Glaucoma, e la vista “vola via” S.B. – “La vista può volare via”. A “prendersela” è il glaucoma, una malattia degli occhi molto frequente. Pare che nel mondo, secondo l’Oms, ne siano affette circa 55 milioni di persone. È una delle cause più frequenti di cecità e ipovisione. A causa del glaucoma 25 milioni di persone nel mondo hanno perso la vista del tutto o in parte. Solo in Italia i glaucomatosi sono circa un milione, ma una persona su due non sa di esserne affetta. E’ per questo che in 90 città italiane (da Milano e Torino fino a Reggio Calabria, passando per Roma, Firenze e Napoli, ma anche in tanti piccoli Comuni) tornano i gazebo con check-up oculistici, conferenze informative e distribuzione di opuscoli durante la “Settimana Mondiale del Glaucoma”, dal 12 al 18 marzo. Il check-up oculistico gratuito, che include la misurazione della pressione dell’occhio (tonometria), si svolge a bordo di Unità mobili oftalmiche (speciali camper attrezzati), in alcuni ambulatori oculistici e in alcune farmacie.Tutte le iniziative sono volute e organizzate dall’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità-IAPB Italia onlus, in collaborazione con le Sezioni locali dell’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti). Testimonial dell’iniziativa Ricky Tognazzi che nello spot ci ricorda come “la vista può volare via”. Per conoscere la mappa completa delle iniziative è sufficiente visitare il sito www.iapb.it/settimanaglaucoma Il glaucoma è una malattia che colpisce il nervo ottico. Nella maggior parte dei casi è dovuta a un aumento della pressione interna dell’occhio che causa, nel tempo, danni permanenti alla vista che sono accompagnati da: riduzione del campo visivo (si restringe lo spazio che l’occhio riesce a percepire senza muovere la testa); alterazioni della papilla ottica (è detta anche testa del nervo ottico ed è visibile all’esame del fondo oculare). Una semplice visita oculistica è sufficiente a diagnosticare un glaucoma in fase iniziale o ancora non grave. È necessario, pertanto, sottoporsi con regolarità a controlli oculistici, specialmente in presenza di fattori di rischio quali: età: la frequenza del glaucoma, pur non essendo una malattia esclusiva dell’anziano, aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età. È buona norma, per chi ha più di 40 anni, sottoporsi a un controllo oculistico che comprenda la misurazione della pressione oculare. Un momento ideale è rappresentato dall’insorgenza della presbiopia (visione sfocata da vicino). Più che consultare un ottico sarebbe importante approfittare di una visita oftalmologica completa; precedenti familiari: tutti coloro con un familiare affetto da glaucoma devono sottoporsi a frequenti controlli, in quanto questa malattia oculare presenta forti caratteri di ereditarietà (fattori genetici). “È essenziale difendere la vista dal glaucoma – afferma l’avv. Giuseppe Castronovo, Presidente della IAPB Italia Onlus – altrimenti si può diventare ciechi o ipovedenti perché il campo visivo si restringe a causa di questa malattia oculare. Una pressione oculare elevata è una minaccia per gli occhi. Però i danni che provoca sono evitabili, nella maggior parte dei casi, grazie a una diagnosi precoce”. «Profumo di donna» di Venturiello è un reale ‘Fatto d’Arte’ di Veronica scena dal 2 “Il buio e adattamento Meddi – Al Teatro Parioli Peppino De Filippo, è in al 12 marzo, «Profumo di donna» tratto dal romanzo il miele” di Giovanni Arpino, con il sensibile di Pino Tierno, regia di Massimo Venturiello. Con Massimo Venturiello e con Irma Ciaramella, Camillo Grassi, Andrea Monno, Claudia Portale, Sara Scotto Di Luzio, Franco Silvestri. Ognuno: elemento prezioso, preciso, perfetto. Le scene di Alessandro Chiti, i costumi di Sabrina Chiocchio, le musiche del Maestro Germano Mazzocchetti, la voce di Tosca dei brani cantati e le light designer di Umile Vainieri, hanno saputo confezionare, non semplicemente uno spettacolo teatrale, ma un vero e proprio ‘Fatto d’Arte’. Un Capitano in pensione, rimasto cieco a causa di un’esplosione accidentale, decide di recarsi a Napoli da un amico anch’egli non vedente. Il capitano si farà accompagnare in questo viaggio da un giovane soldato in permesso premio. Tra vessazioni e rimproveri, il giovane, ribattezzato ‘Ciccio’ al pari di tutti gli sventurati che si sono succeduti nell’ingrata mansione, “scorterà” quindi il bizzarro capitano. Ciccio è innamorato di una ragazza che, è evidente al Capitano e a tutti, poi anche a lui, lo tradisce. Per i due che partono in treno da Torino, la prima tappa è Bologna, e qui il capitano decide di passare alcune ore con una prostituta. Ciccio non lo sa ma la prostituta lui, il capitano, con il naso l’ha già accarezzata a dovere, d’altronde il fiuto non lo tradisce mai. Ammette: «Io desidero tutto quello che non vedo». «Tienitelo tu il miele!» è un grido disperato di chi non intende avere una storia d’amore fissa, ma mille odori, sì. Non li sopporta proprio i «retorici pipponi sentimentali», d’altronde il cinico capitano si rifiuta di pensare, preferisce annusare. La seconda tappa del viaggio è Roma, dove il capitano parla con il cugino prete della sua condizione fisica. C’è la musica dell’equilibrio spirituale e c’è una cacofonica sinfonia nei piccoli bar abitati da distratti e confusi uomini vedenti. A un cieco non resta che farsi leggere sul giornale i necrologi altrui. «Muore inaspettatamente a 103 anni! Inaspettatamente?», e ride; con riso amaro, ovviamente. È la sofferenza che stimola la sua croce che è al contempo la sua stessa ragione di vita. Quando un uomo crede di non aver più nulla da perdere, anche se venisse bruciato da un colpo di pistola, non sarebbe mai la sua anima a sanguinare. Per un’esistenza che sopravvive al dolore impostogli, l’anima trasuda già di tragedia. Ultima tappa Napoli, dove il capitano viene corteggiato da una giovane donna perdutamente innamorata di lui, ma il capitano sembra infastidito dalle sue attenzioni. Il miele, lui che è fatto di una materia tutta sua, lo ha già detto, non lo vuole. E poi, «Farsi tante domande, è mai servito a qualcosa?». Non è forse l’odore la parte più atavica del cervello? Poi, ad occhi chiusi, Venturiello dà prova del suo essere un ottimo performer di tango. Anche. Elegante, puntuale, nel rispetto degli spazi vitali che gli stessi oggetti di scena pensati da Chiti, per diritto, hanno. Perfetto! Puntuale, impeccabile, come quando, in una delle sue tante esplosioni d’ira, grida: «Solo pace! Solo pace! Solo pace!». Venturiello fa qui un velenoso cocktail misto di bile verde e pace (bianca?). Straordinario! Lo giuro. Ma siccome l’umorismo nasce da un sorriso che si muta per riflessione in tristezza, in questa storia al buio, Venturiello mette a tavola i colori della gioia, magari ridicola o «ipocrita» come «l’umanità della domenica». A Napoli di domenica si mangia tanto e sempre a ritmo. Qui, sono pensati dal regista e realizzati da un cast eccezionale straordinari tableaux vivants. E nonostante i limiti che un uomo può avere, e che ha, per buio di vista o di coscienza, il miele è in lui, in noi. Tra le note di testa, di cuore e di fondo, che ogni profumo custodisce in sé, qui, ben altre note intervengono, dolci e incisive, in ogni momento di climax, di pathos, di gioco, sono le note create dal Maestro Germano Mazzocchetti che ha nella musica il suo luogo deputato nell’ovunque dello spazio emozionale. Nessuno deve sentirsi «un undici di picche». Sapete perché? Perché l’undici di picche non esiste in alcun mazzo di carte. E allora «fatti guidare sempre dall’odore» caro essere umano. A occhi chiusi….’Profumo di donna’ V. M. – Al Teatro Parioli Peppino De Filippo, dal 2 al 12 marzo, Profumo di donna da “ Il buio e il miele” di Giovanni Arpino, adattamento di Pino Tierno, regia di Massimo Venturiello,con: Massimo Venturiello e con Irma Ciaramella, Camillo Grassi, Andrea Monno, Claudia Portale, Sara Scotto Di Luzio, Franco Silvestri. Scene,Alessandro Chiti, costumi Sabrina Chiocchio, musiche,Germano Mazzocchetti,light designer Umile Vainieri.La voce dei brani cantati è di Tosca Un capitano in pensione, rimasto cieco a causa di un’esplosione accidentale, decide di recarsi a Napoli da un amico anch’egli non vedente. Il capitano si farà accompagnare in questo viaggio da un giovane soldato in permesso premio. Tra vessazioni e rimproveri, il giovane, ribattezzato ”Ciccio” al pari di tutti gli sventurati che si sono succeduti nell’ingrata mansione, “scorterà” quindi il bizzarro capitano che si rivelerà un uomo dalla personalità poliedrica; a tratti irascibile e spigoloso, a volte ironico e autoironico, sempre e comunque irresistibile seduttore di donne, per le quali ha una particolare passione. I due partono in treno da Torino e la prima tappa è Bologna, dove il capitano decide di passare alcune ore con una prostituta. La seconda tappa del viaggio è Roma, dove il capitano parla con il cugino prete della sua condizione fisica e, per ultimo, giungono a Napoli, dove il capitano viene corteggiato da una giovane donna perdutamente innamorata di lui, ma il capitano sembra infastidito dalle sue attenzioni. La vera ragione del viaggio e dell’incontro con l’amico non vedente giungerà inaspettata e sorprendente solo alla fine… solo allora il capitano capirà che non potrà rifiutare l’aiuto e le attenzioni della giovane donna. “Ora che abbiamo i mezzi per spaziare, per comunicare con tutti ci siamo chiusi in noi stessi, siamo diventati cinici disumani…” Così dice Charlie Chaplin nel discorso finale de “Il Grande Dittatore” e, come a volte succede a noi attori, le parole che continuiamo a ripetere tutte le sere ci restano addosso e ci rimbalzano poi nella mente durante le nostre giornate. Così, interpretando il ruolo che fu di Chaplin, ho spesso ripensato a queste parole ed è cresciuta in me la necessità di continuare a parlarne. Viviamo quotidianamente il paradosso di un’epoca in cui la globalizzazione ci spinge sempre di più verso l’isolamento e l’anonimato. Ecco perché mi sono innamorato del romanzo di Giovanni Arpino “Il buio e il miele” e ho deciso di portarlo in scena come già fece Dino Risi con l’indimenticabile film interpretato da Vittorio Gassman “Profumo di donna”, poi risorto nel remake “Scent of a Woman” di Martin Brest con Al Pacino. Questo romanzo-film è sicuramente l’emblema della solitudine moderna, della disillusione esistenziale che inevitabilmente conduce al cinismo e alla perdita di umanità e che assume nella figura del protagonista Fausto una dimensione cosmica (chissà se Arpino, dando al suo protagonista il nome di Fausto ha, magari inconsciamente, pensato al dottor Faust), spingendolo verso un crinale in cui si è smarrito il “profumo della vita”, la disperazione si confonde con l’ironia e il sarcasmo e la tragedia diventa persino comica, esilarante, proprio come tragica e comica è la condizione umana. Ed è proprio così che me lo immagino questo spettacolo, un incontro di emozioni contrapposte, uno scontro di lacrime e risate in cui, al momento, non so quale delle due prenderà il sopravvento.”(Massimo Venturiello) Giovanni Arpino (1927 • 1987) Giovanni Arpino nasce a Pola (all’epoca ancora italiana), dove il padre, ufficiale di carriera, era di guarnigione. Si trasferisce prima a Bra, città d’origine di sua madre, dove sposa Caterina Brero, e poi a Torino, dove rimane per il resto della sua vita. Laureatosi presso l’Università degli Studi di Torino (Facoltà di Lettere) con una tesi su Sergéj Aleksándrovič Esénin nel 1951, nell’anno successivo esordisce nella letteratura con il romanzo “Sei stato felice, Giovanni”, pubblicato da Einaudi. Fa conoscere in Italia lo scrittore Osvaldo Soriano, e vince il Premio Strega nel 1964 con “L’ombra delle colline”, il Premio Moretti d’oro nel 1969 con “Il buio e il miele”, il Premio Campiello nel 1972 con “Randagio è l’eroe” e il Super Campiello nel 1980 con “Il fratello italiano”. I suoi romanzi sono caratterizzati da uno stile asciutto e ironico. Scrive anche drammi, racconti, epigrammi e novelle per l’infanzia. Nel 1982 vince il Premio Cento per “Il contadino Genè”. Grande appassionato di calcio, nel 1977 pubblica il romanzo “Azzurro tenebra”. Nel 1980 comincia una collaborazione con il quotidiano milanese il Giornale, scrivendo di cronaca, costume e cultura. È stato molto amico di Indro Montanelli. I suoi romanzi ispirarono celebri film: “Divorzio all’italiana” regia di Pietro Germi (1962) è liberamente tratto dal romanzo drammatico “Un delitto d’onore”. Dal suo racconto “Il buio e il miele” è stato tratto il film “Profumo di donna” (1974) di Dino Risi con Vittorio Gassman nel capitano Fausto Consolo e Agostina Belli in Sara. Il film ha vinto il David di Donatello per la miglior regia e miglior attore, è stato candidato all’Oscar, ha vinto il premio al miglior attore al Festival di Cannes e il Premio Cesar come miglior film straniero. Il soggetto è stato ripreso nel 1992 in una produzione americana, Scent of a Woman, di Martin Brest (con Al Pacino, premio Oscar nel 1993). La trama del film “La novizia” con Gloria Guida è liberamente ispirata a quella de “La suora giovane”. Nel 1977 sempre Dino Risi ha messo in film il romanzo “Anima persa” con Vittorio Gassman e Catherine Deneuve. Nel 1991 nel documentario “Un livre un jour” interpreta se stesso.