano efficienti e ben organizzati (contro il 36,6 che si esprime in termini opposti). Anche in questa occasione l’opinione positiva trova d’accordo con frequenze nettamente maggiori i La qualità complessiva percepita nelle varie zone del Paese (%) cittadini del Nord-ovest e del Nord-est (rispettivamente il 73,9% e l’83,7%, contro il 54,3% del Sud e Isole e il 51,5% al Centro). Un altro elemento di potenziale criticità riguarda le forme associative dei medici: ben il 61,6% degli italiani dichiara che, per quanto ne sa, il suo medico non fa parte di alcuna forma associativa. Infine, se è vero che circa 3 italiani su 4 ritengono poco o per nulla frequenti i casi di malasanità nella zona in cui vivono, il Censis segnala che questa quota si riduce al 58,3% al Sud e Isole (dove il 34,5% degli italiani li ritiene abbastanza frequenti e il 7,2% molto frequenti), mentre si attesta intorno al 90% circa nelle regioni settentrionali. Valori estremamente simili a quelli che si rilevano a proposito dell’opinione sulla probabilità che un paziente ricoverato in ospedale possa subire un grave errore medico: lo ritiene poco o per nulla probabile il 69,7% complessivo, ma il dato crolla al 51,1% al Sud e nelle Isole. Marzio Bartoloni © RIPRODUZIONE RISERVATA 11 12 IN EUROPA 20-26 aprile 2010 SPAGNA/ Il Governo vara un pacchetto di misure: risparmi per 1,5 miliardi all’anno Farmaci, la scure di Madrid Prezzi in base alla terapia più economica - Generici: sconti del 25% U n risparmio di 1.500 milioni di euro all’anno. È quello previsto in Spagna attraverso una serie di misure volte a ridurre la spesa farmaceutica. Le iniziative sono il frutto di un accordo raggiunto nel Consiglio interterritoriale del «Sistema naciònal de Salud» - che include i rappresentanti delle Comunità autonome - su proposta del ministero della Sanità di Madrid. Tra le misure previste c’è innanzitutto un cambiamento nel sistema di calcolo dei prezzi di riferimento per i farmaci che sono presenti sul mercato da più di dieci anni, dei quali sia presente in commercio una versione generica e che presentano uno stesso principio attivo e la medesima modalità di somministrazione. L’accordo prevede che il calcolo verrà realizzato per ogni gruppo omogeneo di medicinali a partire dal costo giornaliero e per trattamento più economico e non più mediante la media dei tre più economici, come avveniva fino a ora. Inoltre i medicinali generici subiranno un taglio dei prezzi che in media è del 25 per cento. La riduzione sarà minore per i farmaci per i quali già in passato è stato applicato un taglio considerevole dei prezzi. L’accordo prevede anche una riduzione delle tariffe per i prodotti sanitari, che sarà del 6%, tranne che per i pannolini il cui prezzo sarà ridotto del 20 per cento. Scenderà anche il costo dei medicinali che sono finanziati dalla Sanità pubblica da più di dieci anni e che allo stesso tempo non sono inclusi nel sistema dei prezzi di riferimento e hanno una versione generica o biosimilare approvata in un altro Paese dell’Ue. In questo caso viene portata dal 20 al 30% la riduzione dei prezzi che già veniva applicata. Il Consiglio interterritoriale ha poi deciso la revisione dei prezzi di alcuni gruppi di medicinali di uso molto comune. Attraverso la Commissione interministeriale dei prezzi dei farmaci verrà proposto un nuovo prezzo massimo di finan- ziamento; i medicinali che sfonderanno questo tetto non potranno più essere finanziati. L’accordo punta alla sostenibilità finanziaria del sistema sanitario nell’attuale congiuntura di crisi economica e assume particolare rilievo se si pensa che la spesa farmaceutica rappresenta in Spagna circa un terzo della spesa sanitaria pubblica complessiva. Ma le misure porteranno benefìci anche per la popolazione. Il ministero della Sanità stima che il risparmio diretto per i cittadini sarà di circa 100 milioni all’anno. Il settore farmaceutico spagnolo tuttavia ha reagito negativamente a queste iniziative. La «Federación empresarial de farmacéuticos españoles» (Fefe) ha parlato di «grave rischio» per la qualità del sistema sanitario, ha criticato il mancato coinvolgimento delle imprese del settore e si è detta convinta che queste iniziative «saranno assolutamente inefficaci per il contenimento della spesa sanitaria». La Fefe inoltre teme la perdita di 5mila posti di lavoro nel comparto. Critiche sono state espresse anche dalla «Federación nacional de oficinas de farmacia» (Fenofar) e dalla «Federación de asociaciones de farmacias de Cataluña» (Fefac). In seguito alle proteste, il ministro della Sanità Trinidad Jimenez, ha apportato lievi modifiche al testo dell’accordo, che in seguito è stato trasformato in decreto. I cambiamenti lasciano inalterato l’impianto dell’intesa ma introducono dei benefìci fiscali per le farmacie e autorizzano le piccole imprese farmaceutiche ad aumentare i prezzi di alcune ristrette categorie di farmaci. Tutte le iniziative, dopo che il Parlamento avrà approvato la norma che le contiene, verranno introdotte durante l’anno in corso e nel 2011. INDAGINE DELL’EUROBAROMETRO Troppi antibiotici per gli italiani S ono gli italiani i maggiori consumatori europei di antibiotici: è quanto emerge da uno studio dell’Eurobarometro che analizza il problema dell’abuso di questo tipo di farmaci. Se il 40% degli europei intervistati ha dichiarato di averne assunti almeno una volta nell’ultimo anno, in Italia la percentuale è del 57%, la più alta fra i 27 Stati dell’Ue. Sopra la media anche Spagna (53%), Romania (51%), Irlanda (45%), Francia e Inghilterra (42%). I «minori» consumatori sono invece gli svedesi (22%), ma anche i tedeschi sono sotto la media (28%) così come tutti i nordici; consumi moderati anche per greci (34%) e portoghesi (33%). «Gli antibiotici hanno rivoluzionato la medicina permettendo di combattere le infezioni batteriche e di salvare vite - ha spiegato il commissario Ue Giacinto Severino per la salute, John Dalli - ma l’abuso che se n’è fatto ha pro© RIPRODUZIONE RISERVATA Imprese e farmacie sul piede di guerra vocato l’apparizione di organismi in grado di resistere al loro attacco». In altre parole, «un uso inadeguato degli antibiotici nuoce alla loro efficacia a più lungo termine»: per questo l’Ue punta alla prevenzione dei rischi attraverso controlli, formazione e campagne di sensibilizzazione. Il rapporto evidenzia una correlazione negativa fra il livello di conoscenza degli antibiotici e il loro uso: chi ne sa di meno li utilizza di più. Il 62% degli italiani, contro il 53% degli europei pensa, erroneamente, che gli antibiotici uccidano i virus, e solo il 29% sa che questo è falso, contro il 36% degli europei. Gli italiani (il 49%) sono però meglio informati della media europea (46%) sul fatto che gli antibiotici non sono efficaci contro raffreddori e influenza; a credere che lo siano, sbagliando, sono il 44% degli intervistati in Italia e il 47% nell’Ue. FRANCIA I n Francia, in tre anni, sono scese del 40% le infezioni nosocomiali legate al «Sarm» (Stafilococco aureo resistente alla meticillina). È uno dei risultati del programma nazionale di lotta contro le infezioni nosocomiali e, in particolare, dell’aumento delle procedure di controllo. La maggior parte delle aziende ha infatti organizzato delle strutture di controllo, vigilanza e autovalutazione; l’uso di prodotti igienici per le mani a base d’alcol è raddoppiato. I risultati presentati recentemente alla quinta conferenza internazionale decennale sulle infezioni legate alle cure risultano dalle misure indicate nel piano adottato dalla Francia per il triennio 2005-2008. Secondo quanto indicato dal ministero d’Oltralpe, gli obiettivi prefissati Il piano di Parigi fa crollare le infezioni sono stati raggiunti poiché l’89% delle 2.800 aziende ospedaliere sono riuscite a raggiungere il livello più alto degli indicatori globali di controllo delle infezioni nosocomiali. Ed è questo fattore che ha fatto scendere drasticamente le infezioni legate al Sarm - sotto controllo nel 94% delle strutture a livello locale e regionale - e le infezioni respiratorie. Anche la pubblicazione da parte dei media delle performance nel campo della lotta alle infezioni nosocomiali è stata un incentivo efficace. In generale, la stragrande maggioranza di ospedali e cliniche si è dotata di un dispositivo a tutto campo: sistema di valutazio- ne e allarme rapido in caso di infezione, comitato dei farmaci anti-infettivi e raccomandazioni per la prevenzione delle infezioni da intervento chirurgico, controllo permanente dell’antibioterapia e consegna di un libretto informativo ai pazienti. E, stando ai dati del ministero della Salute, la situazione si è ancora migliorata l’anno scorso con un’ulteriore riduzione del 38% delle infezioni del sito chirurgico e un migliore uso degli antibiotici nella metà delle strutture. Lo scorso settembre il ministero ha lanciato il piano per il periodo 2009-2013. Tra gli obiettivi per il 2012, il ministe- ro vuole ridurre di un quarto il tasso d’incidenza delle infezioni legate alla presenza di un catetere venoso centrale in rianimazione, su un periodo di mille giorni, l’incidenza per 100 operazioni a leggero rischio infettivo, quella degli incidenti con esposizione al sangue su 100 posti letto, e il tasso di incidenza dei Sarm isolati nei prelievi nell’arco di mille giorni di ricovero. Inoltre il 95% delle aziende dovrà inserire il controllo permanente delle infezioni del sito chirurgico nel loro sistema d’informazione. Tra le misure previste dal piano c’è anche un capitolo sulla formazione del personale. A livello nazionale è raccomandata l’introduzione di un capitolo sulla prevenzione dei rischi infettivi nel libretto consegnato a ogni nuovo assunto. All’interno di ogni azienda, poi, bisogna formare i neo-assunti ai princìpi della prevenzione delle infezioni, verificarne la messa in pratica e assicurarsi che il tema della profilassi faccia parte dell’aggiornamento professionale dei dipendenti. La formazione al rischio di infezione deve far parte anche dei requisiti del personale delle aziende che rispondono alle gare per i servizi logistici (pulizie, biancheria, ristorazione ecc.). Silvia Porzio © RIPRODUZIONE RISERVATA PROGRAMMA EUROPEO C’ è tempo fino al 20 maggio per partecipare ai bandi indetti dall’Unione europea per le gare d’appalto su alcune tematiche sanitarie. Tutti i cittadini, gli istituti di ricerca, le organizzazioni profit e non profit, così come le istituzioni pubbliche dei 27 Paesi comunitari potranno accedere alle gare, presentando le offerte come specificato sul sito dell’Agenzia per la salute e i consumatori (Eahc) (http://ec.europa.eu/eahc/health/tenders.html). I bandi 2010 sono differenziati lungo otto tematiche portanti. Il primo riguarda la comunicazione, che ha l’obiettivo di concludere contrattiquadro con candidati in grado di assistere l’Each e la Commissione europea nello svolgi- Dai trapianti alla psichiatria: via a 8 bandi Ue mento delle loro attività di informazione sanitaria (relazioni salute, studio di indicatori economici di analisi sul rapporto salute-popolazione ecc.). Il secondo bando riguarda il riconoscimento reciproco (e poi la condivisione) delle “ricette” in materia di sicurezza del paziente messe a punto dai diversi Paesi membri. In questo caso, gli obiettivi operativi sono: l’identificazione e la compilazione di un elenco non esaustivo di elementi da includere nelle prescrizioni; così come la creazione di strumenti utili alla creazione di uno o più registri di medici idonei a praticare queste soluzioni a misura di paziente. Il terzo bando guarda alla formazione nell’ambito dei trapianti: in particolare è destinato a chi dovrà coordinare gli aspetti formativi e didattici in materia di donazione degli organi, per cui dovranno mettere a punto percorsi con corsi, seminari e workshop a livello di ogni Paese membro. Il bando numero quattro riguarda invece il modo per migliorare gli investimenti e le informazioni sulla salute mentale. Si vuole cioè invitare ad approfondire lo studio sul livello delle cure e così portare avanti quanto disposto dal Patto europeo per la salute e il benessere mentale, varato nel giugno 2008, al fine di sviluppare cinque ambiti chiave: prevenzione del suicidio e della depressione; salute mentale tra i giovani e istruzione; salute mentale sul lavoro; salute mentale tra gli anziani; lotta contro l’esclusione sociale. Quanto al bando numero cinque, è rivolto alla creazione di un meccanismo per lo scambio di conoscenze tra gli Stati membri e le autorità europee sulla valutazione scientifica del valore aggiunto clinico per i farmaci orfani. In sostanza si chiede di elaborare una metodologia utile all’accesso tempestivo ed efficace ai farmaci orfani soprattutto per le persone afflitte da malattie ra- re. Su questo si chiedono soluzioni condivise tra tutti i Paesi membri. Il bando della sesta area tematica riguarda invece la preparazione di un rapporto sulle diseguaglianze sanitarie nell’Ue. Un lavoro che contribuisca a realizzare un quadro d’azione che metta in luce le iniquità in tema di cure e organizzazione clinica, e al contempo evidenzi le azioni intraprese per superarle in tutti i Paesi dell’Unione. Il settimo bando guarda alla sicurezza sanitaria e in particolare al rilancio del confronto competitivo per l’assistenza esterna con la conclusione di più contratti-quadro con soggetti in grado di affianca- re attivamente in tema di “health security” l’Agenzia Eahc e la Dg Salute della Commissione Ue. Infine, l’ultimo bando riguarda un aspetto valutativo sugli impatti che i fondi strutturali hanno avuto nell’ambito della salute degli europei. Per riuscirci occorre identificare e raccogliere informazioni sul “prima e dopo” l’intervento di investimenti Ue in materia di prassi sanitarie. I risultati di questa analisi saranno utili alla preparazione della politica di coesione 2014-2020, in modo da sostenere i territori indicando priorità e ambiti di investimento realmente efficaci. Lucilla Vazza © RIPRODUZIONE RISERVATA CRONACHE 20-26 aprile 2010 13 ITALIA FUTURA/ Presentate le proposte per lo sviluppo del sistema sanitario Ssn efficiente nel XXI secolo La ricetta: equità territoriale, bisogni di salute e “controllo” dei cittadini G aranzia di equità al tempo del federalismo e una tecnostruttura Governo-Regioni per le best practice, portali web con un “cruscotto di lettura delle performance regionali” alla portata di tutti e finanziamenti basati sui bisogni di salute, senza “indicatori semplici e incompleti” come gli attuali. Perché è un futuro a rischio di disuguaglianze geografiche ed economico-sociali, di percezione di scarsa qualità dei servizi, sprechi nell’uso delle risorse, rischi per la sostenibilità del sistema, incapacità di «prevenire il prevenibile», quello che aspetta la Sanità secondo l’associazione «Italia futura», think tank promosso da Luca Cordero di Montezemolo, diretta da Andrea Romano. Che ha fatto il punto all’incontro organizzato la scorsa settimana a Bologna su «Sanità è partecipazione. La salute degli italiani, la salute del futuro», durante il quale l’associazione, nata per «promuovere il dibattito civile e politico sul futuro del paese», ha presentato proposte-soluzioni per il sistema salute. All’incontro sono intervenuti Luca Cordero di Montezemolo, il ministro della Salute Ferruccio Fazio, il preside della facoltà di Medicina dell’Università di Firenze Gianfranco Gensini, Riccardo Mannehimer, direttore dell’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione e Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene e della Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva dell’Università I “cinque pilastri” Attori Ministero della Salute Regioni e Province autonome Strutture erogatrici di prestazioni/ Professionisti e operatori Cittadini Ruoli Programmazione, indirizzo e controllo per la garanzia del diritto costituzionale alla tutela della salute Programmare, organizzare e gestire le strutture socio-sanitarie per tutelare la salute dei cittadini attraverso un sistema di erogatori pubblici e privati Focalizzazione sull’erogazione di prestazioni di qualità, con particolare attenzione per la valutazione degli esiti dei trattamenti e dei servizi resi con impatto positivo sui pazienti, per far evolvere i sistemi di gestione e cura verso modelli innovativi e di copertura sempre più ampia dei cittadini Partecipazione attiva al sistema sanitario con un ruolo di “utilizzatore informato” e l’obiettivo di elaborare scelte autonome basate sulla valutazione dei risultati di strutture e professionisti della cura e nel trattamento delle patologie Cattolica di Roma, coordinatore di Osservasalute ed esperto di management sanitario. I problemi su cui si concentra la ricetta di Italia futura vanno dall’aumento delle aspettative dei cittadini a quello dei bisogni, legato all’invecchiamento, dagli stili di vita sbagliati e dannosi (obesità a esempio) a nuove (e costose) tecnologie, fino al cambiamento climatico con nuovi problemi sanitari. La soluzione però non sta - come sottolinea Ricciardi nel rapporto dell’associazione - nella costruzione di nuovi ospedali, nell’accesso indiscriminato ad altre tecnologie o in un approccio burocratico, ma in un «insieme combinato di interventi finalizzati sia ad aggredire i problemi emergenti che ad avviare un importante cambiamento culturale e organizzativo per uno stabile successo futuro». Secondo il rapporto non esiste una spesa sanitaria fuori controllo, ma semmai una spesa non adeguatamente quantificata e non calibrata sui bisogni della popolazione. La strada è trasferire risorse dall’ospedale al territorio sì, ma non risparmiando subito risorse. Anzi, anche con eventuali duplicazioni di spese per lasciare a pieno regime i due sistemi finché l’uno non sia in grado di sostituire l’altro. Poi, scelte consapevoli dei cittadini in base ai reali bisogni su cui i manager devono focalizzare l’attenzione, garanzia di efficienza dei professionisti e piena collaborazione della politica nazionale e re- gionale perché i problemi sanitari sono «globali e locali contemporaneamente». Vanno superate le “barriere” che finora hanno impedito lo sviluppo dell’Ict: basta col cittadino “vettore” delle informazioni cartacee, avanti con le reti tecnologiche di trasmissione dati tra operatori e assistiti. Infine la ricerca: servono investimenti finalizzati al miglioramento della qualità della vita e dei servizi, riconoscimenti e premi dell’innovazione farmaceutica e sanitaria, detassazione completa degli utili reinvestiti in ricerca, incentivazione della collaborazione pubblico-privato. Italia futura (v. tabella in fondo alla pagina) non prevede modifiche legislative o riforme, ma una serie di interventi per cambiamenti e trasformazioni organizzati- ve e culturali ai diversi livelli del sistema sanitario. Anzitutto il sistema federale richiede maggiori garanzie di equità e controllo dei Lea. Per ottenerle è necessaria una tecnostruttura (l’Agenas potrebbe essere il punto di partenza) per lo studio e la diffusione delle migliori pratiche. E politica e gestione devono lavorare insieme per garantire la soddisfazione del cittadino che deve poter comprendere le performance regionali. Lo strumento di lettura delle performance è un “cruscotto” web che conterrà indicatori raccolti in banche dati di semplice interpretazione, oggettivi, sensibili alle variazioni nel breve-medio periodo, applicabili e comparabili a livello interregionale. Gli indicatori saranno di efficacia (risultato, a esempio la mortalità), di efficienza (allocativa e distributiva), di qualità percepita (le liste d’attesa). Infine la spesa. Oltre alla revisione dei criteri di riparto in base ai bisogni di salute, si dovrà riqualificare l’offerta e azzerare il debito nei confronti dei fornitori per il mancato coordinamento tra sistema bancario pubblico e privato, imprese fornitrici e Regioni. E avanti anche a forme finanziarie integrative/sostitutive per ampliare la disponibilità senza aggravi ai cittadini, soprattutto nella cronicità e non autosufficienza. P.D.B. © RIPRODUZIONE RISERVATA Le proposte di Italia futura L’ORGANIZZAZIONE Il ministero della Salute ● Rafforzamento del ministero del Salute il cui ruolo è imprescindibile, in particolare in un sistema sanitario sempre più federale. Per svolgere adeguatamente i compiti di programmazione, indirizzo e controllo per la garanzia del diritto costituzionale alla tutela della salute, il ministero deve, in particolare, rafforzare le sue competenze tecniche per fornire alle Regioni e ai singoli professionisti gli standard di riferimento per tutte le pratiche assistenziali e per comunicare direttamente con i cittadini L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari ● Rafforzamento come tecnostruttura di coordinamento che, coinvolgendo sia il Governo nazionale che quelli regionali, supporti entrambi nella valutazione dei risultati dell’assistenza e nella riduzione delle disuguaglianze. Essa dovrà supportare l’effettiva diffusione delle migliori pratiche assistenziali, sia con interventi a livello nazionale che delle singole Regioni, e deve promuovere e monitorare i meccanismi di formazione continua dei professionisti. Per far questo deve consolidare, con una forte attività di “capacity building”, le proprie competenze tecniche e professionali L’Agenzia nazionale per la valutazione delle tecnologie sanitarie ● Analogamente a tutti i Paesi sviluppati del mondo è opportuna la creazione di una tecnostruttura nazionale di riferimento che valuti sistematicamente, anche in collaborazione con analoghe agenzie internazionali, le nuove tecnologie sanitarie da introdurre e quelle obsolete da abbandonare. In un contesto federale, nel caso che singole Regioni o Province, come in Canada e Spagna, avviino le proprie strutture a livello locale, il ruolo dell’Agenzia nazionale dovrà essere quello di coordinamento e ottimizzazione delle tecnostrutture regionali IL FUNZIONAMENTO La finanza sanitaria ● Integrazione, nell’ambito del sistema di finanziamento, di indicatori dei bisogni di salute rile- vati, delle caratteristiche distintive della popolazione e delle prestazioni erogate. Le modalità di ripartizione della spesa dovranno inoltre tenere conto della distribuzione dell’offerta per favorire la necessaria riqualificazione della stessa anche in termini di miglioramento continuo della qualità assistenziale. Tali indicatori dovranno altresì affiancare i parametri economico-finanziari nei piani di rientro dal disavanzo delle Regioni ● Introduzione, nei sistemi di finanziamento della Sanità nelle Regioni, di fondi integrativi per l’erogazione di particolari servizi assistenziali quali prestazioni ambulatoriali, prestazioni odontoiatriche e quelle rivolte alla non autosufficienza, anche in attuazione di quanto già espresso dalle recenti normative nazionali ● Strutturazione di un sistema di accordi tra sistema bancario, imprese fornitrici della Sanità e Regioni per la gestione del debito nei confronti dei fornitori della Sanità. Tali accordi saranno funzionali a velocizzare e garantire i pagamenti alle imprese da parte delle aziende sanitarie pubbliche e a ridurre la maturazione di interessi da debito fortemente incidenti nei bilanci di Asl e aziende ospedaliero/universitarie La governance clinica Progettazione e implementazione di un sistema per l’introduzione e il funzionamento di strumenti e tecniche volti al miglioramento continuo della qualità e dell’appropriatezza assistenziale, in particolare quelli che, nel loro insieme, contribuiscono a una adozione diffusa della “clinical governance” delle strutture ospedaliere e delle aziende sanitarie territoriali. Ciò può avvenire attraverso l’insediamento di unità organizzative dedicate, a livello regionale (nell’ambito dell’assessorato/direzione regionale Sanità o agenzia sanitaria regionale), che supportino le aziende nell’introduzione e monitoraggio di meccanismi e strumenti legati alla governance clinica Le Regioni e l’integrazione/ continuità assistenziale ● Implementazione di una funzione organizzativa (nell’ambito dell’assessorato/direzione regio● nale Sanità o agenzia sanitaria regionale che funga da garante della continuità assistenziale alle persone che necessitano di essere seguite durante tutto il percorso di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione in modo continuativo e permanente. Tale funzione organizzativa dovrà inserirsi, nell’ambito delle istituzioni regionali esistenti, come “task force” di guida alla riorganizzazione della rete territoriale di servizi socio-sanitari, nonché al loro coordinamento. Compito importante sarà inoltre quello di gestione del contributo di Servizio sanitario regionale e Comuni all’offerta integrata di servizi socio-sanitari LA VALUTAZIONE E LA TRASPARENZA Il sistema di valutazione dei servizi regionali/locali Strutturazione e avvio di un sistema chiaro e oggettivo di indicatori per la valutazione dei risultati di salute ottenuti dalle Regioni in termini di miglioramento dello stato di salute dei cittadini del proprio territorio. Tale sistema di valutazione dei programmi e dei servizi sanitari dovrà essere funzionale (oltre che alle continue azioni correttive per il miglioramento) alla programmazione della Sanità nelle Regioni in termini organizzativi e di destinazione delle risorse ● Il portale della salute Istituzione di un portale della salute finalizzato alla divulgazione ai cittadini di informazioni “filtrate” dai livelli istituzionali e dai più autorevoli professionisti sanitari riguardanti: tutti gli elementi (anatomici, biologici, fisiologici ecc.) del proprio corpo e della propria salute, i rischi legati al genere e all’età, alle abitudini e ai comportamenti/stili di vita (salute dalla A alla Z); le modalità più appropriate e sostenibili di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle patologie (dalle grandi campagne di promozione della salute fino alle piccole abitudini quotidiane); l’individuazione della struttura dove accedere ai servizi richiesti e la prenotazione del proprio appuntamento (vedi analoga esperienza inglese www.nhs.uk). A tale portale si potrà accedere direttamente o attraverso i siti ● web di istituzioni, associazioni, rappresentanti di stakeholder accreditati, ciò al fine di garantire la più elevata diffusione dei contenuti e dei messaggi e la massima partecipazione dei cittadini IL COINVOLGIMENTO DEI CITTADINI L’assistenza agli anziani tra pari Individuazione e selezione della forza attiva sul territorio composta da anziani autosufficienti e motivati a offrire a coetanei meno autonomi sostegno nella gestione della quotidianità. Le attività di formazione e coordinamento della rete di supporto individuata saranno gestite a livello territoriale, con il coinvolgimento delle strutture socio-sanitarie competenti. Sulla stregua di esperienze di Paesi del Nord Europa, in cui le reti sociali sono istituzionalizzate, saranno attivate forme di incentivazione del supporto reciproco da parte di anziani più attivi nei confronti di pari più bisognosi, quali buoni spesa e agevolazioni economiche per la partecipazione ad attività ricreative e l’utilizzo di mezzi di trasporto pubblico ● L’empowerment e self-management del cittadino in Sanità Creazione di un cruscotto di indicatori utile a monitorare, ai diversi livelli del sistema e con riferimento alle modalità assistenziali, l’erogazione delle prestazioni e il loro impatto sulla salute dei cittadini, sulla qualità percepita, sulla programmazione delle politiche e sulla valutazione delle aziende e degli operatori. Tale cruscotto fornirà al cittadino uno strumento estremamente semplificato, ma preciso e sensibile, di lettura e comprensione del proprio sistema sanitario regionale dotandolo nei fatti di un parametro obiettivo di valutazione dell’operato del governo regionale ● Attivazione di un percorso di self-management attraverso la realizzazione di programmi e percorsi formativi mirati, rivolti a cittadini affetti da patologie croniche e ai loro caregiver, e finalizzati all’incremento del livello di indipendenza nella gestione della cronicità e alla riduzione dell’inappropriatezza delle prestazioni sanitarie ● 14 SPECIALE 20-26 aprile 2010 Dafne fa volare l’acquisto Denuncia di Fazio al convegno Farmindustria su legalità ed A Scoppia la crociata a proposito di ottimizzazione delle risorse e di garanzie sull’ottimizzazione del processo di distribuzione del farmaco una menzione a parte se la merita il consorzio Dafne: una comunità B2B la cui missione è creare e sviluppare una partnership all’interno della filiera farmaceutica per l’ottimizzazione dei processi distributivi e della correlata gestione amministrativa. Organismo di filiera, costituito da aziende farmaceutiche e aziende di distribuzione intermedia, Dafne, attivo dal 1992, oggi coinvolge operatori che rappresentano circa il 90% delle quote di mercato del farmaco etico. Sui collegamenti telematici diretti e grazie agli standard condivisi per un linguaggio comune - ha spiegato il presidente, Luciano Bodini viaggiano ordini e fatture riferiti a 650 presidi ospedalieri, 139 distributori (99% del mercato), 58 aziende farmaceutiche (95%) per un totale transato di 25 miliardi di euro, 750mila ordini e 280mila confezioni movimentate. Principali attività realizzate, la trasmissione di ordini ospedalieri, i buoni d’acquisto telematici per i prodotti stupefacenti, il sistema di fatturazione elettronica, operativo dall’aprile 2009. I vantaggi: digitalizzazione e conservazione delle fatture emesse a clienti e gli accordi tra fornitori e clienti per lo scambio delle fatture generate di tutti gli altri documenti. Il meccanismo - finito sotto la lente dell’Osservatorio B2B del Politecnico di Milano, di cui il Consorzio Dafne è partner - ha dato risultati importanti: la conservazione sostitutiva genera 1-2 euro di risparmio a ciclo; lo scambio elettronico può valere fino a 5,5-8,5 euro a ciclo di minore spesa; lo scambio elettronico strutturato di tutti i documenti del ciclo tra tutti gli attori vale addirittura da 24 a 65 euro di minore spesa. Per i 10 milioni l’anno di cicli stimati si tratterebbe di qualcosa come 240 milioni di risparmio. Senza nulla togliere (anzi qualificando e garantendo) al servizio. Cerm: 11 miliardi da recuperare - Dompé: patto «I l 5-10% dei circa 108 miliardi del Fondo sanitario nazionale vanno sprecati». È una valutazione “personale” e “fatta a braccio” ma di peso quella che il ministro della Salute Ferruccio Fazio ha fatto esplodere davanti al denso e variegato parterre dei partecipanti al convegno su «Legalità ed efficienza: le risorse della buona salute», organizzato martedì scorso da Farmindustria. «Il 5% circa è rappresentato dal deficit delle Regioni oggetto di piani di rientro, mentre un altro 5% si può essere ulteriormente recuperato dalle Regioni virtuose». Sarà stata pure “a braccio” la stima fatta dal ministro, ma coincide curiosamente con la stima - econometricamente circostanziata - dei risparmi che si potrebbero realizzare se tutte le Regioni italiane si allineassero ai livelli più efficienti effettuata dal Cerm (Competitività regolazione mercati) (cfr. pagina 16). «Si potrebbero recuperare ben 11 miliardi di euro l’anno», ha annunciato il direttore Fabio Pammolli, convinto che la Sanità sia «il vero banco di prova del federalismo non solo perché conta per circa il 75-80% dei bilanci delle Regioni ma anche perché, per completare la governance federalista della Sanità, è necessario affrontare e sciogliere tutti i nodi riguardanti, da un lato, le nuove relazioni istituzionali tra Stato, Regioni ed Enti locali e, dall’altro, i nuovi strumenti di politica economica». Un motivo in più per la nuova crociata anti-sprechi lanciata dal presidente Farmindustria, Sergio Dompé: «L’industria farmaceutica è pronta a condividere un patto di solidarietà, con regole stabili e chiare e modalità e tempi da definire, tra Governo, Regioni e tutti i fornitori del Ssn per accompagnare le realtà territoriali con pesanti deficit verso l’uscita dall’emergenza», ha garantito. In cambio però le aziende chiedono di beneficiare alla pari degli altri del momento di tregua che il Paese rischia di disperdere: «Con tre anni senza elezioni davanti, la Sanità, il Servizio sanitario nazionale e le eccellenze che vivono dentro di esso possono diventare un volano per il nostro Paese. Questo è il modello di lavorare tutti insieme studiando modelli che funzionino». Ancora una volta Dompé ha lanciato l’invito a non identificare la spesa farmaceutica come «fonte privilegiata per la copertura dei disavanzi altrui, come è accaduto negli ultimi 15 anni. E nemmeno come l’origine della crescita della spesa sanitaria». E una volta tanto i fatti sembrano dare ragione alle imprese. Almeno stando ai dati riferiti da Nas e Fiamme Gialle, primi paladini della guerra a truffe, sperperi e latrocini che quotidianamente affliggono la Sanità pubblica. «Nel biennio 2008-2009 - ha riferito il comandante del Nas, Cosimo Piccinno - i Carabinieri del Nucleo anti-sofisticazione hanno effettuato 44mila ispezioni, rilevando 7.800 infrazioni amministrative e 22.500 infrazioni penali. In tutto sono stati sequestrati 4,8 milioni di confezioni di medicinali irregolari e anche falsificati». La buona notizia è che in Italia «non esistono medicinali “falsi” nei canali tradizionali», ma internet preoccupa: «Ci sono siti - ha spiegato ancora Piccin- Finanza e Nas: stanate frodi milionarie ai danni dell’Erario GUARDIA DI FINANZA L’ Italia viaggia ormai a passi veloci verso il federalismo, ma il Paese appare sempre più spaccato in due: da un lato il Nord, più efficiente nella spesa e nell’offerta di salute; dall’altro il Sud, dove il sistema sanitario è stato lasciato, in gran parte, all’iniziativa speculativa di privati che si sono semplicemente sostituiti a un comparto pubblico carente, confuso, mal gestito e peggio indirizzato. Perché ci sono in media, per Asl, 14 ambulatori e laboratori privati convenzionati al Nord e 55 nel Mezzogiorno? E se le donne del Sud possono confermare, anno dopo anno, il record mondiale di ecografie prenatali a pagamento non dipende forse anche dal fatto che strumentazioni come Eco e Tac si concentrano al Sud fuori dagli ospedali in misura almeno doppia rispetto al Nord? Ma al di là degli illeciti va citata anche la cosiddetta gestione “allegra”. I costi lievitano anche in virtù di un malinteso welfare sociale: i dipendenti hanno incassato, per anni, prebende ingiustificate - a esempio l’indennità infettivi - elargita a persone che non entreranno mai a contatto con i malati. Ci sono Asl che pagano a tutti i dipendenti compensi accessori doppi della media regionale. Occorre intervenire per cercare non soltanto di arginare i debiti delle Regioni ma anche con verifiche sul campo, per moralizzare l’ambiente che ruota intorno al mondo Risorse sufficienti senza le truffe della Sanità, che spesso si presta a ogni sorta di affari. Il fenomeno delle frodi a danno del Ssn può ritenersi uno dei più gravi aspetti delle inefficienze della spesa di settore. Vaste aree di inefficienza della spesa possono “nascondere” frodi non scoperte. Da qualche anno il settore sanitario è tra le aree di particolare interesse per la criminalità organizzata, perché caratterizzato da ingenti flussi di finanziamento e interventi economici, nonché da un elevatissimo tasso di redditività. La Guardia di Finanza si sta impegnando per conoscere, in maniera approfondita, tutte le problematiche del settore, utilizzando personale altamente qualificato, capace di fornire idoneo supporto collaborativo agli enti che ne avessero esigenza. Nell’azione di contrasto alle frodi bisogna considerare che nella Sanità a problematiche di interesse generale corrispondono comportamenti da rapportare alla grande platea dei soggetti coinvolti. È questo il caso dei falsi esenti da ticket o dei medici remunerati anche su pazienti residenti all’estero o deceduti. Al riguardo, ricordo uno specifico controllo operato da un comando della Guardia di finanza sulle prescrizioni effettuate nelle strutture sanitarie pubbliche a favore di oltre 10mila utenti: il 7% aveva firmato sul retro l’impegnativa dichiarando di avere un reddito in- False esenzioni, gestione “allegra” dei bilanci, interessi della criminalità Risultati di servizio 2008 Frodi al Servizio sanitario nazionale Interventi effettuati (n.) 1.683 Soggetti denunciati (n.) 1.799 Frode accertata (milioni di euro) 55,6 Danni erariali Soggetti deferiti alla Corte dei conti (n.) 521 Danni erariali segnalati (milioni di euro) 55 feriore ai circa 8mila euro annui, soglia media di esenzione nel pagamento del ticket, pur guadagnando molto di più. Il caso limite è stato un imprenditore, che non ha pagato il ticket per una radiografia, dimenticando di aver guadagnato un milione e 170mila euro nell’ultimo anno. Ritengo che la Sanità non sia una materia per contabili. La vita e il benessere dei cittadini non possono soggiacere a logiche di risparmio. Partendo da queste considerazioni, è evidente che i finanziamenti sono più che sufficienti. Basterebbe non sprecarli, applicando il principio: la Sanità va governata e non occupata. In sostanza, va garantito il rispetto delle regole sotto ogni profilo, assicurando una corretta competizione tra strutture. Non basta evocare che bisogna razionalizzare la spesa: bisogna intervenire in maniera forte e decisa sulla frequente e ingiustificata alterazione dei costi; i bilanci delle Asl e delle Ao vanno redatti in conformità alle disposizioni regionali che devono essere rispettose dei princìpi del Codice ci- 2009 1.827 3.459 98,7 427 715 vile e andrebbero resi pubblici nelle forme adeguate. In questo modo si fornirebbero dati omogenei per tutte le aziende, rendendo possibile valutare la performance di ciascuna di esse. Si tratta, in buona sostanza, di applicare anche al pubblico il rigore che si pretende dal privato, per poter poi riflettere serenamente sulle scelte da compiere. Riassumendo, le tipologie di violazioni e frodi al Ssn più ricorrenti sono: false autocertificazioni di esenzione; false attestazioni di ricovero o di tipo di ricovero; fraudolento frazionamento dei periodi di lungodegenza; finti ricoveri in regime d’emergenza; medici di base rimborsati per assistiti inesistenti; iperprescrizione di farmaci. Le truffe ai danni del Ssn sono diffuse su tutto il territorio nazionale, ma si può riscontrare una “specificità meridionale”. I dati tratti dalle operazioni della Guardia di finanza confermano anche per gli anni 2008 e 2009 tra i settori maggiormente a rischio quello relativo al funzionamento delle strutture erogatrici di prestazioni sanitarie e, a seguire, gli appalti di beni e servizi, dove si rilevano frequentemente acquisti a prezzi superiori rispetto a quelli di mercato o acquisizioni di strutture e macchinari inutilizzati. Dal VI rapporto Sanità 2008 del Ceis-Tor Vergata emerge una serie di distorsioni nella spesa sanitaria delle Regioni. Una delle più rilevanti è l’aumento della spesa per il personale che non riguarda i medici bensì il personale amministrativo. In alcune realtà regionali, il rapporto tra posti letto e personale impiegatizio è fuori da ogni compatibilità gestionale. Non si tratta di errori di valutazione sul fabbisogno di organico amministrativo, ma di un carico di assunzioni scaricate sugli ospedali. I casi limite sono nel Sud: ricomporre queste distorsioni di assetto del sistema è impresa ardua, ma non vi sono alternative. I minori rischi che sembrano emergere con riferimento all’area della spesa farmaceutica potranno peraltro essere ulteriormente contenuti con la completa implementazione del sistema di monitoraggio globale assicurato dalla tessera sanitaria e dal sistema di tracciabilità del farmaco, soprattutto per le forniture ospedaliere e la distribuzione diretta. Trovo metodologicamente corretta la richiesta da tempo avanzata da Farmindustria: sì ai controlli, per garantire la massima trasparenza, ma analogo impegno e risorse vanno rivolti alle altre voci della spesa sanitaria, che superano di gran lunga le risorse pubbliche destinate alla farmaceutica. I controlli repressivi non sono sufficienti: è necessaria anche un’azione efficace di controlli preventivi basati, sempre più, su sistemi informatizzati. Confindustria ha più volte dichiarato che la spesa sanitaria è uno dei problemi più gravi della Pa e ha calcolato che un intervento organico e innovativo potrebbe procurare un risparmio del 9-13% sull’attuale spesa sanitaria pubblica: un importo pari a circa 10 miliardi l’anno. Le norme esistono, ma spesso la burocrazia le vanifica. È sintomatico l’utilizzo del bollino farmaceutico di sicurezza che le aziende applicano ormai da anni su tutte le confezioni immesse sul mercato italiano. Allo stesso modo la tracciatura dei dispositivi medici, per lo meno quelli oltre un certo valore, unitamente al livello dei costi uniformi su cui il ministero della Salute sta lavorando, comporterebbe anche maggiore trasparenza nella loro gestione e nei relativi appalti di fornitura. Servono insomma norme chiare e procedimenti amministrativi trasparenti, ricordando sempre che in Sanità tutela della salute e tutela dei conti pubblici devono e possono coesistere. Servono norme e procedimenti amministrativi più trasparenti Saverio Capolupo Comandante Scuola di polizia tributaria Gdf (sintesi dell’intervento) SPECIALE 20-26 aprile 2010 efficienza: «Perso il 5-10% del Fsn» anti-sprechi o istituzionale con le Regioni no - dove vengono messi a disposizione camici bianchi on line che possono effettuare, a pagamento, una prescrizione virtuale con cui acquistare prodotti che nella maggior parte dei casi non contengono il principio attivo o lo contengono in quantità minime o anche eccessive». Notizie pesanti anche dal fronte delle Fiamme Gialle: «Nel biennio 2008/2009 - ha riferito Saverio Capolupo, Comandante della Scuola di Polizia tributaria della Gdf - la Guardia di Finanza ha registrato frodi per oltre 154 milioni di euro ai danni del Ssn, a fronte di 3.500 interventi effettuati con oltre 5mila persone denunciate». Nello stesso biennio sono stati calcolati danni erariali, sempre provenienti dal settore sanitario, per 770 milioni di euro con quasi mille soggetti deferiti alla Corte dei conti. E se il Pg Mario Ristuccia conferma le preoccupazioni già espresse in passato per le armi spuntate concesse alla magistratura contabile dalla legge Brunetta (i rilievi della Corte possono essere infatti superati con un decreto motivato che riporta la questione a livello politico, rendendo di fattio impossibile un intervento su quanto è già in itinere), l’invito di Capolupo a individuare interventi fondati sulla trasparenza resta incontestabile. «La Sanità va governata, non occupata» lo slogan utilizzato dal comandante Gdf per ricordare che le sole regole contabili non bastano a garantire un uso corretto delle risorse. La soluzione tirando le fila del dibattito prova a fornirla Fazio. Dopo gli indicatori di appropriatezza ed efficienza del sistema, forniti alle Regioni e alla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale, che consentono un’analisi concreta del fenomeno, in dirittura d’arrivo c’è anche un nuovo modello di acceditamento “bifase”, basato su valutazioni ex-post ed exante che considererà “rivedibili” le strutture anno dopo anno. Un esame di qualità periodico e a maglie strette, perché gli esami a chi deve gestire e garantire il buon esercizio del Ssn non finiscano mai. Su una cosa però Fazio glissa e non è per gioco: le manovre future. Il tavolo sulla farmaceutica produrrà quasi certamente una manovra da mettere in pista a giugno. Ma di questo se ne occuperà l’Economia. E le ansie degli industriali delle pillole restano tutte in piedi. 15 PANDEMIA Influenza A: comincia il mea culpa dell’Oms «Gestione non perfetta»: task force al lavoro Q ualche difetto di comunicazione c’è stato. La prima breccia nel muro dell’Organizzazione mondiale della Sanità sulla gestione della pandemia 2009 è arrivata da Keiji Fukuda, consigliere speciale Oms per l’influenza A. «La realtà è che una pandemia è caratterizzata da un’elevata dose di incertezza. Penso che non siamo riusciti a trasmetterla. E questo è stato da molti interpretato come mancanza di trasparenza». Il cauto mea culpa è stato indirizzato il 12 aprile scorso a una platea precisa: il gruppo di 29 esperti «indipendenti» del Review Committee, incaricati di passare al setaccio il comportamento dell’Oms nella vicenda. Nella lista di “controllori” figura però curiosamente anche un “controllato” eccellente: si tratta dell’australiano John Mackenzie, presidente del segretissimo Emergency Committee, che ha coadiuvato il direttore generale dell’Organizzazione, Margareth Chan, proprio nella gestione dell’emergenza. Qual è il compito della task force? Lo ha chiarito la stessa Chan in apertura della Sara Todaro prima sessione di lavori: «Una revisione franca, critica, trasparente, credibile e indi© RIPRODUZIONE RISERVATA pendente del nostro operato». L’iniziativa dell’Oms è un modo per reagire alle critiche e ai sospetti di complicità con le aziende farmaceutiche piovute da ogni parte, a cominciare dal Consiglio d’Europa. Il Review Committee dovrebbe impiegare nove mesi per esaurire il suo lavoro, ma una relazione preliminare sarà pronta a maggio, per l’assemblea Oms. Intanto continua il confronto tra il Governo italiano e Novartis, fornitore unico, sugli 11 milioni di dosi ordinate e non acquistate (su 24 milioni totali oggetto del contratto siglato ad agosto per 184,5 milioni di euro). La via dell’indennizzo (la Francia ha pagato il 16% del valore degli ordini cancellati) sembra la più probabile. E le altre dosi consegnate e inutilizzate? «Otto milioni - ha affermato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, durante il question time al Senato del 7 aprile - saranno valide fino a ottobre, e potranno essere utilizzate nella prossima stagione influenzale». Manuela Perrone © RIPRODUZIONE RISERVATA 16 SPECIALE 20-26 aprile 2010 Analisi del Cerm sull’ipotesi di finanziamento dei Lea e la determinazione degli standard Fisco federale su due livelli Serve il Fsn con quota capitaria ponderata e poi il benchmarking locale L a legge di riorganizzazione della fiscalità in prospettiva federalista richiede che il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria avvenga con riferimento a benchmark di costo e di fabbisogno. Sono emerse, ormai da tempo, due “scuole di pensiero”: quella che punta alla determinazione di standard il più possibile a livello di singola prestazione; e quella che vede necessario distinguere gli standard da adottare nei rapporti Stato/Regione da quelli cui ogni Regione può affidarsi nei rapporti con le sue Asl e le sue Ao. Lo studio del Cerm, dopo aver analizzato la criticità dell’impiego di standard a livello di singola prestazione nei rapporti tra Stato e Regioni, giunge a formulare la proposta di differenziare le regole che presiederanno ai rapporti finanziari tra Stato e Regioni, da quelle che poi ogni Regione seguirà nei rapporti con gli enti a essa sottesi, le sue Asl e le sue Ao. Nel primo caso, si suggerisce un’applicazione completa della quota capitaria ponderata per ripartire tutte le risorse del Fsn (parte corrente e parte capitale). Nel secondo, le Regioni potranno utilmente sviluppare sistemi di benchmarking da cui far discendere anche standard puntuali con funzione di tariffa a livello di singola prestazione. Programmazione macro tra Stato e Regioni e microfondazione della governance all’interno della Regione e a cura della stessa Regione. La fase di transizione va adeguatamente disegnata, in maniera tale che il processo di cambiamento sia credibile e venga costantemente verificato. Parte integrante della transizione dovrebbe essere un programma pluriennale di investimenti, a carico del bilancio dello Stato e sotto rigorosa regìa, per l’attenuamento del gap infrastrutturale in Sanità. Questo gap, derivato dal passato, pesa sulle attuali capacità delle Regioni di ottimizzare sia i costi che la qualità delle prestazioni. Tra i vantaggi della soluzione proposta (quota capitaria ponderata e sostegno al recupero del gap), anche la compatibilità con i tempi di interazione delle nasciture istituzioni federaliste e di redazione e validazione dei documenti di finanza pubblica. La Sanità si dimostra “banco di prova” del federalismo non solo perché conta per circa il 75-80% dei bilanci delle Regioni, ma anche perché, per completare la governance federalista della Sanità, è necessario affrontare e sciogliere tutti gli snodi riguardanti, da un lato, le nuove relazioni istituzionali tra Stato, Regioni ed Enti locali e, dall’altro, i nuovi strumenti di politica economica. Definite le regole per individuare i differenziali di fabbisogno delle Regioni, l’interazione tra Stato e Regioni dovrà necessariamente continuare a potersi svolgere ogni anno sul dimensionamento delle risorse dedicate alla Sanità su scala nazionale e sul loro proporzionamento rispetto al perimetro dei Lea. Questa interazione non dovrà tradursi in una ricontrattazione degli stanziamenti che finirebbe per minare tutta la nuova impalcatura: gli aggiustamenti annuali dovranno trovare valide giustificazioni, e innestarsi su una programmazione pluriennale del Fsn da mantenersi il più possibile ferma. A valle dell’assegnazione della loro quota di Fondo, le Regioni, pur pienamente responsabilizzate sull’equilibrio di bilancio e sull’implementazione dei Lea, non potranno rimanere insindacabili nel loro operato, ma dovranno darne conto presentando Piani sanitari pluriennali da vagliare e approvare in Conferenza unificata, e sulla cui base potranno anche rendersi necessarie policy guideline anche a carattere cogente. È la “prova generale” di quanto dovrebbe avvenire nel futuro Senato federale, con l’approvazione di programmi di stabilità regionali, il vaglio anno per anno della loro implementazione, e la possibilità di decadenza dalle funzioni per i rappresentanti politici e gli amministratori delle Regioni inadempienti. Di fronte alla crescita intensa che la spesa sanitaria farà registrare nei prossimi decenni, sarà indispensabile farsi trovare pronti a bilanciare al meglio, sulla base di programmi, i due obiettivi della sostenibilità finanziaria e dell’adeguatezza delle prestazioni. Il processo di transizione deve partire subito, con regole di base condivise, ma chiare e non ricontrattabili. Il Ssn sarà il più importante banco di prova per la riforma La distanza delle Regioni dalla frontiera Contabilità sanitaria Spesa pro capite effettiva, media Regioni (euro 2000) [a] Campania ● 1.215 Sicilia ● 1.155 Puglia 1.149 Lazio ● 1.395 Trentino A.A. 1.439 Liguria ● 1.423 Abruzzo ● 1.265 Molise ● 1.303 Calabria 1.157 Basilicata 1.125 Valle d’Aosta 1.451 Sardegna 1.233 Toscana 1.253 Veneto 1.215 Emilia R. 1.300 Marche 1.234 Lombardia 1.206 Piemonte 1.250 Friuli V.G. 1.266 Umbria 1.266 ● Piano di rientro in corso Standardizzazione e spostamento sulla frontiera (euro 2000) [b] 388 285 264 238 246 200 164 161 129 102 128 77 33 30 25 19 11 6 -20 -36 Valori stimati Spesa pro capite efficiente (euro 2000) [a - b] 827 870 885 1.157 1.193 1.223 1.101 1.142 1.028 1.023 1.323 1.156 1.220 1.185 1.275 1.215 1.195 1.244 1.286 1.302 Aggiustamento in percentuale della spesa effettiva (%) [(a - b) / a ] 31,9% 24,7% 23,0% 17,1% 17,1% 14,1% 13,0% 12,4% 11,1% 9,1% 8,8% 6,2% 2,6% 2,5% 1,9% 1,5% 0,9% 0,5% -1,6% -2,8% Valore economico della distanza dalla frontiera 2007-2008 (milioni di euro correnti) Regioni Campania ● Sicilia ● Puglia ● Lazio ● Trentino A.A. Liguria ● Abruzzo ● Molise ● Calabria Basilicata Valle d’Aosta 2007 3.097,45 2.056,79 1.552,75 1.856,43 343,40 436,76 302,95 77,12 361,25 88,33 21,73 2008 3.090,84 2.061,21 1.615,06 1.896,89 359,81 448,24 303,91 80,77 368,62 92,11 22,95 Regioni 2007 Sardegna 167,75 Toscana 166,47 Veneto 202,63 Emilia R. 144,92 Marche 37,88 Lombardia 145,51 Piemonte 38,64 Friuli V.G. Umbria Italia 11.098,75 % Pil Italia 0,72% ● Piano di rientro in corso 2008 174,61 172,70 210,64 150,81 39,55 150,1 40,34 11.279,16 0,72% Distribuzione geografica degli scostamenti dalla frontiera Fabio Pammolli Cerm - Competitività, regolazione, mercati NOTA. L’analisi del Cerm seleziona le principali variabili che influenzano la spesa sanitaria calcolandone i coefficienti di impatto medio su tutte le Regioni per ottenere poi una spesa standardizzata che può essere confrontata con quella di contabilità, per defi- nire scostamenti di ogni Regione dallo standard. Successivamente - tramite un indicatore sintetico che raggruppa oltre 50 variabili di performance - viene aggiunta la dimensione della qualità delle prestazioni sanitarie: la frontiera efficiente è la curva che interpola le combinazioni migliori, osservabili su tutte le Regioni, di scostamento di spesa rispetto allo standard e di livello di qualità. A PAG. 18 TELEMEDICINA. Il punto della Società italiana: in arrivo linee guida uguali per tutti A PAG. 20 PUGLIA. Consultori: via libera al piano di riprogrammazione di assistenza alle donne A PAG. 21 MERCATI&NEWS. Università di Verona capofila del consorzio sul genoma anti-cancro SARDEGNA/ Approvate dalla Giunta le direttive regionali in materia di inquinamento elettromagnetico Una strategia contro l’elettrosmog Impianti vietati vicino a scuole, ospedali e residenze per anziani - I criteri per il catasto P erseguire obiettivi di tutela della salute e di salvaguardia della popolazione esposta a emissioni elettromagnetiche; consentire l’ordinato sviluppo, la corretta localizzazione e il risanamento degli impianti, in raccordo con la pianificazione territoriale, ambientale e urbanistica locale; prevenire e ridurre l’inquinamento ambientale, dovuto alle emissioni elettromagnetiche degli impianti e assicurare la tutela dell’ambiente e del paesaggio. Sono le priorità indicate dalle direttive regionali in materia di inquinamento elettromagnetico, un documento tecnico approvato dalla Giunta regionale sarda, nelle more dell’approvazione di una legge regionale ad hoc. Le direttive costituiscono lo strumento di riferimento sia per le amministrazioni comunali, sia per i privati, proprietari e gestori di impianti fissi per le telecomunicazioni e la radiotelevisione che generano campi elettromagnetici. Il documento detta i criteri per la gestione delle procedure di autorizzazione degli impianti e dà indicazioni ai Comuni per la redazione e l’adozione del Regolamento comunale per l’installazione degli impianti fissi per le telecomunicazioni e la radiotelevisione, che generano campi elettromagnetici, allo scopo di assicurare il corretto insediamento degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. Gli operatori di telefonia mobile, dovranno provvedere a redigere e presentare a ciascun Comune interessato, un programma annuale delle installazioni. La presentazione del programma annuale delle installazione consentirà l’informa- zione e la partecipazione del pubblico. E i Comuni da parte loro dovranno provvedere alla individuazione delle aree sensibili - all’interno delle quali l’amministrazione può vietare l’installazione di impianti fissi e mobili - che possono essere di due tipi: di interesse socio sanitario o di interesse socio architettonico e paesaggistico ambientale. Nella prima categoria rientrano gli edifici dedicati totalmente o in parte alla tutela della salute (ad esempio ospedali, case di cura, cliniche); edifici scolastici; edifici o aree attrezzate dedicati totalmente o in parte alla popolazione infantile (ad esempio parchi gioco, oratori, istituti di accoglienza socio-assistenziali e strutture similari); residenze per anziani. Nelle direttive si è infine provveduto a definire le modalità per l’aggiornamento del «Catasto Regionale degli impianti fissi che generano campi elettromagnetici» vista la necessità di garantire il coordinamento con il Catasto nazionale e la coerenza e funzionalità con il Sistema informativo regionale ambientale, attualmente in fase di avvio. Rosanna Magnano EMILIA ROMAGNA Contraccezione: l’«Abc» aggiornato in dieci lingue È stata aggiornata e ristampata in otto lingue italiano, inglese, spagnolo, russo, arabo, albanese, cinese, rumeno - la pubblicazione «La contraccezione. Conoscere per scegliere», realizzata dalla Regione Emilia-Romagna per fornire alle donne e alle coppie italiane e straniere tutte le informazioni per scegliere, se lo vogliono, il proprio metodo contraccettivo. La pubblicazione è in distribuzione in questi giorni nelle sedi dei Consultori familiari, negli Spazi donne immigrate e loro bambini, negli Spazi giovani, nei reparti di ostetricia delle strutture sanitarie della regione. Oltre agli opuscoli, sono disponibili, sempre in otto lingue, le schede di approfondimento, specifiche per alcuni metodi contraccettivi, da utilizzare nel corso delle visite e dei colloqui delle operatrici e degli operatori di Consultori, Spazi giovani, Spazi donne immigrate e loro bambini con donne e coppie che scelgono di fare contraccezione. A breve l’opuscolo e le schede saranno disponibili anche nelle versioni in lingua turca, urdu e punjabi. © RIPRODUZIONE RISERVATA SICILIA LAZIO CAMPANIA Un’ora di lavoro Più disturbi alimentari A scuola di efficienza Assunto un disabile alle mamme etiopi l 12 aprile scorso presso la sede dell’Uffinche per l’esercizio 2009 si è riscontrato un arantire al paziente affetto da patolo- I cio provinciale del Lavoro di Catania è stata ufficialmente avviata la prima assunzione di un disabile psichico, che verrà impiegato presso l’Azienda sanitaria etnea con contratto a tempo indeterminato. L’iniziativa rientra nell’ambito del protocollo d’intesa siglato nel 2001 dal Nucleo Interventi di rete del Dipartimento di salute mentale dell’Asp Catania e l’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione (Uplmo) di Catania, realizzata per l’inserimento lavorativo dei soggetti disabili psichici, in riferimento agli articoli 9 e 11 della legge 68/1999. L’obiettivo era quello dell’attivazione di servizi di sostegno per il «collocamento mirato» - attraverso forme di consulenza e tutorato - con il supporto di efficaci procedure d’inserimento, al fine di velocizzare i tempi d’assunzione dei soggetti disabili mentali. U n’ora del proprio lavoro per aiutare la salute materno-infantile in Etiopia. È l’iniziativa promossa dall’Asl To2 di Torino Nord e dal Comitato collaborazione medica (Ccm), grazie alla quale ogni dipendente dell’Asl può scegliere di donare 1 ora del proprio stipendio al mese a favore di un progetto per le mamme etiopi. Il Ccm, un’Ong di cooperazione sanitaria nata nel 1968, insieme all’Asl To2 ha chiamato l’iniziativa «1 ora, un futuro». La prima fase del progetto prevede la formazione di 8 medici generalisti e 10 infermieri specializzati e ostetriche sulla gestione delle emergenze ostetriche e neonatali. Un gesto che può rendere una giornata come tante ancora più preziosa. (Ro.M.) A aumento delle prestazioni ambulatoriali relative ai disturbi del comportamento alimentare che sono passate da 4.947 del 2005 a 6.863 del 2009, con un incremento assoluto di 1.916 prestazioni pari al 38,7%. È quanto afferma, in una nota, Luigi D’Elia, direttore generale dell’azienda ospedaliera San Giovanni-Addolorata. LOMBARDIA Meno sale nel pane M eno sale nel pane per aiutare a combattere le malattie cardiovascolari. È questo il senso dell’iniziativa «Con meno sale nel pane c’è più gusto e guadagni in salute», promossa nell’ambito del Tavolo di filiera agroalimentare dalla Direzione regionale Sanità della Lombardia, in collaborazione con le associazioni di rappresentanza del comparto commerciale. G gie oncologiche il miglior trattamento possibile, utilizzando al meglio le risorse disponibili e riducendo gli sprechi. Sono i vantaggi della «appropriatezza» della cura, tema al centro del seminario di aggiornamento che si svolgerà da aprile a dicembre presso l’azienda ospedaliera Cardarelli di Napoli. Il corso di formazione gratuito, riservato a 60 medici e 50 farmacisti, si articola in undici incontri ed è coordinato dal direttore dell’unità operativa di Oncologia medica, Giacomo Carteni. Cinque giornate da aprile a luglio e altre sei da settembre a dicembre per mettere a confronto le esperienze disponibili su diversi aspetti della medicina oncologica perché, come spiega Carteni, «l’appropriatezza nella fase diagnostica e in quella del trattamento è la risultante dei diversi saperi che contribuiscono a identificare l’oncologia clinica». IN BREVE ▼ Bologna: Ru486 in day hospital ▼ Milano: corso di ecografia Fimmg ▼ Modena: campagna anti-alcol ▼ Trento: formazione per manager ▼ Bolzano: lezioni contro il fumo La Regione Emilia-Romagna, Si svolgerà dal 16 al 18 aprile Per combattere il consumo Un corso di formazione manaIl Servizio pneumologico delconclusa l’istruttoria sugli aspetti 2010 il corso nazionale di ecograproblematico di alcol, le geriale per dirigenti sanitari a l’Azienda sanitaria di Bolzatecnico-scientifici e giuridici inefia Fimmg rivolto ai Medici di Aziende sanitarie di Modena Trento. Lo ha organizzato l’asno e l’Assessorato provinciarenti all’utilizzo della pillola abormedicina generale, coordinato da hanno presentato una campasessorato alla Salute, Servizio le alla Sanità organizzano in tiva Ru486, ha ribadito la propria Fabio Bono. Il primo ciclo teorico gna di informazione e prevenorganizzazione e qualità delle maggio e giugno un corso per linea che conferma la possibilità si terrà presso il Novotel Milano zione, rivolta in particolare ai attività sanitarie della Provinsmettere di fumare. Il corso è di effettuare l’interruzione della Nord - Ca’ Granda di viale Suzzapiù giovani. Attraverso inconcia autonoma, tramite l’Univerrivolto ai fumatori che abbiagravidanza in day hospital. Nello ni. Il successivo ciclo di lezioni tri e altre iniziative in circa sità degli Studi di Trento. La no maturato la decisione di stesso tempo la Regione ribadipratiche è fissato per metà magtrenta locali, circoli e scuole, scadenza per le domande di smettere e che, non riuscendosce la possibilità, di scegliere cogio. Per informazioni rivolgersi a l’obiettivo è sensibilizzare raiscrizione è fissata a venerdì 7 ci da soli, necessitano di un munque il ricovero ordinario. Giampiero Marfurt: 3396535354. gazze e ragazzi. maggio 2010. aiuto specialistico. 18 AZIENDE/TERRITORIO 20-26 aprile 2010 Il punto della Società italiana (Sit) sullo stato dell’arte e le prospettive delle cure in rete Telemedicina, il jolly del Ssn Risparmi e appropriatezza sono le parole d’ordine - E il paziente resta a casa T elemedicina è ospedale a casa, interventi in tempo reale con risparmio anche di vite umane (mortalità ridotta in emergenza fino al 4%), gestione dei servizi senza duplicazioni e code, risparmi per la maggiore appropriatezza e per il superamento dell’« ignoranza informatica» in Sanità che costa al Ssn 862 milioni l’anno di “tempo perso” del personale. Questi gli obiettivi e le prospettive su cui ha fatto il punto la Società italiana di telemedicina (Sit, unica società medico-scientifica di medicina telematica italiana, come ha spiegato il suo segretario generale, Giancarmine Russo) a Firenze la scorsa settimana in una “tre giorni” a cui hanno partecipato produttori, istituzioni, società scientifiche, Regioni e Università (v. box in fondo alla pagina). Dall’incontro è scaturito il primo manifesto della telemedicina in Italia, illustrato dal presidente della Sit, Gianfranco Gensini, preside della facoltà di Medicina dell’Università di Firenze, un documento (v. pagina 19) inviato al mondo dell’ehealth con l’obiettivo di arrivare a un testo condiviso nel giro di due mesi. Le reti. Ci sono, ma non molte, secondo l’Osservatorio nazionale ecare, un progetto del ministero della Salute, realizzato in Emilia Romagna con il supporto di Cup2000 assieme a Campania, Liguria, Marche, Sicilia, Toscana e Veneto. E quasi tutte (79%) sono dedicate all’assistenza domiciliare. Le reti raramente offrono servizi di supporto sociale (teleassistenza, telecompagnia ecc.) e sulla telemedicina la tendenza è creare progetti “a moduli” che differenziano l’offerta nelle aree specialistiche: la rilevazione in- I costi dell’ignoranza informatica Personale % tempo perso per giornata lavorativa Personale medico strutture sanitarie Personale infermieristico Personale tecnico Personale impiegatizio Medici di base Totale La telemedicina nelle specialità Costo totale del tempo perso annualmente 0,90% 188.285.066 2,80% 96.161.592 3,60% 49.133.063 7,90% 410.549.237 3,40% 117.583.658 861.712.616 Elementi per un «documento strategico» 1. Contesto internaz., naz.le, reg.le e aziendale 2. Formazione e training degli operatori sanitari 3. Empowerment dei cittadini 4. Strumenti tecnologici e standard 5. Risorse dedicate 6. Documentazione chiara 7. Qualità delle prestazioni dica un impegno nel 51% dei casi nella Cardiologia, seguita (12%) dalla Pneumologia e (10%) dall’Oncologia. C’è larga diffusione di progetti-pilota e sperimentazioni, ma anche un’alta mortalità dei progetti implementati, secondo la valutazione di Carla Fiori, che ha illustrato i risultati dell’analisi. L’ignoranza informatica. La spesa per Ict raggiunge l’1,1% di quella sanitaria globale contro un tasso di crescita in Europa del 7%, il 44% del totale dei dipendenti di Asl e Ao sono “utenti informatici” (ma gli Mmg raggiungono il 90%), tuttavia su 250mila utenti di infor- 8. Sicurezza delle prestazioni 9. Analisi costo-efficacia 10. Priorità di azioni da sviluppare 11. Individuazione appropriata dei pazienti 12. Modifiche organizzative e gestionali 13. Modalità di rimborso 14. Aspetti medico-legali matica individuale solo il 7% si dichiara “esperto”, 200mila utilizzano strumenti informatici senza preparazione e più di 400mila non li utilizzano affatto. Questa ignoranza informatica - ha spiegato Antonio Teti dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara - vale lo 0,84% circa della spesa sanitaria, circa 862 milioni in un anno di “tempo perso” del personale sanitario. Per questo Teti ha rilanciato il progetto “Ecdl Health” gestito dall’Aica (Associazione italiana per l’informatica e il calcolo automatico), che prevede la certificazione degli operatori del Ssn per garantire 15. Privacy e confidenzialità 16. Comunicazione 17. Integrazione - Non competizione - Tra i livelli istituzionali 18. Valutazione 19. Ricerca e innovazione 20. Partnership pubblico-privato l’utilizzo dell’Ict: una “patente sanitaria” del computer insomma. Le linee guida. L’esigenza è avere un indirizzo unico per l’applicazione e la gestione della telemedicina, un “documento strategico” secondo un indice che garantisca applicazioni efficaci, illustrato da Alessandro Ghirardini, del dipartimento Qualità del ministero della Salute (v. tabella). Ma il ministero sta già lavorando a linee guida che saranno presto ufficializzate per rendere il Nuovo Sistema informativo sanitario (NSis) la cornice unitaria politico-strategica delle iniziative di Sanità in rete, come ha spiegato Maria Carla Gilardi, professore di Bioingegneria, elettronica e informatica all’Università Milano Bicocca, direttore dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr e consulente del ministro della Salute. Le linee che ne faranno parte riguardano l’attuazione dei risultati dei Mattoni del Ssn per la generazione di “Lea di informazioni” assicurando l’interoperabilità tra tutti i livelli del Ssn nella rilevazione delle prestazioni erogate, l’identificazione del cittadino e la rilevazione delle prestazioni con la tessera sanitaria, l’innovazione nelle cure primarie con l’invio telematico di pre- scrizioni e certificati, il fascicolo sanitario elettronico, il sistema dei Cup, l’adozione di servizi di telemedicina nella pratica clinica per ridisegnare struttura e organizzazione dell’offerta e infine un’anagrafe unica delle strutture Ssn per il monitoraggio della rete di assistenza. Essenziale tuttavia - ha ribadito il direttore generale del NSis, Rossana Ugenti - è un cambio di rotta nella cultura degli operatori e dei cittadini perché comprendano importanza e appropriatezza delle reti nell’assistenza. Le imprese. Coinvolti nello sviluppo della telemedicina sono i produttori di apparecchiature. E Fernanda Gellona, direttore generale di Assobiomedica, l’associazione che le rappresenta, ha indicato le proposte dell’associazione. Per gli aspetti legali-regolatori-clinici la richiesta delle imprese è di definire un contratto standard tra struttura sanitaria e fornitore del servizio in cui siano chiare le rispettive responsabilità, e anche di un “contratto” paziente-struttura sanitaria (con un consenso informato ad hoc) che garantisca gli ambiti di privacy, la “diligenza” nella telemedicina, il livello del servizio. D’accordo con la necessità di percorsi, professionalità e formazione specifiche per operatori e pazienti, Assobiomedica ha sottolineato infine la necessità di inserire nei Lea la telemedicina, prevedendo una codifica che per la tracciabilità delle tecnologie, eventuali forme di co-payment per gruppi di pazienti non finanziabili e Drg specifici e tariffe ambulatoriali di rimborso per le tecnologie innovative. Paolo Del Bufalo © RIPRODUZIONE RISERVATA Emergenza: -4% di mortalità L’ospedale a casa dei cronici Isole, medici di base on line U n elettrocardiogramma pre-ospedaliero grazie alla telemedicina riduce il tempo per la diagnosi e l’inizio della terapia di 20-55 minuti, aumenta i pazienti trattati nel Dea, quelli trattati con fibrinolisi (dal 37 al 43%), riduce la mortalità ospedaliera dal 12 all’8 per cento. In Lombardia il progetto Prometeo realizza strutture e forma gli operatori col risultato di una giornata di degenza guadagnata ogni 6 pazienti; nel Lazio c’è il progetto infarto.net che fa capo a 7 aziende ospedaliere coordinate; in Toscana mezzi e personale specializzato trattano non solo il cuore; in Puglia il sistema telecardiologia del 118 ha refertato 28.669 Ecg on-line su 233.657 totali. L’emergenza è uno dei settori di maggiore applicazione della telemedicina e al di là del problema tecnico sono in atto processi completi di riorganizzazione e razionalizzazione in funzione del miglioramento della qualità delle cure. C on la telemedicina l’ospedale diventa struttura di riferimento per il territorio. Le esperienze illustrate (Irccs Maugeri di Milano, Fatebenefratelli di Roma, Molinette di Torino) sono di reti radiologiche telematiche a elevate competenze con la creazione di servizi di riferimento, attività di telemonitoraggio degli anziani affetti da patologie croniche riacutizzate e ospedalizzati a domicilio e di vere e proprie strutture di telemedicina con équipe multidisciplinari di medici e infermieri che trasformano le cure normali in assistenza integrata: telemedicina, self-management, assistenza domiciliare, ospedale a casa, second opinion per il Mmg, riabilitazione domiciliare, dimissioni protette e cure palliative. Un nuovo modello organizzativo che coinvolge soprattutto il personale infermieristico (advance pratical nurse) con cui si “telesorveglia” il paziente cronico (telemonitoraggio, teleassistenza, teleconsulto anche per i pazienti post-stroke e post-ictus). L L’Università raggiunge l’Africa Prove di futuro dalla ricerca Società scientifiche alzano il tiro L’ P C università con il supporto dell’Ict ha come obiettivo proiettare le strutture sanitarie pubbliche e private della Sanità del futuro. E sono le facoltà di Ingegneria che affiancano stavolta i medici per implementare la digitalizzazione. La scommessa è soprattutto sui dispositivi mobili che incentivano lo sviluppo economico e contribuiscono all’innalzamento del Pil. E sono gli ingegneri biomedici a strutturare, ma anche a gestire le reti. Oltre questo ruolo, le facoltà di Medicina puntano spesso al di là dei confini tradizionali (ospedale/territorio). Il caso illustrato a Firenze è quello dell’Università di Napoli Federico II che ha implementato il programma di medicina prenatale Tocomat totalmente digitale e basato sulla telemedicina. E da Napoli il collegamento arriva fino a Budapest e a Tripoli e nel 2010 a Dakar in Senegal e Moi in Kenia. Obiettivo: tenere sotto controllo i pericoli delle pazienti a rischio visto che la mortalità perinatale in Africa raggiunge il 62 per mille nati, mentre in Europa non va oltre il 13 per mille. azienti “connessi”, infrastrutture telematiche per la continuità dell’assistenza, robot. La ricerca nella medicina telematica guarda alla fantascienza tenendo i piedi nella realtà. E partendo dallo studio di prototipi di modelli infrastrutturali per garantire l’interoperabilità tra sistemi informativi diversi (progetto Itaca) per la continuità dell’assistenza, arriva fino alla valutazione della qualità del servizio di telemedicina grazie al progetto multiregionale e-R.Me.Te. (Regioni per la medicina telematica). Ed ecco i “robot”. O meglio i sistemi robotici e meccatronici per la neuroriabilitazione dell’arto superiore con risultati che consentono a un arto artificiale anche di sentire caldo e freddo, fino a suonare il pianoforte. La teleriabilitazione è anche cardio-respiratoria e neuromotoria e il paziente la fa a domicilio. a gestione del paziente nei gruppi di cure primarie strutturati con un sistema informativo assicura accessibilità e servizi multicanale, telemonitoraggio e assistenza, realizzando un’“agenda del paziente”, servizi on demand e proattivi e la partecipazione di tutte le figure del tema con l’integrazione e la connettibilità delle cartelle cliniche in uso e il contatto con i servizi di supporto. Ma il medico di base utilizza la telemedicina anche in altri contesti. A esempio nelle piccole isole, con sistemi che rendono wireless la casa da cui il paziente trasmette i dati al medico e questo lo allerta in caso non compia gli atti previsti nella sua agenda di cure. E i suoi vantaggi non finiscono qui: a esempio in un paziente con ictus, una trombolisi endovenosa eseguita entro tre ore dai primi sintomi grazie al riconoscimento precoce con la telemedicina “salva” un paziente ogni 10 casi trattati. ardiologia, radiologia, sistema 118: i pionieri della telemedicina (le società scientifiche che rappresentano queste aree), fanno il punto sullo sviluppo, ma anche sulle criticità della medicina telematica. E chiedono linee guida nazionali per evitare frammentazioni, e lo sviluppo delle reti per la tempestività nella trasmissione e ricezione dei dati. Il tutto con consensus intersocietà multidisciplinari e multiprofessionali basati sulla evidence clinica. Meno disposizioni tecniche e norme per rivistare l’attuale modello nazionale dispersivo e frammentario. La necessità è di modelli innovativi di sperimentazione che contribuiscano alla modernizzazione del sistema sanitario per una gestione non più solo nelle strutture del servizio, ma anche a domicilio con reti integrate. E serve anche l’educazione dei pazienti accanto a quella del personale usando sistemi che permettano un pronto accesso alla consulenza di esperti e alle informazioni del paziente indipendentemente da dove si trovino. AZIENDE/TERRITORIO 20-26 aprile 2010 19 IL MANIFESTO SIT DELLA TELEMEDICINA L La realtà delle reti attuali (2009) I “luoghi” della telemedicina Domiciliare Rsa (residenze sanitarie assistenziali) Mobile (prevede l’uso del telefono mobile o dello smartphone) Marittima Luoghi di lavoro Istituti penitenziari Territori (zone colpite da calamità naturali) Territori (a esempio “chiosco elettronico” per videoconferenza/teleconsulto) Totale N. reti 157 25 % 79% 13% 3 2% 2 3 2 2 1% 2% 1% 1% 4 2% 198 100% Reti aperte al cittadino - Totale nazionale e internazionale (2008) a Società italiana di Telemedicina e Sanità elettronica (Sit) è stata fondata con la finalità di promuovere e diffondere lo sviluppo della Telemedicina e della Sanità elettronica in tutti i suoi aspetti: medici, tecnologici e organizzativi, favorendo, a tal fine, la collaborazione tra le varie componenti del sistema sanitario nazionale e regionale, nonché le aziende e le organizzazioni che contribuiscono al miglioramento dei servizi socio-sanitari, attraverso l’innovazione tecnologica, la ricerca e l’investimento di risorse finanziarie. La Società italiana di Telemedicina e Sanità elettronica, in quanto Società scientifica, intende definire i princìpi fondamentali necessari per lo sviluppo armonico e sostenibile della “Telemedicina” intesa come strumento di innovazione tecnologica a valenza multidisciplinare che comprende la formazione, l’integrazione, il monitoraggio e la gestione dei pazienti, attraverso l’impiego di sistemi di telecomunicazione che si avvalgono della cooperazione di differenti professionalità al fine della promozione della salute attraverso i percorsi di prevenzione, diagnosi e cura del paziente. Il primo principio che la Società italiana di Telemedicina e Sanità elettronica vuole affermare con il presente documento riguarda il riconoscimento, sia a livello culturale che organizzativo e operativo, della coesistenza nella “Telemedicina” di tre pilastri fondamentali: la Medicina telematica, la Sanità elettronica e l’Ict (Information and communication technology) in Sanità. Si afferma inoltre che questi tre pilastri costituiscono fondamento della “Telemedicina” nella misura in cui concorrono al miglioramento, sia dell’esercizio della professione medico-chirurgica che dell’offerta sanitaria per i pazienti. Per tale motivo questo manifesto è, al momento, centrato prima di tutto sulla Medicina telematica. La Medicina telematica è una branca della scienza medica che ha una sua propria valenza clinica e una sua propria specificità tecnico-scientifica. Si tratta di un’innovazione nella modalità di esercizio della Medicina e chirurgia che richiede conoscenze e abilità specialistiche. Il grado di maturità tecnica raggiunto dalla Medicina telematica, e le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie disponibili, presentano infatti indubbi vantaggi nell’ambito del miglioramento della qualità e della sicurezza nell’assistenza ai pazienti. Tuttavia, malgrado tale potenzialità, il ricorso ai servizi di Medicina telematica è ancora limitato: la ricerca e il mercato infatti presentano, a oggi, un elevato livello di frammentazione che si traduce in un ostacolo allo sviluppo della Telemedicina sull’intero territorio nazionale. Partendo da questo scenario la Società italiana di Telemedicina e Sanità elettronica redige il presente documento, aperto al confronto, al contributo e alla valutazione delle Istituzioni, delle Società scientifiche e delle aziende di settore presenti alle Giornate nazionali di studio in Medicina telematica, svolte a Firenze nei giorni 8, 9 e 10 aprile 2010, allo scopo di meglio definire, promuovere e diffondere lo sviluppo della Medicina telematica nel nostro Paese. Con il termine di Medicina telematica si definisce l’erogazione di servizi di assistenza sanitaria tramite il ricorso alle tecnologie di telecomunicazione computer assistite, in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due o più professionisti) non si trovino nella stessa località o vi si trovino in momenti diversi. Essa comporta la trasmissione, in modalità sicura e protetta, di informazioni e dati di carattere medico grazie a testi, suoni, immagini o altre informazioni necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il successivo monitoraggio dei pazienti. Si tratta di un’attività eminentemente clinica che presuppone l’intervento del medico e dell’infermiere i quali, per mezzo di strumenti tecnologici idonei, svolgono tutte le azioni necessarie a garantire ai pazienti la migliore assistenza a distanza, ovvero: rilevare, registrare, elaborare, trasmettere, decodificare informazioni e dati clinici, utilizzare, a distanza, strumentazioni medico-chirurgiche. La Medicina telematica individua, pertanto, l’insieme di attività prettamente di Medicina e chirurgia cliniche, analoghe a quelle tradizionali, ma ricomprese nel termine più vasto e generale di “Telemedicina”, così come definito dall’Unione europea, e si distingue dalla cosiddetta “Sanità Elettronica” (o connected-Health o e-Health) atta a indicare i sistemi e i servizi sanitari erogati per via info-telematica (teleprenotazione, e-prescription, refertazione on-line ecc.) e dall’Ict sanitario atto a indicare le tecnologie info-telematiche utilizzate in Sanità e nei sistemi sanitari. La Medicina telematica è multidisciplinare in quanto abbraccia un’ampia varietà di attività specialistiche e non, è praticabile in varie forme in tutte le discipline mediche e chirurgiche, costituendone un indubbio progresso, in particolare per la teleassistenza domiciliare, il telemonitoraggio medicale delle patologie croniche e del decorso post-operatorio, il teleconsulto specialistico, i servizi di emergenza-urgenza, l’assistenza nelle piccole isole e nelle comunità montane, la tele-cardiologia, -radiologia e -dermatologia. La Medicina telematica condivide gli stessi princìpi etici della Medicina e della Chirurgia esercitati in modo tradizionale, seguendo i dettami della deontologia medica e della buona pratica clinica, medica e chirurgica. La Medicina telematica è interdisciplinare in quanto occorre la collaborazione di esperti di differenti settori per la progettazione e implementazione dei sistemi di cui essa si avvale. Tale collaborazione deve essere condotta a partire dalle problematiche medico-chirurgiche che a loro volta sono basate sulle necessità assistenziali dei pazienti. Per tale motivo il ruolo e il coinvolgimento degli infermieri nell’erogazione di servizi di Telemedicina clinica sono imprescindibili. La progettazione e lo sviluppo di servizi di Medicina telematica, nonché la loro strutturazione nel sistema sanitario nazionale e regionale, devono avere come prima finalità il miglioramento dell’assistenza sanitaria, nel pieno rispetto del rapporto fiduciario tra medico e paziente. Massima attenzione deve essere pertanto posta alla sicurezza del malato o della persona che usufruisce di prestazioni sanitarie di Medicina telematica, così come alla tutela della riservatezza dei dati sanitari, soprattutto per quanto riguarda la loro trasmissione e trattamento. L’interazione telematica tra medico e paziente è da considerare sempre a tutti gli effetti un atto medico e come tale soggetto al segreto professionale. Un utilizzo corretto della Medicina telematica può garantire un miglior accesso alle cure, un miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza del Servizio sanitario nazionale e regionale, ma tutto ciò comporta un processo di implementazione che necessita della elaborazione di procedure, della precisazione dei ruoli degli operatori e delle loro responsabilità, nonché di risorse e tempi adeguati. Di conseguenza devono essere sempre valutati assieme agli aspetti clinici, anche quelli amministrativi, economici e medico-legali. ● Un documento “aperto” alle considerazioni e ai suggerimenti LE CRITICITÀ Best practice: obiettivi e non modelli C ome mai le esperienze di telemedicina non sono “messe a sistema”? Come si può propagare un’innovazione duratura nelle aziende sanitarie? Le best practice nella medicina telematica non sono un punto di arrivo, ma devono essere uno standard di servizi sanitari efficienti e il lavoro da fare è verso chi non riesce a raggiungerli questi standard, secondo Angelo Rossi Mori, dell’Unità di Sanità elettronica - Itb-Cnr di Roma, che ha elaborato una visione complessiva sulle modalità di diffusione della Sanità elettronica nel settore della salute in rete. In sostanza, l’emulazione delle best practice presuppone una diffusione spontanea delle esperienze, ma se si vuole provocare la diffusione di nuovi modelli organizzativi, si deve trovare il modo per portare l’innovazione a sistema. «Per questo - ha sostenuto Rossi Mori - Federsanità-Anci e Forum Pa hanno promosso un tavolo permanente di lavoro sulla Sanità elettronica dei vertici di Asl e Ao, che a sua volta ha avviato l’iniziativa sui “Livelli di innovazione tecnologica in Sanità” (Litis), in accordo con il Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’innovazione tecnologica della presidenza del Consiglio. E Litis conferma che le funzionalità essenziali (es. su contabilità, logistica, portale) sono diffuse e c’è esperienza sui nuovi modelli assistenziali basati su telemedicina e sulla gestione avanzata della documentazione clinica. Ma la propagazione dell’innovazione è avvenuta in modo non controllato, e un certo numero di Asl/Ao sono rimaste indietro. Tutte le aziende sanitarie devono poter garantire un minimo di soluzioni, ormai ben stabilizzate, per le funzionalità essenziali». Secondo Rossi Mori, l’approccio spontaneo e quello pianificato sono complementari e si applicano bene in situazioni diverse. Le best practice sono uno stimolo al riuso: le caratteristiche di esperienze di successo sono messe in evidenza per permettere la diffusione di singole soluzioni nei contesti più maturi, migliorando la qualità, l’efficacia, il numero di funzioni già offerte, o il loro grado di copertura. Il processo di massa teorizzato da Litis invece è orientato soprattutto a recuperare le aziende sanitarie in cui l’innovazione è meno diffusa, in modo da avviare un fenomeno di sistema, di mettere in evidenza “cosa manca” a un’azienda per raggiungere lo sviluppo bilanciato delle funzionalità. E tra le cose che mancano, ha spiegato Guerino Carnevale del Dipartimento qualità del ministero della Salute, ci sono una legislazione più specifica, linee guida di riferimento e standard di qualità, l’attivazione e l’omoegeneità delle reti, una codifica delle prestazioni e modalità di rimborso da parte del Ssn, la gestione dei dati, il valore medico-legale dell’atto medico, la definizione delle competenze e delle responsabilità degli operatori. E poi il capitolo sicurezza (smart card, password digitali ecc.) e dell’autenticazione per certificare l’identità del mittente e del destinatario. Tra le criticità della telemedicina Carnevale ha indicato l’esistenza di modelli autoreferenziali, la necessità di valutazione delle esigenze di assistenza sanitaria in ogni Regione, le eterogeneità presenti nelle priorità valutate negli investimenti regionali, i campi di applicazione (patologie ad alto impatto sociale), le tecnologie (hardware/software, dispositivi, applicativi, sicurezza), la formazione del personale sanitario (Mmg, Pdf, medici specialisti, 118, infermieri, tecnici) e dei professional di Università, enti di ricerca, Asl ecc., fino alla formazione dei pazienti, dei familiari e/o dei caregiver che li assistono. L’agenda delle cose da fare deriva da queste e va dalla scelta dei partner tecnici per valutare i dispositivi all’identificazione delle aree di interesse e degli aspetti socio-sanitari di applicazione. E poi - una volta formati operatori e pazienti - c’è l’Hta (Health technology assessment) per validare i sistemi che offrono le migliori garanzie in termini di qualità (efficienza, efficacia) e di sicurezza in ambito medico, sociale ed economico. È necessaria l’analisi di ciò che manca per raggiungere uno sviluppo bilanciato 20 AZIENDE/TERRITORIO 20-26 aprile 2010 PUGLIA/ Via libera al piano di riprogrammazione - Nuovi orari per le donne lavoratrici Consultori, rete più flessibile Assistenza ai migranti da potenziare - Aborto: priorità alla prevenzione I n Puglia la nuova rete dei consultori sarà presto realtà e seguirà un modello innovativo a «geometria variabile», con orari flessibili per venire incontro alle esigenze dei cittadini. La Regione ha infatti dato il via libera al piano di riprogrammazione, contenuto nella delibera di giunta approvata un anno fa (Dgr 405 del 7 marzo 2009), che dovrà rimettere mano al sistema della rete consultoriale pugliese. Il tutto sulla base delle indicazioni contenute nel Piano regionale di Salute 2008-2010, incentrate sugli obiettivi di ottimale distribuzione sul territorio, nonché multidisciplinarietà e completezza delle prestazioni. Che tradotto significa un’offerta di servizi più efficienti, una migliore dislocazione dei presìdi e un uso più accorto delle risorse. Per la messa a punto delle linee di indirizzo è stato fatto un lungo lavoro di concertazione con le associazioni per la salute femminile (Forum sulla salute della donna). Il presidente Nichi Vendola già l’anno scorso, al varo delle linee guida, parlò di una riorganizzazione degli orari d’apertura, per incontrare le esigenze delle donne che lavorano, così come della messa a punto di un’équipe stabile di professionisti dell’area sanitaria e sociale, con l’affiancamento di mediatori culturali e una formazione continua e programmata, rivolta a tutto il personale. Il tutto in collegamento stabile con le altre strutture sociali e socio-sanitarie e gli ospedali di riferimento. Il punto di partenza sono i 156 consultori già esistenti: 96 consultori propriamente detti e 63 «Punti di accoglienza», in parte di nuova istituzione in Comuni che non avevano alcun presidio consultoriale e in parte frutto del riutilizzo di alcuni consultori inidonei o sottoutilizzati. L’attuazione del progetto di riorganizzazione della rete dei consultori è affidata alle Asl che sono chiamate a elaborare un piano aziendale complessivo in ottemperanza alle previsioni della Dgr 405/2009. Le aziende dovranno intervenire a potenziare l’accoglienza e assistenza ai migranti (servizi di mediazione interculturale); studiare interventi per la prevenzione e il contrasto alla violenza di genere; potenziare le attività in materia di adozione e affido; migliorare i «percorsi nascita» e la prevenzione delle interruzioni volontarie di gravidanza. È questo ultimo punto infatti a rappresentare un nodo di elevata criticità, visto che questo riordino si prefigge di riportare in primo piano la legge 194 del 1978, rilanciandone la sua completa applicazione alla luce dei numeri tristemente negativi che riguardano la quantità degli aborti in Regione, inclusa l’incidenza di quelli clandestini in costante aumento. Oggi in Puglia si effettuano oltre12mila interruzioni di gravidanza l’anno, di cui il 50% nell’area metropolitana barese e di questi più del 50% vengono effettuati nel privato convenzionato. Il che rappresenta un costo sociale ed economico rilevante. Secondo i dati del Forum Salute delle donne, il 69,7% delle ricorrenti all’aborto è costituito da disoccupate, casalinghe e studentesse. Un circuito negativo su cui la nuova rete di consultori dovrà in qualche modo intervenire per fornire nuovi strumenti di conoscenza e supporto nelle situazioni più critiche, dove la donna è spesso lasciata a sé stessa nella completa solitudine. Va sottolineato che oggi la Puglia è l’unica Regione che fornisce gratuitamente alle donne la pillola contraccettiva. LIGURIA Già presenti 156 strutture Lucilla Vazza Laboratorio di biomeccanica al Galliera di Genova È stato inaugurato al Galliera di Genova il Laboratorio di biomeccanica, diretto da Claudio Mazzola, responsabile della Sc Ortopedia delle articolazioni dell’ente. La struttura è dotata di un sofisticato sistema di rilevazione sensoriale, che permette di acquisire qualunque tipo di movimento per effettuare valutazioni e diagnosi funzionali del cammino e della postura. «Con l’attivazione del laboratorio - spiega Adriano Lagostena, direttore generale del Galliera - mettiamo a disposizione un’innovativa tecnologia che ci consente di proporre un servizio esclusivo nel campo dell’applicazione clinica, in quello della ricerca e dello sport». Il laboratorio è dotato di 12 telecamere a infrarossi e di due pedane per il monitoraggio delle forze espresse da camminata, corsa, salto. Nella foto: Emma Quaglia, campionessa italiana dei 3000 siepi. © RIPRODUZIONE RISERVATA SARDEGNA I l reparto di Neurochirurgia dell’ospedale di Nuoro punta a diventare un centro di riferimento per tutta la Sardegna grazie all’introduzione di nuove tecniche di microchirurgia in grado di risolvere numerose patologie a carico della colonna vertebrale. Ogni anno nel centro di eccellenza vengono curati oltre 600 pazienti e 150 sono mediamente gli interventi di microchirurgia che hanno risolto problematiche croniche senza ricorrere a procedure invasive di tipo tradizionale. Perché quando il dolore diventa cronico e la patologia invalidante busti e farmaci non possono risolvere efficacemente il Microchirurgia contro il mal di schiena problema che affligge pesantemente almeno 9mila sardi. E parliamo di malattie che peggiorano con il tempo e non si risolvono spontaneamente, come spiega Giovanni Pinna, neurochirurgo dell’ospedale di Nuoro. «Ogni anno in Sardegna vengono eseguiti circa 1.800 interventi chirurgici per patologie della colonna vertebrale di cui, un numero in continua crescita, con tecnica mininvasiva. Oggi le discopatie degenerative della colonna vertebrale come lesioni o cedimenti strutturali possono essere trattate con successo con l’adozione di un’innovativa procedura chirurgica percutanea mininvasiva grazie alla quale è possibile recuperare in modo eccellente l’assetto anatomico-funzionale della colonna vertebrale, a fronte di una riduzione sostanziale del trauma chirurgico, limitando la perdita ematica e le complicanze post operatorie che comporterebbero l’impiego delle procedure chirurgiche convenzionali». Le nuove tecniche consentono la stabilizzazione dei segmenti vertebrali lesionati attraverso l’impianto, per via percutanea, di una barra di connessione collegata ai segmen- ti vertebrali tramite piccole viti, permettendo al paziente di mantenere una completa motilità della colonna. L’intervento viene eseguito attraverso un’incisione minima, al massimo di 1,5 cm, sotto controllo scopico del chirurgo e richiede una degenza al massimo di quattro giorni. «La terapia delle fratture vertebrali da cedimento su base osteoporotica non prevede più come un tempo la prescrizione di busto ortopedico per tre mesi, spiega Pinna. Noi pratichiamo un’iniezione di cemento per via percutanea (dopo avere inserito e gonfiato un pallon- cino che risollevi la vertebra fratturata posizionandola il più vicino possibile all’altezza originale) in modo da rinforzare e riespandere la vertebra lesionata. Tale procedura è eseguita in anestesia locale con una degenza massima di un giorno». Queste procedure mini-invasive consentono una rapida guarigione e soprattutto una veloce riabilitazione: in questo modo pazienti invalidati per anni dal mal di schiena riescono a migliorare sensibilmente il livello della propria qualità della vita. Lucilla Vazza © RIPRODUZIONE RISERVATA FRIULI VENEZIA GIULIA T ra il 2000 e il 2007 in Friuli Venezia Giulia le malattie professionali sono rimaste stabili come numero circa 1.200 - ma è cambiata la composizione. Sono infatti in calo le cosiddette malattie «tabellate», quelle cioè espressamente previste per legge e inserite nelle tabelle dell’Inail, a fronte di un aumento di quelle «non tabellate», malattie cioè di tipo nuovo rispetto alle norme codificate. È quanto risulta dall’Atlante delle malattie professionali in Friuli Venezia Giulia, uno studio elaborato dalla Regione e presentato a Trieste dall’assessore alla Salute, Vladimir Kosic. Quest’evoluzione - spiega la Regione - è la risultante di due tendenze: da un lato, le Malattie professionali: cambia la geografia malattie «tabellate» diminuiscono proprio perché la consapevolezza del rapporto tra una specifica patologia e l’ambiente del lavoro ha consentito di intervenire con efficaci strumenti di prevenzione, come dimostra per esempio il calo delle denunce nel settore della lavorazione del legno; dall’altro, l’aumento delle malattie «non tabellate» dimostra la crescente consapevolezza dei lavoratori sull’origine professionale dei loro problemi di salute. «Solo la conoscenza del fenomeno - ha detto Kosic ci permette di intervenire in modo efficace per migliorare le condizioni dei nostri lavoratori, soltanto i dati ci con- sentono di porre le premesse per un lavoro di prevenzione, in modo da evitare i pericoli e i fattori di rischio. La denuncia deve lasciare il posto alla progettualità». Le patologie più frequenti restano l’ipoacusia e la sordità, mentre in aumento risultano quelle di tipo osteoarticolare (artropatie, artrosi, ernie e dischi invertebrali, malattie dei tendini e dei muscoli). In calo invece le malattie dell’apparato respiratorio e le malattie infettive, proprio come risultato del miglioramento delle condizioni di lavoro. Nel periodo 2000-2007 sono stati registrati anche quasi 500 casi di tumore da amianto. Tra le malattie tabellate, i decessi sono riconducibili per oltre l’80 per cento ai tumori, spesso riconducibili a una pregressa esposizione all’amianto (45,2% ai mesoteliomi e 35,9% alle neoplasie polmonari), mentre le patologie prevalenti tra quelle con postumi permanenti sono i mesoteliomi (17,4%), l’asbestosi (14,6%), i tumori polmonari (10,0%) e soprattutto l’ipoacusia (36,8%) che interessa anche il 64,7% delle malattie con postumi temporanei (seguiti dalle malattie cutanee e dall’asbestosi con poco più del 10 per cento dei casi ciascuna). Il dato più critico che riguarda le malattie professio- nali e le pone in primo piano al pari degli infortuni sul lavoro, nonostante la prevalenza sia notevolmente inferiore, è la gravità di questo fenomeno. Le tecnopatie con esito mortale con o senza superstiti triplicano annualmente i decessi per infortunio sul lavoro e costituiscono il 6,4% degli eventi definiti, mentre il 21,4% comporta postumi permanenti; solo il 3,2% dei casi si risolve con postumi temporanei contro il 31,9% che viene definito regolare senza indennizzo da parte dell’istituto assicuratore. Se da un lato tra le malattie non tabellate emerge l’elevata prevalenza proprio dei casi definiti come regolari senza indennizzo, tra le tabellate si distinguono i casi definiti con inabilità permanente o come mortali, indipendentemente dall’assenza/presenza di superstiti. Sono infortuni «definiti» quelli per i quali si è concluso l’iter sanitario e amministrativo da parte dell’Inail. Quanto all’analisi territoriale, nelle aree delle Aziende sanitarie Triestina e Isontina (province di Trieste e Gorizia) il numero delle malattie professionali risulta superiore a quello degli infortuni sul lavoro, a differenza delle altre aziende, in particolare quelle del Friuli occidentale e Medio-Friuli. Rosanna Magnano © RIPRODUZIONE RISERVATA MERCATI&NEWS 20-26 aprile 2010 21 L’Ateneo veronese capofila per l’Italia nel consorzio che coinvolge scienziati di 12 Paesi Cancro, Verona sul genoma Test su 25mila campioni di tumore - Dal ministro Gelmini 8 milioni di euro RICERCA S arà l’università di Verona a rappresentare l’Italia nel consorzio internazionale “Genoma del cancro” (www.icgc.org), impegnato in quella che oggi è considerata la sfida più ambiziosa della ricerca biomedica dopo “Genoma umano”: sequenziare il genoma di 25mila campioni di tumore. Il gruppo di ricerca dell’Ateneo, guidato da Aldo Scarpa, anatomo patologo molecolare, ordinario della facoltà di Medicina e direttore del centro “Arc-net Alleati per la ricerca sul cancro” (www. arc-net.it), porterà il proprio contributo assieme ad Australia, Canada, Cina, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Spagna e Stati Uniti, sequenziando il Dna di 250 tumori endocrini ed esocrini rari del pancreas. Un impegno di grande valore, cui il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini ha garantito un finanziamento di otto milioni di euro. I campioni sono raccolti e conservati in una bio- CONVEGNO FEDERFARMA-ASSOFARM Farmacie al fronte della riscossa P er le 17mila farmacie italiane è in arrivo una rivoluzione epocale in quattro decreti e due annunci, che contemplano anche la possibile abolizione del Testo unico delle leggi sanitarie del 1934 «così medici e farmacisti potranno fare alla luce del sole quello che fanno nell’appartamento sopra le farmacie», nonché l’avvento di manovre «come quella che ha fatto la Germania e appena avviata dalla Spagna», perché il problema della distribuzione intermedia «va affrontato una volta per tutte». Ovviamente (ma Fazio non lo dice) anche con il famoso e temuto taglio del 3% sui margini che dovrebbe finire col figurare tra le misure adottate al tavolo Governo-Regioni sulla farmaceutica, ancora in fase tecnica. Questi gli argomenti di peso con cui il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha travolto giovedì scorso la platea dei farmacisti riuniti a Roma in occasione del convegno organizzato dall’Associazione delle farmacie private, Federfarma e da quella delle farmacie comunali, Assofarm, sul nuovo ruolo della farmacia nel Ssn, presenti gli stati generali della professione e politici di settore. Sotto la lente i dati della ricerca finanziata dalla Salute e commissionata al Censis sul rapporto tra over-60 e farmacie: il 76% frequenta sempre lo stesso esercizio; il 90% segnala la presenza di servizi diagnostici nel presidio (pressione, colesterolo, glicemia ecc.), il 93,7% è soddisfatto della cortesia e del servizio ricevuto, il 42% vorrebbe di più. Dati che la Salute conosce molto bene e che offrono il destro a Fazio per battute che battute non sono: «Da una ricerca che abbiamo commissionato al Censis (cfr. pag. 10) risulta che siete il servizio più gradito, seguiti subito dopo dai medici: per questo siete l’accoppiata migliore». La tesi del ministro è semplice: «La sostenibilità del Sistema sanitario è a rischio»; «il modello Bismark è ad alto rischio d’implosione»; «la creazione di presìdi territoriali socio-sanitari che possono essere pubblici e privati è una scelta obbligata». A incorniciare il modello è un triangolo perfetto: «Una convenzione Ssnfarmacie; una Ssn-medici; una farmacie-medici», e il gioco è fatto. «Abbiamo avviato un tavolo di confronto con generalisti», avverte ancora il ministro. Che poi va oltre e prende per le corna anche la questione delle liberalizzazioni: «Dovete lasciare sempre più la mentalità commerciale: siete professionisti qualificati, dovete scegliervi degli obiettivi, tutto non potete fare». Strada spianata dunque al Ddl Gasparri-Tomassini sul riordino della rete dei presìdi, ancora in stand by alla Igiene e Sanità di Palazzo Madama. Fazio lo condivide in pieno: «Nessuno vuole eliminare i corner. Anzi potrebbero essere inseriti nelle farmacie, ma va eliminato il nome “parafarmacie” che crea una attesa di trasformazione in farmacia: meglio quello di “empori sanitari” suggerito da Tomassini». Problemi di là da venire, mentre in dirittura d’arrivo dovrebbero esserci per ora solo i quattro decreti attuativi del Dlgs che ha aperto la strada all’integrazione farmacieSsn. Il primo dovrà tracciare la rotta del ruolo giocato da infermieri e fisioterapisti all’interno dei presìdi; il secondo individuerà le modalità per lo svolgimento delle prestazioni analitiche di controllo effettuate dal paziente con l’assistenza del professionista, sgombrando il campo a possibili equivoci con i laboratori analisi; il terzo riguarderà le modalità di prenotazione e consegna referti, tema su cui la Salute ha avviato un tavolo con il Garante della privacy; l’ultimo detterà regole ad hoc per l’integrazione nel nuovo corso delle farmacie comunali nel rispetto dei vincoli imposti dal Patto di stabilità con gli enti locali. Il tutto - nuova remunerazione compresa - finirà nella nuova convenzione. Poi si comincerà a sperimentare. Decreti sui servizi in dirittura d’arrivo Tagli e riforme all’orizzonte Sara Todaro © RIPRODUZIONE RISERVATA banca gestita da Arc-Net grazie alla quale il gruppo veronese affianca anche il gruppo australiano nell’analisi del tipo più comune di cancro del pancreas e provengono in prevalenza dal gruppo interdisciplinare dedicato dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona diretto da Paolo Pederzoli: uno dei tre maggiori poli mondiali nella cura e nella ricerca scientifica su queste neoplasie che rappresentano la quarta causa di morte per tumore nel mondo occidentale con una sopravvivenza a 5 anni di appena il 5 per cento. Le organizzazioni e i centri che partecipano al «Genoma cancro» seguono identiche normative per il consenso informato e la tutela della privacy e tutti si sono impegnati a non rivendicare alcuna proprietà intellettuale sui dati provenienti direttamente dai progetti del consorzio. Gli studi sui carcinomi di mammella, fegato e pancreas hanno già generato una serie di dati ora disponibili sul sito www. icgc.org. L’analisi è stata condotta dai membri dell’Icgc in Gran Bretagna (mammella), Giappone (fegato), Australia e Ca- nada (pancreas). I dati sono raccolti nel centro di coordinamento dati che si trova all’Ontario Institute for Cancer Research di Toronto. I leader dell’Icgc presenteranno i dati relativi ai progressi nei rispettivi progetti durante le diverse sessioni della conferenza annuale dell’American Association for Cancer Research in programma a Washington dal 17 al 21 aprile. S.Tod. © RIPRODUZIONE RISERVATA 22 20-26 aprile 2010 A PAG. 24 MEDICINA DELLO SPORT. Fmsi: riflettori sui certificati per attività agonistica A PAG. 25 SPESE PROMOZIONALI. Entro aprile le farmaceutiche devono versare all’Aifa il 5% A PAG. 27 CORTE UE. Paletti al numero chiuso degli studenti stranieri nelle facoltà di Medicina Dal ministero della Salute un video e un manuale per evitare incidenti durante gli interventi chirurgici Sala operatoria, obiettivo sicurezza La metà degli eventi avversi si può prevenire - Previsto monitoraggio nelle strutture U n video dimostrativo e un manuale per la sicurezza in sala operatoria. Sono gli strumenti presentati dal ministero della Salute la scorsa settimana per sensibilizzare gli addetti ai lavori. E, per verificare la corretta applicazione dei protocolli, sarà anche avviato un monitoraggio nelle sale operatorie. Il problema della sicurezza in sala operatoria rappresenta una priorità di politica sanitaria del Ssn e sulla scorta delle campagne di orientamento e sensibilizzazione della Organizzazione mondiale della Sanità, il ministero ha realizzato un video didattico, che illustra le modalità di esecuzione dei controlli per la sicurezza in sala operatoria e ha lo scopo principale di influenzare il comportamento delle équipe operatorie, introducendo buone pratiche per la sicurezza di pazienti, che sarà oggetto di una grande iniziativa che coinvolgerà i professionisti dell’area chirurgica del Ssn. Il video è stato realizzato con la partecipazione di prestigiosi testimonial del mondo sanitario (presidenti di società scientifiche e di organizzazioni di tutela degli utenti) e di quello culturale come il musicista Nicola Piovani, l’attrice Mariella Lo Giudice e il compositore Aidan Zammit. Nel video, che sarà disponibile su internet gratuitamente e sarà anche inviato a direzioni aziendali, direttori di dipartimento chirurgico, dirigenti infermieristici ed équipe chirurgiche, si mostra come devono e non devono essere compiute le tre fasi del sign in, time out e sign out in cui è organizzato l’intervento chirurgico. Si va dalla corretta identificazione del paziente, e la verifica del suo consenso informato prima dell’operazione, al controllo in sala operatoria di tutta la équipe chirurgica, della profilassi antibiotica fino alla redazione del registro operatorio e della documentazione anestesiologica. «Rispetto ad altri settori - si legge nel manuale del ministero della Salute - la sicurezza in sala operatoria si contraddistingue per la complessità intrinseca caratterizzante tutte le procedure chirurgiche, anche quelle più semplici: numero di persone e professionalità coinvolte, condizioni acute dei pazienti, quantità di informazioni richieste, l’urgenza con cui i processi devono essere eseguiti, l’elevato livello tecnologico, molteplici- LINEE GUIDA Assistenza a casa: dieci regole d’oro È tà di punti critici del processo che possono provocare gravi danni ai pazienti». Particolare rilevanza assumono i processi di comunicazione all’interno dell’équipe operatoria, nella quale il chirurgo, l’anestesista e l’infermiere non lavorano isolatamente l’uno dall’altro e devono assicurare un clima di collaborazione tra le diverse professionalità. Va seguito quindi un complesso iter di best practice, indispensabili per prevenire incidenti. «Dal monitoraggio degli eventi sentinella nell’arco di quattro anni - spiega Filippo Palumbo, presidente della commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati - è emersa la segnalazione di 385 eventi, di cui il 20,5% legati ad attività chirurgica. Anche se linee guida per la sicurezza in sala operatoria già esistono, è fondamentale la formazione e la sensibilizzazione degli operatori sanitari su questo tema. Ci siamo uniformati a esperienze valide già in uso da anni in altri paesi europei dell’area Ocse. Inizieremo anche un monitoraggio di tutte le sale operatorie, per verificare l’implementazione di queste regole, su cui contiamo di avere i risultati alla fine del 2010». In Italia i volumi di attività chirurgica rappresentano il 40,6% della totalità dei ricoveri per acuti: nel 2007 sono stati dimessi circa 4 milioni e 600mila pazienti a seguito di interventi o procedure chirurgiche; tra questi quasi 3 milioni sono stati eseguiti in regime ordinario e poco più di un milione e 600mila in day surgery. A livello nazionale, sono stati effettuati numerosi studi epidemiologici sulla frequenza delle infezioni del sito chirurgico, ma a oggi non esistono dati sul più ampio tema dell’incidenza di eventi avversi associati all’assistenza chirurgica; dalle esperienze di altri Paesi è stata riportata un’incidenza compresa tra il 3% e il 16% nelle procedure eseguite nei ricoveri ordinari, con un tasso di mortalità compreso tra lo 0,4% e lo 0,8%; in tali studi, circa la metà degli eventi avversi sono stati considerati prevenibili. Venerdì 30 Ro.M. Rosanna Magnano LE SCADENZE FISCALI DI APRILE ■ Ires e Irap - Seconda rata di acconto per i soggetti Ires Scade il termine entro cui le società e gli enti soggetti a Ires con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare e per i quali aprile sia l’undicesimo mese del periodo devono eseguire il versamento della seconda (o unica) rata di acconto Ires e Irap. Si utilizza il modello di pagamento unificato F24. Il modello deve essere presentato con modalità telematiche per i titolari di partita Iva, ovvero, a un’azienda di credito convenzionata, al concessionario della riscossione o a un ufficio postale abilitato, per i non titolari di partita Iva. ■ Assistenza fiscale - Presentazione ai sostituti d’imposta del Mod. 730 Scade il termine per dipendenti e pensionati che si avvalgano stata pubblicata sul sito del ministero della Salute la guida per gli operatori che prestano assistenza domiciliare «Assisto e curo a casa in sicurezza», rivolta a coloro che prestano cura e assistenza a domicilio di pazienti. Il nuovo decalogo si aggiunge agli otto già pubblicati nell’ambito dell’iniziativa del ministero “Uniti per la sicurezza”. La prima delle dieci regole da seguire riguarda la collaborazione con gli altri operatori che assistono il paziente: raccogliendo informazioni e segnalando qualsiasi cambiamento delle condizioni cliniche. Il secondo punto si riferisce alle condizioni ambientali: illuminazione, dispositivi sanitari, presidi antidecubito, ventilatori. Prioritario naturalmente anche lavarsi le mani, per evitare infezioni. Il paziente deve essere poi istruito: vanno verificate le abitudini rilevanti per la salute, in particolare l’alimentazione, l’assunzione di liquidi e il movimento. Bisogna controllare che il suo abbigliamento sia adatto alla temperatura, che calzi pantofole chiuse e non indossi cinture, per evitare il rischio di caduta. E le stesse informazioni devono essere fornite a chi assiste il paziente. È importante anche prestare attenzione ai farmaci che assume il paziente, compilare e custodire la documentazione, fornire le informazioni cliniche del paziente in caso di suo trasferimento, partecipare al sistema di gestione del rischio clinico. Infine l’assistente domiciliare aggiornare continuamente le proprie competenze tecniche clinico assistenziali. dell’assistenza fiscale prestata direttamente dal sostituto d’imposta per la presentazione della dichiarazione annuale (Mod. 730) e della busta contenente la scelta della destinazione dell’otto per mille dell’Irpef al datore di lavoro o all’ente pensionistico. ■ Imposta di registro - Contratti di locazione Termine per la registrazione, previo versamento dell’imposta, dei nuovi contratti di locazione degli immobili aventi decorrenza 1˚ aprile 2010 e termine per il versamento dell’imposta sui contratti del medesimo tipo e con la stessa decorrenza rinnovati tacitamente. ■ Onlus - Redazione del bilancio o rendiconto annuale Ultimo giorno per redigere la situazione patrimoniale, economica e finanziaria, distinguendo le attività direttamente connesse da quelle istituzionali, delle Onlus diverse dalle società cooperative, a pena di decadenza dei benefici fiscali. ■ Enti non commerciali - Raccolta pubblica in concomitanza di ricorrenze e campagne di sensibilizzazione - Redazione del rendiconto Per gli enti non commerciali che effettuano raccolte pubbliche © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA DI ALBERTO SANTI di fondi, scade oggi il termine per la redazione di apposito rendiconto, accompagnato da una relazione illustrativa, delle entrate e delle spese relative alle raccolte pubbliche di fondi in concomitanza delle celebrazioni, delle ricorrenze e delle campagne di sensibilizzazione. ■ Iva - Rimborsi trimestrali Scade il termine concesso ai soggetti che versino nelle condizioni previste dall’articolo 38-bis del Dpr 633/1972 per inviare all’ufficio dell’agenzia delle Entrate territorialmente competente la domanda di rimborso dell’Iva a credito relativa al primo trimestre 2010. Si tratta di chi effettua operazioni soggette all’imposta con aliquota inferiore a quella applicata su acquisti e importazioni ovvero operazioni non imponibili per più del 25% del volume d’affari. ■ Iva intracomunitaria - Dichiarazione e versamento per gli acquisti degli enti non commerciali Ultimo giorno entro cui enti, associazioni e altre organizzazioni non commerciali che non siano soggetti passivi Iva devono presentare la dichiarazione relativa agli acquisti intracomunitari registrati a marzo e versare la relativa imposta, ai sensi dell’articolo 49 della legge 427/1993. 24 LAVORO/PROFESSIONE 20-26 aprile 2010 Con il Dlgs 28/2010 diventa obbligatorio tentare la mediazione prima di andare in tribunale Malpractice, mediare è meglio Un anno per adeguarsi: l’iter in ambito sanitario è tutto da inventare I l fenomeno delle conflittualità tra paziente e operatori sanitari è in continuo aumento e da tempo si assiste a una crescita esponenziale delle richieste di risarcimento danni da presunta responsabilità professionale medica. È questo l’incipit scontato per chiunque si trovi ad affrontare il fenomeno della malpractice nel nostro Paese. L’unica risposta al dilagare di questo fenomeno sembra essere rappresentata dal ricorso all’attività giudiziaria: la tendenza è quella di canalizzare il contenzioso sanitario nei processi civili e penali determinando una serie di complicate conseguenze, dirette e indirette, che pesano sul complesso rapporto tra la classe medica e l’intera collettività (si pensi al fenomeno della “medicina difensiva” commissiva od omissiva e alle sue rilevanti conseguenze). Con l’approvazione e la successiva pubblicazione del Dlgs 4 marzo 2010, n. 28 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali (in attuazione alla legge delega 69/2009), il legislatore ha forse offerto una nuova modalità, complemen- tare e alternativa a quella tradizionale, per affrontare il complesso fenomeno della malasanità in Italia. Introducendo, tra le materie per le quali il ricorso alla mediazione diventerà obbligatorio - decorsi dodici mesi dall’approvazione - a pena di improcedibilità, la responsabilità medica (in realtà l’obbligo sembra estendersi a qualsiasi altra causa che contempli un danno da responsabilità in ambito sanitario), aprendo il varco a un diverso modo di affrontare questo delicato tipo di conflitto e ristabilendo la centralità della relazione medico-paziente, assolutamente ignorata dall’approccio giurisdizionale. Quest’ultimo, proprio a causa della struttura stessa del procedimento, che nega la possibilità di un confronto diretto tra i protagonisti, impedisce che alcuni aspetti relazionali e i vissuti soggettivi delle parti siano affrontati e ricomposti, concludendosi generalmente con sentenze che, pur ponendo fine alla controversia, lasciano aperto e irrisolto il conflitto tra i loro protagonisti. Il ricorso alla mediazione potrebbe rivelarsi, sotto questo profilo, più adatto a fornire risposte adeguate e Priorità al rapporto medico-paziente maggiormente rispondenti ai bisogni delle parti, creando le condizioni affinché le parti stesse, ristabilita la comunicazione, possano abbandonare l’approccio win-lose e assumere atteggiamenti collaborativi che li portino a ridefinire il loro conflitto nei termini di un problema comune e reciproco da risolvere. Se da un lato è innegabile che le potenzialità di uno strumento come la mediazione, applicata a questo tipo di contenzioso, potrebbero declinarsi al meglio e trovare un impiego del tutto nuovo e capace di risposte non compatibili con ogni altro strumento di tipo giurisdizionale, è altresì innegabile che il “percorso” di mediazione in ambito sanitario sia ancora tutto da inventare e che il modello di mediazione oggi utilizzato in ambito commerciale andrà riscritto e adeguato alla complessità di questo tipo di controversie. Anche le sperimentazioni già avviate nel contesto nazionale si muovono con cautela e sono ancora in attesa di conferme da parte degli enti stessi che le hanno, con grande lungimiranza, promosse. La mediazione sanitaria, oltre che ristabilire - come si è detto - la centralità della relazione medico-paziente, dovrà anche riconoscere un ruolo da protagoniste alle compagnie di assi- curazione, la cui partecipazione è altrettanto centrale e determinante per la buona riuscita di questo innovativo strumento e il cui coinvolgimento dovrà avvenire fin da ora. Sarebbe auspicabile approfittare di questo brevissimo tempo concesso dal legislatore (i dodici mesi che ci separano dall’introduzione dell’obbligatorietà) per “sfruttare” al meglio le competenze professionali già esistenti in materia di sinistro medicosanitario: l’apporto altamente qualificato dei manager assicurativi, nonché dei dirigenti ospedalieri che da anni si occupano - con alcune indiscutibili eccellenze - di risk management, dovrebbe costituire il punto di partenza per l’avvio di una sperimentazione che si proponga di delineare un nuovo modello di mediazione in ambito sanitario. La strada è ancora tutta da percorrere e le insidie molte. È evidente che la preparazione del mediatore è il primo, più urgente, problema da affrontare: è chiamato a essere buono psicologo, esperto nella comunicazione nonché in tecniche di negoziazione e, non da ultimo, esperto giurista (quest’ultimo requisito è ne- cessario, dato che al mediatore, secondo gli insegnamenti classici, non è richiesta alcuna competenza giuridica). Ma deve anche essere dotato di saggezza e autorevolezza innate. Impossibile immaginare compito più difficile, visto l’ampio e qualificato numero di competenze, solo in parte acquisibili attraverso corsi altamente qualificati e, in buona parte, derivanti da una spiccata inclinazione naturale che non si apprende con l’insegnamento. L’obiettivo è sfidante, e il tentativo di raggiungerlo non può che passare attraverso la condivisione di un percorso di sperimentazione che coinvolga, fin dagli esordi, tutti i soggetti interessati (Ordini professionali, compagnie di assicurazione e aziende ospedaliere, enti pubblici) al fine di concorrere a delineare un modello di mediazione sanitaria che sia un’efficace alternativa al modello di contenzioso tradizionale, pur nella consapevolezza dei limiti di applicazione e avendo superato le numerose criticità grazie allo sforzo comune. Ordini, compagnie e Asl collaborino Paola Ventura Partner Studio legale La Scala LA FMSI ACCENDE I RIFLETTORI SUI CERTIFICATI PER ATTIVITÀ AGONISTICA L’ Italia è internazionalmente riconosciuta all’avanguardia in tema di legislazione e protocolli atti alla tutela sanitaria di coloro che, tesserati a una Federazione, praticano attività sportiva agonistica e non. Tale riconoscimento deriva dalla storia del sistema sportivo e legislativo italiano. Il ruolo svolto nel nostro Paese dalla Federazione medico sportiva italiana (Fmsi), Federazione del Coni dal 1929 e società scientifica di Medicina dello sport, ha fatto sì che particolare attenzione sia stata data alla tutela della salute degli atleti fin dalla giovane età. Non va dimenticato poi che è nata in Italia, a Milano prima nel mondo, la scuola universitaria di specializzazione in Medicina dello sport. Già nel ’50 veniva approvata la legge 1055 con la quale la tutela sanitaria delle attività sportive veniva affidata alla Federazione medico-sportiva. La legge 1099/71 stabiliva che fosse obbligatoria la visita annuale di idoneità allo sport con un protocollo omogeneo in tutta Italia. Nel ’75 veniva disciplinato e regolamentato l’accesso alle singole attività sportive in base al sesso, all’età, allo sforzo soprattutto cardio-polmonare, ai rischi specifici dei vari sport valutati in gara e allenamento. La legge 833/1978 deliberava altri criteri e specificatamente quello che stabiliva che l’idoneità fosse rilasciata esclusivamente dai medici specialisti in Medicina dello sport, autorizzati e accreditati in base ai regolamenti delle varie Regioni. Il Dm 18/2/1982 e il Dm 28/2/1983 stabilivano poi le nor- La responsabilità dei dottori dello sport me applicative per la tutela sanitaria rispettivamente dell’attività agonistica e non. Successivamente venivano promulgati il Dm ’93 per i disabili e il Dm ’95 per il professionismo dopo la legge 91/1981. Si è venuto quindi a costituire un sistema sanitario di tutela preventiva della salute degli sportivi che pone l’Italia in posizione d’eccellenza nel mondo. La Fmsi ha realizzato le linee guida cardiologiche, endocrinologiche, pneumologiche e allergologiche e oculistiche. Il concetto di idoneità è specifico: un atleta può essere infatti idoneo a uno sport e inidoneo a un altro e viceversa. Tale sistema ha portato grandi risultati: a) la riduzione delle morti improvvise sui campi di gara. Come è facile comprendere il check up periodico, che viene fatto a partire dagli 8-12 anni rappresenta un importantissimo filtro sanitario della popolazione giovanile. È infatti il primo e unico screening della nostra popolazione obbligatorio per legge! Un importantissimo lavoro pubblicato su Jama di uno studio condotto in Veneto in 25 anni ha dimostrato la riduzione delle morti improvvise dell’89% dall’introduzione dell’obbligatorietà della certificazione all’idoneità agonistica; b) lo screening rappresenta anche un enorme valore dal punto di vista epidemiologico e della Sanità pubblica come emerge da una ricerca Fmsi 2003. Evidenzia infatti anche tante piccole patologie che non costituiscono di per sé causa di non idoneità (aritmie, ipertensioni controllabili, obesità, dimorfismi, scoliosi, allergie ecc.) ma che prese per tempo garantiscono salute e risparmio economico futuro per la Sanità pubblica. I mutamenti intervenuti nel corso degli ultimi anni nell’espletamento dell’attività sportiva hanno comportato un cambiamento nell’attività dello specialista in Medicina dello sport: da ciò nuovi profili di responsabilità nell’esercizio professionale, legati anche all’evoluzione della normativa vigente nel nostro Paese relativa alla tutela dello sportivo agonista, dello sportivo diversamente abile e del professionista. L’attività del medico dello sport a maggior rischio di contenzioso rimane a tutt’oggi la certificazione d’idoneità agonistica. Che rappresenta un preciso strumento di “garanzia pubblicistica” con duplice finalità: preventiva, attraverso uno screening volto a sta- bilire lo stato di salute e l’effettiva idoneità a una specifica attività agonistica nonché assistenziale attraverso la periodicità del controllo per accertare la permanenza delle qualità psico-fisiche richieste. In un recente convegno tenuto a Brescia dalla Fmsi sulla «Responsabilità professionale del medico certificatore e del medico sociale» presieduto da Francesco De Ferrari, ordinario di Medicina legale alla stessa Università, membro della commissione scientifica della Fmsi e massimo esperto italiano di questa tematica, si sono tracciati i profili di responsabilità professionale in ambito penalistico e/o civilistico riferito al medico dello sport. Oltre a una condotta adeguata in riferimento alla “colpa generica” (imperizia, imprudenza e negligenza), potrà prospettarsi anche una “colpa specifica” (inosservanza del disposto legislativo). Un riferimento importante per la valutazione dell’operato del professionista sono le linee guida, intese come regola generale. Esse però non rappresentano un valore di norma da cui non prescindere, ma devono considerarsi nella realtà concreta del singolo caso e su di essa adeguatamente modularsi e applicarsi. In altri termini, proprio perché hanno carattere generale, seguirle in modo pedissequo non può esimere dalla responsabilità il medico certificatore, e l’allontanarsi da esse deve essere sempre adeguatamente motivato e validamente documentato. Un altro aspetto che merita attenzione è il ruolo delle consulenze specialistiche, a cui il medico dello sport, nel dubbio, è tenuto a rivolgersi. In tal caso si potrà configurare «una responsabilità d’équipe». Il consulente specialistico risponderà personalmente degli esami effettuati e della loro interpretazione; il medico dello sport risponderà di una non adeguata valutazione delle risultanze specialistiche oppure di un mancato controllo della adeguatezza del parere specialistico. Altri profili di responsabilità sono attualmente legati all’obbligo etico e deontologico: il Codice deontologico dedica gli articoli 74, 75 e 76 alla Medicina dello sport. Lo spirito del Dm 82 diventa ancora più rilevante qualora il medico dello sport sia anche medico di una società sportiva. Infatti in questa condizione, per il rapporto di continuità assistenziale che viene a crearsi tra il medico e i tesse- rati della società sportiva, ancor più cogente risulta l’obbligo di “sorveglianza sanitaria”. Pertanto, oltre i profili di responsabilità professionale sopraesposti, possono in questo contesto delinearsi ipotesi di responsabilità peculiari in relazione all’assistenza fornita agli atleti. Altro aspetto rilevante fonte di responsabilità per il medico è rappresentato dall’obbligo di informazione al cittadino-sportivo. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta ai soggetti minorenni, soprattutto in relazione alle possibili pressioni di carattere psicologico che il minore può subire tanto da dirigenti e allenatori quanto dal contesto familiare. L’informazione andrebbe data non solo a entrambi i genitori ma anche al minore. È infatti eticamente imprescindibile, come sottolineato dal Comitato nazionale di bioetica, che anche il minore venga coinvolto in un’adeguata e completa informazione. Un ulteriore aspetto peculiare è rappresentato dalla prescrizione e dal controllo di assunzione di sostanze, in assenza di indicazioni di tipo strettamente clinico. Per terminare, la responsabilità del medico in ambito sportivo non esaurisce le diverse responsabilità, in particolare nei riguardi dei giovani, che devono essere vissute unitamente ai tecnici, ai dirigenti, ai genitori ponendo sempre al centro dell’attenzione la persona prima dell’atleta. Maurizio Casasco Presidente Federazione medico sportiva italiana (Fmsi) Membro dell’Esecutivo europeo di Medicina dello sport FISCO&PREVIDENZA 20-26 aprile 2010 25 Entro aprile le farmaceutiche devono versare all’Aifa il 5% delle spese promozionali Farmaci, l’ora della “tassa” Convegni compresi tra i costi - Obbligati anche i produttori di dispositivi C ontributo spese promozionali alla cassa. Entro il prossimo 30 aprile, le aziende farmaceutiche e di dispositivi medici devono comunicare all’Agenzia italiana del farmaco l’ammontare complessivo della spesa sostenuta nel 2009 per le attività di promozione rivolte a medici, a operatori sanitari e a farmacisti, nonché versare il relativo contributo del 5 per cento. Il contributo sulle spese promozionali. L’articolo 48 del Dl 269/2003 ha istituito un contributo a carico dell’industria farmaceutica, pari al 5% delle spese di promozione, che le aziende stesse devono autocertificare entro il 30 aprile di ogni anno. Detto contributo - da calcolarsi al netto delle spese per il personale addetto - è destinato a finanziare, presso l’Aifa: ● per il 50% del relativo ammontare, un fondo per l’impiego a carico del Ssn di farmaci orfani e salva-vita; ● per il restante 50%, l’istituzione di un centro di informazione indipendente nell’ambito dell’Agenzia, un programma di farmacovigilanza, ricer- E che sull’uso dei farmaci e, in particolare, sperimentazioni cliniche comparative di orphan drug e salvavita, nonché altre attività di informazione, ricerca e formazione del personale. L’autocertificazione, da produrre all’Aifa avvalendosi esclusivamente del modello dalla stessa predisposto, deve attestare l’ammontare complessivo della spesa sostenuta nell’anno precedente per le attività di promozione, nonché la sua ripartizione nelle singole voci di costo, sulla base dello schema approvato con il decreto del ministro della Salute del 23 aprile 2004. Sempre entro il 30 aprile le farmaceutiche devono eseguire il versamento del contributo. Che dovrà essere effettuato mediante bonifico bancario sul conto corrente intestato all’Aifa (dettagli su www.agenziafarmaco.it.) L’articolo 1, comma 409, della legge 266/2005 ha esteso l’obbligo di dichiarazione e versamento anche alle aziende che producono e immettono in commercio dispositivi medici, anche non in nome proprio, cedendoli al Ssn, oppure a ter- Le voci di costo relative alle attività promozionali ● Le spese per il materiale promozionale destinato a medici e farmacisti, inclusi il materiale consegnato dagli Isf o anche spedito per posta e i costi per le inserzioni promozionali su riviste anche scientifiche destinate agli operatori sanitari ● Le spese per i campioni gratuiti di specialità medicinali, anche da banco ● Le spese per convegni e congressi anche accreditati Ecm, incontri e riunioni varie, visite aziendali, incluse le spese di ospitalità e i compensi ai relatori, nonché quelle a beneficio del soggetto organizzatore ● Le spese per i gadgets di ogni genere ● Ogni altra spesa relativa all’attività di promozione dell’informazione scientifica zi, ma con onere a carico dello stesso Ssn. Le aziende devono versare le somme dovute sul c/c 92824879, intestato alla Tesoreria di Viterbo, con la causale «contributo di cui alla lett. d) dell’articolo unico della legge 266/2005 da imputare sul capitolo 2582 art. 27», oppure con il canale bancario. L’autocertificazione. Il decreto del 23 aprile 2004 ha approvato lo schema con le voci di costo relative alle attività promozionali sostenute dalle farmaceutiche (si veda tabella). Per quanto applicabili, co- me detto, le stesse indicazioni dovranno essere osservate anche dalle aziende che producono e immettono in commercio dispositivi medici. Il Dl 269/2003 richiede che vi sia un nesso fra l’iniziativa promozionale promossa dall’azienda farmaceutica e gli operatori sanitari che ne beneficiano. Rientra, così, nella base di calcolo tutto il materiale promozionale (fra cui i prodotti editoriali, gli atti congressuali) destinato a medici e farmacisti, ivi inclusi i costi afferenti i messaggi promozionali su pub- INFERMIERI E FINESTRE PENSIONISTICHE blicazioni loro destinate. Devono ritenersi escluse, invece, le spese per le campagne pubblicitarie sui medicinali da banco, destinate direttamente al pubblico dei pazienti. Ugualmente incluse nel novero delle spese promozionali sono quelle relative ai campioni gratuiti di qualsiasi specialità medicinale e ai gadgets in genere. Per quanto riguarda le spese per i convegni accreditati Ecm, lo schema le include espressamente nella base contributiva, accomunandole alle spese di ospitalità dei partecipanti, di allestimento degli spazi espositivi, ai compensi spettanti ai relatori e a coloro che svolgono le funzioni organizzative. Devono essere autocertificate, altresì, tutte le «altre spese relative all’attività di promozione dell’informazione scientifica», diverse da quelle precedentemente elencate. L’esemplificazione recata dal decreto fa riferimento a spese sostenute per l’acquisto di strumenti tecnologici come telefonini, computer ecc. e altre dotazioni in carico agli informatori scientifici, purché non connessi al A rapporto di lavoro degli stessi. Sono escluse dalla base di computo del contributo del 5%, invece, le spese per il «personale addetto». Per le aziende che producono e immettono in commercio dispositivi medici, importanti precisazioni sono state fornite dalla citata Nota interpretativa della Salute del 23 marzo 2006. In particolare, sono soggette a contribuzione solo le spese relative alle attività promozionali nei confronti di professionisti e strutture del Ssn o con questo convenzionati, anche se concernenti un’intera classe o gruppo di dispositivi prodotti o commercializzati dall’impresa. Sono escluse dall’autodichiarazone, oltre alla pubblicità istituzionale, quella rivolta al pubblico e i campioni gratuiti espressamente richiesti dalle Pa, ai fini della partecipazione a gare di fornitura, oppure ceduti in base a specifici obblighi contrattuali, per sperimentazioni o indagini cliniche. Antonio Iorio Alberto Santi © RIPRODUZIONE RISERVATA SE IL GENITORE RISCATTA LA LAUREA Sono nato il 10 gennaio 1952 e ho iniziato a lavorare come infermiere professionale dipendente da un ospedale pubblico dal 1˚ marzo 1970. Nessuno ha saputo dirmi quando potrò andare in pensione anche perché vi sono dubbi sulle date di possibile uscita dal lavoro. Mio figlio si laurea l’anno prossimo. Ho pensato di attivare il riscatto degli anni di studio in quanto ritengo che per i primi anni dalla laurea non avrà attività lavorativa retribuita. È un desiderio realizzabile? Ne avrò qualche vantaggio ai fini fiscali anche dopo che mio figlio avrà avuto la possibilità di lavorare? (L.T.) (M.C.) Lei, sfortunatamente, raggiungendo il diritto nel gennaio 2012 dovrà attendere un anno per poter andare in pensione in quanto la sua finestra si aprirà solamente dal 1˚ gennaio 2013. Qualora fosse nato entro il 31 dicembre 1951, solamente pochi giorni prima dell’effettiva sua nascita, avrebbe avuto la finestra pensionistica aperta dal luglio 2012. Qualora si versino i contributi del riscatto per un familiare a carico, non iscritto a una forma previdenziale, il genitore che si accolla il costo del riscatto realizza una detrazione dell’imposta del 19 per cento dell’importo versato anche quando il figlio lavorerà. a cura di Claudio Testuzza E CONTRIBUTI, QUANDO BASTANO 5 ANNI se appare, stante le normative attuali, obbligatoSono un infermiere e ho lavorato come dipendente ria o discrezionale l’informazione da dare al padi una casa di cura solamente per pochi anni riuscenziente. do a cumulare circa 267 settimane a fine 1994. Mi è stato detto che per chi ha maturato almeno 5 anni di (S.M.) contributi prima del 1994 come dipendente si ha diritto alla pensione. Posso prevedere di avere il L’obbligo di informare pienamente il paziente, prescritto trattamento pensionistico quando raggiungerò l’età dal codice di deontologia medica, pur con le dovute cautele, pensionabile? non è soggetto a nessuna valutazione discrezionale e perciò (B.G.) comprende tutti gli aspetti diagnostici e prognostici dello stato di salute del paziente e quindi anche i rischi meno L’informazione datale non è corretta. I cinque anni richie- probabili, purché non del tutto anomali, in modo da consentirsti bastano per coloro che abbiano iniziato ad avere contribu- gli di capire non solo il suo attuale stato, ma anche le ti successivamente al 1995 (ricadenti nel sistema contributi- eventuali malattie che possono svilupparsi, le percentuali di vo). Per coloro che abbiano avuto contributi in precedenza esito fausto e infausto delle stesse, nonché il programma (ricadenti nel sistema retributivo o misto) il limite per ottene- diagnostico per seguire l’evoluzione delle condizioni del pare il pensionamento di vecchiaia al momento del raggiungi- ziente e l’indicazione delle strutture specializzate ove svolgermento dell’età richiesta è di almeno 20 anni di contribuzione. lo, ovvero di specialisti esperti per formularlo, pur se a tal È verosimile che la confusione del suggerimento sia nata dal fine il paziente si deve allontanare dal luogo ove è in cura. fatto che per la pensione opzionabile con il sistema contributi- L’obbligo ha rilevanza giuridica perché integra il contenuto vo bastano almeno 5 anni ma, nel suo caso, ciò non è del contratto e qualifica la diligenza del professionista nelpossibile perché occorrono almeno 15 anni di contributi, di l’esecuzione della prestazione. La violazione di esso può determinare la violazione di diritti fondamentali e inviolabili cui 5 versati prima del 1995. (quali il diritto a esprimere la propria personalità, la libertà C L’INFORMAZIONE DIRITTO DEL PAZIENTE personale, la salute - articoli 2, 13 e 32 della Costituzione - il diritto alla vita, al rispetto della vita privata e familiare, alla Sono un dirigente medico responsabile di una formazione della famiglia: articoli 2, 8 e 12 della Convenziostruttura complessa di chirurgia. Desidero sapere ne europea dei diritti dell’uomo). F PERMESSI ALLATTAMENTO ANCHE AL PAPÀ Un dipendente della casa di cura ha chiesto di poter fruire del congedo cd. “per allattamento”, riducendo - di fatto - il suo orario di lavoro di due ore giornaliere. Posto che la moglie del lavoratore in questione è casalinga, siamo obbligati a concedere quanto richiesto? (P.S.) Con lettera circolare n. 15 del 12 maggio 2009, il ministero del Lavoro ha riconosciuto al lavoratore padre il «diritto a fruire dei congedi previsti dall’articolo 40, lettera c), del Dlgs 151/2001 (c.d. permessi giornalieri o di allattamento) anche nell’ipotesi in cui la madre svolga lavoro casalingo». Sul punto, inoltre, il suddetto ministero è nuovamente intervenuto con circolare del 16 novembre 2009, precisando, in aperta contrapposizione con quanto sostenuto dall’Inps con circ. n. 112 del 15 ottobre 2009 (poi corretta con nota del 25 novembre u.s.), che il suddetto diritto sorge senza che sia necessario, per il dipendente, produrre i «documenti attestanti l’effettiva impossibilità della madre di occuparsi del figlio». Pertanto la struttura, previa acquisizione della sola documentazione comprovante la nascita del bambino, dovrà concedere i permessi in questione al lavoratore padre. a cura di Giovanni Costantino (Studio Costantino) 26 MEDICINÆ 20-26 aprile 2010 Una infezione “sommersa” da contrastare con la diagnosi precoce e la prevenzione Cure su misura all’epatite C Selezionati i pazienti con buone probabilità di risposta agli antivirali L’ infezione da Hcv, il virus responsabile dell’epatite C, ha colpito una popolazione circa 4 volte superiore quella infettata dall’Hiv. Secondo i dati dell’Oms, l’infezione cronica C affligge circa 180 milioni di persone nel mondo e ogni anno si registrano 3-4 milioni di nuove infezioni. In Italia, secondo le stime, circa un milione di persone ha contratto infezione cronica con virus Hcv. Questi dati costituiscono la preoccupante realtà del “sommerso”, che riguarda un gran numero di persone che non sanno di essere infettate, proprio perché l’infezione decorre senza sintomi e si manifesta solo in stadio avanzato, in diversi casi causando gravi conseguenze come cirrosi e tumore del fegato. Allo stato attuale gli interventi di igiene primaria capaci di prevenire l’infezione si limitano all’interruzione della catena del contagio a livello di donazione di sangue e di strumenti medici infettanti. Nel soggetto cronicamente infettato, la ricerca farmacologica e l’intervento terapeutico hanno un ruolo chiave per eradicare il virus, contrastare la progressione della malattia, ridurre il rischio di sviluppare tumore epatico e migliorare la qualità di vita dei pazienti. La diagnosi e la selezione dei pazienti da trattare. A fronte del milione di italiani con infezione cronica da virus C, solo circa 30mila pazienti vengono sottoposti ogni anno al trattamento farmacologico. Il ristretto numero di pazienti avviati alle cure si spiega in primo luogo con l’asintomaticità clinica dell’infezione: in Italia, la maggioranza dei pazienti ha contratto l’infezione negli anni ’60-’70 attraverso trasfusioni di sangue infetto, prima che fossero disponibili test sierologici per Hcv (1990), oppure con l’uso di aghi, siringhe e altri strumenti riciclati e non sterilizzati. Solo una minoranza (30%) di tutti i pazienti con infezione acuta va incontro a spontanea guarigione, mentre della quota maggiore di infezioni che evolvono in forme croniche, circa il 30% progredisce in 20-30 anni a cirrosi, con conseguente rischio di sviluppare tumore del fegato. La diagnosi precoce aiuta a contrastare efficacemente la progressione della malattia e le sue gravi conseguenze, soprattutto quando il medico riesce a selezionare i pazienti con priorità di cura e maggiori probabilità di risposta ai farmaci In Italia un milione di malati cronici antivirali. La selezione dei pazienti da trattare si forma su un algoritmo gestionale che considera diversi fattori predittivi di risposta alle cure, tra cui l’età del paziente, la gravità della malattia, il genotipo infettante, l’aspettativa di vita, la presenza di co-fattori di malattia, la motivazione personale del paziente e le possibili controindicazioni al trattamento. Il trattamento. Lo standard di cura è la somministrazione sottocutanea di interferone peghilato associato a dosi orali di ribavirina che in un consistente numero di pazienti permette di eradicare l’infezione e prevenirne le più serie complicanze. Numerosi studi controllati hanno confermato l’efficacia e la sicurezza di questa terapia, e soprattutto hanno dimostrato la possibilità di ritagliare la cura a misura di ogni paziente: 24 settimane per pazienti infettati da genotipo 2 e 3 e 48 settimane per quelli infettati da genotipo 1 o 4. Soprattutto, con un semplice esame di sangue, è possibile guidare la durata della cura e interrompere il trattamento già nelle prime 12 settimane nei pazienti che non dimostrano rapida eliminazione del virus. Le ultime conferme sulla sicurezza e tollerabilità del trattamento vengono dallo studio italiano indipendente Mist recentemente pubblicato Gastroentero- logy. Lo studio da me condotto tra il 2003 e il 2007 presso il Centro Migliavacca per lo studio del fegato dell’Ospedale Maggiore-Università di Milano ha coinvolto oltre 400 pazienti italiani. I dati raccolti hanno dimostrato l’efficacia antivirale del peginterferone alfa-2a, e in particolare, il suo elevato profilo di sicurezza e tollerabilità. L’interferone viene iniettato per via sottocutanea una volta alla settimana in associazione alla somministrazione orale quotidiana di ribavirina, chemioterapico antivirale che stabilizza l’azione antivirale del peginterferone. Nello studio Mist il trattamento ha eliminato il virus in circa 5 pazienti su dieci infettati con genotipo Hcv1, in 9 pazienti su 10 di quelli infettati con genotipo 2 e in 7 su dieci di quelli infettati con il genotipo 3. La somministrazione monosettimanale di interferone è una notevole semplificazione della cura dell’epatite C, garantisce costante soppressione del virus e migliora nettamente la tollerabilità della terapia. Il futuro della ricerca è rappresentato dai farmaci antivirali diretti da associare all’attuale terapia duale peginterferone + ribavirina. Stu- di iniziali hanno riportato tassi di guarigione dell’infezione da Hcv1 del 75%, con riduzione del tempo di cura a sole 24 settimane. La qualità di vita. L’infezione cronica da virus Hcv spesso ha un impatto significativo sulla qualità di vita dei pazienti, sia dal punto di vista fisico che psicologico, fatto questo non percepito da tutti i medici curanti. Molti pazienti, dopo la diagnosi di infezione, vivono sensazioni di sconforto, rabbia, depressione e non di rado ricercano l’isolamento. Non pochi sperimentano problemi nella vita sessuale e sul posto di lavoro, dove sono talvolta vittime di discriminazioni spesso traumatiche. Una chiara informazione e comunicazione sulla malattia aiutano a combattere i tabù e le paure legati all’epatite C. La qualità di vita costituisce quindi una priorità, di cui si interessa a pieno titolo la ricerca scientifica. «Mist» promuove l’interferone Massimo Colombo Ordinario di Gastroenterologia, Università degli studi di Milano. Direttore Uo Gastroenterologia 1, Fondazione Irccs Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico LE RICHIESTE DI FEDEMO PER LA GIORNATA MONDIALE DELL’EMOFILIA DEL 17 APRILE «U niti per garantire a tutti cure adeguate» è lo slogan scelto dalla World Federation of Emophilia (Wfh) e pienamente condiviso dalla Federazione delle associazioni Emofilici (FedEmo) in occasione della Giornata mondiale dell’Emofilia, celebrata sabato 17 aprile. La Wfh è la massima organizzazione mondiale per la divulgazione scientifica dell’emofilia nel mondo, attiva con numerosi progetti umanitari nei Paesi in via di sviluppo. La FedEmo, è nata in Italia nel 1996 con l’obiettivo di informare, educare, stimolare e coordinare tutte le attività volte al miglioramento dell’assistenza clinica e sociale degli emofilici. Insieme alla Fondazione Paracelso, promuove il potenziamento della ricerca scientifica nei settori delle malattie della coagulazione e della terapia genica. L’emofilia, ed in generale tutte le malattie emorragiche congenite (Mec), sono malattie rare, causate dalla mancanza nel sangue di una proteina (Emofilia A, deficit di fattore VII o Emofilia B, deficit di fattore IX) necessaria per la normale coagulazione. In Italia sono stati diagnosticati oltre 6.600 casi di Mec. La prevalenza per l’emofilia A è di 4,8 pazienti su 100mila abitanti, mentre per l’emofilia B è di un paziente su 100mila. Si tratta di una patologia a bassa prevalenza, che però richiede, come accade del resto per tutte le malattie rare, competenze specifiche per la diagnosi, terapie mirate ed elevata intensità di cure. Per far fronte ai biso- «Standard Ue per le malattie emorragiche» gni complessi dei pazienti e delle loro famiglie, a livello di Ssn è necessario un uso razionale delle risorse e l’organizzazione di una rete articolata di servizi centrati sui centri di diagnosi e cura. Le persone affette da emofilia rischiano di sviluppare emorragie a livello dei diversi organi e tessuti; quando a essere colpite ripetutamente sono le articolazioni possono svilupparsi importanti disabilità motorie. Il trattamento, consiste nella terapia sostitutiva, cioè nella somministrazione endovenosa del fattore mancante, eseguita in genere dal paziente o dai suoi familiari al momento dell’insorgenza dell’emorragia o in profilassi. Fino a pochi anni fa l’unico modo per ottenere questi fattori era quello di concentrarli partendo dal plasma di molti donatori; oggi sono disponibili tecniche di ingegneria genetica che permettono di ottenere fattori di sintesi (cosiddetti ricombinanti). Un’intera nuova generazione di emofilici, grazie alla disponibilità del trattamento sostitutivo e alle conoscenze cliniche acquisite con la ricerca, anche grazie all’azione dell’Associazione italiana dei centri emofilia, “potrebbe” vivere una situazione rassicurante dal punto di vista medico: l’aspettativa di vita è, infatti, sovrapponibile a quella della popolazione generale. Ma esistono ancora delle criticità, soprattutto per quanto concerne l’accesso alle cure. In Italia si osserva una estrema variabilità territoriale nell’of- Le richieste dei pazienti ● ● ● ● ● ● ● ● ● ● Accesso omogeneo sul territorio nazionale a centri, farmaci e trattamenti intensivi ad alto costo Sostegno alla ricerca e alla formazione di nuovi specialisti Supporto alle iniziative di informazione e formazione Autorizzare l’autoinfusione domiciliare tutto il territorio nazionale (oggi regolamentato solo in undici Regioni) Provvedimenti normativi finalizzati a favorire un uso razionale ed etico del Fattore VIII in eccedenza rispetto al fabbisogno nazionale Adeguamento della legge sull’invalidità e applicazione omogenea della legge 104/1992 Attenzione socio-sanitaria ai soggetti più vulnerabili Accesso per tutti gli aventi diritto (di cui 600 emofilici) al percorso transattivo in tempi trasparenti e certi Aggiornamento della legge 210/1992 sull’indennizzo Avvio di una indagine indipendente per la ricostruzione storica, extragiudiziaria, degli eventi che hanno determinato l’epidemia e la strage degli anni ’80 da plasma infetto ferta assistenziale ai pazienti con malattie emorragiche congenite (Mec), con conseguente crescente pendolarismo e costi socio-sanitari a carico delle famiglie. Per ovviare a tale disomogeneità, la FedEmo si è fatta promotrice, attraverso la Commissione salute della Conferenza Stato-Regioni, dell’avvio di un percorso per la definizione dei requisiti minimi strutturali tecnologici e organizzativi per l’accreditamento istituzionale dei centri e servizi per la diagnosi e la cura delle Mec sul territorio nazionale. Questo però è solo un aspetto dell’impegno che ci si aspetta da parte delle istituzioni. Nel corso di un incontro avuto con la Commissione Igiene e sanità del Senato giovedì 15 apri- le i rappresentanti di FedEmo hanno richiesto che gli «Haemophilia Principles of Care» documento presentato al Parlamento europeo il 27 gennaio 2009, che identifica i dieci principi cardine del trattamento delle Mec - siano riconosciuti come essenziali e attuati anche a livello delle istituzioni italiane. La Commissione, presieduta dal senatore Antonio Tomassini, ha espresso la piena disponibilità a sottoscrivere il documento che allinea la pratica clinica Italiana all’Europa, e a mantenere un’approfondita riflessione sull’accreditamento regionale dei centri. Nella stessa sede, si è inoltre discusso del tema giustizia. Negli anni ’70 e ’80, a seguito del trattamento con emoderi- vati, migliaia di emofilici hanno contratto i virus dell’epatite e/o dell’Hiv. In Italia, secondo i dati della Fondazione Paracelso, 500 emofilici sono stati infettati dal virus Hiv (di cui 250 deceduti) e oltre 1.500 dai virus dell’epatite. Nel mondo, molti Stati hanno attivato misure compensatorie del danno. Lo Stato italiano, su spinta dei pazienti, ha concesso un primo ristoro economico attraverso la legge 210 del 1992, che prevede un indennizzo a favore di chi ha contratto virus da trasfusioni ed emoderivati (si trata di un assegno di circa 600 euro mensili). In assenza di una chiara definizione delle responsabilità da parte degli organismi istituzionali preposti, i pazienti hanno intrapreso azioni legali in sede penale e civile per ottenere un equo riconoscimento di tutti i loro diritti. Il ministero della Salute, nel rispetto di quanto stabilito nella legge Finanziaria per il 2008, e nel decreto-legge collegato, si avvia a definire accordi transattivi con i soggetti che abbiano subito un danno da trasfusioni, somministrazioni di emoderivati infetti e vaccinazioni obbligatorie, allo scopo di estinguere una notevole parte del contenzioso in materia di risarcimento del danno, instaurato prima del 1˚ gennaio 2008, e su cui non si sia nel frattempo formato un giudicato. Sono giunte complessivamente oltre 6.500 istanze di cui 5.445 per via informatica: l’istruttoria ha avuto inizio il 20 gennaio. La Fedemo ritiene essenziale che sia avviata un’indagine indipendente (auspicabile da parte di una commissione parlamentare) finalizzata a una ricostruzione storica, in sede extragiudiziale, degli eventi che hanno determinato la strage da plasma infetto degli anni ’80. Nel corso dell’incontro con FedEmo il presidente Tomassini ha definito «essenziale la sottoscrizione degli “Haemophilia Principles of Care”, per garantire a tutti i pazienti un trattamento adeguato a cura di specialisti opportunamente formati» e ha definito «doveroso l’impegno delle istituzioni affinché tali principi siano accolti nell’organizzazione dei servizi di assistenza e nel percorso di accreditamento dei centri e servizi di diagnosi e cura». Per il vicepresidente, senatore Daniele Bosone, «L’attenzione del Parlamento nel formulare e promulgare le leggi in materia di malattie rare, nel caso di patologie come le Mec dovrebbe puntare in particolare a favorire l’integrazione sociale dei pazienti e dei loro familiari, evitando discriminazioni che risulterebbero ingiustificate rispetto ai progressi scientifici attuali» ed è fondamentale «che il ministero velocizzi l’istruttoria delle domande di risarcimento presentate dai pazienti infettati». Gabriele Calizzani Presidente FedEmo LA GIURISPRUDENZA 20-26 aprile 2010 27 CONSIGLIO DI STATO/ Legittimo un bando per l’affitto di immobili destinato ai soli generalisti Mmg, «sì» alla gara riservata La ratio: gli obiettivi di tutela della salute prevalgono su quelli economici I nutile protestare: una società a totale o di gara e delle relative clausole in modo da prevalente capitale pubblico può ben deci- conseguire l’interesse pubblico affidato alle dere di riservare una gara per la concessio- sue cure». Nella fattispecie, «la gara in questione non ne di immobili in locazione ai soli medici di medicina generale convenzionati. Con l’obietti- ha per oggetto la mera concessione in locaziovo esplicito «di facilitare l’accesso alle cure e ne di locali commerciali, bensì la concessione di migliorare il servizio di assistenza medica a di locali per l’esercizio di attività di studi medifavore della collettività, in base a quanto previ- ci ed è pertanto del tutto ragionevole che a tale gara possano partecipare solo quei soggetti che sto dallo statuto e dalle direttive regionali». A chiarirlo è il Consiglio di Stato (decisio- possano esercitare la professione medica». Del ne n. 1999/2010, depositata il 9 aprile scorso) resto, la stessa ditta appellante ha affermato che ha accolto l’appello della società (il cui che, in caso di aggiudicazione, avrebbe acquisioggetto sociale è la gestione delle farmacie di to gli immobili in locazione per sub-locarli ai medici e così incassato introiti un Comune lombardo), riforsuperiori a quelli corrisposti mando due sentenze del Tar ON LINE dai camici bianchi. Ma questa Lombardia, sezione staccata I testi delle sentenze finalità - sottolinea la decisiodi Brescia. ne - «è del tutto estranea e Il tribunale amministrativo, www.24oresanita.com comunque recessiva rispetto nel 2009, aveva accolto le doalla prioritaria finalità pubbliglianze di una ditta del settore immobiliare e aveva annullato il bando: a suo ca del bando» di migliorare il servizio sanitaavviso, la limitazione della partecipazione alla rio. In altre parole, non può sostenersi «l’illegitgara ai medici di famiglia era illegittima, per- timità di una procedura di gara pubblica per il ché fonte di disparità di trattamento, e immoti- solo fatto che l’amministrazione non abbia intevata, perché il rispetto dei princìpi generali in so privilegiare esclusivamente o in modo pretema di gare pubbliche imponeva la più ampia ponderante l’aspetto economico-finanziario ripartecipazione dei soggetti interessati alla loca- spetto ad altri interessi pubblici». Come la tutela della salute pubblica. zione degli immobili. La gara è dunque pienamente valida. Per Palazzo Spada non è d’accordo. Ricordando l’oggetto sociale e lo statuto della società l’agenzia una magra consolazione: data la «pelocataria, che le riconoscono anche la facoltà culiarità» delle questioni trattate i giudici handi effettuare assistenza domiciliare e gestire no compensato le spese di giudizio. servizi per anziani e disabili in strutture ad hoc, Manuela Perrone il Consiglio di Stato difende il potere della Pa di determinare «l’esatto contenuto di un bando © RIPRODUZIONE RISERVATA CORTE DEI CONTI LOMBARDIA Il punto sulle consulenze nella Pa L a cerimonia di apertura dell’anno giudiziario 2010 della Corte dei conti della Lombardia del 19 febbraio scorso è stata l’occasione anche per segnalare le principali sentenze del 2009 che hanno riguardato, tra l’altro, i giudizi di responsabilità amministrativo-contabile inerenti alle consulenze e agli incarichi professionali. Criteri di prudenza e ponderatezza. Con sentenza 165/2009 la Corte dei conti della Lombardia, nell’esaminare la causa riguardante le consulenze e gli incarichi professionali conferiti da un ente pubblico ha osservato che, nel processo contabile, l’atto della Pa è rilevante come fatto giuridico produttivo di danno erariale; pertanto al giudice contabile è consentito vagliare l’attività discrezionale degli amministratori verificandone sia la rispondenza ai criteri di legittimità, razionalità e congruità, sia la compatibilità con le finalità di pubblico interesse perseguite dall’ente per stabilire se la scelta risponda ai criteri di prudenza e ponderatezza cui deve ispirarsi l’azione dei pubblici poteri. Princìpi di indipendenza, imparzialità e buon andamento. La Corte ha ribadito che la Pa deve trovare le risorse per lo svolgimento delle proprie funzioni nell’ambito dei propri apparati, rimanendo eccezionale il ricorso a collaborazioni esterne, che devono essere rivolte a obiettivi determinati, limitate nel tempo, di elevato contenuto professionale e autorizzate da norma specifica se finalizzate alla diretta collaborazione con le autorità politiche. Restrizioni in linea con i princìpi costituzionali di indipendenza, imparzialità e buon andamento dei pubblici uffici. Criteri di pubblicità, economicità, trasparenza. Per reclutare personale presso la Pa, è necessario rispettare i criteri di pubblicità, economicità, trasparenza e verificabilità del possesso dei requisiti professionali richiesti riguardo alla posizione da ricoprire. Con sentenza 2880/2009, la Corte dei conti della Lombardia si è interessata della dotazione di personale dell’ufficio stampa, iscritto all’albo dei giornalisti, che può essere costituita, ai sensi della legge 150/2000, anche da «personale estraneo» alla Pa, purché «in possesso dei titoli individuati dal regolamento di cui all’art. 5». Modalità di reclutamento. Sono quelle tipiche del reclutamento dall’esterno di specifiche professionalità non disponibili all’interno della struttura, con predeterminazione della durata, del luogo, dell’oggetto e del compenso della collaborazione. Per l’individuazione dei profili professionali dell’ufficio stampa, il possesso del diploma di laurea rappresenta un requisito imprescindibile dei soggetti esterni. Se fosse possibile sostenere che l’incarico sia da assimilare a una funzione di staff non dirigenziale sarebbe necessario richiedere che il non laureato supplisca alla carenza con una competenza e una capacità tali da essere equiparate a quelle di chi ha conseguito il titolo. Procedura selettiva. Il potere di nomina non è espressione di scelte del tutto libere, dovendo comunque scaturire dalla valutazione obiettiva dei requisiti professionali e delle capacità dei soggetti interessati. I compensi corrisposti dall’ente pubblico per incarichi, indebitamente conferiti a soggetti esterni, in difformità ai parametri di legittimità sopra evidenziati, comportano una responsabilità amministrativa per danno erariale. Discrezionalità e sindacabilità. Nel giudizio sulla responsabilità amministrativa per il danno da conferimento di incarichi e consulenze esterne (sentenza 324/2009), non si viola l’insindacabilità del merito delle scelte discrezionali della Pa: al giudice contabile spetta un potere sindacatorio delle scelte discrezionali delle Pa per impedire la lesione dei princìpi di imparzialità e buon andamento. Controllo della conformità dell’azione amministrativa. Con sentenza 473/2009, sempre in materia di incarichi e consulenze esterne, la sezione lombarda ha sottolineato che l’intervenuta soppressione, ai sensi della legge 127/1997, del parere di legittimità del segretario (comunale o provinciale) su ogni proposta di delibera sottoposta alla Giunta o al Consiglio, non esclude che permangano in capo al segretario una serie di adempimenti e la specifica funzione di garante della legalità e correttezza amministrativa dell’azione dell’ente locale. Volendo fare un paragone con le aziende del Ssn è una funzione assimilabile a quella del direttore amministrativo. Pier Paolo Balzamo © RIPRODUZIONE RISERVATA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA Paletti al tetto per stranieri negli atenei I l numero chiuso nelle facoltà di Medicina per gli studenti universitari stranieri è accettabile solo se l’obiettivo è quello di garantire un alto livello di tutela della salute pubblica. È quanto stabilisce una sentenza della Corte di giustizia europea a proposito delle decisioni della comunità francese in Belgio, adottate dal 2006, di fissare una quota del 30% di studenti stranieri nelle proprie facoltà di Medicina per arginare l’afflusso di aspiranti medici e paramedici proveniente soprattutto dalla Francia. La Corte Ue (causa 73/08, pronuncia del 13 aprile scorso) precisa innanzitutto che «gli Stati membri sono liberi di optare per un sistema di istruzione fondato sul libero accesso alla formazione - senza limiti di iscrizione del numero degli studenti - ovvero per un sistema fondato su un accesso regolato che selezioni gli studenti. Tuttavia (...) le modalità del sistema scelto devono rispettare il diritto dell’Unione e, in particolare, il principio di non discriminazione in base alla nazionalità». A dettare legge, in linea generale, sono gli articoli 18 e 21 del Trattato che stabiliscono la libertà di circolazione e soggiorno per i cittadini Ue. E sicuramente la normativa belga «crea una disparità di trattamento» tra studenti residenti e non. Ma ogni regola ha la sua eccezione. La disparità potrebbe essere infatti «obiettivamente giustificata». Il Governo belga ha avanzato due giustificazioni. La prima - il timore di eccessivi oneri di finanziamento per l’istruzione superiore - secondo i giudici del Lussemburgo non regge. La seconda, invece - l’esigenza di tutelare la Sanità pubblica salvaguardando il livello qualitativo dell’insegnamento in considerazione dei limiti relativi alla capacità di accoglimento degli istituti e alla disponibilità di perso- nale - potrebbe essere valida. «Non può essere escluso a priori - si legge nella sentenza che un eventuale abbassamento del livello qualitativo della formazione di futuri professionisti nel settore sanitario possa pregiudicare, nel tempo, il livello qualitativo dell’assistenza sanitaria fornita sul territorio». Né può sottacersi il rischio di una penuria futura di operatori sanitari disposti a lavorare sul territorio interessato. La Corte costituzionale belga dovrà valutare per prima cosa la sussistenza concreta di questi rischi, sulla base delle prove fornite dalle autorità nazionali. Poi dovrà verificare se la normativa sia idonea a scongiurarli e non eccessiva rispetto all’obiettivo. Infine, dovrà verificare se esistano misure alternative meno restrittive ma ugualmente efficaci. M.Per. © RIPRODUZIONE RISERVATA 28 20-26 aprile 2010