Finanza Islamica - 4 - camera di commercio italiana negli emirati

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LA FINANZA ISLAMICA
4
-
Le scuole giuridico-religiose
-
L'islam come ideologia
-
rapporto tra Islam, economia e
finanza
-
l'homo islamicus
Finanza Islamica - 4
Le scuole giuridico – religiose
Nel contesto islamico sunnita esistono quattro scuole giuridico – religiose che
si
differenziano
sulla
base
degli
strumenti
ermeneutici
usati
per
l'interpretazione della Legge Coranica, sia nella ritualità adottata per il suo
rispetto.
-
La scuola hanafita: è stata fondata da Abu Hanifa ed è diffusa in
Turchia, India e Pakistan. È la scuola più liberale in quanto tende a rispettare
più la forma che la sostanza delle fonti primarie del diritto islamico che sono il
Sacro Corano e la Sunna.
-
La scuola malikita: è stata fondata da Malik Ibn Anas ed è diffusa
soprattutto nel Maghreb. È una scuola molto conservatrice e pone l’accento
sul ruolo del consenso dei dotti, l’ijimà’.
-
La scuola shafiita: è stata fondata da Muhammad al-Shafii ed è
diffusa in Egitto, in Indonesia e nell’Africa Orientale. Tra le fonti del diritto
riconosce particolare importanza alla Sunna e all’ijimà’.
-
La scuola hanabalita: è stata fondata da Ibn Hanbal, è diffusa
nell’Arabia Saudita ed è la più conservatrice. Si caratterizza per un’assoluta
fedeltà alle fonti scritte ed esige il massimo rispetto per le fonti del Sacro
Corano e della Sunna. Professa l’applicazione del modello di Comunità dei
Musulmani costituita dal Profeta Muhammad nella sua permanenza a
Medina e pone particolare accento sul rigore morale e sulla purezza
dell’Islam delle origini.
Nello sciismo la scuola giuridica più importante è quella jafarita fondata dal
sesto
imàm, Jafar al-Sadiq15, e presente principalmente in Iran e in Iraq.
Il ruolo degli ulama nella tradizione islamica è molto importante ed essi hanno
da sempre goduto di grande rispetto da parte della Comunità: in quanto
dotti della legge islamica essi hanno l’obbligo morale di garantire
l’autorevolezza delle fonti del Sacro Corano e della Sunna, ma anche di
1
Finanza Islamica - 4
guidare la Comunità dei Musulmani verso la Verità, preservandola dall’errore.
Hanno il compito, non facile, di individuare quel punto di incontro tra etica
islamica, fondata sul Sacro Corano e sul modello di vita del Profeta
Muhammad,
e
l’evolversi
dei
fenomeni
della
globalizzazione
e
dell’occidentalizzazione, occupandosi anche dei settori dell’economia e
della finanza.
15
Jafar al-Sadiq fu un importante giurista sciita alle cui lezioni parteciparono, tra gli altri, Abu
Hanifa e Malik Ibn Anas, fondatori rispettivamente della scuole giuridiche sunnite degli
hanafiti e dei malikiti.
2
Finanza Islamica - 4
Sono importanti in quanto hanno avuto un ruolo chiave nello sviluppo
del sistema finanziario islamico ed oggi rivestono una posizione di
primaria importanza nel sistema bancario: essi formano infatti lo Shariah
Supervisory Board, un
particolare organo direttivo delle istituzioni
finanziarie islamiche che ha il compito di valutare la legittimità degli
strumenti offerti al mercato e il loro rispetto verso la legge della Shariah.
Figura 1.3. Le scuole giuridiche islamiche
Fonte: www.wikipedia.org
L’Islam come ideologia
Secondo i credenti islamici il termine Islam non significherebbe religione
nel senso occidentale del termine, bensì uno stato di sottomissione, di
obbedienza e di armonia del credente con il mondo e con il suo
creatore. Il termine Islam deriva dal termine arabo ‘aslama che significa
sottomettersi di cui il participio presente è il termine muslimùn,
musulmani.
Il mondo islamico ha sviluppato il concetto di Ibadat che deriva da
Abid, letteralmente traducibile con “schiavo”, per esprimere il senso di
sottomissione del fedele alla volontà di Allah. L’Ibadat esprime il dovere
3
Finanza Islamica - 4
del buon musulmano di compiere le azioni che portano onore ad
Allah e di non commettere azioni vietate dal Sacro Corano. L’Ibadat
può essere osservato sotto due accessioni: si parla di ubudiyah quando
si fa riferimento al rapporto diretto tra il fedele ed Allah e di amaliyah
quando si fa riferimento alla relazione che il fedele trattiene con il creato
e quindi sia con l’ambiente che con la società. Secondo la prospettiva
islamica l’Ibadat stimola la relazione tra l’essere umano e l’universo,
entrambi espressivi della grandezza di Allah. A differenza delle altre
religioni monoteiste l’Islam influenza la vita dei credenti tanto negli
aspetti esteriori quanto in quelli interiori: la definizione di Islam è quella di
din, termine arabo generalmente tradotto come religione, ma di senso
molto più ampio e che esprime non soltanto il culto e il dogma, ma
anche il vivere associato e le sue regole.16 Secondo Porzio, l’Islam per i
musulmani è molto più di una religione, è un’ideologia, un pensiero,
“una visione del mondo completa e complessa”17. Lo storico della
filosofia Henry Corbin esprime il principio metastorico che fonda la
coscienza religiosa dell’Islam attraverso il seguente passo: La coscienza
religiosa dell’Islam è concentrata non su un fatto della storia, ma della
metastoria. Questo fatto primordiale, anteriore al tempo della nostra
storia empirica, è costituito dalla domanda rivolta da Dio agli Spiriti degli
esseri umani preesistenti al mondo terrestre: <<Non sono forse il vostro
Signore?
18
>> L’acclamazione di gioia che risponde a questa domanda
suggella un patto eterno di fedeltà, ed è la fedeltà di questo patto che i
profeti sono venuti, di periodo in periodo, a ricordare agli uomini; la loro
successione forma il <<ciclo della profezia>>.
16
M Campanini “Islam e Politica”, Bologna, Il Mulino, 2003
Porzio, 2009
18
Il Corano, 7;171 www.ilcorano.it
17
4
Finanza Islamica - 4
Il rapporto tra Islam, economia e finanza
Esistono diversi principi etici che possono essere considerati il cuore
dell’Islam e che costituiscono le fondamenta teoriche del sistema
economico e finanziario islamico.
Nonostante il mondo occidentale tenda a studiare principalmente i tre
divieti più importanti del sistema finanziario islamico, quello della riba,
interesse,del gharar, incertezza, e del maysir, speculazione, esistono
principi etico – morali che hanno avuto un impatto diretto sullo sviluppo
del sistema finanziario ed economico islamico. La società islamica è
sottoposta a norme di carattere etico direttamente
discendenti da
Allah: sotto questo principio universale e totale rientrano anche i campi
dell’economia e della finanza. In particolar modo è importante l’analisi
dei concetti di khalifah, quale significato etico del diritto di proprietà, e di
zakat, quale guida morale all’utilizzo dei beni che il buon musulmano ha
in proprietà.
Il
tawhid:
l’unicità
di
Allah
come
espressione
dell’indivisibilità della Ummah
Il concetto di tahwid, ossia dell’unicità di Dio, è il cuore dell’Islam: è con
queste parole che il Profeta Muhammad iniziò la sua predicazione e
rappresenta la prima parte della shahada, considerata la porta
d’ingresso dell’Islam. Come afferma Piccinelli il tawhid rappresenta le
fondamenta teoriche del sistema economico e finanziario islamico:
“Sotto il profilo ideologico, il sorgere di un sistema islamico dell’economia
è stato sostenuto anche da una vasta corrente religioso – filosofica con
l’intento
di
riscoprire
e
approfondire
5
la
necessaria
e
continua
Fina
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mica - 4
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ale e finanzza islamica: Stato e religione
Fonte
e: M. Marian
ni, “Impresa
a e finanza isslamica”, Eg
gea, Milano
o, 2012
19
G..M. Piccine
elli, “Banche
e islamiche
e in contessto non isla
amico. Materiali e strrumenti
giurid
dici”, Laterza
a, Roma-Ba
ari, 2004
6
Finanza Islamica - 4
Il termine Ummah deriva dalla radice araba ‘m-m da cui ha origine
anche la parola araba di madre, umm, ed ha acquistato con la nascita
dell’Islam il senso di Comunità dei Musulmani.
La Ummah fondata e guidata dal Profeta Muhammad a Medina è per i
credenti islamici il modello ideale di società a cui ispirarsi. Essi
considerano questa comunità, da intendersi anche come nazione, la più
giusta, ma anche la più vantaggiosa per l’umanità.
Il concetto di Ummah si poggia sulla benedizione di Allah:
"Voi siete la migliore nazione mai suscitata tra gli uomini; promuovete
la giustizia, impedite l'ingiustizia e credete in Allah”20
Il concetto di khalifah e il diritto di proprietà
Il concetto di khalifah assume una particolare importanza in riferimento
al sistema economico e finanziario basato sul rispetto della legge della
Shariah: nell’Islam la proprietà appartiene solo ad Allah in quanto
creatore dell’universo, diritto che è stato affidato all’uomo come Suo
vicereggente sulla terra, khalifah. Per questo tutti i musulmani devono
sentirsi responsabili di un ordine sociale giusto e morale. Il diritto di
proprietà privata dell’uomo, in quanto khalifah del diritto di Allah, implica
l’obbligo di esercitare responsabilmente questo diritto sia nei confronti
della famiglia che dell’intera società secondo gli insegnamenti etici
rivelati. Secondo l’Islam non esiste il peccato originale e quindi l’uomo è
fin dalla nascita innocente ed in grado di perseguire il bene, compiendo
le parole di Allah, di promuovere la giustizia ed impedire il male: lo
sfruttamento degli altri uomini e l’accaparramento delle risorse elargite
da Allah sottraggono l’uomo dalla sua responsabilità di tutelare
l’armonia del cosmo e vengono considerate un tradimento della fiducia
accordata da Allah all’umanità.
20
Il Corano, 2;110 www.ilcorano.it
7
Fina
anza Islamica - 4
Il pilastro
p
d
della
za
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La zakat
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della
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Figura
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Fonte
e: M. Marian
ni, “Impresa
a e finanza isslamica”, Eg
gea, Milano
o, 2012
Dalla
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va
8
del
credente
e
non
può
Finanza Islamica - 4
prescindere
da
obiettivi
di natura sociale ed etica. Si distinguono
profitti derivanti da attività vietate o scollegate agli obiettivi di sviluppo
sociale, haram, con quelli derivanti da attività lecite e auspicate: halal
Le buone azioni del fedele sono importanti per promuovere una società
più giusta: è secondo questa logica che la vita del Profeta Muhammad,
descritta nella Sunna e negli hadith, deve essere considerata come un
modello e deve suscitare ammirazione, ispirando il percorso da seguire
nella vita di ogni giorno.
Il ruolo sociale della zakat è considerato fondamentale anche in tempi
contemporanei, come dimostra il fatto che essa rappresenta una
specifica voce del conto economico del bilancio delle banche
islamiche.22
21
G. Vercellin, “Istituzioni del mondo musulmano”, Einaudi, Torino, 1996
1.4.4 Il Maslahah e il pubblico interesse
Il termine “maslahah” può essere letteralmente tradotto come “pubblico
interesse”. Si tratta di uno degli aspetti fondamentali dell’intero sistema
islamico, sia in termini finanziari che giuridici. La legge islamica, infatti,
deve essere costruita in piena armonia e rispetto del concetto di
interesse pubblico e di Ummah fondata dal Profeta Muhammad.
La tutela del pubblico interesse è di fondamentale importanza per lo
sviluppo del sistema finanziario ed economico secondo la prospettiva
islamica:
i
principali
divieti
tassativi23 della
riba,
interesse,
della
speculazione e del monopolio sono stati posti nel rispetto dei testi sacri al
fine di tutelare gli interessi dei più deboli.
22
Nel corso della trattazione sarà evidenziato come il principio della zakat sia di grande
importanza per comprendere alcune importanti teorie finanziarie secondo la prospettiva
islamica. 23 Come si evidenzierà nel corso della trattazione nella finanza islamica esistono
degli elementi quali ad esempio il gharar e il maysir che sono vietati solo se eccessivi.
9
Finanza Islamica - 4
Il divieto della riba
L’attività economica non è condannata dall’Islam, anzi è rispettata e
promossa in quanto professione svolta dal Profeta Muhammad prima
della Rivelazione: ciò nonostante la legge islamica, direttamente ispirata
da alcuni versetti del Sacro Corano e della Sunna, pone dei paletti alle
modalità attraverso le quali l’attività economica può essere svolta.2
La traduzione letterale del termine arabo “riba” è “aumento”,
“accrescimento”,
“eccesso”,
mentre
la
traduzione
tecnica
può
corrispondere a “usura” o “interesse”. Il divieto della riba è stato
ampiamente trattato nel mondo islamico: si presuppone che al tempo
del Profeta Muhammad la riba non rappresentasse un semplice
interesse, piuttosto “il raddoppio della somma dovuta- capitale e
interessi, in denaro o altra natura-, nel caso che il debitore non fosse in
grado di pagarla alla sua scadenza”
24
, ciò nonostante il consenso oggi
prevalente è che la riba includa qualsiasi forma di interesse.
Le scuole giuridiche islamiche hanno elaborato due nozioni di riba: la
riba che si riferisce a rapporti debitori o creditori, riba al-nas’iah , e la riba
che si riferisce ad uno scambio di beni o alla prestazione di servizi, riba alfadl. La riba al-nas’iah si riferisce al tempo concesso al debitore per
ripagare il prestito: la legge islamica vieta di fissare un rendimento sul
capitale prestato ex – ante ed in funzione del differimento temporale tra
momento del prestito e del rimborso. Il divieto della riba al-nas’iah si
deve al fatto che il prestito ad interesse non è né equo né giusto in
quanto la moneta non è considerata riserva di valore, ma mezzo di
scambio e quindi genera valore non di per sé, ma solo se impiegata in
un processo produttivo o in una transazione e solo se abbinata al lavoro
e all’intelletto dell’essere umano. Appare evidente come le basi morali
del divieto della riba al-nas’iah siano da ricercare nei valori di sviluppo
sociale promossi dalla zakat e dalla visione islamica di lavoro e profitto.
La riba al-fadl trova le sue fondamenta in uno dei più noti hadith:
10
Finanza Islamica - 4
24
M. Rodinson, “Islam et capitalism”, Paris, Editions du Seuil, 1996. Trad. It. “Isam e
capitalismo”, Einaudi, Torino, 1968
11
Finanza Islamica - 4
“Vendi oro per oro, argento per argento, grano per grano, orzo per orzo,
dattero per dattero, sale per sale, nella stessa specie, nella stessa
quantità, faccia a faccia; se le merci differiscono puoi vendere come
desideri, purché lo scambio sia contestuale. Chi paga di più o riceve di
più cade nel riba. Chi prende e chi riceve è uguale”
Il principio della riba al-fadl riconosce che lo scambio di medesime merci
debba avvenire nella stessa specie, nello stesso ammontare e
contestualmente. Non è ammesso fissare oggi le condizioni ed il prezzo
per una vendita futura, in quanto questo potrebbe generare delle
condizioni di non eticità: questa visione è alla base della struttura degli
strumenti derivati islamici.
I versi del Sacro Corano che vietano il ricorso alla riba sono quattro e gli
studiosi
sono
concordi
sull’ordine
cronologico
secondo
il
quale
sarebbero stati rivelati da Allah. Si ritiene che il primo versetto ad essere
stato rivelato sia quello della Sura del Rum, che recita:
“Quel che voi prestate ad usura perché aumenti sui beni degli altri, non
aumenterà, presso Dio. Ma quello che date in elemosina, bramosi del
Volto di Dio, quello sì che vi sarà raddoppiato!”25
Il legame economico – morale tra il divieto della riba e l’etica sociale
promossa dalla zakat trova piena espressione nell’antitesi con la quale
vengono descritti i due tipi di aumento: l’aumento usurario, espressione
dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e l’aumento del premio
concesso da Allah a chi versa l’elemosina.
Il secondo versetto in ordine cronologico è il versetto 161 della Sura al
Nissa, che recita:
“E perché han praticato l’usura che pure era stata loro proibita, per
aver consumato i beni altrui falsamente, e abbiamo preparato per i
Negatori castigo cocente.”26
Il terzo versetto che è stato rivelato esprime in maniera molto netta il
divieto dell’usura e si ritrova nella Sura al-Imran:
“O voi che credete! Non praticate l’usura, doppiando e raddoppiando,
12
Finanza Islamica - 4
e temete Dio sì che possiate essere felici.”27
25
Il Corano, 10;39 www.ilcorano.it
Il Corano, 6;161 www.ilcorano.it
27
Il Corano, 3;130 www.ilcorano.it
26
13
Finanza Islamica - 4
L’ultima sura apparsa è la Sura al-Baqara, seconda sura del Sacro
Corano e versetto singolo più lungo di tutto il testo sacro. La sua
importanza è rafforzata dall’affermazione del Profeta Muhammad
secondo il quale “Satana scappa dalla casa in cui si recita la Sura AlBaqara”.
Essa è stata rivelata in occasione del Pellegrinaggio di addio del Profeta
alla Mecca ed esprime il divieto del ricorso alla riba in termini
particolarmente
forti:
“Coloro
invece
che
si
nutrono
di
usura
resusciteranno come chi sia stato toccato
da Satana. E questo perché dicono: <<Il commercio è come la usura!>>.
Ma Allah ha permesso il commercio e ha proibito l'usura.
Chi desiste dopo che gli è giunto il monito del suo Signore, tenga per sé
quello che ha e il suo caso dipende da Allah. Quanto a chi persiste,
ecco i compagni del Fuoco. Vi rimarranno in eterno.
Allah vanifica l'usura e fa decuplicare l'elemosina.
Allah non ama nessun ingrato peccatore.
In verità coloro che avranno creduto e avranno compiuto il bene,
avranno assolto l'orazione e versato la decima, avranno la loro
ricompensa presso il loro Signore.
Non avranno nulla da temere e non saranno afflitti.
O voi che credete, temete Allah e rinunciate ai profitti dell'usura se siete
credenti. Se non lo farete vi è dichiarata guerra da parte di Allah e del
Suo Messaggero; se vi pentirete, conserverete il vostro patrimonio.
Non fate torto e non subirete torto.
Chi è nelle difficoltà, abbia una dilazione fino a che si risollevi. Ma è
meglio per voi se rimetterete il debito, se solo lo sapeste!”28
Il divieto della riba viene giustificato in quanto limiterebbe la
concentrazione
della ricchezza nelle mani di pochi, prevenendo le
ingiustizie e nel contempo promuovendo i principi di partecipazione al
rischio e di profitto legittimo, halal. Secondo alcuni studiosi il divieto della
riba, strettamente ancorato al concetto di partecipazione al rischio, si
14
Finanza Islamica - 4
giustifica con il fatto che un tasso di interesse predeterminato non
rappresenta una “forma equa di transazione”29 quando i fini sono
produttivi: investendo denaro in presupposti produttivi non esiste
certezza
28
29
Il Corano, 2;279-280 www.ilcorano.it
Vedi Council of Islamic Ideology (CII), 1980, pp 7 e 8.
15
Finanza Islamica - 4
circa il buon esito dell’operazione, ma anzi profitto e perdita sono
equamente probabili.
A differenza di altri divieti a contenuto economico il divieto della riba ha
una valenza assoluta nel sistema economico e finanziario islamico,
influenzando l’operatività delle istituzioni finanziarie e le possibilità di
ricorso al capitale di debito da parte delle imprese.
Il concetto di hiyal è fondamentale per comprendere come nella prassi
si siano potuti aggirare i rigorosi divieti del prestito ad interesse ed offrire
alcuni degli strumenti tipici del sistema finanziario islamico.
L’hiyal è un istituto, parte integrante della fiqh, che si riferisce all’impiego
di mezzi legali per fini extra – shariatici: questo sistema permette di
raggirare le disposizioni della Shariah, pur mantenendone il rispetto
formale,
in
modo
da
raggiungere
uno
scopo,
che
deve
necessariamente essere legittimo, a soggetti che si trovano costretti da
condizioni oggettive ad agire contrariamente alla legge islamica.
L’istituto dell’hiyal è controverso per i giuristi e i credenti islamici: ciò che
ha permesso lo sviluppo di strumenti finanziari basati sul debito attraverso
il sistema dell’hiyal è lo scopo “legittimo” della costruzione di un sistema
finanziario basato sull’etica islamica in modo da garantire adeguato
livello di sviluppo e benessere alla comunità musulmana, la Ummah.
I divieti del gharar e del maysir
Con il termine gharar si indica “incertezza” o “rischio”, mentre con il
termine
maysir “speculazione”.
Il divieto del gharar si riferisce sia a situazioni di informazione incompleta
che a situazioni di mancanza di chiarezza in relazione all’oggetto o al
prezzo di un contratto o di uno scambio. Il rischio di incertezza viene
contrastato dalla continua ricerca di chiarezza e semplicità nei contratti
islamici: secondo il pensiero islamico, nonostante il gharar sia vietato solo
se eccessivo, la ricerca di un livello
16
Finanza Islamica - 4
standard di chiarezza dovrebbe diminuire il rischio di incertezza nelle
transazioni economiche e finanziarie.
Il divieto del maysir si riferisce invece alla volontà di scommettere sul
risultato futuro di un evento.
A differenza del divieto della riba, che è condannato in maniera
illimitata, il gharar e il maysir sono condannati solo se rilevanti e questo
perché possono essere limitati attraverso adeguate informazioni ed
analisi. I divieti del gharar e del maysir influenzano direttamente il sistema
assicurativo islamico, il takàful che si basa sulla cooperazione e sulla
mutua assistenza30. I divieti del gharar e del maysir hanno inoltre un
impatto diretto sull’utilizzo dei contratti derivati.
1.5.
L’homo
islamicus:
per
uno
sviluppo
sostenibile
dell’Islam
Secondo gli economisti islamici
ogni
modello economico deve
necessariamente ispirarsi alla volontà divina riconoscendo la signoria di
Allah, e rispettando la Sua volontà, che è stata rivelata nel Sacro Corano
e attraverso i profeti.
L’economia
islamica
mira
a
sostituire
all’homo
economicus
dell’economia neoclassica, spinto esclusivamente dal proprio interesse
egoistico e personale, con l’homo islamicus, il credente responsabile.
L’economista islamico Muhammad Chapra afferma:
“L’economia islamica si basa su un paradigma che ha la giustizia
economico- sociale come suo obiettivo primario […]. A differenza del
paradigma secolare di mercato,
il
considerato dipendente soprattutto
30
benessere
umano
non
è
dalla
Anche il sistema mutualistico convenzionale non è considerato legittimo dalla Shariah: seppur libero
dal maysir, in quanto l’obiettivo non è il profitto, nel sistema mutualistico convenzionale rimane presente
l’elemento dell’incertezza, gharar. Per permettere una concreta operatività al sistema assicurativo
islamico la scuola malikita ha elaborato lo strumento di donazione, al- tabarru’, in modo da regolare il
rapporto tra ogni singolo assicurato e il fondo mutualistico secondo le norme della Shariah.
17
Finanza Islamica - 4
massimizzazione della ricchezza e dal consumo: richiede invece un
equilibrato soddisfacimento dei bisogni materiali e spirituali della
personalità umana […]. Trascurare i bisogni spirituali o materiali
impedirebbe il conseguimento di un vero interesse.”31
Secondo il pensiero islamico la sconfitta della religione come forza
sociale collettiva avrebbe condotto al tramonto dei valori morali
condivisi: la coscienza individuale, unico arbitrio tra bene e male, non è
ritenuta sufficiente per mediare armonicamente gli interessi individuali e
sociali. L’Islam non è tuttavia in contrasto con la proprietà privata, con il
libero mercato e con il profitto e risulta compatibile con il capitalismo,
nonostante alcuni elementi debbano essere riletti secondo la prospettiva
propria dell’Islam. Il tema dello sviluppo sociale riveste un ruolo
particolarmente importante nel pensiero economico islamico, come
evidenziato dai principi di zakat, tawhid e Ummah. Secondo il pensiero
islamico Allah, avrebbe creato ogni cosa nella giusta quantità per
soddisfare i bisogni umani: la scarsità delle risorse, principio fondante
dell’economia
neoclassica,
sarebbe
il
risultato
dell’avarizia
e
dell’egoismo dell’agire dell’essere umano.
Secondo il filosofo egiziano Hassan Hanafi32 la realizzazione di uno
sviluppo sostenibile, inteso in termini economici, sociali e morali, sarebbe
la realizzazione dell’imperativo divino “Il Regno dei Cieli è sulla terra.”.33
Perché lo sviluppo economico sia in armonia con la volontà divina esso
deve essere dinamico fino al Giorno del Giudizio e non deve avvenire a
scapito delle generazioni future della Ummah che viene intesa in senso
atemporale: la fratellanza fondata sulla fede impegna le generazioni
presenti a non pregiudicare il benessere di quelle future34, incontrando la
definizione di sviluppo sostenibile offerta dalle Nazioni Unite quale “forma
di sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la
possibilità delle generazioni successive di soddisfare i propri”35.
18
Finanza Islamica - 4
31
M. U. Chapra, “What is Islam Economics?” Islamic Development Bank, Islamic Research and Training
Institute, IDB Prize Winner’s Lecture Series n. 9
32
33
H. Hanafi, “Islam in the Modern World. Vol. I: Religion, Ideology and Development”, Kebaa, 2000
Idem
34
A.R. Yousri, “Islamic perspectives on sustainable development”, 5
economics and finance, p 22-57
19
th
International conference on Islamic
Finanza Islamica - 4
Lo sviluppo sociale della Ummah viene tutelato attraverso le azioni dei
singoli fedeli, distinte nettamente tra azioni haram, vietate, e azioni halal,
lecite.
A livello dottrinale, per gli islamisti il problema della scarsità delle risorse
rispetto ai bisogni della popolazione, è un problema dell’homo
economicus tradizionale, ma non dell’homo islamicus. Al contrario del
pensiero capitalista, secondo il Sacro Corano, Allah ha creato ogni cosa
nella giusta quantità per soddisfare i bisogni umani. Quindi la scarsità è
frutto del comportamento umano e dell’avarizia dell’accumulazione.
Per questa ragione, l’homo islamicus, tenta di superare il problema della
scarsità delle risorse attraverso la rinuncia e il comportamento altruistico,
contrapposto al comportamento massimizzante dell’homo economicus.
Il Sacro Corano nomina gli esseri umani come custodi di Allah nel
mondo. All’interno di questo mandato, la proprietà privata è consentita
anche se ogni attività patrimoniale detenuta da chiunque è da
intendersi come un "prestito" da parte di Allah stesso. Ne deriva che la
gestione di ogni bene da parte dei musulmani debba seguire una
"guida “morale”, evitando i comportamenti vietati. Secondo Warde la
differenza tra Homo economicus e Homo islamicus risiede
nell’importanza che la società islamica attribuisce all’altruismo 36 , mentre
l’economista islamico Monzer Kahf pone l’accento sulla diversa
prospettiva che Islam e società occidentale hanno dell’utilitarismo37.
Secondo questa prospettiva lo studioso afferma che la prospettiva
islamica dell’utilitarismo è limitata e mono-dimensionale 38 in considera il
successo solo in termini economici.
35
www.treccani.it
36
“The most important difference between Homo islamicus and Homo economicus is the assumption of
altruism. As other pre-capitalist systems, Islam is preoccupied with the welfare of a community where
every individual behaves altruistically and according to religion norms”
Fonte: I. Warge, “Islamic Finance in the Global Economy”, Edinburgh, UK, Edinburgh University Press,
2000, cit p.44
37
L'utilitarismo (dal latino utilis, utile) è una dottrina filosofica di natura etica per la quale è
"bene" (o "giusto") ciò che aumenta la felicità degli esseri sensibili.
38
M. Khaf “The Islamic Economy: Analytical Study of the Functioning of the Islamic Economic System”,
Planfield, Indiana, The Muslim Students’ Association of the United States and Canada, 1978
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Secondo l’autore la prospettiva islamica di utilitarismo sarebbe
caratterizzata da almeno due elementi:
-
Il concetto di successo: il concetto del successo è strettamente legato
ai valori dell’Islam;
La variabile temporale del comportamento del consumatore: l’Islam
associa la fede in Allah direttamente con la fede dell’esistenza del
Giorno del Giudizio. Secondo questa prospettiva l’orizzonte temporale
del comportamento di un fedele musulmano si compone di due parti,
una immediata ed una che comprende l’Aldilà, akhirah. Ecco che il
concetto di utilità dovrebbe essere rivisto considerando gli effetti in
termini di benefici derivanti da entrambe le variabili nonostante alcuni di
essi possano essere goduti solo una volta conclusa la vita terrena.
Il Sacro Corano stesso esprime le considerazioni che il fedele musulmano
dovrebbe avere in riferimento al successo e all’interesse personale:
“Allah ha comprato dai credenti le loro persone e i loro beni dando in
cambio il Giardino, poiché combattono sul sentiero di Allah, uccidono e
sono uccisi. Promessa autentica per Lui vincolante, presente nella Torâh,
nel Vangelo e nel Corano. Chi, più di Allah, rispetta i patti? Rallegratevi
del baratto che avete fatto. Questo è il successo più grande.”39
39
Il Corano, 9;111 www.ilcorano.it
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