Il DNA: struttura e replicazione
«La fortuna favorisce una mente preparata»
L. Pasteur
Il cancro al testicolo consiste di divisioni rapide e incontrollate delle
cellule germinali. Si diffonde ad altri organi come polmone e cervello. È il
più tipico cancro nei giovani maschi. È potenzialmente letale, ma è
anche tra i tumori più facilmente curabili.
Una delle cure più efficaci è basata sull’utilizzo del cisplatino.
Verso la metà del secolo scorso il Dr Barnett Rosenberg immerse batteri
in una soluzione con elettrodi di platino per studiare gli effetti
dell’elettromagnetismo. Scoprì che le cellule non si dividevano più!
Rosenberg riformulò l’ipotesi sostenendo che qualcosa fuoriuscito dagli
elettrodi bloccasse la divisione cellulare, confermandola anche con
esperimenti su cellule tumorali.
Fu isolato così il cisplatino.
Uno degli eventi importanti per la divisione cellulare è la duplicazione
completa e precisa del DNA. I due filamenti si svolgono e si separano per
fungere da stampo per un nuovo filamento.
Il cisplatino forma ponti covalenti tra i nucleotidi di filamenti opposti,
legandoli irreversibilmente e impedendone la duplicazione
Caratteristiche richieste ad un composto depositario dell’informazione genetica:
- Essere presente in tutte le cellule
- Avere una struttura che gli consenta di contenere una grande quantità di
informazione
- Avere una struttura che gli consenta di essere duplicato con facilità
- Essere una molecola sufficientemente stabile
- Essere presente nelle cellule di un dato organismo in quantità costante,
indipendentemente dalle condizioni ambientali, dall’età, etc
- Se introdotto, in opportune condizioni, in una cellula deve essere in grado di
modificarne le caratteristiche genetiche
Le prove che i geni sono formati da DNA
Fino agli anno ‘30-’40 del secolo scorso i genetisti non prestavano grande importanza al DNA.
Pensavano che le proteine fossero più adatte a possedere caratteristiche utili alla trasmissione
dell’informazione genetica, data la loro complessità e diversità rispetto ad altre molecole.
Si sapeva infatti che le proteine potevano risultare dalla combinazione di 20 aminoacidi.
Il DNA invece era costituito solo da 4 nucleotidi diversi e, per quanto era noto, organizzati non
in modo particolarmente interessante per poter essere considerati come depositari
dell’informazione genetica.
Negli stessi anni era stata messa a punto da Robert Feulgen una colorazione istologica
specifica per il DNA, che colorava i nuclei in rosso in modo proporzionale alla quantità di DNA
presente. Questa tecnica fornì evidenze che il DNA era il materiale genetico.
Il DNA era nel posto giusto
(nel nucleo e nei
cromosomi, che si sapevano portare i geni)
Il DNA era nella giusta quantità (nelle cellule somatiche
– diploidi - era il doppio rispetto alle cellule germinative –
aploidi).
Il DNA variava da specie a specie
… ma queste evidenze non costituivano una
dimostrazione scientifica di un rapporto causa-effetto
Le prove definitive che il DNA era il materiale genetico venne da due gruppi di esperimenti
fatti su batteri e virus
Gli esperimenti di Griffith sullo Streptococcus pneumoniae (pneumococco), una delle cause di polmonite
Esiste un principio
trasformante
Gli esperimenti di Avery e colleghi
dimostrarono che la sostanza che
trasformava i batteri era il DNA
Per confermare l’ipotesi che fosse il
DNA il fattore trasformante, nonostante
il DNA fosse molto più semplice delle
proteine, Alfred Hershey e Marta Chase
del Cold Spring Harbor Laboratory di
New York utilizzarono esperimenti di
infezione virale.
Il batteriofago T2 che infetta E. coli
S35
P32
Anche le cellule eucariotiche possono essere
trasformate geneticamente dal DNA
La trasformazione di una cellula eucariotica a
opera del DNA è chiamata transfezione
La transfezione può essere dimostrata usando
un marcatore genetico (un gene la cui presenza
nella cellula conferisce un fenotipo
apprezzabile. Es. resistenza agli antibiotici,
marcatori nutrizionali, fluorescenza)
Qualsiasi cellula può essere transfettata, anche
una cellula uovo. In questo caso ne può risultare
un intero nuovo organismo geneticamente
trasformato, definito «transgenico»
… gli organismi transgenici
OGM
Sigla di organismo geneticamente modificato, usata per indicare organismi il cui patrimonio genetico è stato
modificato mediante ibridazione e selezione o mutagenesi e selezione, oppure con metodiche che prevedono
manipolazioni del DNA e inserimento mirato di nuovi geni (transgeni) negli organismi.
Gli OGM trovano applicazione soprattutto in campo alimentare, agricolo, zootecnico e medico, a livello
vegetale e animale. Le piante geneticamente modificate si dividono in GMHT e GMIR: la prima sigla è
un’abbreviazione del termine inglese genetically modified herbicide tolerance, ovvero pianta GM il cui
carattere introdotto induce tolleranza a specifici erbicidi ad ampio spettro; la seconda è un’abbreviazione di
genetically modified insect resistance, ovvero pianta GM il cui carattere introdotto induce resistenza nei
confronti degli attacchi di specifici insetti.
La creazione di organismi con caratteristiche genetiche programmate contrasta i procedimenti vitali plasmati
dall’evoluzione, basati invece sulla variabilità genetica casuale e la scelta ambientale dei genomi più adatti
alla riproduzione. Inoltre, le nuove caratteristiche introdotte, pur se controllabili nella prole in allevamenti
confinati, possono essere diffuse nel genoma delle popolazioni in condizioni naturali da qualche organismo
sfuggito al controllo, con conseguenze non prevedibili e potenzialmente pericolose. Infine, la brevettabilità e
quindi il possesso economico dei nuovi organismi prodotti è avversato da molti orientamenti politici,
soprattutto europei, che mirano a salvaguardare la proprietà collettiva e transnazionale dei processi vitali e
ritengono contraria alle comuni prassi della produzione agricola la vendita di semi sterili, incapaci cioè di dare
a loro volta prole con le nuove caratteristiche genetiche vantaggiose.
La complessità delle questioni etiche ed economiche sottese alla produzione degli OGM ha portato l’Unione
Europea a regolamentare il tema della prevenzione attraverso l’emanazione di direttive (nr. 219/90, 220/90 e
259/97) periodicamente aggiornate
Tratto da Treccani.it, L’enciclopedia Italiana
La struttura del DNA
Agli inizi degli anni ‘50
La cristallografa Rosalind Franklin
dedusse la struttura fisica del DNA
mediante tecniche cristallografiche
(diffrazione ai raggi X)
Il biochimico Erwin Chargaff determinò
che in qualsiasi campione di DNA
l’ammontare delle purine (A+G) è
uguale a quello delle pirimidine (C+T)
Watson e Crick usarono un modello molecolare per dedurre la struttura del DNA…
… sulla base delle
conoscenze (fisiche e
chimiche) acquisite in
precedenza
-
Il DNA è una doppia elica con scheletro di zuccheri e
fosfati all’esterno e basi azotate all’interno
Il DNA è un’elica destrorsa
Il DNA è costituito da 2 filamenti antiparalleli
L’elica del DNA ha un solco maggiore e uno minore dove
sono esposti i bordi esterni delle basi azotate
Per soddisfare la regola di Chargaff, una pirimidina
doveva sempre essere appaiata a una purina (A-T e C-G)
Appaiamento delle basi
e legami idrogeno
La struttura a doppia elica è essenziale per le funzioni del DNA
Il materiale genetico immagazzina l’informazione genetica, e il DNA con i suoi milioni di
nucleotidi è adatto a questo ruolo
Il materiale genetico è suscettibile a mutazioni (cambiamenti permanenti)
dell’informazione codificata. Nel DNA le mutazioni possono essere semplici cambiamenti nella
sequenza delle paia di basi
I materiale genetico è replicato con precisione nel ciclo cellulare, e questo può essere
ottenuto grazie all’appaiamento specifico delle basi
Il materiale genetico, e quindi l’informazione contenuta nel DNA, è espressa come
fenotipo. Come vedremo infatti
la sequenza nucleotidica del DNA può essere copiata e tradotta in
una sequenza di aminoacidi, e quindi in una proteina.
La duplicazione del DNA
Sono ipotizzabili 3 diversi modi per la replicazione del DNA
Il DNA può essere sintetizzato in
provetta, servono:
- Deossiribonucleosidi trifosfato
(dNTP: dATP, dCTP, dGTP, dTTP)
- Molecole di DNA stampo (template)
- Un enzima, la DNA polimerasi
- Sali e tamponi a pH corretto
… quindi il DNA contiene l’informazione
necessaria per la sua replicazione
Gli esperimenti di Meselson e
Stahl (1958) confermarono
che la replicazione del DNA è
di tipo semicoservativo
Le fasi della replicazione del DNA
1- la doppia elica viene aperta per separare i 2 filamenti stampo
2- i nuovi nucleotidi si appaiano man mano con il DNA stampo e vengono uniti
covalentemente mediante legame fosfodiesterici – si forma un polimero con
sequenza di basi complementare al filamento stampo
- I procarioti hanno 1 cromosoma e 1 origine di replicazione
- Nei cromosomi eucariotici sono presenti molte origini di replicazione e la replicazione
avanza in modo bidirezionale
1
- La replicazione del DNA inizia a livello di siti specifici – origini di replicazione – piccoli
tratti della doppia elica si svolgono
- Speciali enzimi – DNA elicasi destabilizzano l’elica legandosi a ori
- Si origina una forca di replicazione a livello della quale il DNA si replica
- Proteine SSB (Single-Stranded-DNA-Binding proteins) si legano ai singoli filamenti
stabilizzandoli
- Speciali enzimi – topoisomerasi – tagliano e risaldano per evitare superavvolgimento
Forca di replicazione
Elicasi
SSB
2
La sintesi del DNA avviene sempre in direzione 5’
Aggiunta di dNTP al
3’-OH del filamento
in accrescimento
Idrolisi dei dNTP fornisce energia per catalizzare reazione
di condensazione – legame fosfodiesterico
3’
L’inizio della sintesi di DNA ha bisogno di un innesco, l’RNA primer (sintetizzato da DNA primasi)
Successivamente il
primer di RNA verrà
degradato e sostituito
da DNA.
La sintesi di DNA avviene
in modo continuo nel
filamento guida (leading)
e discontinuo nel
filamento in ritardo
(lagging)
Nella direzione opposta all’avanzamento della forca di replicazione possono essere aggiunti
solo corti frammenti di DNA (100-200 bp - frammenti di Okazaki), altrimenti la DNA
polimerasi si allontanerebbe troppo dalla forca di replicazione.
La storia del filamento ritardato
Periodicamente una DNA primasi innesca
la sintesi di un nuovo RNA primer; la DNA
polimerasi sintetizza il FO e quando
raggiunge il primer del frammento
precedente, lo sostituisce con DNA. Infine
una DNA ligasi unisce i frammenti
formando legami fosfodiesterici
Riparazione degli errori durante la replicazione
Importante per evitare comparsa di mutazioni dannose.
DNA polimerasi è molto efficiente (ca 1 errore/107 bp)
… comunque necessari meccanismi di riparazione
(mismatch repair)
I telomeri non vengono replicati completamente
I telomeri sono costituiti da brevi sequenze di DNA non codificante ripetute molte volte (negli spermatozoi e
nelle uova, sequenza 5’-TTAGGG-3’ è ripetuta 1000 volte all’estremità di ogni cromosoma)
Questo porta ad un progressivo accorciamento dei cromosomi. Dopo molte divisioni cellulari si possono
perdere geni vicino ai telomeri e la cellula muore.
Cellule staminali e alcune cellule tumorali contengono un enzima chiamato telomerasi che catalizza
l’aggiunta di una qualsiasi sequenza telomerica persa, attraverso la presenza di una sequenza di DNA che
funge da stampo.
Stress e accorciamento dei telomeri
le donne sottoposte a maggiori livelli di stress psicologico e quotidiano
presentano telomeri più corti, un effetto che può equivalere anche a un
decennio di invecchiamento addizionale rispetto a quelle che soffrono
meno di stress.
I telomeri, le strutture di DNA all'estremità dei cromosomi che
favoriscono la stabilità genetica, sembrano svolgere un ruolo molto
importante nell'invecchiamento cellulare e nelle malattie. I telomeri si
accorciano naturalmente a ogni replicazione cellulare, e la loro lunghezza
può servire per determinare l'età biologica dell'organismo (in
contrapposizione a quella cronologica).
Poiché si ritiene che l'invecchiamento prematuro sia causato in parte
dallo stress - ma il meccanismo è ampiamente sconosciuto -, alcuni
ricercatori dell'Università della California di San Francisco hanno studiato
gli effetti dello stress psicologico sulla lunghezza dei telomeri in donne
sane prima della menopausa.
I ricercatori hanno scoperto che, in confronto alle donne che
sperimentano una vita meno stressante, quelle soggette a maggior stress
presentano telomeri significativamente più corti e quantità minori di
telomerasi (un enzima protettivo) nelle cellule immunitarie del sangue.
In alcuni casi, queste cellule sembravano aver sperimentato l'equivalente
di circa 10 anni di invecchiamento in più.
La scoperta suggerisce che l'invecchiamento cellulare possa essere uno
dei modi con cui lo stress psicologico favorisce lo sviluppo di malattie
legate all'età.
Elissa S. Epel, Elizabeth H. Blackburn, Jue Lin, Firdaus S. Dhabhar, Nancy E. Adler, Jason
D. Morrow, Richard M. Cawthon, " Accelerated telomere shortening in response to life
stress". Proceedings of the National Academy of Sciences (2004).
Le proteine così sintetizzate sono le responsabili degli effetti fenotipici