Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology Anno IV numero 2 - aprile 2012 | direttore scientifico: Carmelo Salpietro - direttore responsabile: Giuseppe Micali Macrocranie e sindromi genetiche Pidone C, Loddo I, Pizzino MR, Gangemi MP, Alterio T, Centorrino R, Morabito G, Briuglia S Dipartimento di Scienze Pediatriche, UOC di Genetica e Immunologia Pediatrica - Università di Messina La macrocrania è una condizione relativamente frequente in età pediatrica ed interessa poco più del 5% della popolazione. Si parla di macrocrania, per definizione, quando vi è quella condizione malformativa in cui la circonferenza cranica è superiore al 97° percentile e si presenta quindi come un anomalo aumento della circonferenza cranica, con spiccata disarmonia del rapporto tra neurocranio e splancnocranio. Fig 1. Esempio di macrocefalia alla risonanza magnetica (RM) La presenza o meno di macrocrania e il grado della sua severità si valutano e si verificano in base a standard di riferimento che si possono, o meglio, si devono consultare. Sono standard espressi nelle curve di crescita della circonferenza cranica (CC), curve che rimangono, tutt’oggi, insieme ed altri parametri, come lunghezza e peso, punto di riferimento per valutare l’accrescimento del neonato ed in particolare, nel nostro caso, per diagnosticare questa condizione e rappresentano quindi un’importante guida per il Medico nel valutare i dati a disposizione. Fig 2. Esempio di Curva di crescita della circonferenza cranica nel bambino La misurazione della CC si effettua a livello del punto più largo della testa, ovvero appena al di sopra delle orecchie (tra sporgenza occipitale e linea sopraccigliare). Fig 3. Metodo di misurazione della CC Alla nascita la CC prevale sulla circonferenza del torace con un valore di 34 cm circa; entro l’anno le due misure si equivalgono (cc 46 cm) ed oltre questa età il torace risulta più grande della testa (la cc a 2 anni è 48 cm e a 3 anni è 50 cm). La velocità di crescita della cc è molto elevata nei primi 12 mesi (11cm), ma l’aumento successivo è di soli 4 cm/anno nei successivi 9 anni, a differenza della circonferenza del torace che aumenta lentamente, ma costantemente. Cause La macrocrania è una condizione che può dipendere da numerose cause che possono essere di origine organico-funzionale o da anomalie cromosomiche e quindi presentarsi nel contesto di malattie sindromiche, rappresentandone o meno la peculiarità. Tra le cause più comuni di macrocrania neonatale figura, senza dubbio, l’idrocefalo da malformazioni congenite, infezioni contratte in utero come TORCH, CMV o, in epoca perinatale, come le meningo-encefaliti virali o batteriche. Esso è una dilatazione ventricolare determinata da eccessiva quantità di liquido cefalorachidiano (LCR) che si accumula sotto tensione all’interno dei ventricoli cerebrali. Altre cause sono anche le lesioni intracraniche occupanti spazio, come ematomi subdurali o megaloencefalo, evidenziabili con la TC. Inoltre, nei primi mesi di vita, possono esserne causa i tumori cerebrali sovratentoriali, mentre, nei primi anni di vita, emorragie perinatali o anomalie dell’apparato osteoide (come per esempio l’acondroplasia). In ultimo, ma non per importanza, ricordiamo le sindromi genetiche, molto numerose e causate da altrettanti geni coinvolti nella eziopatogenesi della macrocrania, perché codificanti per proteine fondamentali nella regolazione di molti fattori di crescita dell’apparato scheletrico e non solo. Nella tabella 1 sono elencate le sindromi più frequenti che causano macrocrania, ma in questo contesto, per questioni di praticità, ci limiteremo a trattare soltanto tre delle sindromi, ovvero quelle in cui la macrocrania figura come carattere peculiare, descritte schematicamente nella tabella 2: la sindrome di Simpson-Golabi-Behmel, la sindrome di Alexander e la sindrome di Joubert. La sindrome di Simpson- Golabi- Behmel tipo 1 è una sindrome X-linked trasmessa con carattere recessivo. Eziologia Tale sindrome è associata a mutazioni/delezioni del Glipicano-3 (GPC3), gene presente in posizione Xq26. Esso gioca un ruolo essenziale nello sviluppo, regolando la morfogenesi e la risposta delle cellule ai fattori di crescita. Esso è inoltre iper-espresso nei tessuti embrionali del mesoderma. La perdita del 43% della funzione della proteina per cui codifica questo gene corrisponde alla soglia per la comparsa del fenotipo della sindrome. Fig 4. Rappresentazione grafica del cromosoma X con indicazione del locus genico Xq26 del gene GPC-3 responsabile della sindrome di Simpson-Golabi-Behmel Tab 1. Elenco delle sindromi che presentano macrocrania Tab 2. Le tre sindromi La Sindrome di Simpson- Golabi- Behmel Fig 5. Rappresentazione grafica della proteina GPC-3. Il glipicano, membro della famiglia dei proteoglicani eparan-solfato, ovvero proteine della matrice, sia di superficie che extracellulari, regola numerosi segnali di sviluppo. E’ costituito da un core proteico a cui sono attaccate le catene dei glicosaminoglicani (GAG). Tale sindrome è caratterizzata da eccessiva crescita pre e post-natale, in particolare si presenta con: - macrosomia pre-natale e post-natale - facies distintiva: 1. macrocrania 2. caratteri grossolani del volto 3. occhi prominenti 4. alterazioni del palato 5. macroglossia - deficit delle capacità intellettuali di grado variabile (da lieve a severo) senza evidenti anomalie strutturali cerebrali - diastasi dei retti/ernia ombelicale - difetti cardiaci congeniti - capezzolo sovrannumerario - anomalie genito-urinarie e gastrointestinali - anomalie dello scheletro: 1. fusione vertebrale 2. dislocazione congenita delle anche 3. scoliosi 4. alterazioni delle coste - anomalie della mano: 1. mano grande 2. polidattilia 3. ipoplasia delle unghie I soggetti affetti presentano maggior rischio di morte neonatale (il caso più antico risale al 1940, quello di un bambino macrosomico, deceduto in epoca neonatale per cause sconosciute e una volta studiato il caso, negli anni a venire, ne è stata scoperta la causa), tumori embrionali, come il turmore di Wilms, l’epatoblastoma e il carcinoma epatocellulare. In Letteratura sono stati riportati casi di pazienti consaguinei col fenotipo di tale sindrome e associati ad ipotiroidismo congenito. Diagnosi La diagnosi è basata sulla clinica, sulla storia familiare legata ad una ereditarietà X-linked e test genetici molecolari su: GPC3 e GPC4, ovvero gli unici due geni conosciuti come causa della sindrome. Trattamento - Trattamento delle manifestazioni E’ importante trattare le manifestazioni neonatali, come la ipoglicemia e l’ostruzione delle vie aeree causata da ptosi della lingua. Oltre al trattamento delle altre anomalie organiche (cardiache, scheletriche, urogenitali). - Prevenzione delle complicazioni secondarie Interessa i pazienti con anomalie congenite cardiache, per le quali è necessaria terapia con anticoagulanti e profilassi antibiotica. - Sorveglianza nei casi di: 1. ipoglicemia (periodo neonatale) 2. scoliosi (durante l’accrescimento) 3. difficoltà di comunicazione e deficit uditivo (pazienti con palatoschisi) 4. apnea durante il sonno (pazienti con ipotonia, macroglossia ) 5. tumori sopraelencati, a partire dal periodo post-natale. Counseling Genetico La sindrome di Simpson-Golabi-Behmel di tipo 1, come già precisato, è X-linked. Se la madre del feto ha una patologia che causa la mutazione, la probabilità di trasmissione di tale mutazione ad ogni gravidanza è del 50%. Il figlio che ha ereditato la mutazione è affetto, mentre le figlie saranno portatrici di tale mutazione. A causa della inattivazione del cromosoma X, le femmine portatrici potranno avere manifestazioni di tale sindrome. E, in conclusione, i maschi affetti trasmetteranno la mutazione a tutte le loro figlie e a nessuno dei loro figli maschi. Una volta identificata la mutazione del gene GPC3 in un membro della famiglia, è possibile effettuare il test prenatale durante la gravidanza o il test agli altri parenti. Mentre, se viene identificata la duplicazione del gene GPC4, la stessa cosa può essere effettuata in particolari laboratori dedicati. La Sindrome di Alexander La sindrome di Alexander è una patologia, spesso fatale, che interessa il SNC. Essa è caratterizzata da leucodistrofia progressiva degenerativa, ereditata con carattere autosomico dominante. La forma infantile è la più comune e si presenta entro i due anni di età. I tipici segni clinici comprendono: - megaencefalia - ritardo psicomotorio. Oltre a quella infantile, vi sono anche forme giovanili e dell’età adulta, tutte distinguibili sul piano clinico, ma sovrapponibili istologicamente, per la caratteristica presenza di abbondanti fibre di Rosenthal, alla biopsia cerebrale o all’autopsia, che permettono di porre diagnosi certa di patologia e la cui struttura si riconobbe negli anni ’80, a livello degli astrociti cerebrali. Tali fibre sono costituite da aggregati di proteina acida gliale fibrillare (GFAP), una normale componente dei filamenti intermedi astrocitari, oltre a piccole proteine da stress. L’unico gene responsabile, ovvero il GFAP, individuato esattamente nel 2001, è stato associato a tale sindrome. Negli anni ’90 è stato inoltre scoperto che la presenza di una copia sovrannumeraria del gene per GFAP ha causato la morte precoce di una cavia da laboratorio ed è stato poi confermato, da ricerche successive, che nella maggior parte degli adolescenti, effettivamente, è presente una mutazione che interessa questo gene. Le mutazioni a carico del gene (che sono fino a 20 mutazioni diverse) sono state trovate a livello dei segmenti 1A, 2 A e 2 B a livello del dominio centrale del gene. Le alterazioni ritrovate sono delle mutazioni missense in eterozigosi che non sono state trovate nei parenti dei pazienti e ciò indica che tali mutazioni sono di tipo dominante e de novo. Sembra che la malattia di Alexander dipenda da un aumento della funzione del gene, dovuto al parziale blocco dell’assemblaggio dei filamenti, di cui è probabilmente responsabile una particolare isoforma di GFAP e che causa un accumulo di tali fibre che esita in interazioni di tipo tossico. Eccezion fatta per poche mutazioni, rimane poco chiara la correlazione genotipofenotipo, anche se, in realtà, una preponderanza della forma infantile nel sesso maschile suggerirebbe che il fenotipo potrebbe dipendere proprio dal sesso. Diagnosi TC o RM con individuazione di anomalie della sostanza bianca, soprattutto a livello dei lobi frontali. Trattamento sintomatico La sindrome di Joubert La sindrome di Joubert è una patologia ereditata con carattere autosomico recessivo. L’incidenza di tale sindrome è tra 1-9 /100.000 nati vivi. Esordio neonatale/prima infanzia. Secondo numerose reviews la presenza di ipoplasia del verme cerebellare, tipica di tale sindrome, è frequentemente associata a complesse malformazioni che si instaurano durante lo sviluppo cerebrale, individuabili con quello che è chiamato “segno del dente molare” rilevabile alla RM. Tale segno talvolta si presenta in associazione alla malformazione di Dandy-Walker e all’encefalocele occipitale. La sindrome di Joubert è caratterizzata da specifiche malformazioni congenite ed anche a difetti di struttura e/o di funzione delle ciglia, che danno vita ad un ampio spettro di presentazioni fenotipiche che sono comprese nei criteri diagnostici ovvero: - facies tipica: macrocrania, epicanto, sopracciglia arcuate, ptosi palpebrale, protrusione lingua - ipopalasia cerebellare - ipotonia - ritardo di crescita e delle tappe dello sviluppo motorio - anomalie della funzione respiratoria (tachipnea/apnea) - movimenti oculari anomali L’ipoplasia cerebellare, inoltre, è presente in alcune condizioni correlate alla sindrome di Joubert, come per esempio la sindrome di Arima, di Senior-Loken, l’oligofrenia, l’atassia congenita, il coloboma, la distrofia della retina, il frenulo della lingua, la fibrosi epatica congenita. Malformazioni associate possono essere, in particolare: - 8% dei pazienti con polidattilia; - 4% coloboma - 2% cisti renali - 2% tumori dei tessuti molli della lingua (soprattutto frenulo). Diagnosi Rimane una sindrome di difficile diagnosi considerando soltanto il quadro clinico, per la presenza di fenotipi molto variabili. Spesso la corretta diagnosi viene posta dopo molti anni dalla nascita. Comunque i segni clinici devono associarsi a segni radiologici, come il “segno del dente molare” (MTS) alla RM dato dalla ipoplasia del verme cerebellare, insieme a malformazioni di mesencefalo e rombencefalo. Oggi, con l’utilizzo della RM, si può porre diagnosi di Sindrome di Joubert facilmente, permettendo quindi di avviare l’adeguato trattamento senza ulteriori ritardi. Vi sono numerose anomalie che si accompagnano alla sindrome di Joubert, i “Joubert Syndrome Related Disorders” (JSRD). Tali anomalie sono classificate in sei sottogruppi secondo il fenotipo: la sindrome di Joubert pura; con difetti che possono essere oculari, renali, oculorenali, epatici ed orofaciodigitali. La prognosi dopo i primi mesi di vita varia notevolmente in base al tipo di coinvolgimento multiorgano. Eccezion fatta per rari casi recessivi X-linked, i JSRD seguono una ereditarietà di tipo autosomico recessivo e sono geneticamente eterogenei. Sono stati chiamati in causa dieci geni tutti codificanti per proteine del ciglio primario o del centrosoma, permettendo così di considerare i JSRD parte di un gruppo di patologie chiamate “ciliopatie”. Altro gene candidato come responsabile è, tra gli altri, il WNT1. Si è ipotizzato ciò sulla base del fatto che tale gene è espresso durante lo sviluppo cerebellare, anche se non è presente in tutti i pazienti. Diagnosi Differenziale La diagnosi differenziale dovrebbe considerare le altre ciliopatie, i difetti cerebellari e le patologie con manifestazioni cerebro-oculo-facio-renali. L’identificazione di caratteri diagnostici alla RM dovrebbe essere seguita da un protocollo diagnostico per accertare il coinvolgimento multiorgano. Il decorso clinico è molto variabile, ma la maggior parte dei bambini sopravvive fino all’età adulta. Conclusioni Possiamo quindi confermare l’importanza ed il ruolo fondamentale che le curve di crescita della circonferenza cranica vestono e che rappresentano un punto di partenza per la diagnosi di macrocrania. È importante ricordare, inoltre, quanto sia necessario ricorrere ad un approccio di tipo multi-disciplinare per il riconoscimento di tale condizione, la conferma della diagnosi, il trattamento ed, infine, il follow-up dei bambini portatori di tale quadro. 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