Corso di astronomia, Lezione 1, 11/11/2010. Daniele Gasparri. • Che cosa è l’astronomia • Grandezze dell’Universo • Il sistema solare Che cosa è l’astronomia L'astronomia è una scienza che non va confusa con tradizioni, credenze popolari o vere e proprie truffe, quali l'astrologia. Astronomia e astrologia non hanno nulla in comune. L'astronomia osserva e studia, con leggi fisiche, quindi oggettive e non interpretabili, il cielo. L'astrologia cerca di dare un'interpretazione fantasiosa, antropocentrica, superstiziosa, senza alcun fondamento ne scientifico ne, spesso, addirittura logico. L'astrologia è una superstizione che non ha senso di esistere se non come un divertente gioco. L'astronomia studia tutti gli eventi che si verificano nell'Universo. L'Universo è uno spazio sterminato pieno di stelle, pianeti, gas, galassie. Gli oggetti e i corpi celesti in esso contenuti hanno comportamenti unici, completamente estranei alla comune esperienza, per questo, spesso, risultano assolutamente spettacolari, strani, impressionanti. L'astronomia spesso è fatta di teorie, concetti e situazioni completamente fuori da ogni esperienza, alcune davvero contro-intuitive. Occorre fare un notevole sforzo mentale per cercare di uscire dall'antropocentrismo nel quale viviamo ogni giorno e pensare secondo canoni molto più generali: il mondo non funziona secondo quello che i nostri occhi possono vedere. Il mondo funziona a suo modo e noi, che disponiamo di sensi limitati, lo interpretiamo secondo il nostro essere. L'astronomia, e la scienza in generale, si pone l'obiettivo, ambizioso, di capire fino in fondo il funzionamento dell'intero Universo, a prescindere dai limiti dell'essere umano. L'astronomia, a qualunque livello è condotta, richiede degli strumenti per approfondire la conoscenza che abbiamo degli oggetti del cielo. Generalmente questi strumenti sono i telescopi, che permettono di osservare più da vicino, più in profondità e a lunghezze d'onda invisibili ai nostri occhi. Fare astronomia per i professionisti significa osservare certi oggetti e fenomeni, come ad esempio la forma delle galassie, e cercare di estrapolare delle teorie e dei risultati assolutamente oggettivi. L'astronomia dei professionisti va molto più a fondo della contemplazione, si sposta verso la conoscenza delle leggi naturali che regolano il cosmo. Come ogni scienza condotta a livello professionale, essa non si fa generalmente con le parole ma con la matematica, l'unico linguaggio universale e oggettivo che abbiamo a disposizione. Vediamo un piccolo esempio: siamo degli astronomi che studiano la forma delle galassie chiamate a spirale e L'astronomia professionale analizza in modo rigoroso scopriamo con molta sorpresa che tutte hanno delle gli eventi e gli oggetti dell'Universo dimensioni definite; inoltre, maggiori sono le dimensioni, maggiori sono le stelle contenute. Questa teoria, per essere accettabile, deve quantificare con numeri le parole espresse, le quali sono interpretabili e non forniscono dati oggettivi. Dire, ad esempio, che tutte le spirali hanno dimensioni inferiori a 100 mila anni luce e che le dimensioni sono proporzionali al numero di stelle contenute, è già un buon metodo per esprimere la propria teoria. La matematica, oltre ad avere il pregio dell'oggettività e dell'universalità, ha anche la proprietà di essere estremamente sintetica. La frase precedente potrebbe essere espressa in linguaggio matematico con due semplici formule che richiedono un quarto di riga: semplice, breve, oggettivo e NON interpretabile! Fare astronomia per passione non significa sottostare sempre e comunque alle rigide regole scientifiche o utilizzare complicate espressioni matematiche. L'astronomia dilettantistica, detta anche amatoriale, ha moltissimi livelli: dalla contemplazione del cielo notturno senza l'ausilio di un telescopio, ai progetti di ricerca in collaborazione con la comunità professionale. Non occorre conoscere matematica e fisica, ma avere solamente passione, pazienza e tanta curiosità. Ricordatevi che avete sempre a che fare con una disciplina scientifica e come tale va considerata, ma l'astronomia offre possibilità di divertimento e conoscenza a chiunque, a prescindere dal vostro livello di preparazione. La Via Lattea si staglia nitida sopra le nostre teste. Al di la della bellezza di questa immagine, cosa possiamo vedere? Quante stelle ci sono? Cosa sono quei solchi scuri? Perché ha una forma così strana? Quanto è grande? Perché a destra è più luminosa? Noi dove ci troviamo? Perché le stelle sono concentrate lungo una sottile linea? Ogni visione contiene in se grandissime quantità di informazioni, risposte, domande, possibilità di crescita e miglioramento personale. Fare astronomia amatoriale significa alzare lo sguardo al cielo con consapevolezza; riconoscere le costellazioni, i colori delle stelle e gli oggetti non stellari. Significa farsi domande su tutto ciò che i nostri occhi riescono ad ammirare; significa non deliziare solo il nostro senso estetico ma anche e soprattutto la mente. Gli astronomi amatoriali, detti anche astrofili, sono persone comuni animate da una passione per il cielo e per i segreti che contiene, molti alla portata dei nostri telescopi amatoriali. Nel cielo esistono spettacoli magnifici da ammirare, quasi come delle vere e proprie opere d'arte naturali. A questo punto credo che dovrebbe venire fuori il lato scientifico dell'astronomia, che poi si riduce a semplice curiosità di conoscere. I quadri che possiamo ammirare attraverso le immagini, o la visione per mezzo di un telescopio, non dovrebbero essere fini a se stessi, non dovrebbero essere visti come delle semplici fotografie spettacolari. Proprio come un'opera d'arte non va solo vista, ma osservata, interpretata, capita, anche l'astronomia, va osservata, interpretata, capita, questa volta con il linguaggio della scienza. Un'immagine spettacolare che ritrae una galassia a spirale può deliziare moltissimo la nostra vista, ma essa contiene molto di più: un'importante mole di informazioni e di domande, alcune con delle risposte, altre no. Essa contiene potenzialmente una teoria, un ragionamento che può farci spingere fino ai confini della mente umana. Ecco cosa è l'astronomia amatoriale, ecco cosa sono le immagini che vedrete qui e al telescopio: delle porte sulla conoscenza del nostro Universo e lo stimolo più grande per la vostra mente. Osservate non solo con gli occhi, ma con la mente: ponetevi domande, interrogativi, questioni. L'astronomia è curiosità, è sete di conoscenza, è una continua ricerca delle leggi naturali, presenti in questo Universo da miliardi di anni, eppure ancora così sconosciute. Essere consapevoli Per affrontare l’osservazione del cielo, ma anche per apprezzare le opere d’arte di qualche artista, o la filosofia greca, occorre acquisire una certa consapevolezza, in modo da avere le basi ed i mezzi per apprezzare davvero ciò che decidiamo di apprendere. Proprio per questo motivo, prima di tuffarsi verso l’osservazione del cielo bisogna acquisire le necessarie basi teoriche e pratiche, per fare in modo che la nostra passione possa trovare terreno fertile per essere sviluppata in pieno. In tutte le discipline scientifiche la fretta è sempre cattiva consigliera. Non possiamo pretendere di fare astronomia, sebbene amatoriale, senza conoscere i fondamenti delle osservazioni, senza saper riconoscere le costellazioni o senza sapere quali sono i corpi celesti che popolano l’Universo. Non possiamo ignorare le leggi base della natura e spendere migliaia di euro per un telescopio che non sappiamo utilizzare. Se volete intraprendere l’arte e la scienza dell’osservazione del cielo, dovete prima conoscere le basi dell’astronomia e della tecnica di osservazione. Capisco la frenesia, a volte incontrollabile, il desiderio che si trasforma quasi nell’impulso di comprare il telescopio ed iniziare ad osservare, senza dover affrontare altre fasi più noiose e in apparenza inutili, ma occorre mantenere la calma e ragionare. L’acquisto di un telescopio dovrebbe rappresentare la fine di un percorso formativo che vi ha introdotto nel mondo dell’astronomia, attraverso lo studio delle leggi fondamentali, delle basi dell’osservazione e con una certa conoscenza pratica del cielo. Se doveste acquistare un telescopio in questo momento, quando ancora non siete pronti, siete sicuri che riuscireste ad usarlo? E siete sicuri che la vostra passione è così forte, tanto da spenderci almeno 500 euro? Supponiamo che avete comprato uno strumento astronomico, un bel telescopio venduto come grande e professionale dal venditore. Se questo è il vostro caso, bè, avete già fatto un errore. Nessun venditore serio vi venderebbe un telescopio spacciandolo per professionale: gli strumenti professionali hanno dimensioni di una casa e pesano qualche tonnellata. Se il negoziante è serio e non avete preso il telescopio da E-bay (se la marca è Seben, avete combinato un disastro!) allora forse vi trovate con uno strumento effettivamente valido. Bene, allora provate a montarlo e a capire come funziona la sua montatura equatoriale. Probabilmente vi blocchereste già a questo punto, prima ancora di portare lo strumento fuori. Se riuscite a leggere le istruzioni e a montarlo, siete davvero in gamba. Lo portate fuori di notte e provate ad osservare. Sapete come si osserva nel telescopio? Sapete cosa sono gli oculari e come variare l’ingrandimento? E per puntare gli oggetti celesti? E la montatura si muove in modo strano! Oddio, l’immagine è sottosopra, c’è qualcosa che non va! Riesco a vedere qualcosa ma è tutto sfuocato e debole. Una volta che ho osservato la Luna, che faccio? I pianeti come li trovo? Le stelle sono belle da osservare? No, sembrano sempre dei puntini, forse lo strumento non funziona a dovere. E adesso che faccio? Mah, secondo me è una grande fregatura, non si vede niente. Che delusione, meglio lasciare perdere. Questo riassunto, con un tono volutamente esagerato, è il percorso che molti appassionati di astronomia compiono quando danno ascolto all’istinto e comprano un telescopio senza avere la minima idea di come utilizzarlo e dove puntarlo. La regola numero uno, quindi, è questa: acquistate il telescopio solamente quando conoscerete bene il cielo, le costellazioni, gli oggetti contenuti, i principi base dell’osservazione e della strumentazione astronomica. Leggete libri, documentatevi, cercate risposta alle vostre domande, improvvise e stravaganti, su internet, o comunicando con qualche persona già esperta di astronomia. Questo è il modo migliore per capire ed osservare le meraviglie dell’Universo. Alcune grandezze dell’Universo Alcune grandezze molto comuni, come le distanze, le dimensioni, i tempi, con le quali siamo abituati a vivere nelle comuni esperienze, sono molto diverse se rapportate all’Universo, un posto dove tutto tende ad essere incredibilmente grande, ben maggiore di quanto la nostra immaginazione è in grado di visualizzare. Le distanze Le distanze degli oggetti dell’Universo sono molto più grandi di quelle alle quali siamo abituati. La Luna è il corpo celeste a noi più vicino, orbitando intorno al nostro pianeta ad una distanza media di 380000 Km. Il pianeta più vicino a noi è Venere, che nei periodi di massima vicinanza arriva a circa 30 milioni di Km. Il Sole, la stella che ci da la vita, e intorno alla quale orbitano tutti i pianeti, si trova a circa 150 milioni di Km. Questa distanza è presa come unità di misura per il sistema solare ed è identificata con la sigla UA o AU, ovvero Unità Astronomica. Giove, il più grande pianeta del sistema Solare, dista circa 600 milioni di Km dalla Terra, ovvero circa 4,2 UA. Saturno, il più distante visibile ad occhio nudo, si trova a circa 1,5 miliardi di Km, 10 UA. Questi numeri sembrano già enormi, eppure siamo nelle immediate vicinanze del nostro pianeta! La distanza della stella più vicina, Proxima Centauri, visibile solamente dall’emisfero australe, è di circa 40 mila miliardi di chilometri, ovvero 267000 UA, ed è la più vicina! Per misurare le distanze stellari si utilizza una unità di misura più adatta dei Km o dell’UA, l’anno luce. Proxima Centauri, in questo caso, dista 4,23 anni luce, il Sole, dalla Terra, solamente 8 minuti luce; la galassia più vicina alla nostra 2,4 milioni di anni luce! Lontano nello spazio, lontano nel tempo Tutti gli oggetti che possiamo vedere emettono radiazione elettromagnetica, di cui fa parte anche la luce. Qualsiasi onda elettromagnetica, compresa la luce, nel vuoto ha una velocità elevatissima ma fissa, ovvero quasi 300000Km/s: si tratta della massima velocità raggiungibile nell’Universo, un limite invalicabile da parte di qualsiasi corpo. Nonostante sia una velocità impensabile per qualsiasi manufatto costruito dall’uomo, è veramente piccola in confronto alle enormi distanze che ci sono nell’Universo. La conseguenza della velocità finita della luce è che noi la osserviamo solamente quando essa ha compiuto il lungo tragitto che ci separa dall’oggetto che l’ha emessa. Un anno luce è la distanza che un raggio di luce percorre in un anno. Se in un secondo percorre 300000 chilometri, in un anno copre l’esorbitante distanza di circa 9 mila e 600 miliardi di chilometri! In questi termini, come abbiamo visto, la stella più vicina dista circa 4,23 anni luce. Questa unità di misura è molto utile anche da un altro punto di vista. Poiché la luce è ciò che viaggia più forte nell’Universo intero, e poiché l’informazione che abbiamo di ogni corpo celeste è la luce da esso emessa (stelle) o riflessa (pianeti), osservando una stella posta a 4 anni luce di distanza in realtà noi stiamo osservando la luce emessa 4 anni fa, che finalmente è riuscita a raggiungere la Terra dopo un viaggio di 38 mila miliardi di chilometri! In altre parole, noi osserviamo gli oggetti come erano nel passato, al tempo nel quale è stata emessa la luce che riceviamo. Non abbiamo alcun dato per osservare il presente di questi oggetti e mai ne avremo. Una stella distante 10 anni luce appare come era 10 anni fa; noi la stiamo osservando lontano nel tempo di 10 anni. Se la volessimo osservare come è oggi, nell’anno 2010, dovremo aspettare 10 anni, il tempo per il quale la luce emessa ora raggiungerà la Terra Gli stessi pianeti e il Sole ci appaiono nel passato, sebbene molto più recente. La luce del Sole raggiunge la Terra 8 minuti dopo: noi vediamo la nostra stella come era 8 minuti fa. Le stelle che possiamo osservare in cielo appartengono alla nostra Galassia e sono situate a distanze comprese tra 4 e 2000 anni luce. Il diametro reale della nostra Galassia è di circa 100000 anni luce: un raggio di luce impiega 100000 anni per attraversare il diametro del disco galattico. La Via Lattea è solo una dei miliardi di galassie contenute nell’Universo. La galassia di Andromeda è quella a noi più vicina e l’oggetto più lontano visibile ad occhio nudo, proprio nei mesi autunnali ed invernali, altissima nei nostri cieli. La distanza di questa isola di stelle, molto simile alla Via Lattea, è di 2,4 milioni di anni luce! Noi osserviamo questa galassia come era 2,4 milioni di anni fa! La situazione è simmetrica: un eventuale osservatore di Andromeda che puntasse la Terra con un supertelescopio, la vedrebbe popolata dai primi ominidi, gli antenati primitivi dell’uomo, che comparvero sul nostro pianeta circa 2,5 milioni di anni fa! Questo p il presente degli abitanti di Andromeda, sebbene non il nostro, e viceversa. Guardando lontano nello spazio guardiamo lontano nel tempo: l’Universo è una macchina del tempo, che ci permette di guardare nel passato, ma mai nel presente o nel futuro. Le dimensioni Le dimensioni degli oggetti contenuti nell’Universo sono anche esse quantità inimmaginabili. Se la Terra ci appare enorme, con il suo diametro di 12750 Km, essa è in realtà un puntino indistinto nel sistema Solare stesso, figuriamoci nell’Universo. Giove, il pianeta più grande, ha un diametro di 142000 Km, circa 11 volte più grande del nostro pianeta. Possiamo accontentarci di essere il pianeta più grande di quelli cosiddetti rocciosi, Mercurio, Venere e Marte. Il Sole, una stella di taglia medio-piccola, ha un diametro di 1 milione e 400 mila Km! La stella più grande che si conosca (quanto a dimensioni) ha un diametro di quasi 3 miliardi di Km. Essa, se si trovasse al posto del Sole, arriverebbe fino all’orbita di Saturno! Le nebulose sono distese di gas caldo o freddo, molto più rarefatto dell’aria che respiriamo, estese per decine di anni luce all’interno delle galassie; queste ultime hanno diametri fino ad 1 milione di anni luce! Lo stesso Universo che possiamo osservare ha un diametro stimato di circa 78 miliardi di anni luce! Riuscite ad immaginare una tale distanza? Le dimensioni dell’Universo. In alto a sinistra, la Terra confrontata con gli altri pianeti. Giove è ben 11 volte più grande. A destra, confronto tra Giove, il Sole e alcune stelle giganti, oltre 100 volte maggiori del Sole, il quale è 10 volte più grande di Giove e circa 100 volte più della Terra. In basso a sinistra, la posizione del Sole nella Via Lattea, l’immensa isola formata da almeno 100 miliardi di stelle, dalle dimensioni di circa 100000 anni luce, ovvero circa mille miliardi di volte più estesa del Sole. A destra, ogni punto rappresenta una galassia nell’Universo, dalle dimensioni paragonabili a quelle della Via Lattea. Si pensa che l’intero Universo abbia dimensioni di circa 78 miliardi di anni luce, ovvero un 1 seguito da 24 zeri! I tempi Non va certo meglio per quanto riguarda i tempi. L’intero Universo è un luogo estremamente dinamico, in continua evoluzione. Il fatto che a noi sembri essenzialmente statico è causato dalla scala dei tempi cui siamo abituati. La gran parte dei fenomeni che avvengono nell’Universo, come la nascita delle stelle, la loro morte, gli scontri galattici, la formazione di pianeti e ammassi stellari o nuove galassie, avvengono su tempi scala di migliaia, milioni o addirittura miliardi di anni. La scala temporale dell’Universo è totalmente diversa da quella degli esseri umani. La formazione di una stella richiede qualche centinaio di migliaia di anni, un tempo considerato brevissimo su scala cosmica. Gli ammassi aperti sono generalmente molto giovani, superando raramente il mezzo miliardo di anni. Uno scontro tra galassie è un evento che richiede qualche decina di milioni di anni per completarsi. La stessa rivoluzione del Sole e dell’intero sistema solare attorno al centro della Galassia richiede 225 milioni di anni! Una stella come il Sole ha una vita media di 10 miliardi di anni, mentre alcune stelle, 20 volte più massicce, vivono pochissimo, non oltre qualche milione di anni. Quando si parla di oggetti giovani, stiamo parlando generalmente di corpi celesti che non hanno più di qualche centinaio di milioni di anni. Oggetti di mezza età sono quelli come il nostro Sole, con un’età di 4,5 miliardi di anni. Si può parlare di vecchiaia solamente per corpi celesti che superano i 7-8 miliardi di anni. L’intero Universo ha un’età finita e si è formato 13,7 miliardi di anni fa. Non esistono oggetti che hanno più di 13,7 miliardi di anni, semplicemente perché prima non esisteva l’Universo, o meglio, non esisteva neanche un prima! Secondo le attuali teorie l’Universo si è formato da una specie di esplosione, detta big bang, avvenuta 13,7 miliardi di anni fa, la quale ha creato la materia, ma anche lo spazio e il tempo come li conosciamo. Guardando lontano nello spazio, a causa della velocità finita della luce, noi riusciamo a guardare lontano nel tempo e a risalire alla storia evolutiva dell’Universo, fino a circa 300000 anni dopo la sua nascita. Nell’Universo tempi inferiori a 100 milioni di anni sono considerati brevi. Nulla è statico, ma spesso è in movimento estremamente lento. Le stelle possono vivere anche decine di miliardi di anni, lo scontro tra galassie può richiedere milioni di anni per completarsi. La rotazione del sistema solare attorno al centro della Via Lattea richiede 225 milioni di anni. In quasi tutti i casi abbiamo a che fare con tempi molto oltre la nostra immaginazione. Le grandezze astronomiche sono, come appena visto, completamente fuori da ogni esperienza comune e da ogni immaginazione. Occorre fare uno sforzo notevole per cercare perlomeno di immaginare tali distanze e tali tempi. Appare evidente che il ruolo e l’esperienza dell’uomo non è sufficiente a spiegare eventi, distanze e fenomeni così diversi dalla sua esperienza. Sta a noi fare uno sforzo logico notevole per uscire dal mondo così come si presenta ai suoi sensi e cercare di studiare l’Universo nel quale è immerso. I corpi del sistema solare Una proficua osservazione del cielo non può prescindere dalla descrizione e proprietà dei corpi celesti in esso contenuti. In questo capitolo parliamo del sistema solare, un luogo che non contiene solo i pianeti più conosciuti, ma anche una moltitudine di corpi minori residui fossili della sua formazione, avvenuta circa 4,5 miliardi di anni fa. Dimensioni relative dei corpi principali del sistema solare, ovvero degli 8 pianeti, del Sole e della classe dei pianeti nani, di cui fa parte anche Plutone. Giove e Saturno dominano quanto a dimensioni e massa, contenendo circa l’80% della materia di tutti i corpi. Nonostante ciò, il Sole è di gran lunga il corpo celeste di dimensioni maggiori, con un diametro di quasi 700000 km, contro i 12700 della Terra. Il Sole è una stella e contiene circa il 99% della massa dell’intero sistema solare. La luce solare rende possibile lo sviluppo della vita sulla Terra e l’attività delle atmosfere di ogni corpo celeste del Sistema Solare. Le distanze non sono in scala. Il Sole La nostra stella, osservata con un opportuno filtro solare, mostra molti dettagli; oltre alle piccole macchie scure in alto (macchie solari) è visibile una certa rugosità lungo tutto il disco, (granulazione fotosferica), causata dal movimento di grandi masse di gas dagli strati inferiori fino a quelli superficiali, e viceversa Il Sole, la nostra stella, è una gigantesca sfera di gas, dal diametro di circa 1,4 milioni di chilometri, 110 volte il diametro dalla Terra, 10000 volte più massiccio, composto da idrogeno (circa il 75% della massa), elio (circa il 24%) e da materiali più pesanti, chiamati genericamente metalli (i più abbondanti sono ossigeno, carbonio neon e azoto). Nonostante le sue ragguardevoli dimensioni, il Sole è una stella di taglia medio-piccola; nell’Universo ne esistono anche di 100 volte più massicce o 100 volte più grandi! Come tutte le stelle, essa emette radiazione elettromagnetica, quasi tutta nello spettro visibile, percepita quindi dai nostri occhi come luce. La temperatura superficiale è di 5770 K*. In realtà, in questi casi il termine superficie non può avere lo stesso significato dei pianeti rocciosi e neanche di quelli gassosi (una spiegazione per questi ultimi verrà data in seguito). Nel caso delle stelle, composte esclusivamente di gas, la superficie è identificata come il primo strato gassoso opaco che si incontra e che emette gran parte della luce che giunge a noi. L’energia prodotta e successivamente emessa sottoforma di radiazione elettromagnetica proviene dal processo di fusione nucleare, che si sviluppa nella zona nucleare (non oltre un raggio del 10% del totale), relativamente facile da capire. L’idrogeno, che è l’elemento principale, al centro si trova in forma ionizzata, cioè si presenta privo del suo elettrone; l’atomo di idrogeno privato dell’elettrone si riduce ad una singola particella: il protone, di carica positiva. E’ noto a tutti che due particelle di carica positiva (analogamente a due poli uguali di una calamita), si respingono. Al centro del Sole tuttavia, la temperatura è molto alta, così come la pressione del gas: alta temperatura ed alta pressione significano altissima densità e alta velocità delle singole particelle (la temperatura è una misura della velocità, casuale, di una particella); se due atomi di idrogeno ionizzato collidono molto violentemente, invece di respingersi si fondono e formano una nuova specie atomica, costituita da due protoni legati. Durante il processo di fusione si libera una grande quantità di energia sottoforma di raggi gamma: questa è la fonte di energia del Sole e di qualsiasi stella: due protoni che urtano molto violentemente, si fondono, liberando energia e formando un nucleo di una nuova sostanza: l’elio. In realtà Le macchie solari sono grandi regioni nelle quali la il ciclo di reazioni, chiamate protone-protone, è più granulazione solare è assente. Di fatto si tratta di complicato e vi sono coinvolti 4 atomi di idrogeno che depressioni nella fotosfera solare, con temperature di portano alla formazione di un nucleo di elio 4, cioè formato un migliaio di gradi inferiori all’ambiente circostante. da 2 protoni e 2 neutroni, in una catena composta da diverse Esse appaiono scure per contrasto; in realtà emettono reazioni, ognuna delle quali produce energia sotto forma di luce propria e sono facili da osservare al telescopio. raggi gamma. L’energia prodotta in questo modo è spaventosamente alta; basti pensare che un grammo di atomi di idrogeno, fondendosi, produce 6.4 ⋅ 1011 Joule (600 miliardi di Joule), cioè l’energia consumata in un anno intero da 200 lampadine sempre accese da 100 watt l’una! Nel Sole, ogni secondo, in questo modo viene prodotta un’energia spaventosa, pari a 3.8 ⋅ 10 26 Watt . In un anno l’energia prodotta è di 1.2 ⋅ 10 34 Joule , miliardi di miliardi di volte la produzione dell’intero genere umano in tutta la sua storia. Questa enorme energia, principalmente sottoforma di raggi gamma, non riesce però a raggiungere la superficie della nostra stella a causa della densità elevatissima del gas; un raggio gamma prodotto da una reazione nucleare percorre meno di 1 cm nel luogo dove è stato prodotto, prima di Le protuberanze sono enormi getti di gas colpire un nucleo atomico e trasferirgli la sua energia, allo incandescente (10000 K) che si elevano dalla fotosfera stesso modo di un proiettile che si conficca in un sacco di solare. Osservabili solamente con particolari telescopi solari in luce H-alpha sabbia. * In astronomia, la temperatura dei corpi celesti si esprime in gradi Kelvin (K). Questa scala è chiamata temperatura assoluta. Zero gradi kelvin corrispondono a -273,16°C e lo zero Celtius ha una temperatura di 273,16 K Il nucleo atomico colpito acquista un’energia in più che provvede a riemettere poco dopo verso un altro atomo; questa catena prosegue lentamente, fino a quando, dopo un percorso durato milioni di anni, l’energia prodotta riesce ad uscire dal Sole; tuttavia non si tratta più di un fotone di raggi gamma ma molto meno energetico, poiché gran parte dell’energia è stata ceduta agli atomi trovati nel suo percorso sottoforma di quantità di moto, e ciò che vediamo uscire dalla fotosfera è un fotone di lunghezza d’onda visibile, direttamente collegato alla temperatura dello strato di gas da cui esce. La pressione esercitata dei raggi gamma prodotti dalle reazioni nucleari è, insieme alla pressione del gas, ciò che impedisce al Sole di collassate su se stesso a causa della forza di gravità e di continuare a vivere e splendere a seguito dell’equilibrio trovato con la forza di gravità, che tende sempre a farlo contrarre fino ad uno stato densissimo; se il contributo della cosiddetta pressione di radiazione dovesse cessare, il Sole comincerebbe a contrarsi e niente potrebbe fermare la sua corsa, che si arresterebbe solo quando verrebbe raggiunto uno stato della materia densissimo e particolare (nana bianca o stella di neutroni). In effetti questo è il destino che attende la nostra e tutte le altre dell’universo; quando un giorno il combustibile nucleare finirà (il Sole ne brucia migliaia di miliardi di Kg ogni secondo), la pressione di radiazione cesserà di esistere e la sola pressione del gas non sarà sufficiente ad evitare che la forza di gravità lo faccia contrarre, e dopo degli stadi semi-stabili, il suo destino sarà segnato e si trasformerà in una stella calda grande come la Terra ma migliaia di miliardi di volte più densa, destinata a spegnersi nel tempo; nessuna paura, poiché la nostra stella è solamente a metà della sua vita, e per altri 4,5 miliardi di anni potremmo stare tranquilli. Gran parte della materia solare è concentrata nella regione nucleare, dove si raggiungono temperature di oltre 15 milioni di gradi e pressioni di 300 miliardi di atmosfere; nella fotosfera invece, lo strato atmosferico spesso 400 Km che emette la luce che giunge sulla Terra, la densità è molto bassa, 100000 volte inferiore alla densità dell’aria dell’atmosfera terrestre in prossimità del livello del mare. Anche la temperatura è scesa di molto, nonostante continui ad essere di 5770 K, cioè 5500°C. Oltre la fotosfera inizia l’atmosfera, che si estende, sebbene con densità bassissime, per milioni di Km nello spazio; essa è modellata dall’intenso campo magnetico solare che la rende incandescente fino a 2 milioni di gradi e ne modella la forma, visibile da Terra solamente durante le eclissi solari totali (corona solare). Mercurio Planisfero (parziale) di Mercurio, costruito con osservazioni eseguite durante il giorno con un filtro infrarosso e una webcam. Sono evidenti chiaroscuri, una combinazione di zone a diversa luminosità e grandi crateri da impatto. In questo e nei seguenti planisferi il sud del pianeta è in alto. Questa e tutte le altre immagini planetarie sono state ottenute dall’autore con un telescopio da 235 mm e rappresentano quanto di meglio l’astrofilo può osservare all’oculare di uno strumento simile, sotto condizioni atmosferiche perfette. Mercurio fu identificato come pianeta sin dall’antica Grecia, quando gli osservatori, naturalmente ad occhio nudo, avevano notato come questo piccolo punto si muovesse nel cielo, sempre vicino al Sole, contrariamente al resto delle stelle considerate fisse. Benché non si conoscesse la ragione di questo movimento, le grandi capacità osservative degli antichi furono più che sufficienti per considerarlo un oggetto peculiare. Attualmente sappiamo che Mercurio è il primo, in ordine di distanza, dei pianeti del sistema solare, che secondo le attuali classificazioni sono 8, visto che Plutone appartiene alla nuova classe dei pianeti nani. Come ogni pianeta, sappiamo quindi che esso ruota intorno al Sole, la stella che rende possibile l’esistenza stessa del sistema solare e in particolare della vita sulla Terra. Proviamo ad immaginare di non conoscere nulla di questo pianeta e di voler scoprire qualche sua particolarità con le nostre forze; in fin dei conti è questo il lavoro di un astronomo, osservare e capire. Allora, seguendo questo approccio investigativo, cosa potremmo scoprire? I dati in nostro possesso dalle osservazioni condotte al telescopio o anche semplicemente ad occhio nudo ci possono fornire molti dettagli, come nel caso del Sole e di tutti gli altri corpi dell’Universo. Analizziamo il primo dato che abbiamo: Mercurio non si discosta mai dal Sole più di 18°, a volte anche meno, 16 o anche 14°: le elongazioni non sono tutte uguali ed esso, al telescopio mostra le fasi. Si tratta quindi di un pianeta posto su un’orbita più interna al nostro, cioè più vicino al Sole. Visto che le sue elongazioni sono le minori rispetto agli altri pianeti, possiamo supporre che esso sia il più vicino al Sole e che sia posto su un’orbita non circolare ma piuttosto ellittica. In effetti, l’eccentricità orbitale è la più alta di tutti i pianeti, pari a 0,20. La superficie si presenta grigio-marrone con contrasti che si enfatizzano aumentando la lunghezza d’onda e che tendono a restare immutabili anche nel corso di diversi giorni. Al telescopio quindi osserviamo direttamente la sua superficie che appare simile a quella lunare, poiché i chiaro scuri visibili possono essere Mercurio è un pianeta interno, interpretati come crateri da impatto. Osservandolo nel corso dei giorni è quindi mostra le fasi. La sua facile stabilire il suo periodo di rivoluzione intorno al Sole, di 87.88 giorni superficie, priva di atmosfera e piena di crateri, ricorda da vicino terrestri, così come il periodo di rotazione intorno al proprio asse, di 58.65 quella lunare giorni terrestri. Utilizzando la terza legge di Keplero siamo in grado di ricavarci il semiasse maggiore della sua orbita, che può essere assimilata anche alla distanza media alla quale orbita, pari a 57,8 milioni di Km, circa un decimo della distanza media Terra-Sole. Il suo raggio risulta essere poco superiore a quello lunare, pari a 2424 Km. Data la sua vicinanza alla nostra stella, risente molto della sua influenza, sia a causa della notevole quantità di radiazione che vi giunge, producendo temperature medie stimate intorno ai 450°C, sia per gli effetti gravitazionali provocati dall’immensa massa solare che si riscontrano nel periodo di rotazione-rivoluzione e nella particolarità della sua orbita. Le forze di marea hanno prodotto un notevole rallentamento del periodo di rotazione attorno al proprio asse, esattamente i 2/3 del periodo di rivoluzione (87,88 giorni terrestri); questo rapporto semplice non è casuale e si chiama risonanza. L’orbita di Mercurio è molto ellittica (0,20) e non è chiusa, nel senso che il pianeta, dopo un giro completo, non ritorna esattamente alla stessa posizione, pur essendo il suo moto stabile per miliardi di anni. Ciò che si verifica è uno spostamento del perielio, o in Mercurio in fase quasi piena. In modo più semplice, è come se l’orientazione dell’orbita cambiasse questi momenti si presenta molto leggermente da una rotazione ad un’altra e questo è in parte dovuto alla vicino al Sole e può essere osservato solamente di giorno presenza del Sole che curva lo spazio secondo la teoria della relatività generale. Mercurio praticamente non possiede atmosfera e di questo ci si può accorgere anche osservandolo al telescopio; la quasi totale assenza di gas si spiega con la piccola massa e con le grandi temperature a quelle distanze dal Sole, che scendono a -150°C nella parte non illuminata (a causa della mancanza di atmosfera). In effetti la sua superficie ricorda molto quella lunare, con una colorazione grigio-marrone e numerosissimi crateri, molti dei quali sono antichissimi e sono la testimonianza del bombardamento subito da tutti i corpi del sistema solare poco dopo la loro formazione. Venere Planisfero dell’atmosfera di Venere nel vicino ultravioletto, reso in falsi colori e risalente alla rotazione del 7-10 Aprile 2007. Ripresa con webcam e filtro violetto N. 47 + filtro taglia infrarosso. Le nubi equatoriali ruotano in circa 4 giorni, mentre quelle situate presso le medie latitudini sono più lente. Questi dettagli sono estremamente difficili da osservare all’oculare, ma con un po’ di allenamento e la giusta tecnica si possono comunque percepire. E’ il pianeta a noi più vicino e simile, come dimensioni e massa; tuttavia è molto diverso dalla Terra. Venere, come Mercurio, mostra le fasi e non si allontana mai dal Sole più di pochi gradi, in quanto ha un’orbita più interna rispetto alla nostra e quindi si vede sempre prospetticamente vicino al Sole anche se non tanto quanto Mercurio; questo significa che è più vicino alla Terra e più lontano dal Sole. Nonostante una distanza minima dalla Terra di 40 milioni di Km e l’apparente somiglianza, Venere ha subito un’ evoluzione molto diversa, che lo a portato ad essere il pianeta più inospitale e caldo del sistema Solare. Le osservazioni di imponenti sistemi nuvolosi, sia in ultravioletto che in infrarosso, nonché un’emissione termica superficiale e pressoché costante sia ai poli che all’equatore, si spiegano con l’esistenza di una spessa e densa atmosfera (pressione al suolo circa 90 atm!) costituita per la gran parte da anidride carbonica (96,5%) e per il restante da azoto. Sono presenti piccolissime quantità di altri gas, come idrogeno, acido solforico, elio ossigeno ed acqua. La presenza di anidride carbonica e acido solforico è Venere è il pianeta più vicino alla Terra, simile per responsabile dell’elevatissimo effetto serra che fa forma e dimensioni. E’ sempre avvolto da una spessa aumentare la temperatura del pianeta di ben 500°C, coltre nuvolosa, composta da anidride carbonica e acido solforico, che introduce un enorme effetto serra, portandola da un teorico -44°C a 480°C. rendendo il pianeta il più caldo del Sistema Solare. L’intensa circolazione atmosferica poi distribuisce questo calore in modo pressoché uniforme su tutta la superficie, con il risultato che Venere, nonostante non sia il più vicino al Sole, è il pianeta più caldo del sistema Solare. La parte non illuminata, analogamente ad un pezzo di ferro riscaldato, emette una debole luce alle lunghezze d’onda infrarosse, detta emissione termica Se non avesse posseduto questo spesso involucro gassoso, Venere avrebbe sperimentato, nella parte in ombra, temperature di un centinaio di gradi sotto lo zero. L’atmosfera è completamente opaca alla radiazione visibile e del vicino infrarosso, nascondendo perennemente ogni dettaglio superficiale, che si è potuto studiare solamente con tecniche radar e sonde inviate sulla sua superficie. L’estensione dell’inviluppo atmosferico è notevole, così come la sua struttura e dinamica. Durante il transito del pianeta sul disco solare, avvenuto l’8 giugno del 2004, l’estensione dell’atmosfera venusiana si è resa visibile anche con telescopi amatoriali, sia in prossimità del bordo solare, sia durante tutte le fasi dell’attraversamento; nel primo caso come un anello brillante che deviava la luce solare, nel secondo caso come una zona leggermente meno luminosa e sfocata attorno al disco scuro che si stagliava sulla fotosfera solare. Quasi tutta l’atmosfera è compresa entro una sfera di 700-800 Km di altezza ma le nubi e la grande dinamica si sviluppa a quote molto più basse. Intorno a 70-80 Km, si trovano nubi composte da piccole goccioline di acido solforico, ad una temperatura intorno ai -50°; mano a mano che si scende, la temperatura aumenta e si modificano anche le strutture nuvolose presenti, fino a circa 45 Km di altitudine, quota minima di condensazione dell’acido solforico nell’atmosfera venusiana. Al di sotto di tale quota, si ha uno strato di foschia causata dal vapore di acido solforico, mentre negli strati interiori, fino alla superficie, l’atmosfera è piuttosto limpida. La sommità, dove si possono osservare i maggiori sistemi nuvolosi, ruota molto velocemente intorno al pianeta, in soli 4 giorni, implicando velocità dei venti con punte anche di 350-400 Km/h. Mano a mano che si scende di quota, la velocità dei venti diminuisce fino ad arrivare ai 4-5 Km/h. L’atmosfera del pianeta è 90 volte più densa di quella La superficie è stata studiata sia con tecniche radar, sia terrestre e spessa oltre 1000 km, tanto da essere (seppur per breve tempo) da 2 sonde Russe che vi visibile quando il pianeta attraversa il disco solare atterrarono; nonostante esse furono costruite per resistere a (transito) condizioni estreme, l’ambiente venusiano (altissima temperatura, in grado di fondere piombo e stagno, acido solforico in quota, e pressione di 90 atm) le ha rese inoperative e distrutte nel giro di un paio di ore. Le informazioni che disponiamo della superficie del pianeta ci indicano un luogo infernale e molto secco, prevalentemente pianeggiante, non molto craterizzato e quindi relativamente giovane (si pensa attorno ai 500 milioni di anni), ricco di vulcani che potrebbero essere ancora attivi. Fu proprio nel 1989 che la sonda Magellano, in orbita attorno al pianeta rilevò nell’atmosfera concentrazioni particolarmente elevate di acido solforico, che nel giro di qualche mese tornarono nella norma; probabilmente questo fu il segno di imponenti eruzioni vulcaniche che riversarono negli strati atmosferici grandi quantità di polveri e gas. Un’altra particolarità del pianeta: il suo periodo di rotazione è retrogrado (ruota cioè in senso contrario rispetto agli altri pianeti del sistema solare) e molto lento (243 giorni terrestri) è più lungo del periodo di rivoluzione attorno al Sole (222 giorni). La misura del periodo di rotazione estremamente lento è un dato di recente acquisizione poiché con le osservazioni telescopiche è quasi impossibile da stimare a causa dell’inosservabilità della sua superficie. Solamente con tecniche radar, che sono in grado di penetrare la spessa coltre di nubi, si è riusciti a misurare la velocità di rotazione, attraverso l’effetto doppler, e quindi il periodo. Una delle pochissime immagini esistenti della superficie di Venere, eseguita dalla sonda russa Venera 13, il 1 Marzo 1982. Le condizioni atmosferiche erano così estreme che la sonda sopravvisse solamente per circa 90 minuti, prima di venire schiacciata dalla pressione di 90 atm e dalla torrida temperatura di circa 400°C La Terra Il nostro pianeta è unico nel sistema solare e, almeno per quanto ne sappiamo, nell’Universo (per ora!). La presenza di acqua allo stato liquido, un’atmosfera ricca di ossigeno, con il giusto effetto serra per avere una temperatura ideale, ha permesso lo sviluppo imponente della vita. La sua attività geologia permette il riciclo degli elementi alla base della nutrizione e sostentamento di tutti gli esseri viventi. Il nostro pianeta, inoltre, ha caratteristiche orbitali che lo rendono il luogo ideale per il tipo di vita che oggi conosciamo. L’orbita terrestre è ellittica; la distanza Terra-Sole varia tra 147 (in inverno) e 152 milioni di Km (in estate). Il susseguirsi delle stagioni permette all’intera superficie di beneficiare degli influssi positivi della radiazione solare, il moto di ogni attività terrestre e dell’intero ciclo dell’acqua. Vi siete mai chiesti da cosa sono causate le stagioni? Di sicuro non dalla distanza variabile dal Sole, anche perché d’estate (nell’emisfero nord), quando fa più caldo, la Terra è più distante dal Sole rispetto all’inverno. Il susseguirsi delle stagioni è determinato dall’inclinazione dell’asse terrestre rispetto al piano dell’orbita, detto eclittica, il cammino celeste nel quale noi vediamo proiettato il Sole ed i pianeti. L’inclinazione dell’asse terrestre, rispetto alla perpendicolare al piano dell’orbita (eclittica), è di 23°,27’ A causa di questa proprietà, nel corso dell’anno la superficie terrestre non riceve sempre la stessa quantità di luce solare, e si crea il ciclo delle stagioni. Quando il Sole si trova perpendicolare all’equatore, si hanno gli equinozi, mentre quando esso è perpendicolare ai tropici (del Cancro e del Capricorno) si verificano i solstizi. L’asse terrestre ha un’inclinazione di 23° e 27’ rispetto alla perpendicolare al piano dell’orbita, ovvero l’eclittica. Questa particolare configurazione fa si che durante il moto di rivoluzione intorno al Sole i due emisferi terrestri ricevano una quantità variabile di energia solare. In estate, alle nostre latitudini il Sole si trova molto alto sull’orizzonte e le giornate durano di più. L’orientazione dell’asse terrestre fa si che il polo nord terrestre sia inclinato nella direzione del Sole: i raggi solari arrivano in modo più diretto, scaldando l’atmosfera e la superficie. Nello stesso periodo, nell’emisfero sud è inverno. Il polo sud è orientato nella parte opposta al Sole e si trova al buio completo. I raggi solari che giungono alle medie latitudini sono molto inclinati e vengono assorbiti dall’atmosfera terrestre in modo più efficiente, producendo minore riscaldamento del suolo. Nel solstizio d’estate il Sole si trova sulla verticale del tropico del Cancro (ad una latitudine di 23°,27’ nord) il 21 giugno di ogni anno, determinando l’inizio dell’estate per l’emisfero nord e dell’inverno per il sud. Il giorno dell’equinozio, che avviene il 20 o il 21 Giugno, la nostra stella si trova prospetticamente nella costellazione del Toro, al confine con i Gemelli. Queste figure risultano quindi completamente invisibili, mentre risultano osservabili per tutta la notte quelle poste nella parte opposta, ovvero con una differenza di ascensione retta di 12 ore: Scorpione e Sagittario. Il solstizio d’estate segna l’inizio della stagione estiva per l’emisfero nord e di quella invernale per quello sud. Il polo nord è rivolto verso il Sole e riceve luce 24 ore su 24, mentre il sud è completamente al buio. L’altezza dei raggi solari, alle latitudini italiane, è massima e raggiunge i 70°, producendo un notevole riscaldamento della superficie e dell’atmosfera. Il solstizio si verifica il 20 o 21 giugno di ogni anno; in questi giorni si ha la massima durata del giorno, di circa 15 ore e i raggi solari sono perpendicolari al tropico del Cancro, non a caso posto alla latitudine di 23°,27’ nord, esattamente il valore dell’inclinazione dell’asse terrestre. Raggiunto il punto più alto, il Sole sembra tornare indietro. L’orientazione dell’asse terrestre rispetto alla nostra stella cambia e allontana il polo nord dal Sole. Durante l’equinozio di autunno l’asse terrestre è perfettamente parallelo al Sole; giorno e notte hanno la stessa durata e la nostra stella è perpendicolare, ovvero allo zenit, all’equatore. Il polo nord sta per salutare il Sole, dopo averlo avuto sempre presente nel cielo per 6 mesi, mentre al polo sud, finalmente, si rivede la luce dopo 6 mesi. Il Sole non tramonterà più fino al prossimo equinozio, quello di primavera. Nel giorno dell’equinozio d’autunno il Sole si trova nella costellazione del Leone; essa e le zone adiacenti sono quindi inosservabili, mentre le costellazioni nella parte opposta (Acquario, Pesci) risultano visibili per tutta la notte. In questo periodo, quindi, è del tutto inutile cercare di osservare l’ammasso M44 nel Cancro o l’ammasso di galassie della Vergine: dovrete avere pazienza ed aspettare almeno un paio di mesi, quando queste zone di cielo cominceranno ad emergere lentamente dal chiarore del Sole poco prima del suo sorgere. Dopo il solstizio d’estate, il polo nord comincia ad allontanarsi dal Sole, fino a quando, il 22 o 23 Settembre di ogni anno, i raggi della nostra stella cadono perpendicolari all’equatore: i poli sono equidistanti dal Sole e ricevono la stessa quantità di luce. Il polo nord sta per salutare il giorno e verrà lentamente avvolto dalle tenebre per circa 6 mesi, mentre il Sud vede finalmente la luce del Sole dopo altrettanto tempo al buio. L’estate nell’emisfero nord lascia il posto all’autunno, mentre il Sud è appena entrato in primavera. Trascorsi altri tre mesi, l’orientazione dell’asse terrestre fa si che ora il Sole, per l’emisfero boreale, raggiunge il punto più basso sull’orizzonte. Adesso è il polo nord ad essere inclinato nella direzione opposta al Sole e ad essere avvolto dal buio totale per tutto il giorno. Alle nostre latitudini il Sole arriva ma è molto basso e pallido. L’assorbimento da parte dell’atmosfera, l’inclinazione dei raggi solari e la minore durata del giorno fanno si che la temperatura sia molto più bassa che in estate: siamo in pieno inverno. Nell’emisfero sud, invece, è arrivata l’estate; il sole è alto sopra l’orizzonte e al polo sud non tramonta mai fino alla fine della stagione estiva. Il Sole è perpendicolare al tropico del Capricorno (latitudine 23°,27’ sud), come possiamo vedere nella figura della pagina seguente. Il Sole si trova al confine tra le costellazioni dello Scorpione e del Sagittario, rendendole inosservabili a qualsiasi ora. Toro e Gemelli, do Orione più in basso, dominano il cielo invernale, alti nel cielo ed osservabili per l’intera durata della notte. Il 21 o 22 Dicembre di ogni anno, il Sole raggiunge la minima altezza nell’emisfero nord. Per le località italiane essa è di circa 23°,30’, davvero piccola, tanto che la luce solare appare molto più debole rispetto all’estate, e molto meno calda. Siamo, infatti, nel pieno dell’inverno. Le giornate di luce sono brevi, e proprio il giorno del solstizio d’inverno raggiungono il minimo, di circa 9 ore. I raggi solari, molto inclinati e assorbiti dall’atmosfera, non riescono a scaldare efficientemente la superficie: per questo motivo il freddo contraddistingue questa stagione, nonostante siamo circa 4 milioni di km più vicini al Sole rispetto all’estate. Nell’emisfero sud, di contro, ha inizio la stagione estiva, con giorni lunghi e caldi. A questo punto il cammino apparente del Sole si inverte di nuovo e comincia a risalire lentamente nel cielo. L’orientazione dell’asse terrestre cambia e, esattamente tra il 20 e il 21 Marzo, si ha l’equinozio di primavera: il Sole è allo zenit all’equatore, giorno e notte hanno di nuovo la stessa durata. Il polo nord, fino a quel momento rimasto sempre al buio, vede sorgere il Sole dopo 6 mesi e non vi tramonterà più per altri sei. Il polo sud, invece, piomba nell’oscurità e nel freddo fino all’equinozio d’autunno. L’altezza del Sole per l’emisfero boreale è destinata ad aumentare fino al solstizio d’estate. La Terra ha compiuto una rivoluzione completa e il ciclo delle stagioni può proseguire. Nel cielo sono perfettamente visibili le costellazioni del Leone, Canrco e Vergine, mentre risultano inosservabili le regioni attorno ai Pesci, costellazione nella quale si trova il punto gamma, ovvero quel punto in cui avviene l’equinozio di primavera. Come certamente ricordate (vedi 1.6) questo è il punto di riferimento adottato per la misura dell’ascensione retta. In questo punto il Sole e tutti gli astri hanno coordinate equatoriali pari a Dec: 0°,0’,0” e AR: 00h,00m,00s. La situazione geometrica è rappresentata nella figura della pagina seguente. Dopo il solstizio d’inverno, il Sole comincia a risalire nel cielo. Il polo nord della terra, con tutto l’emisfero nord, cominciano a riavvicinarsi al Sole. Il 20 o 21 Marzo, i raggi solari sono di nuovo perpendicolari all’equatore. L’equinozio di primavera segna la fine della stagione invernale nell’emisfero boreale e l’inizio di quella autunnale al sud. Il Sole si trova sull’equatore celeste, ad una declinazione di 0°, e giorno e notte hanno esattamente la stessa durata, pari a 12 ore. Solamente durante gli equinozi si verifica questa particolare circostanza (non a caso il nome equinozio ha proprio questo significato) I movimenti della Terra Abbiamo visto che il nostro pianeta presenta almeno due tipi di movimento: quello di rotazione e quello di rivoluzione. Il movimento di rotazione sul proprio asse determina la durata del giorno. Il giorno siderale è il tempo impiegato dalla Terra per compiere un giro intorno al proprio asse ed è pari a 23 ore e 56 minuti. Il giorno solare, invece, è il tempo impiegato dal Sole per raggiungere uno stesso punto nel cielo. Il giorno solare è più lungo di quello siderale di 4 minuti perché, mentre la Terra ruota su se stessa, essa si sposta anche intorno al Sole, percorrendo un tratto di orbita lungo ben 2,6 milioni di Km. Per far si che il Sole, il giorno seguente, si trovi nella stessa posizione del precedente, la Terra deve ruotare un altro po’, per circa 4 minuti. 24 ore è la durata del giorno civile, ovvero il giorno che tutti noi utilizziamo. Il moto di rivoluzione intorno all’asse si compie in 365 giorni, 5 ore e quasi 49 minuti, ad una velocità orbitale media di quasi 30 chilometri al secondo! Esistono altri movimenti che coinvolgono il nostro pianeta e l’interno sistema solare, generalmente più lenti o meno evidenti. I principali sono: • precessione degli equinozi. L’orientazione nello spazio dell’asse terrestre non è sempre la stessa ma cambia con il tempo. Come una trottola che gira, la Terra si comporta allo stesso modo. Sebbene l’inclinazione rispetto all’eclittica resta circa costante, la direzione del cielo nella quale punta l’asse cambia con un periodo di circa 26000 anni. Conseguenza di ciò è lo spostamento di tutte le costellazioni nella volta celeste e dei punti nei quali avvengono equinozi e solstizi. Duemila anni fa, ad esempio, l’equinozio di primavera avveniva in quello che si chiama punto gamma, nella costellazione dell’ariete. Adesso, a causa dello spostamento dell’intera sfera celeste, il punto gamma avviene nella costellazione dei Pesci. Per lo stesso motivo, tra 13000 anni sarà Vega la nuova stella che indicherà il polo nord celeste e non più l’attuale polare, la quale tornerà tra circa 26000 anni. Il moto di precessione è molto lento ed è difficile da notare se non quando si utilizzano le coordinate astronomiche per puntare gli oggetti celesti. Le coordinate equatoriali vengono aggiornate ogni 50 anni, per tenere in considerazione il moto di precessione. • Moto attorno al centro della galassia. All’incredibile velocità di 200 Km/s la Terra e tutto il sistema solare ruotano attorno al centro della nostra galassia, compiendo una rivoluzione completa in circa 225 milioni di anni. Tutte le stelle che possiamo vedere nel cielo ruotano attorno al centro galattico, ma non tutte con la stessa velocità. Ne consegue che tra qualche decina di milione di anni il cielo che osserveranno gli uomini sarà totalmente diverso da quello che possiamo vedere ora, così come quello al tempo dei dinosauri lo era rispetto al nostro. Il nostro pianeta osservato dagli astronauti della missione lunare Apollo 17. La Terra è un pianeta unico nel sistema solare, con caratteristiche che lo hanno reso il luogo ideale per lo sviluppo della vita: acqua in abbondanza allo stato liquido, un’atmosfera che ci protegge dalle radiazioni provenienti dal Sole e dallo spazio profondo, e che allo stesso tempo ci riscalda. La giusta presenza di Ossigeno, indispensabile per la vita; i gas serra, fanno si che la temperatura sia molto più mite dei teorici -44°C che si avrebbe senza alcun effetto serra. Il ciclo dell’acqua e un suolo che si rigenera completamente, a causa di movimenti tettonici, completano il quadro e rendono il nostro pianeta perfetto per la vita, così come la conosciamo. La Luna La Luna è il nostro unico satellite naturale e di gran lunga il corpo celeste che più attrae l’attenzione, dal semplice curioso che alza sporadicamente la testa verso il cielo, agli astrofili esperti, che trovano in esso un ambiente di divertimento e studio dalle risorse infinite. Data la sua vicinanza, infatti, in media 380000 Km, la Luna ci appare di generose dimensioni anche all’osservazione ad occhio nudo, superando il mezzo grado, diametro simile a quello solare (ma da tenere presente le enormi differenze in termini di distanze!). La Luna orbita intorno alla Terra in poco meno di un mese* e durante il suo tragitto ci mostra le fasi, ma sempre la stessa faccia. Questo è dovuto ad una strana (solo in apparenza) coincidenza tra il periodo di rotazione attorno al proprio asse e quello di rivoluzione intorno alla Terra. In qualsiasi momento, da qualsiasi luogo, la Luna ci mostrerà quasi sempre lo stesso emisfero. In realtà, le cose sono un po’ più complicate ed esiste il fenomeno della librazione, che consente di osservare il 59% del nostro satellite. Benché, infatti, il periodo di rotazione e rivoluzione coincidano, l’orbita lunare è ellittica e questo significa che la velocità orbitale cambia a seconda della distanza alla Terra, consentendo di osservare più dell’esatta metà. * Il periodo orbitale è di 27 giorni 7 ore e 43 minuti, quello sinodico di 29 giorni 12 ore e 44 minuti. Si definisce periodo orbitale il tempo impiegato per compiere un giro completo. Si definisce periodo sinodico il tempo impiegato (dalla Luna in questo caso) per raggiungere in cielo la stessa posizione rispetto al Sole (considerato fisso). Il periodo sinodico è maggiore di quello orbitale poiché la posizione del Sole cambia a causa dell’orbita terrestre. Confronto tra la faccia vicina (e quindi visibile) e quella lontana (far side, quindi invisibile) della Luna riprese dalla sonda della NASA Clementine. La faccia lontana è molto diversa dall’emisfero a noi accessibile ma non è mai osservabile se non con una sonda che si porti nella sua direzione. La coincidenza tra il periodo di rotazione della Luna attorno alla Terra, con la rotazione attorno al proprio asse, fa si che essa sembri non ruotare se osservata dalla superficie del nostro pianeta; ma attenzione, questa è un’illusione, in realtà la Luna ruota su se stessa. Se potessimo osservare la Terra dalla superficie selenica, il nostro pianeta apparirebbe sempre quasi completamente fermo nel cielo. La Luna ci mostra le fasi, ovvero la superficie che ci appare illuminata varia nel tempo ed ha un periodo pari al periodo sinodico della Luna intorno alla Terra. E’ facile intuire che quando la Luna si trova tra la Terra e il Sole, noi non vediamo affatto il nostro satellite: siamo nella fase di luna nuova o novilunio. Mano a mano che percorre la sua orbita intorno alla Terra, sempre maggiore superficie ci appare illuminata, fino alla fase di primo quarto, quando la Luna si mostra illuminata esattamente a metà. Dopo circa 7 giorni la Luna si trova dalla parte opposta al Sole e possiamo vederla completamente illuminata: siamo nella fase di luna piena o plenilunio. Trascorsi poco più di sette giorni arriviamo all’ultimo quarto: la falce lunare è esattamente metà, ma dalla parte opposta rispetto al primo quarto. Dopo poco più di Schematizzazione delle fasi lunari. Quando il nostro satellite si trova la Terra e il Sole, noi non lo vediamo perché la parte illuminata è un’altra settimana si ha la luna nuova e il ciclo tra rivolta totalmente verso il Sole. Quando l’angolo Luna-Terra-Sole è di lunare inizia di nuovo. 90° possiamo osservare metà del disco lunare: siamo al primo quarto. Ogni giorno la Luna ritarda il suo sorgere nel Il nostro satellite prosegue il suo cammino attorno alla Terra e arriva cielo di circa 50 minuti, compiendo un al punto in cui si trova dietro il nostro pianeta, apparendo, quindi, percorso a ridosso dell’eclittica, sebbene con totalmente illuminato: siamo nella fase di Luna piena. A questo punto la fase comincia a diminuire, fino ad arrivare all’ultimo quarto, circa 7 oscillazioni che possono raggiungere i 5° a giorni dopo la Luna Piena. Trascorsi altri 7 giorni siamo nel punto di nord e a sud, a causa dell’inclinazione partenza: luna nuova o novilunio. dell’orbita lunare rispetto all’equatore celeste. L’inclinazione dell’orbita impedisce che ad ogni lunazione si verifichi un’eclisse solare ed una lunare. Questi eventi si verificano solamente quando la Luna si trova in fase nuova (solari) o piena (lunari) e allo stesso tempo quasi esattamente sullo stesso piano contenente il Sole e la Terra, ovvero solamente quando la sua orbita, in quei momenti, interseca o quasi l’equatore celeste. Questo punti si chiamano nodi. Vedremo le eclissi alla fine di questa trattazione sui corpi del sistema solare, quando parleremo dei fenomeni transienti. Uno sguardo d’insieme, a bassa risoluzione, ci mostra un mondo sostanzialmente grigio e statico, ricchissimo di crateri da impatto. Un telescopio amatoriale ve ne mostrerà diverse migliaia, dalle dimensioni e forme più disparate: dai grandi bacini, come Clavius, dal diametro eccedente i 200 Km, ai più piccoli crateri che è possibile identificare con uno strumento da 20-25 cm, di dimensioni inferiori al Km. Quando la luna è in fase sottile, ovvero ci mostra solamente una sottile falce illuminata dal Sole, la superficie in ombra sembra brillare di una debole luce: si tratta della luce cinerea. La Terra, vista dalla Luna, appare quasi completamente illuminata e la Luce riflessa dal nostro pianeta è sufficiente ad illuminare la parte in ombra del nostro satellite naturale. nostro unico satellite naturale è pieno di crateri, ovvero L’elevato tasso di craterizzazione dovrebbe far venire Ilgrandi voragini causate dall’impatto di grandi corpi celesti, il legittimo dubbio in merito al nostro pianeta: è detti asteroidi. Molti di questi impatti risalgono a miliardi di possibile che la Terra sia stata oggetto di un anni fa; l’assenza di atmosfera ha preservato ogni traccia, bombardamento meteorico analogo, se non superiore, contrariamente a quanto successo sulla Terra. date le dimensioni 4 volte maggiori? Gli scienziati, analizzando il suolo lunare, hanno scoperto che la gran parte degli impatti si sono verificati in un’era compresa tra 2 e 3,5 miliardi di anni fa, quando le regioni del sistema solare erano affollate di meteoriti di dimensioni superiori a qualche Km. Perché il nostro pianeta non si mostra come la Luna? La risposta è semplice: il nostro satellite è pressoché privo di atmosfera e acqua liquida, quindi di qualsiasi fenomeno di erosione ad essi associato. Inoltre, è un corpo celeste geologicamente inattivo, nel quale sono assenti, da miliardi di anni, fenomeni come vulcanesimo e tettonica a zolle, in grado di rigenerare continuamente la crosta superficiale: esattamente il contrario del nostro pianeta. Qualsiasi evento, di natura chiaramente esterna, modelli la superficie lunare (impatti meteorici o le impronte lasciate dagli astronauti) provoca dei segni che possono durate per milioni o miliardi di anni, cancellabili solamente da altri eventi esterni (tra cui il vento solare). Sulla Terra, invece, un’impronta lasciata sulla sabbia del deserto (che ricorda per consistenza la superficie lunare) ha una vita molto breve, giusto l’intervallo di tempo tra una folata di Oltre ai grandi crateri, sono presenti montagne, valli, scarpate, tutte perfettamente visibili al telescopio. vento e l’altra. Oltre ai numerosi crateri da impatto, risultano evidenti i mari, grandi regioni più scure e meno craterizzate (da non intendersi quindi con il significato letterale che di solito viene attribuito alla parola!), prodotti dalla fuoriuscita di imponenti colate laviche verificatesi miliardi di anni fa. Imponenti catene montuose, piccole colline o montagne isolate, valli e scarpate, chiamate rimae, sono tutte testimoni di un’attività geologica remota, risalente agli istanti successivi la sua formazione. Il problema della formazione della Luna è uno dei grandi interrogativi che i planetologi si sono portati dietro per molto tempo, e solamente in questi ultimi anni sembra essersi trovato un accordo tra la comunità internazionale. Il sistema Terra-Luna è infatti molto raro nel sistema solare. Molti pianeti possiedono satelliti, ma tutti di massa estremamente minore rispetto ad essi. Il rapporto tra le masse della Luna e della Terra è invece di 1:81 (la Luna è 81 volte meno massiccia della Terra) e quello dei raggi solamente 1:4. Questo, unito alla composizione chimica lunare povera di elementi pesanti e che ricorda quella del mantello terrestre, ha portato gli scienziati ad ipotizzare che la Luna si sia formata da una “costola” della Terra, a seguito di un immane impatto di un planetoide delle dimensioni di Marte con il nostro pianeta, qualche decina di milioni di anni dopo la formazione del sistema solare (la Luna ha infatti un’età stimata di 4,527 ± 0,010 miliardi di anni, contro i 4,6 stimati per il Sistema Solare, compresa la Terra). L’impatto avrebbe strappato alla Terra parte della sua massa che si sarebbe stabilizzata su un’orbita ed aggregatasi nel corso degli anni fino a formare la Luna. Altre teorie, come la cattura gravitazionale o l’accrescimento simultaneo, non possono essere accettate a causa della massa comparabile dei due corpi, che rende impossibili questi due metodi di formazione. La Luna è l’unico corpo celeste ad essere stato visitato dagli esseri umani. Tra il 1969 e il 1972 la NASA ha mandato ben 12 astronauti sul suolo lunare. Nonostante alcune voci complottiste, lo sbarco sulla Luna è stato reale ed è un evento accettato dall’intera comunità scientifica: non esiste una sola prova seria contraria a questo evento epocale, che dovrebbe unire i popoli in nome di ideali ben più alti di quelli che invece scatenano spesso guerre inutili e sanguinose. In questa immagine possiamo osservare la Terra, poco dopo il primo quarto, come appare dal suolo lunare. Marte Planisfero di Marte: il pianeta rosso è il più bello e interessante dei pianeti rocciosi e mostra molti dettagli superficiali e atmosferici. In questa mappa, realizzata con immagini riprese durante l’opposizione del 2005, con una webcam e telescopio da 235 mm, si possono notare molte nubi, intorno al polo nord (in basso), e sparse nell’emisfero sud (in alto). Al centro in basso è evidente il monte Olimpo (il punto luminoso), il più grande vulcano del sistema solare. L’appendice scura sulla destra è Syrtis Mayor, il dettaglio meglio visibile con qualunque telescopio. Questi dettagli sono facili da osservare con telescopi di diametro simile e con una certa esperienza Marte, detto anche pianeta rosso a causa della sua colorazione, è l’ultimo dei pianeti rocciosi e per certi versi quello più simile alla Terra; nonostante le dimensioni inferiori di quasi la metà (0,53) rispetto al nostro pianeta, una massa di 1/10 quella terrestre e quindi una gravità di poco superiore ad 1/3 e una durata dell’anno pari a 686 giorni, ha un periodo di rotazione simile a quello terrestre (24 ore e 37 minuti), così come l’inclinazione dell’asse di rotazione, di 25.19° contro i 23.27° del nostro pianeta. Marte inoltre possiede un’atmosfera che seppur molto tenue, può ricordare da lontano, come dinamica, quella terrestre, con la comparsa di nubi e Marte, il pianeta rosso, è il più simile alla terra, sebbene si nebbie, specialmente intorno ai rilievi e lungo il tratti si un mondo arido e privo di vita. In questa immagine, bordo. In prossimità dei poli inoltre, ci sono due ottenuta con un telescopio da 235 mm, possiamo vedere la tenue atmosfera di colore azzurro, alcuni dettagli superficiali calotte polari composte principalmente di ghiaccio più scuri, e il monte Olimpo (la chiazza chiara in basso a secco (anidride carbonica congelata) e ghiaccio sinistra), la montagna più alta del sistema solare, con i suoi 25 d’acqua che, durante le stagioni, analogamente alla Km di altezza. Terra, si espandono o si ritirano. Tutti questi dati si possono ricavare semplicemente analizzando le immagini di ogni astronomo amatoriale, o compiendo osservazioni addirittura ad occhio nudo. Proprio osservando le nostre immagini, risulta chiaro ben presto che la somiglianza con il nostro pianeta è solo apparente; un’attenta analisi mette in luce molte differenze, a cominciare proprio dall’atmosfera, molto tenue (1/100 di quella terrestre), composta quasi esclusivamente da anidride carbonica (95%), azoto (2.7%) e tracce di Argon, vapore acqueo, ossigeno, del tutto simile a quella di venere ma molto meno densa e quindi, con un effetto serra notevolmente minore. In effetti Marte è un pianeta freddo, con una temperatura media intorno ai -60°C, ma che in estate, in zone prossime all’equatore, può arrivare anche a +20-+30°C, quindi non troppo distante da quella terrestre. Questo dato conferma il fatto che la tenue atmosfera deve essere composta da gas serra che innalza la temperatura media del pianeta rosso di qualche decina di gradi. La sua superficie è ricoperta da una polvere di color rosso formata in larga misura da ossido di ferro (cioè ruggine). Le calotte polari, composte da ghiaccio d’acqua e anidride carbonica, durante le estati marziane si sciolgono e perdono completamente lo strato di anidride carbonica che viene immesso nell’atmosfera. Lo squilibrio di pressione che si crea con le zone circostanti, così come l’intensa radiazione solare al perielio, che a causa della notevole eccentricità dell’orbita è molto più intenso rispetto all’afelio, può causare forti venti che sollevano grandi quantità di sabbia, generando delle vere e proprie tempeste che possono avvolgere anche l’intero pianeta, come è accaduto nel 2001 e alla età del 2007, con venti fortissimi e polvere alzata per oltre 20 Km nell’atmosfera del pianeta. Più spesso tali tempeste sono di natura locale, ma sempre ben visibili anche con piccoli strumenti. L’atmosfera è comunque piuttosto dinamica e variabile nel tempo. Spesso intorno ai rilievi si possono trovare nubi cosiddette orografiche, oppure delle foschie o vere e proprie nebbie, ben Nuvole e nebbie nell’atmosfera di Marte, visibili lungo il bordo o lungo i principali vulcani, la cui attività principalmente concentrate nei bordi, ai poli e sembra essere cessata da diversi milioni (se non miliardi) di anni. presso le maggiori catene montuose (nubi Una delle due calotte polari è generalmente, durante la tarda estate orografiche) e l’autunno marziano, avvolta da uno spesso cappuccio di nubi che condensando porteranno alla sua estensione nel corso dell’inverno. Alle medie latitudini invece non mancano formazioni nuvolose del tutto simili ai cirri terrestri composte da ghiaccio d’acqua e di anidride carbonica, di colore bianco-azzurro, spesso molto estese, ma poco dense. La combinazione tra temperatura media e pressione al suolo non permette all’acqua liquida di poter esistere in modo stabile sulla superficie, ed essa si trova quasi esclusivamente in stato di ghiaccio, raccolta nella calotte polari ma anche nel sottosuolo, formando uno strato ghiacciato chiamato permafrost. Benché si possano osservare nubi e foschie la cui componente principale sono cristalli di ghiaccio, la loro densità è molto bassa, così come estremamente bassa è la concentrazione di vapore acqueo negli strati atmosferici a bassa quota, dell’ordine dello In questa immagine di marte sono evidenti la calotta 0,1%. L’atmosfera è quindi un ambiente estremamente polare, composta da ghiaccio d’acqua e anidride ed uno spesso cappuccio di nubi che secco e la formazione delle nubi è consentita dal fatto che la carbonica, avvolge il polo opposto. Il pianeta è molto attivo ed soglia di saturazione del vapore acqueo in atmosfera è interessante dal punto di vista atmosferico. bassissima: in altre parole bastano quantità trascurabili di questo gas affinché esso condensi in ghiaccio e formi le nubi. In alcuni luoghi, in prossimità dell’equatore, si pensa che vi siano bacini d’acqua liquida sotterranei che ogni tanto riaffiorano in superficie dando luogo a dei veri e propri canali di scolo, prima che essa evapori senza lasciare traccia. La superficie del pianeta rosso è molto interessante e si può dividere in due grandi zone: una, l’emisfero sud, piuttosto rugosa e craterizzata, e quindi antica, presenta grandi bacini da impatto (Hellas, con 1800 km è il più grande), mentre l’emisfero nord sembra un’enorme depressione ad una quota media di 2 Km inferiore all’emisfero sud ed appare Differenze geologiche tra l’emisfero sud, molto molto più liscio, quasi levigato, prevalentemente craterizzato e scosceso, e quello nord, piuttosto piatto: pianeggiante ad eccezione di alcune formazioni montuose un antico oceano o un gigantesco impatto? tra le quali spiccano il monte Olimpo, un gigantesco vulcano estinto alto ben 25000 metri (il più alto del sistema solare) e la regione di Tharsis, con la presenza di tre grandi vulcani. Considerata anche la notevole mole di dati proveniente dalle numerose sonde che vi sono arrivate sia in orbita che sulla sua superficie, sembra che su Marte un tempo scorreva acqua liquida in abbondanza e si pensa addirittura che tutto l’emisfero nord, liscio e ad una quota più bassa, fosse stato un tempo un grande oceano d’acqua liquida, quando miliardi di anni fa Marte era probabilmente un pianeta più caldo e attivo geologicamente, del tutto simile alla Terra attuale. Attualmente le uniche testimonianze della presenza di acqua liquida in un tempo molto lontano, sono date dalle immagini di sonde che hanno ripreso dettagli che sulla Terra sono riconducibili ad antichi laghi o antichi fiumi prosciugati, dalla portata impressionante. Marte possiede, come abbiamo visto, due Lune, chiamate Phobos e Deimos, che in realtà si pensa siano asteroidi catturati dal suo campo gravitazionale qualche miliardo di anni fa. Uno spettacolare tramonto su Marte, osservato dalla sonda robotica Opportuity, che nel 2003 è atterrat sulla superficie del pianeta rosso. La Terra vista da Marte appare come un punto luminoso quanto Giove. Questa fotografia è ciò che vedrebbe un osservatore posto sulla superficie del pianeta rosso, guardando nella direzione del Sole, poiché la Terra, per lui, è un pianeta interno. Ecco come apparirebbero la Terra e la Luna se un ipotetico osservatore su Marte puntasse un modesto telescopio da 100 mm. E’ impressionante notare come il nostro pianeta appaia piccolo ed indistinto, e di una bellissima colorazione azzurra. Suggestivo panorama marziano ripreso dal robot Opportunity, atterrato nel 2003 sul pianeta. Sono visibili anche le tenui nubi che solcano il cielo rosso. Questo è quello che vedrebbe un ipotetico astronauta Giove Planisfero dell’atmosfera di Giove, realizzato con immagini ottenute nell’aprile del 2005 con webcam e telescopio da 235 mm. Al centro è ben evidente la grande macchia rossa (GRS) le cui dimensioni solo di 2,5 volte la Terra. Oltre alle bande (scure) e le zone (chiare) sono visibili molte altre piccole macchie, chiare e scure che sono dei (relativamente) piccoli cicloni, rapidamente variabili nell’arco di alcuni giorni. L’atmosfera del pianeta può cambiare radicalmente nel giro di qualche mese (vedi immagini successive). Giove è il pianeta in assoluto più grande del sistema Solare, ben 11,19 volte più grande della Terra e 318 volte più massiccio. Questo si può osservare molto bene osservandolo ad occhio nudo o al telescopio: ha un moto molto lento con un conseguente periodo di rivoluzione di 11,8 anni. Nonostante le impressionanti dimensioni, è ancora circa 1000 volte meno massiccio del sole e 10 volte più piccolo. Giove è il capostipite di una classe di pianeti molto diversi da quelli finora visti: i giganti gassosi. Contrariamente ai piccoli pianeti rocciosi, Giove (e, come vedremo, altri 3), non hanno una superficie solida, ma sono composti quasi esclusivamente da un enorme involucro di gas, la cui Giove è il pianeta più attivo e dinamico del Sistema Solare, composizione chimica è simile a quella del Sole, così presentando centinaia di dettagli atmosferici. In questa come la loro densità. In effetti, dal punto di vista immagine possiamo osservare la grande macchia rossa, un chimico e morfologico sono più simili al Sole che ciclone grande due volte la Terra, che imperversa da almeno anni (ma potrebbero essere molti di più, solamente che agli altri pianeti ai quali siamo abituati a pensare; 400 non c’erano telescopi per osservarla). tuttavia, al contrario della nostra stella, essi hanno troppa poca massa per avviare nel loro interno le reazioni di fusione nucleare e quindi brillare. Giove è un pianeta molto affascinante perché molto dinamico e ricco di dettagli. E’ costituito in gran parte da Idrogeno (89%) ed elio (10%), con tracce di altri gas (Metano, Ammoniaca e Zolfo principalmente) e la sua atmosfera è ricca di fenomeni interessanti. Nel seguito della discussione continueremo a parlare di atmosfera e superficie, anche se, per quanto detto, ciò può sembrare improprio, essendo un pianeta gassoso e quindi privo di superficie. Affinché questi termini continuino ad avere ancora un senso, occorre dare delle nuove definizioni che si adattino alla famiglia dei pianeti giganti. Definiamo allora superficie lo strato gassoso che si trova alla pressione (arbitraria) di 1 bar; definiamo atmosfera tutto lo strato gassoso che si trova a pressioni minori (e quindi altezze maggiori rispetto alla superficie). Questa definizione, però, non deve essere confusa con il significato più letterale dei termini: i pianeti giganti e le stelle non hanno una superficie rocciosa e non c’è quindi distinzione tra superficie (roccia) e atmosfera (gas), ma si può pensare il tutto come una gigantesca atmosfera. L’atmosfera di Giove è molto dinamica e ricca di dettagli con nubi, tempeste, giganteschi cicloni che possono vivere fino a diverse centinaia di anni; un esempio tipico è la grande macchia rossa, un ciclone dal diametro due volte maggiore della Terra, visibile anche con piccoli telescopi. Possiamo identificare diverse macro strutture nell’atmosfera, frutto dei moti convettivi del gas a seguito dell’irraggiamento solare e dalla rapida rotazione attorno al proprio asse, di sole 9 ore e 50 minuti in prossimità dell’equatore: 1) Zone: parti atmosferiche più chiare, quasi bianche, formate da nubi a quote alte, composte principalmente da cristalli di ammoniaca e da gas più caldo che sale 2) Bande: zone più scure formate da nubi più dense, poste a quote più basse e formate da gas freddo che discende verso l’interno 3) Cicloni: piccole aree circolari perturbate che spesso assumono una colorazione biancastra (e per questo chiamati WOS = White Oval Spot); più raramente possono diventare di taglia terrestre o maggiore ed assumere colorazioni tendenti al rosso mattone; esempi tipici sono la grande macchia rossa (GRS) e, Giove ruota sul proprio asse in circa 10 ore. A causa di ciò, recentemente la cosiddetta macchia rossa appare piuttosto schiacciato. In questa immagine, ottenuta sempre con un telescopio da 235 mm di diametro, possiamo junior. moltissimi dettagli, tutti osservabili da un occhio Sebbene la struttura macroscopica delle bande e delle notare esperto, sebbene con colorazioni più tenui. zone sia sempre la stessa, la loro forma e i dettagli all’interno di esse cambiano rapidamente, anche nel corso di qualche giorno; spesso l’aspetto del pianeta può cambia radicalmente di anno in anno, con l’assottigliamento delle bande o l’espansione delle bande e la comparsa di macchie bianche (WOS) o modificazione di dettagli già presenti, come la macchia rossa, il cui aspetto è cambiato radicalmente in pochi anni. Giove quindi è un laboratorio sia per gli scienziati che per gli astrofili perché non si presenta mai come lo si è osservato in precedenza. Oltre alla variabilità data dall’atmosfera del pianeta, giove possiede numerosi satelliti, di cui 63 sono attualmente quelli noti, moti dei quali non sono altro che piccoli asteroidi o massi irregolari. Di questi infatti, solamente 4 sono alla portata di strumenti amatoriali e si tratta dei famosi satelliti galileiani, scoperti da Galileo mentre osservava il pianeta con il suo cannocchiale che si chiamano, in ordine di distanza dal pianeta: Io, Europa, Ganimede e Callisto. Ganimede è il satellite più grande del sistema solare con un diametro di 5200 Km, più grande della Luna e di Mercurio. Io è invece il più attivo dal punto di vista geologico, con eruzioni vulcaniche spesso immense e visibili anche da terra con telescopi professionali. Tutti e 4 i satelliti hanno un periodo di rotazione attorno al gigante gassoso, dell’ordine di qualche giorno (da 1,7 giorni per Io ai 16,7 per Callisto) e quindi la loro posizione è rapidamente variabile nel tempo e rappresenta un altro importante vantaggio per l’osservazione di Giove. Il pianeta possiede anche un debole sistema di anelli, sebbene la sua osservazione sia riservata solamente a qualche strumento professionale o alle 3 sonde che fino ad ora lo hanno visitato. Saturno Planisfero dell’atmosfera di Saturno (proiezione cilindrica) ottenuto con 4 riprese effettuate nel marzo 2005. La mappa copre solo l’emisfero sud, poiché quello nord era nascosto dagli anelli. Si notano zone e bande, analogamente a Giove, anche se sono presenti molti meno dettagli Saturno è sicuramente il pianeta più strano e affascinante, con i suoi caratteristici anelli,visibili con qualsiasi strumento. Simile per composizione chimica a Giove, ha una densità media minore dell’acqua: se potesse essere contenuto in un ipotetico oceano d’acqua, l’intero pianeta galleggerebbe. Si tratta di un gigante gassoso simile per dimensioni e composizione chimica a Giove, 9,5 volte più grande della Terra, 1/3 meno massiccio del pianeta gigante. La sua orbita è molto larga e quasi circolare, posta ad una distanza di 9,54 AU, cioè, circa 1 miliardo e 400 milioni di Km, quasi il doppio di quella di Giove Saturno è il pianeta più affascinante del Sistema Solare, con i suoi magnifici anelli. Poco più piccolo di Giove, è il secondo (5.20 AU). Il suo periodo di rivoluzione è quindi più pianeta, per dimensioni, del sistema solare, composto quasi lento, di poco inferiore ai 30 anni (29.46), mentre il interamente di gas, tanto che potrebbe galleggiare se posto in periodo di rotazione, come quello di tutti i pianeti un ipotetico oceano d’acqua. La sua densità media, infatti, è giganti, è molto rapido, 10,6 ore, tanto da schiacciare inferiore a quella dell’acqua. il globo ai poli a causa dell’elevata forza centrifuga. Essendo posto ad una distanza doppia dal gigante del sistema Solare, Saturno riceve 4 volte meno energia da parte del Sole, energia che è la causa principale dell’attività atmosferica di ogni corpo celeste; per questo motivo la sua atmosfera, benché molto simile a quella di Giove, è molto più calma. Come per ogni pianeta gassoso, non esiste una superficie solida, separata dallo strato atmosferico, come per i pianeti rocciosi, piuttosto la distinzione a è fatta in base ad una definizione arbitraria: definiamo superficie la quota alla quale corrisponde una pressione atmosferica di 1 bar; strati gassosi superiori costituiscono l’atmosfera del pianeta, quelli inferiori fanno parte della superficie. La temperatura dello strato superficiale è di soli 134 K, cioè -139°C e scende di 35° ad una quota di 110 Km dove la pressione atmosferica si è ridotta ad 1/10. In modo del tutto simile a quella di giove, l’atmosfera di Saturno contiene molto idrogeno (92.5%), il 6% di elio ed il restante è costituito da metano, ammoniaca ed acqua. Non possiamo naturalmente non parlare del L’inclinazione degli anelli cambia nel corso degli anni, a causa dell’inclinazione dell’asse del pianeta, proprio come succede magnifico sistema si anelli, la cui densità ed alla Terra e Marte, ma con tempi maggiori (Periodo di estensione lo rendono unico nel sistema solare. rivoluzione di 30 anni). Quando gli anelli sono disposti di profilo risultano meno spettacolari. Molto si è discusso e ancora lo si fa in merito alla loro formazione; la teoria più accreditata prende in considerazione il passaggio troppo ravvicinato di un satellite che è stato disintegrato a causa della fortissima forza mareale; i detriti, hanno costituito gli anelli che possiamo osservare, la cui massa è molto simile a Mimas, uno dei numerosi satelliti del pianeta, estesi per centinaia di migliaia di Km ma spessi solamente poche centinaia di metri (al massimo 250), e in effetti semi trasparenti. Il sistema di anelli è molto complesso e presente delle divisioni più o meno marcate, frutto di una combinazione tra l’attrazione gravitazionale di Saturno e la presenza di piccoli corpi, dette lune pastore, all’interno di essi, che ne modellano la forma e l’estensione. Oltre alle piccole luna pastore, che si pensa possano essere anche molte decine, il sistema di satelliti di Saturno è comunque il più ricco; il più famoso ed interessante è sicuramente Titano, una luna orbitante a circa 1,5 milioni di Km la seconda, per dimensioni, del sistema Solare, ma di gran lunga la più interessante. Titano infatti è un satellite avvolto da una spessa atmosfera, 1,5 volte più densa di quella terrestre, completamente opaca alle lunghezze d’onda visibili, composta principalmente da azoto, argon e metano, presente in quantità anche in superficie dove forma dei veri e propri laghi. Nonostante la temperatura, a causa della distanza dal Sole, è di soli 94 K (-179°C), Titano ricorda da vicino l’ambiente terrestre antecedente lo sviluppo della vita e non è escluso che i mattoni della vita possano essere presenti. Nella sua atmosfera vi sono imponenti sistemi nuvolosi costituiti principalmente da metano e non è escluso che esso sia la controparte dell’acqua sulla Terra, creando un ciclo simile in tutto e per tutto a quello terrestre. Urano E’ il sesto pianeta del sistema solare, orbitando a quasi 3 miliardi di chilometri dalla nostra stella. Si tratta ancora una volta di un pianeta gassoso, ma più piccolo dei giganti giove e Saturno, con un diametro 4 volte maggiore di quello terrestre. La sua composizione chimica comunque è molto simile a quella dei giganti, con una netta abbondanza di idrogeno (83%), ed elio (15%) e un 2% di metano, responsabile della colorazione verde-azzurra del pianeta. La particolarità di Urano risiede nell’inclinazione del suo asse di rotazione rispetto al piano dell’orbita, di ben 98°; in pratica, il pianeta rotola sul piano dell’orbita e i poli sono le regioni maggiormente esposte alla luce solare (è come se ruotassimo l’asse terrestre di 70°, con i poli che finirebbero al posto dell’equatore e viceversa), benché molto debole a quelle distanze. La temperatura degli strati atmosferici del pianeta infatti non supera i 58°K, cioè i -215°C. Come gli altri pianeti gassosi, mano a mano che aumenta la profondità, aumenta la temperatura, la pressione e la densità del gas. Si pensa che al suo interno vi sia un nucleo roccioso avvolto da un oceano caldo (2000°C) composto da idrogeno, elio e ammoniaca, che sfuma lentamente nell’atmosfera del pianeta. Urano è l’unico pianeta gigante a non avere una fonte interna di calore: l’esame della luce incidente e quella riemessa dal pianeta è in perfetto equilibrio. La sua atmosfera, benché simile in composizione a quella di Giove e Saturno, è molto meno attiva, anche se mostra una notevole dinamicità, con venti che soffiano a 180 m/s alle latitudini equatoriali. Non tutti forse sanno che Urano possiede un sistema di anelli, simili a quelli di Saturno, ma molto più deboli e rarefatti, visibili solo con strumentazione professionale. L’anello maggiore è esteso solo un centinaio di chilometri e spesso solo qualche decina di metri. Urano è un pianeta gassoso grande circa 4 volte la Terra. Distante circa 3 miliardi di Km, appare molto debole e privo di una efficiente circolazione atmosferica. Come tutti i pianeti gassosi, possiede un sistema di anelli e numerosi satelliti naturali (27). In questa immagine come appariva nel 1986 quando la sonda automatica Voyager 2, l’unica che lo abbia raggiunto, si è avvicinata, prima di dirigersi verso Nettuno. Nettuno L’ottavo e ultimo pianeta del sistema solare è ancora una volta un gigante gassoso, leggermente più piccolo di Urano, ma comunque grande 3,81 volte la Terra e con una massa 17 volte superiore. Alla distanza dal Sole di 30 UA, cioè 4,5 miliardi di Km, Nettuno impiega ben 165 anni terresti per compiere un giro intorno al Sole, mentre il periodo di rotazione, come tutti i pianeti gassosi, è relativamente breve, di 19,2 ore (all’equatore) e la temperatura si aggira intorno ai 38°K, cioè -235°C. La composizione chimica ricorda molto quella di Urano, con idrogeno, elio, tracce di ammoniaca e metano, che gli conferisce un colore azzurro-verde. La sua atmosfera è stranamente più attiva di quella di Urano e ricorda quella di Saturno, con la comparsa non rara di macchie scure e chiare, e di nubi, simili a cirri terrestri, ma molto diverse in composizione chimica (composte da idrocarburi pesanti in questo caso). La sua struttura interna si pensa essere composta da un nucleo centrale roccioso, da un mantello superiore composto da ghiacci fluidi (acqua, ammoniaca e metano) e da un guscio superiore di idrogeno ed elio che sfuma lentamente nell’atmosfera. Come per tutti gli altri pianeti giganti, anche Nettuno possiede una numerosa famiglia di satelliti e un sistema di anelli, molto tenue e variabile (in spessore e densità) nel tempo, ancora oggetto di studi. I satelliti finora scoperti sono 13, di cui, il maggiore e più interessante è senza dubbio Tritone, una luna geologicamente attiva, con geyser che fuoriescono dalla sua superficie, povera di crateri e quindi relativamente giovane. Nettuno è l’ultimo pianeta del sistema solare, istante oltre 5 miliardi di Km dalla terra. Si tratta ancora di un pianeta gassoso, di dimensioni pari a 6 volte la Terra. E’ stato raggiunto solamente da una sonda, l’americana Voyager 2, nel 1989. Le immagini e le informazioni di cui disponiamo, quindi, provengono in gran parte da questo unico incontro, dopo un viaggio durato ben 12 anni. Anche Nettuno possiede un tenue sistema di anelli, molto deboli ed inosservabili da Terra con telescopi amatoriali. Plutone Un tempo il nono ed ultimo pianeta del sistema solare, è stato declassificato a pianeta nano nel 2006 dall’unione astronomica internazionale (IAU), a causa delle sue caratteristiche che lo rendono molto simile ad una gigantesca cometa piuttosto che ad un pianeta vero e proprio. E’ stato scoperto il 18 Febbraio del 1930 dall’astronomo Clyde Tombaugh a seguito di previsioni (poi rivelatesi errate) eseguite analizzando il moto di Nettuno. La distanza media dal Sole è di 39,5 UA, cioè quasi 6 miliardi di Km. In realtà a causa della sua elevata eccentricità (0,24, più simile alle comete che ai pianeti) essa varia molto tra il perielio (minima distanza dal Sole) e l’afelio (massima distanza dal Capostipite di una classe di corpi celesti chiamata pianeti nani, Sole), passando dai 4,4 ai 7,37 miliardi di Km, con Plutone è un oggetto quasi completamente ghiacciato, con una un’inclinazione sul piano dell’eclittica di ben 17°. temperatura superficiale media di 43 K, ovvero circa -230°C! Durante il periodo di minima distanza dal Sole, la sua Nessuna sonda, fino ad ora, lo ha visitato, ma nel 2015 la orbita attraversa quella di Nettuno portandolo per New-Horizon, partita nel 2006, farà luce su questo sconosciuto corpo celeste. qualche decina di anni più vicino dell’ottavo pianeta; nonostante ciò, non è possibile che i due corpi celesti entrino in collisione perché esiste un rapporto semplice e costante tra il periodo di rivoluzione di Nettuno e Plutone e quindi i due pianeti non si troveranno mai troppo vicini. Sebbene non sia stato ancora visitato da alcuna sonda, grazie alle osservazioni condotte con grandi telescopi, possiamo affermare che Plutone è un corpo celeste formato quasi completamente da ghiaccio, tra cui una quantità apprezzabile di acqua. A queste enormi distanze, gran parte dei composti che sulla Terra sono volatili si presentano in forma solida, come l’anidride carbonica, l’azoto, il metano e l’acqua, questi ultimi due costituenti principali della superficie del pianeta. Plutone possiede anche una tenue atmosfera; si pensa che in realtà essa non sia stabile ma si sviluppi quando il pianeta nano si trova prossimo al passaggio al periastro (punto più vicino al Sole), quando la radiazione solare riesce a sciogliere gli elementi più volatili, i quali, trasformandosi in gas, vanno a costituire un sottile involucro gassoso, simile ad una debole chioma cometaria. Nonostante le sue dimensioni, inferiori a quelle della Luna, Plutone possiede ben tre satelliti, di cui uno è particolarmente grande, soprattutto se rapportato alle sue dimensioni: si tratta di Caronte, scoperto nel 1978, orbitante ad appena 19500 Km dal centro di Plutone, in rotazione sincrona, di diametro di 1207 Km e massa pari ad 1/9 del pianeta nano. In effetti, spesso la coppia Plutone-Caronte è classificata come un pianeta nano doppio, poiché le masse dei due corpi non sono poi così diverse, così come la composizione chimica, che nel caso di Caronte sembra sia leggermente più abbondante di ghiaccio. Gli altri due satelliti sono stati scoperti recentemente e si chiamano Notte e Idra, a distanze rispettivamente di 49000 e 65000 Km, si pensa siano dei piccoli corpi ghiacciati dal diametro di qualche decina di Km. Le Comete Sono gli oggetti del sistema solare più appariscenti, sorprendenti ed imprevedibili, quelli che più appassionano le persone all’osservazione del cielo. Fisicamente le comete, citando la definizione del grande astronomo Fred Whipple, sono delle palle di neve sporca; in effetti sono piccoli corpi celesti composti principalmente da ghiaccio d’acqua, provenienti dalle regioni più esterne del sistema solare, spesso da un enorme serbatoio posto ben oltre l’orbita di Plutone, chiamato nube di Oort. Il nucleo di una cometa ha dimensioni tipiche di qualche chilometro ed è invisibile fino a quando, raggiunta una certa distanza dal Sole (tipicamente all’altezza dell’orbita di Giove) i composti più volatili cominciano a sublimare, cioè si trasformano La cometa Q4 Neat, inseguita nel suo veloce spostamento tra da solidi a gas, andando a formare una gigantesca le stelle e resasi visibile ad occhio nudo nel Maggio del 2004. (ma estremamente rarefatta) atmosfera attorno al nucleo cometario, denominata chioma. Sotto l’influenza del campo magnetico solare e della pressione di radiazione, la chioma viene deformata fino a formare due distinte code, l’una di ioni e l’altra di polveri. La coda di ioni, come suggerisce il nome, è composta da particelle cariche (atomi o molecole private almeno di un elettrone). La radiazione ultravioletta proveniente dal Sole riesce a ionizzare parte del gas neutro presente nella chioma, frutto della sublimazione a causa della radiazione solare. Il componente principale è il monossido di carbonio ( CO ) : CO + hυ → CO + + e − (dove hυ rappresenta un fotone, espresso attraverso la sua energia, data dal prodotto della frequenza per la costante di Planck, ed e − rappresenta un elettrone). Le particelle ionizzate, cioè cariche, sentono la presenza del campo magnetico solare trasportato dal vento solare e vengono sottoposte alla forza magnetica (forza di Lorentz) formando una lunga coda in direzione quasi perfettamente anti-solare. Gli ioni CO + diffondono maggiormente la luce blu rispetto La cometa Hale Bopp nel 1997 è stata una delle più a quella rossa (come succede per ogni tipo di gas, ad spettacolari. Sono ben visibili la coda di ioni (azzurra) esempio l’aria dell’atmosfera terrestre) e la coda di ioni e quella di polveri. Ripresa di Danilo Pivato su pellicola e astrografo da 190 mm di diametro. assume la tipica colorazione azzurra. La coda di polveri è invece composta da particelle solide, generalmente silicati, sui quali agisce la pressione della radiazione e la forza di gravità solare. Qualsiasi tipo di radiazione produce, sul corpo colpito, una forza netta nella direzione di propagazione. Sebbene l’intensità della forza sia piuttosto modesta, quando esercitata su particelle piccole e in assenza di altre forze di intensità maggiore, può provocare degli effetti ben visibili, come formazione della coda di polveri delle comete. Le particelle inoltre sentono l’attrazione gravitazionale del Sole e della cometa e vengono deviate su orbite solari. E’ per questo motivo che la coda di polveri appare spesso incurvata. La colorazione è generalmente bianca e l’aspetto piuttosto diffuso, poiché le diverse dimensioni delle particelle (e il diverso albedo, cioè riflettività) subiscono in modo diverso la pressione di radiazione. L’analisi delle immagini eseguite con filtri colorati permette di determinare con precisione le proporzioni tra la coda di ioni e quella di polveri e di capire la composizione chimica ed il comportamento della cometa. C’è anche una terza componente della coda, invisibile da Terra perché emette radiazione ultravioletta alla quale la nostra atmosfera è completamente opaca*, il cosiddetto inviluppo di idrogeno. L’idrogeno si forma a causa della foto-dissociazione del vapore acqueo da parte dei raggi ultravioletti solari: 2 H 2 O + hυ → 2 H 2 + O2 . Il gas liberato forma un immenso alone che si allunga a causa della pressione di radiazione e dell’interazione con le particelle del vento solare. Le code cometarie possono raggiungere centinaia di milioni di Km di lunghezza. Quando osserviamo una cometa non siamo mai in grado di osservare e risolvere il nucleo, piccolo e nascosto dalla chioma. Mano a mano che essa si avvicina al Sole aumenta il L’inviluppo di idrogeno della comata Hale Bopp, ripreso in ultravioletto dalla sonda Soho. Confrontate le sue dimensioni tasso di evaporazione dei gas e aumenta quindi la con quelle delle due code cometarie e, in basso a destra, con il luminosità e l’estensione della coda e della chioma. Sole! * La radiazione ultravioletta si estende da 10 nm a 380 nm. La nostra atmosfera è (parzialmente) trasparente solamente dai 300 nm in poi. Se si vuole operare al di sotto di questa lunghezza d’onda occorre trasferirsi nello spazio. Asteroidi, KBO ed oggetti della nube di Oort Corpi celesti di dimensioni variabili tra qualche centinaio di Km e pochi metri o centimetri, denominati anche relitti fossili poiché si tratta quasi sempre di detriti formatisi al tempo della nascita del sistema solare e rimasti immutati per miliardi di anni. Sparsi per il sistema solare esistono milioni di corpi, concentrati perlopiù in una zona compresa tra l’orbita di Marte e quella di Giove, chiamata fascia principale degli asteroidi. In questo spazio vi si trova gran parte di questi piccoli oggetti rocciosi e irregolari, nel posto in cui, a causa dell’intensa forza gravitazionale di Giove, non si è potuto formare un pianeta. I detriti sono quindi rimasti immutati per 4,5 miliardi di anni (l’età del Sistema Solare). Esistono altri gruppi di asteroidi, ad esempio quello dei Troiani, posti sulla stessa orbita di Giove in due punti lagrangiani (di equilibrio), oppure i Centauri, oltre l’orbita del gigante. Al di là di Nettuno, l’ultimo pianeta, troviamo la fascia di Edgeworth-Kuiper (i KBO) di cui fa parte lo stesso Plutone, classificato però, a causa delle sue dimensioni e forma, come pianeta nano. Spingendoci oltre troviamo il disco diffuso e la nube di Oort; quest’ultima si pensa possa essere un gigantesco serbatoio di piccoli corpi ghiacciati che circonda tutto il sistema solare e si estende fino a 150000 unità astronomiche, cioè fino a 2 anni luce, circa metà strada che separa il Sole dalla stella più vicina, Proxima Centauri (4,23 anni luce). La differenza maggiore tra gli oggetti appartenenti alla fascia principale e quelli esterni è sostanzialmente la composizione chimica. Tutti i corpi esterni hanno componenti importanti di ghiaccio, sia di acqua che di altri materiali più volatili (anidride carbonica, azoto, ammoniaca, metano), sono cioè potenzialmente tutti delle comete, compreso lo stesso Plutone, poiché se si dovessero avvicinare al Sole gran parte della loro superficie comincerebbe ad evaporare generando una chioma e una coda. In effetti questo comportamento è stato osservato per almeno due corpi celesti: Plutone, che quando è in prossimità del perielio (punto più vicino al Sole) sviluppa una tenue atmosfera che ricorda una chioma cometaria, e Chirone, componente principale dei Centauri, il quale durante i suoi passaggi nelle zone più interne del sistema solare sviluppa anche una coda, alla stregua di una gigantesca cometa. In effetti la differenza tra le comete e questi corpi remoti è solamente di natura osservativa e in parte dinamica: sono comete tutti quei corpi celesti composti da percentuali non trascurabili di elementi ghiacciati che, se si ritrovano a passare a distanze relativamente vicine al Sole (generalmente almeno alla distanza di Giove) sviluppano una chioma e una coda. Morfologicamente e fisicamente tutte le comete appartengono alle diverse famiglie di asteroidi posti oltre l’orbita di Giove; alcune, quelle non periodiche, si pensa siano corpi celesti provenienti dalla nube di Oort, proiettati nelle zone interne a causa dell’interazione gravitazionale con altri corpi in quelle remote regioni del sistema solare (o anche il passaggio di una stella). D’altra parte tutte le comete periodiche appartengono alle famiglie di corpi posti nelle vicinanze di Giove, disturbati dalla sua intensa forza gravitazionale. Estensione del sistema solare e della nube di Oort, un immenso serbatoio di piccoli corpi celesti che si estende fino a circa 100000 UA, cioè metà della distanza tra il Sole e la stella Alpha Centauri. La scala delle distanze è logaritmica e non lineare. Cenni sulla formazione del sistema solare Fino a questo punto abbiamo osservato i pianeti ed i corpi contenuti nel sistema solare come ci appaiono oggi. Una domanda legittima allora potrebbe essere: il sistema solare è sempre stato così? Può aver avuto un’origine ed una successiva evoluzione? Se si, quale? Rispondere in modo esauriente a questa domanda non è affatto facile perché non possiamo invertire il tempo ed osservare i pianeti come erano miliardi di anni fa. Fortunatamente l’Universo è ricchissimo di situazioni che possono esserci davvero utili nel cercare di comprendere la nascita e del nostro vicinato cosmico. Prima di tutto, è bene sottolineare in modo ancora più esplicito che tutto nell’Universo è in perenne evoluzione: sebbene i nostri tempi non coincidano con i tempi delle stelle o delle galassie, nulla è immobile ed eterno, quindi è presumibile ipotizzare che anche il nostro sistema solare abbia avuto un’origine, si sia evoluto e continuerà a farlo fino al termine della sua esistenza. Il grandissimo numero di oggetti e la varietà delle situazioni dell’Universo, ci forniscono i dati di cui abbiamo bisogno. L’osservazione di numerose stelle e nebulose di diverse età, quindi a diversi stadi evolutivi, ci fornisce un’istantanea abbastanza precisa delle tappe che presumibilmente ha percorso il sistema solare nel momento della sua formazione. Secondo le numerose osservazioni e conseguenti simulazioni, la teoria più accreditata è quella della “nebulosa primordiale", cioè di un'immensa nube di gas e polvere in rotazione dalla quale si sarebbero formati il sole e i pianeti, mantenendo lo stesso moto di rotazione della nube. E’ curioso come questa teoria sia stata ipotizzata ben prima delle evidenze scientifiche da alcuni illustri filosofi del passato, tra i quali Kant. Le conseguenti osservazioni hanno effettivamente dato attendibilità a questa che fino a cento anni fa era una mera speculazione filosofica. Lo scenario della formazione del Sistema Solare, come pure di eventuali altri sistemi planetari, può essere quindi il seguente: una nube fredda molto estesa di gas interstellare, composta di idrogeno, elio, e una piccola parte di elementi pesanti aggregati in forma di polveri, si contrae per effetto della propria forza gravitazionale. Il meccanismo di contrazione può essere spontaneo, oppure stimolato dal passaggio di un'onda d'urto (per esempio dovuta all'esplosione di una supernova) attraverso la nube. Durante questa contrazione, che dura diversi milioni di anni, la nube comincia a ruotare sempre più velocemente e assume, a causa della forza centrifuga, la forma appiattita di un disco, con un diametro di circa 10 miliardi di chilometri ed uno spessore di circa 100 milioni di chilometri. Nel centro della nube si accumula una grande quantità di gas e la contrazione gravitazionale lo riscalda da una temperatura di circa -270°C fino a circa 2000°C: si e' formata una protostella. Il gas che ruota attorno alla protostella forma un disco di accrescimento e vi cade sopra lentamente, fino a quando, dopo poche migliaia di anni, si innesca il vento stellare, cioè un flusso di gas dalla protostella verso l'esterno, che trasferisce parte del momento angolare (rotazione) di quest'ultima al gas del disco. Nel frattempo, il calore e la radiazione sprigionati dalla protostella e il flusso di gas che essa emette vaporizzano i grani di polvere nella nube. La protostella, accrescendo gas, comincia la sua evoluzione in stella. Il disco comincia a raffreddarsi irraggiando energia. A seconda della quantità e della distribuzione del gas, esso può essere gravitazionalmente stabile, oppure essere instabile e formare un'altra protostella o più. In questo modo si crea un sistema di stelle doppio o multiplo. Abbastanza lontano dalla stella, il gas si e' raffreddato a sufficienza affinché una parte si ricondensi in polvere e ghiaccio; le particelle di polvere si aggregano per collisione fino a formare piccoli pezzi di roccia detti planetesimi. Dall'unione dei planetesimi si originano i protopianeti; la massima dimensione che essi possono raggiungere dipende dalla loro distanza dalla stella e dalla composizione e densità della nube primordiale: nelle regioni più interne essa sarà molto minore che in quelle esterne, perché la protostella tende a disgregare e vaporizzare le polveri. La differenza di dimensioni tra i pianeti rocciosi e quelli giganti testimonia la validità di questo scenario. La formazione dei protopianeti può richiedere da circa centomila anni ad una ventina di milioni di anni. A questo punto, la stella comincia ad emettere un forte vento che spazza via il gas residuo del disco. Se un protopianeta è abbastanza massiccio da trattenerne una parte con la propria gravità, si formerà un pianeta gassoso, altrimenti verrà spogliato del gas e darà origine ad un pianeta roccioso; e' logico che i pianeti più vicini alla stella, essendo anche i più piccoli, appartengano a questa seconda categoria. L'evoluzione successiva del sistema planetario è regolata dagli impatti tra i corpi che lo compongono. Gli impatti di meteoriti e planetesimi sui protopianeti e sui satelliti che vi ruotano attorno producono crateri sulla loro superficie, di molti dei quali ancora rimangono le tracce. Quando sono particolarmente violenti, gli impatti possono addirittura deviare i corpi dalla loro orbita originaria. Questa fase è stata attraversata dal nostro Sistema Solare da 4 a 4.5 miliardi di anni fa. Dopo qualche decina di milioni di anni, gli ultimi planetesimi ancora presenti si saranno disgregati per collisione e il sistema di stella e pianeti potrà essere diventato dinamicamente stabile, formando un sistema planetario. Dalla contrazione iniziale della protonube a questo momento sono trascorsi all'incirca 100 milioni di anni. Per quanto riguarda il nostro Sistema Solare, varie evidenze di tipo chimico e geologico fanno risalire la sua formazione a circa 4.6 miliardi di anni fa. Schematizzazione della formazione del sistema solare. A partire da una nube di gas in lenta contrazione gravitazionale si forma una condensazione centrale, detta protostella. Attorno alla protostella si forma un disco di gas e polveri in lenta rotazione. Quando la massa della protostella è sufficiente, essa si accende diventando una stella e scagliando nello spazio un forte vento stellare che tende a ripulire le regioni più interne e allo stesso tempo a trasferire una parte della rotazione al disco di accrescimento. Lontano dalla stella cominciano ad aggregarsi i planetesimi e a seconda delle condizioni di densità e temperatura delle regioni nelle quali si trovano, daranno origine a pianeti rocciosi o gassosi.