ASSEMBLEA NAZIONALE ANNUALE DELLE CARITAS DIOCESANE Il sociologo Ilvo Diamanti ha delineato lo scenario di fondo dell’impegno per la carità «Non rassegniamoci alla desertificazione sociale» «Abbiamo vissuto la nostra esperienza di Gerico e ora le mura del libero mercato senza regole giacciono fra le macerie. La gente più povera, che per decenni ha meno beneficiato della crescita economica senza uguaglianza, sta già pagando il prezzo più alto per questa pazzia». Così il cardinal Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa e presidente di Caritas Internationalis, ha sintetizzato gli effetti della crisi mondiale in atto, a conclusione del 33° Convegno nazionale delle Caritas diocesane. Circa seicento, tra direttori e responsabili, si sono riuniti al “Lingotto” di Torino dal 22 al 25 giugno scorsi, per l’annuale riflessione sul ruolo degli animatori della comunità ecclesiale e della società civile. “Non conformatevi a questo mondo”: la frase della Lettera ai Romani è stata filo conduttore delle relazioni e dei dibattiti. Tra gli interventi, ha suscitato molto interesse quello del sociologo Ilvo Diamanti, docente all’università di Urbino, che, attraverso l’immagine simbolica della notte, ha sviscerato i temi dell’insicurezza e della sfiducia, che caratterizzano la nostra società anche nei confronti della politica e dell’amministrazione pubblica. Diamanti ha sintetizzato quattro ragioni di questi “sentimenti” sociali: la scomparsa del “prossimo, intesa come desertificazione sociale e ambientale; la sostituzione dei rapporti diretti con la comunicazione tecnologica; la mediatizzazione e la personalizzazione della politica a favore di una sorta di populismo mediatico; la riproduzione artificiale dell’insicurezza e della sfiducia per interessi politici. «Sta a noi cittadini - ha affermato Diamanti - vivere in questa notte. Il che significa non limitarsi ad attendere il giorno che verrà, ma annunciarlo, spingerlo più in là, evitando la rassegnazione alla desertificazione sociale e del territorio». La luce in questo momento di buio-crisi significa ripopolare il territorio, partecipando per ricostruire la società come rete di legami personali e di comunità. «Il bene comune e la fiducia - ha ribadito il sociologo non sono beni di lusso, superflui, ma di prima necessità». A conclusione del congresso, il direttore di Caritas Italiana mons.Vittorio Nozza ha sintetizzato le prospettive di lavoro pastorale, indicando i principali criteri di discernimento: l’amore, con una preferenza per i poveri; le beatitudini, la povertà, la via della piccolezza; l’unità, il dialogo sociale e culturale, la nonviolenza. «C’è bisogno di uomini e donne capaci di coniugare carità e verità - ha sottolineato don Nozza -, pronti a non cedere ai compromessi morali, decisi nel rifiutare la menzogna e il vantaggio egoistico». Il direttore ha, infine, esortato a «servire con abbondanza, senza stancarsi, la diaconia della verità e della carità», perché - come hanno affermato i Vescovi italiani nella 59a Assemblea generale del maggio scorso - «verità e carità stanno o cadono insieme». Le dieci caratteristiche dell’animatore Caritas Don Giancarlo Perego: «La testimonianza, cuore di un altro mondo possibile» Costruttori di speranza «Animatore Caritas è chi riesce a costruire una buona notizia, a costruire speranza attraverso scelte, gesti, azioni, incontri - in una parola, uno stile di vita -, che insieme danno un valore aggiunto all’evangelizzazione ai poveri, sia in termini “sacramentali”, perché indicano alcuni luoghi d’incontro tra Dio e l’uomo, ma soprattutto in termini educativi e testimoniali, aiutando la comunità a essere attenta al nuovo, alla diversità, al mondo, al lontano e al vicino, a chi perde un bene essenziale della propria vita, come la casa, il lavoro, la famiglia, la salute, e che in quel momento chiede una chiesa, una casa tra le case, una parrocchia, come luogo di familiarità e fraternità, comunità ospitale. Anche da qui nasce “un altro mondo possibile”. Anche così la Chiesa si rinnova». Don Giancarlo Perego, responsabile del Centro documentazione Caritas italiana-Migrantes, al 33° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, è intervenuto per spiegare alcuni criteri del “discernimento sociale”, quali l’unità, il dialogo sociale e culturale, la nonviolenza, e per tracciare il profilo dell’animatore Caritas riassumendone i fondamenti, in dieci caratteristiche peculiari. Custode originale della cattolicità, dell’universalità della Chiesa «Il laico animatore caritas spiega don Perego - dev’essere un testimone dell’universalità della Chiesa attraverso l’apertura di porte, di case, di comu- Da sinistra: don Vittorio Nozza e don Giancarlo Perego In alto a sinistra: Ilvo Diamanti. Nelle altre foto: il Convegno Caritas nità che fanno della Chiesa una casa, una famiglia, una comunità, dove non c’è giudeo o greco, schiavo o libero, ma tutti si sentono fratelli in Cristo. La mondialità diventa un volto della cattolicità, che passa attraverso anche una progettualità costruita sul territorio, ma guardando al mondo». Costruttore di comunione «L’animatore aiuta momenti di comunione, costruisce la mediazione sociale, cerca di aiutare a superare la conflittualità, sempre più crescente in famiglia, nella società. La carità crea comunione perché cerca gli altri l’altro nella diversità delle sue situazioni di vita -: lo cerca perché sa di avere bisogno di loro, prima ancora che per aiutarli». Operatore di pace Per il responsabile del Centro documentazione Caritas italiana-Migrantes, «l’animatore caritas è chi riesce a tradurre il valore della comunione anche in esperienze e scelte di pace, di nonviolenza. È colui che sceglie il dialogo, il confronto, la ricerca della giustizia non formale, anche attraverso scelte alternative sul piano della pena per chi commette un reato, ma pure scelte alternative in ordine a strutture che alimentano gli armamenti, come le banche, le aziende e gli strumenti di comunicazione». Viaggiatore ed educatore di strada «La Chiesa è in cammino, anche l’animatore caritas può essere il viaggiatore, l’uomo della strada, l’educatore di strada. Essere viaggiatori significa essere uomini e donne in ricerca, che sanno osservare, riflettere, appassionandosi a tutto ciò che avviene attorno a loro, soprattutto quando il cambiamento rischia di segnare profondamente le persone». Consumatore critico «L’animatore caritas - ha sottolineato don Perego - è impegnato a denunciare alcune sfasature a partire da un gesto critico e alternativo. Non si può pensare che ogni male, ogni povertà e abbandono siano frutto soltanto dell’incapacità, della debolezza dell’individuo. Molti mali sono strutturali, frutto di un’ideologia e di una “struttura di peccato” che rendono l’uomo incapace di gestire la propria vita. La denuncia diventa uno strumento importante per ammonire, stimolare nuove progettualità politiche, economiche e sociali sul piano del rispetto della dignità e dei diritti». vani, gli studenti e i lavoratori e che possono costruire relazioni nuove fra le persone». Famiglia aperta «In un mondo che rischia di chiudere le porte d’ingresso, di pensare soltanto al proprio benessere, la prima esperienza che rischia di essere travolta è la famiglia. Famiglie divise, famiglie di fatto, genitori soli con i figli chiedono una testimonianza: a partire dalla propria esperienza di sposo e sposa, padre e madre, genitore, l’animatore cerca di fare della propria famiglia un luogo di dialogo, di incontro, di accoglienza e sostegno a chi è in difficoltà». Volontario, che sceglie anche la gratuità «Non tutto si paga, non tutto ha un costo, non tutto è regolato dal mercato. Il volontario è un animatore della carità perché aiuta a considerare nell’organizzazione della vita e della società, nella gestione del proprio tempo e del proprio denaro, il “di più” della gratuità, sia in termini di dono sia di donazione». Educatore sociale L’educazione «è una forma alta dell’animazione. L’educatore sociale è un animatore che, anche sul piano professionale, costruisce percorsi e progetti di accompagnamento delle persone in difficoltà, ma anche costruisce percorsi di stile di vita, che interessano le famiglie, i gio- Operatore di case aperte e accoglienti «Costruire case di accoglienza o di carità, operare in esse significa costruire una città dove le persone non vivono ai margini, dove le persone non si abbandonano alla delinquenza, non vengono sfruttate, non restano “invisibili”, ma riacquistano dignità e diritti», afferma padre Perego. Comunicatore di speranza «L’animatore caritas, infine, negli sportelli dei centri di ascolto, nei progetti di servizio civile, di fronte a un’emergenza nazionale e internazionale, è colui che aiuta la comunità a coltivare la speranza, a non abbandonarsi alla disperazione. Attraverso le scelte della condivisione e della relazione, della comunicazione e della denuncia, l’animatore caritas è comunicatore di speranza, perché costruisce legami».