Corso di astronomia, Lezione 1, 11/11/2010. Daniele Gasparri.

Corso di astronomia, Lezione 1, 11/11/2010. Daniele Gasparri.
• Che cosa è l’astronomia
• Grandezze dell’Universo
• Il sistema solare
Che cosa è l’astronomia
L'astronomia è una scienza che non va confusa con tradizioni, credenze popolari o vere e proprie truffe, quali
l'astrologia. Astronomia e astrologia non hanno nulla in comune.
L'astronomia osserva e studia, con leggi fisiche, quindi oggettive e non interpretabili, il cielo. L'astrologia
cerca di dare un'interpretazione fantasiosa, antropocentrica, superstiziosa, senza alcun fondamento ne
scientifico ne, spesso, addirittura logico. L'astrologia è una superstizione che non ha senso di esistere se non
come un divertente gioco.
L'astronomia studia tutti gli eventi che si verificano nell'Universo.
L'Universo è uno spazio sterminato pieno di stelle, pianeti, gas, galassie.
Gli oggetti e i corpi celesti in esso contenuti hanno comportamenti unici, completamente estranei alla
comune esperienza, per questo, spesso, risultano assolutamente spettacolari, strani, impressionanti.
L'astronomia spesso è fatta di teorie, concetti e situazioni completamente fuori da ogni esperienza, alcune
davvero contro-intuitive. Occorre fare un notevole sforzo mentale per cercare di uscire dall'antropocentrismo
nel quale viviamo ogni giorno e pensare secondo canoni molto più generali: il mondo non funziona secondo
quello che i nostri occhi possono vedere.
Il mondo funziona a suo modo e noi, che disponiamo di
sensi limitati, lo interpretiamo secondo il nostro essere.
L'astronomia, e la scienza in generale, si pone l'obiettivo,
ambizioso, di capire fino in fondo il funzionamento
dell'intero Universo, a prescindere dai limiti dell'essere
umano.
L'astronomia, a qualunque livello è condotta, richiede degli
strumenti per approfondire la conoscenza che abbiamo
degli oggetti del cielo. Generalmente questi strumenti sono
i telescopi, che permettono di osservare più da vicino, più in
profondità e a lunghezze d'onda invisibili ai nostri occhi.
Fare astronomia per i professionisti significa osservare certi
oggetti e fenomeni, come ad esempio la forma delle
galassie, e cercare di estrapolare delle teorie e dei risultati
assolutamente oggettivi. L'astronomia dei professionisti va
molto più a fondo della contemplazione, si sposta verso la
conoscenza delle leggi naturali che regolano il cosmo.
Come ogni scienza condotta a livello professionale, essa
non si fa generalmente con le parole ma con la matematica,
l'unico linguaggio universale e oggettivo che abbiamo a
disposizione.
Vediamo un piccolo esempio: siamo degli astronomi che
studiano la forma delle galassie chiamate a spirale e L'astronomia professionale analizza in modo rigoroso
scopriamo con molta sorpresa che tutte hanno delle gli eventi e gli oggetti dell'Universo
dimensioni definite; inoltre, maggiori sono le dimensioni, maggiori sono le stelle contenute. Questa teoria,
per essere accettabile, deve quantificare con numeri le parole espresse, le quali sono interpretabili e non
forniscono dati oggettivi. Dire, ad esempio, che tutte le spirali hanno dimensioni inferiori a 100 mila anni
luce e che le dimensioni sono proporzionali al numero di stelle contenute, è già un buon metodo per
esprimere la propria teoria. La matematica, oltre ad avere il pregio dell'oggettività e dell'universalità, ha
anche la proprietà di essere estremamente sintetica. La frase precedente potrebbe essere espressa in
linguaggio matematico con due semplici formule che richiedono un quarto di riga: semplice, breve, oggettivo
e NON interpretabile!
Fare astronomia per passione non significa sottostare sempre e comunque alle rigide regole scientifiche o
utilizzare complicate espressioni matematiche.
L'astronomia dilettantistica, detta anche amatoriale, ha moltissimi livelli: dalla contemplazione del cielo
notturno senza l'ausilio di un telescopio, ai progetti di ricerca in collaborazione con la comunità
professionale. Non occorre conoscere matematica e fisica, ma avere solamente passione, pazienza e tanta
curiosità.
Ricordatevi che avete sempre a che fare con una disciplina scientifica e come tale va considerata, ma
l'astronomia offre possibilità di divertimento e conoscenza a chiunque, a prescindere dal vostro livello di
preparazione.
La Via Lattea si staglia nitida sopra le nostre teste. Al di la della bellezza di questa immagine, cosa possiamo vedere? Quante stelle
ci sono? Cosa sono quei solchi scuri? Perché ha una forma così strana? Quanto è grande? Perché a destra è più luminosa? Noi dove
ci troviamo? Perché le stelle sono concentrate lungo una sottile linea? Ogni visione contiene in se grandissime quantità di
informazioni, risposte, domande, possibilità di crescita e miglioramento personale.
Fare astronomia amatoriale significa alzare lo sguardo al cielo con consapevolezza; riconoscere le
costellazioni, i colori delle stelle e gli oggetti non stellari. Significa farsi domande su tutto ciò che i nostri
occhi riescono ad ammirare; significa non deliziare solo il nostro senso estetico ma anche e soprattutto la
mente.
Gli astronomi amatoriali, detti anche astrofili, sono persone comuni animate da una passione per il cielo e per
i segreti che contiene, molti alla portata dei nostri telescopi amatoriali.
Nel cielo esistono spettacoli magnifici da ammirare, quasi come delle vere e proprie opere d'arte naturali.
A questo punto credo che dovrebbe venire fuori il lato scientifico dell'astronomia, che poi si riduce a
semplice curiosità di conoscere. I quadri che possiamo ammirare attraverso le immagini, o la visione per
mezzo di un telescopio, non dovrebbero essere fini a se stessi, non dovrebbero essere visti come delle
semplici fotografie spettacolari.
Proprio come un'opera d'arte non va solo vista, ma osservata, interpretata, capita, anche l'astronomia, va
osservata, interpretata, capita, questa volta con il linguaggio della scienza. Un'immagine spettacolare che
ritrae una galassia a spirale può deliziare moltissimo la nostra vista, ma essa contiene molto di più:
un'importante mole di informazioni e di domande, alcune con delle risposte, altre no. Essa contiene
potenzialmente una teoria, un ragionamento che può farci spingere fino ai confini della mente umana. Ecco
cosa è l'astronomia amatoriale, ecco cosa sono le immagini che vedrete qui e al telescopio: delle porte sulla
conoscenza del nostro Universo e lo stimolo più grande per la vostra mente.
Osservate non solo con gli occhi, ma con la mente: ponetevi domande, interrogativi, questioni. L'astronomia
è curiosità, è sete di conoscenza, è una continua ricerca delle leggi naturali, presenti in questo Universo da
miliardi di anni, eppure ancora così sconosciute.
Essere consapevoli
Per affrontare l’osservazione del cielo, ma anche per apprezzare le opere d’arte di qualche artista, o la
filosofia greca, occorre acquisire una certa consapevolezza, in modo da avere le basi ed i mezzi per
apprezzare davvero ciò che decidiamo di apprendere.
Proprio per questo motivo, prima di tuffarsi verso l’osservazione del cielo bisogna acquisire le necessarie
basi teoriche e pratiche, per fare in modo che la nostra passione possa trovare terreno fertile per essere
sviluppata in pieno.
In tutte le discipline scientifiche la fretta è sempre cattiva consigliera.
Non possiamo pretendere di fare astronomia, sebbene amatoriale, senza conoscere i fondamenti delle
osservazioni, senza saper riconoscere le costellazioni o senza sapere quali sono i corpi celesti che popolano
l’Universo. Non possiamo ignorare le leggi base della natura e spendere migliaia di euro per un telescopio
che non sappiamo utilizzare.
Se volete intraprendere l’arte e la scienza dell’osservazione del cielo, dovete prima conoscere le basi
dell’astronomia e della tecnica di osservazione. Capisco la frenesia, a volte incontrollabile, il desiderio che si
trasforma quasi nell’impulso di comprare il telescopio ed iniziare ad osservare, senza dover affrontare altre
fasi più noiose e in apparenza inutili, ma occorre mantenere la calma e ragionare.
L’acquisto di un telescopio dovrebbe rappresentare la fine di un percorso formativo che vi ha introdotto nel
mondo dell’astronomia, attraverso lo studio delle leggi fondamentali, delle basi dell’osservazione e con una
certa conoscenza pratica del cielo.
Se doveste acquistare un telescopio in questo momento, quando ancora non siete pronti, siete sicuri che
riuscireste ad usarlo? E siete sicuri che la vostra passione è così forte, tanto da spenderci almeno 500 euro?
Supponiamo che avete comprato uno strumento astronomico, un bel telescopio venduto come grande e
professionale dal venditore. Se questo è il vostro caso, bè, avete già fatto un errore. Nessun venditore serio vi
venderebbe un telescopio spacciandolo per professionale: gli strumenti professionali hanno dimensioni di
una casa e pesano qualche tonnellata.
Se il negoziante è serio e non avete preso il telescopio da E-bay (se la marca è Seben, avete combinato un
disastro!) allora forse vi trovate con uno strumento effettivamente valido. Bene, allora provate a montarlo e a
capire come funziona la sua montatura equatoriale. Probabilmente vi blocchereste già a questo punto, prima
ancora di portare lo strumento fuori.
Se riuscite a leggere le istruzioni e a montarlo, siete davvero in gamba.
Lo portate fuori di notte e provate ad osservare. Sapete come si osserva nel telescopio? Sapete cosa sono gli
oculari e come variare l’ingrandimento? E per puntare gli oggetti celesti? E la montatura si muove in modo
strano!
Oddio, l’immagine è sottosopra, c’è qualcosa che non va! Riesco a vedere qualcosa ma è tutto sfuocato e
debole. Una volta che ho osservato la Luna, che faccio? I pianeti come li trovo? Le stelle sono belle da
osservare? No, sembrano sempre dei puntini, forse lo strumento non funziona a dovere. E adesso che faccio?
Mah, secondo me è una grande fregatura, non si vede niente. Che delusione, meglio lasciare perdere.
Questo riassunto, con un tono volutamente esagerato, è il percorso che molti appassionati di astronomia
compiono quando danno ascolto all’istinto e comprano un telescopio senza avere la minima idea di come
utilizzarlo e dove puntarlo.
La regola numero uno, quindi, è questa: acquistate il telescopio solamente quando conoscerete bene il cielo,
le costellazioni, gli oggetti contenuti, i principi base dell’osservazione e della strumentazione astronomica.
Leggete libri, documentatevi, cercate risposta alle vostre domande, improvvise e stravaganti, su internet, o
comunicando con qualche persona già esperta di astronomia. Questo è il modo migliore per capire ed
osservare le meraviglie dell’Universo.
Alcune grandezze dell’Universo
Alcune grandezze molto comuni, come le distanze, le dimensioni, i tempi, con le quali siamo abituati a
vivere nelle comuni esperienze, sono molto diverse se rapportate all’Universo, un posto dove tutto tende ad
essere incredibilmente grande, ben maggiore di quanto la nostra immaginazione è in grado di visualizzare.
Le distanze
Le distanze degli oggetti dell’Universo sono molto più grandi di quelle alle quali siamo abituati.
La Luna è il corpo celeste a noi più vicino, orbitando intorno al nostro pianeta ad una distanza media di
380000 Km.
Il pianeta più vicino a noi è Venere, che nei periodi di massima vicinanza arriva a circa 30 milioni di Km. Il
Sole, la stella che ci da la vita, e intorno alla quale orbitano tutti i pianeti, si trova a circa 150 milioni di Km.
Questa distanza è presa come unità di misura per il sistema solare ed è identificata con la sigla UA o AU,
ovvero Unità Astronomica.
Giove, il più grande pianeta del sistema Solare, dista circa 600 milioni di Km dalla Terra, ovvero circa 4,2
UA. Saturno, il più distante visibile ad occhio nudo, si trova a circa 1,5 miliardi di Km, 10 UA. Questi
numeri sembrano già enormi, eppure siamo nelle immediate vicinanze del nostro pianeta!
La distanza della stella più vicina, Proxima Centauri, visibile solamente dall’emisfero australe, è di circa 40
mila miliardi di chilometri, ovvero 267000 UA, ed è la più vicina!
Per misurare le distanze stellari si utilizza una unità di misura più adatta dei Km o dell’UA, l’anno luce.
Proxima Centauri, in questo caso, dista 4,23 anni luce, il Sole, dalla Terra, solamente 8 minuti luce; la
galassia più vicina alla nostra 2,4 milioni di anni luce!
Lontano nello spazio, lontano nel tempo
Tutti gli oggetti che possiamo vedere emettono radiazione elettromagnetica, di cui fa parte anche la luce.
Qualsiasi onda elettromagnetica, compresa la luce, nel vuoto ha una velocità elevatissima ma fissa, ovvero
quasi 300000Km/s: si tratta della massima velocità raggiungibile nell’Universo, un limite invalicabile da
parte di qualsiasi corpo.
Nonostante sia una velocità impensabile per qualsiasi manufatto costruito dall’uomo, è veramente piccola in
confronto alle enormi distanze che ci sono nell’Universo.
La conseguenza della velocità finita della luce è che noi la osserviamo solamente quando essa ha compiuto il
lungo tragitto che ci separa dall’oggetto che l’ha emessa.
Un anno luce è la distanza che un raggio di luce percorre in un anno. Se in un secondo percorre 300000
chilometri, in un anno copre l’esorbitante distanza di circa 9 mila e 600 miliardi di chilometri!
In questi termini, come abbiamo visto, la stella più vicina dista circa 4,23 anni luce.
Questa unità di misura è molto utile anche da un altro punto di vista. Poiché la luce è ciò che viaggia più
forte nell’Universo intero, e poiché l’informazione che abbiamo di ogni corpo celeste è la luce da esso
emessa (stelle) o riflessa (pianeti), osservando una stella posta a 4 anni luce di distanza in realtà noi stiamo
osservando la luce emessa 4 anni fa, che finalmente è riuscita a raggiungere la Terra dopo un viaggio di 38
mila miliardi di chilometri!
In altre parole, noi osserviamo gli oggetti come erano nel passato, al tempo nel quale è stata emessa la luce
che riceviamo.
Non abbiamo alcun dato per osservare il presente di questi oggetti e mai ne avremo.
Una stella distante 10 anni luce appare come era 10 anni fa; noi la stiamo osservando lontano nel tempo di 10
anni. Se la volessimo osservare come è oggi, nell’anno 2010, dovremo aspettare 10 anni, il tempo per il
quale la luce emessa ora raggiungerà la Terra
Gli stessi pianeti e il Sole ci appaiono nel passato, sebbene molto più recente. La luce del Sole raggiunge la
Terra 8 minuti dopo: noi vediamo la nostra stella come era 8 minuti fa.
Le stelle che possiamo osservare in cielo appartengono alla nostra Galassia e sono situate a distanze
comprese tra 4 e 2000 anni luce. Il diametro reale della nostra Galassia è di circa 100000 anni luce: un raggio
di luce impiega 100000 anni per attraversare il diametro del disco galattico.
La Via Lattea è solo una dei miliardi di galassie contenute nell’Universo.
La galassia di Andromeda è quella a noi più vicina e l’oggetto più lontano visibile ad occhio nudo, proprio
nei mesi autunnali ed invernali, altissima nei nostri cieli.
La distanza di questa isola di stelle, molto simile alla Via Lattea, è di 2,4 milioni di anni luce! Noi
osserviamo questa galassia come era 2,4 milioni di anni fa!
La situazione è simmetrica: un eventuale osservatore di Andromeda che puntasse la Terra con un
supertelescopio, la vedrebbe popolata dai primi ominidi, gli antenati primitivi dell’uomo, che comparvero sul
nostro pianeta circa 2,5 milioni di anni fa! Questo p il presente degli abitanti di Andromeda, sebbene non il
nostro, e viceversa.
Guardando lontano nello spazio guardiamo lontano nel tempo: l’Universo è una macchina del tempo, che ci
permette di guardare nel passato, ma mai nel presente o nel futuro.
Le dimensioni
Le dimensioni degli oggetti contenuti nell’Universo sono anche esse quantità inimmaginabili. Se la Terra ci
appare enorme, con il suo diametro di 12750 Km, essa è in realtà un puntino indistinto nel sistema Solare
stesso, figuriamoci nell’Universo.
Giove, il pianeta più grande, ha un diametro di 142000 Km, circa 11 volte più grande del nostro pianeta.
Possiamo accontentarci di essere il pianeta più grande di quelli cosiddetti rocciosi, Mercurio, Venere e
Marte.
Il Sole, una stella di taglia medio-piccola, ha un diametro di 1 milione e 400 mila Km!
La stella più grande che si conosca (quanto a dimensioni) ha un diametro di quasi 3 miliardi di Km. Essa, se
si trovasse al posto del Sole, arriverebbe fino all’orbita di Saturno!
Le nebulose sono distese di gas caldo o freddo, molto più rarefatto dell’aria che respiriamo, estese per decine
di anni luce all’interno delle galassie; queste ultime hanno diametri fino ad 1 milione di anni luce!
Lo stesso Universo che possiamo osservare ha un diametro stimato di circa 78 miliardi di anni luce! Riuscite
ad immaginare una tale distanza?
Le dimensioni dell’Universo. In alto a sinistra, la Terra confrontata con gli altri pianeti. Giove è ben 11 volte più grande. A destra,
confronto tra Giove, il Sole e alcune stelle giganti, oltre 100 volte maggiori del Sole, il quale è 10 volte più grande di Giove e circa
100 volte più della Terra. In basso a sinistra, la posizione del Sole nella Via Lattea, l’immensa isola formata da almeno 100 miliardi
di stelle, dalle dimensioni di circa 100000 anni luce, ovvero circa mille miliardi di volte più estesa del Sole. A destra, ogni punto
rappresenta una galassia nell’Universo, dalle dimensioni paragonabili a quelle della Via Lattea. Si pensa che l’intero Universo abbia
dimensioni di circa 78 miliardi di anni luce, ovvero un 1 seguito da 24 zeri!
I tempi
Non va certo meglio per quanto riguarda i tempi.
L’intero Universo è un luogo estremamente dinamico, in continua evoluzione.
Il fatto che a noi sembri essenzialmente statico è causato dalla scala dei tempi cui siamo abituati. La gran
parte dei fenomeni che avvengono nell’Universo, come la nascita delle stelle, la loro morte, gli scontri
galattici, la formazione di pianeti e ammassi stellari o nuove galassie, avvengono su tempi scala di migliaia,
milioni o addirittura miliardi di anni. La scala temporale dell’Universo è totalmente diversa da quella degli
esseri umani.
La formazione di una stella richiede qualche centinaio di migliaia di anni, un tempo considerato brevissimo
su scala cosmica.
Gli ammassi aperti sono generalmente molto giovani, superando raramente il mezzo miliardo di anni. Uno
scontro tra galassie è un evento che richiede qualche decina di milioni di anni per completarsi. La stessa
rivoluzione del Sole e dell’intero sistema solare attorno al centro della Galassia richiede 225 milioni di anni!
Una stella come il Sole ha una vita media di 10 miliardi di anni, mentre alcune stelle, 20 volte più massicce,
vivono pochissimo, non oltre qualche milione di anni.
Quando si parla di oggetti giovani, stiamo parlando generalmente di corpi celesti che non hanno più di
qualche centinaio di milioni di anni. Oggetti di mezza età sono quelli come il nostro Sole, con un’età di 4,5
miliardi di anni. Si può parlare di vecchiaia solamente per corpi celesti che superano i 7-8 miliardi di anni.
L’intero Universo ha un’età finita e si è formato 13,7 miliardi di anni fa. Non esistono oggetti che hanno più
di 13,7 miliardi di anni, semplicemente perché prima non esisteva l’Universo, o meglio, non esisteva
neanche un prima!
Secondo le attuali
teorie l’Universo si è
formato da una specie
di esplosione, detta big
bang, avvenuta 13,7
miliardi di anni fa, la
quale ha creato la
materia, ma anche lo
spazio e il tempo come
li
conosciamo.
Guardando
lontano
nello spazio, a causa
della velocità finita
della
luce,
noi
riusciamo a guardare
lontano nel tempo e a
risalire alla storia
evolutiva
dell’Universo, fino a
circa 300000 anni dopo
la
sua
nascita.
Nell’Universo tempi
inferiori a 100 milioni
di
anni
sono
considerati brevi. Nulla
è statico, ma spesso è
in movimento estremamente lento. Le stelle possono vivere anche decine di miliardi di anni, lo scontro tra galassie può richiedere
milioni di anni per completarsi. La rotazione del sistema solare attorno al centro della Via Lattea richiede 225 milioni di anni. In
quasi tutti i casi abbiamo a che fare con tempi molto oltre la nostra immaginazione.
Le grandezze astronomiche sono, come appena visto, completamente fuori da ogni esperienza comune e da
ogni immaginazione. Occorre fare uno sforzo notevole per cercare perlomeno di immaginare tali distanze e
tali tempi. Appare evidente che il ruolo e l’esperienza dell’uomo non è sufficiente a spiegare eventi, distanze
e fenomeni così diversi dalla sua esperienza. Sta a noi fare uno sforzo logico notevole per uscire dal mondo
così come si presenta ai suoi sensi e cercare di studiare l’Universo nel quale è immerso.
I corpi del sistema solare
Una proficua osservazione del cielo non può prescindere dalla descrizione e proprietà dei corpi celesti in
esso contenuti. In questo capitolo parliamo del sistema solare, un luogo che non contiene solo i pianeti più
conosciuti, ma anche una moltitudine di corpi minori residui fossili della sua formazione, avvenuta circa 4,5
miliardi di anni fa.
Dimensioni relative dei
corpi principali del
sistema solare, ovvero
degli 8 pianeti, del Sole
e della classe dei pianeti
nani, di cui fa parte
anche Plutone. Giove e
Saturno
dominano
quanto a dimensioni e
massa, contenendo circa
l’80% della materia di
tutti i corpi. Nonostante
ciò, il Sole è di gran
lunga il corpo celeste di
dimensioni
maggiori,
con un diametro di quasi
700000 km, contro i
12700 della Terra. Il
Sole è una stella e
contiene circa il 99%
della massa dell’intero sistema solare. La luce solare rende possibile lo sviluppo della vita sulla Terra e l’attività delle atmosfere di
ogni corpo celeste del Sistema Solare. Le distanze non sono in scala.
Il Sole
La nostra stella, osservata con un opportuno filtro
solare, mostra molti dettagli; oltre alle piccole
macchie scure in alto (macchie solari) è visibile una
certa rugosità lungo tutto il disco, (granulazione
fotosferica), causata dal movimento di grandi masse
di gas dagli strati inferiori fino a quelli superficiali,
e viceversa
Il Sole, la nostra stella, è una gigantesca sfera di gas, dal diametro di circa 1,4 milioni di chilometri, 110
volte il diametro dalla Terra, 10000 volte più massiccio, composto da idrogeno (circa il 75% della massa),
elio (circa il 24%) e da materiali più pesanti, chiamati genericamente metalli (i più abbondanti sono
ossigeno, carbonio neon e azoto).
Nonostante le sue ragguardevoli dimensioni, il Sole è una stella di taglia medio-piccola; nell’Universo ne
esistono anche di 100 volte più massicce o 100 volte più grandi!
Come tutte le stelle, essa emette radiazione elettromagnetica, quasi tutta nello spettro visibile, percepita
quindi dai nostri occhi come luce.
La temperatura superficiale è di 5770 K*.
In realtà, in questi casi il termine superficie non può avere lo stesso significato dei pianeti rocciosi e neanche
di quelli gassosi (una spiegazione per questi ultimi verrà data in seguito). Nel caso delle stelle, composte
esclusivamente di gas, la superficie è identificata come il primo strato gassoso opaco che si incontra e che
emette gran parte della luce che giunge a noi.
L’energia prodotta e successivamente emessa sottoforma di radiazione elettromagnetica proviene dal
processo di fusione nucleare, che si sviluppa nella zona nucleare (non oltre un raggio del 10% del totale),
relativamente facile da capire. L’idrogeno, che è l’elemento principale, al centro si trova in forma ionizzata,
cioè si presenta privo del suo elettrone; l’atomo di idrogeno privato dell’elettrone si riduce ad una singola
particella: il protone, di carica positiva. E’ noto a tutti che due particelle di carica positiva (analogamente a
due poli uguali di una calamita), si respingono.
Al centro del Sole tuttavia, la temperatura è molto alta, così
come la pressione del gas: alta temperatura ed alta pressione
significano altissima densità e alta velocità delle singole
particelle (la temperatura è una misura della velocità,
casuale, di una particella); se due atomi di idrogeno
ionizzato collidono molto violentemente, invece di
respingersi si fondono e formano una nuova specie atomica,
costituita da due protoni legati.
Durante il processo di fusione si libera una grande quantità
di energia sottoforma di raggi gamma: questa è la fonte di
energia del Sole e di qualsiasi stella: due protoni che urtano
molto violentemente, si fondono, liberando energia e
formando un nucleo di una nuova sostanza: l’elio. In realtà
Le macchie solari sono grandi regioni nelle quali la
il ciclo di reazioni, chiamate protone-protone, è più granulazione solare è assente. Di fatto si tratta di
complicato e vi sono coinvolti 4 atomi di idrogeno che depressioni nella fotosfera solare, con temperature di
portano alla formazione di un nucleo di elio 4, cioè formato un migliaio di gradi inferiori all’ambiente circostante.
da 2 protoni e 2 neutroni, in una catena composta da diverse Esse appaiono scure per contrasto; in realtà emettono
reazioni, ognuna delle quali produce energia sotto forma di luce propria e sono facili da osservare al telescopio.
raggi gamma.
L’energia prodotta in questo modo è spaventosamente alta; basti pensare che un grammo di atomi di
idrogeno, fondendosi, produce 6.4 ⋅ 1011 Joule (600
miliardi di Joule), cioè l’energia consumata in un anno
intero da 200 lampadine sempre accese da 100 watt l’una!
Nel Sole, ogni secondo, in questo modo viene prodotta
un’energia spaventosa, pari a 3.8 ⋅ 10 26 Watt . In un anno
l’energia prodotta è di 1.2 ⋅ 10 34 Joule , miliardi di miliardi
di volte la produzione dell’intero genere umano in tutta la
sua storia.
Questa enorme energia, principalmente sottoforma di raggi
gamma, non riesce però a raggiungere la superficie della
nostra stella a causa della densità elevatissima del gas; un
raggio gamma prodotto da una reazione nucleare percorre
meno di 1 cm nel luogo dove è stato prodotto, prima di Le protuberanze sono enormi getti di gas
colpire un nucleo atomico e trasferirgli la sua energia, allo incandescente (10000 K) che si elevano dalla fotosfera
stesso modo di un proiettile che si conficca in un sacco di solare. Osservabili solamente con particolari telescopi
solari in luce H-alpha
sabbia.
* In astronomia, la temperatura dei corpi celesti si esprime in gradi Kelvin (K). Questa scala è chiamata temperatura assoluta. Zero
gradi kelvin corrispondono a -273,16°C e lo zero Celtius ha una temperatura di 273,16 K
Il nucleo atomico colpito acquista un’energia in più che provvede a riemettere poco dopo verso un altro
atomo; questa catena prosegue lentamente, fino a quando, dopo un percorso durato milioni di anni, l’energia
prodotta riesce ad uscire dal Sole; tuttavia non si tratta più di un fotone di raggi gamma ma molto meno
energetico, poiché gran parte dell’energia è stata ceduta agli atomi trovati nel suo percorso sottoforma di
quantità di moto, e ciò che vediamo uscire dalla fotosfera è un fotone di lunghezza d’onda visibile,
direttamente collegato alla temperatura dello strato di gas da cui esce. La pressione esercitata dei raggi
gamma prodotti dalle reazioni nucleari è, insieme alla pressione del gas, ciò che impedisce al Sole di
collassate su se stesso a causa della forza di gravità e di continuare a vivere e splendere a seguito
dell’equilibrio trovato con la forza di gravità, che tende sempre a farlo contrarre fino ad uno stato
densissimo; se il contributo della cosiddetta pressione di radiazione dovesse cessare, il Sole comincerebbe a
contrarsi e niente potrebbe fermare la sua corsa, che si arresterebbe solo quando verrebbe raggiunto uno stato
della materia densissimo e particolare (nana bianca o stella di neutroni).
In effetti questo è il destino che attende la nostra e tutte le altre dell’universo; quando un giorno il
combustibile nucleare finirà (il Sole ne brucia migliaia di miliardi di Kg ogni secondo), la pressione di
radiazione cesserà di esistere e la sola pressione del gas non sarà sufficiente ad evitare che la forza di gravità
lo faccia contrarre, e dopo degli stadi semi-stabili, il suo destino sarà segnato e si trasformerà in una stella
calda grande come la Terra ma migliaia di miliardi di volte più densa, destinata a spegnersi nel tempo;
nessuna paura, poiché la nostra stella è solamente a metà della sua vita, e per altri 4,5 miliardi di anni
potremmo stare tranquilli.
Gran parte della materia solare è concentrata nella regione nucleare, dove si raggiungono temperature di oltre
15 milioni di gradi e pressioni di 300 miliardi di atmosfere; nella fotosfera invece, lo strato atmosferico
spesso 400 Km che emette la luce che giunge sulla Terra, la densità è molto bassa, 100000 volte inferiore
alla densità dell’aria dell’atmosfera terrestre in prossimità del livello del mare. Anche la temperatura è scesa
di molto, nonostante continui ad essere di 5770 K, cioè 5500°C.
Oltre la fotosfera inizia l’atmosfera, che si estende, sebbene con densità bassissime, per milioni di Km nello
spazio; essa è modellata dall’intenso campo magnetico solare che la rende incandescente fino a 2 milioni di
gradi e ne modella la forma, visibile da Terra solamente durante le eclissi solari totali (corona solare).
Mercurio
Planisfero (parziale) di Mercurio, costruito con osservazioni eseguite durante il giorno con un filtro infrarosso e una webcam. Sono
evidenti chiaroscuri, una combinazione di zone a diversa luminosità e grandi crateri da impatto. In questo e nei seguenti planisferi il
sud del pianeta è in alto. Questa e tutte le altre immagini planetarie sono state ottenute dall’autore con un telescopio da 235 mm e
rappresentano quanto di meglio l’astrofilo può osservare all’oculare di uno strumento simile, sotto condizioni atmosferiche perfette.
Mercurio fu identificato come pianeta sin dall’antica Grecia, quando gli osservatori, naturalmente ad occhio
nudo, avevano notato come questo piccolo punto si muovesse nel cielo, sempre vicino al Sole,
contrariamente al resto delle stelle considerate fisse. Benché non si conoscesse la ragione di questo
movimento, le grandi capacità osservative degli antichi furono più che sufficienti per considerarlo un oggetto
peculiare.
Attualmente sappiamo che Mercurio è il primo, in ordine di distanza, dei pianeti del sistema solare, che
secondo le attuali classificazioni sono 8, visto che Plutone appartiene alla nuova classe dei pianeti nani.
Come ogni pianeta, sappiamo quindi che esso ruota intorno al Sole, la stella che rende possibile l’esistenza
stessa del sistema solare e in particolare della vita sulla Terra.
Proviamo ad immaginare di non conoscere nulla di questo pianeta e di voler scoprire qualche sua
particolarità con le nostre forze; in fin dei conti è questo il lavoro di un astronomo, osservare e capire. Allora,
seguendo questo approccio investigativo, cosa potremmo scoprire?
I dati in nostro possesso dalle osservazioni condotte al telescopio o anche semplicemente ad occhio nudo ci
possono fornire molti dettagli, come nel caso del Sole e di tutti gli altri corpi dell’Universo.
Analizziamo il primo dato che abbiamo: Mercurio non si discosta mai dal
Sole più di 18°, a volte anche meno, 16 o anche 14°: le elongazioni non
sono tutte uguali ed esso, al telescopio mostra le fasi. Si tratta quindi di un
pianeta posto su un’orbita più interna al nostro, cioè più vicino al Sole.
Visto che le sue elongazioni sono le minori rispetto agli altri pianeti,
possiamo supporre che esso sia il più vicino al Sole e che sia posto su
un’orbita non circolare ma piuttosto ellittica. In effetti, l’eccentricità
orbitale è la più alta di tutti i pianeti, pari a 0,20. La superficie si presenta
grigio-marrone con contrasti che si enfatizzano aumentando la lunghezza
d’onda e che tendono a restare immutabili anche nel corso di diversi giorni.
Al telescopio quindi osserviamo direttamente la sua superficie che appare
simile a quella lunare, poiché i chiaro scuri visibili possono essere Mercurio è un pianeta interno,
interpretati come crateri da impatto. Osservandolo nel corso dei giorni è quindi mostra le fasi. La sua
facile stabilire il suo periodo di rivoluzione intorno al Sole, di 87.88 giorni superficie, priva di atmosfera e
piena di crateri, ricorda da vicino
terrestri, così come il periodo di rotazione intorno al proprio asse, di 58.65 quella lunare
giorni terrestri. Utilizzando la terza legge di Keplero siamo in grado di
ricavarci il semiasse maggiore della sua orbita, che può essere assimilata anche alla distanza media alla quale
orbita, pari a 57,8 milioni di Km, circa un decimo della distanza media Terra-Sole.
Il suo raggio risulta essere poco superiore a quello lunare, pari a 2424 Km.
Data la sua vicinanza alla nostra stella, risente molto della sua influenza,
sia a causa della notevole quantità di radiazione che vi giunge, producendo
temperature medie stimate intorno ai 450°C, sia per gli effetti
gravitazionali provocati dall’immensa massa solare che si riscontrano nel
periodo di rotazione-rivoluzione e nella particolarità della sua orbita.
Le forze di marea hanno prodotto un notevole rallentamento del periodo di
rotazione attorno al proprio asse, esattamente i 2/3 del periodo di
rivoluzione (87,88 giorni terrestri); questo rapporto semplice non è casuale
e si chiama risonanza. L’orbita di Mercurio è molto ellittica (0,20) e non è
chiusa, nel senso che il pianeta, dopo un giro completo, non ritorna
esattamente alla stessa posizione, pur essendo il suo moto stabile per
miliardi di anni. Ciò che si verifica è uno spostamento del perielio, o in Mercurio in fase quasi piena. In
modo più semplice, è come se l’orientazione dell’orbita cambiasse questi momenti si presenta molto
leggermente da una rotazione ad un’altra e questo è in parte dovuto alla vicino al Sole e può essere
osservato solamente di giorno
presenza del Sole che curva lo spazio secondo la teoria della relatività
generale.
Mercurio praticamente non possiede atmosfera e di questo ci si può accorgere anche osservandolo al
telescopio; la quasi totale assenza di gas si spiega con la piccola massa e con le grandi temperature a quelle
distanze dal Sole, che scendono a -150°C nella parte non illuminata (a causa della mancanza di atmosfera).
In effetti la sua superficie ricorda molto quella lunare, con una colorazione grigio-marrone e numerosissimi
crateri, molti dei quali sono antichissimi e sono la testimonianza del bombardamento subito da tutti i corpi
del sistema solare poco dopo la loro formazione.
Venere
Planisfero dell’atmosfera di Venere nel vicino ultravioletto, reso in falsi colori e risalente alla rotazione del 7-10 Aprile 2007. Ripresa
con webcam e filtro violetto N. 47 + filtro taglia infrarosso. Le nubi equatoriali ruotano in circa 4 giorni, mentre quelle situate presso
le medie latitudini sono più lente. Questi dettagli sono estremamente difficili da osservare all’oculare, ma con un po’ di allenamento e
la giusta tecnica si possono comunque percepire.
E’ il pianeta a noi più vicino e simile, come dimensioni e massa; tuttavia è molto diverso dalla Terra. Venere,
come Mercurio, mostra le fasi e non si allontana mai dal Sole più di pochi gradi, in quanto ha un’orbita più
interna rispetto alla nostra e quindi si vede sempre prospetticamente vicino al Sole anche se non tanto quanto
Mercurio; questo significa che è più vicino alla Terra e più lontano dal Sole.
Nonostante una distanza minima dalla Terra di 40 milioni di
Km e l’apparente somiglianza, Venere ha subito un’
evoluzione molto diversa, che lo a portato ad essere il
pianeta più inospitale e caldo del sistema Solare.
Le osservazioni di imponenti sistemi nuvolosi, sia in
ultravioletto che in infrarosso, nonché un’emissione termica
superficiale e pressoché costante sia ai poli che all’equatore,
si spiegano con l’esistenza di una spessa e densa atmosfera
(pressione al suolo circa 90 atm!) costituita per la gran parte
da anidride carbonica (96,5%) e per il restante da azoto.
Sono presenti piccolissime quantità di altri gas, come
idrogeno, acido solforico, elio ossigeno ed acqua.
La presenza di anidride carbonica e acido solforico è Venere è il pianeta più vicino alla Terra, simile per
responsabile dell’elevatissimo effetto serra che fa forma e dimensioni. E’ sempre avvolto da una spessa
aumentare la temperatura del pianeta di ben 500°C, coltre nuvolosa, composta da anidride carbonica e
acido solforico, che introduce un enorme effetto serra,
portandola da un teorico -44°C a 480°C.
rendendo il pianeta il più caldo del Sistema Solare.
L’intensa circolazione atmosferica poi distribuisce questo
calore in modo pressoché uniforme su tutta la superficie, con il risultato che Venere, nonostante non sia il più
vicino al Sole, è il pianeta più caldo del sistema Solare. La parte non illuminata, analogamente ad un pezzo
di ferro riscaldato, emette una debole luce alle lunghezze d’onda infrarosse, detta emissione termica Se non
avesse posseduto questo spesso involucro gassoso, Venere avrebbe sperimentato, nella parte in ombra,
temperature di un centinaio di gradi sotto lo zero.
L’atmosfera è completamente opaca alla radiazione visibile e del vicino infrarosso, nascondendo
perennemente ogni dettaglio superficiale, che si è potuto studiare solamente con tecniche radar e sonde
inviate sulla sua superficie. L’estensione dell’inviluppo atmosferico è notevole, così come la sua struttura e
dinamica.
Durante il transito del pianeta sul disco solare, avvenuto l’8 giugno del 2004, l’estensione dell’atmosfera
venusiana si è resa visibile anche con telescopi amatoriali, sia in prossimità del bordo solare, sia durante tutte
le fasi dell’attraversamento; nel primo caso come un anello brillante che deviava la luce solare, nel secondo
caso come una zona leggermente meno luminosa e sfocata attorno al disco scuro che si stagliava sulla
fotosfera solare.
Quasi tutta l’atmosfera è compresa entro una sfera di 700-800 Km di altezza ma le nubi e la grande dinamica
si sviluppa a quote molto più basse. Intorno a 70-80 Km, si trovano nubi composte da piccole goccioline di
acido solforico, ad una temperatura intorno ai -50°; mano a
mano che si scende, la temperatura aumenta e si modificano
anche le strutture nuvolose presenti, fino a circa 45 Km di
altitudine, quota minima di condensazione dell’acido
solforico nell’atmosfera venusiana. Al di sotto di tale quota,
si ha uno strato di foschia causata dal vapore di acido
solforico, mentre negli strati interiori, fino alla superficie,
l’atmosfera è piuttosto limpida. La sommità, dove si
possono osservare i maggiori sistemi nuvolosi, ruota molto
velocemente intorno al pianeta, in soli 4 giorni, implicando
velocità dei venti con punte anche di 350-400 Km/h. Mano
a mano che si scende di quota, la velocità dei venti
diminuisce fino ad arrivare ai 4-5 Km/h.
L’atmosfera del pianeta è 90 volte più densa di quella
La superficie è stata studiata sia con tecniche radar, sia terrestre e spessa oltre 1000 km, tanto da essere
(seppur per breve tempo) da 2 sonde Russe che vi visibile quando il pianeta attraversa il disco solare
atterrarono; nonostante esse furono costruite per resistere a (transito)
condizioni estreme, l’ambiente venusiano (altissima
temperatura, in grado di fondere piombo e stagno, acido solforico in quota, e pressione di 90 atm) le ha rese
inoperative e distrutte nel giro di un paio di ore. Le informazioni che disponiamo della superficie del pianeta
ci indicano un luogo infernale e molto secco, prevalentemente pianeggiante, non molto craterizzato e quindi
relativamente giovane (si pensa attorno ai 500 milioni di anni), ricco di vulcani che potrebbero essere ancora
attivi. Fu proprio nel 1989 che la sonda Magellano, in orbita attorno al pianeta rilevò nell’atmosfera
concentrazioni particolarmente elevate di acido solforico, che nel giro di qualche mese tornarono nella
norma; probabilmente questo fu il segno di imponenti eruzioni vulcaniche che riversarono negli strati
atmosferici grandi quantità di polveri e gas.
Un’altra particolarità del pianeta: il suo periodo di rotazione è retrogrado (ruota cioè in senso contrario
rispetto agli altri pianeti del sistema solare) e molto lento (243 giorni terrestri) è più lungo del periodo di
rivoluzione attorno al Sole (222 giorni). La misura del periodo di rotazione estremamente lento è un dato di
recente acquisizione poiché con le osservazioni telescopiche è quasi impossibile da stimare a causa
dell’inosservabilità della sua superficie. Solamente con tecniche radar, che sono in grado di penetrare la
spessa coltre di nubi, si è riusciti a misurare la velocità di rotazione, attraverso l’effetto doppler, e quindi il
periodo.
Una delle pochissime immagini esistenti della superficie di Venere, eseguita dalla sonda russa Venera 13, il 1 Marzo 1982. Le
condizioni atmosferiche erano così estreme che la sonda sopravvisse solamente per circa 90 minuti, prima di venire schiacciata dalla
pressione di 90 atm e dalla torrida temperatura di circa 400°C
La Terra
Il nostro pianeta è unico nel sistema solare e, almeno per quanto ne sappiamo, nell’Universo (per ora!).
La presenza di acqua allo stato liquido, un’atmosfera ricca di ossigeno, con il giusto effetto serra per avere
una temperatura ideale, ha permesso lo sviluppo imponente della vita. La sua attività geologia permette il
riciclo degli elementi alla base della nutrizione e sostentamento di tutti gli esseri viventi.
Il nostro pianeta, inoltre, ha caratteristiche orbitali che lo rendono il luogo ideale per il tipo di vita che oggi
conosciamo.
L’orbita terrestre è ellittica; la distanza Terra-Sole varia tra 147 (in inverno) e 152 milioni di Km (in estate).
Il susseguirsi delle stagioni permette all’intera superficie di beneficiare degli influssi positivi della radiazione
solare, il moto di ogni attività terrestre e dell’intero ciclo dell’acqua.
Vi siete mai chiesti da cosa sono causate le stagioni?
Di sicuro non dalla distanza variabile dal Sole, anche perché d’estate (nell’emisfero nord), quando fa più
caldo, la Terra è più distante dal Sole rispetto all’inverno.
Il susseguirsi delle stagioni è determinato dall’inclinazione dell’asse terrestre rispetto al piano dell’orbita,
detto eclittica, il cammino celeste nel quale noi vediamo proiettato il Sole ed i pianeti.
L’inclinazione
dell’asse
terrestre,
rispetto
alla
perpendicolare al piano
dell’orbita (eclittica), è di
23°,27’ A causa di questa
proprietà,
nel
corso
dell’anno la superficie
terrestre non riceve sempre
la stessa quantità di luce
solare, e si crea il ciclo delle
stagioni. Quando il Sole si
trova
perpendicolare
all’equatore, si hanno gli
equinozi, mentre quando
esso è perpendicolare ai
tropici (del Cancro e del
Capricorno) si verificano i
solstizi.
L’asse terrestre ha un’inclinazione di 23° e 27’ rispetto alla perpendicolare al piano dell’orbita, ovvero
l’eclittica. Questa particolare configurazione fa si che durante il moto di rivoluzione intorno al Sole i due
emisferi terrestri ricevano una quantità variabile di energia solare.
In estate, alle nostre latitudini il Sole si trova molto alto sull’orizzonte e le giornate durano di più.
L’orientazione dell’asse terrestre fa si che il polo nord terrestre sia inclinato nella direzione del Sole: i raggi
solari arrivano in modo più diretto, scaldando l’atmosfera e la superficie. Nello stesso periodo, nell’emisfero
sud è inverno.
Il polo sud è orientato nella parte opposta al Sole e si trova al buio completo. I raggi solari che giungono alle
medie latitudini sono molto inclinati e vengono assorbiti dall’atmosfera terrestre in modo più efficiente,
producendo minore riscaldamento del suolo.
Nel solstizio d’estate il Sole si trova sulla verticale del tropico del Cancro (ad una latitudine di 23°,27’ nord)
il 21 giugno di ogni anno, determinando l’inizio dell’estate per l’emisfero nord e dell’inverno per il sud.
Il giorno dell’equinozio, che avviene il 20 o il 21 Giugno, la nostra stella si trova prospetticamente nella
costellazione del Toro, al confine con i Gemelli. Queste figure risultano quindi completamente invisibili,
mentre risultano osservabili per tutta la notte quelle poste nella parte opposta, ovvero con una differenza di
ascensione retta di 12 ore: Scorpione e Sagittario.
Il solstizio d’estate segna l’inizio della stagione estiva per
l’emisfero nord e di quella invernale per quello sud. Il polo nord è
rivolto verso il Sole e riceve luce 24 ore su 24, mentre il sud è
completamente al buio. L’altezza dei raggi solari, alle latitudini
italiane, è massima e raggiunge i 70°, producendo un notevole
riscaldamento della superficie e dell’atmosfera. Il solstizio si
verifica il 20 o 21 giugno di ogni anno; in questi giorni si ha la
massima durata del giorno, di circa 15 ore e i raggi solari sono
perpendicolari al tropico del Cancro, non a caso posto alla
latitudine di 23°,27’ nord, esattamente il valore dell’inclinazione
dell’asse terrestre.
Raggiunto il punto più alto, il Sole sembra tornare indietro. L’orientazione dell’asse terrestre rispetto alla
nostra stella cambia e allontana il polo nord dal Sole.
Durante l’equinozio di autunno l’asse terrestre è perfettamente parallelo al Sole; giorno e notte hanno la
stessa durata e la nostra stella è perpendicolare, ovvero allo zenit, all’equatore. Il polo nord sta per salutare il
Sole, dopo averlo avuto sempre presente nel cielo per 6 mesi, mentre al polo sud, finalmente, si rivede la luce
dopo 6 mesi.
Il Sole non tramonterà più fino al prossimo equinozio, quello di primavera.
Nel giorno dell’equinozio d’autunno il Sole si trova nella costellazione del Leone; essa e le zone adiacenti
sono quindi inosservabili, mentre le costellazioni nella parte opposta (Acquario, Pesci) risultano visibili per
tutta la notte. In questo periodo, quindi, è del tutto inutile cercare di osservare l’ammasso M44 nel Cancro o
l’ammasso di galassie della Vergine: dovrete avere pazienza ed aspettare almeno un paio di mesi, quando
queste zone di cielo cominceranno ad emergere lentamente dal chiarore del Sole poco prima del suo sorgere.
Dopo il solstizio d’estate, il polo nord comincia ad allontanarsi dal
Sole, fino a quando, il 22 o 23 Settembre di ogni anno, i raggi
della nostra stella cadono perpendicolari all’equatore: i poli sono
equidistanti dal Sole e ricevono la stessa quantità di luce. Il polo
nord sta per salutare il giorno e verrà lentamente avvolto dalle
tenebre per circa 6 mesi, mentre il Sud vede finalmente la luce del
Sole dopo altrettanto tempo al buio. L’estate nell’emisfero nord
lascia il posto all’autunno, mentre il Sud è appena entrato in
primavera.
Trascorsi altri tre mesi, l’orientazione dell’asse terrestre fa si che ora il Sole, per l’emisfero boreale,
raggiunge il punto più basso sull’orizzonte. Adesso è il polo nord ad essere inclinato nella direzione opposta
al Sole e ad essere avvolto dal buio totale per tutto il giorno. Alle nostre latitudini il Sole arriva ma è molto
basso e pallido.
L’assorbimento da parte dell’atmosfera, l’inclinazione dei raggi solari e la minore durata del giorno fanno si
che la temperatura sia molto più bassa che in estate: siamo in pieno inverno.
Nell’emisfero sud, invece, è arrivata l’estate; il sole è alto sopra l’orizzonte e al polo sud non tramonta mai
fino alla fine della stagione estiva.
Il Sole è perpendicolare al tropico del Capricorno (latitudine 23°,27’ sud), come possiamo vedere nella
figura della pagina seguente.
Il Sole si trova al confine tra le costellazioni dello Scorpione e del Sagittario, rendendole inosservabili a
qualsiasi ora. Toro e Gemelli, do Orione più in basso, dominano il cielo invernale, alti nel cielo ed
osservabili per l’intera durata della notte.
Il 21 o 22 Dicembre di ogni anno, il Sole raggiunge la minima
altezza nell’emisfero nord. Per le località italiane essa è di circa
23°,30’, davvero piccola, tanto che la luce solare appare molto più
debole rispetto all’estate, e molto meno calda. Siamo, infatti, nel
pieno dell’inverno. Le giornate di luce sono brevi, e proprio il
giorno del solstizio d’inverno raggiungono il minimo, di circa 9
ore. I raggi solari, molto inclinati e assorbiti dall’atmosfera, non
riescono a scaldare efficientemente la superficie: per questo
motivo il freddo contraddistingue questa stagione, nonostante
siamo circa 4 milioni di km più vicini al Sole rispetto all’estate.
Nell’emisfero sud, di contro, ha inizio la stagione estiva, con
giorni lunghi e caldi.
A questo punto il cammino apparente del Sole si inverte di nuovo e comincia a risalire lentamente nel cielo.
L’orientazione dell’asse terrestre cambia e, esattamente tra il 20 e il 21 Marzo, si ha l’equinozio di
primavera: il Sole è allo zenit all’equatore, giorno e notte hanno di nuovo la stessa durata. Il polo nord, fino a
quel momento rimasto sempre al buio, vede sorgere il Sole dopo 6 mesi e non vi tramonterà più per altri sei.
Il polo sud, invece, piomba nell’oscurità e nel freddo fino all’equinozio d’autunno.
L’altezza del Sole per l’emisfero boreale è destinata ad aumentare fino al solstizio d’estate. La Terra ha
compiuto una rivoluzione completa e il ciclo delle stagioni può proseguire.
Nel cielo sono perfettamente visibili le costellazioni del Leone, Canrco e Vergine, mentre risultano
inosservabili le regioni attorno ai Pesci, costellazione nella quale si trova il punto gamma, ovvero quel punto
in cui avviene l’equinozio di primavera. Come certamente ricordate (vedi 1.6) questo è il punto di
riferimento adottato per la misura dell’ascensione retta. In questo punto il Sole e tutti gli astri hanno
coordinate equatoriali pari a Dec: 0°,0’,0” e AR: 00h,00m,00s. La situazione geometrica è rappresentata
nella figura della pagina seguente.
Dopo il solstizio d’inverno, il Sole comincia a risalire nel cielo. Il
polo nord della terra, con tutto l’emisfero nord, cominciano a
riavvicinarsi al Sole. Il 20 o 21 Marzo, i raggi solari sono di nuovo
perpendicolari all’equatore. L’equinozio di primavera segna la
fine della stagione invernale nell’emisfero boreale e l’inizio di
quella autunnale al sud. Il Sole si trova sull’equatore celeste, ad
una declinazione di 0°, e giorno e notte hanno esattamente la
stessa durata, pari a 12 ore. Solamente durante gli equinozi si
verifica questa particolare circostanza (non a caso il nome
equinozio ha proprio questo significato)
I movimenti della Terra
Abbiamo visto che il nostro pianeta presenta almeno due tipi di movimento: quello di rotazione e quello di
rivoluzione. Il movimento di rotazione sul proprio asse determina la durata del giorno.
Il giorno siderale è il tempo impiegato dalla Terra per compiere un giro intorno al proprio asse ed è pari a 23
ore e 56 minuti.
Il giorno solare, invece, è il tempo impiegato dal Sole per raggiungere uno stesso punto nel cielo. Il giorno
solare è più lungo di quello siderale di 4 minuti perché, mentre la Terra ruota su se stessa, essa si sposta
anche intorno al Sole, percorrendo un tratto di orbita lungo ben 2,6 milioni di Km. Per far si che il Sole, il
giorno seguente, si trovi nella stessa posizione del precedente, la Terra deve ruotare un altro po’, per circa 4
minuti.
24 ore è la durata del giorno civile, ovvero il giorno che tutti noi utilizziamo.
Il moto di rivoluzione intorno all’asse si compie in 365 giorni, 5 ore e quasi 49 minuti, ad una velocità
orbitale media di quasi 30 chilometri al secondo!
Esistono altri movimenti che coinvolgono il nostro pianeta e l’interno sistema solare, generalmente più lenti
o meno evidenti. I principali sono:
• precessione degli equinozi. L’orientazione nello spazio dell’asse terrestre non è sempre la stessa ma
cambia con il tempo. Come una trottola che gira, la Terra si comporta allo stesso modo. Sebbene
l’inclinazione rispetto all’eclittica resta circa costante, la direzione del cielo nella quale punta l’asse
cambia con un periodo di circa 26000 anni. Conseguenza di ciò è lo spostamento di tutte le
costellazioni nella volta celeste e dei punti nei quali avvengono equinozi e solstizi. Duemila anni fa,
ad esempio, l’equinozio di primavera avveniva in quello che si chiama punto gamma, nella
costellazione dell’ariete. Adesso, a causa dello spostamento dell’intera sfera celeste, il punto gamma
avviene nella costellazione dei Pesci. Per lo stesso motivo, tra 13000 anni sarà Vega la nuova stella
che indicherà il polo nord celeste e non più l’attuale polare, la quale tornerà tra circa 26000 anni. Il
moto di precessione è molto lento ed è difficile da notare se non quando si utilizzano le coordinate
astronomiche per puntare gli oggetti celesti. Le coordinate equatoriali vengono aggiornate ogni 50
anni, per tenere in considerazione il moto di precessione.
•
Moto attorno al centro della galassia. All’incredibile velocità di 200 Km/s la Terra e tutto il
sistema solare ruotano attorno al centro della nostra galassia, compiendo una rivoluzione completa in
circa 225 milioni di anni. Tutte le stelle che possiamo vedere nel cielo ruotano attorno al centro
galattico, ma non tutte con la stessa velocità. Ne consegue che tra qualche decina di milione di anni
il cielo che osserveranno gli uomini sarà totalmente diverso da quello che possiamo vedere ora, così
come quello al tempo dei dinosauri lo era rispetto al nostro.
Il nostro pianeta osservato dagli
astronauti della missione lunare
Apollo 17. La Terra è un pianeta
unico nel sistema solare, con
caratteristiche che lo hanno reso il
luogo ideale per lo sviluppo della
vita: acqua in abbondanza allo stato
liquido, un’atmosfera
che ci
protegge dalle radiazioni provenienti
dal Sole e dallo spazio profondo, e
che allo stesso tempo ci riscalda. La
giusta presenza di Ossigeno,
indispensabile per la vita; i gas serra,
fanno si che la temperatura sia molto
più mite dei teorici -44°C che si
avrebbe senza alcun effetto serra. Il
ciclo dell’acqua e un suolo che si
rigenera completamente, a causa di
movimenti tettonici, completano il
quadro e rendono il nostro pianeta
perfetto per la vita, così come la
conosciamo.
La Luna
La Luna è il nostro unico satellite naturale e di gran lunga il corpo celeste che più attrae l’attenzione, dal
semplice curioso che alza sporadicamente la testa verso il cielo, agli astrofili esperti, che trovano in esso un
ambiente di divertimento e studio dalle risorse infinite. Data la sua vicinanza, infatti, in media 380000 Km, la
Luna ci appare di generose dimensioni anche all’osservazione ad occhio nudo, superando il mezzo grado,
diametro simile a quello solare (ma da tenere presente le enormi differenze in termini di distanze!). La Luna
orbita intorno alla Terra in poco meno di un mese* e durante il suo tragitto ci mostra le fasi, ma sempre la
stessa faccia. Questo è dovuto ad una strana (solo in apparenza) coincidenza tra il periodo di rotazione
attorno al proprio asse e quello di rivoluzione intorno alla Terra. In qualsiasi momento, da qualsiasi luogo, la
Luna ci mostrerà quasi sempre lo stesso emisfero.
In realtà, le cose sono un po’ più complicate ed esiste il fenomeno della librazione, che consente di osservare
il 59% del nostro satellite. Benché, infatti, il periodo di rotazione e rivoluzione coincidano, l’orbita lunare è
ellittica e questo significa che la velocità orbitale cambia a seconda della distanza alla Terra, consentendo di
osservare più dell’esatta metà.
* Il periodo orbitale è di 27 giorni 7 ore e 43 minuti, quello sinodico di 29 giorni 12 ore e 44 minuti. Si definisce periodo orbitale il
tempo impiegato per compiere un giro completo. Si definisce periodo sinodico il tempo impiegato (dalla Luna in questo caso) per
raggiungere in cielo la stessa posizione rispetto al Sole (considerato fisso). Il periodo sinodico è maggiore di quello orbitale poiché la
posizione del Sole cambia a causa dell’orbita terrestre.
Confronto tra la faccia vicina (e quindi visibile) e quella lontana (far side, quindi invisibile) della Luna riprese dalla sonda della
NASA Clementine. La faccia lontana è molto diversa dall’emisfero a noi accessibile ma non è mai osservabile se non con una sonda
che si porti nella sua direzione. La coincidenza tra il periodo di rotazione della Luna attorno alla Terra, con la rotazione attorno al
proprio asse, fa si che essa sembri non ruotare se osservata dalla superficie del nostro pianeta; ma attenzione, questa è un’illusione, in
realtà la Luna ruota su se stessa. Se potessimo osservare la Terra dalla superficie selenica, il nostro pianeta apparirebbe sempre quasi
completamente fermo nel cielo.
La Luna ci mostra le fasi, ovvero la superficie
che ci appare illuminata varia nel tempo ed ha
un periodo pari al periodo sinodico della Luna
intorno alla Terra.
E’ facile intuire che quando la Luna si trova tra
la Terra e il Sole, noi non vediamo affatto il
nostro satellite: siamo nella fase di luna nuova
o novilunio. Mano a mano che percorre la sua
orbita intorno alla Terra, sempre maggiore
superficie ci appare illuminata, fino alla fase di
primo quarto, quando la Luna si mostra
illuminata esattamente a metà. Dopo circa 7
giorni la Luna si trova dalla parte opposta al
Sole e possiamo vederla completamente
illuminata: siamo nella fase di luna piena o
plenilunio. Trascorsi poco più di sette giorni
arriviamo all’ultimo quarto: la falce lunare è
esattamente metà, ma dalla parte opposta
rispetto al primo quarto. Dopo poco più di Schematizzazione delle fasi lunari. Quando il nostro satellite si trova
la Terra e il Sole, noi non lo vediamo perché la parte illuminata è
un’altra settimana si ha la luna nuova e il ciclo tra
rivolta totalmente verso il Sole. Quando l’angolo Luna-Terra-Sole è di
lunare inizia di nuovo.
90° possiamo osservare metà del disco lunare: siamo al primo quarto.
Ogni giorno la Luna ritarda il suo sorgere nel Il nostro satellite prosegue il suo cammino attorno alla Terra e arriva
cielo di circa 50 minuti, compiendo un al punto in cui si trova dietro il nostro pianeta, apparendo, quindi,
percorso a ridosso dell’eclittica, sebbene con totalmente illuminato: siamo nella fase di Luna piena. A questo punto
la fase comincia a diminuire, fino ad arrivare all’ultimo quarto, circa 7
oscillazioni che possono raggiungere i 5° a giorni dopo la Luna Piena. Trascorsi altri 7 giorni siamo nel punto di
nord e a sud, a causa dell’inclinazione partenza: luna nuova o novilunio.
dell’orbita lunare rispetto all’equatore celeste.
L’inclinazione dell’orbita impedisce che ad ogni lunazione si verifichi un’eclisse solare ed una lunare. Questi
eventi si verificano solamente quando la Luna si trova in fase nuova (solari) o piena (lunari) e allo stesso
tempo quasi esattamente sullo stesso piano contenente il Sole e la Terra, ovvero solamente quando la sua
orbita, in quei momenti, interseca o quasi l’equatore celeste. Questo punti si chiamano nodi. Vedremo le
eclissi alla fine di questa trattazione sui corpi del sistema solare, quando parleremo dei fenomeni transienti.
Uno sguardo d’insieme, a bassa risoluzione, ci mostra un mondo sostanzialmente grigio e statico, ricchissimo
di crateri da impatto.
Un telescopio amatoriale ve ne mostrerà diverse
migliaia, dalle dimensioni e forme più disparate: dai
grandi bacini, come Clavius, dal diametro eccedente i
200 Km, ai più piccoli crateri che è possibile
identificare con uno strumento da 20-25 cm, di
dimensioni inferiori al Km.
Quando la luna è in fase sottile, ovvero ci mostra
solamente una sottile falce illuminata dal Sole, la
superficie in ombra sembra brillare di una debole
luce: si tratta della luce cinerea. La Terra, vista dalla
Luna, appare quasi completamente illuminata e la
Luce riflessa dal nostro pianeta è sufficiente ad
illuminare la parte in ombra del nostro satellite
naturale.
nostro unico satellite naturale è pieno di crateri, ovvero
L’elevato tasso di craterizzazione dovrebbe far venire Ilgrandi
voragini causate dall’impatto di grandi corpi celesti,
il legittimo dubbio in merito al nostro pianeta: è detti asteroidi. Molti di questi impatti risalgono a miliardi di
possibile che la Terra sia stata oggetto di un anni fa; l’assenza di atmosfera ha preservato ogni traccia,
bombardamento meteorico analogo, se non superiore, contrariamente a quanto successo sulla Terra.
date le dimensioni 4 volte maggiori? Gli scienziati, analizzando il suolo lunare, hanno scoperto che la gran
parte degli impatti si sono verificati in un’era compresa tra 2 e 3,5 miliardi di anni fa, quando le regioni del
sistema solare erano affollate di meteoriti di dimensioni superiori a qualche Km.
Perché il nostro pianeta non si mostra come la Luna?
La risposta è semplice: il nostro satellite è pressoché privo di atmosfera e acqua liquida, quindi di qualsiasi
fenomeno di erosione ad essi associato. Inoltre, è un
corpo celeste geologicamente inattivo, nel quale sono
assenti, da miliardi di anni, fenomeni come
vulcanesimo e tettonica a zolle, in grado di rigenerare
continuamente la crosta superficiale: esattamente il
contrario del nostro pianeta.
Qualsiasi evento, di natura chiaramente esterna,
modelli la superficie lunare (impatti meteorici o le
impronte lasciate dagli astronauti) provoca dei segni
che possono durate per milioni o miliardi di anni,
cancellabili solamente da altri eventi esterni (tra cui il
vento solare). Sulla Terra, invece, un’impronta
lasciata sulla sabbia del deserto (che ricorda per
consistenza la superficie lunare) ha una vita molto
breve, giusto l’intervallo di tempo tra una folata di Oltre ai grandi crateri, sono presenti montagne, valli, scarpate,
tutte perfettamente visibili al telescopio.
vento e l’altra.
Oltre ai numerosi crateri da impatto, risultano evidenti i mari, grandi regioni più scure e meno craterizzate
(da non intendersi quindi con il significato letterale che di solito viene attribuito alla parola!), prodotti dalla
fuoriuscita di imponenti colate laviche verificatesi miliardi di anni fa.
Imponenti catene montuose, piccole colline o montagne isolate, valli e scarpate, chiamate rimae, sono tutte
testimoni di un’attività geologica remota, risalente agli istanti successivi la sua formazione.
Il problema della formazione della Luna è uno dei grandi interrogativi che i planetologi si sono portati dietro
per molto tempo, e solamente in questi ultimi anni sembra essersi trovato un accordo tra la comunità
internazionale. Il sistema Terra-Luna è infatti molto raro nel sistema solare. Molti pianeti possiedono
satelliti, ma tutti di massa estremamente minore rispetto ad essi. Il rapporto tra le masse della Luna e della
Terra è invece di 1:81 (la Luna è 81 volte meno massiccia della Terra) e quello dei raggi solamente 1:4.
Questo, unito alla composizione chimica lunare povera di elementi pesanti e che ricorda quella del mantello
terrestre, ha portato gli scienziati ad ipotizzare che la Luna si sia formata da una “costola” della Terra, a
seguito di un immane impatto di un planetoide delle dimensioni di Marte con il nostro pianeta, qualche
decina di milioni di anni dopo la formazione del sistema solare (la Luna ha infatti un’età stimata di
4,527 ± 0,010 miliardi di anni, contro i 4,6 stimati per il Sistema Solare, compresa la Terra). L’impatto
avrebbe strappato alla Terra parte della sua massa che si sarebbe stabilizzata su un’orbita ed aggregatasi nel
corso degli anni fino a formare la Luna. Altre teorie, come la cattura gravitazionale o l’accrescimento
simultaneo, non possono essere accettate a causa della massa comparabile dei due corpi, che rende
impossibili questi due metodi di formazione.
La Luna è l’unico corpo
celeste ad essere stato
visitato dagli esseri umani.
Tra il 1969 e il 1972 la
NASA ha mandato ben 12
astronauti sul suolo lunare.
Nonostante alcune voci
complottiste, lo sbarco sulla
Luna è stato reale ed è un
evento accettato dall’intera
comunità scientifica: non
esiste una sola prova seria
contraria a questo evento
epocale, che dovrebbe unire
i popoli in nome di ideali
ben più alti di quelli che
invece scatenano spesso
guerre inutili e sanguinose.
In
questa
immagine
possiamo
osservare
la
Terra, poco dopo il primo
quarto, come appare dal
suolo lunare.
Marte
Planisfero di Marte: il pianeta rosso è il più bello e interessante dei pianeti rocciosi e mostra molti dettagli superficiali e atmosferici.
In questa mappa, realizzata con immagini riprese durante l’opposizione del 2005, con una webcam e telescopio da 235 mm, si
possono notare molte nubi, intorno al polo nord (in basso), e sparse nell’emisfero sud (in alto). Al centro in basso è evidente il monte
Olimpo (il punto luminoso), il più grande vulcano del sistema solare. L’appendice scura sulla destra è Syrtis Mayor, il dettaglio
meglio visibile con qualunque telescopio. Questi dettagli sono facili da osservare con telescopi di diametro simile e con una certa
esperienza
Marte, detto anche pianeta rosso a causa della sua
colorazione, è l’ultimo dei pianeti rocciosi e per certi
versi quello più simile alla Terra; nonostante le
dimensioni inferiori di quasi la metà (0,53) rispetto
al nostro pianeta, una massa di 1/10 quella terrestre e
quindi una gravità di poco superiore ad 1/3 e una
durata dell’anno pari a 686 giorni, ha un periodo di
rotazione simile a quello terrestre (24 ore e 37
minuti), così come l’inclinazione dell’asse di
rotazione, di 25.19° contro i 23.27° del nostro
pianeta. Marte inoltre possiede un’atmosfera che
seppur molto tenue, può ricordare da lontano, come
dinamica, quella terrestre, con la comparsa di nubi e Marte, il pianeta rosso, è il più simile alla terra, sebbene si
nebbie, specialmente intorno ai rilievi e lungo il tratti si un mondo arido e privo di vita. In questa immagine,
bordo. In prossimità dei poli inoltre, ci sono due ottenuta con un telescopio da 235 mm, possiamo vedere la
tenue atmosfera di colore azzurro, alcuni dettagli superficiali
calotte polari composte principalmente di ghiaccio più scuri, e il monte Olimpo (la chiazza chiara in basso a
secco (anidride carbonica congelata) e ghiaccio sinistra), la montagna più alta del sistema solare, con i suoi 25
d’acqua che, durante le stagioni, analogamente alla Km di altezza.
Terra, si espandono o si ritirano.
Tutti questi dati si possono ricavare semplicemente analizzando le immagini di ogni astronomo amatoriale, o
compiendo osservazioni addirittura ad occhio nudo.
Proprio osservando le nostre immagini, risulta chiaro ben presto che la somiglianza con il nostro pianeta è
solo apparente; un’attenta analisi mette in luce molte differenze, a cominciare proprio dall’atmosfera, molto
tenue (1/100 di quella terrestre), composta quasi esclusivamente da anidride carbonica (95%), azoto (2.7%) e
tracce di Argon, vapore acqueo, ossigeno, del tutto simile a quella di venere ma molto meno densa e quindi,
con un effetto serra notevolmente minore. In effetti Marte è un pianeta freddo, con una temperatura media
intorno ai -60°C, ma che in estate, in zone prossime all’equatore, può arrivare anche a +20-+30°C, quindi
non troppo distante da quella terrestre. Questo dato conferma il fatto che la tenue atmosfera deve essere
composta da gas serra che innalza la temperatura media del pianeta rosso di qualche decina di gradi. La sua
superficie è ricoperta da una polvere di color rosso formata in larga misura da ossido di ferro (cioè ruggine).
Le calotte polari, composte da ghiaccio d’acqua e anidride carbonica, durante le estati marziane si sciolgono
e perdono completamente lo strato di anidride carbonica che viene immesso nell’atmosfera.
Lo squilibrio di pressione che si crea con le zone circostanti, così
come l’intensa radiazione solare al perielio, che a causa della
notevole eccentricità dell’orbita è molto più intenso rispetto
all’afelio, può causare forti venti che sollevano grandi quantità di
sabbia, generando delle vere e proprie tempeste che possono
avvolgere anche l’intero pianeta, come è accaduto nel 2001 e alla
età del 2007, con venti fortissimi e polvere alzata per oltre 20 Km
nell’atmosfera del
pianeta. Più spesso tali tempeste sono di natura locale, ma sempre
ben visibili anche con piccoli strumenti.
L’atmosfera è comunque piuttosto dinamica e variabile nel tempo.
Spesso intorno ai rilievi si possono trovare nubi cosiddette
orografiche, oppure delle foschie o vere e proprie nebbie, ben Nuvole e nebbie nell’atmosfera di Marte,
visibili lungo il bordo o lungo i principali vulcani, la cui attività principalmente concentrate nei bordi, ai poli e
sembra essere cessata da diversi milioni (se non miliardi) di anni. presso le maggiori catene montuose (nubi
Una delle due calotte polari è generalmente, durante la tarda estate orografiche)
e l’autunno marziano, avvolta da uno spesso cappuccio di nubi che condensando porteranno alla sua
estensione nel corso dell’inverno. Alle medie latitudini invece non mancano formazioni nuvolose del tutto
simili ai cirri terrestri composte da ghiaccio d’acqua e di
anidride carbonica, di colore bianco-azzurro, spesso molto
estese, ma poco dense. La combinazione tra temperatura
media e pressione al suolo non permette all’acqua liquida di
poter esistere in modo stabile sulla superficie, ed essa si
trova quasi esclusivamente in stato di ghiaccio, raccolta
nella calotte polari ma anche nel sottosuolo, formando uno
strato ghiacciato chiamato permafrost. Benché si possano
osservare nubi e foschie la cui componente principale sono
cristalli di ghiaccio, la loro densità è molto bassa, così come
estremamente bassa è la concentrazione di vapore acqueo
negli strati atmosferici a bassa quota, dell’ordine dello In questa immagine di marte sono evidenti la calotta
0,1%. L’atmosfera è quindi un ambiente estremamente polare, composta da ghiaccio d’acqua e anidride
ed uno spesso cappuccio di nubi che
secco e la formazione delle nubi è consentita dal fatto che la carbonica,
avvolge il polo opposto. Il pianeta è molto attivo ed
soglia di saturazione del vapore acqueo in atmosfera è interessante dal punto di vista atmosferico.
bassissima: in altre parole bastano quantità trascurabili di
questo gas affinché esso condensi in ghiaccio e formi le
nubi. In alcuni luoghi, in prossimità dell’equatore, si pensa
che vi siano bacini d’acqua liquida sotterranei che ogni
tanto riaffiorano in superficie dando luogo a dei veri e
propri canali di scolo, prima che essa evapori senza lasciare
traccia.
La superficie del pianeta rosso è molto interessante e si può
dividere in due grandi zone: una, l’emisfero sud, piuttosto
rugosa e craterizzata, e quindi antica, presenta grandi bacini
da impatto (Hellas, con 1800 km è il più grande), mentre
l’emisfero nord sembra un’enorme depressione ad una
quota media di 2 Km inferiore all’emisfero sud ed appare Differenze geologiche tra l’emisfero sud, molto
molto più liscio, quasi levigato, prevalentemente craterizzato e scosceso, e quello nord, piuttosto piatto:
pianeggiante ad eccezione di alcune formazioni montuose un antico oceano o un gigantesco impatto?
tra le quali spiccano il monte Olimpo, un gigantesco
vulcano estinto alto ben 25000 metri (il più alto del sistema solare) e la regione di Tharsis, con la presenza di
tre grandi vulcani. Considerata anche la notevole mole di dati proveniente dalle numerose sonde che vi sono
arrivate sia in orbita che sulla sua superficie, sembra che su Marte un tempo scorreva acqua liquida in
abbondanza e si pensa addirittura che tutto l’emisfero nord, liscio e ad una quota più bassa, fosse stato un
tempo un grande oceano d’acqua liquida, quando miliardi di anni fa Marte era probabilmente un pianeta più
caldo e attivo geologicamente, del tutto simile alla Terra attuale. Attualmente le uniche testimonianze della
presenza di acqua liquida in un tempo molto lontano, sono date dalle immagini di sonde che hanno ripreso
dettagli che sulla Terra sono riconducibili ad antichi laghi o antichi fiumi prosciugati, dalla portata
impressionante.
Marte possiede, come abbiamo visto, due Lune, chiamate Phobos e Deimos, che in realtà si pensa siano
asteroidi catturati dal suo campo gravitazionale qualche miliardo di anni fa.
Uno spettacolare tramonto su Marte, osservato dalla sonda robotica Opportuity, che nel 2003 è atterrat sulla superficie del pianeta
rosso.
La Terra vista da Marte appare come un punto luminoso
quanto Giove. Questa fotografia è ciò che vedrebbe un
osservatore posto sulla superficie del pianeta rosso, guardando
nella direzione del Sole, poiché la Terra, per lui, è un pianeta
interno.
Ecco come apparirebbero la Terra e la Luna se un ipotetico
osservatore su Marte puntasse un modesto telescopio da 100 mm.
E’ impressionante notare come il nostro pianeta appaia piccolo ed
indistinto, e di una bellissima colorazione azzurra.
Suggestivo panorama marziano ripreso dal robot Opportunity, atterrato nel 2003 sul pianeta. Sono visibili anche le tenui nubi che
solcano il cielo rosso. Questo è quello che vedrebbe un ipotetico astronauta
Giove
Planisfero dell’atmosfera di Giove, realizzato con immagini ottenute nell’aprile del 2005 con webcam e telescopio da 235 mm. Al
centro è ben evidente la grande macchia rossa (GRS) le cui dimensioni solo di 2,5 volte la Terra. Oltre alle bande (scure) e le zone
(chiare) sono visibili molte altre piccole macchie, chiare e scure che sono dei (relativamente) piccoli cicloni, rapidamente variabili
nell’arco di alcuni giorni. L’atmosfera del pianeta può cambiare radicalmente nel giro di qualche mese (vedi immagini successive).
Giove è il pianeta in assoluto più grande del sistema
Solare, ben 11,19 volte più grande della Terra e 318
volte più massiccio. Questo si può osservare molto
bene osservandolo ad occhio nudo o al telescopio: ha
un moto molto lento con un conseguente periodo di
rivoluzione di 11,8 anni.
Nonostante le impressionanti dimensioni, è ancora
circa 1000 volte meno massiccio del sole e 10 volte
più piccolo. Giove è il capostipite di una classe di
pianeti molto diversi da quelli finora visti: i giganti
gassosi. Contrariamente ai piccoli pianeti rocciosi,
Giove (e, come vedremo, altri 3), non hanno una
superficie solida, ma sono composti quasi
esclusivamente da un enorme involucro di gas, la cui Giove è il pianeta più attivo e dinamico del Sistema Solare,
composizione chimica è simile a quella del Sole, così presentando centinaia di dettagli atmosferici. In questa
come la loro densità. In effetti, dal punto di vista immagine possiamo osservare la grande macchia rossa, un
chimico e morfologico sono più simili al Sole che ciclone grande due volte la Terra, che imperversa da almeno
anni (ma potrebbero essere molti di più, solamente che
agli altri pianeti ai quali siamo abituati a pensare; 400
non c’erano telescopi per osservarla).
tuttavia, al contrario della nostra stella, essi hanno
troppa poca massa per avviare nel loro interno le reazioni di fusione nucleare e quindi brillare. Giove è un
pianeta molto affascinante perché molto dinamico e ricco di dettagli. E’ costituito in gran parte da Idrogeno
(89%) ed elio (10%), con tracce di altri gas (Metano, Ammoniaca e Zolfo principalmente) e la sua atmosfera
è ricca di fenomeni interessanti.
Nel seguito della discussione continueremo a parlare di atmosfera e superficie, anche se, per quanto detto,
ciò può sembrare improprio, essendo un pianeta gassoso e quindi privo di superficie. Affinché questi termini
continuino ad avere ancora un senso, occorre dare delle nuove definizioni che si adattino alla famiglia dei
pianeti giganti. Definiamo allora superficie lo strato gassoso che si trova alla pressione (arbitraria) di 1 bar;
definiamo atmosfera tutto lo strato gassoso che si trova a pressioni minori (e quindi altezze maggiori rispetto
alla superficie). Questa definizione, però, non deve essere confusa con il significato più letterale dei termini:
i pianeti giganti e le stelle non hanno una superficie rocciosa e non c’è quindi distinzione tra superficie
(roccia) e atmosfera (gas), ma si può pensare il tutto come una gigantesca atmosfera.
L’atmosfera di Giove è molto dinamica e ricca di dettagli con nubi, tempeste, giganteschi cicloni che
possono vivere fino a diverse centinaia di anni; un esempio tipico è la grande macchia rossa, un ciclone dal
diametro due volte maggiore della Terra, visibile anche con piccoli telescopi. Possiamo identificare diverse
macro strutture nell’atmosfera, frutto dei moti convettivi del gas a seguito dell’irraggiamento solare e dalla
rapida rotazione attorno al proprio asse, di sole 9 ore e 50 minuti in prossimità dell’equatore:
1) Zone: parti atmosferiche più chiare, quasi
bianche, formate da nubi a quote alte,
composte principalmente da cristalli di
ammoniaca e da gas più caldo che sale
2) Bande: zone più scure formate da nubi più
dense, poste a quote più basse e formate da
gas freddo che discende verso l’interno
3) Cicloni: piccole aree circolari perturbate che
spesso assumono una colorazione biancastra
(e per questo chiamati WOS = White Oval
Spot); più raramente possono diventare di
taglia terrestre o maggiore ed assumere
colorazioni tendenti al rosso mattone; esempi
tipici sono la grande macchia rossa (GRS) e, Giove ruota sul proprio asse in circa 10 ore. A causa di ciò,
recentemente la cosiddetta macchia rossa appare piuttosto schiacciato. In questa immagine, ottenuta
sempre con un telescopio da 235 mm di diametro, possiamo
junior.
moltissimi dettagli, tutti osservabili da un occhio
Sebbene la struttura macroscopica delle bande e delle notare
esperto, sebbene con colorazioni più tenui.
zone sia sempre la stessa, la loro forma e i dettagli
all’interno di esse cambiano rapidamente, anche nel corso di qualche giorno; spesso l’aspetto del pianeta può
cambia radicalmente di anno in anno, con l’assottigliamento delle bande o l’espansione delle bande e la
comparsa di macchie bianche (WOS) o modificazione di dettagli già presenti, come la macchia rossa, il cui
aspetto è cambiato radicalmente in pochi anni. Giove quindi è un laboratorio sia per gli scienziati che per gli
astrofili perché non si presenta mai come lo si è osservato in precedenza.
Oltre alla variabilità data dall’atmosfera del pianeta, giove possiede numerosi satelliti, di cui 63 sono
attualmente quelli noti, moti dei quali non sono altro che piccoli asteroidi o massi irregolari. Di questi infatti,
solamente 4 sono alla portata di strumenti amatoriali e si tratta dei famosi satelliti galileiani, scoperti da
Galileo mentre osservava il pianeta con il suo cannocchiale che si chiamano, in ordine di distanza dal
pianeta: Io, Europa, Ganimede e Callisto. Ganimede è il satellite più grande del sistema solare con un
diametro di 5200 Km, più grande della Luna e di Mercurio. Io è invece il più attivo dal punto di vista
geologico, con eruzioni vulcaniche spesso immense e visibili anche da terra con telescopi professionali. Tutti
e 4 i satelliti hanno un periodo di rotazione attorno al gigante gassoso, dell’ordine di qualche giorno (da 1,7
giorni per Io ai 16,7 per Callisto) e quindi la loro posizione è rapidamente variabile nel tempo e rappresenta
un altro importante vantaggio per l’osservazione di Giove.
Il pianeta possiede anche un debole sistema di anelli, sebbene la sua osservazione sia riservata solamente a
qualche strumento professionale o alle 3 sonde che fino ad ora lo hanno visitato.
Saturno
Planisfero dell’atmosfera di Saturno (proiezione cilindrica) ottenuto con 4 riprese effettuate nel marzo 2005. La mappa copre solo
l’emisfero sud, poiché quello nord era nascosto dagli anelli. Si notano zone e bande, analogamente a Giove, anche se sono presenti
molti meno dettagli
Saturno è sicuramente il pianeta più strano e
affascinante, con i suoi caratteristici anelli,visibili
con qualsiasi strumento. Simile per composizione
chimica a Giove, ha una densità media minore
dell’acqua: se potesse essere contenuto in un
ipotetico oceano d’acqua,
l’intero pianeta
galleggerebbe. Si tratta di un gigante gassoso simile
per dimensioni e composizione chimica a Giove, 9,5
volte più grande della Terra, 1/3 meno massiccio del
pianeta gigante.
La sua orbita è molto larga e quasi circolare, posta ad
una distanza di 9,54 AU, cioè, circa 1 miliardo e 400
milioni di Km, quasi il doppio di quella di Giove Saturno è il pianeta più affascinante del Sistema Solare, con i
suoi magnifici anelli. Poco più piccolo di Giove, è il secondo
(5.20 AU). Il suo periodo di rivoluzione è quindi più pianeta, per dimensioni, del sistema solare, composto quasi
lento, di poco inferiore ai 30 anni (29.46), mentre il interamente di gas, tanto che potrebbe galleggiare se posto in
periodo di rotazione, come quello di tutti i pianeti un ipotetico oceano d’acqua. La sua densità media, infatti, è
giganti, è molto rapido, 10,6 ore, tanto da schiacciare inferiore a quella dell’acqua.
il globo ai poli a causa dell’elevata forza centrifuga.
Essendo posto ad una distanza doppia dal gigante del sistema Solare, Saturno riceve 4 volte meno energia da
parte del Sole, energia che è la causa principale dell’attività atmosferica di ogni corpo celeste; per questo
motivo la sua atmosfera, benché molto simile a quella di Giove, è molto più calma. Come per ogni pianeta
gassoso, non esiste una superficie solida, separata dallo strato atmosferico, come per i pianeti rocciosi,
piuttosto la distinzione a è fatta in base ad una
definizione arbitraria: definiamo superficie la quota
alla quale corrisponde una pressione atmosferica di 1
bar; strati gassosi superiori costituiscono l’atmosfera
del pianeta, quelli inferiori fanno parte della
superficie. La temperatura dello strato superficiale è
di soli 134 K, cioè -139°C e scende di 35° ad una
quota di 110 Km dove la pressione atmosferica si è
ridotta ad 1/10. In modo del tutto simile a quella di
giove, l’atmosfera di Saturno contiene molto
idrogeno (92.5%), il 6% di elio ed il restante è
costituito da metano, ammoniaca ed acqua.
Non possiamo naturalmente non parlare del L’inclinazione degli anelli cambia nel corso degli anni, a causa
dell’inclinazione dell’asse del pianeta, proprio come succede
magnifico sistema si anelli, la cui densità ed alla Terra e Marte, ma con tempi maggiori (Periodo di
estensione lo rendono unico nel sistema solare. rivoluzione di 30 anni). Quando gli anelli sono disposti di
profilo risultano meno spettacolari.
Molto si è discusso e ancora lo si fa in merito alla loro formazione; la teoria più accreditata prende in
considerazione il passaggio troppo ravvicinato di un satellite che è stato disintegrato a causa della fortissima
forza mareale; i detriti, hanno costituito gli anelli che possiamo osservare, la cui massa è molto simile a
Mimas, uno dei numerosi satelliti del pianeta, estesi per centinaia di migliaia di Km ma spessi solamente
poche centinaia di metri (al massimo 250), e in effetti semi trasparenti. Il sistema di anelli è molto complesso
e presente delle divisioni più o meno marcate, frutto di una combinazione tra l’attrazione gravitazionale di
Saturno e la presenza di piccoli corpi, dette lune pastore, all’interno di essi, che ne modellano la forma e
l’estensione.
Oltre alle piccole luna pastore, che si pensa possano essere anche molte decine, il sistema di satelliti di
Saturno è comunque il più ricco; il più famoso ed interessante è sicuramente Titano, una luna orbitante a
circa 1,5 milioni di Km la seconda, per dimensioni, del sistema Solare, ma di gran lunga la più interessante.
Titano infatti è un satellite avvolto da una spessa atmosfera, 1,5 volte più densa di quella terrestre,
completamente opaca alle lunghezze d’onda visibili, composta principalmente da azoto, argon e metano,
presente in quantità anche in superficie dove forma dei veri e propri laghi. Nonostante la temperatura, a
causa della distanza dal Sole, è di soli 94 K (-179°C), Titano ricorda da vicino l’ambiente terrestre
antecedente lo sviluppo della vita e non è escluso che i mattoni della vita possano essere presenti. Nella sua
atmosfera vi sono imponenti sistemi nuvolosi costituiti principalmente da metano e non è escluso che esso
sia la controparte dell’acqua sulla Terra, creando un ciclo simile in tutto e per tutto a quello terrestre.
Urano
E’ il sesto pianeta del sistema solare, orbitando a quasi 3 miliardi di chilometri dalla nostra stella. Si tratta
ancora una volta di un pianeta gassoso, ma più piccolo dei giganti giove e Saturno, con un diametro 4 volte
maggiore di quello terrestre. La sua composizione chimica comunque è molto simile a quella dei giganti, con
una netta abbondanza di idrogeno (83%), ed elio (15%) e un 2% di metano, responsabile della colorazione
verde-azzurra del pianeta. La particolarità di Urano risiede nell’inclinazione del suo asse di rotazione rispetto
al piano dell’orbita, di ben 98°; in pratica, il pianeta rotola sul piano dell’orbita e i poli sono le regioni
maggiormente esposte alla luce solare (è come se ruotassimo l’asse terrestre di 70°, con i poli che finirebbero
al posto dell’equatore e viceversa), benché molto debole a quelle distanze. La temperatura degli strati
atmosferici del pianeta infatti non supera i 58°K, cioè i -215°C. Come gli altri pianeti gassosi, mano a mano
che aumenta la profondità, aumenta la temperatura, la pressione e la densità del gas. Si pensa che al suo
interno vi sia un nucleo roccioso avvolto da un oceano caldo (2000°C) composto da idrogeno, elio e
ammoniaca, che sfuma lentamente nell’atmosfera del pianeta. Urano è l’unico pianeta gigante a non avere
una fonte interna di calore: l’esame della luce incidente e quella riemessa dal pianeta è in perfetto equilibrio.
La sua atmosfera, benché simile in composizione a quella di Giove e Saturno, è molto meno attiva, anche se
mostra una notevole dinamicità, con venti che soffiano a 180 m/s alle latitudini equatoriali.
Non tutti forse sanno che Urano possiede un sistema di anelli, simili a quelli di Saturno, ma molto più deboli
e rarefatti, visibili solo con strumentazione professionale. L’anello maggiore è esteso solo un centinaio di
chilometri e spesso solo qualche decina di metri.
Urano è un pianeta gassoso grande circa 4
volte la Terra. Distante circa 3 miliardi di
Km, appare molto debole e privo di una
efficiente circolazione atmosferica.
Come tutti i pianeti gassosi, possiede un
sistema di anelli e numerosi satelliti
naturali (27). In questa immagine come
appariva nel 1986 quando la sonda
automatica Voyager 2, l’unica che lo abbia
raggiunto, si è avvicinata, prima di dirigersi
verso Nettuno.
Nettuno
L’ottavo e ultimo pianeta del sistema solare è ancora una volta un gigante gassoso, leggermente più piccolo
di Urano, ma comunque grande 3,81 volte la Terra e con una massa 17 volte superiore. Alla distanza dal Sole
di 30 UA, cioè 4,5 miliardi di Km, Nettuno impiega ben 165 anni terresti per compiere un giro intorno al
Sole, mentre il periodo di rotazione, come tutti i pianeti gassosi, è relativamente breve, di 19,2 ore
(all’equatore) e la temperatura si aggira intorno ai 38°K, cioè -235°C. La composizione chimica ricorda
molto quella di Urano, con idrogeno, elio, tracce di ammoniaca e metano, che gli conferisce un colore
azzurro-verde. La sua atmosfera è stranamente più attiva di quella di Urano e ricorda quella di Saturno, con
la comparsa non rara di macchie scure e chiare, e di nubi, simili a cirri terrestri, ma molto diverse in
composizione chimica (composte da idrocarburi pesanti in questo caso). La sua struttura interna si pensa
essere composta da un nucleo centrale roccioso, da un mantello superiore composto da ghiacci fluidi (acqua,
ammoniaca e metano) e da un guscio superiore di idrogeno ed elio che sfuma lentamente nell’atmosfera.
Come per tutti gli altri pianeti giganti, anche Nettuno possiede una numerosa famiglia di satelliti e un sistema
di anelli, molto tenue e variabile (in spessore e densità) nel tempo, ancora oggetto di studi.
I satelliti finora scoperti sono 13, di cui, il maggiore e più interessante è senza dubbio Tritone, una luna
geologicamente attiva, con geyser che fuoriescono dalla sua superficie, povera di crateri e quindi
relativamente giovane.
Nettuno è l’ultimo pianeta del
sistema solare, istante oltre 5
miliardi di Km dalla terra. Si
tratta ancora di un pianeta
gassoso, di dimensioni pari a 6
volte la Terra. E’ stato
raggiunto solamente da una
sonda, l’americana Voyager 2,
nel 1989. Le immagini e le
informazioni
di
cui
disponiamo,
quindi,
provengono in gran parte da
questo unico incontro, dopo un
viaggio durato ben 12 anni.
Anche Nettuno possiede un
tenue sistema di anelli, molto
deboli ed inosservabili da Terra
con telescopi amatoriali.
Plutone
Un tempo il nono ed ultimo pianeta del sistema solare, è stato declassificato a pianeta nano nel 2006
dall’unione astronomica internazionale (IAU), a causa delle sue caratteristiche che lo rendono molto simile
ad una gigantesca cometa piuttosto che ad un pianeta vero e proprio.
E’ stato scoperto il 18 Febbraio del 1930
dall’astronomo Clyde Tombaugh a seguito di
previsioni (poi rivelatesi errate) eseguite analizzando
il moto di Nettuno.
La distanza media dal Sole è di 39,5 UA, cioè quasi 6
miliardi di Km. In realtà a causa della sua elevata
eccentricità (0,24, più simile alle comete che ai
pianeti) essa varia molto tra il perielio (minima
distanza dal Sole) e l’afelio (massima distanza dal Capostipite di una classe di corpi celesti chiamata pianeti nani,
Sole), passando dai 4,4 ai 7,37 miliardi di Km, con Plutone è un oggetto quasi completamente ghiacciato, con una
un’inclinazione sul piano dell’eclittica di ben 17°. temperatura superficiale media di 43 K, ovvero circa -230°C!
Durante il periodo di minima distanza dal Sole, la sua Nessuna sonda, fino ad ora, lo ha visitato, ma nel 2015 la
orbita attraversa quella di Nettuno portandolo per New-Horizon, partita nel 2006, farà luce su questo
sconosciuto corpo celeste.
qualche decina di anni più vicino dell’ottavo pianeta;
nonostante ciò, non è possibile che i due corpi celesti entrino in collisione perché esiste un rapporto semplice
e costante tra il periodo di rivoluzione di Nettuno e Plutone e quindi i due pianeti non si troveranno mai
troppo vicini. Sebbene non sia stato ancora visitato da alcuna sonda, grazie alle osservazioni condotte con
grandi telescopi, possiamo affermare che Plutone è un corpo celeste formato quasi completamente da
ghiaccio, tra cui una quantità apprezzabile di acqua. A queste enormi distanze, gran parte dei composti che
sulla Terra sono volatili si presentano in forma solida, come l’anidride carbonica, l’azoto, il metano e
l’acqua, questi ultimi due costituenti principali della superficie del pianeta.
Plutone possiede anche una tenue atmosfera; si pensa che in realtà essa non sia stabile ma si sviluppi quando
il pianeta nano si trova prossimo al passaggio al periastro (punto più vicino al Sole), quando la radiazione
solare riesce a sciogliere gli elementi più volatili, i quali, trasformandosi in gas, vanno a costituire un sottile
involucro gassoso, simile ad una debole chioma cometaria.
Nonostante le sue dimensioni, inferiori a quelle della Luna, Plutone possiede ben tre satelliti, di cui uno è
particolarmente grande, soprattutto se rapportato alle sue dimensioni: si tratta di Caronte, scoperto nel 1978,
orbitante ad appena 19500 Km dal centro di Plutone, in rotazione sincrona, di diametro di 1207 Km e massa
pari ad 1/9 del pianeta nano. In effetti, spesso la coppia Plutone-Caronte è classificata come un pianeta nano
doppio, poiché le masse dei due corpi non sono poi così diverse, così come la composizione chimica, che nel
caso di Caronte sembra sia leggermente più abbondante di ghiaccio. Gli altri due satelliti sono stati scoperti
recentemente e si chiamano Notte e Idra, a distanze rispettivamente di 49000 e 65000 Km, si pensa siano dei
piccoli corpi ghiacciati dal diametro di qualche decina di Km.
Le Comete
Sono gli oggetti del sistema solare più appariscenti, sorprendenti ed imprevedibili, quelli che più
appassionano le persone all’osservazione del cielo.
Fisicamente le comete, citando la definizione del
grande astronomo Fred Whipple, sono delle palle di
neve sporca; in effetti sono piccoli corpi celesti
composti principalmente da ghiaccio d’acqua,
provenienti dalle regioni più esterne del sistema
solare, spesso da un enorme serbatoio posto ben oltre
l’orbita di Plutone, chiamato nube di Oort.
Il nucleo di una cometa ha dimensioni tipiche di
qualche chilometro ed è invisibile fino a quando,
raggiunta una certa distanza dal Sole (tipicamente
all’altezza dell’orbita di Giove) i composti più
volatili cominciano a sublimare, cioè si trasformano La cometa Q4 Neat, inseguita nel suo veloce spostamento tra
da solidi a gas, andando a formare una gigantesca le stelle e resasi visibile ad occhio nudo nel Maggio del 2004.
(ma estremamente rarefatta) atmosfera attorno al nucleo cometario, denominata chioma.
Sotto l’influenza del campo magnetico solare e della pressione di radiazione, la chioma viene deformata fino
a formare due distinte code, l’una di ioni e l’altra di polveri.
La coda di ioni, come suggerisce il nome, è composta da
particelle cariche (atomi o molecole private almeno di un
elettrone). La radiazione ultravioletta proveniente dal Sole
riesce a ionizzare parte del gas neutro presente nella
chioma, frutto della sublimazione a causa della radiazione
solare. Il componente principale è il monossido di carbonio
( CO ) : CO + hυ → CO + + e − (dove hυ rappresenta un
fotone, espresso attraverso la sua energia, data dal prodotto
della frequenza per la costante di Planck, ed e − rappresenta
un elettrone). Le particelle ionizzate, cioè cariche, sentono
la presenza del campo magnetico solare trasportato dal
vento solare e vengono sottoposte alla forza magnetica
(forza di Lorentz) formando una lunga coda in direzione
quasi perfettamente anti-solare.
Gli ioni CO + diffondono maggiormente la luce blu rispetto La cometa Hale Bopp nel 1997 è stata una delle più
a quella rossa (come succede per ogni tipo di gas, ad spettacolari. Sono ben visibili la coda di ioni (azzurra)
esempio l’aria dell’atmosfera terrestre) e la coda di ioni e quella di polveri. Ripresa di Danilo Pivato su
pellicola e astrografo da 190 mm di diametro.
assume la tipica colorazione azzurra.
La coda di polveri è invece composta da particelle solide, generalmente silicati, sui quali agisce la pressione
della radiazione e la forza di gravità solare.
Qualsiasi tipo di radiazione produce, sul corpo colpito, una forza netta nella direzione di propagazione.
Sebbene l’intensità della forza sia piuttosto modesta, quando esercitata su particelle piccole e in assenza di
altre forze di intensità maggiore, può provocare degli effetti ben visibili, come formazione della coda di
polveri delle comete.
Le particelle inoltre sentono l’attrazione gravitazionale del Sole e della cometa e vengono deviate su orbite
solari. E’ per questo motivo che la coda di polveri appare spesso incurvata. La colorazione è generalmente
bianca e l’aspetto piuttosto diffuso, poiché le diverse dimensioni delle particelle (e il diverso albedo, cioè
riflettività) subiscono in modo diverso la pressione di radiazione.
L’analisi delle immagini eseguite con filtri colorati permette di determinare con precisione le proporzioni tra
la coda di ioni e quella di polveri e di capire la
composizione chimica ed il comportamento della
cometa. C’è anche una terza componente della coda,
invisibile da Terra perché emette radiazione
ultravioletta alla quale la nostra atmosfera è
completamente opaca*, il cosiddetto inviluppo di
idrogeno.
L’idrogeno si forma a causa della foto-dissociazione
del vapore acqueo da parte dei raggi ultravioletti
solari: 2 H 2 O + hυ → 2 H 2 + O2 .
Il gas liberato forma un immenso alone che si allunga
a causa della pressione di radiazione e
dell’interazione con le particelle del vento solare.
Le code cometarie possono raggiungere centinaia di
milioni di Km di lunghezza.
Quando osserviamo una cometa non siamo mai in
grado di osservare e risolvere il nucleo, piccolo e
nascosto dalla chioma.
Mano a mano che essa si avvicina al Sole aumenta il L’inviluppo di idrogeno della comata Hale Bopp, ripreso in
ultravioletto dalla sonda Soho. Confrontate le sue dimensioni
tasso di evaporazione dei gas e aumenta quindi la con quelle delle due code cometarie e, in basso a destra, con il
luminosità e l’estensione della coda e della chioma.
Sole!
* La radiazione ultravioletta si estende da 10 nm a 380 nm. La nostra atmosfera è (parzialmente) trasparente solamente dai 300 nm in
poi. Se si vuole operare al di sotto di questa lunghezza d’onda occorre trasferirsi nello spazio.
Asteroidi, KBO ed oggetti della nube di Oort
Corpi celesti di dimensioni variabili tra qualche centinaio di Km e pochi metri o centimetri, denominati
anche relitti fossili poiché si tratta quasi sempre di detriti formatisi al tempo della nascita del sistema solare e
rimasti immutati per miliardi di anni. Sparsi per il sistema solare esistono milioni di corpi, concentrati
perlopiù in una zona compresa tra l’orbita di Marte e quella di Giove, chiamata fascia principale degli
asteroidi. In questo spazio vi si trova gran parte di questi piccoli oggetti rocciosi e irregolari, nel posto in cui,
a causa dell’intensa forza gravitazionale di Giove, non si è potuto formare un pianeta. I detriti sono quindi
rimasti immutati per 4,5 miliardi di anni (l’età del Sistema Solare).
Esistono altri gruppi di asteroidi, ad esempio quello dei Troiani, posti sulla stessa orbita di Giove in due
punti lagrangiani (di equilibrio), oppure i Centauri, oltre l’orbita del gigante. Al di là di Nettuno, l’ultimo
pianeta, troviamo la fascia di Edgeworth-Kuiper (i KBO) di cui fa parte lo stesso Plutone, classificato però, a
causa delle sue dimensioni e forma, come pianeta nano. Spingendoci oltre troviamo il disco diffuso e la nube
di Oort; quest’ultima si pensa possa essere un gigantesco serbatoio di piccoli corpi ghiacciati che circonda
tutto il sistema solare e si estende fino a 150000 unità astronomiche, cioè fino a 2 anni luce, circa metà strada
che separa il Sole dalla stella più vicina, Proxima Centauri (4,23 anni luce).
La differenza maggiore tra gli oggetti appartenenti alla fascia principale e quelli esterni è sostanzialmente la
composizione chimica. Tutti i corpi esterni hanno componenti importanti di ghiaccio, sia di acqua che di altri
materiali più volatili (anidride carbonica, azoto, ammoniaca, metano), sono cioè potenzialmente tutti delle
comete, compreso lo stesso Plutone, poiché se si dovessero avvicinare al Sole gran parte della loro superficie
comincerebbe ad evaporare generando una chioma e una coda. In effetti questo comportamento è stato
osservato per almeno due corpi celesti: Plutone, che quando è in prossimità del perielio (punto più vicino al
Sole) sviluppa una tenue atmosfera che ricorda una chioma cometaria, e Chirone, componente principale dei
Centauri, il quale durante i suoi passaggi nelle zone più interne del sistema solare sviluppa anche una coda,
alla stregua di una gigantesca cometa. In effetti la differenza tra le comete e questi corpi remoti è solamente
di natura osservativa e in parte dinamica: sono comete tutti quei corpi celesti composti da percentuali non
trascurabili di elementi ghiacciati che, se si ritrovano a passare a distanze relativamente vicine al Sole
(generalmente almeno alla distanza di Giove) sviluppano una chioma e una coda. Morfologicamente e
fisicamente tutte le comete appartengono alle diverse famiglie di asteroidi posti oltre l’orbita di Giove;
alcune, quelle non periodiche, si pensa siano corpi celesti provenienti dalla nube di Oort, proiettati nelle zone
interne a causa dell’interazione gravitazionale con altri corpi in quelle remote regioni del sistema solare (o
anche il passaggio di una stella). D’altra parte tutte le comete periodiche appartengono alle famiglie di corpi
posti nelle vicinanze di Giove, disturbati dalla sua intensa forza gravitazionale.
Estensione del sistema solare e della nube di Oort, un immenso serbatoio di piccoli corpi celesti che si estende fino a circa 100000
UA, cioè metà della distanza tra il Sole e la stella Alpha Centauri. La scala delle distanze è logaritmica e non lineare.
Cenni sulla formazione del sistema solare
Fino a questo punto abbiamo osservato i pianeti ed i corpi contenuti nel sistema solare come ci appaiono
oggi. Una domanda legittima allora potrebbe essere: il sistema solare è sempre stato così? Può aver avuto
un’origine ed una successiva evoluzione? Se si, quale? Rispondere in modo esauriente a questa domanda non
è affatto facile perché non possiamo invertire il tempo ed osservare i pianeti come erano miliardi di anni fa.
Fortunatamente l’Universo è ricchissimo di situazioni che possono esserci davvero utili nel cercare di
comprendere la nascita e del nostro vicinato cosmico. Prima di tutto, è bene sottolineare in modo ancora più
esplicito che tutto nell’Universo è in perenne evoluzione: sebbene i nostri tempi non coincidano con i tempi
delle stelle o delle galassie, nulla è immobile ed eterno, quindi è presumibile ipotizzare che anche il nostro
sistema solare abbia avuto un’origine, si sia evoluto e continuerà a farlo fino al termine della sua esistenza.
Il grandissimo numero di oggetti e la varietà delle situazioni dell’Universo, ci forniscono i dati di cui
abbiamo bisogno. L’osservazione di numerose stelle e nebulose di diverse età, quindi a diversi stadi
evolutivi, ci fornisce un’istantanea abbastanza precisa delle tappe che presumibilmente ha percorso il sistema
solare nel momento della sua formazione.
Secondo le numerose osservazioni e conseguenti simulazioni, la teoria più accreditata è quella della
“nebulosa primordiale", cioè di un'immensa nube di gas e polvere in rotazione dalla quale si sarebbero
formati il sole e i pianeti, mantenendo lo stesso moto di rotazione della nube. E’ curioso come questa teoria
sia stata ipotizzata ben prima delle evidenze scientifiche da alcuni illustri filosofi del passato, tra i quali Kant.
Le conseguenti osservazioni hanno effettivamente dato attendibilità a questa che fino a cento anni fa era una
mera speculazione filosofica.
Lo scenario della formazione del Sistema Solare, come pure di eventuali altri sistemi planetari, può essere
quindi il seguente: una nube fredda molto estesa di gas interstellare, composta di idrogeno, elio, e una
piccola parte di elementi pesanti aggregati in forma di polveri, si contrae per effetto della propria forza
gravitazionale.
Il meccanismo di contrazione può essere spontaneo, oppure stimolato dal passaggio di un'onda d'urto (per
esempio
dovuta
all'esplosione
di
una
supernova)
attraverso
la
nube.
Durante questa contrazione, che dura diversi milioni di anni, la nube comincia a ruotare sempre più
velocemente e assume, a causa della forza centrifuga, la forma appiattita di un disco, con un diametro di
circa 10 miliardi di chilometri ed uno spessore di circa 100 milioni di chilometri.
Nel centro della nube si accumula una grande quantità di gas e la contrazione gravitazionale lo riscalda da
una temperatura di circa -270°C fino a circa 2000°C: si e' formata una protostella.
Il gas che ruota attorno alla protostella forma un disco di accrescimento e vi cade sopra lentamente, fino a
quando, dopo poche migliaia di anni, si innesca il vento stellare, cioè un flusso di gas dalla protostella verso
l'esterno, che trasferisce parte del momento angolare (rotazione) di quest'ultima al gas del disco.
Nel frattempo, il calore e la radiazione sprigionati dalla protostella e il flusso di gas che essa emette
vaporizzano i grani di polvere nella nube. La protostella, accrescendo gas, comincia la sua evoluzione in
stella. Il disco comincia a raffreddarsi irraggiando energia. A seconda della quantità e della distribuzione del
gas, esso può essere gravitazionalmente stabile, oppure essere instabile e formare un'altra protostella o più. In
questo modo si crea un sistema di stelle doppio o multiplo.
Abbastanza lontano dalla stella, il gas si e' raffreddato a sufficienza affinché una parte si ricondensi in
polvere e ghiaccio; le particelle di polvere si aggregano per collisione fino a formare piccoli pezzi di roccia
detti planetesimi.
Dall'unione dei planetesimi si originano i protopianeti; la massima dimensione che essi possono raggiungere
dipende dalla loro distanza dalla stella e dalla composizione e densità della nube primordiale: nelle regioni
più interne essa sarà molto minore che in quelle esterne, perché la protostella tende a disgregare e
vaporizzare le polveri.
La differenza di dimensioni tra i pianeti rocciosi e quelli giganti testimonia la validità di questo scenario. La
formazione dei protopianeti può richiedere da circa centomila anni ad una ventina di milioni di anni.
A questo punto, la stella comincia ad emettere un forte vento che spazza via il gas residuo del disco. Se un
protopianeta è abbastanza massiccio da trattenerne una parte con la propria gravità, si formerà un pianeta
gassoso, altrimenti verrà spogliato del gas e darà origine ad un pianeta roccioso; e' logico che i pianeti più
vicini alla stella, essendo anche i più piccoli, appartengano a questa seconda categoria.
L'evoluzione successiva del sistema planetario è regolata dagli impatti tra i corpi che lo compongono. Gli
impatti di meteoriti e planetesimi sui protopianeti e sui satelliti che vi ruotano attorno producono crateri sulla
loro superficie, di molti dei quali ancora rimangono le tracce. Quando sono particolarmente violenti, gli
impatti possono addirittura deviare i corpi dalla loro orbita originaria. Questa fase è stata attraversata dal
nostro Sistema Solare da 4 a 4.5 miliardi di anni fa.
Dopo qualche decina di milioni di anni, gli ultimi planetesimi ancora presenti si saranno disgregati per
collisione e il sistema di stella e pianeti potrà essere diventato dinamicamente stabile, formando un sistema
planetario.
Dalla contrazione iniziale della protonube a questo momento sono trascorsi all'incirca 100 milioni di anni.
Per quanto riguarda il nostro Sistema Solare, varie evidenze di tipo chimico e geologico fanno risalire la sua
formazione a circa 4.6 miliardi di anni fa.
Schematizzazione della formazione del sistema
solare. A partire da una nube di gas in lenta
contrazione
gravitazionale
si forma
una
condensazione centrale, detta protostella. Attorno
alla protostella si forma un disco di gas e polveri in
lenta rotazione. Quando la massa della protostella è
sufficiente, essa si accende diventando una stella e
scagliando nello spazio un forte vento stellare che
tende a ripulire le regioni più interne e allo stesso
tempo a trasferire una parte della rotazione al disco
di accrescimento. Lontano dalla stella cominciano
ad aggregarsi i planetesimi e a seconda delle
condizioni di densità e temperatura delle regioni
nelle quali si trovano, daranno origine a pianeti
rocciosi o gassosi.