Elettronica dei dispositivi a stato solido

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Modello a “tight binding”: Considerazioni generali
AM.10
N
Nella sommatoria φ (r ) = ∑ bnψ n (r ) , nei casi di interesse pratico N≠1 (3 per i livelli p, 5
per i livelli d, etc)
n =1
fcc
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Modello a “tight binding”: Considerazioni generali
AM.10
Esiste una stretta relazione fra la larghezza di banda e gli integrali di trasferimento o
overlap
γ ij ( R ) = − ∫ψ i* (r ) ∆V (r )ψ j (r − R )dr
Infatti, per piccoli γ si hanno piccole larghezze di banda. In generale, livelli atomici molto
legati hanno funzioni d’onda poco estese che danno luogo a una scarsa sovrapposizione e a
bande strette ⇒ l’approssimazione a legame forte (dell’elettrone con lo ione) funziona bene
per questi livelli, male per i livelli piu’ alti in energia fra quelli pieni e per gli stati eccitati.
Nonostante il modello a legame forte sia costruito a partire da orbitali atomici localizzati,
l’elettrone di Bloch da essi costruito e’ delocalizzato, nel senso che puo’ essere trovato
con uguale probabilita’ su qualsiasi atomo:
infatti la φ(r) cambia solo di eik·R,
fattore di fase di modulo 1,
R
nell’andare da una prima cella a
una seconda cella distante R dalla
prima ⇔ teorema di Bloch
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Modello a “tight binding”: Considerazioni generali
AM.10
Un elettrone di Bloch, e’ definito dal vettore d’onda k, dalla sua energia ε(k), e dalla
velocita’ 1 ∂ε (k )
v (k ) =
 ∂k
Pertanto, per livelli di atomi perfettamente isolati ε(k) e’ indipendente da k e v = 0
⇒ l’elettrone e’ perfettamente localizzato.
Non appena c’e’ una piccola interazione fra gli atomi, un piccolo overlap, si ha una dipendenza
dell’energia da k cui corrisponde una v(k) che cresce all’aumentare della sovrapposizione. Puo’
anche essere visto come un tunneling da un atomo all’altro, effetto tipicamente quantistico.
Nel caso in cui al reticolo cristallino si sovrapponga una base con piu’ atomi disposti a
distanza dj dall’origine, ove si trova l’atomo sotto considerazione (caso tipico dei metalli
esagonali compatti), si puo’:
1) Trattare la base come una molecola e usare orbitali molecolari sul sito invece di
funzioni atomiche. Allora, p.e., un livello atomico 1s su ciascun atomo della base dara’
luogo a due orbitali molecolari Σ e a due bande. Se l’interazione e’ debole fra atomi della
base e fra atomi in celle diverse, i due livelli Σ sono quasi degeneri e la approssimazione a
legame forte e’ buona.
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Modello a “tight binding”: Considerazioni generali
AM.10
2) In alternativa, si possono usare funzioni atomiche ed estendere la sommatoria alla base
ψ ( r ) = ∑ e ik ⋅ R ∑ [ a j φ j ( r − R − d j ) ]
R
j
approccio simile al primo ma che da’, sin dall’inizio, orbitali molecolari che dipendono da k.
Abbiamo sinora sempre fatto l’ipotesi che gli elettroni possano essere trattati come
indipendenti l’uno dall’altro, senza tenere conto della loro interazione reciproca se non
attraverso il potenziale periodico efficace (di campo medio e pseudo-potenziale di scambio)
dovuto al cristallo.
Questa approssimazione fallisce nel caso, p.e., di bande parzialmente riempite che derivano da
orbitali localizzati con piccoli integrali di sovrapposizione, come nel caso di metalli con shell d
o f incomplete.
Se dimentichiamo questi casi, si puo’ vedere come l’approssimazione del legame forte mostra
che, se partiamo da un metallo e cominciamo ad aumentare il parametro reticolare, la
sovrapposizione diminuisce, diminuisce la larghezza di banda, la velocita’ degli elettroni
diminuisce e quindi la conducibilita’ del metallo va con continuita’ a zero.
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Modello a “tight binding”: Considerazioni generali
AM.10
In effetti, se si tiene conto della interazione fra gli
elettroni, in particolare del loro effetto di reciproco
schermo, si puo’ mostrare che la conducibilita’
va bruscamente a zero per una separazione fra gli ioni
dell’ordine del raggio di Bohr dell’elettrone di valenza:
transizione metallo-isolante, o di Mott
osservata in Ti2O3, VO, V2O3, VO2 (o in semiconduttori
drogati) al variare della temperatura e quindi del parametro
reticolare (o della concentrazione di impurezze).
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Modello a “tight binding”: Considerazioni generali
Si osservi come nel modello LCAO si parta da orbitali atomici localizzati e, sotto opportune
ipotesi, si limiti la espansione della funzione d’onda a poche (una sola) autofunzione
atomica - localizzata pero’ su tutti gli atomi - per effettuare poi i calcoli nella ipotesi di
scarsa sovrapposizione fra funzioni atomiche se non fra atomi primi vicini.
Questo modello fallisce chiaramente nel caso in cui vi siano piu’ funzioni atomiche con
piccola differenza di energia e tali che la loro sovrapposizione porti a una sovrapposizione
delle curve di dispersione valutate per ciascuna autofunzione. Questo puo’ essere
chiaramente il caso di autofunzioni di tipo ns e np, come si osserva per i composti
elementari con la struttura del diamante per i quali si ha una ibridizzazione sp3. Questa
ibridizzazione e’ chiaramente equivalente alla scelta di orbitali molecolari, sp3 appunto,
come base di partenza per l’utilizzo dell’LCA(Molecular)O.
Le curve di dispersione cui si arriva sono chiaramente date nella zona di Brillouin ristretta e
le varie bande corrispondono ora a orbitali atomici (molecolari) di partenza diversi.
L’utilizzo del teorema di Bloch ci consente poi di costruire la zona ripetuta e, da li’, la zona
estesa, similmente ma in ordine diverso a quanto faremo a partire dalla approssimazione a
elettrone quasi libero.
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Dai livelli alle bande di energia: la grafite
P (106 Kg cm-2)
1
La grafite e’ la struttura stabile a pressione e temperatura ambiente
del carbonio, mentre il diamante ne e’ la struttura stabile ad altissima
pressione (in tal modo vengono realizzati i diamanti sintetici). Pur
avendo un numero pari di elettroni per atomo (e per cella primitiva),
la grafite e’ un semimetallo, con ~3×1018 portatori per cm3. Perche?
La separazione dei
piani lungo l’asse z
e’ 2.4 volte
maggiore della
distanza fra atomi
di C nel piano.
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Dai livelli alle bande di energia: la grafite
La struttura della grafite e’ quella di un reticolo
di Bravais esagonale semplice con base di 4
atomi di C, su due piani sfalsati fra di loro, su
ciascuno dei quali gli atomi di C si dispongono
su di un reticolo esagonale, chiaro indice di una
ibridizzazione sp2.
Abbiamo 4 elettroni per ciascuno dei 4 atomi di carbonio per sito. La ibridizzazione sp2 porta a
3 orbitali atomici leganti e 3 antileganti, diretti a 120° l’uno dall’altro, che determinano la
struttura planare, con legami covalenti molto forti e localizzati (temperatura di fusione,
necessaria per rompere tutti i legami, ~3800°C, vicina a quella del diamante, ~4000 °C). Di
questi orbitali ne ho 3 leganti per piano di atomi di C ove posso mettere 3 elettroni per C,
tenendo conto dello spin. L’ultimo elettrone va sull’ orbitale molecolare legante formato dagli
orbitali pz, simili a quelli del benzene ma delocalizzati ora su tutto il reticolo. Il legame fra i
piani e’ debole, quasi nullo (donde la elevata sfaldabilita’ della grafite, usata anche come
lubrificante), i piani sono tenuti assieme da forze di Van der Waals, dipolo-dipolo indotto
dovute alle cariche mobili fra i piani. Vi sono ~3×1018 elettroni liberi/cm-3: PERCHE’, se
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abbiamo tutti gli orbitali (bande) piene?
Legame covalente nel diamante (e Si)
E’ interessante confrontare il caso del diamante, un materiale allotropo della grafite anche se
le sue proprieta’ (durezza e conducibilita’, ma non temperatura di fusione) sono molto
diverse da quelle della grafite.
Nel diamante la struttura e’ quella del reticolo
cubico a facce centrate, con 2 di C atomi per cella
primitiva. La direzione dei legami e’ chiaramente
indice di una ibridzzazione sp3. Dobbiamo allocare
4 elettroni per atomo di C. Ho 4 orbitali leganti
dati dagli orbitali atomici sp3, su cui posso allocare
2×4=8 elettroni. Ho bande completamente piene e
percio’ il diamante e’ un isolante, con il livello di
Fermi fra l’ultima banda piena e la prima vuota.
Si noti che ora tutti gli orbitali sono localizzati, con legami fortemente covalenti e bande che
non si sovrappongono, da cui un eccellente isolante (meglio il diamante del Si e Ge, ove le
distanze di legame sono maggiori e le bande piu’ vicine).
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Evoluzione del legame covalente nel Si (e diamante) SB 3
Inizia la formazione di bande
Inizia la ibridizzazione sp3
Banda di
conduzione
Banda di
valenza
⇒ metallo
N atomi con m livelli a spin 1/2
m livelli
N volte degeneri a d=∞
A T= 0 K gli elettroni sono nel più basso livello energetico disponibile
4 N stati della banda di valenza sono occupati da 4 N elettroni
Tutti gli stati della banda di valenza sono riempiti
Tutti gli stati della banda di conduzione sono vuoti => isolante
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Le bande di energia proibita
Origine delle bande elettroniche
Assumiamo che l’elettrone si propaghi come una onda piana in un cristallo di dimensioni finite
1 ik ⋅ r
ψ (r ) =
e
di energia
V
(
 2 2 2 2
E=
k =
k x + k y2 + k z2
2m
2m
)
ove V e’ il volume del solido, che immaginiamo come una scatola cubica di spigolo L
(modello di Sommerfeld).
Le condizioni periodiche al contorno (uguaglianza della funzione sulle pareti opposte
della scatola) impongono ovviamente che il vettore d’onda assuma valori discreti:
kx =
Poiche’ k ≡
2π
2π
2π
mx ; k y =
my ; k z =
mz
L
L
L
mi = 0, ± 1, ± 2,.....
2π
, gli mi corrispondono a onde stazionarie di λ decrescente da L a 0, tutte
λ
con dei nodi sulle pareti del cristallo.
La curva di dispersione della energia di un elettrone “libero” in una scatola e’ quindi data da
una banda di stati di energia discreta come risultato delle condizioni periodiche al contorno.
Introduciamo ora nel cubo un reticolo periodico di atomi e mostriamo come questo potenziale
periodico aggiuntivo porti alla formazione di un intervallo proibito per le energie dell’elettrone.
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H. Moseley, i raggi X e la tavola di Mendeleev RIPASSO
In un tubo a raggi X, gli elettroni emessi dal filamento sono
accelerati verso l’anodo di metallo ove possono perdere
energia per:
1) Irraggiamento, e dare luogo a un continuo di raggi X
(radiazione di Bremsstrahlung, o di frenamento);
2) interazione con il reticolo, e riscaldare il cristallo;
3) emissione di un elettrone dall’atomo.
Per la Bremsstrahlung esiste una E massima del fotone
emesso, e una λ minima, nel caso in cui l’elettrone
perde tutta la sua energia cinetica:
hc
= E = eV
λmin
hc
λmin = V −1
e
Clayton T. Ulrey, “An Experimental Investigation of the Energy in the
Continuous X-Ray Spectra Of Certain Elements” Phys. Rev. 11, 401
(1918)
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H. Moseley, i raggi X e la tavola di Mendeleev RIPASSO
Nel caso 3) di una ionizzazione dell’atomo del bersaglio quando
viene urtato da un elettrone incidente di energia “sufficiente”,
puo’ essere creata una lacuna nei gusci elettronici interni. Tale
lacuna puo’ essere poi riempita da un elettrone proveniente dai
gusci piu’ esterni, dando luogo alla emissione di una serie di
linee di raggi X, la cui energia dipende dai due gusci, esterno e
interno, coinvolti nella emissione.
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H. Moseley, i raggi X e la tavola di Mendeleev
RIPASSO
Nel 1913 Henry Moseley, uno dei piu’ brillanti studenti di Rutherford, osservo’ precise
regolarita’ nella parte discreta dello spettro dei raggi X di 39 elementi, dall’Al all’Au:
- vi erano quasi sempre due serie di linee, K e L (la seconda a energia minore);
- per gli elementi pesanti vi erano piu’ serie, a energie ancora minori
- la frequenza να della n-ima linea di ciascuna serie α era data da
ν α = c( Z − σ α ) ,
. con c indipendente da Z, e σα ∈(1, 2) per la serie K e ∈(7.4, 9.4) per la serie L.
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H. Moseley, i raggi X e la tavola di Mendeleev RIPASSO
Inoltre noto’ che la dipendenza da Z era molto piu’ regolare che non quella dal peso atomico A.
Cio’ permise la “misura” di tale numero, che sino ad allora indicava semplicemente la
collocazione dell’elemento nella Tavola di D. Mendeleev, ordinata per peso atomico in modo
tale da tener conto anche della periodicita’ delle proprieta’ chimiche: Ar (Z=18; A=39,948),
K (Z=19; A=39,102).
Tale legge permise di scoprire l’assenza di atomi con Z= 43, 61, 72 e 75 fra quelli noti.
Moseley mori’ nella battaglia di Gallipoli nel 1915, a 27 anni, durante la I guerra mondiale.
Pertanto, nella notazione di Bohr, se Z e’ la carica nucleare vera, e (Z-σα) e’ quella
schermata dagli elettroni di core,
1 
 1
ν mn = R ( Z − σ α ) 2  2 − 2  n > m
n 
m
m =1
serie K
Kα n = 2
Kβ
m=2
serie L
Lα n = 3
Lβ
n = 3....
n=4
K α = 13.6 ( Z − 1) 2 (1 − 0.25)eV = 10.2 ( Z − 1) 2 eV = 0.247 ⋅ 1016 ( Z − 1) 2 s −1
ove m e’ l’indice dello stato da cui proviene l’elettrone emesso o vacanza,
n l’indice dello stato dell’elettrone che va a riempire lo stato vuoto o vacanza.
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Reticolo diretto: condizione di Bragg
RIPASSO
Assumendo la natura ondulatoria dell’elettrone e la diffrazione e riflessione di onde da
un singolo piano cristallografico, si puo’ giungere, in un modello semplice, alla
formazione di bande di energia proibita in un cristallo, o struttura a bande.
d’’
d’
Si abbia una onda e.m. di lunghezza d’onda λ
incidente ad angolo θ su piani paralleli, distanti
d, di atomi in un cristallo. Se la diffusione e’
elastica, si ha un massimo nella diffusione
quando l’interferenza fra le onde riflesse dai
vari piani paralleli e’ costruttiva, ossia per la
condizione di Bragg 2d sin (θ ) = nλ
θ prende il nome di angolo di Bragg e
corrisponde all’angolo fra onda incidente e il
piano riflettente del cristallo. Date le distanze
fra piani cristallini, le lunghezze d’onda sono
quelle caratteristiche dei raggi X.
N.B. In 1D, questa condizione corrisponde alla formazione di onde stazionarie, con un
massimo, o un minimo, su ogni atomo.
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Reticolo diretto: condizione di Bragg
RIPASSO
In 2-D, per uno stesso fascio incidente,
tutti i piani cristallografici soddisfano
a una riflessione alla Bragg per un
opportuno angolo di diffusione e una
specifica lunghezza d’onda dei raggi
X.
Questa scoperta ha dato origine alla
spettroscopia a raggi X, ove cristalli
vengono usati per monocromatizzare
(e analizzare) fasci di raggi X.
I piani cristallini possono anche dare luogo a interferenza costruttiva di onde costituite da
particelle materiali, come gli elettroni, i neutroni, etc., dimostrandone cosi’ la duplice natura
di onda/particella.
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L’esperienza di Davisson e Germer
Clinton J. Davisson and Lester H. Germer, "Diffraction of Electrons by a Crystal of Nickel",
Physical Review, 30, 705 (1927).
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L’esperienza di Davisson e Germer
RIPASSO
Clinton J. Davisson and Lester H. Germer, "Diffraction of Electrons by a Crystal of Nickel", Physical
Review, 30, 705 (1927); C.J. Davisson, "Are Electrons Waves?," Franklin Institute Journal 205, 597 (1928)
Cosa ci si deve attendere da un elettrone che abbia le
caratteristiche di una onda (predette da De Broglie nel 1924) di
h
h
h
=
lunghezza d’onda λ = =
?
p
2mE
2meV
2d sin θ
h
=λ = =
n
p
h
=
2mE
1
n
=
= 0.815 V
λ 2d sin θ
h
2meV
se V e' misurato in Volt e λ in nm
Per energia degli elettroni incidenti di 54 eV, si trovava un massimo nella diffusione
degli elettroni a un angolo di 50°. L’angolo rispetto ai piani del cristallo corrispondente
sarebbe stato di θ= (90° - φ/2) = 65°.
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L’esperienza di Davisson e Germer
1
n
=
= 0.815 V
λ 2d sin θ
RIPASSO
se V e' misurato in Volt e λ in nm Per θ= (90° - φ/2) = 65°.
( )
n
= 2 sin 65 × 0.815 V = 1.48 V
d
se V e' misurato in Volt e λ in nm
φ = 50°
Dai dati dell’articolo di Davisson e Germer,
per i picchi ad angolo φ di deflessione
costante e uguale a 50° (e θ = 50° ) si ottiene
(Vmax)1/2 = 7,36
Si osservi la corrispondenza
n
=
1
11,7
14,7
2
17,5
22
23,4
3
da cui si puo’ ricavare la distanza fra i piani reticolari interessati del Ni. Per n = 1 si ha
d=
n
1
=
= 0.092 nm
1.48
×
7.36
1.48 V
Il secondo, quarto, e sesto picco soddisfano una
sequenza regolare per d = 0.116 nm.
Corrisponde a un diverso set di piani reticolari?
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Conseguenze dell’esperienza di Davisson e Germer
RIPASSO
I picchi nell’esperienza di Davisson e Germer corrispondono a condizioni di stazionarieta’
per l’onda associata all’elettrone.
Un elettrone descritto da una onda stazionaria e’ un elettrone con velocita’ di gruppo nulla.
Pertanto, la presenza di un potenziale cristallino, comunque debole ma con simmetria
traslazionale, crea condizioni di interferenza per la funzione d’onda elettronica che portano
alla formazione di onde stazionarie con velocita’ di gruppo nulla. La presenza di un
potenziale cristallino, con discontinuita’, e’ necessaria per determinare la riflessione
dell’onda che, in meccanica quantistica, avviene per qualsiasi energia dell’onda stessa.
A cosa corrispondono in termini di energia e vettori d’onda dell’elettrone queste condizioni
e come si correlano con le proprieta’ del cristallo nello spazio reciproco?
A questa domanda risponde la corrispondenza fra le condizioni di interferenza nello spazio
diretto (Bragg) e nello spazio reciproco (Laue).
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Reticolo reciproco: condizione di Laue
Consideriamo un fascio di e- diffuso
elasticamente da due atomi distanti
R, con θ e θ’ angoli di incidenza e
diffusione rispetto al vettore R
k
•n
k
k’
-R
n’
R co
sθ =
n
θ
R
θ’
R cosθ ’= R • n’
AM
k’
Si ha interferenza costruttiva
per una differenza di cammino
ottico fra i due fasci
R ⋅ (n − n ' ) = mλ ovvero,
moltiplicando ambo i membri
per 2π /λ
R ⋅ ( k − k ' ) = 2π m
Consideriamo ora un insieme di atomi disposti su di un reticolo di Bravais.
Per avere interferenza costruttiva dovra’ valere la R ⋅ (k − k ' ) = 2π m ∀R ossia la
e i ( k − k ')⋅R = 1
∀R
⇒ k − k '≡ G
Condizione di Laue per la diffrazione:
si puo’ avere interferenza costruttiva per un fascio di elettroni diffratto solo se la
variazione del vettore d’onda incidente e’ pari a un vettore G del reticolo reciproco
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Equivalenza delle condizioni di Bragg e di Laue
∆k = G
θ
2k sin θ = G
⇒
2
Essendo la diffusione elastica, si dovra’ avere una
riflessione dell’onda, per cui i due vettori d’onda
hanno lo stesso modulo e sottendono lo stesso
angolo θ con il piano perpendicolare a ∆k=G. Dalla
figura risulta poi che la condizione di Laue porta
2π n alla
2π
sin θ =
λ
a
⇒
2 a sin θ = nλ
ossia alla condizione di Bragg, che e’ pertanto equivalente a quella di Laue.
Un massimo nella diffusione alla Laue nel reticolo reciproco corrisponde a una
riflessione alla Bragg nel reticolo diretto su piani perpendicolari a G, vettore del reticolo
reciproco pari al cambio di momento dell’elettrone.
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Prima zona di Brillouin
Inoltre, poiche’ abbiamo supposto la diffusione elastica, k = k ' = k e
∆k = G
2
k '= k + G
k 2 = k + G = k 2 + G 2 + 2k ⋅ G
1
− G = k ⋅ Gˆ
2
1
2
La condizione di Laue − G = k ⋅ Gˆ e’ soddisfatta
SES l’estremita’ del vettore k giace in un piano di
Bragg, perpendicolare alla bisettrice della linea che
unisce l’origine dello spazio k al punto G del
reticolo reciproco. Una onda il cui vettore k soddisfi
questa condizione dara’ luogo a un massimo di
diffrazione dal cristallo.
La cella del reticolo reciproco definita dalla
sovrapposizione di tutti i semispazi delimitati da
tutti i piani di Bragg costruiti a partire da un punto
del reticolo reciproco e’ la cella primitiva del
reticolo reciproco detta prima zona di Brillouin, ai
cui bordi e’ soddisfatta la condizione di Laue.
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Peculiarita’ del bordo delle zone di Brillouin
Pertanto al bordo delle varie zone di Brillouin la velocita’ di gruppo dell’elettrone deve
annullarsi per effetto del potenziale cristallino. Tale velocita’ per un elettrone libero, e’
data dalla derivata dell’energia rispetto all’impulso o, nel nostro caso, al quasi momento
dell’elettrone. Pertanto, al bordo delle varie zone di Brillouin, l’energia dell’elettrone
deve avere derivata nulla (e una gap si deve aprire).
Ma quanto vale questa gap e come dipende dal valore del potenziale cristallino?
Nel caso di potenziale cristallino costante (caso dell’elettrone libero) questa gap deve
evidentemente annullarsi, anche se ci dovremo attendere delle sorprese vicino alla
superfice del cristallo, ove il potenziale cambia bruscamente.
Cerchiamo ora di valutare il valore di questa gap in un modello semplice, quello
dell’elettrone quasi libero, o potenziale cristallino debole rispetto al termine cinetico.
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