coelum 48 - Institut für Theoretische Astrophysik

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GENNAIO 2002
IL LENSING
GRAVITAZIONALE
di Massimo Meneghetti e Lauro Moscardini
G
randi archi luminosi al centro di ammassi di galassie,
immagini di quasar che sembrano provenire da diverse direzioni nel cielo, stelle nelle vicine Nubi di
Magellano con strane variazioni nella curva di luce…
Cosa hanno in comune tutti questi fenomeni? Apparentemente nulla… ma sono invece prodotti da uno stesso effetto
di natura relativistica che prende il nome di lensing gravitazionale.
L’effetto è dovuto al fatto che i fotoni emessi da una sorgente luminosa, quando passano nelle vicinanze di un corpo
celeste dotato di massa, subiscono l’effetto attrattivo della
sua gravità. Questa interazione è tutt’altro che semplice da descrivere nell’ambito della fisica classica.
Infatti i fotoni hanno massa nulla e non dovrebbero
assolutamente interagire gravitazionalmente, mantenendo perciò la direzione originale. I fenomeni di
lensing sono invece completamente spiegati facendo
ricorso alla Teoria della Relatività Generale introdotta da Einstein nei primi decenni nel ventesimo secolo.
Per comprendere la natura di questi eventi occorre
partire da alcune considerazioni di natura cosmologica. Se si guarda da lontano una grande regione dell’universo, essa ci appare omogenea e isotropa (vedi
box a pagina 39), una proprietà assunta al rango di
principio cosmologico alla base del modello con cui
i cosmologi descrivono lo spazio-tempo, cioè lo spazio in quattro dimensioni costituito dal tempo e dalle
Sopra: l’ammasso di galassie Abell 2218, lontano 3 miliardi
di anni luce, ripreso dal telescopio spaziale Hubble. Localizzato nella costellazione del Drago, è così denso e compatto che
la luce proveniente da oggetti situati oltre l’ammasso lungo la
direzione d’osservazione, ma dieci volte più lontani, viene amplificata e distorta per effetto lente gravitazionale. Attorno alle due galassie principali si nota un numero molto elevato di
archi gravitazionali e di immagini multiple, per un totale di 7
distinti eventi di lensing. L’analisi dell’immagine ha dimostrato la presenza di 120 archi molto deboli, rivelando l’esistenza
di galassie 50 volte più lontane di quelle osservabili da terra.
A fianco: la prima immagine, ottenuta nel 1979, di un quasar sdoppiato
per effetto lente gravitazionale, il
QSO 0957+561 in UMa (le cifre indicano l'AR e la Dec).
Individuato dapprima come radioquasar, la controparte ottica rivelò
due sorgenti puntiformi separate da
6,1 secondi d’arco, ciascuno con
redshift z=1,41. La galassia lente,
molto più vicina (z=0,36) fa parte di
un ammasso di galassie a red shift simile, e lo sdoppiamento è dovuto al
contributo di tutto il campo gravitazionale dell’ammasso.
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tre coordinate spaziali. Con questo modello è possibile, ad esempio, calcolare la
distanza percorsa da un fotone dall’istante della sua emissione da parte di una sorgente luminosa all’istante in cui un osservatore lo riceve. Inoltre è possibile prevedere la traiettoria del fotone nello spaziotempo. Ovviamente, il risultato è però esatto fintantoché
vale l’assunzione di partenza,
cioè la condizione di omogeneità e
isotropia dell’universo!
Consideriamo invece quanto accade in
prossimità di un corpo dotato di massa. Come ben sappiamo, attorno ad esso si sviluppa un
campo gravitazionale la cui intensità diminuisce
mano a mano che la distanza aumenta. È evidente allora che su scala locale, fin dove l’azione del campo non
diventa trascurabile, l’universo non si può certamente definire omogeneo e isotropo. Esso è infatti “perturbato” dal corpo massivo e per questo lo spazio-tempo è localmente modificato. Questa perturbazione si traduce
pertanto in un cambiamento del percor- Fig. 1: rappresentazione schematica dell’effetto introdotto dalla gravità di un amso della luce rispetto alla sua traiettoria masso di galassie sulla luce proveniente da una sorgente più lontana. La radiazione
originale e talvolta in cambiamenti so- emessa in direzioni diverse viene deviata di un angolo α, proporzionale all'intensità
stanziali della forma e della luminosità del campo, formando immagini multiple dello stesso oggetto, distorte tanto da fordelle sorgenti astronomiche.
mare strutture ad arco pronunciate (lensing forte) o sfumate (lensing debole).
Un’efficace rappresentazione grafica
di quanto accade è mostrata in fig. 1 e
UN PO' DI TEORIA SULLA FORMAZIONE DELLE “LENTI”
nell’illustrazione alla pagina successiDiamo qui di seguito una breve descrizione di alcune semplici equazioni che costituiva. Lo spazio-tempo imperturbato è qui
scono la base teorica del lensing gravitazionale.
indicato da una griglia regolare che vieInnanzi tutto, è facilmente dimostrabile che esiste una relazione fondamentale che lene deformata, dove è localizzato un corga la posizione angolare apparente θ da cui un raggio luminoso sembra giungerci e la
po dotato di massa. Il cammino dei ragposizione angolare vera β della sorgente che lo ha emesso (rispetto ad una qualsiasi
gi luminosi emessi da una sorgente londirezione di riferimento). Questa relazione prende il nome di equazione della lente ed
tana cambia a causa della deformazione
è data da:
dello spazio-tempo, cosicché sull’osserr
r r
vatore vengono focalizzati raggi che, in
β
=
θ
−
α
(θ )
assenza della massa, non sarebbe stato
dove α(θ) è l’angolo di deflessione di un raggio luminoso che proviene dalla posiziopossibile ricevere. L’effetto prodotto
ne angolare θ. Il valore dell’angolo di deflessione dipende dai parametri che carattedalla presenza di un corpo celeste è
rizzano la distribuzione di massa del corpo che funge da lente. Ad esempio, nel caso di
quindi paragonabile alla rifrazione da
una qualsiasi lente di dimensioni angolari così piccole da poter essere considerata punparte di una comune lente ottica: così
tiforme, esso è dato da:
come la luce si propaga attraverso quest’ultima con una velocità diversa da
4GM DLS
α=
quella che ha nel vuoto, allo stesso moc 2θ DS DL
do in presenza di un campo gravitaziodove G è la costante di gravitazione universale, M è la massa della lente, c la velocità
nale la luce si propaga “più lentamente”,
della luce e DL, DS e DLS sono rispettivamente le distanze della lente dall’osservatore,
come se i fotoni fossero attratti dalla
della sorgente dall’osservatore e della lente dalla sorgente (attenzione, su scale comassa che produce il campo gravitaziosmologiche le distanze non si sommano banalmente, per cui DS non è uguale a DL +
nale. Questa similitudine spiega anche il
DLS !). Nel caso specifico del Sole, si ha:
nome dato al fenomeno: lensing gravitazionale.
4GM
α=
c 2R
Un po’ di storia
Il concetto di deflessione della luce
dovuto alla gravità è tutt’altro che recente. Un primo riferimento apparve in
dove, sostituendo i valori delle costanti c e G e quelli della massa M (2×1033 grammi)
e del raggio R del Sole (circa 700 000 chilometri), si ottiene il valore di 1,74 arcosecondi predetto da Einstein e successivamente confermato dalle osservazioni.
continua a pagina 38
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Se si considera il caso di una lente sferica, si può dimostrare che
una sorgente che si trovi esattamente allineata con l’osservatore e la lente ha come immagine
un anello, detto “anello di Einstein”, il cui raggio angolare è
dato da
θE =
4GM (θ E ) DLS
DL DS
c2
In questa formula M(θE) non è
altro che la massa della lente
racchiusa entro il raggio di Einstein. È evidente quindi che se si
riesce a misurare il raggio di Einstein di una lente si ha immediatamente una stima della massa
della lente!
I corpi celesti come le galassie o
gli ammassi di galassie non sono
generalmente sferici ma possono essere considerati tali con un
certo grado di approssimazione.
Una sorgente che si trovi piuttosto allineata con il centro della
lente produce delle immagini
molto vicine al raggio di Einstein. Ad esempio nel caso di
lensing multiplo di quasar, la separazione angolare delle immagini è con buona approssimazione uguale a due volte
il raggio di Einstein della lente. Allo stesso modo gli archi giganti che si osservano al
centro degli ammassi di galassie ci permettono di misurare la posizione dell’anello di
Einstein e quindi di ottenere una stima della massa degli ammassi. Questo metodo (anche se con opportune varianti tali da migliorare la precisione delle misure) rappresenta
una delle tecniche più sicure per determinare la massa degli ammassi di galassie, perché prescinde da qualsiasi assunzione circa i processi fisici che avvengono all’interno
di queste enormi lenti gravitazionali.
La possibilità di avere stime accurate delle masse degli ammassi di galassie è di fondamentale importanza per la cosmologia. Infatti nel quadro del modello attualmente
accettato per la formazione delle strutture nell’universo (il cosiddetto modello gerarchico), essi rappresentano i più grandi oggetti legati gravitazionalmente. Grazie a questa caratteristica e al fatto che sono oggetti relativamente giovani, lo studio
della loro abbondanza e della loro distribuzione in massa consente di porre
forti vincoli ai principali parametri cosmologici, quali ad esempio la geometria dell’universo e l’ampiezza delle
fluttuazioni primordiali da cui si sarebbero generate tutte le strutture ora presenti nel cosmo.
A destra: l’Anello di Einstein 00472808, nello Scultore, ripreso dalla
camera WFPC2 di Hubble. L’oggetto
di colore arancio è la galassia ellittica lente, l’arco colorato in blu di 2,35
secondi d’arco di diametro, è l’immagine distorta di una galassia più lontana, sede di formazione stellare.
Sopra: Nel modello cosmologico standard l’universo viene assunto a grande
scala come omogeneo e isotropo, ma
localmente possono comparire distorsioni causate dall’intenso campo graviazionale di una massa perturbatrice.
Allora, la griglia regolare che rappresenta la struttura normale dello spazio
viene “stirata”: come conseguenza i
raggi luminosi emessi dalla sorgente
(indicati in giallo, in azzurro il percorso non perturbato) vengono deviati e
focalizzati sull’osservatore.
Germania all’inizio del
XIX secolo in un articolo
scritto da Johann Soldner,
che discusse la possibilità
di deflessione di un raggio
di luce che lambisce la superficie del Sole (vedi
Coelum n. 44). Tale deflessione, secondo le conclusioni di questo astronomo
e matematico tedesco, doveva essere di 0,84 secondi di arco. Circa un secolo
più tardi, quando lo sviluppo della teoria della Relatività Generale era solo
agli inizi, anche Albert
Einstein ottenne una stima
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cedente stima, avendo inestremamente simile.
L’UNIVERSO OMOGENEO
cluso l’effetto dovuto alla
L’erroneità di queste prime prediE ISOTROPO
suddetta curvatura spaziozioni rimase tuttavia ignorata per ditemporale. Successive veriversi anni. Lo stesso Einstein aveva
Se osservato su grande scala l’Universo ci appare isotrofiche sperimentali, condotte
più volte espresso il desiderio che
po nelle sue proprietà, cioè uniforme e omogeneo in tutnegli anni ‘20, ma soprattutqualche astronomo tentasse di misute le direzioni. L’assunzione, che è alla base del principio
to in tempi molto più recenrare la deflessione, come del resto dicosmologico, si fonda su dati sperimentali fondamentali:
ti, hanno pienamente conmostra il fatto che nel 1913 chiese al- l’osservazione che la velocità di recessione delle galasfermato il risultato predetto
l’allora direttore del Mt. Wilson Obsie, dovuta all’espansione dell’Universo, risulta proporda Einstein.
servatory quando sarebbe stato poszionale alla loro distanza dalla Terra; non costituendo la
La deflessione della luce
sibile misurare la posizione di stelle
Terra alcun punto di riferimento privilegiato, qualunque
a
causa
della gravità rapprevicine al Sole, al fine di valutare l’efpunto dello spazio tempo in espansione risulta essere
senta
perciò
uno delle prove
fetto deflettente del Sole sulla luce.
equivalente come riferimento. – Le leggi della fisica, copiù
importanti
della Teoria
Un’occasione per testare le predime dimostra l’analisi spettroscopica della radiazione prodella
Relatività
Generale.
zioni di Einstein parve presentarsi nel
veniente dai quasar lontani, sono le stesse ovunque. – La
Per
una
cinquantina
di anni
1914, durante una eclissi solare nella
temperatura della radiazione cosmica di fondo, a 2,7°K,
lo
studio
del
lensing
gravitapenisola di Crimea. Lo scoppio della
residuo “fossile” del Big Bang, risulta omogenea con
zionale procedette a rilento,
Prima Guerra Mondiale e la cattura
grandissima congruenza in ogni regione dell’Universo.
soprattutto per l’impossibidegli astronomi già giunti in Russia
lità
di
acquisire
altri
dati
osservativi.
Nonostante ciò già inper condurre le osservazioni impedirono tuttavia lo svolgitorno
alla
metà
degli
anni
‘20
si
ipotizzò
che una delle consemento delle misure.
guenze della deflessione della luce da parte dei corpi celesti
Solamente nel 1916, grazie al completamento della Teoria massivi potesse essere la produzione di immagini multiple di
della Relatività Generale, Einstein ricavò per primo l’esatta una stessa sorgente o addirittura la formazione di un anello,
stima dell’angolo di deflessione di un raggio luminoso che quando fossero verificate particolari condizioni, quali la simpassa ad una determinata distanza da un corpo dotato di mas- metria circolare dell’oggetto-lente e l’allineamento dello stessa. Nel caso specifico del Sole, egli predisse un angolo di de- so con la sorgente. Poco più tardi si ipotizzò per la prima volflessione di 1,74 arcosecondi, due volte più grande della pre- ta la possibilità di utilizzare le lenti gravitazionali come tele-
1
4
campo non perturbato
2
3
5
6
La sequenza riproduce la simulazione dell’effetto di lensing gravitazionale causato da un ammasso di galassie su una sorgente più lontana: (1) immagine della sorgente non perturbata; (2-3) distorsione indotta dal campo gravitazionale con sdoppiamento dell’immagine e formazione di archi, molto pronunciati per effetto lensing forte (5) o sfumati nel caso di lensing
debole (3) e (6). Quando lente e sorgente sono molto allineate si forma un arco quasi completo o "anello di Einstein" (4).
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L'ammasso 0024+1654, distante 5 miliardi di
anni luce nella costellazione dei Pesci, ripreso
da Hubble. Il grande arco colorato in blu che
circonda l'ammasso è il risultato della distorsione subita dalla luce di una galassia spirale
due volte più lontana. Gli oggetti in blu al centro del campo e a ore 2,6, 7 e 8 sono immagini
multiple della medesima sorgente. L'amplificazione dovuta alla lente permette di individuare
nella galassia lontana strutture e addensamenti di 300 anni luce di diametro.
scopio naturale, cioè per amplificare le immagini di oggetti lontani altrimenti non visibili.
La spinta decisiva allo studio del lensing
giunse nel 1979 (foto a pag. 36, in basso),
quando fu per la prima volta osservato un
quasar doppio, che successivi studi confermarono essere prodotto da una lente gravitazionale. Da allora le pubblicazioni che hanno
per oggetto questo fenomeno si sono moltiplicate. Nel 1985, poi, fu osservata una struttura ad arco al centro dell’ammasso di galassie denominato Abell 370. Era la scoperta del
cosiddetto lensing forte. Nessuno in precedenza aveva pensato che gli ammassi potessero avere un nucleo così denso da produrre
questo tipo di effetto. In effetti, molti interpretarono gli archi
osservati come le tracce della caduta di gas freddo verso il
centro degli ammassi.
Poi, osservando la geometria circolare e la collocazione al
centro degli ammassi di questi archi, nonché la loro bassa
brillanza superficiale e colore blu, si comprese che si trattava
di immagini fortemente distorte di galassie
lontane.
Negli stessi anni iniziò una campagna di
monitoraggio delle stelle appartenenti alle
Nubi di Magellano alla ricerca di fenomeni di
microlensing da parte di oggetti compatti e
massivi presenti nell’alone della nostra galassia. Infine, alle soglie degli anni ‘90, si
comprese che la distorsione da parte degli
ammassi di galassie sulle immagini di galassie retrostanti non si manifesta solo attraverso la formazione di grandi archi o anelli (il
cosiddetto lensing forte), ma anche con l’apparizione di piccoli archetti (lensing debole).
Fenomenologia
del lensing
Una recente ripresa del VLT del grande arco creato dalla distorsione indotta
dall’ammasso di galassie CL2244-02, interposto a una galassia, nella costellazione dell’Acquario. È visibile anche un altro arco (indicato dalla freccia)
meno intenso, in rosso, relativo all’effetto subito da un’altra galassia di sfondo. Si ipotizza che gli archi gravitazionali più sfumati siano causati da ammassi di galassie costituiti per la maggior parte da materia oscura, fornendone una misura della distribuzione negli ammassi.
Come già accennato in precedenza, la fenomenologia legata all’effetto del lensing
gravitazionale è estremamente varia. Solitamente si tende a classificare gli eventi di lensing gravitazionale in base alla massa del corpo celeste che li produce. Seguendo questo
criterio possiamo distinguere i seguenti casi:
• microlensing galattico o extragalattico;
• lensing prodotto da galassie;
• lensing prodotto da ammassi di galassie.
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Prima di addentrarci in una descrizione di ciascuno di questi casi, introdurremo alcuni concetti di
base.
Gli elementi che intervengono in
un evento di lensing gravitazionale
sono tre: la sorgente astronomica,
che emette la luce; la cosiddetta
lente, ossia il corpo celeste che
produce il campo gravitazionale
con cui la luce proveniente dalla
sorgente va ad interagire; ed infine
l’osservatore, ossia l’astronomo
che con i suoi strumenti rileva l’effetto della suddetta interazione.
Tutti insieme, questi tre elementi
costituiscono un vero e proprio sistema ottico.
le caratteristiche della lente,
questi possono essere anche
abbastanza distanti fra loro.
Possiamo poi pensare che la
lente gravitazionale si comporti come una lente di ingrandimento, aumentando
cioè la regione del cielo da
cui riceviamo il segnale
emesso dalla sorgente. Per
questo si dice che il lensing
gravitazionale è in grado di
amplificare” la sorgente.
Ora, continuando il paragone con la lente di ingrandimento, supponiamo che su
un foglio sia scritta una parola, con caratteri molto piccoli. Se facciamo scorrere
Molti fattori influenzano il modo Un’altra foto ripresa da Hubble in cui è visibile l’effet- sul foglio una lente di inin cui un evento di lensing si ma- to di lente quadrupla creato su un singolo quasar (gli grandimento, vedremo innifesta. In primo luogo, molto di- oggetti colorati in blu) da una galassia interposta. Im- grandirsi e poi rimpicciolirsi
pende da come la materia che co- magini multiple si ottengono quando si verifica un alli- le lettere che costituiscono la
stituisce la lente è distribuita. In neamento quasi perfetto tra la galassia lente e il quasar parola in questione. Allo
generale, ad esempio, la lente di- retrostante.
stesso modo, se una lente
venta molto efficiente quando raggravitazionale si muove rigiunge altissime densità di massa al centro. Tornando al pa- spetto alla sorgente, passandoci sopra e poi allontanandosi,
ragone con l’ottica, si può pensare che una lente gravitazio- vedremo la sorgente aumentare di luminosità e poi diventare
nale molto compatta produca effetti simili a quelli dovuti ad più debole. Questo spiega le fluttuazioni della curva di luce
una lente ottica particolarmente spessa e molto convergente. osservate in alcuni casi.
Ovviamente anche la quantità di massa contenuta nella lente
Se le sorgenti hanno dimensioni estese, come nel caso delè determinante: la distorsione che la lente introduce è tanto le galassie, gli effetti di distorsione dovuti alla lente gravitamaggiore quanto più grande è la massa.
zionale sono molto più evidenti. Infatti, a causa della sua
Molto però dipende anche dalla natura della sorgente. Se si struttura piuttosto irregolare, una lente gravitazionale distortratta di una stella o di un quasar, ossia di una sorgente astro- ce le immagini di una sorgente in modo non uguale in tutte le
nomica di dimensioni angolari tanto piccole da poter essere direzioni, stirandole da una parte e restringendole dall’altra.
considerate puntiformi, l’effetto di lensing non è rilevabile Per questo una galassia che si trova dietro ad un ammasso di
come una grossa distorsione delle immagini (che tenderanno galassie può essere vista sotto forma di arco.
a restare puntiformi), quanto in seguito alla comparsa di immagini multiple della stessa sorgente o di strane fluttuazioni
Il Microlensing
nella curva di luce osservata.
Le immagini multiple si formano quando la lente riesce a
far convergere sull’osservatore raggi luminosi che la sorgente ha emesso in direzioni diverse. A causa di ciò succede che
la luce emessa da un punto preciso del cielo sembra giungere da punti distinti sulla volta celeste. Dipendentemente dal-
Se la lente è di piccole dimensioni, tanto da poter essere
considerata puntiforme, il lensing che essa produce prende il
nome di “microlensing”. In particolare si parla di “microlensing galattico” per descrivere l’effetto dovuto a oggetti compatti all’interno della nostra galassia. Già da vent’anni si sa
La simulazione di un effetto di microlensing, dovuto a una lente gravitazionale molto piccola. Non si formano immagini multiple, ma si osservano variazioni di luminosità della sorgente lontana, causate dal moto dell'oggetto lente interposto (nella simulazione in lento moto da destra verso sinistra). Questo metodo viene utilizzato per rivelare gli oggetti MACHO nell'alone
della Via Lattea, analizzando fluttuazioni nell'emissione di stelle appartenenti a galassie vicine, quali le Nubi di Magellano.
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Il lettore potrebbe domandarsi in che modo ci si rende conto che si tratta di più immagini di una stessa sorgente e non,
ad esempio, di diversi quasar attorno ad una galassia. Sebbene non sia sempre facile, generalmente la cosa è possibile. Infatti, anche se una immagine può sembrare più brillante di
un’altra, misurando la magnitudine delle immagini con diversi filtri ci si può ad esempio accorgere che i “colori” delle immagini sono simili. Anche le curve di luce dovrebbero
mostrare variazioni simili, se la luce proviene dalla stessa
sorgente. Se poi si possono fare gli spettri delle immagini e
si scopre che sono uguali, allora non ci sono quasi più dubbi! Possono però esserci anche delle complicazioni, dovute al
fatto che la galassia lente potrebbe contenere delle polveri in
grado di alterare i colori o la forma degli spettri delle immagini in modo diverso.
Sopra e a fianco: l’immagine di una lente sestupla, denominata CLASS B1359+154, nella costellazione di Bootes, ripresa dal telescopio spaziale Hubble. L’effetto gravitazionale multiplo, estremamente raro, è causato dalle tre galassie
(oggetti arancio G, G’ e G” nella foto a destra), lontane 7 miliardi di anni luce, su una galassia molto più remota (gli oggetti
bianchi A, B, C, D, E e F, sono le immagini “fantasma” della galassia, distante oltre 11 miliardi di anni luce).
che le galassie sono circondate da aloni che contengono materia oscura. Si ritiene che essa sia costituita sia da particelle
elementari, sia da corpi astronomici, come ad esempio stelle
nane brune di massa inferiore a quella del sole. Il lensing da
parte di oggetti con così poca massa produce immagini multiple che non possono essere distinte tra loro per via della loro piccola separazione angolare. Tuttavia, se la sorgente e la
lente sono in movimento l’una rispetto all’altra, si possono
produrre delle variazioni di luminosità nella curva di luce della sorgente.
È possibile stimare la variazione massima di magnitudine
che risulta essere dell’ordine di qualche decimo. Simili variazioni di luminosità possono essere osservate. Infatti, sin
dalla metà degli anni ‘80 molti gruppi di astronomi hanno cominciato a monitorare incessantemente le stelle nella Piccola e Grande Nube di Magellano, alla ricerca di eventi di questo tipo che tuttavia sono piuttosto rari. Infatti la probabilità
di osservarli è davvero piccola: si stima che ad ogni istante
solo un paio di stelle tra i tre milioni della Grande Nube di
Magellano venga amplificata in modo significativo.
Il Lensing da galassie
Supponiamo di osservare un quasar molto lontano e che
tra noi e lo stesso quasar si venga a trovare una galassia. Se
questa galassia è sufficientemente grande, essa può produrre due o più immagini del quasar. Queste possono risultare
distinguibili con gli strumenti che attualmente gli astronomi
hanno a disposizione. In altri termini, ci sembrerebbe di vedere il quasar in diversi punti sulla volta celeste attorno alla
galassia lente.
Lo studio dei quasar multipli fornisce importanti informazioni soprattutto sulla struttura delle galassie che agiscono
da lenti, in particolare studiando la configurazione geometrica delle immagini dei quasar, la loro separazione angolare e la loro luminosità. Tuttavia sono molto importanti anche
le applicazioni cosmologiche: ad esempio facendo una analisi statistica che ci permetta di stimare la frequenza con cui
simili eventi si manifestano, potremmo costruire dei modelli che ci descrivano la distribuzione dei quasar nell’universo.
Inoltre, misurando il ritardo temporale con cui la luce emessa da un quasar sembra giungerci da due sue immagini distinte, è possibile ottenere una stima del parametro di Hubble. Il ritardo è infatti proporzionale alla differenza delle distanze che la luce proveniente dalle due immagini ha percorso ed è per questo motivo inversamente proporzionale alla costante di Hubble.
Il lensing
da ammassi di galassie
Anche le galassie possono a loro volta essere soggette al
lensing gravitazionale da parte di altre galassie o di ammassi
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di galassie. Poiché esse non sono puntiformi ma estese, le
distorsioni che le loro immagini subiscono sono molto più
evidenti, specie quando queste sorgenti hanno una piccola
separazione angolare dalla lente gravitazionale. Così capita talvolta di osservare al centro di ammassi di galassie dei
grandi archi luminosi che altro non sono se non immagini
di galassie lontane che subiscono l’effetto di lensing gravitazionale da parte dell’ammasso stesso. Una singola galassia inoltre può essere distorta e apparirci in forma di due o
più archi gravitazionali.
Generalmente, quando le distorsioni sono così marcate,
si parla di “lensing forte”, per distinzione dal “lensing debole”, che produce invece una distorsione molto meno evidente delle immagini delle sorgenti. Quest’ultime distorsioni sono misurabili soltanto considerando l’allineamento
di un insieme di immagini di galassie disposte intorno ad
un ammasso di galassie, allineamento prodotto dal fatto
che il lensing distorce le immagini lungo una direzione privilegiata. Poiché il modo in cui le immagini appaiono distorte dipende da come è distribuita la materia (oscura e
non) all’interno dell’ammasso, si possono sfruttare gli effetti di lensing forte e debole per ricostruire la forma degli
ammassi di galassie e soprattutto per misurare il loro contenuto totale di materia oscura. Il lensing infatti non è prodotto dalla sola materia visibile ma da tutta la materia che
costituisce la lente. Anche grazie a queste misure, si stima
che gli ammassi di galassie siano costituiti per circa il 90%
da materia oscura.
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OTTICHE COMPLETE
PER TELESCOPI
Newton, Cassegrain,
Newton-Cassegrain,
Ritchey-Chrétien, Schmidt,
Baker-Schmidt,
Schmidt-Cassegrain,
Schmidt-Newton-Cassegrain,
Maksutov
OBIETTIVI
acromatici e apocromatici
spaziati in aria
Massimo Meneghetti, nato ad Adria (Ro)
nel 1974, si è laureato in Astronomia presso
l’Università degli Studi di Padova, discutendo una tesi sul lensing gravitazionale forte
da ammassi di galassie. Attualmente è impegnato nel Dottorato di Ricerca presso il Dipartimento di Astronomia dell’Università di
Padova e il Max-Planck-Institut für
Astrophysik a Monaco, dove continua ad occuparsi di lensing
gravitazionale da ammassi di galassie.
E-mail: [email protected]
Lauro Moscardini è nato a Reggio Emilia nel 1961. Laureatosi in Astronomia
nel 1986 presso l’Università di Bologna,
dove ha pure conseguito il titolo di dottore di ricerca, dopo un paio di anni all’Astronomy Centre University of Sussex, è diventato nel 1991 ricercatore
presso il Dipartimento di Astronomia
dell’Università di Padova, dove attualmente tiene il corso di Astronomia Statistica. La sua attività di
ricerca è svolta principalmente nel campo della cosmologia
teorica. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche, si occupa in particolare di modelli teorici e simulazioni numeriche
per la formazione delle strutture su grande scala nell’Universo. E-mail: [email protected]
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