Studio numerico di un modello tipo Fermi-Pasta

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Università degli Studi di Milano
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Corso di Laurea in Matematica
A. A. 2003/04
Tesi di Laurea
Studio numerico di un modello
tipo Fermi-Pasta-Ulam
Candidata
Laura Caravenna
Relatore Prof.
Dario Bambusi
Ai miei genitori
Introduzione
Nel 1954 Fermi, Pasta e Ulam analizzarono numericamente un modello semplificato di cristallo unidimensionale costituito da una catena di particelle collegate da molle debolmente anarmoniche. Secondo i principi che stanno alla
base della meccanica statistica si sarebbero aspettati di trovare che le energie
medie dei modi armonici tendessero a stabilizzarsi rapidamente ad un valore
costante e indipendente dal modo (equipartizione). Quanto osservarono non
fu questo; da allora il problema è vivo argomento di ricerca.
Il presente studio si è focalizzato su osservazioni numeriche sulla dinamica
dello storico modello, lasciando al molto che gli gira intorno il ruolo di cornice.
Dopo una descrizione del modello stesso si esamina il caso, del tutto risolubile, in cui l’interazione tra le particelle è lineare. Con un cambiamento di
coordinate ci si riconduce a un sistema di oscillatori armonici disaccoppiati,
l’energia di ciascuno di questi è una costante del moto.
Si affronta quindi il caso interessante in cui c’è una debole nonlinearità: si
sono riprodotti e si presentano i risultati dell’esperimento originale di Fermi,
in cui si evidenzia il paradosso di ciò che manca totalmente (l’equipartizione).
Le energie medie dei modi armonici sembrano rapidamente stabilizzarsi, ma
non su un valore comune.
Paasando ad alcuni risultati più recenti, ripercorriamo i primi passi di un
lavoro di Berchialla, Galgani, Giorgilli ([5]) in cui si dà una efficace descrizione fenomenologica di quanto concretamente pare avvenire (la formazione dei
pacchetti).
Si accenna una attuale teoria, presentata da Ponno e Bambusi in [1], che
tenta di spiegare analiticamente quanto è stato fino ad ora descritto solo in
base a numerose osservazioni sperimentali ed è in accordo con queste.
Con lo scopo di verificare una previsione collaterale di tale teoria si espongono, nella loro apparente semplicità, i risultati di prove nuove su modelli lievemente diversi da quello tipicamente considerato. L’indicazione che si ottiene,
pur essendo una situazione delicata, è che quanto previsto avvenga.
Vi racconto quindi il percorso accidentalmente seguito per arrivare a quanto
esposto, considerato che è tanto lineare il secondo quanto il primo fu tortuoso.
Nella prima appendice si presentano cenni di meccanica statistica: l’importanza del problema analizzato tocca le fondamenta di questa parte della fisica
matematica ed è qui che trova motivo d’essere lo studio.
Nella seconda appendice si descrive e si spiega come furono realizzate le
simulazioni, dettaglio insieme accessorio ed essenziale: esse sono l’inchiostro
con cui ho scritto.
Indice
Studio del modello
1
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1
Problema lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2
Risoluzione analitica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3
Risoluzione numerica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6
Problema perturbato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7
L’esperimento di Fermi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7
Fenomenologia dei pacchetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
8
Cenni di una spiegazione analitica . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
Indagine su diversi modelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
Racconto del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
A Cenni di meccanica statistica: il principio di equipartizione
32
A.1 Chiariamo i termini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
A.2 Lo stato statistico di Maxwell-Boltzmann . . . . . . . . . . . . . 34
A.3 Il teorema di equipartizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
B Realizzazione delle simulazioni
41
B.1 Scelte pratiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
B.1.1 Metodo di integrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
B.1.2 Passo di integrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
B.1.3 Altro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
B.2 Affidabilità dei risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
B.3 Un sorgente C
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
Studio del modello
Introduzione
Il modello di Fermi, Pasta e Ulam — in seguito indicato coll’acronimo di questi
tre cognomi FPU — consiste in una sequenza finita di N + 2 punti materiali di massa m disposti in fila e liberi di oscillare lungo una stessa direzione. Questo modellizza ad esempio un cristallo unidimensionale o una corda,
i punti materiali rappresentando rispettivamente le particelle o gli elementi,
uguali tra loro, in cui viene discretizzata la corda. Ciascun punto interagisce
con ognuno dei due a lui adiacenti, e solo con questi, in modo debolmente
non lineare in funzione della loro distanza lungo la direzione del moto, tranne i due punti estremi che noi considereremo fissi. Scegliamo un sistema di
coordinate cartesiane lungo la direzione del moto in modo che questi estremi
risultino a quota 0 e denotiamo con qj la posizione della j-esima particella,
per j ∈ {0, . . . , N + 1}. Avremo quindi che posizioni e momenti coniugati
(q, p) = (0, q1 , . . . , qN , 0, 0, p1 , . . . , pN , 0) variano all’interno del fibrato cotangente a R2(N +2) , considerato come varietà differenziabile dotata di struttuP +1
ra simplettica attraverso la due-forma N
j=0 dpj ∧ dqj . L’hamiltoniana che
definisce il sistema è del tipo
N
H(q, p) =
N
mX 2 kX
p +
(qj+1 − qj )2 + V (qj+1 − qj )
2 j=1 j 2 j=0
con m, a reali positivi e V (r) regolare con uno zero almeno di ordine k (k ≥ 3)
in 0; diremo di avere una perturbazione di ordine k e, nel seguito, indicheremo
questo come “modello k”. A meno di una dilatazione del sistema di coordinate
2
q
di un fattore
k
m
possiamo quindi supporre di avere
N
H(q, p) =
N
N
X
1X 2 1X
pj +
(qj+1 − qj )2 +
V (qj+1 − qj ) .
2 j=1
2 j=0
j=0
Sarà quindi indotto il campo vettoriale hamiltoniano

q˙ = p
j
j
p˙ = q + q − 2q + V 0 (q − q ) − V 0 (q − q )
j
j+1
j−1
j
j+1
j
j
j−1
dove j ∈ {1, . . . , N }.
Nel seguito ci occuperemo di analizzare prima il semplice caso in cui V è
costante, supporremo quindi nulla, e le equazioni sono lineari; poi ci occuperemo dell’altra situazione, sensibilmente più difficile ma di maggiore interesse.
A queste osservazioni si accompagneranno delle integrazioni numeriche svolte
in prima persona per particolari V di volta in volta specificate e con valori
iniziali in una fissata categoria.
Problema lineare
Se in prima approssimazione consideriamo lineare la forza di interazione tra le
particelle, le equazioni del moto si riducono a
q¨j = qj+1 + qj−1 − 2qj ,
j ∈ {1, 2, . . . , N } .
Tenendo conto delle condizioni q0 = qN +1 = 0, ciò equivale a


2 −1 0 . . . . . . . . . . . . 0


−1 2 −1 0 . . . . . . . . 0 
 

 


q̈1
 0 −1 2 −1 0 . . . 0  q1
 

 . 
 ..  = −  ... . . . . . . . . . . . . . . . ...   ... 
 

 


 0 . . . 0 −1 2 −1 0  qN
q̈N


 0 . . . . . . . . 0 −1 2 −1


0 . . . . . . . . . . . . 0 −1 2
3
Risoluzione analitica
Considerati i vincoli dimentichiamoci delle coordinate fisse, per il resto della
sezione q, p varieranno in R2N .
Chiamiamo la sopra scritta matrice A = [ai,j ]: è ai,j = 2δi,j − δi,j−1 − δi,j+1
con i, j ∈ {1, 2, . . . , N }. Questa matrice è reale simmetrica, quindi ortodiagonalizzabile. Indichiamo con λ1 , . . . , λN i suoi autovalori e con v 1 , . . . , v N
ordinatamente degli autovettori relativi a tali autovalori, preferiamoli costituenti una base ortonormale. Se indichiamo con {ek } la base canonica di R2N ,
effettuando il cambiamento di coordinate individuato da ei → [v i 0 . . . 0]T ,
eN +i → [0 . . . 0 v i ]T , per i ∈ {1, . . . , n}, le equazioni del moto diventano

"
#
q˙ 0 = p0
λ1
j
j
0
0
.
q̈ (t) = −
q (t)
⇐⇒
..
p˙ 0 = −λ q 0
λN
j
j j
e nelle nuove coordinate(1) q 0 , p0 il sistema è dunque descritto dall’hamiltoniana
N
H(q 0 , p0 ) =
N
1 X 02 1 X
2
p +
λj q 0 j .
2 j=1 j 2 j=1
Dal fatto che A è definita positiva(2) segue che λj > 0 ∀j ∈ {1, . . . , N }, da cui
si deduce che in tali coordinate il sistema è costituito da N oscillatori armo1
La trasformazione è simplettica (è addirittura puntuale), infatti da ph =
X
pj dqj − p0j dqj0 = 0
=⇒
X
j
2
dpj ∧ dqj =
j
X
dp0j ∧ dqj0 .
j
Se un vettore q di RN non ha componenti tutte uguali tra loro abbiamo
q T Aq =
N
X
2qj2
−
j=1
=2
N
X
qj qj−1 −
j=2
qj2 − 2
j=1
= q02 +
N
X
N
X
qj+1 qj =
j=1
qj qj−1
j=2
N
X
2
2
(qj2 − 2qj qj−1 + qj−1
) + qN
≥
j=2
N
X
≥
(qj − qj−1 )2 > 0,
j=2
N
−1
X
P
0
∂qh
0
j ∂qj pj
è
4
nici disaccoppiati, di frequenze ωj :=
p
λj tutte diverse tra loro(3) ; abbiamo
dunque N costanti del moto, le energie di ciascun oscillatore.
Se i dati iniziali sono q(0) = q 0 , q̇(0) = q̇ 0 , nelle coordinate dei modi
normali saranno
0
q 0 := [v 1 | . . . |v N ]T q 0
0
q̇ 0 := [v 1 | . . . |v N ]T q̇ 0
da cui la soluzione sarà
qj0 (t)
=
qj00
q̇j00
cos(ωj t)+ sin(ωj t), ∀j ∈ {1, . . . , N }
ωj
q(t) = [v 1 | . . . |v N ]q 0 (t).
⇒
Rimane solo una domanda: quali sono concretamente questi autovalori e
quali siffatti autovettori?
)]N . OsserviaConsideriamo, per j ∈ {1, . . . , N }, i vettori ṽ j = [sin( Njkπ
+1 k=1
mo la k-esima componente di Aṽ j : ponendo θ :=
π
N +1
essa risulta
2 sin(jkθ) − [sin(jkθ + jθ) + sin(jkθ − jθ)] =
|
{z
}
= 2 sin(jkθ) − 2 cos(jθ) sin(jkθ) =
= 2(1 − cos(jθ)) sin(jkθ) =
{z
}
|
= 4 sin2 (jθ/2) sin(jkθ) =
|
{z
}
= λj sin(jkθ),
´
è quindi proporzionale a sé col fattore λj = 4 sin
. Ne segue che ṽ j è
³
´
un autovettore relativo all’autovalore λj e possiamo porre ωj = 2 sin 2(Njπ+1) .
2
³
jπ
2(N +1)
Andiamo ora a cercare una base ortonormale di autovettori. A tale scopo
mentre se tutte le componenti sono uguali a uno stesso valore q è comunque q T Aq = 2q 2 ,
da cui q T Aq ≥ 0 ∀q ∈ RN e q T Aq = 0 se e solo se q = 0.
3
La sottomatrice, triangolare superiore, di A − λ1 ottenuta sopprimendo la prima riga e
l’ultima colonna ha determinante ±1 ∀λ ∈ R, da cui A − λ1 ha rango pari a N − 1, quindi
ogni autovalore di A ha autospazio di dimensione 1; per generare RN ne serviranno N .
5
calcoliamo ∀j, l ∈ {1, . . . , N }
(ṽ j , ṽ l ) =
=
=
=
=
=
N
X
k=1
N
X
sin(jkθ) sin(lkθ) =
1
[sin(jkθ) sin(lkθ) + sin(jkθ + π) sin(lkθ + π)] =
2
k=0
2N
+1
X
1
2
1
2
k=0
2N
+1
X
k=0
e
i
(j±l)π
N +1
(j±l)π
N +1
1
{cos[(j − l)kθ] − cos[(j + l)kθ]} =
2
2N +1
1n X
4
4
cos[(j − l)kθ] −
2N
+1
X
o
cos[(j + l)kθ] =
k=0
k=0
2N +1
1n X
+1
h (j−l)kπ i 2N
h (j+l)kπ i o
X
i N +1
< e
−
< ei N +1
=
k=0
+1 h
n 2N
X
1
= <
4
Quando ei
sin(jkθ) sin(lkθ) =
ei
(j−l)π
N +1
ik
−
k=0
k=0
2N
+1 h
X
ei
(j+l)π
N +1
ik o
k=0
6= 1 gli addendi nelle graffe sono delle geometriche di ragione
; sommando ciascuna si ottiene
ei
2(j±l)(N +1)π
N +1
(j±l)π
i N +1
e
Se invece ei
(j±l)π
N +1
−1
−1
=0.
= 1 si ha la somma di 2N + 2 termini uguali ad 1, quindi
2N + 2. Quest’ultima situazione si presenta quando j ± l è un multiplo pari di
N + 1; poiché −N < j − l < N e 1 < j + l < 2N + 1, ciò si verificherà solo per
j − l, quando si annulla, i.e. per j = l. Riunendo i risultati si conclude cosı̀
(ṽ j , ṽ l ) =
N +1
δj,l .
2
Da ciò segue che per avere una base ortonormale di autovettori è sufficiente
scegliere
r
vj =
2
ṽ j =
N +1
r
· µ
¶¸N
2
jkπ
.
sin
N +1
N + 1 k=1
6
La soluzione generale in funzione dei dati iniziali si portà scrivere esplicitamente come
(" N
µ
¶#
·
¸
N
X
X
jhπ
jπ
0
q(t) =
qh sin
cos 2t sin
+
N
+
1
2(N
+
1)
j=1
h=1
" N
µ
¶#
·
¸)
X
jπ
q̇h0
jhπ
sin
sin 2t sin
·
N +1
2(N + 1)
2 sin 2(Nhπ+1)
h=1
· µ
¶¸N
2
jkπ
sin
.
N +1
N + 1 k=1
Risoluzione numerica
Vediamo subito all’opera l’integrazione numerica che ci accompagnerà fino alla
fine del lavoro. Per ora non ci preoccupiamo dei dettagli dell’integrazione, ci
limitiamo a osservare i risultati, il come sono stati prodotti verrà spiegato
nell’appendice B.
I grafici seguenti sono la sovrapposizione di parte di una soluzione esatta
(linea continua) e approssimate (le X) del problema lineare appena trattato
con dato iniziale q̇ 0 (1) = 1, q̇ 0 (j) = 0, q 0 = 0 per j 6= 1, N = 32.
0.4
1
0.8
0.2
0
0.4
q32(t)
q1(t)
0.6
0.2
−0.2
0
−0.4
−0.2
−0.4
0
50
100
150
−0.6
0
50
tempo
Figura 1: Prova sul modello lineare.
100
tempo
150
7
Problema perturbato
Come punto di partenza possiamo effettuare il passaggio ai modi normali del
sistema lineare visto nel precedente paragrafo. Definiamo Ek quella che prima
era l’energia del k-esimo modo normale, i.e. Ek (t) :=
sua media temporale, i.e. Ēk (t) :=
Rt
0 Ek (4)
.
t
p2k (t)
2
+
ωk2 qk2 (t)
,
2
e Ēk la
Queste quantità non saranno più
costanti del moto, anzi ci si può aspettare che con una generica perturbazione
non ci siano altre costanti del moto diverse dall’energia totale E e che l’orbita
invada tutta l’opportuna superficie di livello dell’hamiltoniana. Secondo la
meccanica statistica classica questo porterebbe a dire che limt→∞ Ēk (t) =
E
,
N
cioè si avrebbe l’equipartizione dell’energia tra i vari modi normali.
L’esperimento di Fermi
Nel 1954 Fermi, Pasta, Ulam eseguirono degli esperimenti con il modello
H(q, p) =
N
X
p2j
j=1
2
+
r2 1
+
U (r) =
2
4
N
X
U (qj+1 − qj ),
j=0
µ
r3 r4
+
3
4
¶
e dati iniziali in cui fornivano poca energia e solo al primo modo normale,
tutta cinetica. Lo scopo era indagare come l’energia fluisse agli altri modi
fino al raggiungimento dell’equipartizione — nel caso questa avesse luogo. Il
risultato fu sorprendente: nei tempi di osservazione non notarono la tendenza
prevista, piuttosto inaspettatamente l’energia sembrava passare solo ai primi
modi normali; seguendo l’evoluzione temporale di questi, dopo un certo tempo
pareva si tornasse alla situazione iniziale; le medie temporali delle energie di
primi modi normali sembravano stabilizzarsi su certi valori, diversi da quelli
previsti per l’equipartizione.
Nelle seguenti figure si osserva precisamente questo. Ho riprodotto gli
esperimenti con N = 31, E = 0.05.
4
Poniamo anche Ēk (0) := Ek .
8
energia del primo modo normale
energie dei modi normali
0.04
0.03
0.02
0.01
0
0
2000
4000
6000
tempo
8000
0.05
energia del primo modo normale
0.05
0.05
0.04
0.03
0.02
0.01
0
0
10000
2
4
6
tempo
8
0.04
0.03
0.02
0.01
0
0
10
4
x 10
2
4
6
tempo
8
10
5
x 10
Figura 2: Energia del primo modo normale su diverse scale di tempo. Nell’immagine a sinistra si sono sovrapposte anche le energie degli altri modi normali;
modi minori raggiungono energie massime maggiori. Si osserva il comportamento ricorrente e, nella prima, come i modi maggiori sostanzialmente non
hanno energia.
−1
medie temporali delle energie
10
−2
10
−3
10
−4
10
−5
10
−6
10
2
10
4
10
tempo
6
10
Figura 3: Medie temporali delle energie dei modi normali. Si osserva come
le energie medie dei primi modi sembrano essersi stabilizzate su diversi valori,
non uno comune come si avrebbe se l’equipartizione avesse luogo.
Fenomenologia dei pacchetti
All’immagine in Fig. 2 affianchiamo ora i rispettivi grafici delle medie temporali
delle energie dei modi normali per frequenza dei modi normali(5) (Fig. 4).
Pare si sia raggiunta una situazione in qualche senso di equilibrio: l’energia
è dapprima fluita a un certo pacchetto costituito dai primi modi e poi per
5
La frequenza del k-esimo modo normale è definita come
k
N.
9
T=102
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.6
0.4
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.8
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
0.8
1
T=106
1
medie temporali delle energie armoniche
0.8
0.2
0.4
0.6
modi normali
1
T=105
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
T=104
1
0
0
T=103
1
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
T=10
1
0.8
1
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
Figura 4: Pacchetti, normalizzati, a tempi multipli di 10 nell’esperimento
Fermi, Pasta, Ulam: N = 31, E0 = .05.
un periodo molto maggiore la media temporale della loro energia è rimasta
sostanzialmente costante. Decuplichiamo ora l’energia fornita e osserviamo
ancora a intervalli di tempo molto differenti quale è la situazione (Fig. 5): si
forma ancora un pacchetto, più basso e, quindi, largo. A frequenze alte qualche
modo inizia ad avere un po’ di energia.
Successivamente alla presentazione del paradosso della formazione dei pacchetti, nel 1966 Izrailev e Chirikov suggerirono la previsione, poi divenuta
constatazione, che per energie iniziali al di sopra di un certo valore di soglia
l’equipartizione venisse recuperata. Completando il quadro, per energie troppo basse tutta l’energia rimane al primo modo normale; aumentando l’energia
fornita inizia a formarsi un pacchetto stretto, costituito da pochi modi; quindi
si passa a pacchetti sempre più larghi fino a quando il fenomeno d’interesse
c’essa d’essere e si ha invece l’equipartizione. Questo comportamento è illustrato in Fig. 6: per quattro energie iniziali scelte si è mostrata una fotografia
al tempo 107 delle energie medie per frequenza dei modi normali; si è omesso
il caso in cui l’energia rimane sul primo modo, molto facile da immaginare.
10
T=102
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.6
0.4
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
1
0.2
0.8
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
0.8
1
T=106
1
medie temporali delle energie armoniche
0.8
0.2
0.4
0.6
modi normali
1
T=105
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
T=104
1
0
0
T=103
1
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
T=10
1
0.8
1
0.8
0.6
0.4
0.2
1
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
Figura 5: Pacchetti, normalizzati, a tempi multipli di 10 con N = 31, E0 = 5.
Queste furono le osservazioni di partenza del lavoro di Berchialla, Galgani
e Giorgilli. Essi furono indotti a considerare l’energia — e l’energia media
— non del singolo modo, ma quella complessiva di pacchetti di modi, il kesimo pacchetto costituito dai primi k modi (k ∈ {1, . . . , N }). Dividendo
per l’energia totale si introducono quindi le energie medie normalizzate dei
pacchetti:
ϑs =
Ē1 + · · · + Ēs
(E1 + · · · + Es )
=
E
E
∀s ∈ {1, . . . , N }.
Dai dati iniziali considerati è ϑs (0) = 1, ϑs è crescente in s. L’equipartizione
si esprimerà come limt→∞ ϑs (t) =
s
,
N
∀s ∈ {1, . . . , N }.
Proviamo ora a guardare ϑs (t): questo presenta una nuova visione della
formazione del pacchetto o della sua assenza; nel primo caso avremo ϑs = 1 da
un certo s in poi e i precedenti apparentemente stabilizzati su diversi valori,
nel secondo invece avremo che ϑs si approssima al limite previsto (Fig. 7).
Furono quindi portati a dire, per cercare di quantificare ciò che osservavano,
che il pacchetto s-esimo ha raggiunto l’equipartizione quando ha raggiunto il
suo valore limite a meno di una certa percentuale della quantità di cui doveva
11
Energia iniziale...0.05
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
Energia iniziale...0.005
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
0.8
1
Energia iniziale...5
1
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
Energia iniziale...0.5
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
Figura 6: Pacchetti, normalizzati, corrispondenti a diverse energie specifiche.
Aumentando l’energia specifica iniziale il pacchetto si allarga e, conseguentemente, si abbassa, fino a che non raggiunge una certa frequenza, per un
certo valore dell’energia; poi gradualmente i pacchetti non si formano più, o si
formano e si distruggono, e si passa al caso in cui si osserva l’equipartizione.
decrescere per arrivarci, i.e. ϑs =
s
N
+ δ(1 − Ns ), δ ∈ (0, 1)(6) ; si indica l’istante
in cui ciò avviene come il tempo di rilassamento del pacchetto s-esimo, tR
s.
Quando i primi s pacchetti si rilassano e quelli superiori no si sarà formato un
pacchetto di s modi.
Guardando come i tR
s variano in funzione dell’energia iniziale otteniamo
una grafico ben ordinato che esprime perfettamente quanto notato fino ad ora
(Fig. 8). Sezioniamolo orizzontalmente dall’alto in basso. Per alti valori dell’energia iniziale tutti i pacchetti si rilassano, i.e. c’è equipartizione. Al suo
diminuire se ne rilassano in fretta sempre meno, i primi, mentre gli altri richiedono tempi molto superiori. Scendendo ancora, i pacchetti più larghi non
si rilassano affatto; infine7 nessun pacchetto si rilassa, tutta l’energia rimane
6
7
Ho usato δ = 0.8 per i modelli 3, 6 e δ = 0.85 per il modello 7.
In questa figura in realtà non non si nota. Inquadrando un po’ più in basso il grafico
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
2
4
6
8
medie temporali delle energie dei pacchetti
tempo
10
5
x 10
Energia iniziale...0.5
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
2
4
6
tempo
8
10
5
x 10
medie temporali delle energie dei pacchetti
Energia iniziale...0.005
1
Energia iniziale...0.05
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
2
4
6
8
10
5
x 10
8
10
5
x 10
tempo
medie temporali delle energie dei pacchetti
medie temporali delle energie dei pacchetti
12
Energia iniziale...5
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
2
4
6
tempo
Figura 7: Energie dei pacchetti nel tempo per diverse energie specifiche iniziali. Si può distinguere nella singola immagine quale riga corrisponda a quale
pacchetto sfruttando la monotonı̀a (pacchetti più larghi hanno più energia).
Il primo è un pacchetto molto stretto, il secondo più largo, il terzo ancora
più largo ma che va verso il disfacimento, nel quarto si ha l’equipartizione. Si
confronti con Fig. 6.
al primo modo. Questo nei tempi di osservazione. La pendenza del braccio sinistro del grafico indica, se s è un modo costituente un pacchetto, una
−1/2
dipendenza tR
per la formazione del pacchetto stesso.
s ∼ E
Berchialla, Galgani, Giorgilli hanno quindi studiato in funzione di N e
s l’energia corrispondente al punto in cui la curva dell’s-esimo pacchetto si
discosta dal ramo sinistro di Fig. 8; questa, corrispondente all’energia specifica
minima per cui si forma un pacchetto di s-modi, sembra dipendere solo dalla
frequenza del modo, definita per l’s-esimo come
s
.
N
Ne segue la congettura
che in tale situazione la frequenza fino a cui si estende un pacchetto che si è
formato dipenda solo dall’energia specifica, ² = E/N . Il fenomeno potrebbe
quindi persistere nel caso di interesse in cui il numero di particelle tenda a
semplicemente diventa bianco. Caiperà di vederlo negli altri modelli.
13
N=16+2
1
N=31+2
energie dei pacchetti
energie dei pacchetti
10
0
10
0
10
−1
10
1
10
2
3
4
5
10
10
10
tempo di superamento della soglia
2
10
3
10
4
5
10
10
10
tempo di superamento della soglia
6
10
energie dei pacchetti
N=63+2
0
10
3
10
4
5
6
10
10
10
tempo di superamento della soglia
7
10
Figura 8: Tempi di rilassamento. Diversi simboli indicano tempi di rilassamento di diversi pacchetti; per distinguerli si osserva che, in linea di massima, da
sinistra a destra i pacchetti si allargano, i.e. pacchetti più stretti si rilassano
prima.
infinito mantenendo l’energia specifica fissa. Analoghi risultati vengono da
loro mostrati per dati iniziali con energia non solo sul primo ma sui primi
modi normali.
Cenni di una spiegazione analitica
Si fa qui riferimento alla spiegazione per la formazione e la persistenza del
pacchetto recentemente avanzata da Ponno e Bambusi in [1].
L’idea — e il punto chiave — è riformulare il problema discreto che abbiamo
finora esposto, concretamente con qualche convenzione diversa, in un problema
14
che coinvolga PDE note e che gli sia sufficientemente vicino. Con questo si
intende che studiando il secondo si vogliono ottenere informazioni sul primo.
Aggiustiamo le convenzioni: l’indice delle particelle sarà in {−N , . . . , N }
piuttosto che in {0, . . . , 2N + 1}; non si richiedono più gli estremi fissi ma ∀n
chiederemo qn = qn+2N , caso che include il precedente; si fissa V (x) =
Supponiamo di avere q(x), p(x) funzioni a media nulla soluzione di
¶
Z Nµ
p(x)2
H(q, p) =
+ U (q(x + 1) − q(x)) dx
2
−N
x2
2
3
+ x3 .
(1)
e interpolanti qn , pn := q(n), p(n), che sarà soluzione del problema FPU. Si
lavora abilmente su (1) con tre trasformazioni successive, di cui la prima e
l’ultima canoniche, fino a trovare un’hamiltoniana che si presenta, nel nuovo
contesto, come una precisa perturbazione di quella lineare
Z π 2
ξ + η2
H0 (ξ, η) =
dx .
2
−π
Consideriamo N grande, forniamo una scarsa energia specifica ² al modo
normale di minor frequenza; finché essa rimane confinata ai modi con bassa frequenza nella nuova hamiltoniana i termini di ordine superiore risultano
trascurabili, le equazioni del moto con i termini dominanti si trovano ora essere

ξ = ξ + 1 ξ + √1 ξξ
t
x
x
24 xxx
2
,
(2)
η = −η − 1 η − √1 ηη
t
x
24 xxx
2
x
cioè due PDE disaccoppiate e note, ciascuna detta equazione di KortewegdeVries (KdV).
Tornando indietro nelle varie trasformazioni si ottiene che a una soluzione di (2) si può associare una soluzione approssimata del problema FPU
corrispondente definita attraverso la relazione
µ µ
¶
µ
¶¶
√
j+t t
j−t t
a
a
qj (t) − qj+1 (t) := ² ξ
,
,
+η
.
N N
N N
(3)
Si ha inoltre il
Teorema 1 Se a una soluzione ξ(x, t), η(x, t) di (2) si associa la successione
qja (t) definita da (3), posta qj (t) la soluzione del problema FPU con dati iniziali
15
(qja (0), q̇ja (0)), allora ∀T > 0 ∃C1 , C2 costanti t.c.
1
1
²+ 4 <
N
C1
⇒ |
qj (t) + qja (t)
√
|≤ C2 ²
µ
√
1
²+ 2
N
¶
∀j ∈ Z, ∀t ∈ [0, T ] .
Questo significa che per bassi valori dell’energia specifica ² e per grandi N ,
cioè nel caso di interesse, si può sperare in una buona approssimazione.
Rimane ora l’analisi della KdV. Già storicamente mediante integrazioni
numeriche di questa si osservarono comportamenti molto particolari della soluzione ([6]): dopo un certo tempo essa assumeva gradualmente una forma
in cui si distinguevano e coesistevano oscillazioni con, localmente, la forma di
funzioni che sono in effetti reali soluzioni solo se considerate singolarmente;
per il resto del tempo di osservazione ciascuna oscillazione si muoveva con una
velocità proporzionale all’ampiezza, quando spariva a x = N ricompariva a
x = −N (e viceversa). Queste si presentavano come vere entità, nel senso
che quando due o più di esse si incontravano, a causa della differente velocità, dopo la durata dell’interazione nonlineare si ritrovavano, sopravvivendo
a un gran numero di sovrapposizioni; inoltre dopo un tempo tipico si ricreava
sostanzialmente lo stato iniziale.
Parallelamente a queste osservazioni si riesce a concludere che nella dinamica del modello FPU considerato, con i dati iniziali detti, si possono distinguere
tre diverse scale di tempo: nella prima, breve, nella KdV il termine con la derivata parziale terza è trascurabile, corrispondentemente c’è scambio di energia
tra i modi a frequenze più basse e si forma il pacchetto; nella seconda il termine trascurabile è tornato ad essere rilevante, corrispondentemente si è in uno
stato di metaequilibrio, il pacchetto persiste; nella terza non si riescono più a
dare previsioni, i termini di ordine superiore diventano importanti e il modello
risulta inapplicabile, non si esclude che l’equipartizione si possa raggiungere.
Poiché tutte le stime effettuate nell’ottenere l’approssimazione dipendono solo dall’energia specifica ² del dato iniziale, persistono anche nel limite
termodinamico. Anche in questa situazione quindi il pacchetto si formerebbe.
16
Indagine su diversi modelli
La spiegazione analitica accennata con una perturbazione solo di ordine sette
prevedrebbe un comportamento diverso da quello descritto fino ad ora, a causa
di diverse proprietà delle nuove PDE a cui ci si riconduce. Con lo scopo di
osservarlo
quanto fatto ³riapplicandolo
nei casi in cui è U (x) =
³ 5 ripercorriamo
´
´
2
6
2
7
8
x
+ 14 x5 + x6 e poi U (x) = x2 + 14 x7 + x8 .
2
Mi limito ora a presentare i risultati. Sembra esserci una visione chiara della
situazione, nei limiti di validità degli esperimenti; a tale riguardo, a parte gli
eventuali dubbi sull’effettuazione pratica delle simulazioni, è da sottolineare
che per difficoltà tecniche si è considerato solo un numero non troppo grande
di particelle. Si è tuttavia guardata l’evoluzione della situazione al crescere di
N e sembra definita, lo vedrete.
Notiamo che grazie alla confidenza sviluppata sul modello 3 possiamo ora
renderci conto di quanto accade attraverso l’osservazione dei soli grafici relativi
ai tempi di rilassamento. Questi riassumono tutte le informazioni, per N
fissato. Li accompagnano a titolo di esempio alcune immagini più dirette dei
pacchetti e di θs (t), visivamente forse più convincenti.
Perturbazione di ordine 5
Osserviamo ora nel dettaglio Fig. 9. Il caso con 16 particelle presenta ciò
che già si era osservato con la perturbazione di ordine tre: per valori molto
bassi dell’energia iniziale, sempre cinetica sul primo modo normale, è quasi
come se si stesse integrando il problema lineare, nel senso che non si vede
alcuno scambio di energia nemmeno tra i modi normali a frequenza più bassa.
Aumentando il valore si inizia a formare un pacchetto, alto e stretto, che
permane; aumentando ancora si allarga, poi inizia a vedersi il suo disfacimento
e infine si ha l’equipartizione. La separazione fra i rami in cui si trovano i tempi
di rilassamento dei modi che formano e non il pacchetto, per energie di entità
media, ne rivela la presenza.
Si può osservare, cercando differenze con la perturbazione di ordine tre, che
qui si ha una diversa la pendenza dei due bracci; risultano più vicini, indicando
una minore distanza temporale, comunque consistente, tra nascita e morte del
17
N=31+2
energie dei pacchetti
energie dei pacchetti
N=16+2
0
10
0
10
1
10
2
3
4
5
10
10
10
tempo di superamento della soglia
2
10
3
10
4
5
10
10
10
tempo di superamento della soglia
6
10
energie dei pacchetti
N=63+2
0
10
3
10
4
5
6
10
10
10
tempo di superamento della soglia
7
10
Figura 9: Tempi di rilassamento al crescere del numero di particelle. Mod. 5.
pacchetto; il ramo sinistro si tronca prima, al diminuire dell’energia, rendendo
più ristretta la regione di energie in cui il pacchetto si ha.
Raddoppiando (circa) e raddoppiando ancora il numero di particelle è significativo il fatto che i due bracci permangono, anzi si delineano meglio. La
loro pendenza inoltre, lo si vede bene in scala logaritmica passando da trentuno
e sessantatre particelle, rimane grossomodo la stessa.
Si sono raffigurati in Fig. 10 alcuni pacchetti con a fianco il grafico di ϑs (t).
Si nota che tutto è normale, come prima descritto e in modo del tutto analogo
a quanto si ha nel modello tipico.
18
Energia iniziale...0.78941, N+2=65
1
0.8
0.8
energie dei pachhetti
medie temporali delle energie armoniche
T=106
1
0.6
0.4
0.2
0
0
0.6
0.4
0.2
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
0
0
1
0.8
0.8
0.6
0.4
0.2
0.2
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
0
0
1
2
4
6
8
tempo
10
6
x 10
Energia iniziale...1.3559, N+2=65
1
0.8
0.8
energie dei pachhetti
medie temporali delle energie armoniche
10
6
x 10
0.4
T=106
0.6
0.4
0.2
0.6
0.4
0.2
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
0
0
1
2
4
6
8
tempo
T=106
10
6
x 10
Energia iniziale...1.8312, N+2=65
1
1
0.8
0.8
energie dei pachhetti
medie temporali delle energie armoniche
8
0.6
1
0.6
0.4
0.2
0
0
6
Energia iniziale...1.0039, N+2=65
1
energie dei pachhetti
medie temporali delle energie armoniche
T=106
0
0
4
tempo
1
0
0
2
0.6
0.4
0.2
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
0
0
2
4
6
tempo
8
10
6
x 10
Figura 10: Alcuni pacchetti con 63 particelle, modello 5. Le energie specifiche fornite, dall’alto in basso, sono rispettivamente 0.78941, 1.0039, 1.3559,
1.8312. Nella prima immagine il pacchetto, stretto, si forma e permane nel
tempo di osservazione; verso l’ultima inizia a disfarsi, come si nota guardando
l’evoluzione temporale delle energie medie normalizzate dei pacchetti molto
diversa.
19
N=16+2
1
N=31+2
energie dei pacchetti
energie dei pacchetti
10
0
10
0
10
1
10
2
3
4
10
10
10
tempo di superamento della soglia
5
2
10
10
3
4
6
10
N=127+2
energie dei pacchetti
N=63+2
energie dei pacchetti
5
10
10
10
tempo di superamento della soglia
0
10
0
3
10
4
5
6
10
10
10
tempo di superamento della soglia
7
10
10 4
10
5
6
10
10
tempo di superamento della soglia
7
10
Figura 11: Tempi di rilassamento al crescere del numero di particelle. Mod. 7.
Perturbazione di ordine 7
Da Fig. 11 si nota che nel caso con 16 particelle la situazione sembra essere del
tutto analoga a quando la perturbazione era di ordine tre o cinque: per energie
medie in un certo intervallo si nota nuovamente la netta separazione temporale
tra il rilassamento dei primi pacchetti e quello dei successivi; questa essenziale
caratteristica tuttavia, mentre negli altri casi sembra delinearsi maggiormente
man mano che si aumenta il numero di particelle, qui sembra del tutto perdersi, rimanendo ancora quando abbiamo 31 particelle, diventando fortemente
dubbia con 63 e poi impercettibile quando le particelle sono 127. Sarebbe bello
avere la situazione anche con ancor più particelle, tuttavia i tempi di calcolo
per realizzare le simulazioni non me l’hanno permesso.
Anche in questo caso si sono raffigurati in Figg. 12, 13 alcuni “pacchetti”
20
Energia iniziale...0.8598, N+2=18
1
0.8
0.8
energie dei pachhetti
medie temporali delle energie armoniche
T=105
1
0.6
0.4
0.4
0.2
0.2
0
0
0.6
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
0
0
1
0.8
0.8
0.6
0.4
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
0.4
0
0
1
2
4
6
8
tempo
10
4
x 10
Energia iniziale...1.4962, N+2=18
1
1
0.8
0.8
energie dei pachhetti
medie temporali delle energie armoniche
10
4
x 10
0.6
T=105
0.6
0.4
0.6
0.4
0.2
0.2
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
0
0
1
2
4
6
8
tempo
T=105
10
4
x 10
Energia iniziale...1.6788, N+2=18
1
1
0.8
0.8
energie dei pachhetti
medie temporali delle energie armoniche
8
0.2
0.2
0.6
0.4
0.6
0.4
0.2
0.2
0
0
6
Energia iniziale...1.3335, N+2=18
1
energie dei pachhetti
medie temporali delle energie armoniche
T=105
0
0
4
tempo
1
0
0
2
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
0
0
2
4
6
tempo
8
10
4
x 10
Figura 12: Alcuni pacchetti con 16 particelle, modello 7. Le energie specifiche
fornite, dall’alto in basso, sono rispettivamente 0.8598, 1.3335, 1.4962, 1.6788.
Non ci sono sostanziali differenze qualitative con il caso 5 (Fig. 10). Il pacchetto
si forma, stretto, quindi si riesce ad allargare, quindi gradualmente si distrugge
e si va verso l’equipartizione.
21
Energia iniziale...1.2765, N+2=129
1
0.8
0.8
energie dei pachhetti
medie temporali delle energie armoniche
T=107
1
0.6
0.4
0.4
0.2
0.2
0
0
0.6
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
0
0
1
0.8
0.8
0.6
0.4
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
0.4
0
0
1
2
4
6
8
tempo
10
6
x 10
Energia iniziale...1.6295, N+2=129
1
1
0.8
0.8
energie dei pachhetti
medie temporali delle energie armoniche
10
6
x 10
0.6
T=107
0.6
0.4
0.6
0.4
0.2
0.2
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
0
0
1
2
4
6
8
tempo
T=107
10
6
x 10
Energia iniziale...2.0801, N+2=129
1
1
0.8
0.8
energie dei pachhetti
medie temporali delle energie armoniche
8
0.2
0.2
0.6
0.4
0.6
0.4
0.2
0.2
0
0
6
Energia iniziale...1.4423, N+2=129
1
energie dei pachhetti
medie temporali delle energie armoniche
T=107
0
0
4
tempo
1
0
0
2
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
0
0
2
4
6
tempo
8
10
6
x 10
Figura 13: Alcuni pacchetti con 127 particelle, modello 7. Le energie specifiche
fornite, dall’alto in basso, sono rispettivamente 1.2765, 1.4423, 1.6295 e 2.0801.
Nella prima e nella seconda immagine il pacchetto si forma e permane nel
tempo di osservazione, ma è estremamente stretto; alzando un po’ l’energia
tuttavia prima di poter diventare un minimo consistente si sollevano i modi a
frequenza più alta. Variando l’energia grossolanamente non riesco a riprodurre
la situazione rappresentata dalla prima immagine di Fig. 10, dalla seconda di
Figg. 7, 12, in cui la presenza e persistenza del pacchetto è evidenziata.
22
con a fianco ϑs (t). Nella prima immagine le particelle sono 16, nella seconda sono 127. Nella prima la situazione sembra come nei modelli 3 e 5, nella
seconda alquanto diversa; viene a mancare, o almeno non è evidente, quella
fascia di energia per cui il pacchetto è marcato e solido, esattamente l’intervallo di energie che si è andato in questo modello progressivamente stringendo
aumentando N .
L’attuale situazione, fortemente diversa dalle altre se si considera il progredire verso il caso di interesse in cui il numero di particelle diventa enorme,
suggerisce che il caso di perturbazione di ordine sette effettivamente si distingua
dagli altri: il fenomeno della formazione dei pacchetti pare non esserci.
Racconto del lavoro
Ho fino ad ora esposto i risultati ottenuti, nell’appendice B precisato come
riprodurli e perché proprio cosı̀. Si è presentato un percorso dritto, naturale.
Arrivarci concretamente fu ben diverso, punti importanti non erano chiari. Qui
mi propongo di dare una parziale riedizione della precedente storia, un po’ più
disordinata e arricchita di parte degli innumerevoli errori e indugi intermedi.
Un racconto si comincia dall’inizio. Il mio era l’idea che per motivi teorici con il modello 3 ci si aspettava di osservare, prima o poi, una situazione
corrispondente all’immagine (14) o, quantomeno, una tendenza a questa; cermedie temporali delle energie armoniche
Energia iniziale...5
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
Figura 14: Equipartizione.
to, non si avevano — e credo ancora non si abbiano — stime sul quando. Il
fatto che ciò avvenga o meno, nei tempi di interesse fisico, potrebbe inficiare
23
sostanziali ipotesi alla base della teoria classica della meccanica statistica; si
potrebbe trovare lı̀ la causa di alcune sue famose previsioni sbagliate.
Dal celebre esperimento di Fermi, Pasta, Ulam si osservava invece la situazione corrispondente a Fig. 15 persistere per diverso tempo; da qui l’interesse
medie temporali delle energie armoniche
Energia iniziale...0.05
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
Figura 15: Pacchetto.
nello studio del problema, aperto ormai 50 anni fa, rivolto ad avere stime sui
tempi e a capire se la presenza di uno stato metastabile di non equilibrio è una
proprietà significativa anche nel limite termodinamico8 e in situazioni meno
artefatte di quella su cui fu inizialmente osservata.
Bambusi e Ponno stavano in questo quadro lavorando alla spiegazione analitica accennata; questa, a me allora del tutto ignota, con il modello 7 prevedeva
un comportamento non chiaro ma diverso dai precedenti; si decise di provare
a fare qualche simulazione per vedere se lo si osservava, con il gentile aiuto del
dott. Carati.
La prima difficoltà, non minima considerato che con un’esperienza nulla
quasi nulla è ovvio, fu essere in grado di realizzare in tempo utile e con risultati
in una forma sensata la singola simulazione, scelto un dato iniziale, e aver
fiducia in questa. Non fu solo una complicazione tecnica, nel senso che c’era
soprattutto da definire che simulazioni conveniva realizzare: rimanere nel caso
più generale che poteva interessare era poco efficiente e scomodo, ogni volta si
dovevano specificare troppi dati; specializzare il programma significò tuttavia
doverlo parzialmente sostituire quando si modificava il tipo di simulazioni da
8
Si aumenta il numero di particelle tenendo costante l’energia specifica fornita
inizialmente.
24
eseguire. L’organizzazione pratica delle prove appunto, guidata da esigenze
che di volta in volta si modificavano, continuò per necessità a raffinarsi fino
all’ultima serie di simulazioni. Ogni volta, guardando i risultati, anche voi
vi renderete parzialmente conto del fatto che, con un po’ di sfortuna, c’erano
nuovi dubbi o semplicemente domande, più che risposte. I dati su cui riflettere,
a causa dei rozzi strumenti iniziali, erano troppo pochi e di poca certezza;
tornavo quindi a metter mano ai sorgenti, effettuare nuovi test elementari per
poi usare i programmi con automatismo e riprovare con pazienza le simulazioni.
Nelle primissime prove a causa di problemi computazionali iniziai con poche
particelle, prima con i modelli 3 e 7. Fornivo valori arbitrari di energia iniziale,
guardavo ad occhio la tabella di numeri che ne usciva e aumentavo o diminuivo
il valore dato finché non osservavo il fenomeno della formazione del pacchetto.
Già, finché: quando passai alla visualizzazione immagini che ottenni furono
T=104
1
0.5
0.5
0
0
0.5
1
0
0
T=105
1
0.5
0.5
0.5
1
T=106
1
0
0
0.5
T=103
1
0
0
0.5
1
modi normali
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
T=103
1
T=104
1
1
0.5
0.5
0
0
0.5
1
0
0
T=105
1
1
0.5
0.5
0
0
0.5
0.5
1
T=106
1
0
0
0.5
1
modi normali
Figura 16: Nelle quattro immagini a sinistra si ha l’evoluzione di un pacchetto
nel modello 3, a destra nel modello 7. N = 31, T = 103 , 104 , 105 , 106 ; a sinistra
E0 = 0.005, a destra E0 = 1.3559, sempre cinetica sul primo modo normale.
L’impressione che qualitativamente la situazione fosse esattamente la stessa era forte; questo era esattamente ciò che NON cercavo! Il pacchetto sembrava vedersi anche dove non avrebbe dovuto esserci, pur osservandosi più
faticosamente e rimanendo più stretto.
Per aver più termini di paragone provai a cercare il fenomeno anche nei
25
modelli intermedi (Fig. 17). Quelli con perturbazione di ordine pari sembravano aver qualche caratteristica diversa, non essendo nei miei scopi analizzarli
li esclusi, un po’ più in là, dal confronto.
3
4
medie temporali delle energie armoniche
T=10
T=10
1
1
0.5
0.5
0
0
0.5
1
0
0
0.5
T=105
1
1
0.5
0.5
0
0
1
T=106
0.5
1
0
0
0.5
1
modi normali
T=103
1
0.5
0.5
0
0
0.5
1
0
0
T=104
1
0.5
0.5
0.5
1
T=105
1
0
0
0.5
T=102
1
0
0
0.5
1
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
T=102
1
T=103
1
1
0.5
0.5
0
0
0.5
1
0
0
T=104
1
1
0.5
0.5
0
0
0.5
modi normali
0.5
1
T=105
1
0
0
0.5
1
modi normali
Figura 17: Nelle quattro immagini sopra si ha l’evoluzione di un pacchetto nel
modello 5, N = 31, T = 103 , 104 , 105 , 106 , E0 = 1.0039; sotto a sinistra nel
modello 4, a destra nel modello 6, N = 16, T = 102 , 103 , 104 , 105 , E0 = 1.5849
in entrambe, sempre cinetica sul primo modo normale.
Nuovamente la situazione mi sembrava la stessa. Mi convinsi allora che ci
dovessero essere differenze nella dipendenza del pacchetto dall’energia iniziale,
posto che la semplice situazione di Fig. 15 si presentava. Per osservarlo andai
a guardare il pacchetto nei vari modelli per i valori minimi e massimi, misti
ad alcuni intermedi, dell’energia per cui si formava. Guardai le evoluzioni nel
26
tempo delle energie medie dei vari modi, prestando attenzione anche a quelle
scarse ma non nulle; non sapendo in che altro modo leggere tali dati, costruii
quindi svariate coppie di tabelle tipo quelle delle due seguenti pagine per i
diversi modelli e le misi a confronto.
Ancora non ottenni nulla di nuovo. Pur essendo equivalente a quanto fatto,
provai speranzosa a osservare la situazione anche variando il coefficiente della
nonlinearità, invece dell’energia iniziale. Risparmio a voi svariate nuove tabelle
di immagini: la situazione nei vari casi pareva identica.
Perché mai questo risultato? Discutendone si videro quattro possibilità:
i) si erano commessi errori di integrazione;
ii) si aveva un numero troppo esiguo di particelle;
iii) si era trascurato di osservare qualche proprietà importante del fenomeno in oggetto; quanto visualizzato pareva chiaro, le differenze potevano
tuttavia essere meno ovvie, altrove;
iv) la tesi non susstisteva.
Proseguii quindi lavorando nelle prime tre direzioni, tornando a variare la
sola energia iniziale, ora sui “soli” modelli 3, 5, 7. Con ii) mi bloccai quasi
subito: aumentando le particelle l’attesa per i risultati diventava smodata e
inoltre le prove con 16 e 32 particelle mi sembravano analoghe; con 64 osservavo
comunque il pacchetto, con difficoltà che credevo irrilevanti. Per quale motivo
poi dove la spiegazione analitica non si applicava, per N troppo piccolo, avrei
dovuto avere comunque la formazione del pacchetto?
Dopo varie prove, quando quasi non sapevo più cosa fare, mi capitò di
leggere [5], articolo inizialmente datomi per controllare i risultati ottenuti sul
modello noto; lasciando stare il confronto di questi — che per inezie inizialmente mi diede l’impressione di aver sbagliato l’integrazione — mi si illuminarono
gli occhi. Rimasi sbalordita da come sembrava rispondere a diverse domande
che avevo avuto e che in parte ancora avevo. Il grafico dei tempi di rilassamento in particolare riusciva a sintetizzare splendidamente la formazione del
27
Energia iniziale...0.9
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
Energia iniziale...0.8
1
0.8
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0.4
0.2
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0.2
0.4
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modi normali
0.8
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1
0.8
0.6
0.4
0.2
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0
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0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
0.6
0.4
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
0.6
0.4
0.2
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
0.8
1
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
Energia iniziale...2.5
0.8
0.2
1
0.6
Energia iniziale...2
1
0
0
0.8
0.8
Energia iniziale...1.5
0.8
0.2
1
1
Energia iniziale...1.3
1
0
0
0.8
Energia iniziale...1.1
1
medie temporali delle energie armoniche
medie temporali delle energie armoniche
Energia iniziale...1
0.4
0.6
modi normali
0.8
1
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.2
0.4
0.6
modi normali
28
0.8
0.015
0.6
1
0.03
0.4
0.5
4
0.02
0.005
0.2
0
0.04
0.01
0
−4
x 10
1
2
3
4
0
5
x 10
3
0.01
0
−5
x 10
1
2
3
4
0
5
x 10
1.5
0
−3
x 10
1
2
3
0
4
5
x 10
1.5
2
1
1
1
0.5
0.5
0
−4
x 10
1
0
−6
x 10
1
0
1
2
3
4
5
x 10
2
0
2
0
−6
x 10
1
2
3
4
0
5
x 10
1
0
−7
x 10
1
2
3
4
1.5
1.5
0
−5
x 10
1
2
3
0
4
5
x 10
2
0.5
1
2
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0
1
2
3
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0
0
1
2
3
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0.05
0
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0
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x 10
1
2
3
4
0
5
x 10
1.5
6
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0.3
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0.2
0
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5
0.1
0
1
2
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x 10
4
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1
2
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0.08
4
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x 10
0.03
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2
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5
x 10
1.5
4
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3
x 10
0.5
0
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x 10
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4
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x 10
0.5
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x 10
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2
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0.5
0
0
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0
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0
0
0
1
2
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0
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x 10
1
2
3
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0
0
1
2
3
x 10
x 10
0.01
4
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1
2
3
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0
1
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0
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0
1
2
3
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x 10
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0
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2
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1
2
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2
0.4
0.3
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0.2
0.5
0.1
1
2
3
4
0
x 10
0.06
0.1
0.04
0
1
2
3
4
x 10
0
0.03
0.02
0.02
0
1
2
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1
2
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x 10
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1
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1
2
3
4
0
4
x 10
0.06
x 10
2
3
4
5
x 10
0
4
1
2
3
1
2
3
4
5
x 10
2
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x 10
0
0
1
2
3
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x 10
0.2
0.15
0.1
0.1
0.05
0.05
0
4
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x 10
5
0.15
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1
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0.1
0
0.2
0.02
0
5
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0.04
1
3
0.2
0
0.8
0.05
0
2
0.4
0.2
0
1
0.6
1
0.3
0
0
5
0.2
x 10
4
x 10
x 10
0.4
0.1
3
0.8
5
0
2
x 10
0.6
4
1
5
0.1
3
0
0.01
0
0.05
2
4
x 10
5
0.03
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1
3
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0.1
0
2
5
0.2
0
1
0.02
0
2
0.2
0.3
0
5
0.15
0.04
4
0
0.08
3
5
0.4
4
x 10
x 10
1.5
4
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x 10
5
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x 10
0
3
0.01
5
0
4
x 10
0.015
0.01
1
2
5
0.02
0
1
0.05
5
0.03
3
0.1
0
0.2
0.02
1
0
5
0.04
0
2
0.2
0.05
0
0
0.3
0.5
5
0.1
4
5
x 10
0.4
1
0.1
1
1
3
x 10
1.5
0.3
0
0
2
5
0.2
0
1
2
x 10
0.5
0
−3
x 10
1
0
0
5
1
0
5
3
5
1.5
4
5
0
1
2
3
4
0
0
1
2
3
5
x 10
4
5
x 10
Figura 18: Qui il modello è il 7 con 32 particelle. Ogni blocco di sei grafici
corrisponde a un pacchetto, ordinatamente, nella pagina precedente. Da sinistra a destra, dall’alto in basso, le energie aumentano. Per ogni energia si è
sovrapposto l’andamento nel tempo di Ēk (t), k ∈ {1, . . . , 32}; da sinistra a
destra, dall’alto al basso, si è via via tolto il modo rimanente con minore frequenza e si sono raffigurati gli altri, ora, cambiata la scala, più visibili; questo
per i primi sei modi. Da E = 1.5 i grafici perdono le righine orizzontali, il
pacchetto non c’è più, le energie si avvicinano a uno stesso valore.
29
pacchetto, nel modello 3. Fermandosi a questo non si hanno nuove informazioni
sostanziali, tuttavia tutte quelle vecchie diventano chiare e fruibili.
Rimanendomi alcuni dubbi sia su osservazioni esposte nel’articolo, sia sul
come effettuare le simulazioni, il prof. Bambusi mi suggerı̀ di chiedere consiglio
direttamente al prof. Giorgilli. Mi si chiarii dunque da un lato quali sono le
proprietà caratterizzanti la formazione del pacchetto, quali invece accidentali,
dall’altro l’esigenza di importanti modifiche al programma d’integrazione —
c
principalmente il metodo leap-frog e l’uso della FFTW°
.
Riniziando le simulazioni, arrangiandomi un po’ per la visualizzazione, trovai ora
N=16+2
1
N=16+2
0
10
energie dei pacchetti
10
energie dei pacchetti
energie dei pacchetti
N=16+2
1
10
0
10
0
10
−1
10
1
10
2
3
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10
10
tempo di superamento della soglia
5
1
10
10
2
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10
10
10
tempo di superamento della soglia
5
3
4
2
5
10
10
10
tempo di superamento della soglia
6
10
3
4
10
10
10
tempo di superamento della soglia
5
10
N=31+2
0
10
2
10
energie dei pacchetti
0
10
10
1
10
N=31+2
energie dei pacchetti
N=31+2
energie dei pacchetti
3
0
10
2
10
3
4
5
10
10
10
tempo di superamento della soglia
6
10
2
10
3
4
5
10
10
10
tempo di superamento della soglia
6
10
Figura 19: Tempi di rilassamento: da sinistra a destra si esaminano i modelli
3, 5, 7; in alto 16 particelle, in basso 31.
Il problema rimaneva quello iniziale, ma dopo questo percorso i) e iii) sembravano poter essere accantonate, ii) riprender piede. Le difficoltà precedentemente incontrate nel rilevare la formazione del pacchetto si traducevano nell’esiguità dell’intervallo di energie in cui esso ha luogo. Osservando questo
e l’evoluzione all’aumento del numero di particelle del grafico dei tempi di
rilassamento, si vide la possibilità che con N ancora più grande la piccola
30
separazione tra i due bracci potesse colmarsi e sparire con essa i pacchetti.
Questo fu l’ultimo tentativo. Il risultato è in Fig. 11.
Appendice A
Cenni di meccanica statistica:
il principio di equipartizione
A.1
Chiariamo i termini
Scopo di questo capitolo è avere un’idea del tipo di argomenti della meccanica
statistica classica, visto che è in questo quadro che trova ragion d’essere lo
studio del modello di Fermi-Pasta-Ulam.
Consideriamo un sistema fisico isolato S costituito da N sistemi identici σi (i ∈ {1, . . . , N }). Ciascun sottosistema σi abbia uno spazio delle fasi Fi di dimensione 2n; il sistema complessivo S avrà uno spazio delle fasi
Γ = F1 × . . . × FN di dimensione 2nN e su questo sarà definita la sua hamiltoniana H(q, p)(1) , su Fi le singole hamiltoniane dei sottosistemi; nel seguito
indicheremo una di queste con H∗ (q ∗ , p∗ ). Fissiamo le condizioni di S a un certo istante e descriviamole con un punto di Γ: l’evoluzione nel tempo del nostro
sistema sarà descritta dalla curva in Γ che risolve il problema di Cauchy

q̇ = ∂H(q,p) ,
q(t0 ) = q 0
∂p
;
ṗ = − ∂H(q,p) ,
p(t
)
=
p
0
0
∂q
dal punto di vista meccanico tale evoluzione è dunque fissata in modo deter1
Per questa presentazione soft pensiamo di avere R2nN come Γ. L’espressione funzionale
dell’hamiltoniana inoltre sarà sufficientemente regolare da permettere tutto ciò che ci servità.
A.1 Chiariamo i termini
33
ministico. Per come è costituito il sistema complessivo abbiamo inoltre che
restringendo la detta curva agli opportuni spazi delle fasi dei sottosistemi σi
risulta determinata anche l’evoluzione di questi ultimi. Per questa importanza nella descrizione meccanica del sistema chiameremo stato meccanico il
punto nello spazio Γ che a un certo istante definisce lo stato di S.
Ciò che adesso ci interessa non è l’ora richiamata classica e precisa descrizione meccanica di S con opportuni dati iniziali, piuttosto sulla base di
questa vogliamo arrivare a una descrizione d’insieme in cui gli identici sottosistemi σi si possano confondere tra loro: in Γ riterremo equivalenti due punti
P 1 = (r 1 , . . . , r N ) e P 2 = (r τ (1) , . . . , r τ (N) ) con r i ∈ Fi e τ permutazione di
{1, . . . , N}. Cercheremo quindi di descrivere il sistema non più nello spazio Γ
ma in uno spazio µ, identico agli Fi , in cui riporteremo gli r i che costituiscono
il punto di Γ(2) ; a un punto P = (r 1 , . . . , r N ) di Γ corrisponderà la N-upla
{r 1 , . . . , r N } di punti di µ e a una N-upla di punti di µ corrisponderanno invertendo la proiezione N ! punti di Γ, le possibili sequenze ordinate dei punti
costituenti la detta N-upla. Partizioniamo ora µ in una successione di cellette
ciascuna di volume ω, pensiamo a dei cubetti; dato un punto P di Γ portiamolo
in una N-upla in µ e costruiamo la successione di interi (n1 , n2 , . . . ) ponendo nk
pari al numero di punti della N-upla contenuti nella k-esima cella; prendiamo
questa successione di numeri di occupazione e dividendo ogni termine per N
otteniamo una nuova successione (p1 , p2 , . . . ) di numeri compresi tra 0 e 1 la
cui somma — se si preferisce serie — è esattamente pari a 1.
Che senso ha questa costruzione? pk rappresenta la frazione di sottosistemi
che sono descritti da un punto dello spazio delle fasi che viene riportato nella
k-esima cella in µ, possiamo quindi interpretare pk come la probabilità, quando S è descritto da P , che un singolo sottosistema sia descritto da un punto
proiettato nella k-esima cella. Con questo ragionamento abbiamo quindi ottenuto una distribuzione di probabilità sulla σ-algebra generata dalle celle di µ.
Osserviamo infine come sia lecito e coerente pensare di avere in µ un misura
di probabilità continua definita da una densità di probabilità f , basta avere
R
pk = ωk f = fk ω con fk valor medio di f nella k-esima cella.
2
Quozientiamo rispetto alla relazione di equivalenza sopra definita.
A.2 Lo stato statistico di Maxwell-Boltzmann
34
Perché cercare di definire una misura di probabilità in µ? A cosa può servire? Se a un certo istante conosciamo lo stato meccanico del sistema, data
su µ una qualunque osservabile che ci interessi ne possiamo conoscere il valore
esatto; se invece abbiamo meno informazioni, se conosciamo solo la successione di numeri di occupazione con una data partizione o equivalentemente la
distribuzione (p1 , p2 , . . . ), o ancora in modo analogo la densità di probabilità
in µ, allora è vero che non ci è dato di conoscere il valore esatto di una generica osservabile, tuttavia possiamo calcolarne il valore atteso. Per questo
motivo chiameremo stato statistico una densità di probabilità nello spazio
µ che a un certo istante rappresenta lo stato di S; chiameremo la distribuzione
(p1 , p2 , . . . ) stato statistico nell’approssimazione discreta.
A.2
Lo stato statistico di Maxwell-Boltzmann
Fino ad ora abbiamo abbozzato l’insieme dei sistemi fisici che ci interessano
e abbiamo associato a un loro stato meccanico che evolve in Γ un opportuno
stato statistico, una misura di probabilità in µ che evolve nel tempo. Dato uno
di questi sistemi tuttavia pretendere di avere la descrizione meccanica per passare a quella statistica non è troppo sensato: si lavora perdendo informazioni e
senza un utile guadagno. La giustificazione di quanto fatto si trova osservando
che con un’ipotesi aggiuntiva si riesce a far vedere che in determinate situazioni
fra tutti gli stati statistici ce n’è una famiglia privilegiata — quella degli stati
statistici di Maxwell-Boltzmann — e che pur senza conoscere lo stato meccanico del nostro sistema possiamo sperare di conoscerne lo stato statistico, con
cui appunto calcolare i valori attesi di osservabili che ci interessano. Partiamo
quindi dall’ipotesi che ci serve, assumendola temporaneamente senza critica.
Principio fondamentale della meccanica statistica di equilibrio
H(q, p) = E definisca implicitamente la superficie di energia ΣE ; ammettiamo sia compatta, consideriamo una situazione in cui si sappia a priori che il
sistema isolato ha energia compresa tra E e E + ∆E; il punto nello spazio
A.2 Lo stato statistico di Maxwell-Boltzmann
35
delle fasi si trova quindi tra le due superfici ΣE e ΣE+∆E ; si assume allora
che la corrispondente densità di probabilità di equilibrio sia costante entro tali
superfici. In concreto per un sistema isolato si assume che la probabilità che
il punto rappresentativo si trovi in un qualunque aperto A di tale regione di
volume finito sia proporzionale al volume di A.
In seguito supporremo che l’hamiltoniana H sia somma delle singole hamiltoniane dei sottosistemi più un altro termine, trascurabile per entità ma
sufficiente a distruggere le costanti del moto — le energie dei sottosistemi — e
far sı̀ che quest’ipotesi sia soddisfatta. «Nel caso del corpo nero, in cui i sistemi componenti sono gli oscillatori armonici descriventi i modi di oscillazione
del campo elettromagnetico (. . . ), Planck pensava al termine perturbativo di
accoppiamento come dovuto anche a un piccolissimo “granello di polvere”»(3) .
Privilegi dello stato statistico di Maxwell-Boltzmann
Restringiamo la nostra attenzione ai sistemi che soddisfano il precedente principio. Per avere uno stato statistico privilegiato conviene avere sull’insieme
degli stati statistici qualche struttura che traduca proprietà che ci interessano.
Fissata una partizione di µ(4) consideriamo lo spazio di probabilità costituito dai possibili stati statistici nell’approssimazione discreta definiti sul nostro
sistema con la σ-algebra delle parti e la misura di probabilità data sul singoletto come la probabilità che il nostro sistema sia descritto dal singoletto
considerato. In sostanza dato uno stato statistico nell’approssimazione discreta ne misuriamo l’importanza guardando l’importanza delle N-uple in µ da
cui può provenire; per capire l’importanza di queste invertiamo la proiezione
e troviamo in Γ la regione occupata dai punti da cui possono provenire a loro
volta; l’importanza di quest’ultima ci è data dal principio assunto. È quindi
quindi questione di conti seguire quanto detto e avere la
Proposizione 1 (Probabilità di uno stato statistico) Assumendo il principio di equiprobabilità a priori nello spazio delle fasi totale Γ la probabilità W
3
4
Citazione da [4].
Ci restringiamo in realtà alla regione di µ proiezione della limitata regione di Γ in cui
si ha l’equiprobabilità. La partizione consisterà quindi di un numero finito di celle.
A.2 Lo stato statistico di Maxwell-Boltzmann
36
che si verifichi uno stato statistico discreto con distribuzione (p1 , p2 , . . . ) è data
da
cost.
, ni = pi N
n1 !n2 ! . . .
con una opportuna costante normalizzante.
W(p1 , p2 , . . . ) =
Ora che gli stati statistici non sono più tutti uguali ci proponiamo di cercarne uno che nell’approssimazione discreta abbia probabilità massima. Si tratta dunque di massimizzare ad esempio una funzione monotona strettamente
crescente di W; perché non
log W
N
+ cost.? Assumiamo che i singoli numeri
di occupazione siano sufficientemente grandi da permettere di approssimare i
fattoriali con la formula di Stirling: ponendo
ni ! ' (ni /e)ni , i.e.
log(ni !) ' ni (log ni − 1) = N pi (log pi + log N − 1)
in log W e svolgendo le dovute somme dalla precedente proposizione si ottiene
Ã
!
X
log W(p1 , p2 , . . . ) ' N −
pi log pi + cost.
i
con una opportuna costante dipendente da N e dal volume delle celle ω. Ci
P
troviamo quindi a massimizzare la funzione − i pi log pi nelle variabili pi .
Grazie all’ipotesi di avere un gran numero di sottosistemi ci permetteremo di
trattare queste come variabili continue; dovremo inoltre imporre che il numero
P
totale di particelle sia N — i.e.
i pi = 1 — e che l’energia totale sia costantemente pari a E — detto ²i un valore tipico dell’energia nell’i-esima cella ci
P
limiteremo a imporre i pi ²i · N = E. Avendo un’ottimizzazione vincolata non
ci resta che usare il metodo dei moltiplicatori di Lagrange. Concretamente ci
si ritrova a risolvere il sistema



− log pi − 1 − α − β²i = 0


P
i pi = 1


P

E

i pi ²i = N
∀i
pi , α e β e a richiedere quindi che
hnelle2 variabili
i sia definita negativa la matrice
P
P
P
∂
(− i pi log pi − α i pi − β i pi ²i ) ; quest’ultima condizione è auto∂pi ∂pj
δ
maticamente soddisfatta, traducendosi in − piji <= 0. Il sistema precedente
A.2 Lo stato statistico di Maxwell-Boltzmann
eliminando α tra le prime equazioni diventa

i
pi = Pe−β²
∀i
−β²i
ie
P p ² = E/N
i
.
i i
Sostituendo le prime nell’ultima, moltiplicando entrambi i membri per
e ancora per eβc con c =
37
P
i
e−β²i
E
N
si ha
X
X
eβc ·
²i e−β²i = c eβc ·
e−β²i
i
i
X
(²i − c) e−β(²i −c) = 0
i
X
(²i − c) e−β(²i −c) =
i:²i >c
X
(c − ²i ) eβ(c−²i )
i:c>²i
da cui si vede, essendo il primo membro monotòno strettamente decrescente a
zero e il secondo monotòno strettamente crescente a infinito, che esiste al più
un β, positivo, soddisfacente la relazione. Tale β c’è, infatti, indicando con #i
la cardinalità dell’insieme in cui varia l’indice i, si ha
P
X
X
²i pi
E
#i = #i =
c
²i > i
N
N
i
i
X
X
−0(²i −c)
−0(²i −c)
²i e
>
ce
X
i
i
−0(²i −c)
(²i − c) e
i:²i >c
>
X
(c − ²i ) e0(c−²i ) .
i:c>²i
Segue quindi la
Proposizione 2 Lo(5) stato discreto cui corrisponde massima probabilità è
p∗β
i =
e−β²i
,
Z(β)
Z(β) =
con il parametro positivo β determinato da
X
e−β²i
i
P
i
p∗β
i ²i = E/N. Chiameremo
questo stato statistico di Maxwell-Boltzmann nell’approssimazione
discreta.
5
Ci sarebbe anche il bordo, ma dal fatto che tutti i punti non di bordo sono regolari
con HH definita negativa, dall’avere un massimo locale non di bordo e dalla convessità del
dominio definito dai vincoli segue che nel bordo non avrò massimi.
A.3 Il teorema di equipartizione
38
Si riesce a provare inoltre che il valore di β è
1
,
kT
dove T è la temperatu-
ra assoluta del sistema, e che sotto le stesse ipotesi gli altri stati statistici
nell’approssimazione discreta hanno probabilità trascurabile rispetto questo.
Osserviamo come allo stato statistico nell’approssimazione discreta di Maxwell-Boltzmann si possa associare lo stato statistico
f ∗β (q ∗ , p∗ ) =
con β =
1
kT
e−βH∗ (q∗ ,p∗ )
Z(β)
e la costante normalizzante
Z
Z(β) = e−βH∗ (q∗ ,p∗ ) dq ∗n dp∗n .
µ
Questo è detto stato statistico di Maxwell-Boltzmann.
Si è ottenuto quindi che sotto le ipotesi fatte qualunque sia lo stato meccanico iniziale del nostro sistema avremo che esso nel suo evolversi nel tempo starà
quasi sempre in un dominio corrispondente allo stato statistico di MaxwellBoltzmann; solo sporadicamente si troverà in altri stati. Per questo motivi
lo stato statistico di Maxwell-Boltzmann viene chiamato stato di equilibrio
statistico.
A.3
Il teorema di equipartizione
Continuando il discorso supponiamo ora di avere un sistema in uno stato
statistico di Maxwell-Boltzmann; abbiamo che
Z
Z
Z
e−βH∗ (q∗ ,p∗ )
1
1
∂
−βH∗
H∗ (β) := H∗ (q ∗ , p∗ )
dq ∗ dp∗ =
H∗ e
=
− e−βH∗ =
Z(β)
Z µ
Z µ ∂β
µ
∂
1 ∂
Z=−
log Z.
Z ∂β
∂β
P
Supponiamo che l’hamiltoniana sia della forma H∗ = sj=1 aj x2i con aj costante
=−
e xj coincidente con una delle variabili p∗h , q∗h ; ponendo c uguale al prodotto
delle aree delle regioni in cui variano le p∗h , q∗h che non compaiono in H∗
abbiamo
Z(β) = c
s Z
Y
j=1
e
R
−βaj x2j
s r
s
Y
Y
s
1
π
0
dxj = c
=c
β − 2 = c0 · β − 2
βaj
j=1
j=1
A.3 Il teorema di equipartizione
39
e otteniamo quindi
H∗ (β) = −
´
s
∂
∂
s
s
∂ ³
log Z = −
log(c0 · β − 2 ) = −
log c0 − log β =
.
∂β
∂β
∂β
2
2β
Segue la
Proposizione 3 Per un sistema nello stato statistico di Maxwell-Boltzmann
P
descritto da un’hamiltoniana della forma H∗ (q ∗ , p∗ ) = s1 aj x2j con aj costante
e xj coincidente con una delle variabili p∗h , q∗h , abbiamo
H∗ =
s
.
2β
Appendice B
Realizzazione delle simulazioni
Vogliamo integrare numericamente il sistema di equazioni differenziali di un
problema tipo FPU fino a un tempo T con lo scopo di osservare l’evoluzione
delle medie temporali delle energie dei modi normali o le energie stesse dei modi
normali. Suddividiamo T in k sottointervalli ∆ti , i ∈ {1, . . . , k}: integriamo
il problema con le usuali coordinate in ∆t1 con passettini del metodo leap-frog,
passiamo quindi ai modi normali, salviamo la quantità di interesse, ritorniamo
all’integrazione del problema nel successivo sottointervallo e cosı̀ via.
L’integrazione ci darà dei risultati numerici. Nel mio caso ho salvato questi
su un file di testo e li ho visualizzati in momenti successivi scrivendo opportune
c
function in MATLAB°
.
B.1
B.1.1
Scelte pratiche
Metodo di integrazione
Da un lato saremo interessati a integrare il problema per tempi molto lunghi,
dall’altro non ci interessa necessariamente avere la soluzione esatta, piuttosto
ci interessa mantenere qualitativamente il suo comportamento. Questo ci porta
a scegliere un metodo di integrazione chiamato leap-frog.
B.1 Scelte pratiche
42
Abbiamo il particolare sistema in R2N

q̇ = p
⇐⇒
ṗ = f (q)
p̈ = f (q).
individuato da una opportuna hamiltoniana autonoma, f ∈ C ∞ (RN ). Posto un
dato iniziale q 0 , p0 ci servirebbe avere, a un certo tempo tn := t0 +nh, h :=
T −t0
M
(n, M ∈ N), un’approssimazione xn , y n del suo evoluto q n , pn := q(tn ), p(tn ).
Con i metodi di Eulero, per o.d.e. del primo ordine più generiche, l’idea è
di partire dal dato che si ha spostandosi in ogni intervallo di ampiezza h non
lungo la soluzione, che non è data, ma lungo una tangente a questa. Con il
metodo leap-frog (1) , per una o.d.e. della nostra forma, il passo viene diviso in
salti intermedi diversi per q e p: prima con Eulero Esplicito q evolve di h/2,
quindi p può evolvere di h con Eulero Modificato, infine q evolve dell’ultimo
h/2 con Eulero Implicito. Componendo le tre dette mappe
h
xn → xn+ 1 = xn + y n
2
2
y n → y n+1 = y n + hf (xn+ 1 )
2
xn+ 1 → xn+1 = xn+ 1
2
2
h
+ y n+1
2
si ottiene il metodo numerico esplicito a un passo leap-frog dato dall’algoritmo



x0 = q 0




y = p
0
0
(B.1)
¡
¢
h2
h


x
=
x
+
hy
+
f
x
+
y
n
∈
{0,
.
.
.
,
M
−
1}
n+1
n
n

n
2
2 n


¡
¢

h
y
n+1 = y n + hf xn + 2 y n
i.e., si identifica il dato iniziale e per n ∈ {0, . . . , M − 1}
"
# " #
"
¡
¢# " #
xn+1
xn
y n + h2 f xn + h2 y n
xn
¢
¡
=
+h
=
+ Φ(xn , y n , h, f ). (B.2)
h
y n+1
yn
yn
f xn + 2 y n
1
Letteralmente leap-frog significa salto della rana.
B.1 Scelte pratiche
43
Proposizione 1 (Consistenza del metodo) Il metodo leap-frog è consistente di ordine 2.
Dim. Sviluppando e usando le opportune relazioni si ha
h3 ...
h2
q̈ n +
q + o(h3 )+
2
3 n
h ¢
h2 ¡
=
− xn − hy n − f xn + y n
2
2
h2 h
2h ...
=
q̈ n +
q + o(h)+
2
3 n
i
h
− f (xn ) − J f (xn )y n + o(h)
=
2
h3 ...
=
q + o(h3 )
12 n
q n+1 − xn+1 =
q n + hq̇ n +
e
h2 ...
q + o(h2 )+
2 n
¡
h ¢
− y n − hf xn + y n
=
2
h
h ...
= h q̈ n + q n + o(h)+
2
i
h
− f (xn ) − J f (xn )y n + o(h) =
2
2
= o(h )
pn+1 − y n+1 =
q̇ n + hq̈ n +
da cui
k (q n , pn ) − (xn , y n ) k= hτn (h)
con τn (h) = O(h2 ).
¤
Proposizione 2 (Convergenza del metodo) Il metodo leap-frog è convergente di ordine 2.
Dim. Da (B.2) si osserva che il metodo è zero stabile, essendo Φ, grazie alle ipotesi sulla f , lipschitziana in x, y uniformemente rispetto ad h in
un intorno di 0; dalla proposizione 1 e da usuali argomenti(2) segue quindi la
tesi.
2
¤
Ad esempio i teoremi (11.1) e (11.2) in [7]; sono dimostrati nelle ipotesi di un metodo
esplicito a un passo generico per problemi di Cauchy e si applicano anche a questa situazione.
B.1 Scelte pratiche
44
Proposizione 3 (Simpletticiptà del metodo) La trasformazione che definisce il metodo leap-frog è simplettica.
Dim. Iniziamo riscrivendo la (B.1) come

Q = Q(q, p) = q + hp + h2 f ¡q + h p¢
2
2
¡
¢
P = P(q, p) = p + hf q + h p
.
2
∂f
∂fi
Si ha, sfruttando ∂q
= ∂qji ,
j
¶µ
¶
X·µ
h3 ∂fi
h2 ∂fj
hδi,k +
δj,k +
{Qi , Qj } =
4
∂q
2 ∂qk
k
k
µ
¶
µ
¶¸
h2 ∂fi
h3 ∂fj
− δi,k +
hδj,k +
=0
2 ∂qk
4 ∂qk
¶
µ
¶¸
X ·µ
h2 ∂fi
∂fi
∂fj
h2 ∂fj
{Pi , Pj } =
δi,k +
−h
h
δj,k +
=0
2 ∂qk
∂qk
∂qk
2 ∂qk
k
¶µ
¶
µ
¶¸
X·µ
h2 ∂fi
h2 ∂fj
∂fi
h3 ∂fj
{Pi , Qj } =
δi,k +
δj,k +
−h
hδj,k +
2 ∂qk
2 ∂qk
∂qk
4 ∂qk
k
= δi,j .
¤
Questo metodo ha inoltre il vantaggio di conservare l’energia totale.
B.1.2
Passo di integrazione
Si è cercato di scegliere un passo di integrazione che da un lato permettesse di
avere i risultati in tempo utile — problema qui del tutto non trascurabile —
dall’altro controllando che la situazione qualitativa variando il passo rimanesse
la stessa. Si è cosı̀ usato un passo diverso in diverse prove, comunque inferiore
o uguale a quello usato in [5]. I particolari passi si possono trovare in didascalia
alle immagini.
B.1.3
Altro
Perché si è scelto di integrare il sistema con le usuali coordinate e non direttamente in quelle dei modi normali, a cui si deve passare ogni volta che si vuole
B.2 Affidabilità dei risultati
45
osservare la quantità di interesse? Il fatto è che l’espressione che assume l’hamiltoniana dopo il cambiamento di coordinate è piuttosto complicata, rispetto
a quella semplice originaria nei casi che si sono considerati.
Fatta tale scelta diventa importante come si effettua la trasformazione
per
ai modi normali. Questa è lineare e individuata dalla matrice
q passare
£
¡
¢¤N
2
sin Njkπ
; moltiplicando il vettore delle coordinate per l’opporN +1
+1 j,k=1
tuna matrice tuttavia si compiono ∼ N 2 moltiplicazioni e addizioni; se si
considera che tale operazione viene fatta anche 108 volte e preferibilmente con
N grande, conviene usare piuttosto la Fast Fourier Transform, che richiede
∼ N log N operazioni. Avendo scelto come linguaggio di programmazione, per
c
la sua velocità, il C, si è usato il pacchetto della FFTW°(3)
.
Per calcolare le medie temporali delle energie dei modi normali useremo,
grossomodo, la formula dei trapezi composta facendo la media dei valori stimati ogni certo numero di passi, minore giustamente del numero di passi che
compongono un intervallo di osservazione ∆ti .
Gli intervalli di osservazione si sono scelti linearmente equispaziati per visualizzare ad esempio i grafici delle energie dei modi normali, logaritmicamente
per osservare comportamenti su diverse scale di tempo.
B.2
Affidabilità dei risultati
Sulla scelta del metodo di integrazione è pesato molto il fatto che Berchialla,
Galgani, Giorgilli lo usarono fruttuosamente per ottenere i risultati presentati
in [5], oltre alle buone proprietà descritte in (B.1.1) e all’implementazione
agevole.
All’inizio del lavoro, sui modelli con perturbazione di ordine 5 e 7, si sono affiancati ai risultati ottenuti anche quelli più sudati avuti con il metodo
di Eulero implicito, che non tiene l’energia e dà grandi problemi di stabilità
asintotica; in quei casi l’accordo era buono.
Il metodo e la sua implementazione sono stati testati su problemi modello
di cui si aveva la soluzione e non sono stati evidenziati grossolani errori.
3
Se veda www.fftw.org.
B.3 Un sorgente C
46
I risultati fino alla perturbazione di ordine tre, inclusa, hanno visualizzazioni che si sovrappongono a quelle presentata negli articoli [2],[5].
B.3
Un sorgente C
#include
#include
#include
#include
#include
#include
#include
<stdlib.h>
<stdio.h>
<math.h>
<time.h>
<fftw3.h>
<limits.h>
<assert.h>
#define N 127
/* numero di oscillatori non banali */
#define H 0.0005
#define PIPUT 200
/*
/*
/*
/*
/*
/*
/*
#define
#define
#define
#define
#define
U (H*PIPUT)
OSS_IN 10000
OSS_FIN 100000000
T (OSS_FIN*U)
N_OSS 200
passo di discretizzazione */
passi di int. per unita’ di tempo */
PIPUT sia pari positivo */
unita’ di tempo */
primo intervallo di oss. parziale */
#unita’ di tempo di osservazione */
tempo di osservazione */
#define PI 3.1415926535897931086
#define D PI/(N+1)
#define NORM 1./(2.*(N+1) /* fattore per norm. il cb di coord */
#define ALPHA 0.25
#define G(var) ( (var)*
(1 + ALPHA*(var)*(var)*(var)*(var)*(var)*(1+(var))) )
#define F(x) ( G( *(x+1)-*(x) ) - G( *(x)-*(x-1) ) )
// qui si sommano le energie per poi stimare la media temporale
// sono sommate le energie *2*NORM, poi si dovra’ dividere
double energie[N+2];
// qui si memorizzano posizioni e velocita’ "attuali",
// normalizzate e non
double qNorm[2*(N+2)], xA[2*(N+2)];
double *pNorm = qNorm+N+2, *vA = xA+N+2;
// queste sono variabili globali accessorie, qui per comodita’
FILE *f;
fftw_plan planToNorm, planFromNorm;
double xMezzo[N+2];
double freq[N+2];
\
B.3 Un sorgente C
const int n[1]={N};
const fftw_r2r_kind kind[1]={FFTW_RODFT00};
int inizializza(double e0, char *output_file);
void integra();
void passoEuleroModificato(double *xNew, double *vNew,
double *xOld, double *vOld);
void passoLeapFrog2(double *xNew, double *vNew,
double *xOld, double *vOld);
void calcolaEnergie();
void sommaEnergie();
void salvaEnergieMedie(int k);
void salvaEnergie();
void salvaCoordinate(double *x, double *v);
int inizializza(double e0, char *outputFile)
{
int j,k;
if( (f=fopen( outputFile, "w" )) == 0 ) return -1;
fprintf(f,"%% Perturbazione di ordine 7.\n");
fprintf(f,"%% Energie medie (LF2) con:\n");
fprintf(f,"%% Tf:%3.3f Ti:%3.3f N:%d E:%3.3f disc:%d U:%3.3f:\n",
T,OSS_IN*U,(int)N,e0 ,PIPUT,U);
planToNorm = fftw_plan_many_r2r(1, n, 2,
xA+1, NULL, 1, N+2,
qNorm+1, NULL, 1, N+2,
kind,
FFTW_EXHAUSTIVE | FFTW_PRESERVE_INPUT );
planFromNorm = fftw_plan_many_r2r(1, n, 2,
qNorm+1, NULL, 1, N+2,
xA+1, NULL, 1, N+2,
kind,
FFTW_ESTIMATE | FFTW_PRESERVE_INPUT );
/* dati iniziali sui modi normali */
for(j=0; j<N+2; j++) { pNorm[j]= qNorm[j]=0; }
pNorm[1] = sqrt(2.0*e0*NORM); // per norm. la trasf.
// .../(2*(N+1));
fftw_execute( planFromNorm );
for(k=0; k<N+2; k++) { freq[k]=2*sin(k*D/2.0); }
return 0;
}
void sommaEnergie()
{
47
B.3 Un sorgente C
int k;
fftw_execute(planToNorm);
for(k=1;k<N+1;k++)
{energie[k] += pNorm[k]*pNorm[k]
+ qNorm[k]*freq[k]*qNorm[k]*freq[k];}
}
void calcolaEnergie()
{
int k;
fftw_execute(planToNorm);
for(k=1;k<N+1;k++)
{energie[k] = pNorm[k]*pNorm[k]
+ qNorm[k]*freq[k]*qNorm[k]*freq[k];}
}
void salvaEnergieMedie(int k)
{
int i;
for(i=0;i<N+2;i++)
{
fprintf(f,"%3.3f %1.7f %1.7f %1.7f\n",i*1.0/(N+1),
xA[i], vA[i], energie[i]/(2.0*k)*NORM);
}
}
void salvaEnergie()
{
int i;
for(i=0;i<N+2;i++)
{
fprintf(f,"%3.3f %1.7f %1.7f %1.7f\n",i*1.0/(N+1),
xA[i], vA[i], energie[i]/(2.0)*NORM);
}
}
void passoEuleroModificato(double *xNew, double *vNew,
double *xOld, double *vOld)
{
int j;
for(j=1; j<N+1; j++) xMezzo[j]=xOld[j]+H/2.0*vOld[j];
for(j=1; j<N+1; j++)
{
xNew[j] = xOld[j] + H*(vOld[j]+H/2.0*F(xOld+j));
vNew[j] = vOld[j] + H*F(xMezzo+j);
}
}
48
B.3 Un sorgente C
void passoLeapFrog2(double *xNew, double *vNew,
double *xOld, double *vOld)
{
int j;
for(j=1; j<N+1; j++) xMezzo[j]=xOld[j]+H/2.0*vOld[j];
for(j=1; j<N+1; j++)
{
vNew[j] = vOld[j] + H*F(xMezzo+j);
xNew[j] = xMezzo[j] + H/2.0*vNew[j];
}
}
void integra()
{
int k=0,n=0; // n tiene il numero di unita’ di tempo,
// k tiene il numero di passi nell’unita’ di tempo
double xB[N+2],vB[N+2];
double ossSucc = OSS_IN,
fattore = pow(OSS_FIN*1.0/OSS_IN, 1.0/(N_OSS-1));
if((fattore-1)*OSS_IN<=1) {printf("Errore!");return;}
calcolaEnergie();
salvaEnergie(n);
while( n<OSS_FIN+1 )
{
for( k=0; (2*(k))<PIPUT; k++ )
{
passoLeapFrog2(xB,vB,xA,vA);
passoLeapFrog2(xA,vA,xB,vB);
}
sommaEnergie();
n++;
if( n >= ossSucc ) { salvaEnergieMedie(n+1);
ossSucc*=fattore; }
}
}
int main(int argc, char *argv[])
{
clock_t tempo0;
double e0, clocks_per_sec = (double) CLOCKS_PER_SEC;
char *tempE,*inOutputFile,*output_file, temp[100];
int i;
tempE = argv[1];
e0 = atof(tempE);
inOutputFile = argv[2];
strcpy(temp,inOutputFile);
49
B.3 Un sorgente C
strcat( strcat(strcat(temp,"-"),tempE),".res");
output_file = temp;
if(inizializza(e0,output_file))return -1;
tempo0 = clock();
integra();
fprintf(f,"\n");
fclose(f);
printf("\n\t%.3f s\n\n", (clock() - tempo0)/ clocks_per_sec );
return 0;
}
50
Desidero ringraziare il prof. Dario Bambusi, per avermi seguito con fiducia e
pazienza, per aver guidato il mio libero curiosare su un interessante argomento
che non fosse su carta rilegata, pur con i suoi naturali inconvenienti. A lui e
al dott. Antonio Ponno sono molto grata per aver purtroppo solo intravisto la
spiegazione a cui stavano finendo di lavorare.
Grazie al dott. Andrea Carati, per avermi gentilmente aiutato sia nella
realizzazione delle simulazioni, sia nell’interpretazione dei risultati.
Grazie al prof. Antonio Giorgilli, per la grande disponibillità e prontezza
nel rispondere alle mie domande.
Sembrano davvero un ottimo gruppo, discutere con loro è stato un piacere.
Grazie alle persone che mi hanno permesso di arrivare, al lavoro di tesi.
Ai miei genitori, per avermi amorevolmente accompagnato e sostenuto in
ciò che volevo, pur talvolta non essendo d’accordo; a mia mamma, per sopportare i malumori di quando son triste. Al mio issimo fratellino, capace di
starmi vicino anche quando è distante; grazie perché torni a Milano per me.
Ai miei amici. A Chiara, capace di comparire nei momenti giusti. A un
pignolissimo ingegnere e alla sua dolce metà, alle mie confidenti, a Sarah, per
non farmi perdere. Ad Eloisa, per il conforto e le serene risate di questi giorni.
Ai miei vecchi numerosi compagni d’anno, per avermi regalato una stimolante e allegra compagnia in un clima di vicendevole collaborazione.
Grazie a uno splendido ragazzo, ora bastone ora muro. Al ragazzo che mi fa
brillare gli occhi, ora di gioia ora di lacrime. Al ragazzo che mi ha amabilmente
stregato, la crema di Azazello ha una troppo lunga tenuta. . .
Elenco delle figure
1
Modello lineare: prova . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2
Modello 3: energia del primo modo normale su diverse scale di
6
tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
8
3
Modello 3: medie temporali delle energie dei modi normali . . .
8
4
Modello 3: pacchetti su diverse scale di tempo, energia mediobassa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
9
5
Modello 3: pacchetti su diverse scale di tempo, energia medio-alta 10
6
Modello 3: pacchetti corrispondenti a diverse energie specifiche . 11
7
Modello 3: pacchetti nel tempo nelle nuove coordinate ϑs . . . . 12
8
Modello 3: tempi di rilassamento per 16, 31, 63 particelle . . . . 13
9
Modello 5: tempi di rilassamento per 16, 31, 63 particelle . . . . 17
10
Modello 5: pacchetti con 63 particelle . . . . . . . . . . . . . . . 18
11
Modello 7: tempi di rilassamento per 16, 31, 63, 127 particelle . . 19
12
Modello 7: pacchetti con 16 particelle . . . . . . . . . . . . . . . 20
13
Modello 7: pacchetti con 127 particelle . . . . . . . . . . . . . . 21
14
Equipartizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
15
Pacchetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
16
Primi pacchetti visualizzati, modelli 3 e 7 . . . . . . . . . . . . . 24
17
Primi pacchetti visualizzati, modelli 5, 4 e 6 . . . . . . . . . . . 25
18
Strana visione di pacchetti nel tempo al variare dell’energia . . . 28
19
Primi tempi di rilassamento, 16 e 32 particelle . . . . . . . . . . 29
Bibliografia
[1] A. Ponno, D. Bambusi. KdV equation and energy sharing in FPU. 2004.
[2] A. Carati,
L. Galgani, A. Giorgilli.
Dynamical Systems and
Thermodynamics. 2004.
[3] A. Carati, L. Galgani, A. Ponno, A. Giorgilli. The Fermi-Pasta-Ulam
problem.
[4] G. Benettin, L. Galgani, A. Giorgilli. Appunti di Meccanica Razionale.
CUSL.
[5] L. Berchialla, L. Galgani, A. Giorgilli. Localization of energy in FPU
chains.
[6] N. J. Zabusky, M. D. Kruskal. Interaction of the “solitons” in a collisionless
plasma and the recurrence of initial states. Phisical review letters, 15:240–
243, 1965.
[7] A. Quarteroni, R. Sacco, F. Saleri. Matematica Numerica. Springer, 1998.
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