L’ARMIR COMPROMISE LA GUERRA IN AFRICA CARLO DE RISIO 70 INFORMAZIONI DELLA DIFESA 4/2010 el giugno 1942, mentre in africa Settentrionale infuriava la battaglia, i rifornimenti furono i più bassi dall’inizio della guerra: 32.327 tonnellate, assolutamente insufficienti per alimentare lo sforzo offensivo dell’armata corazzata italo-tedesca. Le perdite di navi da trasporto non erano state peraltro molto gravi: quattro unità, nulla cioè di paragonabile alla ‘mattanza’ del novembredicembre 1941, con ventuno mercantili affondati. La rarefazione dei trasporti fu tanto più avvertita in quanto le operazioni nel deserto si erano trasformate in lotta di usura, al punto che molte unità avevano perduto i lineamenti organici. Accadde così che – dopo la capitolazione della fortezza di Tobruk con 33mila soldati inglesi e del Commonwealth (21 giugno 1942) – la spinta degli italo-tedeschi si arrestò, per esaurimento, a El Alamein e il ‘miraggio delle Piramidi’ svanì. Nel volume dell’Ufficio Strorico della Marina Militare sulla difesa del traffico in Africa Settentrionale (1° Ottobre 1941 – 30 Settembre 1942), è possibile trovare la risposta al perché i rifornimenti scarseggiarono, mentre le forze dell’Asse – sia pure provate e con il fiato corto – avanzavano in territorio egiziano. “Occorre tener presente – vi si legge – che la carenza di rifornimenti spesso lamentata non era soltanto frutto dell’offesa nemica ma derivava molto spesso dal fatto che dall’Italia poco partiva”. La verità è che, in quella estate del 1942, le esigenze del fronte nordafricano furono sacrificate in favore di quelle sul fronte russo. I tedeschi erano in difficoltà e i loro alleati dovevano dare un contributo. Artiglierie moderne, controcarri, mezzi motorizzati, munizioni, materiali furono assegnati all’ARMIR (Armata Italiana in Russia). Invano il generale Giovanni Messe – comandante del CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) nella precedente campagna – aveva scongiurato di non incrementare il nostro impegno sul fronte orientale. Né Mussolini, né Cavallero, Capo di Stato Maggiore Generale, N Tutti gli armamenti moderni finirono sul fronte orientale” STORIA 71 In apertura: III Compagnia chimica ARMIR - Campagna di Russia Sopra: Prigionieri italiani dell'ARMIR - fotoreporter sovietico sconosciuto recepirono questo suggerimento. L’Italia aveva in Africa Settentrionale un fronte di vitale importanza e tutte le risorse disponibili avrebbero dovuto esservi impegnate. Non fu così. L’ARMIR (227mila uomini) assorbì il meglio che esisteva nel campo delle artiglierie e molta parte delle disponibilità di automezzi. Ove si rifletta che le divisioni del Decimo e Ventunesimo Corpo di Armata in Libia (“Brescia”, “Oavia”, “Trento”, “Sabratha”, “Bologna”) si muovevano a piedio, nel migliore dei casi, su mezzi dell’Intendenza, si ha una idea della dispersione delle forze a scapito del fronte africano. I pezzi di vario calibro inviati in Russia furono 960; 16.700 gli automezzi, che si aggiungevano ai 5.500 assegnati al CSIR; 4.470 i motomezzi; 1.130 i trattori di artiglieria. Scomponendo il dato relativo alle artiglierie, si fanno scoperte sorprendente. Finirono sul fronte del Don: il solo gruppo esistente da 210/22 (15 pezzi); tre gruppi (36 pezzi) da 149/40 – in Africa Settentrionale vi era un solo gruppo, insieme con pochi 152/37 di preda bellica 1915-18; 24 dei 38 pezzi Krupp da 149/28 ceduti dalla Germania; 52 pezzi contraerei da 75/46; tre gruppi (36 pezzi) da 75/32 controcarro in forza al 201° Reggimento artiglieria; 72 INFORMAZIONI DELLA DIFESA 4/2010 72 pezzi da 75/18; 380 cannoni controcarro da 47/32; 220 mitragliere da 20 millimetri. Destinati in Russia anche 76 pezzi da 105/32, con gittata di 16.200 metri, anziché di 13.650 dei 105/28 presenti in Libia, insieme con i 100/17 di preda bellica 1915-18. Scrive Lucio Ceva (“La condotta italiana nella guerra – Cavallero e il Comando Supremo 1941-1942”, Feltrinelli, 1975): “I combattenti d’Africa non videro mai un 75/32 e non conobbero il 75/18 nella sua normale versione autotrainata mentre ne ebbero pochissimo nella versione corazzata cioè il “semovente”. Trentasei moderni anticarro italiani avrebbero rappresentato un grosso apporto se si pensa che lo schieramento anticarro dell’Asse, rappresentato essenzialmente dall’88 tedesco, consistette sempre di poche dozzine di cannoni. (…) Né il 75/32 italiano, munito di proiettile perforante, era molto inferiore all’88 tedesco in quanto la differenza di calibro era compensata dal minore volume e quindi dalla minore vulnerabilità”. Inesplicabile quanto, contemporaneamente a questi paradossi, accadeva per rifornire le divisioni dell’Afrika Korps. Ne parla Rimmel nel libro “Guerra senza odio” (Garzanti, 1960), basato sugli appunti e le annotazioni del Mezzi corazzati tedeschi in ritirata affiancano una colonna di soldati appiedati Feldmaresciallo: “In Italia si trovavano, in parte da un anno, circa 2.000 automezzi e quasi 100 cannoni di ogni tipo destinati alle unità tedesche e pronti per il trasporto. Ma questo materiale veniva mandato in Africa con straordinaria lentezza. Altri 1.000 automezzi e 120 carri armati, con la medesima destinazione, erano in Germania, pronti ad essere spediti dietro richiesta”. Le disfunzioni nella organizzazione dei trasporti – che penalizzavano anche l’Afrika Korps – non possono sviare il discorso sulle responsabilità politico-militare che portarono a “premiare” l’impegno in Russia nella cruciale congiuntura dell’estate 1942, quando un successo strategico decisivo sembrava a portata di mano in Africa Settentrionale. Esaustivo, sull’argomento, il commento di Giuseppe Bucciante al Diario di Cavallero, edito da Cappelli nel 1948, ristampato da Ciarrapico Editore nel 1984: “Cavallero – rilevano i suoi critici – è in ritardo di sei mesi, quelli che ha speso deviando artiglierie, autocarri, munizioni, anticarri in Russia. La quale, prima di inghiottire centomila uomini dell’armata, ha arrestato l’avanzata italo-tedesca in Africa, impedendole di raggiungere il Canale, ha distrutto sei divisioni italiane prive di automezzi e abbandonate nella ritirata, dopo lo sfondamento del fronte di El Alamein. L’armata italiana in Russia servì agli inglesi più di quanto non abbiano concorso alla difesa di El Alamein le truppe provenienti dall’India, dalla Siria, dall’Irak in sostegno dell’8^ Armata”. STORIA 73