La terapia con onde d`urto: update 2013 nella

La terapia extracorprea con onde d’urto in
Cardiologia presso l’AOUI di Verona
INTRODUZIONE ................................................................................................. 2
SELEZIONE DEI PAZIENTI ..................................................................................... 3
PROTOCOLLO DI STUDIO ...................................................................................... 4
CARATTERISTICHE GENERALI DELLA POPOLAZIONE ........................................................ 6
RISULTATI .................................................................................................... 7
1. Valutazione clinica ................................................................................... 7
2. Valutazione strumentale ........................................................................... 8
COMMENTI ...................................................................................................... 8
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................ 13
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Introduzione La cardiopatia ischemica è la principale causa di morte e la principale
causa di ricoveri ospedalieri, con il numero di pazienti affetti crescenti in tutto
il mondo. L'attuale gestione della cardiopatia ischemica ha tre principali opzioni
terapeutiche: farmaci, intervento coronarico percutaneo (PCI), e la
rivascolarizzazione chirurgica mediante bypass coronarico (CABG).
Tuttavia, la prognosi per i pazienti con grave cardiopatia ischemica senza
indicazioni per PCI o CABG rimane ancora scarsa a causa della mancanza di
trattamenti efficaci. È quindi fondamentale sviluppare strategie terapeutiche
alternative per una grave cardiopatia ischemica.
La terapia extracorporea con onde d’urto (SW) è stata introdotta
clinicamente più di 20 anni fa per frammentare i calcoli renali, ed ha
notevolmente migliorato il trattamento di calcolosi urinaria. È stato scoperto
che SW a bassa energia (circa il 10 % della densità di energia utilizzata per
urolitiasi) aumenta efficacemente l'espressione del fattore di crescita vascolare
endoteliale (VEGF) in cellule endoteliali. Sulla base di queste evidenze
sperimentali è stato dimostrato che la terapia SW extracorporea cardiaca con
SW a basso consumo energetico regola l'espressione di VEGF, induce
neovascolarizzazione e migliora l'ischemia del miocardio in un modello suino di
ischemia miocardica cronica, senza effetti negativi in vivo.
Sulla base di risultati promettenti in studi su animali, sono stati
effettuati studi clinici in pazienti con grave malattia coronarica, senza
indicazione a PCI o CABG. In due studi (uno aperto ed uno randomizzato in
doppio cieco) la terapia SW extracorporea cardiaca ha migliorato i sintomi, la
capacità di esercizio e della perfusione miocardica in pazienti con grave
malattia coronarica. È importante sottolineare che non sono state osservate
complicazioni procedurali o effetti avversi.
La terapia SW è anche efficace nel migliorare il rimodellamento
ventricolare sinistro dopo infarto miocardico acuto (MI) e nel migliorare
l'angiogenesi in arti posteriori ischemia in modelli sperimentali animali. Sono
stati condotti anche studi clinici in pazienti con infarto miocardico acuto e con
vasculopatia periferica.
Dall’ottobre 2011 la Ditta STORZ Medical ha messo a disposizione
dell’AOUI di Verona un apparecchio per la terapia SW extracorporea per
indicazioni cardiologiche. Dopo uno stage informativo/didattico presso il Centro
Cardiovascolare dell’Ospedale Universitario di Berna – Svizzera sotto la
2
supervisione
del
Dr.
Jean-Paul
Schmid,
Responsabile
Prevenzione
Cardiovascolare e Riabilitazione, è iniziata l’attività clinica in sede a Verona.
Il gruppo di lavoro è coordinato dal Dott. Lorenzo Franceschini e nel
tempo si è avvalso della collaborazione della Dott. Frigo per la gestione clinica
ela diagnostica strumentale non invasiva.
In questi anni è stata costante il collegamento ed il supporto scientifico e
tecnico della Ditta STORZ Medical (Ing Saccucci, Ing. Marvin Marlighause, Ing.
Vinc)
La SW è stata oggetto di frequenti incontri scientifici nei quali sono stati
presentati i risultati dell’esperienza veronese e discusse nuove indicazioni
terapeutiche (es. Verona - 6 marzo 2013)
In questo report, viene riassunta l’attività clinica collegata al progetto di
terapia extracorporea con SW effettuata presso la Cardiologia dU dell’AOUI di
Verona dall’ottobre 2011 al giugno 2013.
Maggiori dettagli sono disponibili nel sito www.cuorediverona.it
(La terapia extracorprea con onde d’urto in Cardiologia)
Selezione dei pazienti Dall’ottobre 2011 e giugno 2013, sono stati arruolati e quindi sottoposti
al trattamento extracorporeo con onde d’urto 12 pazienti consecutivi afferenti
al nostro ambulatorio cardiologico con diagnosi di cardiopatia ischemica cronica
post-infartuale.
La terapia cardiaca con onde d’urto è stata indicata a pazienti affetti da
cardiopatia ischemica cronica, in presenza di angina refrattaria, ossia angina
cronica stabile in classe CCS III-IV, con evidenza di ischemia miocardica
reversibile in almeno un segmento miocardico nonostante terapia medica
ottimale da almeno 6 settimane, senza indicazione a rivascolarizzazione
miocardica né chirurgica né percutanea.
La documentazione d’ischemia miocardica reversibile è stata ottenuta
mediante l’esecuzione di test di imaging, quali scintigrafia miocardica da sforzo
e/o ecocardiografia da sforzo o con stress farmacologico, e test da sforzo al
cicloergometro. Sono stati ritenuti validi tali test anche se eseguiti entro i 6
mesi precedenti il momento della valutazione.
3
Sono stati considerati criteri di esclusione: un evento coronarico acuto
entro i tre mesi precedenti, angina instabile, documentazione di trombosi
intracavitarie,
endocardite/miocardite/pericardite
in
atto,
instabilità
emodinamica e valvulopatie severe. Sono stati esclusi anche i pazienti cardiotrapiantati, le donne in gravidanza, i pazienti con aspettativa di vita inferiore
ad un anno ed i pazienti arruolati in altri studi che prevedono l’assunzione di
farmaci sperimentali o l’applicazione di procedure sperimentali.
Protocollo di studio Tutti i pazienti arruolati sono stati sottoposti inizialmente a un’attenta
valutazione clinica, che comprende: anamnesi ed esame obiettivo con
rilevazione dei principali parametri emodinamici, valutazione della classe
funzionale mediante classificazione NYHA e CCS score, e determinazione per
ciascuno dell’uso di ISDN sl/settimana e del numero medio di episodi di
angina/settimana facendo riferimento alle ultime 4 settimane.
Ciascun paziente è stato inoltre sottoposto a esecuzione di ECG a 12
derivazioni e alla compilazione del questionario SAQ per la valutazione della
qualità di vita.
In tutti i pazienti è stata eseguito un esame ecocardiografico completo
per la valutazione dei principali indici di funzione sistolica e diastolica
ventricolare sinistra (frazione di eiezione -FE-, frazione di accorciamento -FS-,
pattern diastolico al doppler pulsato e al TDI), volumi, diametri e spessori,
presenza di segmenti ipo/acinetici, % di area ischemica e wall motion score
(WMS).
I pazienti sono quindi stati sottoposto al ciclo di terapia con SW mediante
dispositivo Modulith SLC, STORZ Medical, dotato di una sorgente di onde d’urto
posizionata su un braccio flessibile e di un trasduttore ad ultrasuoni montato
in-line alla sorgente, in modo tale da permettere una visualizzazione in tempo
reale della zona d’interesse e la precisa focalizzazione delle onde d’urto nel
segmento miocardico bersaglio. Al contempo un elettrocardiografo ha
permesso la rilevazione di tre derivazioni periferiche, una delle quali, a scelta,
è visualizzata in diretta su un monitor.
Le onde d’urto vengono rilasciate entro 1-2 millisecondi dal complesso
QRS, in modo tale da ricadere solo nel periodo refrattario assoluto del ciclo
cardiaco.
La regione d’interesse viene individuata mediante l’ecocardiografo e
suddivisa idealmente in tre aree, ciascuna delle quali viene trattata in
settimane diverse. Per 3 sedute la stessa area in una settimane.
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Il protocollo utilizzato prevede tre cicli di terapia ad intervalli di almeno
tre settimane l’uno dall’altro. Ciascun ciclo ha durata di una settimana ed è
composto da tre sedute a distanza di almeno 48 h l’una dall’altra, secondo lo
schema seguente:
In ogni settimana di trattamento viene trattata per tre sedute
consecutive un’area ischemica diversa, partendo da quelle più periferiche e
spostandosi nei cicli successivi verso la zona centrale della regione di interesse.
Ad ogni seduta sono stati trattati da 5 a 10 punti (spots) diversi all’interno
dell’area bersaglio, a seconda dell’estensione della regione di interesse, con
l’applicazione di 200 shocks/spot ad energia costante. Il livello di energia delle
onde d’urto (capacità di penetrazione fino a 150 mm) utilizzato per la terapia
cardiaca è compreso tra 0,08 e 0,2 mJ/mm² ed è stato impostato inizialmente
a seconda delle caratteristiche anatomiche del paziente e poi gradualmente
aumentato fino ad un massimo di 0,2 mJ/mm² nei pazienti che ben tolleravano
i livelli più alti di energia. Raggiunto il livello massimo tollerato, questo è stato
mantenuto per tutta la durata della terapia. Durante la procedura il paziente è
a riposo in posizione supina; vengono monitorati ECG, saturazione periferica di
O₂, pressione arteriosa prima, durante e dopo la seduta ed eventuali sintomi.
Il follow-up previsto ha una durata complessiva di 6 mesi e prevede la
valutazione del paziente a 30, 90 e 180 giorni dalla conclusione del ciclo di
terapia. Durante il controllo a 30 giorni sono ripetuti per ciascun paziente il
medesimo test di ischemia eseguito al momento dell’arruolamento e la
valutazione clinica con determinazione a seguito del ciclo completo di terapia di
classe funzionale NYHA, CCS score, uso di ISDN sl/settimana, episodi di
5
angina/settimana e la compilazione del questionario SAQ. E’ stato ripetuto
inoltre l’esame ecocardiografico completo con la valutazione degli stessi
parametri rilevati all’arruolamento. Nel corso delle visite a 90 e 180 giorni la
valutazione prevista è stata eminentemente clinica e volta principalmente alla
determinazione della qualità di vita.
Caratteristiche generali della popolazione Le caratteristiche generali della popolazione in esame sono riassunte
nella Tabella I.
I pazienti arruolati, 11 di sesso maschile ed uno femminile, con un’età
compresa tra 48 e 86 anni (71,2 ± 9.9 anni) sono tutti affetti da cardiopatia
ischemica post-infartuale di lunga durata (11,8 ± 8.7 anni), con
documentazione di malattia coronarica critica coinvolgente 2 o più vasi
coronarici
Sette pazienti erano stati sottoposti precedentemente ad intervento di
rivascolarizzazione miocardica chirurgica (CABG) e cinque di questi pazienti
sono andati incontro successivamente ad un secondo evento coronarico che ha
li ha portati ad una nuova procedura di rivascolarizzazione mediante
angioplastica percutanea (PTCA).
I fattori di rischio riscontrati comprendono ipertensione arteriosa (n=11),
dislipidemia (n=11), diabete mellito di tipo II (n=5), insufficienza renale
cronica di grado lieve (n=3). Un terzo dei pazienti era ex fumatore (n=4)
mentre i restanti non riferivano storia di tabagismo.
Tutti i pazienti tranne uno assumevano un antiaggregante piastrinico,
rappresentato da Acido Acetilsalicilico o da Ticlopidina. Tutti erano in terapia
beta-bloccante.
Nove pazienti erano in terapia con Nitroderivato a lunga durata d’azione in
associazione a B-bloccante e ACE-i o Sartano; nei pazienti con intolleranza ai
nitroderivati, era utilizzata Ivabradina o Ranolazina, al dosaggio massimo
tollerato.
Tutti i pazienti assumono un farmaco ipolipemizzante e un solo paziente
assume Trimetazidina, in aggiunta a B-bloccante, ACE-i, Nitroderivato e
Ivabradina.
Al momento dell’arruolamento 6 pazienti erano in classe funzionale NYHA III;
sei pazienti risultavano in classe 3 della CCS e 4 in classe CCS IV.
6
Dalla valutazione dell’utilizzo settimanale di ISDN s.l. è emerso che 6 pazienti
non assumevano mai nitroderivati in occasione degli episodi di angina, pur
avvertendo angina almeno 2 volte la settimana; un paziente assumeva
nitroderivati in media meno di una volta a settimana, a fronte di 3 episodi di
angor/settimana; tre pazienti assumevano nitroderivati almeno una volta al
giorno in occasione di episodi di angina più frequenti di una volta al giorno
(rispettivamente 1-3 episodi angor/die e 4 o più episodi angor/die).
Per quanto concerne
www.cuorediverona.it
i
dati
ecocardiografici,
si
rimanda
al
sito
RISULTATI 1. Valutazione clinica La valutazione clinica eseguita per ciascun paziente a 30 gg dal termine
di un ciclo completo di terapia con onde d’urto ha registrato in generale un
trend in miglioramento per tutti i parametri considerati (Tabella II).
In termini di classe funzionale NYHA, si sono registrate variazioni
significative in 4 su 11 pazienti, con un miglioramento di una classe funzionale.
Gli altri tre pazienti sono rimasti nella classe funzionale di partenza.
Nove pazienti su 10 con episodi anginosi hanno dimostrato nel follow up a 30
gg un importante miglioramento clinico, rappresentato dal passaggio dalla
classe CCS di partenza ad almeno una classe inferiore. Per ter di questi
pazienti in particolare si è verificato in passaggio dalla classe di partenza a due
classi inferiori. Un solo paziente non ha sperimentato alcun beneficio in termini
di variazione di classe CCS.
Per nove dei 10 pazienti con episodi anginosi, a 30 gg dal termine del
trattamento si è verificata una notevole riduzione del numero di episodi di
angina/settimana. Un solo paziente non ha rilevato benefici nella
sintomatologia anginosa in seguito al trattamento con SW.
Dalla compilazione del questionario SAQ per la valutazione della qualità
di vita, è emerso per ciascun paziente un significativo miglioramento in termini
di limitazione fisica, stabilità dell’angina e frequenza degli episodi di angina,
accompagnato anche da una maggiore soddisfazione per il trattamento ed una
migliore percezione della patologia, come rappresentato nel grafico seguente,
in cui i risultati sono espressi come valori mediati dei risultati ottenuti per
ciascun paziente in ciascuna area esplorata nel questionario prima e 30 gg
dopo il trattamento (vedi sito www.cuorediverona.it ).
7
2. Valutazione strumentale I risultati dei test ecocardiografici, ergometrici e di perfusione miocardica
sono reperibili sul sito www.cuorediverona.it
Commenti Nonostante gli enormi passi avanti nel campo della terapia medica
convenzionale e nelle tecniche di rivascolarizzazione miocardica, l’angina
refrattaria continua ad essere un problema di difficile risoluzione.
Proprio in questo orizzonte si colloca la terapia extracorporea con onde
d’urto, che negli ultimi anni è stata proposta come nuova opzione terapeutica
per il trattamento dell’angina refrattaria, e la cui efficacia sia clinica che
strumentale è stata provata in diversi studi clinici sperimentali.
Nishida et al furono i primi a pubblicare nel 2004 uno studio
sull’applicazione SW (Nishida, Shimokawa et al. 2004) in un modello porcino di
ischemia miocardica cronica, ottenuto posizionando un ameroide costrittore nel
segmento prossimale della coronaria circonflessa, in modo tale da ottenere
gradualmente in circa 4 settimane l’occlusione totale dell’arteria, senza causare
infarto. Quattro settimane dopo l’impianto dell’ameroide, gli animali nel gruppo
di trattamento furono sottoposti ad anestesia e a terapia con onde d’urto a
bassa energia (0.09 mJ/mm²) applicate a 9 spots dell’area di miocardio
ischemico (200 shot/spot), mentre gli animali nel gruppo di controllo
ricevettero lo stesso tipo di anestesia ma non la terapia con SW. Le onde d’urto
furono applicate tre volte a settimana per 4 settimane, sotto guida
ecocardiografica ed elettrocardiografica. In entrambi i gruppi fu valutata la
vascolarizzazione miocardica tramite angiografia coronarica e la funzione
cardiaca prima (baseline), a 4 e a 8 settimane dall’impianto dell’ameroide
costrittore. Quattro settimane dopo l’impianto dell’ameroide, in entrambi i
gruppi una coronarografia dimostrò l’occlusione totale della coronaria
circonflessa che veniva perfusa da vasi collaterali, e una ventricolografia
documentò una marcata riduzione della contrattilità della parete
posterolaterale del ventricolo sinistro (irrorata dalla coronaria in questione).
Tuttavia, 4 settimane dopo la terapia con SW fu dimostrato un netto
miglioramento della contrattilità ventricolare e un marcato sviluppo di vasi
collaterali solo nel gruppo sottoposto a terapia, nel quale si assistette anche ad
una normalizzazione della frazione di eiezione. In aggiunta l’applicazione di SW
fu in grado non solo di migliorare la funzione miocardica globale e regionale
ma anche la perfusione miocardica all’interno dell’area ischemica
e di
aumentare l’espressione di VEGF nel miocardio ischemico. Non furono
documentati durante e dopo la terapia né complicanze né eventi avversi, come
danno miocardico, emorragie o aritmie.
8
Questi risultati dimostrarono per la prima volta la potenziale utilità
dell’applicazione di onde d’urto a bassa energia nell’ischemia miocardica
cronica, suggerendo che tale terapia fosse in grado di attivare il sistema
angiogenetico in vivo.
Sulla base di tali promettenti risultati in modelli animali, fu progettato il
primo studio clinico, che fu messo in opera da Fukumoto (Fukumoto, Ito et al.
2006). Si trattava di un piccolo studio non-controllato-verso-placebo su 9
pazienti affetti da angina refrattaria senza indicazione per PCI né per CABG, il
cui protocollo prevedeva per ciascun paziente l’applicazione di onde d’urto
sull’area ischemica (200 shots/spot a 0,09 mJ/mm² su 20-40 spots)
individuata mediante scintigrafia con stress farmacologico (dipiridamolo), tre
volte a settimana per ogni serie, per un totale di tre serie. Alla fine del
trattamento si ottenne un significativo miglioramento della sintomatologia e
una altrettanto significativa riduzione dell’uso di ISDN/week. In concomitanza
a questo miglioramento clinico, si rilevò alla scintigrafia miocardica di controllo
anche un miglioramento della perfusione miocardica solo a livello dell’area
trattata con SW. Tali effetti benefici comparivano a 3 mesi dalla terapia e
permanevano fino a 12 mesi, scadenza prevista per il follow up.
Risultati del tutto sovrapponibili sono riportati in un trial analogo,
disegnato da Khattab (Khattab, Brodersen et al. 2007) su 10 pazienti con
angina refrattaria in classe CCS III o IV e terapia medica ottimale.
Più recentemente, il gruppo giapponese di Kikuchi (Kikuchi, Ito et al.
2010) ha messo a punto il primo studio clinico randomizzato e controllato
versus placebo per confermare l’utilità e la sicurezza della terapia con onde
d’urto e testarne un eventuale effetto-placebo. Otto pazienti consecutivi (M/F:
5/3; età media 70 ± 3 anni) già sottoposti ad interventi di rivascolarizzazione
miocardica,
ma
senza
indicazione
attuale
ad
ulteriori
procedure
interventistiche, furono randomizzati in doppio cieco a placebo o terapia con
SW. Quelli randomizzati a terapia con O.U venivano sottoposti all’applicazione
di un ciclo di terapia (tre sessioni in una settimana, ciscuna di 200 shots/spot
a 0,09 mJ/mm² su 40-80 spots), quelli randomizzati a placebo venivano
sottoposti alla stessa procedura, ma senza l’applicazione di SW Tre mesi dopo
la procedura per ciascun paziente fu rivalutato CCS score, consumo di
ISDN/week, 6–min-walking test, picco di VO2 e la funzione cardiaca. Nel
gruppo di trattamento con onde d’urto si registrò un significativo
miglioramento in tutti i parametri valutati, compresa la frazione di eiezione e lo
stroke volume, sempre in assenza di complicanze ed effetti collaterali
registrati.
Nello stesso periodo si colloca anche lo studio di Wang (Wang, Guo et al.
2010) et al, che riguardava l’applicazione di SW a pazienti sintomatici affetti da
9
CAD end-stage. Tutti i pazienti furono sottoposti prima e 1 mese dopo la
procedura a valutazione clinica (NYHA class, CCS score, ISDN/week, SAQ) e
strumentale mediante ecocardiografia con stress farmacologico (dobutamina) e
SPECT miocardica, test da sforzo cardiopolmonare e prelievi ematici (CK-mb,
Tn I, AST, ALT) per valutare un eventuale danno miocardico associato alla
procedura. A 1 mese dal termine della procedura fu riportata anche questa
volta una riduzione significativa del CCS score e dell’assunzione di ISDN/week
e un miglioramento significativo del flusso sanguigno miocardico rilevato con la
SPECT e della funzione sistolica nelle aree trattate all’Eco-stress. I valori sierici
degli enzimi di miocardiocitolisi e di funzionalità epatica non dimostrarono
alcun incremento, escludendo cosi un possibile danno d’organo indotto dalla
terapia.
A tali studi clinici se ne aggiungono altri simili, sempre condotti su
popolazioni tendenzialmente piccole, in cui è stata ripetutamente confermata
l’efficacia e la sicurezza della terapia con SW nell’angina cronica refrattaria. I
risultati disponibili fino ad ora dimostrano un elevato tasso di responders, con
un miglioramento sensibile della classe CCS e una riduzione importante
dell’utilizzo di nitroderivati. Anche gli effetti di tale terapia sulla perfusione
miocardica sono stati più volte dimostrati sottoforma di un miglioramento della
perfusione alla SPECT nelle aree trattate. Al contempo non sono stati registrati
effetti collaterali né eventi avversi legati all’applicazione delle onde d’urto.
E’ ragionevole supporre che il meccanismo attraverso cui l’applicazione di
onde d’urto al miocardio ischemico porta a una riduzione dell’ischemia sia dal
punto di vista clinico che strumentale sia duplice: vasodilatazione e
neoangiogenesi locali, a livello dell’area bersaglio. La prima si estrinseca in
breve tempo dopo l’applicazione delle SW, la seconda richiede più tempo, per
l’innescarsi di tutti quei complessi fenomeni che regolano la nascita e la
formazione di nuovi vasi sanguigni (Wang, Guo et al. 2010, Wang, Guo et al.
2010, Tao, Guo et al. 2011, Peng, Guo et al. 2012, Wang, Guo et al. 2012, Lei,
Tao et al. 2013, Yang, Guo et al. 2013).
I meccanismi precisi con cui le onde d’urto sono in grado di indurre
vasodilatazione e neo-angiogenesi non sono ancora del tutto chiari, ma pare
che, più che a un effetto diretto dell’onda, siano soprattutto mediati da alcuni
fenomeni fisici conseguenti al passaggio dell’onda nel tessuto colpito.
Dagli studi clinici fino ad ora condotti si è stabilito che gli effetti
desiderati a livello cardiaco si raggiungono per livelli energetici compresi tra
0,08 e 0,2 mJ/mm², circa 1/10 dell’energia utilizzata per la frantumazione dei
calcoli renali, e che la maggiore efficacia si ottiene trattando da 5 a 10 spots a
cui vengono applicati 200 shots/spot.
10
Tornando ai meccanismi bio-molecolari che rendono conto degli effetti
dell’applicazione di SW ai tessuti, per quanto riguarda in particolare il
fenomeno della vasodilatazione locale, il punto di innesco è verosimilmente
rappresentato dalla molecola di NO.
E’ stato dimostrato sperimentalmente che l’applicazione di onde d’urto ai
tessuti è in grado di determinare la produzione di NO con un meccanismo nonenzimatico, ma anche di amplificare l’attività di e-NOS tissutale e quindi la
produzione di NO attraverso la canonica via enzimatica. Tale molecola sarebbe
in grado di agire come forte stimolo vasodilatatore a livello del circolo
coronarico nell’area trattata, in modo da produrre rapidamente un aumento del
flusso sanguigno in situ, riducendo così l’ischemia. Ciò si tradurrebbe nella
pratica clinica in un aumento della soglia ischemica e quindi una riduzione degli
episodi di angina che starebbero alla base di quel miglioramento della qualità
di vita osservato nei nostri pazienti già precocemente, proprio in virtù di tale
effetto vasodilatatore NO-mediato.
La stessa vasodilatazione locale giocherebbe un ruolo fondamentale
anche nel miglioramento della perfusione a livello delle aree ischemiche
trattate, a cui si somma il ben più marcato effetto neo-angiogenetico indotto
dalle SW.
Per quanto riguarda dunque tale effetto neo-angiogenetico, è stato
ampiamente dimostrato che l’applicazione di SW a bassa energia è in grado di
esercitare distinti effetti a livello vascolare. La neoangiogenesi indotta da onde
d’urto fu dimostrata inizialmente in un modello animale. Poco dopo si è
dimostrato che l’applicazione di SW a colture di cellule endoteliali umane
induce la produzione e l’espressione di mRNA di VEGF e del suo recettore Flt-1
in modo dose-dipendente, con un massimo registrato per livelli di energia pari
a 0,09 mJ/mm², appunto quelli utilizzati nella terapia cardiaca.
Oltre a ciò l’applicazione di SW è in grado anche di stimolare la
differenziazione di precursori midollari mononucleati in cellule endoteliali, come
provato nel trial di Yip (Yip, Chang et al. 2008). Nella stessa direzione vanno
anche i risultati dello studio di Di Meglio (Di Meglio, Nurzynska et al. 2012) et
al, che hanno documentato un effetto favorevole delle SW sulla
differenziazione e proliferazione di cardiomiociti, cellule muscolari lisce e
precursori di cellule endoteliali su cellule cardiache adulte.
Quest’azione
pro-angiogenetica
si
estrinseca
anche
attraverso
un’interazione propriamente meccanica delle SW con le cellule e le strutture
vicine al sito di attivazione tramite il già citato meccanismo della cavitazione,
in grado da un lato di esercitare uno stress che mima lo ‘shear stress’
fisiologico, forte stimolo neo-angiogenetico, e dall’altro di determinare la
11
rottura di capillari, che a sua volta può dare avvio a processi di arteriogenesi e
rimodellamento micro-vascolare. Gli effetti clinici a lungo termine osservati in
seguito all’applicazione di onde d’urto al miocardio ischemico sono correlati a
una combinazione di differenti vie che portano ad un risultato comune,
rappresentato dalla neo-angiogenesi.
Non va dimenticato che il processo di angiogenesi nelle aree di miocardio
cronicamente ischemico a partire dalle zone più periferiche va a contrastare
l’inadeguato apporto di nutrienti e ossigeno alle zone di miocardio ischemiche
ma vitali, in modo tale da favorirne la sopravvivenza dei cardiomiociti e
prevenire i processi di apoptosi e deposizione di collagene che conducono al
rimodellamento ventricolare post-ischemico (Vasyuk, Hadzegova et al. 2010).
Il processo di differenziazione e proliferazione di cardiomiociti, cellule
muscolari lisce e precursori di cellule endoteliali favorito dalle onde d’urto a
livello miocardico potrebbe contrastare la formazione e l’ispessimento delle
aree cicatriziali che promuovono i processi di dilatazione
e remodeling
ventricolare.
In accordo con i dati presenti in letteratura, anche i risultati
dell’esperienza dell’AOUI di Verona dimostrano l’efficacia e la sicurezza della
terapia extracorporea con onde d’urto nell’angina refrattaria.
Dai risultati ottenuti emerge che tale terapia è in grado di migliorare la
qualità di vita dei pazienti con angina refrattaria, riducendo in modo cospicuo
la frequenza e la soglia di comparsa degli episodi di angina.
Per la maggior parte dei pazienti trattati è stato possibile documentare,
accanto a tale miglioramento clinico, anche un miglioramento della
performance cardiaca, rappresentato da un parziale recupero della funzione
sistolica globale e soprattutto regionale del Vsx come risultato dall’analisi dei
dati ecocardiografici, da una riduzione nelle aree trattate del deficit di riserva
coronarica sotto sforzo, come risultato dall’ Eco da sforzo eseguito da un
paziente, e da un miglioramento della tolleranza allo sforzo.
Nella nostra esperienza non è stata identificata nessuna correlazione tra
la risposta clinico-strumentale alla terapia con SW e l’età dei pazienti, la durata
della malattia, i fattori di rischio e la presenza di insufficienza renale cronica,
né è emersa alcuna relazione tra la risposta alla terapia e il grado complessivo
di compromissione ventricolare.
In generale si sono ottenuti risultati migliori nei pazienti in cui l’area
bersaglio era di dimensioni limitate, ben identificabile e a contatto con territori
‘sani’, probabilmente perché in primo luogo in territori con queste
caratteristiche è stato possibile concentrare meglio le SW e applicarle con
12
maggior precisione. Si potrebbe poi ipotizzare una sorta di effetto benefico da
parte delle aree di miocardio ‘sano’ verso le aree bersaglio ischemiche ma
vitali, come se il processo di neoangiogesesi indotto dalle onde d’urto a partire
dalle zone di confine avesse inizio proprio dalle aree sane e di lì si espandesse
verso quelle sofferenti. A sostegno di questa ipotesi ricordiamo che per il
paziente in cui si sono avuti più scarsi risultati sia clinici sia strumentali, l’area
target era estesa a tutti i segmenti antero-settali e apicali del Vsx e a contatto
con aree limitrofe del tutto acinetiche.
La terapia extracorporea con onde d’urto potrebbe giocare un ruolo
importante nel trattamento dei pazienti affetti da angina cronica refrattaria già
in terapia medica ‘on top’, come nuova strategia terapeutica in virtù dei
dimostrati effetti positivi sul miglioramento dei sintomi e della qualità di vita.
Oltre che facilmente accessibile e riproducibile, gode dell’indiscutibile
vantaggio di essere una tecnica non invasiva e priva di significativi eventi
avversi e complicanze, caratteristiche che la rendono una possibilità
terapeutica molto attraente per i pazienti con CAD end-stage e senza altre
possibili opzioni.
Tuttavia l’esperienza con l’uso di questa tecnica è ancora limitata,
soprattutto se confrontata con altre strategie terapeutiche; è stata
sperimentata in pochi pazienti in tutto il mondo e la prognosi a lungo termine
rimane ancora sconosciuta.
C’è dunque necessità di dati derivanti da studi multicentrici, randomizzati
e controllati verso placebo con follow-up a lungo termine prima che il suo
utilizzo si diffonda come vera e propria opzione terapeutica per l’angina cronica
refrattaria.
Bibliografia 1.
Di Meglio, F., et al. (2012). "Cardiac shock wave therapy: assessment of
safety and new insights into mechanisms of tissue regeneration." J Cell
Mol Med 16(4): 936-942.
2.
Fukumoto, Y., et al. (2006). "Extracorporeal cardiac shock wave therapy
ameliorates myocardial ischemia in patients with severe coronary artery
disease." Coron Artery Dis 17(1): 63-70.
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