Una metodologia per la valutazione degli effetti delle variazioni dei prezzi sul costo della vita a livello familiare (*) Paolo Liberati Università di Urbino “Carlo Bo” Maggio 2008 * Lavoro preparato nell’ambito della partecipazione al “Gruppo di Lavoro Atenei” per l’Osservatorio Regionale Prezzi, Regione Marche. 1. Indici dei prezzi differenziati per famiglia Il tasso di inflazione costituisce una corretta misurazione del costo della vita solo nel caso in cui i comportamenti di spesa delle famiglie siano identici. Il caso generale è invece quello in cui i comportamenti di spesa siano differenti. Famiglie diverse consumano diversi beni in diverse proporzioni. In questo caso – e assumendo che i prezzi di singoli beni non aumentino tutti nella stessa proporzione – la variazione del costo della vita conseguente ad un movimento dei prezzi relativi sarà differenziata tra diverse tipologie familiari. In altri termini, la contemporanea presenza di modelli di consumo differenziati e di variazioni non uniformi dei prezzi implica che ad ogni famiglia possa essere associato un “proprio” indice del costo della vita. La conoscenza delle variazioni di prezzo e dei modelli di consumo familiari consente dunque il calcolo di un indice dei prezzi a livello di singola famiglia. La teoria economica e la teoria dei numeri indici forniscono alcune possibilità al riguardo. Conviene partire dalla constatazione che il calcolo degli effetti della variazione dei prezzi dei beni (appartenenti ad un dato paniere) presuppone che ci sia un vettore dei prezzi iniziale e un vettore dei prezzi finale. Si indichi con p 0 il vettore dei prezzi iniziale e con p 1 il vettore dei prezzi finale, con almeno un p1 ! p 0 (si assume cioè che i due vettori non siano identici e che quindi almeno un prezzo sia variato nel periodo considerato). Il modo più semplice per calcolare gli effetti del passaggio da p 0 a p 1 , consiste nel verificare come è variato il costo di acquistare uno stesso paniere di beni nelle due situazioni di prezzo. Si indichi il paniere di beni con q hR , in cui h indica che il paniere si riferisce ad una generica h-esima famiglia e R indica che quello è il paniere assunto come base di calcolo per la variazione del prezzo (paniere di riferimento). L’indice dei prezzi corrispondente alla specifica famiglia sarà dato da: (1) ( ) P h p1 , p 0 , q Rh = p 1 q hR p 0 q hR ! p1i q Rih = i ! p0i q Rih i in cui l’ultimo termine a destra esprime la stessa formula in notazione non vettoriale, in cui i è un generico bene e la sommatoria in i rappresenta la somma dei prodotti tra prezzi e quantità per tutti i beni considerati. Così il 2 h termine p1i rappresenta il prezzo del bene i-esimo nel periodo 1 e q Ri rappresenta la quantità di bene i, nel paniere R, acquistata dalla famiglia h considerando il paniere di riferimento R fisso nei due periodi. Si noti che l’indicizzazione ad h si applica solo alle quantità e non ai prezzi. Si assume cioè che ogni famiglia possa acquistare diverse quantità di uno stesso bene, ma che il prezzo del bene sia lo stesso per tutte le famiglie. Questa assunzione non è innocua, dato che, in alcuni casi, differenziazioni territoriali dei prezzi di singoli beni possono essere rilevanti. Se ciò fosse, si dovrebbe avere un vettore di prezzi indicizzato anche ad h. In quanto segue, ci concentreremo sui diversi comportamenti di consumo (quindi su diverse quantità) e non su differenziazioni territoriali dei prezzi. La considerazione anche di questa possibilità, come si vedrà, non aggiunge particolari complicazioni all’analisi. Dalla formula (1) è immediato ottenere i due indici più comuni del costo della vita per ogni singola famiglia. Infatti se q R = q 0 , cioè se il paniere di beni preso in considerazione è quello iniziale (prima della variazione dei prezzi), la (1) dà luogo all’indice di prezzo di Laspeyres: (2) ( ) P h p1 , p 0 , q 0h = ! p1i q0hi i ! p0i q0hi i Se invece q R = q 1 , cioè se il paniere di beni preso in considerazione è quello finale (quindi dopo la variazione dei prezzi), la (1) dà luogo all’indice di prezzo di Paasche: (3) ( ) P h p1 , p 0 , q1h = ! p1i q1hi i ! p0i q1hi i Entrambi gli indici condividono un difetto comune, cioè quello di non poter tener conto di eventuali effetti di sostituzione nel consumo dei beni indotti dalla modifica dei prezzi relativi. Per costruzione, questi due indici, infatti, misurano il costo – in due regimi differenziati di prezzo – di acquistare lo stesso paniere di beni. In altri termini, il paniere è fisso, quindi eventuali aggiustamenti operati dal consumatore per tenere conto della variazione dei prezzi relativi non possono essere catturati dal calcolo di questi indici. 3 Questa caratteristica comporta che, in generale, l’indice di Laspeyres tenda a manifestare, nel tempo, maggiori incrementi dell’indice di Paasche, in particolare proprio quando prezzi e quantità sono negativamente correlati. Quindi, il gap tra i due indici tende ad aumentare nel tempo. Dal punto di vista della teoria economica, la restrizione di misurare il costo della vita mantenendo ferma la composizione del paniere dei beni è una pratica non soddisfacente. La teoria del consumatore insegna che ogni individuo trae utilità dal consumo di certi beni e che uno stesso livello di utilità può essere generalmente raggiunto con i beni combinati in diverse proporzioni (ad eccezione del caso in cui i beni siano perfettamente complementari). Il costo della vita connesso ad una variazione dei prezzi relativi dovrebbe allora essere misurato dal rapporto tra il costo necessario a raggiungere un certo livello di utilità al vettore dei prezzi finale e quello che era necessario per raggiungere lo stesso livello di utilità al livello dei prezzi iniziale. Da questa definizione derivano due indici che la teoria economica identifica come veri indici del costo della vita (true cost-of-living index). Si definisca il costo di raggiungere un certo livello di utilità con un certo vettore dei prezzi con c(u , p ) – la funzione di costo del consumatore. Il vero indice del costo della vita al livello iniziale di utilità sarà pari a: 1 (4) c(u 0 , p 1 ) c(u 0 , p 0 ) mentre il corrispondente indice al livello finale di utilità sarà: (5) c(u1 , p 1 ) c(u1 , p 0 ) Si può dimostrare che se gli effetti di sostituzione sono nulli, l’indice di Laspeyres corrisponde al vero costo della vita (4) e l’indice di Paasche corrisponde al vero costo della vita (5). Se ne deduce che gli indici di Laspeyres e Paasche hanno un fondamento nella teoria del consumatore, ma sono buone rappresentazioni del costo della vita solo in casi speciali (assenza di effetti di sostituzione, che corrisponde a preferenze di tipo Leontief – beni perfettamente complementari). In tutti gli altri casi, gli indici di Laspeyres e Paasche producono degli errori sul calcolo del vero costo della vita, tanto più grandi quanto maggiore è l’effetto di sostituzione tra beni al variare dei rispettivi prezzi. La funzione di costo rappresenta il minimo costo di raggiungere un livello di utilità u al vettore dei prezzi p. 1 4 Ciò implicherebbe che la stima del vero costo della vita debba passare attraverso una stima (econometrica) della funzione di costo in (4) o in (5). A sua volta, questa necessità implica che alla funzione di costo sia assegnata una forma funzionale esplicita. Anche questo passo è tuttavia denso di problematiche teoriche ed empiriche. Un metodo abbastanza diffuso di stima della funzione di costo è quello di ricorrere ad una espansione di Taylor del secondo ordine come approssimazione alla vera funzione di costo (nell’ipotesi che i fattori di ordine più elevato siano di dimensioni piccole e possano quindi essere trascurati). Tuttavia, anche questa soluzione – che riduce la quantità di restrizioni da imporre sulla forma funzionale – trascina con sé delle insoddisfazioni, in particolare perché queste stime possono essere di solito realizzate solo per gruppi di beni molto ampi (5 – 10 gruppi) a causa dell’elevato numero dei parametri da stimare. Ciò richiede un’aggregazione dei prezzi e delle quantità consumate che tende a ridurre l’informazione sulla variabilità dei comportamenti di consumo e quindi la qualità del risultato. La metodologia più semplice da utilizzare e che, al contempo, cerca di risolvere alcuni problemi dell’indice di Laspeyres e Paasche senza cadere nei difetti della stima econometrica della funzione di costo, si basa sull’impiego dell’indice di Törnqvist. Questo indice corrisponde al vero costo della vita in ipotesi più plausibili (rispetto a Laspeyres e Paasche), che ammettono la presenza di effetti di sostituzione, e può essere rappresentato come segue: #p & ln P h ( p1, p0 ;w ) = " w˜ ih ln% 1i ( $ p0i ' i (6) in cui w˜ ih (w = h 1i h + w 0i 2 ) è la media della quota di spesa sul totale relativa a ! ciascun bene tra il periodo 1 e il periodo 0 (e in cui wtih = ctih C th è la quota di ! spesa al tempo t=0,1 sul bene i-esimo, c h è la spesa sul bene i-esimo da ti parte della h-esima famiglia e C th = ! ctih è il consumo totale al tempo t i della h-esima famiglia). Questa formulazione consente di tenere almeno in parte conto di come si siano modificati i comportamenti di consumo in ragione della variazione dei prezzi – cioè dell’effetto di sostituzione. Rispetto a Laspeyres e Paasche, 5 quindi, il paniere di beni non è fisso (sul periodo iniziale o finale), ma è una media dei panieri nei due periodi. L’inconveniente della (6) è che la sua applicazione richiederebbe la conoscenza del paniere consumato da una stessa famiglia all’inizio e alla fine del periodo. Ciò sarebbe possibile solo se i dati fossero disponibili in formato panel, cioè con le stesse famiglie osservate per più periodi. In generale, i dati sui consumi delle famiglie sono campionari e il campione non contiene le osservazioni relative alle stesse famiglie di anno in anno. In quest’ultimo caso, la (6) potrebbe trovare ancora applicazione se anziché riferirsi alla singola famiglia, l’indice si riferisse a gruppi di famiglie – ad esempio, identificate per caratteristiche socio-demografiche (famiglie con 1 figlio, famiglie con 2 figli, ecc.). Il grado di dettaglio dei sotto-gruppi dovrebbe comunque tener conto del fatto che è necessaria una adeguata numerosità campionaria al fine di ottenere informazioni non distorte. Se l’obiettivo è quello di verificare gli effetti della dinamica dei prezzi di periodo in periodo, l’indice (6) appare soddisfacente. Tuttavia, qualora si volesse studiare la dinamica dell’indice dei prezzi tra periodi che sono più lontani nel tempo (cioè separati da più di un periodo), la tecnica migliore è quella di legare, nel periodo, gli indici relativi a sottoperiodi consecutivi. Ciò perché nel corso del tempo, l’andamento dei prezzi relativi del periodo base tende ad essere sempre meno rappresentativo della situazione economica di un periodo distante nel tempo. Per rimediare a questo inconveniente, si può dar luogo al concatenamento di indici calcolati su periodi consecutivi. Ciò implica che all’indice si applichi in ogni sottoperiodo una base di riferimento aggiornata. Ad esempio, nel caso dell’indice dei prezzi di Laspeyres calcolato nel periodo che va da t=0 a t = s, si avrebbe: (7) Ph = ! p1i q0hi ! p 2i q1hi i ! p0i q0hi i . i ! p1i q1hi i ... ! p si q sh"1i i ! p s "1i q sh"1i i in cui si dimostra che l’indice concatenato non è altro che il prodotto degli indici di Laspeyres da t = 0 a t = s calcolati ciascuno come variazione al tempo t rispetto al tempo t - 1. Analogamente per l’indice di Paasche e per l’indice di Tornqvist. Il concatenamento è una procedura particolarmente utile se le variabili sottostanti tendono ad avere un comportamento dinamico monotonico, come 6 ad esempio nel caso dell’inflazione. L’impiego di indici concatenati è infatti sconsigliato nel caso in cui le variabili sottostanti presentino ampie fluttuazioni intorno ad un trend. 2. I dati Qualora non si proceda ad indagini autonome sui consumi delle famiglie e a rilevazioni dirette delle variazioni dei prezzi, l’analisi degli effetti delle variazioni dei prezzi relativi si può affrontare con risultati soddisfacenti utilizzando due esistenti fonti di dati. La prima fonte di dati è costituita dai numeri indici dei prezzi al consumo per l’intera collettività per voce di prodotto elaborati dall’Istat. Il dettaglio delle voci di prodotto è molto ampio e, in caso di necessità, consente di costruire dei sub-indici per gruppi di prodotti. Si tratta di indici relativi a 208 voci elementari di prodotto, ai quali si aggiungono indici dei prezzi per aggregazioni di prodotti. Si concentrerà l’attenzione sulle voci elementari al fine di utilizzare il maggior grado di dettaglio informativo. La seconda fonte di dati è rappresentata dall’indagine sui consumi delle famiglie dell’Istat. In questa indagine, sono presenti rilevazioni sulla spesa delle famiglie per un altrettanto ampia gamma di beni, 279 voci elementari di consumo. Guardando alla formula (6), quindi, i requisiti informativi sono potenzialmente soddisfatti dall’impiego simultaneo di queste due fonti di dati. I valori di p possono essere recuperati utilizzando due periodi consecutivi di osservazione degli indici di prezzi. I valori di w – le quote di consumo di ciascun bene sul totale del consumo familiare – possono essere invece calcolati a partire dalle voci elementari di consumo in rapporto al totale del consumo familiare (che si ottiene – ovviamente – sommando le singole voci di consumo per ogni famiglia). Si noti che l’indice (6) richiede la disponibilità dei dati di spesa familiare per entrambi i periodi. Dal punto di vista informativo, è quindi più costoso degli indici di Laspeyres e Paasche, che richiedono comunque un solo periodo di osservazione delle quantità consumate (quello iniziale o quello finale). Nel confronto tra queste due fonti di dati si possono presentare cinque casi: • il primo, che si potrebbe definire ottimale, si ha quando ad una voce elementare del paniere dell’indice dei prezzi corrisponde la stessa voce 7 elementare nei consumi delle famiglie. In questo caso, l’indice dei prezzi può essere direttamente applicato alla voce di consumo al fine di calcolare il contributo individuale dello specifico consumo alla formazione dell’indice dei prezzi familiare. Alcuni esempi sono riportati nel seguente schema: INDICE DEI PREZZI - VOCI DI PRODOTTO DISAGGREGAZIONE DEI CONSUMI FAMILIARI Riso Farina Carne suina Pollame Salumi e insaccati • Riso Farina Maiale Pollame Salumi il secondo caso si ha quando a voci di prodotto nell’indice dei prezzi non corrispondono voci elementari di consumo nei bilanci delle famiglie. In altri termini, di un bene di cui è calcolato l’indice dei prezzi non si ha a disposizione la spesa dal lato dei bilanci delle famiglie. In questo caso, l’indice dei prezzi non può essere utilizzato e quindi il relativo bene non contribuisce alla formazione dell’indice dei prezzi familiare. Alcuni esempi sono indicati nel seguente schema: INDICE DEI PREZZI - VOCI DI PRODOTTO DISAGGREGAZIONE DEI CONSUMI FAMILIARI Carne bovina surgelata Formaggi per condimento • il terzo caso si ha quando ad una voce di prodotto dell’indice dei prezzi corrispondono più voci elementari di spesa dal lato dei bilanci delle famiglie. In questi casi, le singole voci elementari di spesa vengono sommate in modo da ricostituire un aggregato omogeneo a quello definito dalla voce di prodotto dell’indice dei prezzi. A tale aggregato può così essere applicato il corrispondente indice dei prezzi e il contributo inserito nel calcolo dell’indice (6). Ad esempio, l’indice dei prezzi è calcolato per la voce di prodotto “Carne bovina fresca” alla quale si possono affiancare due voci di consumo familiare, “Vitello e vitellone” e “Manzo”. La somma di queste due voci ricostituisce un aggregato omogeneo a “Carne bovina fresca” e può quindi associarsi al relativo indice dei prezzi. Un altro esempio è l’indice dei prezzi calcolato sulla voce “Altri grassi (animali e vegetali)” a cui si possono associare le spese su “Margarina e altri grassi vegetali” e “Lardo, strutto 8 e altri grassi animali”. Si rimanda alla tabella A.1 in Appendice per l’accoppiamento complessivo tra voci di prodotto dell’indice dei prezzi e voci di spesa familiare; INDICE DEI PREZZI - VOCI DI PRODOTTO DISAGGREGAZIONE DEI CONSUMI FAMILIARI Carne bovina fresca Vitello e vitellone Margarina e altri grassi vegetali Altri grassi (animali e vegetali) • Manzo Lardo, strutto e altri grassi animali il quarto caso si ha quando una voce di spesa familiare comprende due o più voci di prodotto dell’indice dei prezzi. Nello schema seguente, la voce di spesa “Confetture, marmellate, miele, cioccolato, ecc.” comprende due voci di prodotto sulle quali l’indice dei prezzi è calcolato separatemente, “Confetture, marmellate, miele” e “Cioccolato”. Poiché ipoteticamente ci sono due indici dei prezzi che potrebbero essere applicati all’aggregato di spesa, si pone il problema di quale dei due si debba selezionare. La procedura utilizzabile in questo caso è quella di considerare una media ponderata degli indici dei prezzi con i pesi rappresentati dal peso di ciascuna voce sul totale delle voci considerate. Si assuma che a fronte di una unica voce di consumo, l’indice dei prezzi riporti k voci di prodotto. L’indice dei prezzi ponderato da applicare alla voce di spesa sarà allora dato da ! pk " k pi = k ! "k , in cui pk è il prezzo delle voci di prodotto che k compongono la voce di spesa i e ! k è il peso di ciascuna voce di prodotto sull’aggregato corrispondente alla voce di spesa. La tabella A.1 in Appendice illustra i casi in cui si è riscontrata questa necessità. INDICE DEI PREZZI - VOCI DI PRODOTTO DISAGGREGAZIONE DEI CONSUMI FAMILIARI Confetture,marmellate,miele Confetture, marmellate, miele, cioccolato, ecc. Cioccolato 9 • il quinto caso si verifica quando esistono voci elementari di spesa familiare che non sono riconducibili a nessuna voce di prodotto dell’indice dei prezzi. Lo schema riportato di seguito illustra due esempi di voci di spesa non associabili direttamente ad un indice dei prezzi. INDICE DEI PREZZI - VOCI DI PRODOTTO DISAGGREGAZIONE DEI CONSUMI FAMILIARI Pellicce e articoli di pellicceria Carbone e legna Il risultato finale dell’esame delle cinque situazioni porta ad identificare i casi di corrispondenza tra voci di spesa e voci di prodotto. L’analisi di questi casi e gli aggiustamenti sopra descritti hanno portato all’identificazione di 147 voci di spesa a cui si affiancano i corrispondenti 147 indici dei prezzi. A partire da questa struttura, il calcolo della (6) è immediato. Nell’esercizio che verrà illustrato di seguito, a causa della disponibilità di un solo anno di osservazioni sulla spesa delle famiglie, non si potrà dar luogo al calcolo della (6). In realtà, si eseguirà il calcolo dell’indice di Laspeyres. I risultati non sono quindi da interpretare economicamente, ma come indicazione delle possibili informazioni che si possono ottenere dall’applicazione di questa metodologia. 3. Un esercizio illustrativo Utilizzando il tracciato delle spese familiari delle famiglie della regione Marche (1.026 osservazioni campionarie che si riferiscono ad un universo di circa 585 mila famiglie e 1,5 milioni di individui), si è proceduto come segue: 1. le voci elementari di spesa sono state aggregate nelle 147 voci utili ai fini del calcolo dell’indice dei prezzi; 2. si è poi calcolata la quota di spesa di ciascuno dei 147 beni sul totale della spesa familiare per ciascuna famiglia ( wih ); 3. a ciascuna voce di spesa sono stati associati i corrispondenti indici dei prezzi del 2005 e del 2006; 10 &p # 4. si è proceduto al calcolo di ln$$ 2006i !! per ciascun bene i; % p 2005i " 5. si è poi proceduto alla somma dei prodotti tra le quote di spesa su ciascun bene e la variazione di cui al punto 4. Ciò dà luogo ad un indice dei prezzi per ciascuna famiglia considerata nel campione. Questa procedura consente dunque di associare a ciascuna famiglia il corrispondente indice dei prezzi calcolato sulla base delle variazioni dei prezzi (identiche per ciascuna famiglia) e del proprio comportamento di spesa (differenziato tra famiglie in ragione della diversità di preferenze e di reddito). Il punto di arrivo della procedura è quindi, nel caso specifico, il calcolo di 1.026 indici dei prezzi familiari. Questa informazione può essere aggregata in vari modi. Di seguito, si mostreranno due elaborazioni tipiche del dettaglio informativo risultante dall’applicazione di questa metodologia. La prima riguarda la distribuzione di frequenza dell’indice del costo della vita attraverso la rappresentazione ad istogramma della figura 1, cioè l’addensamento delle famiglie intorno a livelli determinati dell’indice del costo della vita. Figura 1 Distribuzione di frequenza dell'indice dei prezzi familiare 0 50000 Frequenza 100000 150000 200000 250000 Regione Marche 1 1.02 1.04 Indice dei prezzi familiare Fonte: Elaborazioni proprie su dati Istat 11 1.06 1.08 Come atteso, la maggior parte delle famiglie (la cui numerosità si legge sull’asse delle ordinate) si addensa intorno a valori dell’indice compresi tra 1.02 e 1.03, cioè tra valori che includono la media nazionale. Si nota anche la presenza di famiglie il cui costo della vita eccede 1.04. La seconda rappresentazione (figura 2) riporta la media dell’indice del costo della vita per decili di spesa familiare equivalente. 2 Quest’ultima variabile è impiegata come proxy del benessere delle famiglie. Come si può notare, la media del costo della vita è differenziata per decili di spesa, con indici di prezzo relativamente più alti a livelli bassi di spesa.3 Figura 2 Fonte: Elaborazioni proprie su dati Istat 2 Ai fini dell’esercizio, è stata utilizzata una scala di equivalenza molto semplice che assegna valore 1 al primo adulto e 0.7 a tutti gli altri componenti della famiglia. 3 È opportuno ricordare che l’interpretazione economica è solo esemplificativa delle potenzialità della metodologia. 12 4. Estensioni La principale estensione della metodologia potrebbe riguardare la possibilità di introdurre indici dei prezzi territoriali. Tuttavia, la serie storica dell’indice dei prezzi per area geografica predisposta dall’Istat si basa sui raggruppamenti per categorie di beni e non consente quindi di utilizzare il dettaglio informativo della spesa familiare. L’aggregazione delle spese mensili rispetto alle categorie omogenee dell’indice dei prezzi comporterebbe infatti una notevole perdita di informazione, perché condizionata dall’assunzione implicita che tra famiglie, all’interno di ogni categoria, il peso relativo di ciascun elemento della categoria sia lo stesso. In altri termini, la considerazione di categorie di spese, anziché di voci elementari di spesa, condurrebbe verso un appiattimento della variabilità dei modelli di spesa, che si rendono invece disponibili qualora si utilizzi al massimo dettaglio la disaggregazione dei consumi familiari. Al fine di poter applicare la stessa metodologia fin qui discussa, dovrebbero essere resi disponibili gli indici regionali di prezzo con la stessa disaggregazione dell’indice generale (208 voci elementari di prodotto). 13 APPENDICE 1 Tavole di raccordo tra indice dei prezzi per voce di prodotto e voci elementari di spesa familiare Tabella A.1 14