approfondimenti 2

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Caratteri ed efficacia
della norma giuridica
Capitolo 1
Sommario
1 I segni distintivi delle norme giuridiche. - 2 Generalità, astrattezza e innovatività. - 3 Tipologie. - 4 Pubblicazione, entrata in vigore ed efficacia della legge. - 5 L’efficacia della
norma giuridica nello spazio. - 6 Efficacia della norma giuridica nel tempo: l’irretroattività. - 7 L’abrogazione della norma giuridica. - 8 Applicazione e interpretazione della norma giuridica. - 9 Il ruolo dei lavori preparatori. - 10 Interpretazione evolutiva? - 11 L’integrazione dell’ordinamento giuridico: l’analogia.
1 I segni distintivi delle norme giuridiche
La norma giuridica è il comando generale e astratto, indirizzato a tutti i
consociati, con il quale si impone una determinata condotta sotto la
minaccia di una sanzione.
Accanto al comando (cd. precetto), si pone pertanto la minaccia di conseguenze sfavorevoli per il trasgressore (cd. sanzione: ad es., risarcimento del
danno, nullità dell’atto compiuto in violazione di norme imperative, esecuzione forzata ecc.), che rappresenta la reazione dell’ordinamento giuridico in caso
di violazione dei comandi contenuti nelle norme, allo scopo di assicurare il risultato che ciascuna norma si propone, anche in mancanza di obbedienza
spontanea. L’effetto della sanzione è, da un lato, repressivo, in quanto mira a
riparare, laddove possibile, le conseguenze della violazione, e dall’altro preventivo, in quanto la previsione di conseguenze sfavorevoli derivanti dalla violazione del precetto induce (o dovrebbe indurre) alla sua osservanza.
La norma giuridica:
nozione e struttura
(precetto e sanzione)
Alcune norme giuridiche sono prive di sanzione (cd. norme imperfette: ad es., l’art. 315
c.c.). Pertanto, la coercibilità caratterizza l’ordinamento giuridico nel suo insieme, piuttosto
che la singola norma.
La sanzione è un momento essenziale della giuridicità della norma. Il carattere giuridico della
norma dipende, infatti, dalla sua garanzia sociale e non dai motivi della sua osservanza, che
potrebbe derivare da intima convinzione, dall’abitudine, dal senso morale di obbedienza ecc.
L’osservanza della norma non deve dipendere esclusivamente dalla coscienza del destinatario, ma deve essere socialmente garantita mediante la sanzione. Senza la sanzione siamo al
di fuori del fenomeno giuridico inteso come fenomeno normativo volto ad assicurare un ordine alla società.
Le norme imperfette
Le norme giuridiche non coincidono con le norme etiche, cioè con le norme della morale sociale corrente, quali sono, ad es., quelle che «impongo-
Diritto ed etica, due
mondi distanti
9
Parte Prima - Norme giuridiche, fonti del diritto e situazioni soggettive
ı
no», secondo il costume sociale, di salutarsi quando ci si incontra o di far sedere le persone più anziane sui mezzi pubblici.
Le norme etiche sono caratterizzate, essenzialmente, dall’adesione spontanea dei soggetti, i quali si uniformano a tali regole per intima convinzione,
indipendentemente dalle conseguenze che possano derivare in caso di loro
inosservanza. L’adesione alle regole etiche comporta, per il soggetto, la soddisfazione per il dovere compiuto e non si fonda sulla volontà di evitare conseguenze negative, se non in un’ottica di tipo cristiano, dove l’osservanza
delle regole della morale religiosa può essere motivata dall’intenzione di
scongiurare castighi ultraterreni.
Le norme giuridiche, invece, prescrivono comportamenti posti da un’autorità esterna (la legge), per cui i soggetti si uniformano a precetti che non
fanno parte della coscienza individuale ma che sono posti da una fonte esterna, eteronoma.
Le norme come moderne Cassandre?
Coercibilità e coattività
Imperatività
è il caso di accennare, per la sua ecletticità, alla teoria del realismo giuridico, secondo la
quale le norme non contengono prescrizioni, comandi, ma predicono ciò che di fatto accadrà, ossia quali saranno le conseguenze decise dai giudici qualora i consociati non si comportino in un certo modo. Le norme, cioè, si limitano a indicare alle persone che, se non vogliono subire gli effetti delle decisioni giudiziarie, devono comportarsi secondo determinate
regole (1).
Questa tesi, però, poggia su un dato inafferrabile, ossia come i giudici decideranno determinate controversie: si possono fare dei calcoli probabilistici, tenuto conto dell’orientamento
prevalente, dell’indirizzo seguito da un certo ufficio giudiziario, ma non è possibile stabilire
con certezza quale sarà la condotta degli uffici giudiziari in caso di violazione di una determinata regola da parte di un soggetto.
Inoltre, altre caratteristiche generali della norma giuridica, che valgono a distinguerla dalle altre norme sociali di condotta, sono:
—la coercibilità, ossia l’esistenza di strumenti attraverso i quali è possibile imporre con la forza l’osservanza delle norme, sia nel senso di impedirne la trasgressione (cd. coattività della norma, attuata attraverso l’apparato repressivo-preventivo dello Stato), sia nel senso di colpire il trasgressore, in caso di violazione, attraverso una sanzione, ossia un obbligo secondario (si pensi al risarcimento del danno) che scatta in caso di
violazione dell’obbligo primario (si pensi all’art. 2043 c.c. che impone la
regola generale del nemimen laedere);
—l’imperatività, ovvero la loro previsione da parte delle istituzioni rappresentative della collettività, detentrici della forza di imporre regole vincolanti per la collettività. Negli ordinamenti monarchici tale potere è in mano
a un solo soggetto, mentre negli Stati moderni è suddiviso tra più soggetti (Parlamento, Governo, Regioni ecc.) (2);
(1) MAZZIOTTI DI CELSO, Norma giuridica, in Enc. giur. Treccani, XXI, Roma, 1990, 4.
(2) BOBBIO, Teoria generale del diritto, Torino, 1993, 79 ss.
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ıCapitolo 1 - Caratteri ed efficacia della norma giuridica
—la plurilateralità, in quanto, da un lato, la norma è posta da un soggetto (lo Stato) nei confronti di un altro (il destinatario) e, dall’altro, è diretta a regolare i comportamenti dei soggetti nelle loro reciproche interazioni, mirando ad assicurare l’ordinato svolgimento dei rapporti sociali. In
questo la norma giuridica si differenzia dalla norma morale, etica, religiosa, che si rivolge prevalentemente al singolo.
Plurilateralità
2 Generalità, astrattezza e innovatività
Le caratteristiche sopra esaminate consentono di distinguere le norme giuridiche dalle altre norme di comportamento che giuridiche non sono.
In particolare, l’espressione «norma giuridica» è utilizzata per indicare i comandi contenenti prescrizioni generali, in quanto rivolte alla comunità nella sua generalità, e astratte, ossia indirizzate a disciplinare situazioni-tipo cui
possono ricondursi tutti i possibili casi concreti (tale situazione-tipo prende
il nome di fattispecie), per distinguerli dai comandi contenenti prescrizioni
riferite a soggetti determinati e a fattispecie concrete (3).
La generalità impedisce che una norma giuridica possa essere dettata per singoli soggetti, ossia che possa applicarsi solamente a una sola persona o a
una cerchia predeterminata di soggetti singolarmente individuati.
L’astrattezza, invece, nella sua accezione tradizionale, impone di formulare norme giuridiche che disciplinino non specifiche situazioni concrete, ma
fattispecie astratte, ossia situazioni individuate ipoteticamente. Tuttavia, il
ricorso sempre più massiccio alle cd. leggi-provvedimento, ossia a leggi
formali che non contengono previsioni generali ed astratte ma si occupano di situazioni specificamente individuate (ad es., l’assunzione da parte
dello Stato delle spese per i funerali di un noto personaggio), ha fatto dire
alla dottrina che l’astrattezza può dirsi rispettata quando il legislatore,
nell’emanare una legge, rispetti il principio di uguaglianza sancito
dall’art. 3 Cost.
Norme giuridiche
generali e astratte
Questa norma prevede:
a) un’uguaglianza di tipo formale, in forza della quale «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali»; ciò comporta che il legislatore può indirizzare
una legge a determinate categorie di soggetti, purché ciò avvenga trattando in modo uguale situazioni omogenee e in modo differenziato situazioni tra loro diverse;
(3) MAZZIOTTI DI CELSO, op. cit., 9.
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Parte Prima - Norme giuridiche, fonti del diritto e situazioni soggettive
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b) un’uguaglianza di tipo sostanziale, che impone allo Stato di «rimuovere
gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Il controllo del rispetto del principio di uguaglianza, così come di tutte le altre
norme costituzionali, è affidato alla Corte costituzionale, la quale può eliminare
dall’ordinamento giuridico una norma che contrasti con i precetti costituzionali.
Oltre che per la generalità e l’astrattezza, la norma giuridica si caratterizza
per l’innovatività, ossia per l’idoneità a innovare l’ordinamento giuridico, a
introdurre nuovi precetti obbligatori per la generalità dei consociati o a modificare precetti già esistenti.
3 Tipologie
In base al contenuto si distinguono:
—norme permissive, che concedono ai soggetti particolari facoltà garantite dall’ordinamento: si pensi alla possibilità di proporre appello contro
le sentenze di primo grado;
—norme proibitive, che contengono un divieto e non un comando (ad es.,
il divieto che grava sugli amministratori statali di acquistare i beni affidati alle loro cure: art. 1471 c.c.);
—norme precettive, che impongono obblighi giuridici (ad es., la norma
che impone l’obbligo degli alimenti a determinati soggetti: art. 433 c.c.).
In base al tipo di comando contenuto nella norma, si distinguono:
—norme cogenti (o imperative o assolute): sono quelle norme la cui applicazione è imposta dall’ordinamento, prescindendo dalla volontà dei
singoli (ad es., tutte le norme penali);
—norme relative o derogabili, la cui applicazione può essere evitata dagli interessati, e si distinguono, a loro volta, in:
a) norme dispositive, che regolano un rapporto, ma lasciano libere le
parti di disciplinarlo diversamente (ad es., l’art. 1815 c.c. stabilisce che,
se le parti non hanno disposto diversamente, il mutuatario, cioè colui
che ha preso a prestito una somma di denaro, deve corrispondere gli
interessi al mutuante sulla somma presa a prestito);
b) norme suppletive, che disciplinano un rapporto in mancanza della
volontà delle parti (ad es., in caso di mutuo, qualora le parti non abbiano stabilito specificamente il tasso di interesse, questo è computato nella misura legale).
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ıCapitolo 1 - Caratteri ed efficacia della norma giuridica
In base alla sanzione si distinguono:
—norme primarie, che pongono il comando (ad es., l’art. 1343 c.c. prevede l’illiceità della causa di un negozio, se contraria a norme imperative,
all’ordine pubblico o al buon costume);
—norme secondarie, che stabiliscono le conseguenze sanzionatorie per il
trasgressore (ad es., l’art. 1418 c.c. prevede la nullità del negozio, qualora la causa sia illecita).
Una norma primaria può essere assistita da più norme secondarie. Ad es., il precetto che
impone di rispettare la proprietà è tutelato sia dalle norme civili che impongono l’obbligo di restituzione o del risarcimento, sia dalle norme penali che puniscono il reato di furto, di appropriazione indebita ecc. (4);
—norme perfette, ossia munite di precetto e sanzione;
—norme imperfette, sfornite di sanzione (ad es., il figlio deve rispettare i
genitori, ex art. 315 c.c.);
—norme minus quam perfectae, la cui inosservanza viene punita con sanzioni non adeguate. Un esempio è dato dal combinato disposto degli artt.
89 e 140 c.c., che riconnettono all’inosservanza del lutto vedovile una sanzione amministrativa senza compromettere il matrimonio contratto in dispregio della norma.
In base alla funzione distinguiamo:
—norme di diritto materiale, dirette al regolamento dei rapporti (è il caso
della maggior parte delle norme di diritto civile);
— norme di diritto strumentale, che invece fissano le regole per l’attuazione in
concreto del comando giuridico (si pensi alle norme del diritto processuale).
In base all’estensione dell’efficacia si distinguono:
—norme generali e norme locali: le prime trovano uguale applicazione in
tutto il territorio dello Stato; le seconde vigono soltanto in alcune parti
del territorio dello Stato (ad es., leggi regionali);
—norme comuni e norme speciali: le prime sono dettate in generale per
tutti i rapporti giuridici; le seconde sono quelle che, per soddisfare particolari esigenze, si applicano solo in alcune materie (ad es., caccia e pesca), in alcune circostanze (ad es., in tempo di guerra), o per alcune categorie di soggetti (ad es., gli imprenditori commerciali). Le norme speciali prevalgono su quelle comuni;
—norme regolari e norme eccezionali: le prime regolano determinati rapporti in conformità dei principi generali dell’ordinamento; le seconde deviano, in virtù di particolari esigenze, dai principi della materia o, in generale, dell’ordinamento.
(4) TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova, 2007, 47.
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Parte Prima - Norme giuridiche, fonti del diritto e situazioni soggettive
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4 Pubblicazione, entrata in vigore ed efficacia della legge
Pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
Vacatio legis
L’art. 73, co. 3, Cost. stabilisce che le leggi sono pubblicate, mediante inserimento nella Gazzetta Ufficiale (art. 7, T.U. 1092/85), subito dopo la promulgazione (da parte del Capo dello Stato), ed entrano in vigore il 15° giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso che può anche coincidere con il giorno stesso della
pubblicazione.
La pubblicazione è curata dal Ministero della giustizia entro trenta giorni dal
perfezionamento dell’atto da pubblicare (art. 9, T.U. 1092/85).
Il tempo intercorrente tra la pubblicazione e l’entrata in vigore è detto vacatio legis.
Le modifiche apportate a un decreto-legge dalla legge di conversione
entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della legge, a meno che la legge stessa preveda un termine diverso.
L’entrata in vigore della legge deve essere tenuta distinta dalla produzione dei suoi effetti:
mentre a seguito dell’entrata in vigore i destinatari e gli organi chiamati a darle attuazione
hanno l’obbligo, rispettivamente, di osservare la legge e di applicarla, l’esplicazione dell’efficacia consiste nella decorrenza dei suoi effetti, che può anche essere retroattiva (5).
Presunzione assoluta di conoscenza
La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale comporta una presunzione assoluta (cioè, invincibile) di conoscenza della legge da parte dei consociati
(ignorantia legis non excusat), con l’unico limite dell’ignoranza inevitabile: la Corte costituzionale (6), infatti, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 5 c.p.
nella parte in cui non esclude dall’inescusabilità dell’ignoranza della legge
penale l’ignoranza inevitabile.
5 L’efficacia della norma giuridica nello spazio
Le norme nello spazio
Il problema dell’efficacia della norma giuridica nello spazio riguarda direttamente il diritto internazionale privato, ossia quel complesso di norme
giuridiche con cui uno Stato regola i rapporti privatistici che presentano elementi di estraneità rispetto all’ordinamento di quello Stato.
Sono norme di diritto internazionale privato, ad es., quelle che indicano le
leggi applicabili per la regolamentazione dei rapporti tra coniugi di nazionalità straniera, l’adempimento delle obbligazioni contratte in un paese diverso da quello in cui deve essere eseguita la prestazione ecc. In presenza di
rapporti di questo tipo si determina, inevitabilmente, un potenziale concor(5) D’ATENA, La pubblicazione delle fonti normative. Introduzione storica e premesse generali, I, Padova,
1975, 1 ss.
(6) Corte cost. 24-3-88, n. 364.
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ıCapitolo 1 - Caratteri ed efficacia della norma giuridica
so tra le norme dei diversi ordinamenti giuridici che appaiono astrattamente applicabili alla fattispecie in esame.
La soluzione dei conflitti tra i diversi ordinamenti viene affidata alle norme
di diritto internazionale privato, che indicano di volta in volta la legge applicabile.
Nel vigente ordinamento italiano la legge di riferimento è la L. 218/95 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato), che riveste particolare importanza per due ragioni: da un lato, ha concentrato in un corpo
organico di disposizioni tutta la disciplina in precedenza contenuta in norme delle disposizioni preliminari al codice civile, nel codice civile e nel codice di procedura civile; dall’altro, ha realizzato una maggiore apertura verso gli ordinamenti stranieri, eliminando l’inderogabilità della giurisdizione
italiana e conferendo maggiore elasticità ai criteri di collegamento.
La L. 218/95, infatti, contiene norme che individuano la legge applicabile a un rapporto giuridico che presenta elementi di estraneità rispetto al nostro ordinamento, perché una o entrambe le parti in causa sono
cittadini stranieri o perché il bene su cui verte la causa è situato al di fuori del territorio dello Stato. A questo fine prevede tre criteri di collegamento (criteri previsti dalle norme di diritto internazionale privato che servono a designare la legge applicabile a una determinata categoria di rapporti):
—la nazionalità del soggetto (legge delle persone), che trova applicazione nelle materie che riguardano lo stato e la capacità delle persone, i rapporti personali e patrimoniali tra coniugi e i rapporti genitori-figli, gli istituti di protezione degli incapaci, le successioni a causa di morte e le donazioni (artt. 20-50, 56, L. 218);
—il luogo in cui si trova il bene (legge del luogo), che opera come criterio di collegamento nei conflitti relativi al possesso, alla proprietà, ai diritti sulle cose; invece, per le obbligazioni di fonte non contrattuale (ad
es., il risarcimento del danno da fatto illecito) vale la legge del luogo nel
quale l’atto è compiuto (artt. 51, 61, 62, L. 218);
—la volontà delle parti (legge adottata), criterio adottato per le obbligazioni contrattuali (art. 4, L. 218).
La L. 218/95
I tre criteri di collegamento: legge delle
persone, legge del
luogo, legge adottata
La legge straniera non si applica quando i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico
(art. 16, L. 218); con tale espressione si fa riferimento a quei principi fondamentali di carattere etico-sociale che sono alla base dell’ordinamento giuridico italiano ed hanno perciò un carattere di inderogabilità.
5.1 La condizione giuridica dello straniero
Lo straniero è colui che ha una cittadinanza diversa da quella italiana, distinguendosi dall’apolide che non ne ha alcuna.
Straniero e apolide
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Parte Prima - Norme giuridiche, fonti del diritto e situazioni soggettive
ı
L’art. 10 Cost.
L’art. 10 Cost. stabilisce che la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità alle norme e ai trattati internazionali.
La norma introduce una riserva di legge rinforzata, in quanto il legislatore non
può offrire allo straniero un trattamento giuridico deteriore rispetto a quello
fissato dal diritto internazionale, richiamato dal dettato costituzionale.
La Costituzione, inoltre, riconosce a tutti, stranieri compresi, i diritti e le libertà fondamentali che attengono strettamente alla persona umana (libertà personale, inviolabilità del domicilio, segretezza della corrispondenza ecc.). La
legge ordinaria, in ogni caso, può estendere allo straniero diritti riconosciuti
solo ai cittadini, senza che ciò implichi anche una copertura costituzionale.
I «tipi» di stranieri
È possibile distinguere, nel nostro ordinamento, tre diverse categorie di stranieri:
—stranieri appartenenti a Stati membri dell’Unione europea, ai quali il riconoscimento della cittadinanza europea garantisce la titolarità di
alcuni diritti, fra i quali la libertà di circolare e soggiornare liberamente
nell’ambito degli Stati membri della Comunità, il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali dello Stato in cui risiedono, il diritto di svolgere attività lavorativa e imprenditoriale ecc.;
—stranieri extracomunitari, ossia i cittadini dei Paesi non appartenenti
all’Unione Europea: a essi si applica un trattamento giuridico diverso da
quello in vigore per i cittadini comunitari. Il fondamento giuridico di tale
trattamento differenziato va ricercato nell’art. 10, co. 2, Cost., laddove prevede che «la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in
conformità delle norme e dei trattati internazionali». Tale trattamento differenziato non può incidere sui diritti inviolabili dell’uomo, come affermato dalla Corte costituzionale (7). Vanno dunque inquadrati entro questi limiti gli interventi del legislatore volti a disciplinare l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini extracomunitari;
—stranieri che godono del diritto d’asilo (diritto concesso a uno straniero di trovare rifugio nel territorio o presso una rappresentanza diplomatica di uno Stato terzo, qualora sia perseguitato o subisca discriminazioni per motivi politici, religiosi o razziali) in quanto nel loro Paese viene impedito l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla nostra Costituzione.
Il rifugiato politico
nella Convenzione
di Ginevra
Ulteriore condizione dello straniero è quella del rifugiato politico, regolata dal diritto internazionale. L’art. 1 della Convenzione di Ginevra definisce
rifugiato «colui che, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di
razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue convinzioni politiche, si trova fuori dal Paese di cui è cittadi(7) Corte cost. 46/77.
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ıCapitolo 1 - Caratteri ed efficacia della norma giuridica
no e non può e non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese».
La nozione di rifugiato va distinta da quelle di immigrato e di apolide: pur
avendo in comune con i rifugiati la necessità di trovare accoglienza in un altro Paese, gli immigrati non sono costretti a lasciare il Paese d’origine, ma
prendono questa decisione liberamente; contrariamente agli apolidi, invece,
i rifugiati non perdono la cittadinanza del proprio Paese, pur dovendo rinunciare alla protezione del proprio Governo.
5.2 Il diritto al lavoro dei cittadini stranieri
L’accesso dei cittadini stranieri al mercato del lavoro in Italia è possibile in
due modi:
—dall’estero, nell’ambito delle quote d’ingresso annualmente stabilite con
i decreti sui flussi adottati dal Governo, salvo casi particolari di ingresso
al di fuori delle quote. L’ingresso nel territorio dello Stato per motivi di
lavoro subordinato (anche stagionale) e di lavoro autonomo, è possibile, salvo casi particolari, solo nell’ambito delle quote d’ingresso annualmente stabilite con i decreti sui flussi adottati dal Governo. In via preferenziale, nei decreti dei flussi vengono assegnate quote riservate agli stranieri extra UE provenienti da Stati con i quali il nostro Paese ha concluso accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi di ingresso per motivi di lavoro e accordi sulle procedure di riammissione. Sono, altresì, assegnate in via preferenziale quote riservate ai lavoratori di origine italiana, residenti in Paesi non comunitari, che chiedano di essere inseriti in
un apposito elenco, costituito presso le rappresentanze diplomatiche o
consolari. Quote riservate vengono, infine, assegnate agli stranieri non
comunitari residenti all’estero che abbiano completato dei programmi
di istruzione e formazione nei Paesi di origine ai sensi dell’art. 23
D.Lgs. 286/98 e che siano inseriti in apposite liste istituite presso il Ministero della solidarietà sociale;
—direttamente in Italia, se lo straniero è già in possesso di un regolare
permesso di soggiorno e dei requisiti previsti dalla legge. L’art. 5, co. 3bis,
D.Lgs. 286/98 (T.U. immigrazione) prevede la necessità, per lo straniero,
di stipulare un contratto di soggiorno al fine di ottenere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato. Il contratto di
soggiorno è stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia e un lavoratore cittadino di uno Stato non
appartenente all’Unione europea o apolide, e deve contenere: a) la garanzia, da parte del datore di lavoro, della disponibilità di un alloggio per
il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli
alloggi di edilizia residenziale pubblica; b) l’impegno del datore di lavo-
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Parte Prima - Norme giuridiche, fonti del diritto e situazioni soggettive
ı
ro di pagare le spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di
provenienza. Il contratto è sottoscritto presso lo Sportello unico per l’immigrazione della provincia nella quale risiede o ha sede legale il datore
di lavoro o dove avrà luogo la prestazione lavorativa secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione.
L’attività temporanea di lavoro prevista dal decreto
salva-Italia
Inoltre, allo scopo di facilitare l’impiego dei lavoratori stranieri in attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, il D.L. 201/11 (cd. decreto salvaItalia), dopo il comma 9 dell’art. 5 D.Lgs. 286/98 ha inserito il comma 9bis, secondo cui, in attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, il lavoratore straniero può soggiornare nel territorio dello Stato e svolgere temporaneamente l’attività lavorativa fino all’eventuale comunicazione dell’autorità di pubblica sicurezza, da notificare anche al datore di lavoro, con l’indicazione dell’esistenza
dei motivi ostativi al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno.
Lo straniero può svolgere il servizio civile. Inoltre, grazie a una lodevole pronuncia di merito (Trib. Milano 12-1-12, n. 15243), il servizio civile nazionale è stato aperto anche agli stranieri regolarmente soggiornanti
in Italia. L’obbligo della cittadinanza italiana, previsto dall’art. 3 D.Lgs. 77/02
tra i requisiti necessari per l’accesso al servizio civile, infatti, non va riferito
(soltanto) al soggetto munito di cittadinanza, ma al soggetto che appartiene in maniera stabile e regolare alla comunità. Del resto, il servizio civile è un’opportunità di lavoro retribuito alla quale, fra l’altro, sono legate
una serie di agevolazioni, che se dovesse essere limitata agli italiani, violerebbe il principio di parità di trattamento.
6 Efficacia della norma giuridica nel tempo: l’irretroattività
Le norme nel tempo
Irretroattività relativa
L’art. 11 disp. prel. c.c. stabilisce che «la legge non dispone che per l’avvenire», ovvero non si riferisce a rapporti verificatisi prima della sua emanazione.
Tale principio, ispirato a esigenze di certezza del diritto, è derogabile, in via
eccezionale, laddove il legislatore ritenga opportuno estendere gli effetti di
una legge anche a fattispecie venute ad esistenza prima della sua entrata in
vigore (ad es., aumenti di stipendio con decorrenza retrodatata). Infatti, il
principio di irretroattività non ha carattere assoluto: l’art. 11 disp. prel. c.c.
non detta un principio inderogabile, ma si limita a dettare la regola della normale irretroattività, senza però escludere che la legge possa avere efficacia
retroattiva, per previsione esplicita o implicita (ricavabile, ad es., dalla ratio
della legge): in caso di dubbio, deve ritenersi che la norma disponga soltanto per l’avvenire e che non abbia, quindi, effetto retroattivo (8).
(8) Cass. 29-1-03, n. 1379.
18
ıCapitolo 1 - Caratteri ed efficacia della norma giuridica
Un mutamento di indirizzo verificatosi nella giurisprudenza della Cassazione in ordine a
principi già affermati dalla stessa Cassazione in precedenti decisioni non è assimilabile a un
provvedimento di legge e non soggiace al principio di irretroattività, fissato, per la legge in
generale, dall’art. 11 disp. prel. c.c. (9).
Le leggi retroattive non possono incidere arbitrariamente sulle situazioni sostanziali sorte sotto il vigore di leggi precedenti, poiché in tal modo colpirebbero l’affidamento del cittadino nella certezza del diritto, elemento indispensabile di uno Stato di diritto, né possono annullare gli effetti di sentenze diventate definitive (passate in giudicato).
Al riguardo è stata elaborata la teoria dei diritti quesiti, secondo la quale
la norma successiva non può privare il soggetto dei diritti già acquisiti in base
alla norma precedente. Ma, sia per l’indeterminatezza della nozione di diritto quesito, sia perché tale teoria precluderebbe alla legge successiva la modifica di situazioni giuridiche destinate a durare nel tempo, la giurisprudenza ha prevalentemente accolto la diversa teoria del fatto compiuto (o teoria dei facta praeterita), in virtù della quale le nuove norme non estendono
la loro efficacia ai fatti compiuti sotto il vigore della legge precedente, benché dei fatti stessi siano pendenti gli effetti.
Il principio di irretroattività della legge non si applica alle norme processuali, che sono immediatamente applicabili in quanto disciplinano le modalità di svolgimento della lite fino alla
sua definizione. Tuttavia, per quanto attiene ai mezzi di prova, mentre devono considerarsi
norme processuali quelle che attengono ai modi ed ai termini della loro assunzione, appartengono al diritto sostanziale quelle che disciplinano l’efficacia ed i limiti della loro ammissibilità, i vincoli inerenti alla loro disponibilità e all’eventuale valore legale. Pertanto non può
essere invalidata una prova già espletata, che al tempo della sua ammissione era pienamente efficace, se una legge posteriore ne impone una diversa avente un particolare valore legale, in sostituzione della precedente (10).
I cambi di rotta della giurisprudenza
La teoria dei diritti
quesiti
Il fatto compiuto
Le norme processuali
6.1 L’irretroattività in materia penale
Mentre l’art. 11 disp. prel. c.c. detta un principio di carattere generale, gli artt.
2, co. 1, c.p. e 25, co. 2, Cost. si occupano della legge penale, stabilendo
che nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso. Il principio di irretroattività, pertanto, assume
rango costituzionale con riferimento alle norme penali incriminatrici, ossia
che qualificano determinate condotte in termini di reato assoggettandole a
pena.
Tuttavia, l’irretroattività in materia penale non costituisce un principio inderogabile: anche la legge penale, infatti, può applicarsi retroattivamente (a fatti, cioè, commessi prima della sua entrata in vigore), poiché l’art. 2 c.p., in ossequio al principio del favor rei, dispone che «nessuno può essere punito
Le norme penali
Il favor rei
(9) Cass. 12-1-07, n. 565.
(10) Cass. 19-5-79, n. 2879.
19
Parte Prima - Norme giuridiche, fonti del diritto e situazioni soggettive
ı
per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi
è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali» (cd. abrogazione secca: co. 2) e che «se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le
posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo» (cd. successione di norme: co. 3).
Pertanto, la legge penale successiva sfavorevole al reo è sempre irretroattiva (ad es., la legge X prevede una determinata condotta come reato;
Tizio ha tenuto quella condotta prima che la legge X entrasse in vigore; la
legge X non può applicarsi retroattivamente al fatto commesso da Tizio),
mentre è retroattiva la legge favorevole, ossia che non preveda più quel
fatto come reato o che, pur continuando a punire un determinato fatto come
reato, lo assoggetti a un trattamento sanzionatorio più mite (11).
Poiché il divieto di retroattività della legge — pur costituendo fondamentale valore di civiltà
giuridica e principio generale dell’ordinamento, cui il legislatore deve in linea di principio attenersi — non è stato elevato a dignità costituzionale, se si eccettua la previsione dell’art. 25
Cost. limitatamente alla legge penale, il legislatore, nel rispetto del suddetto limite, può emanare norme con efficacia retroattiva a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti (12).
7 L’abrogazione della norma giuridica
Abrogazione espressa e tacita
Ai sensi dell’art. 15 disp. prel. c.c., la cessazione dell’efficacia della norma
giuridica si verifica a seguito:
—dell’abrogazione espressa da parte del legislatore, il quale abroga una
legge senza dettare una nuova disciplina della fattispecie regolata dalla
legge abrogata;
—dell’abrogazione tacita per incompatibilità — qualora il legislatore
emani una legge che, pur non abrogando espressamente una legge precedente, sia incompatibile con essa — o per nuova disciplina dell’intera materia — nel caso in cui il legislatore, pur non abrogando espressamente una legge precedente, disciplini ex novo l’intera materia già regolata dalla legge precedente.
L’incompatibilità tra le nuove disposizioni e quelle precedenti — che costituisce una delle due ipotesi di abrogazione tacita ai sensi dell’art. 15 disp. prel. c.c. — si verifica soltanto quando fra le leggi considerate vi sia una contraddizione tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione, cosicché dall’applicazione ed osservanza della
nuova legge non possono non derivare la disapplicazione o l’inosservanza dell’altra (13);
(11) Cfr. MANTOVANI, Principi di diritto penale, Padova, 2002, 29 ss.
(12) Corte cost. 20-6-02, n. 263; 4-4-90, n. 155.
(13) Cass. 10-8-98, n. 7840.
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ıCapitolo 1 - Caratteri ed efficacia della norma giuridica
—del referendum popolare (art. 75 Cost.);
—della scadenza del termine o del venir meno di determinate circostanze, qualora si tratti di leggi emanate soltanto per un certo periodo di
tempo o in particolari circostanze (cd. leggi eccezionali);
—della pronuncia di incostituzionalità della Corte costituzionale. Ad es.,
la sentenza n. 262/09 della Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 1 della L. 124/08 (cd. «lodo Alfano», dal nome del ministro Angelino Alfano che ha firmato il disegno di legge), che prevedeva la sospensione dei processi penali nei confronti delle quattro più alte
cariche dello Stato (Presidente della Repubblica, Presidente del Senato,
Presidente della Camera e Presidente del Consiglio).
Altre cause di abrogazione
Un recente caso di
incostituzionalità:
la decapitazione
(sacrosanta) del
cd. «Lodo Alfano»
La L. 124/08 era stata emanata con l’obiettivo dichiarato di tutelare la continuità
e la regolarità dell’esercizio delle più alte funzioni pubbliche e di contemperare
due interessi: quello personale dell’imputato a difendersi in giudizio e quello generale all’esercizio efficiente delle funzioni pubbliche delle quattro più alte cariche, che potrebbe essere pregiudicato dall’eccessiva esposizione mediatica dei
processi e dai tempi della giustizia italiana, spesso più lunghi di una legislatura.
Il lodo Alfano, tuttavia, costituiva un unicum nel panorama legislativo europeo,
dove l’immunità è prevista, in genere, soltanto per i parlamentari e, comunque,
limitatamente all’esercizio delle loro funzioni. Pertanto, la Corte costituzionale
ha concluso che la sospensione processuale prevista dal «lodo Alfano»:
—creava un’ingiustificata disparità di trattamento delle alte cariche dello Stato rispetto a tutti gli altri cittadini, i quali svolgono attività che la Costituzione considera ugualmente impegnative e doverose, come quelle connesse a cariche o funzioni pubbliche (art. 54 Cost.);
—attribuiva ai titolari di quattro alte cariche istituzionali un eccezionale e
innovativo status protettivo che non è desumibile dalle norme costituzionali e che può essere introdotto soltanto con una legge di revisione costituzionale, secondo il procedimento aggravato previsto dall’art. 138 Cost.
(il «lodo Alfano», invece, è una legge ordinaria).
L’abrogazione differisce dalla deroga, che ricorre quando una norma fa eccezione a regole contenute in un’altra norma, la quale resta, nel suo ambito,
pienamente, efficace.
L’abrogazione delle leggi avviene soltanto per abrogazione espressa o implicita. Non è ammessa quindi l’abrogazione per desuetudine o per tolleranza delle autorità.
Quanto agli effetti, l’abrogazione comporta la cessazione di efficacia della disposizione abrogata, che non può essere più applicata alle fattispecie verificatesi dopo l’entrata in vigore della legge abrogatrice, mentre continua ad applicarsi ai rapporti giuridici sorti prima dell’abrogazione e non ancora esauriti.
Deroga
Desuetudine
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