LE IMPRESE ARTIGIANE DELLA CAMPANIA LE IMPRESE ARTIGIANE DELLA CAMPANIA NEL CONTESTO DELL’ECONOMIA ILLEGALE: LE DIFFICOLTÀ DEGLI IMPRENDITORI Alfonso Marino Il fenomeno, la sua definizione Nel 2008 il valore aggiunto prodotto nell’economia non direttamente osservata (Endo) è compreso tra un minimo del 15,3% del Pil (pari a circa 227 miliardi di euro) e un massimo del 16,9% (circa 250 miliardi di euro), stima dell’ Istituto Nazionale di Statistica. In questa forbice si colloca il settore: il primo in Italia. La tenuta dell’Endo e la sua crescita da alcuni decenni a questa parte risiedono e prosperano in imprese e attività economiche di varia natura appartenenti al circuito spesso difficile da individuare di economia, illegale, sommersa e informale. Il mezzogiorno, non solo, ma in primis il Mezzogiorno è area di crescita dell’Endo. La comprensione del fenomeno è indispensabile, perché è collegato ad alcuni obiettivi di politica economica locale, nazionale ed europea che vengono definiti dalle istituzioni governative, dall’accademia, dagli operatori economici, importanti. In quest’ambito è utile sottolineare come l’Endo nelle sue diverse manifestazioni di economia sommersa, illegale e informale ostacola la crescita economica, lo sviluppo di opportunità d’impresa, la diffusione della democrazia. 117 118 Quaderni di ricerca sull’artigianato L’Endo (economia illegale, sommersa e informale) presenta robusti problemi di misurazione statistica. Le attività illegali sono quelle proibite dalla legge (ad esempio, la produzione di droghe), o che possono essere legali considerate in sé ma non quando siano condotte da soggetti non autorizzati (ad esempio, la pratica di una professione senza autorizzazione). La produzione illegale è quindi classificata in due categorie: (1.a) produzione di beni e servizi la cui vendita, distribuzione o possesso sono proibiti dalla legge; (1.b) attività produttive legali realizzate da persone non autorizzate. Entrambi i tipi di produzione sono inclusi all’interno della frontiera di produzione del sistema contabile, a patto di essere veri e propri processi produttivi che risultino in beni e servizi per i quali esista un’effettiva domanda sul mercato. Nel raccomandare l’inclusione delle attività illegali all’interno della frontiera di produzione, esiste una distinzione chiara tra le transazioni per le quali esiste mutuo consenso tra compratore e venditore (ad esempio la vendita di droghe o di merce rubata, la prostituzione), che sono incluse, e le altre attività dove tale accordo è (ad esempio, l’estorsione, il furto), escluso. Bisogna infatti prestare attenzione al fatto che un’attività illegale può essere o produttiva o redistributiva; soltanto la prima ha un impatto sulla stima del PIL, mentre la seconda non implica creazione di valore aggiunto. L’economia sommersa indica l’insieme della produzione legale di cui la pubblica amministrazione non ha conoscenza per diverse ragioni: (2.a) evasione fiscale (delle imposte sul reddito, sul valore aggiunto o di altre tasse); (2.b) evasione di contributi sociali; (2.c) non osservanza di regole dettate dalla legge relativamente a: salario minimo, numero massimo di ore di lavoro, sicu- LE IMPRESE ARTIGIANE DELLA CAMPANIA rezza sul lavoro; (2.d) mancato rispetto di norme amministrative, come nel caso della mancata compilazione dei questionari statistici o di altri moduli amministrativi. Le attività sommerse possono far parte del sommerso economico, che comprende le attività caratterizzate dalla deliberata volontà di non rispettare le norme di legge al fine di ridurre i costi di produzione, oppure del sommerso statistico, che comprende le attività non rilevate a causa delle inefficienze del sistema statistico, nel censire le unità produttive non identificabili in specifici luoghi di lavoro (ad esempio ambulanti, liberi professionisti, consulenti). Il confine tra sommerso e produzione illegale nella realtà economica è sfumato, anche se la contabilità nazionale distingue tra i due concetti, per quanto arbitraria possa essere tale distinzione. Per chiarire questo punto, occorre aggiungere due ulteriori osservazioni che definiscono illegale un’attività: illegalità in senso stretto si riferisce ad atti di violazione della legge penale, illegalità in senso lato si riferisce alle attività che infrangono la legge attraverso la violazione di norme riguardanti tasse, contributi sociali, alcuni standard legali come il salario minimo, il numero massimo di ore lavorate, norme sanitarie e di sicurezza. Per definire il settore informale, bisogna fare riferimento a unità istituzionali produttive caratterizzate da: (3.a) basso livello di organizzazione; (3.b) poca o nessuna divisione tra lavoro e capitale; (3.c) relazioni di lavoro basate per lo più sull’occupazione occasionale, parentela o relazioni personali in contrapposizione ai contratti formali. In questo settore, il proprietario è totalmente responsabile per tutti gli obblighi finanziari e non finanziari contratti per l’attività produttiva in questione. Le attività informali non vengono necessariamente svolte per evadere le tasse o i contributi 119 120 Quaderni di ricerca sull’artigianato sociali, mentre è questo il motivo sottostante l’economia sommersa e illegale. Il ruolo delle Università è fondamentale per lo sviluppo e l’approfondimento di questi temi, anche se i gruppi disciplinari e interdisciplinari che si legano al tema dell’ Endo stentano ad identificarsi tra gli atenei e il livello internazionale di attenzione sul tema dell’Endo in Italia – perché il fenomeno è forte nel mezzogiorno ma, avanza anche nel resto del Paese – è alta in concomitanza di eventi ma sopisce durante il tempo normale, tempo nel quale il fenomeno continua ad esserci. Allo stesso modo è difficile trovare attenzione continua da parte delle imprese colpite dal fenomeno. Questa critica è anche accompagnata da comportamenti e pratiche positive, infatti, le imprese, le università, in quei luoghi dove l’Endo prospera, rappresentano con la loro vitalità, la presenza di giovani studenti che frequentano e vivono in quel territorio, i progetti di ricerca, le lezioni tenute nei corsi ufficiali da imprenditori e nei seminari di confronto, occasione di riflessione singola e collettiva, approfondimento scientifico e culturale. Tutte queste attività tentano di imporre una distanza tra le regole del vivere civile, della prospettiva democratica e la presenza spesso opprimente di comportamenti illegali, informali e sommersi diffusi. Le fonti teoriche dell’Endo Data la particolarità dell’oggetto di misurazione, è palese la difficoltà di definire una metodologia unica per osservare il fenomeno. L’insieme delle tecniche e degli approcci utilizzati è determi- LE IMPRESE ARTIGIANE DELLA CAMPANIA nato, oltre che dal sistema di informazioni statistiche disponibili, anche dalle caratteristiche con le quali il fenomeno si presenta. I diversi approcci, che hanno dato luogo a differenti stime in Italia, possono essere classificati in diverse categorie: metodi diretti basati sulla raccolta di informazioni statistiche e/o amministrative presso le imprese e le famiglie, controlli fiscali e indagini speciali, sono i principali strumenti utilizzati; metodi indiretti basati su modelli econometrici: all’interno di questa categoria possiamo collocare l’approccio monetario che si propone, pur con diverse articolazioni, di stimare l’ampiezza del fenomeno attraverso la relazione che si ipotizza esistere tra quest’ultima e le variazioni della velocità di circolazione della moneta. L’idea sottostante a questo approccio è che quella parte di transazioni sui beni e servizi nel sistema economico che sfugge all’osservazione e alla misurazione statistica possa essere quantificata grazie alle informazioni derivanti dalle statistiche finaziarie; metodi indiretti che si basano sulla integrazione tra fonti, ossia sulla possibilità di misurare lo stesso aggregato economico usando fonti informative che lo osservano da differenti punti di vista, come quello della produzione e del consumo. Le eventuali discrepanze tra le diverse stime possono costituire il punto di partenza per misurare le attività sommerse; metodi misti che utilizzano combinazioni dei precedenti metodi. Studi recenti in materia di Endo hanno avuto una notevole risonanza a livello internazionale. In particolare, i risultati dei lavori effettuati da Schneider hanno costituito la base informativa principale per il rapporto ufficiale della Commissione europea. Si è di fronte, in questi casi, ad analisi che utilizza- 121 122 Quaderni di ricerca sull’artigianato no approcci e impostazioni teoriche molto diverse tra loro i cui risultati, quindi, non sono facilmente e direttamente comparabili. L’approccio usato che si colloca nel filone dell’analisi delle discrepanze (tra dati fiscali e dati statistici, tra dati di offerta e domanda), cerca di quantificare quanta parte dell’ Endo sia compresa nei conti nazionali, assumendo che le stime ufficiali riescano a cogliere questo fenomeno. Alcune considerazioni sullo studio di Schneider. Il lavoro di Schneider, si colloca pienamente nell’ambito dei metodi indiretti ed utilizza in particolare un approccio basato sulla domanda di moneta (currency demand approach), nell’ipotesi secondo cui le transazioni dell’ Endo avvengono per cassa, in modo da non lasciare “tracce” nel sistema bancario. Il metodo della domanda di moneta va incontro a molteplici obiezioni (del resto già indicate e discusse dallo stesso Schneider ma raramente richiamate), fra le quali segnalo le seguenti: non necessariamente tutte le transazioni vengono effettuate per cassa; soprattutto nei paesi dove sono meno efficienti e capillari i controlli di natura fiscale, non è improbabile che i pagamenti avvengano anche ricorrendo ad altri mezzi; l’aumento della domanda di moneta può essere dovuto ad una riduzione della domanda di depositi o ad altre cause interne ai meccanismi di funzionamento del mercato monetario e creditizio; LE IMPRESE ARTIGIANE DELLA CAMPANIA la velocità di circolazione della moneta può essere non identica nell’economia ufficiale e nell’ Endo; la stima del prodotto non rilevato a partire dalla misurazione della domanda di denaro circolante dell’ Endo risulterebbe quindi non del tutto significativa. Stime specifiche sulla velocità di circolazione della moneta nelle due economie, regolare ed Endo, andrebbero inoltre formulate per ciascuno delle regioni italiane. Sul piano dei risultati, ricordiamo le conclusioni alle quali Schneider perviene: il peso dell’Endo è in rapida crescita nell’ultimo quarantennio. L’Endo in Italia L’ampia diffusione del fenomeno comprende in Italia diversi settori e quindi specifiche modalità di misurazione. Per ragioni di sintesi è utile elencare per punti nella tavola 1 sia i settori che gli strumenti utilizzati. Tavola 1 Settori e strumenti utilizzati per misurare Endo strumenti Il prodotto tra quantità e prezzo La spesa dichiarata e quella del settore Voci dirette di costi e ricavi dei bilanci Redditi distribuiti Il prodotto di unità di lavoro e valori medi pro - capite settore Agricolo, energetico, costruzioni Locazioni, settori privati d’insegnamento, ricerca, sanità, spettacolo, servizi ricreativi Credito, assicurazioni, aziende pubbliche Servizi non di mercato Industria manifatturiera e servizi privati 123 124 Quaderni di ricerca sull’artigianato Alla specificità degli strumenti elencati nella tavola precedente si affiancano le indagini campionarie relative alla spesa delle famiglie per specifici servizi. (tavola 2) Tavola 2 spese delle famiglie e settori per Endo famiglie Spese per pasti e consumazioni fuori casa Spese per riparazioni autoveicoli Spese per manutenzione delle abitazioni Spese per le vacanze Spese multiscopo settore Bar e ristoranti OfÞcine di riparazione Costruzioni e imprese edili alberghiero Collaboratori domestici Risulta evidente che tutto questo sforzo di controllo e misurazione è valutabile in termini di stime perché le transazioni elencate (tavola 1 e 2) sono difficile da verificare e quindi il fenomeno è la sua copertura risente di questa impostazione. Le difficoltà evidenziate possono essere corrette attraverso altri metodi, – stime dell’input1 - che comunque copre in modo parziale il fenomeno. L’Endo però rappresenta un modalità culturale e di riferimento per molte imprese e al tempo stesso è modalità lavorativa diffusa nella nostra penisola. In particolare in Campania la stima del fenomeno è 1 la stima dell’input, prevede i seguenti correttivi: armonizzazione temporale e territoriale delle fonti; correzione dei principali errori nelle fonti dal lato dell’offerta di lavoro (ad esempio, riguardo alla classificazione per attività economica di coloro che si sono dichiarati occupati); armonizzazione concettuale alle definizioni proprie della contabilità nazionale, in particolare secondo il concetto di “occupazione interna” sottostante il PIL; integrazione separata delle fonti dal lato dell’offerta e dal lato della domanda di lavoro; confronto delle fonti e quantificazione dei vari segmenti individuabili di occupazione, in termini di “posizioni lavorative”; trasformazione in “unità di lavoro” equivalenti a tempo pieno. LE IMPRESE ARTIGIANE DELLA CAMPANIA pari ad 11,1 miliardi di euro, in Lombardia è di 10,9 miliardi di euro. Campania e Lombardia, collocate al sud e al nord dell’Italia sono al primo e secondo posto della classifica riguardante il fenomeno dell’Endo. L’Endo nella regione Campania: metodologia Il fenomeno che osserviamo nella regione Campania, ma è verificabile in molte altre aree del meridione d’Italia è riferito all’economia illegale. Il motivo di questa scelta è dettato dalla difficoltà di raccogliere e verificare le fonti delle attività illegali, come affermato nei precedenti paragrafi. Alla scarsa disponibilità dei dati si è deciso di affiancare l’osservazione diretta. Osservazione diretta che si è concretizzata con un questionario alle imprese artigiane, dedicato all’economia illegale. Le imprese artigiane rappresentano nella regione Campania un patrimonio di esperienza e cultura del lavoro in forte crisi e al tempo stesso evidenziano difficoltà di accesso al credito e dunque la necessità di recuperare liquidità dall’attività produttiva e lavorativa senza ampliare i contatti e le relazioni con forme di economia diffuse sul territorio e classificate come Endo. Dal punto di vista della composizione geografica, il campione è significativo della distribuzione percentuale effettiva delle imprese tra le province della regione Campania. Sono state effettuate per ogni provincia 80 interviste con visita nelle imprese artigiane per un totale di 400 imprenditori – artigiani intervistati e altrettante imprese visitate. I settori produttivi analizzati sono elencati di seguito: 125 126 Quaderni di ricerca sull’artigianato attività manifatturiera; edilizia; commercio al dettaglio; alberghi e ristoranti; servizi alle imprese. Il questionario si compone di tre pagine con una anagrafica di riferimento molto leggera e sezioni che attengono alla percezione da parte dell’intervistato del: grado di diffusione dell’economia illegale nel settore dell’intervistato; grado di diffusione dell’economia illegale nella provincia dell’intervistato; grado di diffusione dell’imposizione di manodopera; grado di diffusione dell’imposizione di fornitura. Risultati Una sintesi dei risultati viene presentata nel presente paragrafo. Il primo set di domande attiene alla presenza di economia illegale nel settore degli imprenditori intervistati. Le domande sono riferite sia alla percezione del fenomeno che ad esperienze personali vissute dall’imprenditore intervistato. La prima considerazione, figura 1, attiene all’elevato numero di artigiani che dichiara la presenza di economia illegale nel proprio settore di riferimento. LE IMPRESE ARTIGIANE DELLA CAMPANIA Il valore 79% è riferito al totale dei 400 intervistati2. L’età media degli intervistati e di 52 anni, il sesso è maschile (95%), il titolo di studio è: 32% diploma di istituto tecnico, 18% diploma di istituto alberghiero, 45% licenza media, 5% laurea. La media di appartenenza al settore degli intervistati è di 15 anni. Nella figura 2, sintesi del set di domande relativo al grado di diffusione dell’economia illegale nel settore dell’intervistato, il dato generale viene scomposto per settore di appartenenza cosi come indicato nel paragrafo 5. Il riferimento alla presenza elevata di economia illegale è forte in tutti i settori ed è pari per il totale del campione al 24,3%. Questo dato è preoccupante se sommiamo anche la modalità “diffusa”, dunque percepibile, palpabile, forse, “con la quale si convive”. La somma è pari al 78,9%. L’elevata presenza di economia illegale è riferita al settore del commercio e manifatturiero, al settore della ristorazione, dei servizi alle imprese e settore edile. La modalità “diffuso” vede al primo posto il settore edile, seguito dai servizi alle imprese e poi dai re2 Il totale delle imprese artigiane censite, in Campania sono comprese nell’intervallo tra 50 e 60 mila. Quelle scelte per l’indagine diretta sono nei settori con maggiore presenza di imprese. 127 128 Quaderni di ricerca sull’artigianato stanti settori considerati. Se sommiamo le due modalità, “elevata” e “diffusa” il fenomeno analizzato vede al primo posto il settore dell’edilizia con il 79,3 seguito dal settore dei servizi alle imprese. Il dato è stato disaggregato per provincia di appartenenza come evidenziato nel paragrafo 5. La percezione della presenza di economia illegale nell’area nella quale operano gli intervistati è presentata – sempre in modo sintetico - nella figura 3. La presenza di economia illegale nelle diverse province presenta forti elementi di diversità. Le due province nelle quali viene valutata sicura l’attività nella quale operano gli intervistati sono quelle di Avellino e provincia con il 31,1% e Benevento e provincia con il 39,2%. Siamo al di sotto del 40% ma distanti da Caserta e provincia che presenta la percentuale del 9,5 degli intervistati che dichiara di svolgere la propria attività in modo sicuro. Il campione evidenzia che esistono due blocchi: gli imprenditori di Caserta e Napoli con le rispettive province affermare che la presenza di economia illegale determina “elevato rischio” e “forte rischio” per le proprie attività. All’opposto gli imprenditori di Benevento e Avellino con le relative province di- LE IMPRESE ARTIGIANE DELLA CAMPANIA chiarano una minore propensione alla presenza di economia illegale nella propria area di attività. La minore propensione è comunque riferita al 17,4 di Avellino e provincia e al 11,5 di Benevento e provincia, dunque un fenomeno robusto, preoccupante ma minore se consideriamo il blocco Caserta e Napoli con il 41,3 e 37,3. Salerno presenta andamento diverso. Il fenomeno dell’economia illegale viene giudicato diffuso dagli intervistati con una presenza minima di “elevato rischio” ed una altrettanto sicurezza percepita dagli imprenditori intervistati. La maggioranza degli intervistati si colloca nella modalità “forte rischio”. Il fenomeno dunque, in questa provincia e nel suo capoluogo, non è ancora radicato ma in via di diffusione e quindi con una elevata possibilità di radicarsi in quel territorio che non è ancora abituato alla presenza di economia illegale diffusa. 129 130 Quaderni di ricerca sull’artigianato Nella figura 4 che segue, presentiamo la percentuale di risposte relative alla ”diffusione dell’imposizione di manodopera” come uno dei fenomeni appartenenti all’economia illegale presente nei diversi territori e all’interno della regione. Caserta e provincia e Napoli e provincia presentano i valori più elevati con il 26,9% e il 32,1%. Al terzo posto c’è Salerno e provincia con il 21,8%. Questo dato conferma quello evidenziato e commentato nella figura 3. Benevento e provincia e Avellino e provincia si attestano con percentuali diverse e confermano la maggiore criticità all’interno della regione campania per l’asse geografico ed economico, Napoli – Caserta. E’ interessante segnalare che una percentuale elevata degli imprenditori intervistati inizia ad organizzare la propria vita familiare lontano dal luogo nel quale conduce l’attività economica, dunque 120 degli imprenditori intervistati nell’area di Napoli e provincia e Caserta e provincia cambia abitazione e residenza, addensandosi nella provincia di Benevento ed Avellino. I settori nei quali l’imposizione di manodopera è robusta appartiene per le qualifiche basse “manovale” e medie, all’edilizia, ma anche al settore dei servizi alle imprese. LE IMPRESE ARTIGIANE DELLA CAMPANIA Questa considerazione non si attenua se analizziamo la figura 5. La percentuale di “diffusione dell’imposizione di forniture” è molto diffusa nell’area di Napoli e provincia e Caserta e provincia con Salerno e provincia in posizione intermedia in relazione all’osservazione del fenomeno per Benevento e provincia e Avellino e provincia. Gli intervistati dell’area Napoli – Caserta evidenziano valori più alti sia nel caso dell’imposizione della manodopera che delle forniture con Salerno e provincia in posizione intermedia, come spiegato in precedenza, mentre, Benevento, Avellino e relative province rappresentano una diversità all’interno della regione. Considerazioni finali Il primo elemento di riflessione è teorico ed attiene alle difficoltà di valutazione del fenomeno e alla disomogeneità con la quale viene misurato. Queste difficoltà attengono sia alle contingenze con le quali si manifesta nelle diverse regioni del nostro Paese l’Endo che, dalla stratificazione nel 131 132 Quaderni di ricerca sull’artigianato tempo di comportamenti e culture che convivono con esso senza percepire il distinguo, la differenza, tra economia illegale, sommersa e informale e attività produttiva e lavorativa dichiarata, legale. Il secondo elemento emerge dall’analisi diretta. Il fenomeno osservato è presente in modo robusto nella regione campania e al tempo stesso è evidenziato dal campione degli imprenditori artigiani intervistati. Fenomeno quello dell’economia illegale che si amplifica nell’attuale crisi economica. La crisi economica in presenza di una robusta economia illegale, modifica l’idea d’impresa artigiana sia in relazione alla produzione di beni e servizi che di cultura del lavoro e della professione. Il dato del titolo di studio del campione non deve essere valutato solo in modo negativo per la scarsa presenza di imprenditori laureati, ma anche in positivo, vista la duratura presenza nel settore di appartenenza, dunque il saper fare il proprio mestiere, conoscere il settore, essere conosciuti dal mercato e dalla clientela. Elementi importanti che il perdurare della crisi e della diffusa presenza di economia illegale possono destrutturare, far venire meno, modificando, cambiando anche la dimensione culturale e professionale degli imprenditori. Imprenditori che sono in massima parte maschi e con una età media che se conferma la conoscenza del settore evidenzia anche lo scarso ricambio generazionale e di genere, dunque una perdita di interesse da parte delle giovani generazione nel seguire l’impresa di famiglia, una sorta di difficoltà nel passaggio generazionale, di seconda generazione che deve essere verificato e dovrebbe prevedere interventi robusti per non disperdere un patrimonio di conoscenze utile alla nostra regione. Interventi che oltre ad es- LE IMPRESE ARTIGIANE DELLA CAMPANIA sere di natura sanzionatoria e repressiva in termini giuridici – controllo e sanzione forte e continuativa nei confronti dell’economia illegale, dovrebbero anche cogliere le differenze e creare opportunità, in termini sociali e politici nelle diverse aree della regione e nei diversi settori di appartenenza degli imprenditori. Il fenomeno dell’economia illegale è presente in modo difforme tra le singole province della regione Campania. Napoli e provincia (NaPv) e Caserta e provincia (CePv), dove il fenomeno è più robusto, insediato e diffuso con una serie di relazioni consolidate. Benevento e provincia (BePv) e Avellino e provincia (AvPv) dove pur in presenza di una economia illegale percepita e vissuta dagli intervistati, il fenomeno è meno consolidato, stringente. In evoluzione Salerno e provincia (SaPv) dove la crescita del fenomeno è evidente e dunque questa parte della regione, potrebbe fare proprie quelle di Napoli e Caserta dove il fenomeno è diffuso e consolidato. Le imprese artigiane rappresentano nella regione Campania un patrimonio di esperienza e cultura del lavoro in forte crisi e al tempo stesso evidenziano difficoltà economiche, finanziari e culturali che non devono portare al contatto e alla relazione con forme di economia diffuse sul territorio e classificate come economia illegale. Bibliografia B. Torgler e F. Schneider (2007), ‘’Shadow economy, tax morale, governance and istitutional quality: a panel analisys’’. Da Discussion Paper Series N° 2563; B. Torgler e F. Schneider (2007), ‘’The impact 133 134 Quaderni di ricerca sull’artigianato of tax morale and istitutional quality on the shadow economy.’’ Da Center for economic studies & institute for economic research, Working Paper N°. 1899 C. Lucifora (2003), Economia sommersa e lavoro nero. Edizioni Il Mulino; Censis (2006) ‘’Sommerso un fenomeno sotto osservazione’’; Confindustria (2006), Indicatori economici e sociali provinciali F. Schneider (2002), ‘’The size and development of the shadow economies and shadow economy labor force of 21 OECD countries: what do really know?’’ Working paper presentato al workshop ‘’Shadow economy: empirical evidences and new policy issues at European level’’; INAIL (2007), Dati reperiti su: http://bancadati.inail.it/prevenzionale/denunciati.htm; INAIL (2007), Dati reperiti su: http://bancadati.inail.it/prevenzionale/Rischio.htm; IRES (2007), ‘’I volti del sommerso: percorsi di vita dentro il lavoro irregolare.’’ Da rapporto IRES sul sommerso; Istat, conti nazionali, giugno, 2008 M. Bovi e L. Castellucci (2001), ‘’Cosa sappiamo dell’economia sommersa in Italia al di là dei luoghi comuni? Alcune proposizioni empiricamente fondate’’. Da Economia Pubblica n. 6; M. Campanelli (2003), ‘’Nota metodologica LE IMPRESE ARTIGIANE DELLA CAMPANIA sull’analisi statistica del sommerso, Comitato nazionale per l’emersione del lavoro non regolare’’. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Italia; M. Ricciarelli (2007), ‘’Transacion privacy, crime and cash in the purse: an analysis with household data.’’ Paper, Università Tor Vergata, Roma; 135