[ 13° Lanuvio Day ]
a cura di Sandro Russo
nello splendore della primavera che va a iniziare
presso il “Casale” di Lanuvio
nella ridente campagna dei “Castelli romani”
Sabato 5 aprile
dalle ore 10 a seguire …
Blog di visioni: http://forumcinema.blog.tiscali.it/
mail: [email protected]
Film:
Tema e programma
dell’incontro
“Dentro il cuore
di Napoli”
“Passione” di John Turturro
(Italia-Usa , 2010)
“Maccheroni” di Ettore Scola
(1985) con Jack Lemmon e M.
Mastroianni
“Operazione San Gennaro”
di Dino Risi (1966) con Totò e Nino
Manfredi
“ Passione ”
Ci sono posti in cui vai una volta sola e ti basta… e poi c’è Napoli
Questa città è “dipinta” di suoni, e la musica ne è un elemento essenziale
Regia di John Turturro
«Passione
non
è
un
documentario,
ma
mondo, che unisce la musica moderna a quella
un'avventura musicale». Così John Turturro
popolare. Le canzoni che hanno fatto la storia della
musica napoletana sono fatte di belle parole e
di tanta poesia».
Renzo Avitabile, Peppe Barra, Max Casella,
Fausto Ciliano, Fiorello, Pietra Montecorvino,
Gennaro Cosimo Parlato, Raiz, Massimo
Ranieri, Lina Sastri, James Senese, Peppe
Servillo con gli Avion Travel, M'Barka Ben
Taleb. E poi le voci in sottofondo di Pino
Daniele e di Mina. Questi gli artisti scelti da
Turturro per il suo film: «a Napoli ci sono
tante canzoni e tanti interpreti. Ho
descrive il suo film, di cui è regista e interprete.
dovuto fare una scelta. Ma è stato difficile
L'attore italo-americano ha omaggiato Napoli nel
anche selezionare le canzoni, perché per farlo
suo film dedicato alla canzone napoletana e ai
avevamo poco tempo e pochi soldi. Ho scelto i
suoi interpreti principali. Tra le canzoni scelte per il
cantanti che erano disponibili e, soprattutto, quelli
film, c'è anche Don Raffaè: «Fabrizio De Andrè è
che mi piacevano». Ma tra gli interpreti c'è anche un
un grande cantautore, le sue canzoni
sono poesie. La musica è un viaggio, per
questo mi è piaciuto inserire tra i brani
anche quello di un grande genovese».
Turturro, papà pugliese e mamma siciliana,
ama l'Italia e gli italiani. Da qualche tempo
sta anche studiando la nostra lingua, così
alterna parole in inglese a frasi in italiano.
«Ho lavorato a Napoli per cinque anni grazie
allo spettacolo teatrale Questi fantasimi,
commedia
di
Eduardo
De
Filippo.
Quell'esperienza mi ha toccato e mi ha fatto
capire che la gente in Italia ha davvero bisogno della
non napoletano: Fiorello. Turturro lo ha voluto a
musica. E Napoli è il più grande jukebox del
tutti i costi: «è brillante e pieno di humor. Spero di
lavorare con lui da qui ai prossimi dieci anni».
Mario Abate, Miranda Martino e soprattutto
«Questo film vuole far avvicinare la gente - e
Gabriella Ferri: sono un suo grande fan».
soprattutto i giovani - alla musica napoletana»,
Gran parte dei brani sono stati cantati e suonati dal
continua Turturro, «io, ad esempio, più lavoro in
vivo per le strade di Napoli: «Non è stato sempre
Italia e più scopro la mia parte italiana. Il
facile», spiega Turturro, «a volte la gente voleva
cliché che lega l'Italia alla pizza e al mandolino è
essere ripresa, altre volte invece rifiutava la
come una bottiglia di cui si vede soltanto il tappo. La
telecamera. E ho capito che, se io non avessi dato
gioia di lavorare qui è stata proprio quella di scoprire
loro retta, ora non sarei qui a raccontarlo». Passione
la complessità della cultura italiana». Tra le
è già stato proiettato a New York e a Toronto, dove è
canzoni più emozionanti del film c'è Tammurriata
stato molto applaudito: «La gente si è divertita e
nera, interpretata in modo davvero memorabile da
tutti mi hanno chiesto la colonna sonora del
Peppe Barra, Max Casella e M'Barka Ben
film, che uscirà (anche in Italia) il 26 ottobre. La
Taleb, che la cantanto in tre lingue: napoletano,
musica è davvero universale».
americano e arabo.
Intanto John Turturro si prepara a girare il suo
«Ho voluto far conoscere al mondo questa canzone
prossimo
in una versione rinnovata. Nel film rivivono anche
trasposizione cinematografica di Questi fantasmi di
grandi autori del passato: da Murolo a Carosone,
De Filippo, che ho già portato a teatro. Cominceremo
che sono reinterpretati in chiave moderna. Tra i miei
a girare la prossima primavera».
cantanti napoletani preferiti del passato ci sono
film.
Ancora
in
Italia.
«Sarà
la
la recensione
“Dopo aver visto il film Passione di John Turturro sto
tutte le bassezze e sguaiataggini sei oggi accusato senza
ancora qui a domandarmi cosa ha suscitato in me l’onda
appello da un’Italia più perbene e più agiata di te, io
emotiva che mi ha mosso al pianto mentre sentivo le
proprio ora e proprio per questa ragione ti amo di più.
canzoni cantate in quel film. Anche perché io non sono
Proprio per questo, e proprio ora, le tue canzoni mi sono
facile alla commozione, anzi sono stato finora piuttosto
arrivate diritte al cuore, e lo hanno messo in subbuglio. E
attento a non farmi sedurre dalle canzoni della mia città, e
mentre vedevo le immagini dei bambini spidocchiati col
dunque mai mi aspettavo che un film come questo, fatto di
Ddt, con la bianca polvere disinfestante spruzzata da un
vecchie canzoni da me ben conosciute e tante volte
soldato americano sui capelli arruffati dei bambini
canticchiate, potesse provocare un simile effetto nel mio
napoletani - che durante quest’operazione si divertivano e
animo. Piango, mi dicevo, per la pena che provo per la mia
agitando le braccia protese ridevano ai soldati come si
città? Piango perché questo film mi arriva quando Napoli,
trattasse di un gioco - io non so come mi sono sentito in
invasa dai rifiuti, è anch’essa rifiutata dall’Italia, e
colpa e ti ho chiesto in silenzio perdono per quel che ti
attraversa uno dei momenti più umilianti della sua storia?
abbiamo fatto, noi della borghesia cittadina, e l’Italia unita
Oppure piango perché il modo di cantare sentito
nel disprezzo, e la storia maledetta che da sempre ti
guardando il film ha scoperto un nervo nascosto e
opprime. Le belle canzoni sentimentali della nostra città
all’improvviso mi ha rivelato che il mio rapporto con
che una volta ci cullavano e ci proteggevano tu ce le
Napoli è cambiato e io non me ne sono accorto fino a
restituisci attraverso questo film di passione e conoscenza,
questo momento? O infine piango perché quella passione,
cantate con un impeto irresistibile e una sonorità diversa,
quel tumulto di sentimenti, quella disperata allegria,
e il sound barbaro che ci raggiunge ci fa pensare alle
quella straripante vitalità, sempre in bilico tra il bene e il
origini telluriche del nostro suolo, ai terremoti, alle
male, è qualcosa che mi appartiene e che le altre città
eruzioni e ai disastri possibili e sempre incombenti (che
italiane più ordinate e composte non hanno e non possono
nessun’altra
trasmettere con la stessa intensità? Cosa fa sì che io,
accompagnato dal rullare dei tamburi e dal grido selvaggio
borghese napoletano, nato nella Posillipo che si affaccia
di Beppe Barra, nume tutelare esorcista e genius loci, è la
sul mare, mi commuova tanto per quel canto cantato dal
risposta al destino avverso che perseguita i napoletani e
popolo dei vicoli della Napoli-che-il-mare-non-bagna?
alla modernità vincente che li sta mettendo da parte come
Forse perché quel popolo che sa cantare in modo così
un avanzo del passato che non passa. Non invidio la
travolgente le passioni nate da una sua raffinata
mediocre accettazione di questa mezza modernità italiana
educazione
essere
che crea ibridi e volgari spregiudicatezze, e che le altre
abbandonato come è stato abbandonato dalla sua classe
città hanno supinamente accettato. Sono città che non
dirigente? Che verso ben altre mete avrebbe potuto
conoscono la monnezza, certo, o che magari la riservano a
sentimentale
non
meritava
di
città
italiana
conosce).
Questo
suono
dirigere un popolo così duttile e così intelligente: sarebbe
te e te la spediscono con l’aiuto dei tuoi camorristi, non è
bastato in tanti anni un solo punto d’appoggio per il suo
così? Trovandomi in questo stato d’animo che il sax
risorgimento, un piccolo punto d’appoggio. E invece
straziante di James Senese e le altre canzoni sentite nel
niente, il resto di niente. Ecco, in questo momento si leva il
film di Turturro hanno provocato, mi sembra di preferire
mio lamento su Napoli vilipesa, su Napoli avvilita, e la mia
la tua sconfitta, accompagnata da queste tue canzoni di
interiore rivolta. E piango per la pena che provo per la mia
guerra, alle loro modeste vittorie quotidiane. Dopotutto tu
città. Mi spiego così perché mi sono commosso sentendo le
porti guerra con le canzoni, armi diverse da quelle schifose
canzoni napoletane cantate nel film Passione di John
prodotte nelle fabbriche della modernità, con le armi
Turturro, un americano che sembra capire Napoli più di
antichissime e inestirpabili delle umane passioni.”
tanti italiani. Caro disperato popolo napoletano tu che di
Raffaele La Capria
(Dal Corriere della Sera 29 novembre 2010)
la colonna sonora
Sarà una sorta di Buena Vista Social Club ha
dichiarato l’attore. Non sarà però un documentario,
ma una storia vera e propria’.
Maruzzella
Per ricostruire il mood napoletano Turturro ha
chiamato alcuni grandi interpreti partenopei a
musicare il suo lavoro.
I
affacciano lungo le particolari e suggestive scalinate
alcune ragazze danzanti.
Maruzzella è la storica canzone del 1954 composta
da Renato Carosone per la musica e da Enzo
Bonagura per il testo. La canzone ha un ritmo molto
brani mostrati nel film sono complessivamente
una quindicina e molti di questi vedono oltre
all’interpretazione canora anche una parte recitativa
nel contesto che rende il tutto più simile ad un video
musicale che ad una esibizione live.
sensuale, romantico ed in diversi punti anche
erotico. Il video che accompagna l’interpretazione
di Gennaro Cosmo Parlato infatti vede una coppia
con la donna seduta a gambe aperte sull’uomo,
tenendo il ritmo del brano con il movimento
“ambiguo” delle gambe.
In ordine di apparizione nella pellicola, i brani sono:
Il video è interamente girato a Bagnoli ed in
particolare lungo la spiaggia che fronteggia l’isolotto
di Nisida.
Di particolare bellezza è l’introduzione di Renato
Vesuvio
Brano dedicato al vulcano campano, scritto da
Angelo De Falco, nel film è interpretato dagli
Carosone che fa a questo video, il quale esegue un
assolo di pregevole fattura su pianoforte.
Spakka – Neapolis 55, accompagnato da video girati
all’interno del chiostro di san Martino ed alcune
riprese aeree fatte sulla città e sul Vesuvio.
Malafemmena
Malafemmena è la canzone simbolo di Totò. Nel
film la stessa viene interpretata da Massimo Ranieri
ed inoltre alla fine della sua esibizione il Principe
Era de Maggio
Secondo brano del film è la famosa poesia del 1885
di
Salvatore
interpretata
Di
dagli
Giacomo,
Avion
Era
de
Travel
maggio
con
la
collaborazione di Mísia. La poesia, fu musicata da
Mario Pasquale. Il video è girato in largo Banchi
Nuovi.
della risata viene raccontato anche da John Turturro
il quale spiega come e perché è nata questa canzone.
Il video è interpretato dallo stesso Massimo Ranieri
all’interno di uno storico ed ignoto palazzo di Napoli.
Nella breve storia recitativa, l’attore e cantante
napoletano viene sorpreso dalla moglie (Lina
Sastri) a letto con un’altra donna. Subito dopo gli
schiaffeggiamenti della donna, inizia la canzone ed il
Comme facette mammeta
Comme facette mammeta è una canzone del
1906 scritta da Giuseppe Capaldo e musicata da
Salvatore Gambardella. Il brano è utilizzato anche
nel trailer ufficiale del film e la sua esecuzione
appartiene a Pietra Montecorvino con arrangiamento musicale di Eugenio Bennato. Il video è girato
nello storico palazzo dello Spagnolo dal quale si
litigio tra i due coniugi fino al definitivo ritorno di
Ranieri al letto con l’amante.
Don Raffaè
Il brano Don Raffaè, scritta da Mauro Pagani per
la musica e da Massimo Bubola e Fabrizio De
André per il testo. L’interpretazione è di Peppe
Barra anche se però nel video, che mostra una
storia pressoché analoga a quella raccontata dalla
sui suoi ricordi inerenti alle difficoltà d’inserimento
canzone, compaiono anche Max Casella ed in un
con i suoi cotanei per via del colore di pelle scuro.
cameo di pochi secondi John Turturro.
James Senese infatti fu uno di quei bambini nati
Il video è interamente girato all’interno del Castel
durante la seconda guerra mondiale da padre
dell’Ovo e dato l’argomento trattato nel testo, è
Afroamericano e madre napoletana.
anticipato da una intervista in carcere diRaffaele
Il video è in un ambiente chiuso (girato all’ interno
Cutolo, presunto ispiratore del brano.
del “Blustone”, club di musica live della movida
partonopea ormai chiuso). Assieme al video di
Nun te scurda’
Nun te scurdà scritto da Almamegretta nel 1995,
è il brano più recente del film. Il pezzo è eseguito
Tammurriata nera, Napoli non funge da scenografia.
Tammurriata nera
daRaiz, dagli stessi Almamegretta, da Pietra
Tammurriata neraè uno dei pezzi forte del film.
Montecorvino e M’Barka Ben Taleb.
Particolarissima è l’esibizione di Peppe Barra che a
Il video è girato interamente nello spiazzale sul quale
modo suo interpreta la canzone napoletana, scritta
si affacciano il palazzo Giusso e la chiesa dei
nel 1944 da E. A. Mario (musica) ed Edoardo
Pappacoda.
Nicolardi (testo), che narra degli effetti post-guerra
sulla nascita dei bambini neri, frutto dei rapporti
Passione
Il brano Passione è una poesia di Libero Bovio del
1934 musicata da Tagliaferri e Valente.
non sempre consenzienti, dei soldati americani e
delle donne napoletane. L’esibizione è particolare
soprattutto perché nel video sono mischiate due
diverse canzoni: Tammurriata nera e Pistol
Packin’ Mama. Assieme a Peppe Barra, che
esegue la canzone napoletana, ci sono anche Max
Casella, per la canzone americana, e M’Barka Ben
Taleb che in tunisino canta la storica canzone
partenopea.
Il video è in un ambiente scuro ed al chiuso. Dunque
Napoli, solo in questo caso ed in quello di Passione,
non funge da scenografia.
Catarì
Catarì è una poesia di Salvatore Di Giacomo scritta
nel 1892 e musicata da Mario Costa nello stesso
anno. L’interpretazione per il film è effettuata da
Fausto Cigliano ed il video è girato all’interno del
complesso del Pio Monte della Misericordia, con
abbondanti inquadrature
sulle sette opere di
Misericordia del Caravaggio ed altre dedicate agli
altri dipinti che abbelliscono la sala.
La canzone è interpretata da James Senese in
chiave unicamente strumentale. Anticipa l’esibizione
un’intervista sulla infanzia dell’artista napoletano e
Caravan Petrol
La reinterpretazione del film avviene da parte di
Caravan Petrol, canzone del 1958 di Renato
Pietra Montecorvino e Max Casella, i quali si
Carosone, è l’unico video del film girato fuori
muovono lungo i vicoli ed i mercatini del centro
Napoli.
storico di Napoli.
Precisamente a Pozzuoli, nelle solfatare. In questo
Indifferentemente
video sono presenti accanto a Fiorello, che
interpreta la canzone, anche Max Casella e John
Turturro che recitano e ballano nella parte di
scavatori alla ricerca del petrolio. Escluso il breve
cameo nel brano Don Raffaè, per Turturro questa
apparizione sarà l’unica in tutti il film all’interno di
un brano musicale. In realtà dietro la fictio scenica si
cela l’interpretazione da parte di Enzo Avitabile,
artista molto popolare durante gli anni ’80, nel
Indifferentemente è una canzone del 1963
napoletana
musicata da Salvatore Mazzocco e
scritta da Umberto Martucci e presentata al Festival
di Napoli da Mario Abbate e Mario Trevi. Nel film la
canzone è interpretata da Mísia ed è girato nello
storico palazzo Riario Sforza, che fu dimora del
Cardinal Sisto Riario Sforza, ultimo Vescovo della
Napoli del Regno delle Due Sicilie.
culmine degli anni del Napoli Power, assieme ai
Bottari. Il solo Avitabile compare verso la fine della
canzone.
Napule è
Napule è, famosa canzone di Pino Daniele scritta
nel 1977, è il brano di chiusura del film. Viene
Canto delle lavandaie
del Vomero
Questa
canzone
popolare
napoletana
risale al XIII-XIV sec.,
canto di protesta contro
la
dominazione
dinastie
straniere
di
sul
suolo di Napoli.
Viene
interpretata
Fiorenza
Daniela
da
Calogero,
Fiorentino
e
Lorena Tamaggio.
Faccia Gialla
Faccia Gialla è una
canzone scritta da Enzo
Avitabile. Nel film è
interpretata dallo stesso
eseguita nella sua versione originale, anche se
Enzo Avitabile con Bottari e Scorribanda. Il
l’autore napoletano non appare nel film. La canzone
video è girato in un cortile storico della città
è accompagnata piuttosto da diversi cittadini che
ballano sorridenti sulle note del pezzo per i vicoli e le
Dove sta Zazà?
Dove sta Zazà? è una canzone del 1944 scritta da
Raffaele Cutolo per le parole e Giuseppe Cioffi per
la musica.
piazze della città.
“ Maccheroni ”
Regia: Ettore Scola.
Soggetto e Sceneggiatura: Ruggero Maccari, Ettore Scola, Furio Scarpelli.
Fotografia: Claudio Ragona.
Musiche: Armando Trovajoli.
Interpreti: Jack Lemmon, Marcello Mastroianni, Daria Nicolodi, Isa Danieli, Maria Luisa
Santella, Patrizia Sacchi, Bruno Esposito, Orsetta Gregoretti, Marc Berman, Jean-François
Perrier, Giovanna Sanfilippo, Fabio Tenore, Marta Bifano, Aldo De Martino, Clotilde De
Spirito, Carlotta Ercolini, Vicenza Gioiosa, Ernesto Mahieux, Giovanni Mauriello, Alfredo
Mingione, Daniela Novak, Umberto Principe, Giovanni Riccardi, Corrado Taranto, Franco
Angrisano
Uscita: 1985 - Genere: Commedia - Durata: 104
R
obert Traven, manager di una famosa
industria aeronautica americana, giunge a
Napoli dagli Stati Uniti per stipulare delle
commesse ed intrattenere alcuni importanti incontri
di lavoro. Questo per lui è un ritorno: infatti, tanti
anni prima, durante la seconda guerra mondiale, egli
faceva parte dell'esercito alleato che aveva liberato
l'Italia dal nazifascismo ed inoltre, durante la sua
permanenza a Napoli, aveva avuto una relazione
con una giovane donna del luogo, Maria Jasiello.
Capita così che, nella stanza di albergo dove egli
alloggia, si presenta a lui Antonio, il fratello
maggiore di Maria.
Questi, modesto impiegato all’archivio storico del
Banco di Napoli, lo aveva riconosciuto assistendo ad
una sua intervista in TV, e si era immediatamente
recato in albergo per riabbracciarlo dopo oltre
quarant'anni. Robert, però, non lo riconosce, anche
perché è in preda ad un fortissimo mal di testa, così
come ha completamente dimenticato tutti gli eventi
del passato. Il colloquio fra i due diventa un po'
brusco in quanto Robert non riesce proprio a
ricordare nulla ed Antonio, alquanto deluso, se ne
va.
Ripresosi, Robert, incuriosito, si mette alla ricerca di
quest'ultimo e lo rintraccia proprio sul suo posto di
lavoro. Egli inizia quindi a stabilire con lui un
rapporto più cordiale e, in questa circostanza, anche
a ricostruire la sua passata giovinezza. Antonio, per
di più, lo porta a casa della sorella Maria:
quest'ultima, ormai avanti con gli anni, nel tempo ha
trovato marito, è divenuta madre e per giunta anche
nonna.
Tutta la famiglia di lei accoglie l'americano come un
vero e proprio ospite d'onore: in questo frangente,
Robert apprende che Antonio, in questi quaranta e
passa anni, ha scritto un'infinità di lettere alla
sorella, apponendovi però la firma di Robert e
facendole credere che questi vivesse una vita
avventurosa in giro per il mondo, descrivendo
addirittura un'esperienza di reporter in Vietnam, in
Cile e in ogni altra parte del mondo, per giunta senza
nascondere imprese a dir poco eroiche. Se ne deduce
che a poco a poco Antonio aveva creato nel tempo, al
fine di dare alla sorella la testimonianza di un
ricordo perenne di quell'uomo che aveva amato ed
anche per solleticare le proprie velleità di scrittore
(nei ritagli di tempo - e sono molti - egli scrive
sceneggiate che poi rappresenta personalmente in
un teatrino popolare), un favoloso personaggio nel
quale Robert non può certamente identificarsi.
Nei tre giorni che trascorre a Napoli trascurando
anche impegni ufficiali, Robert è totalmente sedotto
dall'amicizia, bontà ed ammirazione che tutti gli
manifestano, rendendosi allo stesso tempo conto
dell’aridità
della
propria
vita,
dedicata
esclusivamente al tran tran giornaliero del suo
lavoro essendo egli, fra l'altro, separato dalla moglie
che, addirittura, ne rifiuta perfino l’assegno di
mantenimento. Dal suo paese gli giunge però la
notizia che alcuni suoi colleghi stanno cercando di
approfittare della sua assenza e quindi vorrebbero
impedire la sua nomina – fino a quel momento
scontata - ad un incarico verticistico nell'ambito
aziendale.
Robert, quindi, deve ripartire e tornare a casa
quanto prima: con molto rammarico si congeda
dall'amico e dai suoi familiari ma, mentre sta per
imbarcarsi sull'aereo, apprende che lo stesso
Antonio, che gli aveva promesso di venire
all'aeroporto a salutarlo, è misteriosamente sparito.
Senza pensarci nemmeno due volte, Robert
abbandona l’aereo, risale immediatamente in
macchina e si mette alla ricerca dell'amico per la
città. Viene così a sapere, dopo un drammatico
colloquio con la moglie, che Antonio sta facendo
disperatamente una vera e propria questua fra tutti i
suoi conoscenti per mettere insieme la somma di
cinque milioni di lire che gli occorrono per salvare il
proprio figlio Giulio, minacciato da alcuni
malviventi.
Quest’ultimo, infatti, è un aspirante musicista che,
per arrotondare qualche soldo, svolge nel contempo
l’attività di “galoppino” nel mondo delle scommesse
clandestine a totale insaputa dei suoi familiari, ed
aveva attinto un’analoga cifra dagli incassi delle
scommesse per pagare la pubblicazione di un suo
disco sperando di poter restituire il denaro in tempi
brevi senza che alcuno se ne accorgesse, ma
inutilmente. Robert decide di intervenire e ricercarlo
personalmente: si mette quindi in contatto con
alcuni amici del ragazzo e, successivamente, con gli
intermediari delle scommesse; ritrova il giovane, che
si era nascosto per sfuggire ai malviventi, e lo riporta
a casa.
Si mette quindi alla ricerca di Antonio,
raggiungendolo
ad
un
appuntamento
che
quest’ultimo aveva con i malviventi. Antonio è in
pericolo: non è riuscito infatti a mettere insieme
l’intera somma raggranellandone soltanto una
piccola parte, e cerca di trovare un impossibile
accordo per dilazionare nel tempo la cifra mancante,
ma uno dei malfattori ha appena estratto una pistola
e sta per sparargli. Robert lo raggiunge e, sia pur con
qualche difficoltà, lo salva in extremis pagandogli il
debito di tasca propria.
Antonio, che voleva soltanto proteggere suo figlio, è
profondamente commosso per la tanta generosità di
Robert, giunto perfino a rischiare la vita per lui: ma
il suo cuore non regge all'emozione e, già colpito al
capo da uno dei malavitosi nel corso di una breve
colluttazione con essi, muore improvvisamente sulla
spiaggia del lungomare mentre Robert si era
momentaneamente allontanato per comprargli dei
taralli da lui richiesti.
L'americano è incredulo e sconvolto: passano alcune
ore ed egli si troverà poi a casa Jasiello, dove tutta la
famiglia è a tavola mentre, nella stanza a fianco, è
stata allestita la camera ardente ove giace il corpo di
Antonio. I maccheroni fumanti sono pronti sul
tavolo, ma tutti guardano in silenzio l'orologio di
casa appeso alla parete: la ragione è da ricercarsi nel
fatto che già due volte, in passato, Antonio era stato
dato per morto e poi, alle 13 in punto, aveva
misteriosamente - ed inaspettatamente - ripreso vita
mentre tutti erano a tavola.
Bisogna sperare che anche questa volta sia così, ed il
primo fra tutti è proprio Robert Traven, lui che per
quell'amico ritrovato ha trascurato gli affari, lasciato
partire un aereo e staccato un assegno di cinque
milioni di lire per salvarne il figlio ma, soprattutto,
scoperto se stesso e che ora confida, con speranza
tutta napoletana, nel terzo miracolo della serie…
Maccheroni non è tra i film memorabili di Ettore
Scola, ma se paragonato ai television movie che
girano i modesti registi italiani contemporanei è un
vero capolavoro. Scola, Maccari e Scarpelli
insegnano come si scrive la commedia all’italiana, un
mix di comicità e dolore, passione e dramma,
dolcezza e sentimento, sorriso e tristezza. Insomma,
la vita.
L’amicizia tra Antonio e Robert si rinsalda,
nonostante uno screzio iniziale, l’americano vive la
Napoli dei ricordi, rivede Maria, la sua famiglia, si
emoziona pensando alla giovinezza. Nessuno gli
chiede soldi, pure se è molto ricco e potrebbe
aiutare, ma Antonio è orgoglioso, nobile d’animo,
vuole soltanto amicizia. Alla fine Robert salverà il
figlio di Antonio dalle mani dei camorristi, staccando
un assegno da cinque milioni per rimborsare uno
sgarro.
Maccheroni è commedia all’italiana pura, perché il
finale è amaro, ma non troppo. Antonio muore
d’infarto, ma tutti siedono al tavolino e servono un
piatto di maccheroni al capotavola, sperano che non
sia vero, che sia solo una morte apparente, che si alzi
dal letto come era accaduto in passato.
La commedia all’italiana è rappresentazione
dell’esistenza, fa sorridere raccontando quel che
siamo, non costruendo patetiche storie televisive.
Il film presenta l’insolito incontro di due attori
straordinari
come
Marcello
Mastroianni
(consuetudine nei film di Scola) e Jack Lemmon
(recita in inglese e interpreta un americano) che
conferiscono spessore ai personaggi. Il regista
racconta l’amicizia tra Robert, un manager
americano (Lemmon) e Antonio, un impiegato
napoletano (Mastroianni), che risale ai tempi della
seconda Guerra Mondiale. L’americano era a Napoli
per liberare il paese dalla presenza tedesca e aveva
vissuto una breve storia d’amore con Maria
(Sanfilippo), sorella di Antonio. Tornato a casa si era
dimenticato di tutto, ma Antonio aveva tenuto vivo il
ricordo del vecchio amore scrivendo a suo nome
lettere ricche di passione.
Robert era sempre stato presente nella famiglia
napoletana con le fantastiche avventure inventate da
Antonio - commediografo dilettante e autore di
sceneggiate - anche quando Maria si era sposata e
aveva avuto figli e nipoti.
Maccheroni è un film sull’amicizia, immutabile nel
tempo, capace di rivitalizzarsi se stimolata dal
ricordo di momenti vissuti insieme. Scola cita
Bergman (Il posto delle fragole) con la
sequenza flashback di Jack Lemmon che rivede il
suo amore giovanile seduto su una panchina,
fotografa Napoli con dovizia di particolari, realizza
mirabili piani sequenza con i due attori sul
lungomare, indaga la vita dei vicoli di Spaccanapoli,
Mergellina, Posillipo, via Caracciolo. Robert trascura
il lavoro per compiere un tuffo nel passato, si lascia
sedurre dall’amicizia, rischia di perdere il posto di
dirigente d’azienda e persino la causa con la moglie
che chiede il divorzio.
Sceglie di restare a Napoli per aiutare un amico con
un figlio in difficoltà e dopo la sua morte improvvisa
partecipa alla veglia funebre, sperando che non sia
morto ma che si alzi dal letto per mangiare con loro.
Scola sfuma sulle immagini di un piatto di
maccheroni, i rintocchi della campana indicano le
una, ora del possibile risveglio. Non sappiamo se
accadrà davvero…
Mastroianni dà vita a un personaggio riuscito di
napoletano sognatore, sopporta una modesta realtà
da impiegato con velleità artistiche che sfoga nella
sceneggiata e nella scrittura popolare. Un uomo che
crede nell’amicizia, confida nel figlio e nel futuro, sin
troppo credulone e pieno di orgoglio.
Lemmon è molto espressivo nella caratterizzazione
di un americano alle prese con i ricordi, vinto dalla
genuinità di un intero popolo e dall’amore che tutti
gli manifestano senza chiedere niente in cambio.
Tra gli attori merita una citazione Daria Nicolodi,
in forma smagliante nei panni di una segretaria
napoletana, innamorata del suo principale, ma con
le idee piuttosto confuse. In ogni caso il film è la
prima produzione italiana distribuita da una major
nelle sale degli Stati Uniti. Armando Trovajoli
compone una colonna sonora suggestiva e
malinconica, mixando pezzi d’epoca e musica
napoletana. Montaggio e fotografia da manuale.
.
Pino Farinotti concede tre stelle: “Attraverso
l’antica amicizia, il pragmatico americano riscopre il
fascino della magia napoletana e, dopo varie
disavventure, arriva persino a sperare nei miracoli.
Film intessuto di allegra malinconia”. Soltanto due
stelle (ma tre di pubblico) per Morando
Morandini: “Nella sua gradevolezza consolatoria
èuna commedia fiacca, flebile, di scarso spessore,
specialmente nell’edizione parlata in italiano, e non
bilingue. Qualche invenzione brillante e finale a
sorpresa. Duetto di bravura”. Paolo Mereghetti è
il più caustico. Soltanto una stella e mezzo: “Dalla
riflessione amarognola sull’amicizia si passa alla
farsa e poi al dramma, con sorpresina finale: Scola
lascia spago agli attori e non risparmia i luoghi
comuni sulla napoletanità”.
Ettore Scola
che passa analizzando i tanti ideali traditi. Ettore
Scola è un regista che difficilmente sbaglia un film e
quando esce con una nuova opera ha sempre
qualcosa da dire. Sono ottimi anche Brutti,
sporchi e cattivi (1976), sgradevole e cinica
operazione per presentare i problemi degli
immigrati, La terrazza (1980), che segna la fine
della commedia all’italiana, e Passione d’amore
(1981), insolito film in costume per raccontare una
storia di emarginazione.
Il capolavoro di Ettore Scola resta Una giornata
particolare (1977), una superba interpretazione di
Marcello Mastroianni e Sophia Loren in un dramma
psicologico consumato durante un breve incontro
nel giorno della visita di Hitler a Roma.
Ettore Scola (1931) è tra i registi della migliore
commedia all’italiana, erede anche lui di molte
tematiche neorealiste che supera in un discorso
filmico moderno e originale. Nasce come
sceneggiatore di commedie e debutta alla regia con
Se permette parliamo di donne (1964)
interpretata da Vittorio Gassman, ma il suo tratto
d’autore va ricercato nella commedia sociale che
critica il costume e i difetti nazionali. Ne sono
esempi film come Riusciranno i nostri eroi a
ritrovare
l’amico
misteriosamente
scomparso in Africa? (1968), Il commissario
Pepe (1968) e Dramma della gelosia, tutti i
particolari in cronaca (1969). Tra i suoi migliori film
va citato C’eravamo tanto amati (1974), opera
soffusa di malinconica ironia, che attraverso le vite
incrociate di tre personaggi innamorati della stesa
donna racconta trent’anni di storia italiana,
rappresenta il crollo delle ideologie e rende omaggio
al cinema italiano. C’eravamo tanto amati va oltre la
commedia all’italiana e compone un affresco
mirabile che mette al centro il sentimento del tempo
Sono interessanti alcuni film successivi sulla realtà
italiana come La famiglia (1987), racconto di
ottant’anni di storia privata, Che ora è (1989), sulla
difficoltà di comunicare tra padre e figlio, e Mario,
Maria e Mario (1993), storia pubblica e privata ai
tempi della fine del partito comunista. Tra i lavori
più recenti va citato La cena (1998), pellicola girata
in un’unità di tempo e di luogo per raccontare
diverse esistenze prese a simbolo della realtà
contemporanea. Gente di Roma (2003) è il suo
film, girato in digitale, ma non è all’altezza di tanti
lavori precedenti, anche se si sforza di raccontare la
società multietnica.
Ettore Scola si segnala come regista impegnato e
animato da una sincera coscienza civile che realizza
cinema da metabolizzare e riflettere per
comprendere la nostra storia.
“Operazione San Gennaro”
Regia: Dino Risi.
Sceneggiatura: Ennio di Concini, Dino Risi, Adriano Baracco, Nino Manfredi.
Fotografia: Aldo Tonti.
Musiche: Armando Trovajoli.
Interpreti e personaggi: Nino Manfedi (Dudù), Senta Berger (Maggie), Harry Guardino
(Jack), Claudine Auger (Concettina), Totò (Don Vincenzo ‘o Fenomeno), Mario Adorf
(Sciascillo), Ugo Fangareggi (Agonia), Dante Maggio (il Capitano), Giovanni Drudi
(l’arcivescovo Aloisio), Pinuccio Ardia (il Barone), Vittoria Crispo (mamma Assunta), Enzo
Cannavale (Gaetano il secondino), Nella Gambini (damigella al matrimonio), Rino Genovese
(il commissario di Polizia), Carlo Pisacane , Giovanni Ivan Scratuglia, Solvi Stubing (la
suora), Ralph Wolter, Maria Tedeschi, Liana Del Balzo, Vincenzo Falanga.
Uscita: 1966 - Genere: Commedia - Durata: 98
Trama
Jack, Maggie e Frank sono tre ladri statunitensi,
giunti a Napoli per rubare il tesoro di San Gennaro.
gli chiede soltanto un aiuto per realizzare un grosso
colpo.
Senza svelare i loro piani chiedono aiuto a una
vecchia gloria nel campo dei furti, don Vincenzo
detto "il fenomeno", che però è in galera (sebbene
goda di una grande autorità tra gli altri detenuti e tra
i secondini) e consiglia ai tre di rivolgersi ad
Armandino Girasole, detto “Dudù”. Questi è a capo
di una sgangherata banda composta da Ciccillo, suo
assistente, il “Barone”, un uomo con il cuore a
destra, “Agonia”, guidatore di carri funebri e il
“Capitano”, il "tecnico" della squadra. Inizialmente
Jack non informa Dudù delle sue reali intenzioni, ma
Il primo tentativo fallisce miseramente sul nascere
perché, dopo che Dudù si trattiene per ore a una
festa di matrimonio, la banda, coinvolta nei
festeggiamenti, perde il bulimico Frank, che muore
per indigestione in seguito a un'abbuffata di cozze.
Con la morte di Frank, Jack è costretto ad informare
Dudù del suo piano: impadronirsi del leggendario
tesoro, del valore di 30 miliardi di lire. Dudù e la sua
banda tentennano davanti a una proposta che non
solo è difficile da attuare, ma che appare sacrilega.
Decidono così di chiedere il permesso al santo,
interpretando come un suo assenso un raggio di sole
che, dopo la pioggia, ne illumina la statua. Le
intenzioni di Dudù sono comunque sublimate dal
desiderio di tenere tutto il tesoro per sé e usarne una
parte per portare benefici alla città. Egli propone
all'americano di effettuare il colpo durante la serata
finale del Festival di Napoli, per poter approfittare
così di una città semideserta e distratta
dall'attesissima manifestazione canora.
Alla data stabilita la banda si rimette in azione.
“Agonia” e il “Capitano” (che ha preso il posto di
Jack come tecnico della banda) si aprono un varco
nelle fogne con dei modernissimi laser, apparecchi a
ultrasuoni ed esplosivo, ma, per via della soffiata di
un uomo con il braccio ingessato, che vuole
vendicarsi per essere stato escluso dal colpo, la
polizia si trova nella zona dell'esplosione e li arresta.
Dudù, Jack e Maggie, dopo aver oltrepassato con un
rudimentale espediente un muro e dei fili elettrici, si
ritrovano bloccati nella cripta della chiesa del tesoro
e, in un gesto di rabbia, Jack picchia i pugni sul
muro, udendo qualcuno che dice ‘avanti’ e
accorgendosi che c'è una porta. Entrano e trovano
Ciccillo, che spiega di essere entrato tranquillamente
dalla porta della chiesa che il custode ha dimenticato
aperta. Riescono a impossessarsi rocambole-
scamente del tesoro protetto da un cristallo
antiproiettile, ma poco dopo Jack e Maggie traggono
in inganno Dudù e fuggono con il bottino. Dopo uno
sgangherato inseguimento tra le vie e budelli del
centro, la donna, per non dover spartire il malloppo,
uccide Jack e ne fa precipitare l'auto in mare.
Dudù e Ciccillo assistono al recupero dell'auto dalle
acque del porto, convinti che tutti e due siano finiti a
mare con il tesoro, ma poco dopo vengono a sapere
da Concettina, la fidanzata di Dudù, che Maggie non
è morta e sta anzi per partire dall'aeroporto di
Capodichino. Con una folle corsa in auto fra i vicoli
di Napoli Dudù raggiunge l'aeroporto e appena
prima della partenza riesce letteralmente a strappare
il tesoro che Maggie si è cucita addosso. Nulla può
però contro Mamma Assunta, la madre adottiva
infuriata per il furto sacrilego, che coinvolge
addirittura l'arcivescovo di Napoli. Sarà quest'ultimo
che Dudù, come da lui in origine architettato, pensa
un falso vescovo, a prelevarlo personalmente
all'aeroporto e a condurlo con la sua auto in mezzo
alla folla in festa per la processione di San Gennaro.
Dudù tenta all'ultimo momento di sottrarsi con la
borsa contenente il bottino ma, stretto dalla folla e
scambiato da tutti come l'eroico salvatore del tesoro,
non può far altro che restituirlo alla città.
Commento
Il film è improntato a un tipico stile da commedia
all'italiana, e fa il verso al filone, in voga all'epoca,
dei
film
sui
colpi
perfetti
organizzati
scientificamente (caper movie). L'idea geniale che ne
ha fatto il successo è l'immediato contrasto tra la
nervosa organizzazione della troupe americana, e la
flemmatica capacita risolutiva dello sgangherato
gruppo. Si può dire che per certi versi rappresenti
una sorta di versione napoletana de I soliti ignoti,
di qualche anno precedente, pur con un andamento
della trama completamente diverso. Anche qui,
infatti, una banda raccolta alla meno peggio,
composta da elementi tutt'altro che professionisti, si
getta in un'impresa decisamente superiore alle
proprie capacità. La differenza sta nel fatto che, dopo
varie situazioni rocambolesche e grottesche, il colpo
riesce; la banda si impadronisce del tesoro ma, con
un finale a sorpresa e didascalico, alla fine il tesoro è
loro malgrado restituito e addirittura il capobanda
finisce per essere considerato l'eroe che ha sventato
il furto. E anche in questo caso, come nel film di
Monicelli, la banda fa ricorso ad un vecchio esperto
del settore, interpretato, come ne I soliti ignoti, da
Totò. Un brillante Nino Manfredi, che si avviava alla
sua più felice maturità artistica, dà una egregia prova
di sé, attorniato da attori di livello, come Senta
Berger, Mario Adorf, oltre allo stesso Totò.
Totò
La partecipazione di Totò al film è ridotta a cinque piccole scene, cinque piccoli camei per un attore vecchio ,
stanco e praticamente cieco .
I scena: la più lunga e la più comica, Totò è a Poggioreale dove la fa da padrone, assistito da Gaetano, una
fida guardia carceraria (Enzo Cannavale). Totò si muove nel carcere liberamente, si lamenta se il direttore
utilizza il telefono impedendogli di fare telefonate, regala pacchetti di sigarette agli altri carcerati...
Da ricordare uno scambio di battute con un carcerato che si mostra (giustamente...) adirato nei confronti
della moglie che lo è venuto a salutare con un bimbo di pochi mesi, evidentemente di altro padre...:
Totò alla moglie: “Che bella creatura; e quanto tempo tiene questo giovanotto? ”
La moglie: “ Otto mesi, Don Vincè ”
Totò, rivolgendosi al marito carcerato: “ Otto mesi, e tu stai in galera da tre anni;
se facevi la persona per bene, questo poteva essere figlio a te! ”
La moglie: “ Hai capito che ha detto Don Vincenzo? ”.
II scena: Totò partecipa a un matrimonio, usufruendo di un permesso.
E' accompagnato dal fido Gaetano-Cannavale: “ è giovane e si deve divertire! ”
III scena: Totò ascolta i dubbi di Dudù-Manfredi sul colpo al tesoro di San Gennaro e lo spinge a cercare di
comprendere quale sia la volontà del Santo.
IV scena: di pochissimi secondi, assiste, al fianco del direttore del carcere, alla trasmissione in TV della
finale del festival.
V scena: chiamato di urgenza da Dudù, riesce a impartire ordini ai suoi uomini all'aeroporto di
Capodichino, per far ritardare la partenza dell'aereo per gli Stati Uniti.
Per gli esterni girati a Napoli Totò rifiutò dalla produzione la diaria, compenso in denaro che si dava agli
attori quando erano costretti a girare fuori sede , per lui napoletano verace che girava un film nella sua città
era inconcepibile percepire quei soldi:
“ Come vi permettete di dare la diaria a un napoletano come me?.....Io sono napoletano
verace e nella mia città non posso avere la diaria ”.
Curiosità
•
Le canzoni presentate al Festival di Napoli dell'anno cui si riferisce il film (1966), che è possibile
ascoltare come sottofondo in alcune scene sono:
o Ma pecché, cantata da Iva Zanicchi;
o Ce vo' tiempo, cantata da Peppino Di Capri;
o 'A pizza, cantata da Aurelio Fierro in coppia con Giorgio Gaber.
•
Per la cronaca, a vincere il festival di quell'anno fu Bella, cantata da Sergio Bruni e Robertino, come
annunciato con euforia da “Il barone”. In realtà proprio sulle canzoni del Festival, nel film c'è un
anacronismo, perché una delle canzoni (Ce vo' tiempo) non fu ammessa tra le finaliste, e quindi
non avrebbe potuto essere trasmessa nella serata finale insieme alle altre due (che invece furono tra
le finaliste), mentre la canzone interpretata da Sergio Bruni che viene ascoltata nella cripta
attraverso la radio, non è quella vincitrice, ma Sole 'e vierno, il cui titolo scorre anche sui titoli di
coda.
•
La scena del banchetto nuziale è stata girata a Villa Campolieto a Ercolano, famosa villa vesuviana
progettata dal Vanvitelli. Ben distante dal centro di Napoli, dove la scena ha inizio esternamente.
•
L'esterno e l'interno della chiesa per la scena della richiesta a san Gennaro sono stati girati nella
chiesa dei Girolamini.