Walter Riva
Storia di
un raggio di luce
Dal Big Bang alle galassie fino a noi
GRUPPO
EDITORE
Walter Riva
Storia di
un raggio di luce
Dal Big Bang alle galassie fino a noi
GRUPPO
EDITORE
a Giancarla
In copertina:
Un raggio di luce proveniente da una stella lontana ispira una rilessione
sull’Universo, le sue origini, la sua struttura, il suo destino.
Sommario
Sogno di una notte di inizio estate . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.
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PRIMA PARTE:
CRONACHE DALL’INIZIO
1. Tutto il Big Bang istante per istante . . . . . . . . . . . . . . pag.
2. Dalle galassie ai pianeti (passando per le stelle) . . . . pag.
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SECONDA PARTE:
PERCHÉ FUNZIONA LA TEORIA DEL BIG BANG
3. Le origini del Big Bang . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 88
4. Un po’ di storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 90
5. Le previsioni della teoria del Big Bang . . . . . . . . . . . pag. 104
TERZA PARTE:
I PROBLEMI IRRISOLTI DEL BIG BANG
6. Il problema dell’orizzonte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7. Il problema della piattezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
8. Inlazione, pensaci tu! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
9. La materia oscura, la penultima frontiera. . . . . . . . . .
10. L’energia oscura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11. Vicini a una nuova rivoluzione? . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Sogno di una notte di inizio estate
Siamo affacciati al balcone in una serata d’estate. Siamo in campagna e possiamo sentire distintamente il suono delle cicale. Siamo
tornati a casa tardi, dopo una serata con gli amici, ma non abbiamo
ancora sonno. È piacevole sentire sul viso la brezza della sera dopo
una lunga giornata afosa. Attorno a noi tutto è avvolto nel buio; le
luci della nostra casa sono spente e così anche quelle del giardino.
Alzando lo sguardo, rimaniamo estasiati dalla visione della Via Lattea,
quella scia lattescente che solca il cielo da parte a parte.
Una foto dell’unica galassia che possiamo osservare dall’interno, la nostra
Via Lattea.
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Non ricordavamo si potessero vedere tante stelle e nemmeno di aver
mai assistito a uno spettacolo del genere. O forse sì, giusto un anno
fa, l’ultima volta che abbiamo lasciato la città con tutte le sue luci.
Nel contemplare quella visione l’emozione è fortissima, sembra di
perdersi fra tutti quei puntini. Mille domande iniziano a frullarci per
la testa. Come sono nate le stelle? E come si è formato il nostro pianeta, il luogo dove trascorriamo la nostra esistenza? E l’Universo?
Come è potuto iniziare tutto ciò?
La curiosità è tanta e ci viene voglia di saperne di più sulla storia che
questi raggi di luce provenienti da così lontano cercano di raccontare.
Forse intimoriti da quell’immensità, pensiamo sia meglio iniziare
dal piccolo, dal microscopico.
Dagli atomi all’Universo
Ci laviamo i denti e osserviamo lo scorrere dell’acqua dentro al lavandino. L’acqua è diffusissima sulla Terra, oltre il 70% della supericie del nostro pianeta ne è ricoperto. E anche all’interno del nostro
corpo l’acqua è predominante, non potremmo vivere senza. Ebbene,
da dove è venuta tutta quest’acqua?
E che cosa succederebbe se spezzassimo una goccia d’acqua in tante goccioline più piccole e continuassimo ancora? Arriveremmo al
livello delle molecole, proprio come succederebbe con qualsiasi oggetto della stanza, della casa o del mondo intero. La molecola è la
quantità più piccola di una sostanza che ne conserva ancora tutte le
proprietà. Purtroppo, si parla già di dimensioni così piccole da essere fuori dalla portata della nostra vista. Ma facciamo inta di niente
e immaginiamo di poter proseguire.
Arrivati alla molecola dell’acqua, vedremmo che è composta da tre
atomi legati insieme, due di idrogeno e uno di ossigeno. Se spezziamo i legami non avremo più dell’acqua, ma atomi di idrogeno e
di ossigeno separati. Gli atomi sono costituiti da un nucleo centrale
con carica elettrica positiva e da piccolissime particelle con carica
elettrica negativa, gli elettroni, che vi sciamano intorno.
Se potessimo guardare dentro al nucleo atomico, vedremmo che è
formato da due tipi di particelle, i protoni e i neutroni. Solo i primi
sono responsabili della carica elettrica del nucleo. Spezzando protoni e neutroni, si arriverebbe al livello dei quark che, insieme agli
elettroni e a un paio di altre particelle di cui ci occuperemo più tardi,
vengono ritenuti le particelle elementari della materia.
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Ci ricordiamo, per averlo letto da qualche parte, che il protone è il
nucleo dell’atomo più leggero che si conosca, l’idrogeno. E che l’idrogeno, oltre a essere l’elemento più diffuso nell’Universo, è anche
il più semplice, formato da un solo protone e da un solo elettrone.
Qual è la storia di questo protone? Dove è nato? Come si è formato?
Quanta e quale strada ha fatto per arrivare a far parte del nostro
pianeta o del nostro steso corpo? E l’ossigeno, ha una storia simile
o deve la sua origine a un fenomeno differente? E tutti gli altri elementi chimici, come l’oro e l’argento, da dove vengono?
Questo libro nasce proprio dal tentativo di rispondere a queste domande e ad altre ancora. Più avanti vedremo, per esempio, che mentre l’idrogeno è nato all’inizio dell’Universo, l’ossigeno si è formato
all’interno delle stelle. Il protone sarà uno dei protagonisti principali
della nostra storia: ne seguiremo, qua e là, la lunga avventura cosmica.
Ma prima di arrivare a vederlo comparire sulla scena, dovremo fare
parecchia strada. Dovremo assistere alla comparsa delle particelle
fondamentali, i quark, gli elettroni, i neutrini e dovremo risalire a
tempi ancora più remoti, prima ancora che queste particelle facessero
la loro apparizione sul palcoscenico dell’Universo, in un’epoca in
cui la materia non era ancora tale e il cosmo era costituito soltanto
da luce ed energia.
Abbiamo menzionato l’inizio dell’Universo e abbiamo dato per scontato una sua evoluzione. Senza accorgercene, stiamo già parlando
della teoria del Big Bang, la teoria cosmologica che riscuote il maggior credito presso gli scienziati. Secondo questa teoria, l’Universo
ha avuto un principio e non è qualcosa di eterno e immutabile come
altre teorie hanno sostenuto. E, sempre secondo lo scenario del Big
Bang, l’inizio è stato caratterizzato da condizioni molto particolari:
temperatura, pressione e densità erano a livelli incredibilmente elevati, mentre le dimensioni dell’Universo neonato erano microscopiche.
Nel giro di diversi miliardi di anni, l’espansione dell’Universo e
la crescita di complessità dei suoi elementi hanno portato il cosmo
nella situazione attuale: un Universo popolato di galassie, di stelle,
di pianeti.
A queste conclusioni la cosmologia è giunta molto tardi; ancora negli Anni 40 del secolo scorso, la maggioranza degli scienziati accettava di parlare di questioni cosmologiche solo al bar della mensa
dell’università ed erano in pochi a prendere sul serio questa branca
nascente della scienza astronomica.
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Del resto, studiare un oggetto
grande come l’Universo, un
qualcosa di cui non si conoscono dimensioni e conini (sempre ammesso che ve ne siano),
sembra un’impresa più grande
di noi. Ma quale sida più stimolante ci può essere per uno
scienziato se non quella di arrivare a conoscere l’origine di
tutte le cose?
La cosmologia è senza dubbio
una scienza molto giovane e c’è
ancora tanto, tantissimo lavoro
da fare, ma un po’ di strada –
che a tratti sembra tanta, a tratti
sembra solo l’inizio – è già stata
percorsa.
La piccola costellazione della
Questo libro si propone di racLira con la lucente stella Vega
contare ino a che punto siamo
domina il cielo dell’estate.
arrivati. E tenta di farlo immaIl nome della costellazione deriva
ginando di assistere, seduti codallo strumento musicale inventato
modamente in poltrona, a uno
da Hermes e donato poi ad
spettacolo sportivo.
Orfeo, il più famoso cantore
Rivivremo così le azioni e i
della mitologia greca (foto di
protagonisti principali di questa
Marina Costa, Progetto Cassiostoria che ha portato alla compea per la didattica e la divulgaparsa di esseri intelligenti che
zione della scienza, Genova).
vivono su di un pianeta che orbita attorno a una stella di media grandezza. Esseri che sanno porsi delle domande sull’origine del loro mondo, compreso quelle che
riguardano l’attendibilità della teoria che viene presentata. Il tutto
senza preoccuparsi troppo del bagaglio di conoscenze con cui si parte, perché l’occorrente lo si cercherà strada facendo.
Con un’unica eccezione, che riguarda le quattro forze che agiscono
nell’Universo. Possiamo pensare al prossimo paragrafo come a una
specie di riscaldamento, che presenta le forze in campo.
Prepariamoci, perché la partita sta per iniziare.
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Per chi non si accontenta...
LA CLASSIFICAZIONE DELLE FORZE
La forza debole è circa 1028 volte più forte della forza di gravità.
E la forza elettromagnetica è più intensa di quella debole di 1011
volte, cioè di “appena” 100 miliardi di volte. A dire il vero, su questi
numeri non c’è molto accordo; a volte si trovano valori leggermente diversi, con qualche zero in più oppure in meno.
Comunque, se vogliamo ordinare le quattro forze in base alla loro
intensità, la scala è sicuramente questa: forza nucleare forte, forza
elettromagnetica, forza nucleare debole, forza gravitazionale.
Le quattro forze fondamentali
Nella saga di Guerre Stellari, la Forza è una sola e permea tutto l’Universo, regolandone il destino. Agli occhi di uno scienziato, le cose,
almeno a prima vista, non sembrano poi tanto diverse. L’Universo
appare infatti regolato da quattro forze fondamentali, dette anche
interazioni. Due di esse le conosciamo per esperienza diretta, perché
le percepiamo tutti i giorni: sono la gravità e l’elettromagnetismo.
Le altre due agiscono invece solo nel mondo degli atomi e si chiamano forze nucleari, forte e debole.
Ogni fenomeno della realtà è regolato dall’interazione fra queste
quattro forze; la gravità, per esempio, costringe la Terra a orbitare
intorno al Sole, e i nostri corpi a rimanere ancorati alla sua supericie. Gran parte delle nostre attività quotidiane rappresentano una
lotta continua contro la gravità; ce ne accorgiamo tutte le volte che
dobbiamo trasportare dei pacchi pesanti, oppure quando non riusciamo a far stare in piedi un oggetto sbilanciato.
L’elettromagnetismo è invece quella forza che agisce fra corpi carichi elettricamente; oltre all’elettricità, abbiamo esempi clamorosi
del modo in cui opera. Una montagna, per esempio, è tenuta insieme dalla forza elettromagnetica, cioè dai legami che si creano fra
gli atomi e le molecole che la costituiscono. Il tavolo che sorregge
il mio computer non sprofonda nel pavimento, perché gli elettroni
del pavimento e quelli del tavolo interagiscono e si respingono,
essendo tutti carichi negativamente. E allo stesso modo il tavolo
sorregge gli oggetti che vi sono poggiati sopra, almeno entro certi
limiti di peso.
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Disegno di fantasia delle quattro forze fondamentali. Fra tutte la più forte
è l’interazione forte e la più debole è la forza di gravità.
L’aria e l’acqua, invece, cedono il passo a oggetti solidi: le loro
molecole vengono respinte e, per così dire, si fanno da parte quando
vengono attraversate da un oggetto più denso come un solido. Forza
di gravità e forza elettromagnetica sono descritte da una legge simile, la quale afferma che la forza che si sviluppa è proporzionale al
prodotto delle due masse (o delle due cariche elettriche), diviso per
il quadrato della distanza.
Queste due forze operano in funzione della distanza, cioè diminuiscono se le masse (o le cariche) si allontanano. Così, più si
sta lontani da una massa (o da una carica) e meno si avverte la
sua presenza. Per quanto al crescere della distanza la diminuzione
dell’intensità sia abbastanza drastica, questa legge consente alle
forze di esercitare la loro inluenza praticamente dappertutto e questo spiega come mai la gravità domini incontrastata nel regolare i
moti di pianeti, stelle, galassie e ammassi di galassie. Eppure, la
gravità è di gran lunga la più debole fra le quattro forze. Ma oggi è
quella che domina l’Universo.
La forza elettromagnetica, pur essendo 1039 volte più intensa di quella gravitazionale si presenta con due segni opposti (positivo e nega10
tivo) e quindi tende a neutralizzarsi, specie quando ci sono grandi
masse in gioco. I pianeti, per esempio, sono corpi elettricamente
neutri perché sono composti più o meno in egual misura da cariche
positive e da cariche negative.
Questo limita il potere della forza elettromagnetica e quindi, su scala
cosmica, la gravità riesce ad avere il sopravvento nonostante sia incredibilmente più debole. Essa infatti, per quanto ne sappiamo, è solo
attrattiva e si somma sempre senza annullarsi.
Le forze nucleari agiscono invece a distanza brevissima, così piccola
da essere avvertite in pratica solo all’interno dei nuclei atomici. Esse
pertanto non seguono la legge che regola le altre due e non possono
operare a lungo raggio, cioè a grande distanza.
La forza debole governa la radioattività e tutti i fenomeni ad essa
connessi. È molto più debole della forza elettromagnetica, ma è molto
più forte della debolissima forza di gravità.
La forza nucleare forte deve il suo nome alle sue due caratteristiche
principali: è attiva solo all’interno dei nuclei atomici ma è la forza
più intensa di tutte. Da cento a mille volte più intensa di quella elettromagnetica, ha un funzionamento simile a un elastico, che più è
teso e più tira. Pertanto, entro i ridotti conini di un nucleo atomico,
cresce con la distanza invece di diminuire. E le particelle che all’interno del nucleo si trovano molto ravvicinate fra loro la avvertono
di meno di quelle leggermente più distanziate, perché è come se
questo “elastico” non fosse tirato. L’unione, si sa, fa la forza già fra
noi miseri esseri umani. Figuriamoci allora che cosa succede quando
a combinarsi assieme sono le forze stesse.
La teoria del Big Bang ritiene che in passato queste quattro forze erano riuniicate in una soltanto, una specie di superforza che dominava
i primissimi miliardesimi di secondo dell’Universo. E in effetti gli
Spieghiamoci meglio...
IL NUMERO 1039
L’espressione 1039 significa che il numero 1 deve essere seguito da
39 zeri. Se diciamo che la forza elettromagnetica è 1039 volte più
intensa di quella di gravità vogliamo dire che è più grande di
1.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000 di volte.
Cioè di mille miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di volte.
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Graico che evidenzia la possibile uniicazione della forza elettromagnetica,
della forza nucleare debole e della forza nucleare forte nella Grande
Teoria Uniicata ad altissime temperature e nei primissimi istanti di vita
dell’Universo.
esperimenti portati avanti all’interno degli acceleratori di particelle,
hanno dimostrato che al crescere della temperatura, della pressione
e della densità, le forze si uniicano. Le prime per le quali è stato
possibile veriicarlo sono la forza debole e l’elettromagnetismo, e
nel loro caso si parla infatti di forza elettrodebole. Alle massime
energie raggiunte negli acceleratori, queste due forze si comportano
come se fossero una forza unica. A temperature e energie ancora più
elevate, anche la forza nucleare forte dovrebbe unirsi a queste due;
pur non essendoci ancora la prova sperimentale - molto dificile per
le altissime energie che sono coinvolte - la teoria sembra funzionare.
Una sigla identiica la possibilità dell’unione fra queste tre forze:
GUT, che sta per Grande Teoria Uniicata.
Non resta che la gravità. Ma l’ultimo passo è il più complicato, sia
per le enormi energie in gioco, sia per il fatto che sembra proprio che
la gravità, che descrive il comportamento di oggetti come pianeti,
stelle, galassie e dell’intero Universo, “parli” una lingua diversa dalla
meccanica quantistica, che regola invece ciò che avviene nel mondo
microscopico delle particelle. Entrambe le teorie funzionano molto
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bene da sole, ma purtroppo non vanno d’accordo l’una con l’altra.
Se, per esempio, si provano ad applicare le regole della gravità al
mondo delle particelle, si arriva a degli assurdi. Allo stato attuale delle conoscenze, siamo ancora lontani dall’avere una “teoria del tutto”
che dovrebbe unire gravità e meccanica quantistica ed essere in grado
di spiegare il funzionamento di quella presunta superforza che la faceva da padrona nei primissimi istanti di vita del cosmo. Questa forza
micidiale dovrebbe però essersi “rotta” quasi subito, dando progressivamente origine alle quattro forze fondamentali che conosciamo oggi.
A ognuna di queste forze è associata una particella caratteristica, che
si preoccupa di “fare da autista” alla forza in questione. O, come
direbbero i isici, di “mediarla”. In passato si credeva che le forze si
propagassero tramite un’ipotetica sostanza mai trovata (l’etere) che
si riteneva fosse diffusa in tutto l’Universo. Oggi si pensa invece che
le particelle elementari (come i quark o gli elettroni) si scambino
queste particelle mediatrici, che si chiamano “bosoni”. Così, il fotone
è il bosone associato al campo elettromagnetico, il gluone alla forza
nucleare forte, e i deboloni W+ W- e Z0 alla forza debole. E la gravità?
Anche lei, in questa visione uniicatrice, avrebbe la sua particella mediatrice, che - a differenza delle altre - non è ancora stata rivelata sperimentalmente. Le è stato però già assegnato un nome: il gravitone. 
Spieghiamoci meglio...
GLI ACCELERATORI DI PARTICELLE
Furono gli americani Steven Weinberg (n. 1933), l’autore del famoso
best-seller I primi tre minuti, e Sheldon Lee Glashow (n. 1932),
assieme al pakistano Abdus Salam (1926-1996), il fondatore del
Centro Internazionale di Fisica Teorica di Trieste, a unificare teoricamente la forza elettromagnetica e quella nucleare debole; la
loro ipotesi venne poi convalidata dalla scoperta di alcune particelle da loro previste e rivelate nell’acceleratore di particelle del
CERN di Ginevra da un esperimento condotto dall’italiano Carlo
Rubbia (n. 1934) e da Simon Van der Meer (1925-2011).
Gli acceleratori di particelle sono dei laboratori molto speciali,
spesso sotterranei, dove le particelle vengono accelerate a velocità incredibile e fatte scontrare fra loro per studiare le parti più
intime della materia.
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Per chi non si accontenta...
IL BOSONE DI HIGGS
Possiamo considerare in prima approssimazione la massa di un corpo
come la quantità di materia (vedremo oltre che sarebbe meglio dire di
“energia”) di cui è composto.
Essa è diversa dal “peso”, che è invece una forza. Su un corpo celeste
più piccolo della Terra, dove l’accelerazione di gravità è meno intensa ad esempio sulla Luna o su Marte - uno stesso oggetto peserà di meno,
pur essendo sempre fatto dalla stessa quantità di materia.
Ma qual è l’origine della massa?
La risposta è stata fornita quando si è scoperto il "bosone di Higgs",
una particella prevista dal “modello standard della fisica”, il modello teorico che descrive tre delle quattro forze fondamentali: la forza
nucleare forte, la forza nucleare debole e la forza elettromagnetica.
Teorizzato nel 1964 dal fisico britannico Peter Higgs (n. 1929) e da
Un’immagine del Large Hadron Collider (LHC), il grande acceleratore di
particelle del CERN di Ginevra.
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altri scienziati, fra cui i belgi François Englert (n. 1932) e Robert Brout
(1928-2011), questa particella è stata rivelata soltanto nel 2012 dagli
esperimenti ATLAS e CMS attivi al CERN di Ginevra.
Le sue caratteristiche e, prima fra tutte, la sua massa, sono in linea con
quelle ipotizzate da Higgs.
In sostanza, si ritiene che questo fotone sia la particella associata a uno
speciale campo di forze, il campo di Higgs, che permea tutto l’Universo
in qualsiasi istante. Il campo di Higgs sarebbe stato capace, interagendo con loro, di fornire massa alle particelle elementari all’inizio
dell’Universo.
Per il modello standard della fisica, le particelle elementari acquistano
massa grazie alla loro interazione con il campo di Higgs.
Aver trovato una particella associata a questo campo e con le caratteristiche previste dalla teoria è una prima conferma della sua reale
esistenza e della validità del “meccanismo” che ha permesso alle particelle di acquisire la massa che mostrano di avere.
Immagine di fantasia che evidenzia uno scontro fra particelle all’interno di
un acceleratore di particelle. È grazie a un esperimento di questo tipo che è
stato scoperto il bosone di Higgs.
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Per chi non si accontenta...
LE ONDE GRAVITAZIONALI
Recentemente la fisica delle particelle ha fatto registrare un altro
grande successo: la rilevazione delle onde gravitazionali. Queste onde
erano previste dalla Teoria della Relatività Generale e averle rilevate
rappresenta quindi una grande conferma della bontà della teoria elaborata da Albert Einstein.
Le onde gravitazionali sono increspature dello spazio che si generano
a seguito di fenomeni molto energetici e violenti, come l’esplosione
di stelle giganti o l’unione fra due stelle di neutroni o due buchi neri.
In questi casi particolari, oltre a una miriade di fotoni, neutrini e radiazione elettromagnetica alle più alte energie (cioè raggi X e raggi
gamma), vengono generate anche perturbazioni che si propagano
nello spazio un po’ come le onde nel mare. Ciò significa che lo spazio,
proprio come lo intendeva Einstein, diventa un’entità fisico-geometrica
con cui avere a che fare.
La rilevazione di queste onde è difficilissima, perché si tratta di catturare le oscillazioni debolissime (dell’ordine di quelle del diametro di
un nucleo atomico) di un mezzo – lo spazio appunto – nel quale noi
Immagine di fantasia della fusione di due buchi neri di una trentina di
masse solari che ha permesso nel settembre 2015 la prima storica rivelazione di onde gravitazionali. Il 26 dicembre 2015, una seconda rilevazione
ha riguardato ancora una fusione fra due buchi neri, ma di massa più
piccola (8 e 14 masse solari).
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stessi siamo immersi. Il risultato è stato ottenuto per la prima volta nel
settembre 2015, grazie agli ingenti investimenti che hanno permesso
di potenziare i rilevatori esistenti. Ma anche a un colpo di fortuna.
L’esperimento LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory), negli Stati Uniti, era stato riacceso dopo il suo upgrade per una
serie di test, quando, pochi giorni dopo la sua attivazione, ha rilevato
un segnale.
Le analisi successive hanno rivelato che questo segnale aveva le caratteristiche previste teoricamente per un’onda gravitazionale derivante dalla fusione di due buchi neri di una trentina di masse solari,
posti a più di 1 miliardo di anni luce di distanza.
Dato che l’esperimento, con strumentazioni quasi identiche, si trova
localizzato in due regioni diverse degli Stati Uniti, uno a Livingston (in
Louisiana) e uno ad Hanford (nello Stato di Washington), l’aver rilevato
il medesimo segnale in entrambe le stazioni con un piccolo ritardo fra le
due località, perfettamente consistente con il fatto che le onde gravitazionali si propagano alla velocità della luce, ha confermato la bontà
della scoperta.
Come dire che nemmeno la scienza, come tutte le altre attività umane,
può prescindere dal “lato B” delle cose...
I segnali concordi del passaggio di onde gravitazionali rilevati il
14 settembre 2015 dall’esperimento LIGO nelle sue installazioni a
Livingston (Louisiana) e a Hanford (Stato di Washington).
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PRIMA PARTE
Cronache
dall’inizio
Capitolo 1
Tutto il Big Bang istante per istante
Siamo seduti in poltrona, con un bel bicchiere di birra in mano.
Siamo pronti per gustarci la “partita”. O almeno le immagini salienti, quelle che nel gergo delle trasmissioni sportive prendono
il nome di highlights. Ci soffermeremo dunque sui momenti più
importanti che hanno caratterizzato l’evoluzione dell’Universo. E
scopriremo che le azioni decisive si sono concentrate nei primissimi attimi di gioco e che poco di signiicativo è successo nelle ere
successive.
Non avrebbe senso, quindi, presentare un aggiornamento della situazione a intervalli di tempo uniformi, anche perché la “telecronaca”, man mano che il tempo passa, si farebbe monotona e poco
interessante. Bisogna quindi essere molto concentrati in dalle battute iniziali.
Curiosità...
LA SCONFITTA DELLA FISICA
Secondo Stephen Hawking (n.
1942), il celebre fisico britannico
costretto su una carrozzina da una
sclerosi laterale amiotrofica (una
malattia che causa un progressivo
deterioramento dei nervi), la singolarità iniziale rappresenta contemporaneamente l’inizio dell’Universo e la fine o, per meglio dire, la
sconfitta della scienza, proprio per
l’impossibilità delle nostre leggi fisiche di descrivere una situazione
così estrema.
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Il celebre isico britannico
Stephen Hawking.