UNO SGUARDO DAL PONTE di Arthur Miller Traduzione e

UNO SGUARDO DAL PONTE
di Arthur Miller
Traduzione e riduzione di Raf Vallone
Reggio Emilia
TEATRO
MUNICIPALE
5 ottobre 1967
Compagnia Raf Vallone, Alida Valli
Eddie Carbone
Beatrice
Caterina
Marco
Rodolfo
Alfieri
Raf Vallone
Alida Valli
Delia Boccardo
Massimo Foschi
Lino Capolicchio
Lucio Rame
Scene e costumi Enrico Job
Regia Raf Vallone
Bozzetto di scena:
particolare
“Raf Vallone, che era stato il protagonista della messa in scena di Luchino Visconti, ripropone Uno sguardo dal ponte con una sua regia asciutta e lineare e dà al
dramma della famiglia Carbone una dimensione neo-naturalistica, cui corrisponde con un funzionale rilievo la scena di Enrico Job, con una scenografia ridotta
all’essenziale dove appaiono modellini di gru sullo sfondo, una passerella al centro,
scale di ferro e muri ai lati. In primo piano gli spezzati della casa della famiglia
Carbone” (Carlo Maria Pensa, Uno sguardo dal ponte, Il Dramma, ottobre 1967).
“Uno sguardo dal ponte ha perso anche la sua nobile apparenza di melodramma con
pretesa di tragedia greca, ed è stato retrocesso a una semplice antologia di falsi
problemi. L’operazione di Vallone è tuttavia culturalmente importante perché la
nuova messinscena scompone il testo e riesce a sciorinarcene a uno a uno i pezzi
d’accatto: quadretti sparsi da teatro intimista, una serie di tic freudiani da manuale, dei dati sociologici ‘made in Usa’ sulla situazione italiana e sui nostri emigranti, e tanti buoni sentimenti che si incontrano al momento sbagliato come in un
fumettone” (Franco Quadri, La politica del regista, Il Formichiere, Milano).
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“Raf Vallone, who has already interpreted the main character in Luchino Visconti’s
version, is giving us another offering of A View from the Bridge, characterized by his
clean, linear direction, giving the Carbone family’s drama a neo-naturalistic dimension,
to which Enrico Job’s set corresponds with a functional outline, reduced to essentials, with
models of cranes in the background, a footbridge in the centre and fire-escapes and walls
at the sides. In the foreground there are sections of the Carbone family’s home” (Carlo
Maria Pensa, Uno sguardo dal ponte, Dramma, October 1967).
“A View from the Bridge has been pared even of its noble appearance of a melodrama
akin to a Greek tragedy, and has been reduced to a simple anthology of false problems.
Vallone’s operation is however culturally valid, insofar as the new production breaks up
the text and succeeds in displaying the sources of its ideas one by one: scattered scenes
of “intimist” theatre, a series of handbook Freudian tics, all-American sociological data
on the situation of Italy and its emigrants, and the hackneyed technique of so many good
intentions coinciding at the wrong moment” (Franco Quadri, La politica del regista,
Il Formichiere, Milan).