misure di stabilita` di guadagno, in relazione a variazioni - INAF-IRA

Università degli Studi di Bologna
FACOLTA’ DI INGEGNERIA
Corso di Laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni
Sistemi a portante ottica L-A
MISURE DI STABILITA’ DI GUADAGNO, IN
RELAZIONE A VARIAZIONI DELLA
TEMPERATURA, DI COLLEGAMENTI
ANALOGICI IN FIBRA OTTICA PER USO
RADIO ASTRONOMICO
Tesi di Laurea di:
ALICE MASINI
Relatore:
Prof. Ing. GIOVANNI TARTARINI
Correlatori:
Chiar.mo Prof. PAOLO BASSI
Dott. Ing. FEDERICO PERINI
Dott. Ing. MICHELE BOSCHI
Sessione II
Anno Accademico 2005/2006
A mia nipote
Ringraziamenti
Grazie davvero a tutti i ragazzi del Radio telescopio di Medicina,
che mi hanno fatto sorridere durante tutto il periodo che ho trascorso
con loro, in particolare Federico e Michele che mi hanno aiutato a
realizzare questo lavoro; grazie a Calù e Giovanni, grazie ad Ilaria,
con cui ho condiviso gioie e dolori di questi 3 anni universitari; grazie
a
mia mamma, che è sempre stata dalla mia parte, e a mio padre
(hai visto adesso puoi dirmi davvero ‘Sei propri o un ingegnere!’),
grazie anche alle mie sorelle, che se no poi si arrabbiano se non le
metto nei ringraziamenti, e ai nonni,
grazie a tutti i miei amici più
cari, e infine, ma non per questo meno importante, grazie ad
Alessandro, senza il quale adesso non sarei quello che sono.
PAROLE CHIAVE
COLLEGAMENTO OTTICO
TEMPERATURA
GUADAGNO
OSCILLAZIONE
RADIO ASTRONOMIA
INDICE
INTRODUZIONE…………………………………………………pag.I
CAPITOLO 1: La stazione radio astronomica di Medicina……pag. 1
1.1 La parabola…………………………………………………………pag. 1
1.2 La “Croce del Nord”……………………………….......................pag. 3
1.2.1 Configurazione attuale della Croce del Nord.................................pag. 7
1.3 Parametri caratteristici di un radio telescopio…………………..pag. 11
1.3.1 Sensibilità……………………………………………………........pag. 11
1.3.2 Potere risolutore…………………………………………………...pag. 13
CAPITOLO 2: Progetto SKA e ammodernamento
della Croce del Nord……………………………….pag. 15
2.1 Up-grade della Croce del Nord…………………………………..pag. 19
2.1.1 Attuale collegamento di discesa d’antenna……………………………….pag. 21
2.1.2 Collegamento di discesa d’antenna realizzato mediante fibra ottica…..pag. 21
CAPITOLO 3: Caratteristiche della sorgente ottica………………pag. 27
3.1 Il fenomeno alla base del funzionamento di un laser:
l’emissione stimolata……………………………………………………..pag. 29
3.2 Il laser a semiconduttore…………………………………………….pag. 33
3.3 Caratteristica elettro-ottica del laser………………………………..pag. 38
3.4 Circuito di pilotaggio e controllo di un laser………………………..pag. 41
3.5 Le fonti di rumore……………………………………………………..pag. 44
3.6 La modulazione……………………………………………………….pag. 48
CAPITOLO 4: Problemi di stabilità di guadagno in link
ottici analogici ......................................................pag. 51
4.1 Il link di discesa d’antenna…………………………………………..pag. 51
4.2 Il guadagno RF del link e suo legame con la temperatura……...pag. 54
CAPITOLO 5: Campagna di misure………………………………….pag. 63
5.1 Descrizione del banco di misura…………………………………….pag. 63
5.2 Ottimizzazione della sensibilità del banco……………………........pag. 65
5.3 Misure dell’instabilità di guadagno durante transitori di temperatura
e caratterizzazione dell’oscillazione………………………………….pag. 67
5.4 Verifica del legame tra OMI e oscillazione………………………….pag. 83
5.4.1 Modifica del livello di potenza RF in ingresso ai link………………………..pag. 84
5.4.2 Innalzamento dellivello di potenza RF in ingresso al trasmettitore
Ottico IRA e modifica della corrente di polarizzazione……………….........pag. 89
5.5 Prove con trasmettitore termostabilizzato…………………………...pag. 94
5.6 Problematiche riscontrate durante le misure………………………..pag. 98
CONCLUSIONI……………………………………………………pag.100
APPENDICE 1……………………………………………………...pag. a
APPENDICE 2……………………………………………………...pag. c
BIBLIOGRAFIA………………………………………………………….
Introduzione
Negli ultimi
anni la ricerca radio astronomica mondiale ha
raggiunto, grazie agli sviluppi dell’ingegneri a, livelli sempre più
avanzati;
al
momento
sono
in
via
di
sviluppo
nuovi
progetti,
riguardanti strumenti che rappresentano un elemento di rottura con le
architetture tradizionali. Non si punta più solo su antenne paraboliche
di grandi dimensioni, utilizzate per osservazioni a frequenze sempre
maggiori, ma si pensa maggiormente ad una moltitudine di antenne
più piccole ed economiche, ottimizzate per range di frequenza
piuttosto ampi e dotate di sistemi di trasporto ed elaborazione dei
segnali
estremamente
potenti,
finalizzati
allo
studio
di
enormi
quantità di dati.
Tra questi progetti figura S.K.A. (Square Kilometre Array), che
dovrà essere una tra le più innovative strutture di osservazione radio
astronomica, assolutamente superiore a qualsiasi altro strumento
visto prima.
Tra le tecnologie prese in considerazione per la realizzazione di
SKA figurano i collegamenti RoF (“radio over fiber”) ; per “radio over
fiber”
si
intende
un
sistema
del
tutto
trasparente
al
tipo
di
modulazione del segnale che trasporta il segnale a radio frequenza
attraverso fibra ottica.
La
caratterizzazione
di
un
link
ottico,
in
particolar
modo
analogico, per applicazioni radio astronomiche è molto più complessa
di quella necessaria per un collegamento ottico per applicazioni
commerciali, a causa delle specifiche molto stringenti.
Per questo motivo è nata una stretta collaborazione tra la
“Andrew
wireless
systems”
e
il
radio
telescopio
di
Medicina,
finalizzata alla realizzazione di collegamenti ottici per uso radio
astronomico,
“ottimizzando”
per
questo
scopo
link
di
tipo
commerciale.
All’interno
dell’istituto
è
stato
inoltre
realizzato
un
intero
collegamento ottico, progettato proprio per soddisfare le specifiche
radio astronomiche.
Questo lavoro di tesi si inserisce nell’ambito della valutazione
della possibilità di implementare la tecnologia “radio over fiber” in
radioastronomia,
in
particolare
caratterizzando
la
stabilità
di
guadagno dei dispositivi forniti da Andrew e dell’unico trasmettitore
realizzato all’interno del radio telescopio.
CAPITOLO 1
LA STAZIONE RADIO ASTRONOMICA DI
MEDICINA
Fig.1.1 Veduta aerea della stazione radio astronomica
L’osservatorio radio astronomico di Medicina comprende
due grandi strutture: l’array di antenne Croce del Nord, che
costituisce il più grande i nterferometro esistente nell’emisfero
boreale, e una parabola di 32 m di di ametro .
1.1 La parabola
Costruita nel 1983 per partecipare alla rete VLBI (Very
Long Baseline Interferometry), la parabola è stata progettata
per essere puntata in qualunque direzione; per questo motivo
può inseguire qualunque sorgente radio astronomica,
compensandone il suo moto apparente dovuto alla rotazione
terrestre.
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
Lo specchio, di 32 m di diametro è costituito da una
superficie continua, realizzata mediante pannelli di alluminio,
e si discosta dal modello ideale a causa di diversi fattori, tra
cui deformazioni dipendenti dalla forza di gravità dalle
condizioni climatiche.
Fig.1.2 Antenna parabolica
Il sistema ottico è di tipo Cassegrain e prevede la
presenza di un ulteriore punto di focal izzazione, oltre al fuoco
principale; la convergenza della radiazione in questo secondo
fuoco
è
ottenuta
mediante
uno
specchio
secondario,
o
subriflettore, di forma iperbolica, di 3,2 m di diametro.
Principalmente, la parabola è coinvolta, insieme ad una
parabola gemella ubicata a Noto in Sicilia, in osservazioni
VLBI all’interno della rete europea omonima comprendente
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
istituti dislocati sul territorio di tutto il continente; è inoltre
utilizzata per osservazioni a singola antenna in studi di
carattere
geodinamico,
misure
spettroscopiche
e
di
polarizzazione della radiazione incidente.
Parallelamente al normale sistema di elaborazione dati è
infine operativo un sistema di ricezione di eventuali segnali
i ntelligenti denominato Serendip, facente capo al progetto
S.E.T.I. (Search of Extra Terrestrial Intelligence).
1.2 La “Croce del Nord”
L’antenna interferometrica “Croce del Nord”, operativa dal
1964,
è
stata
progettata
per
ricevere
radiazioni
elettromagnetiche comprese in una banda larga 2.7 MHz
centrata alla frequenza di 408 MHz, pari ad una lunghezza
d’onda λ = 73,5 cm.
Essa è stata concepita come strumento di transito per
l’esplorazione sistematica del cielo (Sky Survey), ossia per
essere in grado di ricevere le onde radio emesse da una
radiosorgente, quando questa, per effetto della rotazione
terrestre,
transita
osservazione.
dell’antenna
Il
sul
meridiano
sistema
consente
di
quindi
celeste
movimento
solo
il
del
luogo
di
elettromeccanico
puntamento
in
declinazione.
E’ costituito da 2 serie di antenne, disposte a forma di T,
orientate una in direzione Est-Ovest (ramo EO) e l’altra in
direzione Nord-Sud (ramo NS). Il ramo EO, come mostrato in
Figura 1.2.1, é un’unica antenna avente uno specchio di forma
cilindrico-parabolica lungo 564m e largo 35m, orientabile, in
declinazione in coordinate equatoriali, da -30° a 90°.
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
Fig. 1.2.1 Ramo EST-OVEST
Lungo l’asse focale dell’antenna, che è parallelo a quello
di rotazione e dista da esso circa 20m, sono distribuiti 1536
dipoli a mezz’onda (equamente spaziati da una distanza pari
circa a λ\2=36cm) che hanno il compito di convertire le onde
radio incidenti in tensioni elettriche misurabili.
Il ramo NS (Figura 1.2.2) è invece composto da 64
antenne, di forma sempre cilindrico-parabolica, lunghe 23.5m
e larghe 7.5m, disposte parallelamente a 10m l’una dall’altra.
Figura 1.2.2 – Le antenne cilindrico-paraboliche del ramo N-S
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
Sull’asse
focale
di
ognuna
di
queste
64
antenne,
posizionato a 1,84m dal vertice dello specchio, sono collocati
64 dipoli a mezz’onda per un totale quindi di 64x64 = 4096
dipoli lungo tutta la schiera.
La scelta, comune ad entrambi i rami del radiotelescopio,
di utilizzare uno specchio di forma cilindro-parabolica, offre
diversi vantaggi, alcuni derivanti dalle proprietà fisiche e
matematiche della parabola:
1) capacità di convergere sul fuoco tutte le radiazioni
provenienti da una direzione parallela all’asse della parabola;
2) possibilità di ottenere che tutti i punti di una superficie
d’onda (punti in fase) provenienti da una direzione parallela
all’asse della parabola si trovino ancora in fase nel fuoco;
3)
semplicità
costruttiva
di
una
struttura
cilindrica,
indispensabile viste le grandi dimensioni delle antenne.
La precisione geometrica dello strumento non è assoluta,
ma è legata alla precisione con cui è stato realizzato il profilo
parabolico, da ideale e continuo ad una serie di segmenti
lineari che formano una curva spezzata. Lo specchio è stato
realizzato non completamente pieno, ma con fili d’acciaio
paralleli alla linea focale e distanziati fra loro di circa 2 cm
(vedi Figura 1.2.3).
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
Figura 1.2.3 – Cavi di acciaio costituenti gli specchi
Questo è stato possibile in quanto, teoricamente, se la
forma geometrica dello specchio differisce da quella di una
parabola
ideale
per
meno di λ\16
(anche
in
relazione
a
variazioni che può subire la struttura a causa di deformazioni
meccaniche ed agenti atmosferici), il rendimento di riflessione
cala di una quantità trascurabile (meno dell’1%).
Un tale accorgimento ha portato ad una notevole
semplificazione nella costruzione e nelle operazioni di
manutenzione delle antenne. Inoltre, il fatto di avere uno
specchio non completamente pieno, garantisce una maggiore
immunità alle sollecitazioni dovute ad agenti esterni , quali
vento, neve, acqua, variazioni di temperatura, ecc. che sono
causa di deformazioni meccaniche dell’antenna e che, perciò,
portano ad una riduzione di alcuni parametri fondamentali, tra
cui il guadagno.
D’altra parte però, a fronte dei vantaggi appena illustrati,
l’utilizzo di una rete metallica in sostituzione di uno specchio
completamente pieno implica che la potenza ricevuta dal
sensore sia mediamente soltanto la metà di quella reale, in
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
quanto il dipolo, operando in questo modo, riceve soltanto una
delle direzioni di polarizzazione possibili dell’onda incidente,
ossia quella parallela alla linea focale.
Le caratteristiche geometriche dell’antenna sono la base
da cui ricavare il potere risolutore del radiotelescopio , cioè la
capacità di vedere distinti due oggetti angolarmente vicini, che
nel caso della Croce del Nord, è di 4’ sia in direzione N-S sia
in direzi one E-O.
Tali valori sono molto bassi se confrontati con quelli tipici
di un telescopio ottico; notevolmente più grande è invece la
quantità di energia captata da tale strumento, in quanto essa è
proporzionale
alla
superficie
di
raccolta
della
radiazione
elettro-magnetica incidente (circa 30.000m 2 ).
Questa grande superficie collettiva permette di individuare
segnali emessi da sorgenti estremamente deboli, come quelli
associati a radio sorgenti molto lontane nello spazio, e perciò
rende
la
Croce
del
Nord
particolarmente
adatta
all’osservazione a frequenze radio di sorgenti extragalattiche.
1.2.1 Configurazione attuale della Croce del Nord
I dispositivi alla base del sistema di ricezione dello
strumento sono i dipoli a mezz’onda necessari, come detto, a
convertire la radiazione incidente in un segnale elettrico
misurabile.
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
Figura 1.2.1.1 Particolare di un tratto di linea focale con dipoli a
mezz’onda
Essi
non
sono
altro
che
delle
antenne
risonanti
di
lunghezza opportuna, costituiti da un conduttore filiforme, il
cui collegamento e la successiva elaborazione del segnale
devono essere tali da:
-
limitare
il
più
possibile
l’attenuazione
del
segnale
rispetto al rumore e cioè massimizzare il rapporto segnale
rumore
- assicurare che i punti in fase appartenenti alla
superficie d’onda incidente si mantengano tali anche dopo la
conversione della radiazione in segnale elettrico.
I 1536 dipoli della linea focale del braccio E-O sono
raggruppati in 6 sezioni da 256 dipoli ciascuna. All’interno di
ogni sezione si opera una somma progressiva dei segnali
raccolti, con un metodo detto ad “albero di natale”, che
permette di passare da 256 segnali elementari ad uno unico,
detto
canale, mantenendo immutate le caratteristiche dei
segnali ricevuti. (vedi Figura 1.2.1.2).
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
Figura 1.2.1.2 Struttura ad albero di natale del ramo E-O
Il
segnale
frequenza
radio,
portante
di
di
banda
408MHz,
2.7MHz
viene
centrato
su
una
convertito
ad
una
frequenza intermedia IF
di 30MHz in cabine poste alla base dell’antenna; i 6 canali
ottenuti vengono sommati con le opportune fasi, ottenendo 3
fasci d’antenna, beam, denominati A, B, C, che vengono poi
inviati tramite coassiale alla sala dei ricevitori, dove avviene
infine l’estrazione e l’elaborazione del contenuto informativo.
La conversione a 30 MHz è stata effettuata con lo scopo di
ridurre le perdite dovute al tratto di collegamento in cavo
coassiale presente tra le cabine stesse e la sala dei ricevitori.
Il trasporto su cavo coassiale infatti, come noto, comporta
una
perdita
per
“effetto
pelle”
consistente
e
soprattutto
crescente con la frequenza, perdita questa che ne rende
possibile l’impiego, nel campo delle radi ofrequenze, solo per
tratti
di
breve
lunghezza.
Tali
cavi
inoltre,
al
fine
di
minimizzarne la sensibilità alle variazioni di temperatura (sia
intese come escursioni termiche fra giorno e notte sia come
escursioni
climatiche
stagionali),
profondità
di
cosa
1.20m,
questa
sono
che
interrati
ne
ad
garantisce
una
la
protezione da indesiderati agenti atmosferici (neve, pioggia,
ecc.).
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
Analogamente
a
quanto
già
visto,
anche
i
segnali
provenienti dai 4096 dipoli del braccio N-S vengono suddivisi
in sezioni e ogni sezione raggruppa 8 antenne, per un totale di
64x8=512 dipoli, i cui contributi vengono sommati con un
metodo detto ad “albero di natale parziale”, meno rigoroso di
quello
utilizzato
nel
ramo
E-O,
ma
costruttivamente
più
semplice.
All’interno di ogni gruppo di 8 antenne è presente un
sistema di rifasamento realizzato tramite dielettrico liquido
(kerosene), necessario a riportare in fase i segnali provenienti
dalle singole antenne prima di sommarli. Tale differenza di
fase, dipendente dalla direzione di puntamento della schiera, è
dovuto ai diversi percorsi con cui il fronte d’onda incide sulle
singole antenne della sezione (vedi Figura 1.2.1.3).
Figura 1.2.1.3 Distribuzione dei punti equifase sulle antenne
di una generica sezione del ramo N-S, al variare dell’angolo di
puntamento
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
Una volta sommati opportunamente questi 8 canali si
ottengono 5 fasci su cui, analogamente a quanto visto per il
ramo
E-O,
viene
operata
una
conversione
a
frequenza
intermedia (sempre di 30MHz) e la trasmissione dei segnali
alla sala dei ricevitori.
Complessivamente quindi la Croce del Nord fornisce 14
segnali, 6 dal ramo E-O e 8 dal ramo N-S con una banda di
lavoro di 2.7MHz centrata attorno ai 408MHz. Tale banda,
unicamente per quanto riguarda il ramo E-O, può essere
inoltre estesa a 5MHz, tramite l’utilizzo di un apposito backend per l’osservazione delle pulsar.
A seconda dell’utilizzo dei vari fasci è possibile far
lavorare lo strumento in differenti modalità, riconducibili a due
tecniche
di
indagine
radioastronomica:
la
total
power
e
l’interferometrica.
In particolare nella prima, servendosi dei 3 fasci del ramo
E-O e dei 5 del ramo N-S, si effettua una somma dei vari
segnali in modo da realizzare un’unica antenna equivalente, la
cui area di raccolta è pari alla somma delle superfici di
raccolta delle singole antenne.
Svolgendo
consistente
integrazione,
invece
in
si
una
può
un’operazione
moltiplicazione
far
lavorare
ed
lo
di
una
correlazione,
successiva
strumento
come
interferometro a correlazione. I segnali correlati possono
essere sia quelli degli 8 fasci di antenna, nella modalità
cosiddetta “multifascio”, sia quelli di ogni singola sezione dei
due rami, nella modalità a “interferometri sciolti”.
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
1.3 Parametri caratteristici di un radio telescopio
I
parametri
fondamentali
che
caratterizzano
il
buon
funzionamento di un radio telescopio sono la sensibilità e il
suo potere risolutore.
1.3.1 Sensibilità
La sensibilità di un radio telescopio è la minima intensità
di segnale captabile e rappresenta la capacità di ricevere
segnali radio sempre più deboli, provenienti, quindi, da
sorgenti sempre più deboli nel lo spazio.
A livello pratico la sensibilità è la minima variazione di
potenza
o,
analogamente,
di
flusso
per
unità
di
banda
rilevabile dallo strumento ed è tanto più grande quanto
maggiore
è
l’area
di
raccolta
della
radiazione
elettromagnetica.
La sensibi lità dipende dalla temperatura equivalente di
sistema T s y s , data dalla relazione:
Tsys = Ta + Tr
(1.3.1)
Dove:
-
T a è la temperatura di rumore dell’antenna ed è a sua
volta data da
Ta=
S m ⋅ ae
k
(1.3.2)
con S m = flusso di potenza per unità di banda [W/Hz m 2 ], che si
accoppia
effettivamente
all’antenna,
ae=
area
efficace
di
raccolta delle onde radio [m 2 ], che rappresenta una superficie
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
fittizia,
non
coincidente
con
l’area
fisica
dell’apertura
dell’antenna, che tiene conto di quanta radiazione viene
assorbita alla frequenza di lavoro e nella particolare direzione
di puntamento dell’antenna, e
k= costante di Boltzman:
1.38 ⋅ 10 -23 J/K
Contribuiscono ad aumentare la temperatura fattori come:
§
La radiazione di fondo cosmico ( che incrementa la T s y s di
circa 3 K)
§
Le riflessioni causate dall’atmosfera
§
Interferenze di segnali terrestri
§
Segnali
indesiderati
diagramma
di
raccolti
radiazione,
dai
lobi
secondo
il
secondari
fenomeno
del
dello
spillover
-
T r è la temperatura di rumore del ricevitore posto a
valle
dell’antenna,
generata
dal
rumore
introdotto
dall’elettronica impiegata e dai cavi di collegamento.
La
grandezza
che
lega
tra
loro
le
grandezze
precedentemente elencate è la sensibilità del radio telescopio,
che non è altro che la minima variazione di temperatura
(∆T m i n ) apprezzabile dallo strumento e distinguibile dal rumore.
Affinché una radiosorgente sia rilevabile, la
radiazione ad essa associata deve generare una variazione di
temperatura ∆T a che risulti essere maggiore o uguale alla
∆T m i n .
∆T min =
k s ⋅ Tsys
B⋅τ⋅n
(1.3.3)
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
Dove:
•
k s = costante compresa tra 0.6 e 2 che tiene conto del
tipo di ricevitore usato
•
B = larghezza di banda del ricevi tore
•
τ= tempo di integrazione
•
n = numero di osservazioni
Un’espressione alternativa con cui spesso viene indicata
la sensibilità in radioastronomia fa riferimento al concetto di
sensibilità intesa come minima densità di flusso rilevabile che
è legata alla ∆T m i n dalla relazione:
∆S min =
2 ⋅ k ⋅ ∆Tmin
Aeff
(1.3.4)
dove A e f f è l’area efficace dell’antenna e k è la costante di
Boltzmann.
Questa
espressione
è
molto
utile
in
quanto
sottolinea come la sensibilità dipenda dall’area collettrice
dell’antenna ed in particolare come lo strumento risulti tanto
più sensibile (∆S min più piccolo possibile) quanto più grande è
Aeff.
Infine
la
sensibilità
può
anche
essere
espressa
in
funzione del guadagno del collegamento:
∆Tmin = k sTSys
2
1  ∆G   ∆TSys 
+
 +
Bτ  G   TSys 
2
(1.3.5)
dove ∆G è la variazione del guadagno e le altre notazioni
sono le stesse delle relazioni precedenti.
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
Questa espressione mostra come, per avere buona
sensibilità sia necessario avere variazioni di guadagno
piccole, così come devono essere piccole le variazioni di
temperatura equivalente di sistema, e grande larghezza di
banda.
1.3.2 Potere risolutore
La risoluzione, o potere risolutore, rappresenta la minima
distanza angolare che deve intercorrere tra due radiosorgenti
affinchè lo strumento le possa distinguere e non le percepisca
come una unica.
Il potere risolutore è strettamente legato alla direttività
dell’antenna: infatti un’antenna che presenta, nel diagramma
di radiazione, un lobo principale angolarmante molto stretto e
lobi secondari sufficientemente ridotti, presenta un buon grado
di risoluzione.
Figura 1.3.2.1 Diagramma di radiazione normalizzato (in dB)
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
L’ampiezza del fascio (lobo principale) detta BWFN (Beam
Width between First Null) rappresenta la distanza angolare tra i
due zeri ad esso adiacenti e ci permette di ottenere la definizione
analitica di risolu zione:
HPBW ≅
BWFN
2
(1.3.6)
dove HPBW (Half Power Beam Width) rappresenta
l’ampiezza, a metà potenza, del lobo principale e si ottiene da
HPBW = k i ⋅ λ
D
(1.3.7)
dove:
•
k i è un fattore relativo alla funzione di illuminamento
•
λ è la lunghezza d’onda alla frequenza di lavoro
•
D è il diametro dello specchio
Pertanto per avere un buon potere risolutore è necessario
minimizzare la relazione (1.3.6); siccome però k i e λ sono
parametri di
progetto, è possibile intervenire soltanto sulle dimensioni
fisiche (D) dell’antenna.
Il fatto che il potere risolutore dipenda dal rapporto tra la
lunghezza d’onda di lavoro e le dimensioni fisiche dell’antenna
spiega perchè i telescopi ottici, che lavorano a lunghezze
d’onda piccolissime (dell’ordine di alcune centinaia di nm),
possano avere grande potere risolutore con specchi tutto
sommato ridotti, a differenza di un radio telescopio, che
necessita, invece, di strutture di grandi dimensioni per
CAPITOLO 1-La stazione radio astronomica di Medicina
ottenere una discreta risoluzione, in quanto lavora a lunghezze
d’onda dell’ordine di alcune decine di cm.
Dalla volontà di aumentare il potere risolutore e la
sensibilità del radio telescopio nasce l’idea di costruire i
grandi telescopi che sono oggetto dei progetti LOFAR e SKA,
che verranno brevemente descritti nel capitolo seguente.
CAPITOLO 2
PROGETTO SKA E AMMODERNAMENTO
DELLA CROCE DEL NORD
Negli ultimi due paragrafi del capitolo precedente è stato detto
che le prestazioni di un radio telescopio dipendono principalmente
da
due
grandezze:
sensibilità
e
risoluzione;
entrambe
queste
grandezze dipendono dal diametro D dello specchio e in particolar
modo migliorano all’aumentare delle dimensioni dell’antenna.
Purtroppo, però, esistono dei limiti strutturali che impediscono
la
realizzazione
di
antenne
di
grandi
dimensioni,
dati
dalla
complessità della struttura reggente, che deve sostenere lo specchio,
e dall’elettronica necessaria per comandare i movimenti di rotazione
e bilanciamento delle deforma zioni dello specchio stesso.
Per ovviare a questi problemi è nata l’idea del VLBI (vedi
Cap.1, Par.1), che realizza un radio telescopio “virtuale”, in grado
di raggiungere le prestazioni di un’antenna di dimensioni enormi,
sfruttando però strutture, per lo più già esistenti, più piccole e
disposte in luoghi geograficamente distinti. In questo caso infatti il
potere risolutore non dipende più dal diametro dello specchio della
singola antenna, bensì dalla distanza massima che intercorre tra le
singole antenne.
Questo netto miglioramento del potere risolutore non è però
accompagnato
da
un
altrettanto
netto
miglioramento
della
sensibilità, che non è legata alla distanza tra le strutture, ma è data
dalla media pesata delle singole sensibilità di ciascuna antenna
coinvolta.
Per ottenere prestazioni d’avanguardia anche nell’ambito della
sensibilità è quindi necessario creare enormi strutture, caratterizzate
da aree di raccolta di dimensioni impensabili fino a qualche anno
fa.
CAPITOLO 2 –Progetto SKA e ammodernamento della Croce del Nord
Per questo scopo, da qualche anno è stato attivato SKA (Square
Kilometer Array), progetto estremamente ambizioso che si propone
di creare un radio telescopio con un’area collettrice di 1 milione di
metri quadrati, in modo tale da ottenere un potere risolutore pari a
quello del VLBI e una sensibilità molto maggiore rispetto a quella
ottenuta dal radio telescopio EVLA (Expanded Very Large Array).
Il progetto di costruzione di un radio telescopio di dimensioni
così grandi e di prest azioni così elevate non può essere affrontato
da una singola nazione; per questo è stato creato un consorzio
internazionale che coinvolge moltissimi paesi, tra cui Stati Uniti,
Australia, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Italia, Canada, Sud Africa,
India, Cina…..
Ciascuno di questi Stati dà il suo contributo in merito alla
ricerca sulle tecnologie da implementare, sulla scelta del tipo di
antenna da utilizzare e alla decisione del luogo ideale per la
costruzione di questo immenso radio telescopio.
Due sono le più probabili sedi possibili di costruzione di SKA,
Australia e Sud Africa; l’Australia sarebbe un’ottima candidata, per
via dei suoi sterminati deserti, all’interno dei quali, per legge,
esistono zone “no radio”, ossia zone in cui addirittura non è
consent ito trasmettere in banda radio.
D’altra parte, però, sta prendendo piede l’ipotesi di dislocare
la
struttura
in
Sud
Africa,
territorio
non
troppo
densamente
popolato, e quindi con uno spettro radio abbastanza sgombro da
interferenze, più accessibile, rispetto all’Australia, da
parte dei
ricercatori provenie nti da tutte le parti del mondo e soprattutto già
dotato
di
infrastrutture
adibite
alla
viabilità
e
al
trasporto
dell’elettricità.
La scelta del tipo di antenna da utilizzare è vincolata alla
banda di frequenze su cui lavora il sistema, che è compresa tra 0,1
GHz e 25 GHz; poiché si tratta di una banda molto estesa è stat o
deciso di suddividerla in due sottobande, una tra 0,1 e 0,5 GHz e
CAPITOLO 2 –Progetto SKA e ammodernamento della Croce del Nord
l’altra tra 0,5 GHz e 25 GHz. Diverse sono le possibilità che si
possono avere, ma sembra ormai deciso che per la banda di
frequenze più bassa si utilizzeranno array di antenne ad apertura
planare, mentre per la banda più alta sembrano più adatte delle
piccole parabole.
Fig. 2.1 Possibili antenne paraboliche destinate alla banda 0,5-25
GHz
Fig.2.2 Array di antenne ad apertura planare destinato alla banda
0,1-0,5 GHz
CAPITOLO 2 –Progetto SKA e ammodernamento della Croce del Nord
Fig.2.3 Reference design di SKA
Per
quanto
riguarda
i
tempi
di
realizzazione
dell’intera
struttura, ci vorranno ancora diversi anni per vedere in opera SKA;
fino al 2008 è ancora aperta la strada della ricerca sulle tecnologie
ottimali da applicare al progetto, dopodichè, nel 2012, dovrebbero
iniziare i lavori di costruzione. Nel 2015 si dovrebbe dare il via alle
osservazioni
e
nel
2020
SKA
dovrebbe
raggiungere
la
piena
operatività.
2.1
Up-grade della Croce del Nord
Come detto nel paragrafo precedente, anche l’Italia partecipa
attivamente al progetto SKA, con la volontà di utilizzare proprio la
Croce del Nord come dimostratore, ossia come “struttura-test” per
sperimentare le tecnologie che potrebbero in futuro essere applicate
alla realizzazione del progetto.
CAPITOLO 2 –Progetto SKA e ammodernamento della Croce del Nord
La Croce, infatti, mostra tutte le caratteristiche giuste per
poter essere utilizzata con questo scopo: è un array di antenne di
notevoli dimensioni: si parla di un’area collettrice di circa 30000
m 2 , addirittura più grande di quella prevista per una singola
stazione SKA (10000 m 2 ) e presenta un numero elevato di dipoli
(circa 6000), che garantirebbero la sperimentazione delle nuove
tecniche di interferometria su un notevole numero di ricevitori.
Per poter utilizzare la Croce come dimostratore si è resa
necessaria un’opera di ammodernamento dell’intera struttura, che ha
dato origine al progetto BEST (Basic Element for Ska Training), per
il quale collabora il personale scientifico del radio telescopio di
Medicina, con l’obiettivo di sviluppare nuove e più moderne
tecnologie, tra cui:
•
nuovi front -end a bassa rumorosità
•
ricevitori digitali a larga banda ad elevata dinamica
•
vector modulator/mixer
•
collegamenti ottici dig itali e link analogici a basso
costo, questi ultimi utilizzati nella
tecnologia “radio
over fiber”
•
banco di filtri polifase
•
metodologie di mitigazione delle interferenze
•
algoritmi
per
beamforming
,
multibeaming
e
post -
processing
Per avere maggior controllo sullo sviluppo del progetto, sia in
termini sperimentali, sia in termini economici, BEST è stato
suddiviso in 3 fasi:
BEST 1:
parabolico
del
prevede la re-ingegnerizzazione di un solo cilindro
ramo
N-S
della
Croce
del
Nord,
attraverso
l’installazione di quattro Front End sulla linea focale (1 ogni 16
CAPITOLO 2 –Progetto SKA e ammodernamento della Croce del Nord
dipoli)
collegati
mediante
link
ottici
analogici
alla
sala
di
elaborazione dati, dove il segnale viene convertito ad una frequenza
di 30 MHz, digitalizzato e filtrato tramite un poly-phase filter bank
implementato grazie a una FPGA. L’elaborazione dei dati così
ottenuti avverrà in un cluster di PC. In questo modo sarà possibile
testare tecniche di beamforming e mitigazione delle interferenze. La
parte analogica di questa fase è già stata installata ed è funzionante
(anche se, come già specificato nell’introduzione, con diversi
problemi per quanto
riguarda la stabilità di guadagno), mentre la
parte digitale è ancora in fase di studio.
BEST
2:
prevede
l’estensione
del
progetto
a
8
cilindri
parabolici del ramo N-S per un totale di 32 ricevitori installati.
BEST
3: prevede l’installazione di 4 ricevitori su 14 cilindri
del ramo N-S e di 4 ricevitori su 6 segmenti del ramo Est/Ovest, per
un totale di 4x14 + 6x4 = 80 ricevitori.
La
trattazione
di
tutte
le
problematiche
relative
alla
modernizzazione della Croce del Nord sarebbe troppo lunga e
complessa ed esulerebbe dagli obiettivi prefissati per questa tesi;
pertanto la nostra attenzione si focalizzerà soltanto sul progetto di
discesa d’antenna, ossia sul collegamento tra le linee focali della
Croce e la sala di elaborazione dati.
2.1.1 Attuale collegamento di discesa d’antenna
Attualmente il collegamento di discesa d’antenna del ramo N-S
è
effettuato
completamente
attraverso
cavi
coassiali
ed
è
caratterizzato da una banda di lavoro larga 2,7 MHz; i segnali
vengono rifasati e inviati, a gruppi di 8 dalla linea focale alle
CAPITOLO 2 –Progetto SKA e ammodernamento della Croce del Nord
cabine dove vengono amplificati da un LNA e filtrati mediante un
filtro passa banda centrato alla frequenza di 408 MHz e poi
convertiti in segnali a bassa frequenza, in una banda centrata sui 30
MHz. A questo punto il segnale proveniente da ogni cabina viene
contemporaneamente inviato ed allineato temporalmente agli altri,
e,
sempre
attraverso
cavi
coassiali,
giunge
fino
alla sala di
elaborazione, dove avviene il signal-processing.
2.1.2 Collegamento di discesa d’antenna realizzato mediante
fibra ottica
Il progetto di ammodernamento della struttura prevede la completa
sostituzione del collegamento in coassiale, in favore di un link
ottico analogico, che collegherebbe direttamente linea focale e sala
di controllo, eliminando la necessità di una elaborazione del segnale
nelle cabine.
L’idea di utilizzare la fibra ottica nasce dalla consapevolezza
dei notevoli vantaggi che questa introduce, rispetto alla soluzione in
coassiale,
in
molti
parametri
estremamente
importanti
per
la
realizzazione del progetto:
§
AMPIEZZA DI BANDA: l’elevata banda modulante
resa
disponibile
dalle
fibre
ottiche
è
legata
all’aumento della frequenza portante a cui avviene la
trasmissione del segnale. In un collegamento ottico
questa frequenza si trova in un intervallo compreso tra
10 1 3 e 10 1 6 Hz; quindi la banda di trasmissione risulta
di gran lunga superiore rispetto a quella ottenibile in
sistemi di trasmissione su cavi metallici, come i
coassiali,
o
in
sistemi
di
trasmissione
radio
utilizzano onde millimetriche (dell’ordine del GHz).
che
CAPITOLO 2 –Progetto SKA e ammodernamento della Croce del Nord
§
LIVELLO di ATTENUAZIONE: lo sviluppo della
tecnologia nella produzione di fibre ottiche, grazie ad
un sempre più alto grado di purezza nei materiali
utilizzati,
ha
permesso
di
raggiungere
livelli
di
attenuazione del segnale e di perdite di trasmissione
molto
bassi,
attenuazione,
risulta
fino
anche
infatti,
indipendente
nel
dalla
a
caso
0.2
dB/Km.
delle
frequenza
Tale
fibre
ottiche
del
segnale
modulante trasmesso, come invece avviene nei cavi
coassiali
dove,
a
causa
dell’effetto
l’attenuazione risulta proporzionale alla
pelle,
f . Proprio
per questo nei sistemi in fibra ottica è possibile
lavorare con bande ad elevata frequenza
§
IMMUNITA’ alle INTERFERENZE: le fibre ottiche
sono delle vere e proprie guide dielettriche per il
segnale che trasportano al loro interno; il campo
elettromagnetico è perciò confinato entro la struttura
cilindrica che costituisce il cuore della fibra. Grazie a
questa proprietà il valore dell’isolament o tra il flusso
interno e quello esterno, ossia la schermatura rispetto
all’azione di campi elettromagnetici esterni, risulta
enormemente elevato. Inoltre, diversamente da quanto
accade
utilizzando
dei
conduttori
metallici,
viene
altamente limitata l’interferenza fra differenti fibre
ottiche e perciò la diafonia (crosstalk) tra i vari canali
costituenti una linea trasmissiva diviene trascurabile,
anche quando centinaia o migliaia di fibre sono
cablate assieme.
§
ISOLAMENTO ELETTRICO: le fibre ottiche sono
costituite di fibre in vetro (silicio e ossidi di silicio) o
CAPITOLO 2 –Progetto SKA e ammodernamento della Croce del Nord
a volte vengono anche realizzate con polimeri plastici.
Questi materiali sono a tutti gli effetti degli isolanti,
perciò
a
differenza
dei
cavi
metallici
non
sono
soggetti a problemi di messa a terra.
§
ROBUSTEZZA
e
FLESSIBILITA’:
grazie
ai
rivestimenti protettivi, le fibre ottiche offrono una
grande resistenza alla trazione, possono essere curvate
formando degli angoli relativamente piccoli e possono
anche essere intrecciate tra loro senza causare rotture
o danni in genere. In aggiunta, dalla combinazione di
singole fibre o nastri di fibre all’interno di un unico
cavo di protezione e rivestimento, si ottengono delle
strutture altamente compatte, flessibili e robuste.
§
PESO e DIMENSIONE : le fibre ottiche, essendo
caratterizzate da un diametro molto piccolo, anche
quando
sono
rivestite
di
una
guaina
protettiva
(protective coating o jacket), hanno una dimensione
ed
un
peso
di
gran
lunga
inferiore
rispetto
ai
corrispondenti cavi in rame.
Il miglioramento della struttura prevede anche l’allargamento
della banda di lavoro, che passa da 2,7 MHz a 16 MHz, sempre
centrata
a
408
MHz,
con
l’auspicio
di
poterla
ulteriormente
estendere a 400 MHz ( tra 300 e 700MHz).
Di conseguenza si è reso necessario riprogettare tutti gli
elementi della catena, così da renderli in grado di elaborare il
segnale
senza
deteriorarlo,
dell’attuale sistema.
migliorando
anzi
le
prestazioni
CAPITOLO 2 –Progetto SKA e ammodernamento della Croce del Nord
Fig.
2.1.2.1
Link
di
discesa
d’antenna
con
cabine
“trasparenti”
Seguendo lo schema di figura 2.1.2.1, si può osservare che il
segnale RF proveniente dalla radio sorgente, dopo essere stato
amplificato da un LNA tri-stadio e filtrato, mediante un filtro passa
banda centrato alla frequenza di 408 MHz, viene convertito da
elettrico ad ottico direttamente sull’antenna ed inviato, mediante
fibra ottica, alla sala di elaborazione, dove viene rivelato, rifasato
agli altri segnali provenienti da altri ricevitori e digitalizzato per
effettuare il signal-processing.
Dalla nuova configurazione si possono ottenere differenti
vantaggi: innanzitutto il trasferimento di gran parte dell’elettronica
da un ambiente est erno, caratterizzato da sbalzi di temperatura e
umidità e soggetto ad eventi atmosferici (pioggia, vento, neve,
scariche elettriche), ad una sala controllata in temperatura migliora
CAPITOLO 2 –Progetto SKA e ammodernamento della Croce del Nord
notevolmente la qualità delle elaborazioni sul segnale, così come
aumenta
il
tempo
di
vita
degli
strumenti,
che
subiscono
un
deterioramento più lento; inoltre in caso di guasto risulta molto più
semplice la sostituzione dell’elemento compromesso, con relativi
cost i di manutenzione inferiori.
Inoltre la scelta di un link ottico analogico elimina la necessità
di trasportare fin sulla linea focale tutti i segnali di controllo,
sincronismo e oscillatore locale, vantaggio che si traduce in un
notevole risparmio economic o, dal momento che diviene minore il
numero di collegamenti necessari per la trasmissione dei segnali e
che risulta meno complessa l’elettronica di Back End.
Sicuramente la scelta di un link ottico digitale per la discesa
d’antenna avrebbe permesso di effettuare una prima elaborazione
dati già sulla linea focale
(favorendo, ad esempio il beamforming
in tempo reale), ma un’attenta indagine di mercato ha appurato che
al momento le tecnologie necessarie per creare un link ottico
digitale con prestazioni di tipo radio astronomico sono ancora
troppo costose e i vantaggi che se ne ricavano non possono
giustificare una così elevata differenza di prezzo [Ref. 6].
In
figura
2.1.2.2
è
riportata
la
schematizzazione
delle
principali linee di trasmissione interessate al trasporto dei diversi
segnali della catena di ricezione, assumendo come riferimento la
situazione relativa ad 8 cilindri del ramo N-S.
CAPITOLO 2 –Progetto SKA e ammodernamento della Croce del Nord
Fig. 2.1.2.2 – Schematizzazione delle linee trasmissive relative ad 8
cilindri del ramo N-S
Come si può vedere, gli unici collegamenti esterni sono quelli
adibiti al trasporto dell’informazione ricevuta, realizzati in fibra
ottica monomodale, e i diversi cavi indispensabili per alimentare i
dispositivi presenti sulle linee focali, che giungono alle varie
antenne attraverso le cabine poste alla loro base. Per quello che
concerne i percorsi in fibra ottica, il loro passaggio attraverso le
cabine è funzionale unicamente alla realizzazione della cablatura di
più fibre all’interno di cavi più robusti da 32 fibre ciascuno (più un
eventuale scorta di fibre in caso di possibili danneggiamenti ad uno
dei percorsi) necessari per rendere più compatto il collegame nto
verso l’edificio principale.
CAPITOLO 3
CARATTERISTICHE DELLA SORGENTE
OTTICA
Una sorgente ottica è un dispositivo in grado di convertire un
segnale elettrico (tipicamente una corrente) in una radiazione
elettro -magnetica avente una frequenza compresa nello spettro del
visibile, nell’immediato infrarosso o nel vicino ultravioletto e
caratterizzata da un determinato livello di potenza emessa (potenza
ottica). Le proprietà possedute da una sorgente ottica di qualità
sono:
1) capacità di emettere la radiazione luminosa alla lunghezza
d’onda di interesse;
2) caratteristica spettrale il più possibile coerente, che consiste
nel presentare una minima variazione di lunghezza d’onda ∆λ di
emissione, attorno ad una λ 0 nominale stabile nel tempo;
3) alta affidabilità di funzionamento, sia nel tempo, sia in
relazione alle condizioni ambientali in cui opera (soprattutto in
relazione alle variazioni di temperatura);
4) buona efficienza di accoppiamento in potenza alla fibra
ottica;
5) alta efficienza nel processo di conversione del segnale
elettrico in ottico;
6) caratteristica di conversione elettro-ottica lineare per un
ampio range di valori di corrente in ingresso;
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
7) bassa rumorosità nel processo di conversione elettro -ottica e
di emissione;
8) costo compatibile con le particolari esigenze applicative.
A
seconda
del
tipo
di
fenomeno
che
sta
alla
base
dell’emissione del fascio ottico e delle caratteristiche che questo
presenta si distinguono 2 principali categorie di sorgenti ottiche:
LED (Light Emitting Diodes): sono sorgenti caratterizzate da
un processo di emissione della luce di tipo spontaneo e danno luogo
ad una radiazione monocromatica di tipo incoerente
LASER
(Light
Amplification
by
Stimulated
Emission
of
Radiation): sono sorgenti in grado di emettere, per emissione
stimolata”,
un
fascio
di
radiazioni
elettro-magnetiche
monocromatiche e coerenti.
LED
LASER
Semplicità costruttiva e
Maggiori livelli di P ottica
strutturale
accoppiabile in fibra
Economicità
Possibilità
di
avere
uno
spettro in uscita monomodale
Affidabilità
legata
alla
degradazione lenta
Maggiore banda intesa come
massima
f
del
segnale
modulante
Stabilità durante le variazioni
Minore
di temperatura
processo di emissione
rumorosità
Miglior dinamica d’ampiezza
Fig. 3.1 Tabella riassuntiva delle caratteristiche delle due fonti
ottiche
legata
al
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
Come si può facilmente intuire dalla tabella di figura 3.1, la
sorgente ottica più idonea alle specifiche radio astronomiche è
quella di tipo laser.
3.1 Il fenomeno alla base del funzionamento di un laser:
l’emissione stimolata.
L’energia
posseduta
da
una
partic ella
all’interno
di
un
materiale, come è noto dalla meccanica quantistica, è quantizzata,
ossia può presentare solo valori particolari appartenenti a ben
specifici insiemi discreti o ad un insieme di intervalli in relazione
al tipo di materiale considerato; nel primo caso si parla di livelli
energetici, mentre nel secondo di bande di energia permesse.
Ogni possibile livello di energia E i è caratterizzato da una
certa probabilità P(E i ) di occupazione, dalla quale dipende la
consistenza della popolazione di particelle che lo popolano. Se
indichiamo con <N i > il valor medio della popolazione del livello iesimo abbiamo che, dalla distribuzione di Boltzmann, vale:
<N i > = a ⋅ e -Ei / k ⋅T
(3.1)
Dove:
•
a coefficiente di proporzionalità,
•
k= 1.38 ⋅ 10 -23 J/K costante di Boltzmann
•
T temperatura del sistema.
Tale relazione mostra che quanto più è alta l’energia del livello
considerato, tanto minore sarà la consistenza della sua popolazione.
Ciò è in linea con quanto comunemente noto a proposito della
tendenza
di
un
qualunque
sistema
in
spontaneamente verso stati ad energia minima.
natura
ad
evolvere
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
In condizioni di equilibrio quindi si avrà che un livello ad
energia maggiore E 2 risulterà meno popolato di uno ad energia
minore E 1 . Tra le popolazioni dei due livelli in particolare è
presente la relazione:
N2
= e -(E2 − E1 ) / k ⋅T
N1
(3.2)
A partire da queste considerazioni descriveremo i principali
fenomeni che si originano in seguito all’interazione della materia
con una radiazione esterna o a fronte della variazione del livello
energetico
posseduto
dal
sist ema:
assorbimento,
emissione
spontanea ed emissione stimolata.
Per semplicità ci porremo nella
condizione in cui vengono
considerati solo due livelli energetici E 2 e E 1 , con E 2 >E 1 .
Si supponga inizialmente che un elettrone si trovi nel livello
energetic o inferiore E 1 . In assenza di una qualsiasi perturbazione
esterna esso tenderà a rimanere in tale livello, poiché è quello ad
energia minore e quindi più stabile. Se ora l’elettrone viene colpito
da una radiazione elettromagnetica monocromatica di frequenza f
tale che:
h ⋅ f = E2 – E1
(3.3)
con h = 6,6262 ⋅10 −34 [J·sec] costante di Plank,
si verifica il cosiddetto fenomeno dell’assorbimento e cioè la
transizione della particella dal livello E 1 al livello superiore E 2
(vedi Figura 3.1.1).
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
Fig. 3.1.1 Fenomeno dell’assorbimento
Siccome lo scambio energetico in un qualsiasi materiale può
avvenire solo per quanti di energia finiti la cui unità fondamentale è
il fotone, al quale è associata una energia E= h ⋅ f , quello che si è
verificato non è altro che l’assorbimento dell’energia trasportata dal
fotone
con
conseguente
salto
del
livello
energetico.
Questo
fenomeno è alla base del funzionamento di un rivelatore ottico e si
verifica ogni volta che l’energia associata alla radiazione incidente
è pari al gap esistente tra i due livelli energetici in questione.
L’effetto contrario si ottiene se si ipotizza che l’elettrone si
trovi inizialmente nel livello energetico superiore E 2 ; in tale
situazione sono possibili però due diversi comportamenti.
Nel caso di assenza di una qualsiasi perturbazione esterna
l’elettrone, trovandosi ad un livello di energia superiore, è da
considerarsi instabile e dopo un intervallo di tempo aleatorio,
tenderà a riportarsi al livello di energia più basso. Tale decadimento
avviene attraverso un’emissione di energia di intensità pari al gap
esistente tra i due livelli e può manifestarsi sotto forma di fotone
(emissione radiativa), o anche in maniera non radiativa, sotto forma
di vibrazione della struttura (fonone), in relazione al tipo di
materiale considerato.
Si parla in questo caso di emissione spontanea, in quanto la
generazione della radiazione, a seguito del salto energetico, avviene
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
in modo naturale, al fine di riportarsi in una situazione di
equilibrio (vedi Figura 3.1.2).
Fig. 3.1.2 Processo di emissione spontanea
La radiazione così generata è assolutamente incoerente in
quanto particelle diverse compiranno salti energetici differenti e del
tutto scorrelati fra loro, dal momento che gli istanti di emissione e
le caratteristiche dei fotoni generati (fase iniziale, polarizzazione,
direzione, ecc.) possono essere considerate casuali.
Diverso è il caso in cui il decadimento da un livello superiore
ad
uno
inferiore
avviene
a
seguito
di
una
radiazione
elettromagnetica di frequenza tale che h ⋅ f = E 2 – E 1 .
Infatti, qui è il quanto energetico associato alla radiazione
esterna a consentire il decadimento e la conseguente emissione che,
per questo motivo, prende il nome di emissione stimolata (vedi
Figura 3.1.3).
Fig. 3.1.3 Processo di emissione stimolata
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
Importante è sottolineare che ora però il fotone secondario,
generato a seguito del salto energetico, ha la stessa fase e frequenza
di quello primario.
Sotto opportune condizioni al contorno e attraverso l’utilizzo
di particolari materiali, ad esempio alcuni tipi di semiconduttori,
questo processo può essere utilizzato per ottenere il fenomeno
dell’amplificazione stimolata della luce, che sta alla base del
funzionamento dei dispositivi laser.
3.2 Il laser a semiconduttore
Il laser è un oscillatore ottico in grado di assolvere due compiti
fondamentali:
l’amplificazione della luce, mediante un mezzo attivo e un
sistema di pompaggio in grado di consentire lo sviluppo del
fenomeno dell’emissione stimolata; la retroazione della luce stessa
tramite un risonatore ottico, generalmente realizzato mediante due
specchi riflettenti.
Nel
corso
di
questo
paragrafo
si
prenderanno
in
considerazione, per descriverne il funzionamento e le principali
caratteristiche, i laser a semiconduttore in quanto sono quelli oggi
più comunemente impiegati.
Il cuore di un laser a semiconduttore é una giunzione tra
materiali con diverso drogaggio, p ed n come mostrato in Figura
3.2.1.
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
Figura 3.2.1 Struttura fondamentale di un Laser a
semiconduttore
In un materiale semiconduttore i livelli di energia sono in
realtà delle bande energetiche, separate da intervalli di energia
proibiti (band gap). La probabilità di occupazione della banda é
definita dalla statistica di Fermi-Dirak e dipende da un livello di
energia di riferimento detto livello di Fermi.
In un semiconduttore intrinseco il livello di Fermi si trova a
metà del band gap esistente tra la Banda di Valenza (BV) e la Banda
di Conduzione (BC) e sia la concentrazione di elettroni in BC, sia
quella
di
lacune
in
BV
é
estremamente
bassa.
Drogando
il
semiconduttore con impurità di tipo n o p il livello di Fermi si
sposta rispettivamente verso la BC o verso la BV. Nel primo caso si
incrementa la concentrazione di elettroni in banda di conduzione e
si riduce la concentrazione di lacune in banda di valenza, nel
secondo caso avviene l’opposto.
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
Fig. 2.3.2 Statistica di Fermi
L’o biettivo é di realizzare una regione in cui tali portatori (le
coppie elettrone-lacuna) possano ricombinarsi al fine di favorire il
processo di emissione stimolata; tale regione è ottenuta mediante la
formazione
di
consideriamo
una
giunzione
formata
a
p-n
partire
che
ora,
dallo
per
semplicit à,
stesso
materiale
(omogiunzione).
Affinchè tale fenomeno si origini e, soprattutto, si mantenga é
necessario però un apporto energetico esterno che provveda, nella
fase iniziale, a portare i portatori di carica ad un livello energetico
superiore e successivamente a far si che il loro numero non
diminuisca nel tempo. Ciò lo si ottiene attraverso un processo
fisico, denominato pompaggio, realizzato grazie alla polarizzazione
diretta
della
sufficientemente
giunzione.
elevata
Quando
vengono
la
iniettati
tensione
nel
esterna
é
dispositivo
un
numero di portatori tali da raggiungere la cosiddetta inversione di
popolazione e cioè una condizione in cui la concentrazione di
elettroni in banda di conduzione e di lacune in banda di valenza é
molto grande e quindi
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
elevato
sarà
anche
il
numero
di
coppie
elettrone-lacune
disponibili per la ricombinazione.
La corrente corrispondente alla tensione di polarizzazione per
cui
si
verifica
l’inversione
viene
detta
corrente
di
soglia
e
rappresenta un parametro importante del laser, in quanto determina
il valore minimo di corrente in ingresso necessario per instaurare
nel dispositivo il processo di conversione elettro-ottica.
In un mezzo in cui è in atto l’inversione di popolazione, scelto
opportunamente in modo da presentare un decadimento di tipo
radiativo, tale ricombinazione provoca il decadimento spontaneo
dell’elettrone ad un livello energetico inferiore. Questo porta alla
conseguente emissione di un fotone avente una lunghezza d’onda
ben definita e, come visto nel paragrafo precedente, legata all’entità
del gap energetico esistente fra le bande di conduzione e di valenza.
Il fotone così originato attraversa il materiale e funge come
stimolo per la creazione di altri fotoni identici (stessa fase,
frequenza,
direzione)
come
visto
a
proposito
dell’emissione
stimolata, instaurando un meccanismo di generazione a catena. Tali
flussi di particelle derivanti da differenti stimoli spontanei iniziali
sono però fra loro reciprocamente incoerenti in quanto originati a
seguito di diversi decadimenti atomici (caratterizzati da diversi gap
energetici) e perciò non idonei ad instaurare una radiazione in
risonanza; per superare questo problema l’intera struttura viene
confinata all’interno di un risonatore ottico.
Il
risonatore
ottico,
o
cavità
risonante,
nella
sua
configurazione più semplice, é costituito da una coppia di specchi
posti agli estremi del mezzo attivo, in grado di selezionare in
frequenza le oscillazioni che si vengono a creare al suo interno.
Solitamente, uno degli specchi é realizzato con una
prossima
al
100%
(in
corrispondenza
della
riflettività
lunghezza
d’onda
operativa del laser), mentre l’altro, lo specchio di uscita, ha una
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
trasmettività non nulla in modo tale che la luce possa essere
trasmessa all’esterno della cavità per fornire il fascio laser.
La sua funzione é quella di riflettere ed amplificare quei fotoni
contraddistinti
da
una
frequenza
corrispondente
a
quella
di
selettività del risonatore e di abbattere tutti gli altri, permettendo
cosi, a seguito delle varie riflessioni agli specchi, il mantenimento e
l’amplificazione di una radiazione di tipo coerente.
In una omogiunzione, come quella fino ad ora esaminata, lo
spessore della zona attiva in cui avviene la ricombinazione é molto
piccola e non si hanno meccanismi di confinamento delle cariche al
suo interno. Per ovviare a questo, le semplici giunzioni p-n sono
state sostituite dalle eterogiunzioni, dove un materiale a piccola
band-gap viene confinato tra due strati di materiale a gap maggiore
e drogati differentemente (doppia eterogiunzione).
In una doppia eterogiunzione, i portatori di carica iniettati
vengono confinati nello strato centrale, detto strato attivo, grazie
alle barriere di potenziale che si formano sia per il differente
drogaggio, sia per il suo minor gap rispetto a quello dei materiali
adiacenti (vedi Figura 3.2.2).
Figura 3.2.2 Doppia eterogiunzione
Allargando la regione attiva perciò, vengono consentiti anche
valori di corrente di soglia più bassi.
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
Un’importante
estensione
delle
eterostrutture
si
ottiene
quando, per effetto di un’opportuna riduzione dello spessore della
regione attiva, si riesce a rendere quantizzati i livelli di energia dei
portatori
all’interno
delle
barriere
di
potenziale
definite
dall’eterostruttura (vedi Figura 3.2.3). Si parla per questo di
strutture quantum wells o multiple quantum wells (MQW).
Figura 3.2.3 Struttura Multimple Quantum Wells
I laser di questo tipo presentano guadagni maggiori e correnti
di soglia minori rispetto ai laser convenzionali e, ad oggi, sono i
dispositivi più utilizzati per realizzare laser a semiconduttore.
3.3 Caratteristica elettro-ottica del laser
La caratteristica che più di ogni altra é in grado di identificare il
comportamento in termini qualitativi di un laser è la curva che lega
la potenza ottica emessa dal laser alla corrente di iniezione fornita
in ingresso.
Tale curva viene detta curva caratteristica del laser ed un
esempio di un suo tipico andamento é riportato in Figura 3.3.1:
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
Figura 3.3.1 Tipica caratteristica elettro-ottica di un laser
Da questa curva, il cui andamento é sostanzialmente uguale per
i
diversi
tipi
di
laser,
é
possibile
risalire
a
due
parametri
indispensabili per caratterizzare il comportamento del dispositivo:
la corrente di soglia e l’efficienza di conversione.
A differenza di un LED, dove la generazione della radiazione
ottica avviene per emissione spontanea di fotoni e quindi la potenza
ottica in uscita incrementa progressivamente al crescere della
corrente in ingresso sin da un livello prossimo allo zero, il LASER
necessita di un valore minimo della corrente di iniezione affinchè si
possa realizzare l’inversione di popolazione e successivamente far
nascere il processo di emissione stimolata; tale valore corrisponde
alla corrente di soglia. La corrente di soglia nei dispositivi
attualmente in commercio può assumere un valore che va dalle
frazioni di mA sino a diverse decine di mA e generalmente è in
relazione con il livello di potenza ottica operativo del dispositivo.
L’efficienza di conversione elettro-ottica η S (slope efficiency)
é invece definita come la variazione di potenza ottica in uscita dal
dispositivo rispetto ad una variazione della corrente di iniezione in
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
ingresso. Essa, che normalmente viene espressa in W/A o
mW/mA,
viene
valutata
relativamente
alla
regione
lineare
di
funzionamento del dispositivo, regione in cui la dipendenza dal
particolare punto della caratteristica considerato è molto limitata.
La sua espressione è legata a quella della potenza in ingresso
[Ref.4]:
P=
h ⋅ν
⋅ η d ⋅ (I − I th )
q
ηS : Slope Efficiency =
(3.4)
dP h ⋅ν
=
⋅ ηd
dI
q
(3.5)
dove:
- η d : Efficienza quantica differenziale = η int ⋅
- η int : Efficienza quantica interna =
α mir
α mir + α int
Rrr
Rrr + Rnr
− α m i r : perdita legata alla riflettività degli specchi
− α i n t : perdita interna alla struttura
- R r r : ritmo di ricombinazione radiativa
- R n r : ritmo di ricombinazione non radiativa
Valori tipici di η S variano dai 0.03 W/A ai 0.4 W/A, a seconda
della partic olare struttura laser considerata.
E’ molto importante notare, ai fini di un utilizzo pratico di tali
componenti, come i due parametri sopradescritti siano fortemente
dipendenti dalla temperatura. Una variazione della temperatura di
giunzione del laser, infatti, provoca un cambiamento nella naturale
distribuzione della popolazione di cariche nei vari livelli energetici,
che in generale modifica le condizioni necessarie a realizzare
l’inversione di popolazione e il successivo processo di emissione.
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
In particolare, all’aumentare della temperatura, il valore della
corrente di soglia aumenta e quello dell’efficienza di conversione,
che altro non è che la pendenza della curva caratteristica del laser,
diminuisce, facendo sì che, pur mantenendo costante il livello di
corrente in ingresso, il corrispondente livello di potenza emessa
diminuisca (vedi Figura 3.3.1).
La dipendenza dalla temperatura della corrente di soglia I t h può
essere approssimata da una relazione del tipo [Ref.5]:
 T − T1 
I t h = K ⋅ exp 

 T0 
(3.6)
Dove:
•
K è una costante
•
T 1 è la temperatura di riferimento
•
T 0 è una costante dipendente dal materiale e dalla struttura
del laser e che solitamente vale 120÷165 °C per i laser
GaAlAs e 50÷70 °C per i laser InP/InGaAsP.
Queste problematiche rendono molto critico l’impiego di tali
componenti in un ambiente soggetto a forti variazioni termiche, e ha
reso necessario lo sviluppo di appositi sistemi di controllo in
retroazione per garantirne la stabilità delle prestazioni.
3.4 Circuito di pilotaggio e controllo di un laser
Il circuito di pilotaggio o driver di un laser, di complessità
variabile in relazione alla particolare applicazione considerata, è un
sistema, comprendente tutta l’elettronica esterna al dispositivo
ottico, preposto ad alimentare, pilotare e proteggere il laser e, molto
spesso,
incaricato
anche
di
stabilizzare,
controllo, la potenza ottica emessa.
tramite
vari
tipi
di
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
Nella
sua
più
semplice
configurazione,
esso
prevede
un
circuito adibito alla polarizzazione diretta della giunzione del
dispositivo e un generatore di corrente costante necessario per
fissarne il punto di lavoro. Questo generatore, dovendo provvedere
all’erogazione della corrente di iniezione in ingresso alla sorgente
ottica, dovrà essere poco rumoroso e presentare un’elevata stabilità,
in modo tale da non deteriorare le caratteristiche di emissione del
laser.
Generalmente per poter realizzare un circuito di controllo per
la stabilità di emissione del dispositivo e per compensare le
variazioni delle caratteristiche elettro-ottiche del laser al variare
della temperatura, viene integrato all’interno dello stesso package,
in corrispondenza della faccia posteriore del laser, anche un
fotodiodo di monitor, utilizzabile per un controllo in retroazione del
dispositivo. Tramite la corrente fornita dal fotodiodo, proporzionale
alla potenza ottica incidente su di esso, e quindi proporzionale alla
potenza trasmessa dal laser, é possibile controllare il livello di
corrente di polarizzazione del laser in modo da farla variare in
direzione opposta rispetto al cambiamento e mantenere pertanto il
sistema in una situazione di stabilità di emissione.
Il circuito di polarizzazione di un laser può essere di 2 tipi,
dipendentemente dal fatto che si decida di farlo lavorare a potenza o
corrente costante:
§
APC (Automatic Power Control): circuito di polarizzazione
basato sull’impiego in retroazione di un fotodiodo che
funge da monitor per la potenza ottica emessa dal laser e
provvede, tramite un apposito circuito, a fornire un segnale
di controllo che serve a mantenere il laser ad un livello di
potenza ottica in uscita costante;
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
§
ACC (Automatic Current Control o Costant Current):
circuito di polarizzazione che opera senza un fotodiodo di
retroazione: il diodo laser é semplicemente pilotato da una
corrente costante. La potenza ottica fluttuerà al variare
della temperatura di funzionamento del dispositivo.
I laser devono sempre essere pilotati da un circuito APC o
ACC e generalmente è impiegato il primo tipo, specialmente se la
temperatura dell’ambiente in cui si deve trovare a lavorare il laser é
soggetta a variazioni.
Un circuito di driver deve anche includere una parte elettronica
che assicura la protezione del laser durante la fase di accensione e
spegnimento (slow start/decay circuit), eliminando o riducendo la
possibilità che si manifestino picchi e sbalzi di corrente o altri
fenomeni transitori tipici di questa fase.
In certi casi, quando si lavora in condizioni operative critiche,
è anche previsto un circuito di allarme, basato sul monitoraggio del
livello di potenza ottica emessa, col compito di segnalare quando
questa
supera
un
livello
ritenuto
pericoloso;
in
tal
caso
il
dispositivo interviene, interrompendo, ad esempio, l’erogazione di
corrente al laser.
Indipendentemente dal tipo di circuito usato la corrente di
polarizzazione non deve mai superare il massimo valore riportato
nel data sheet, in quanto questo darebbe origine ad una potenza
ottica troppo elevata che, eccedendo il limite massimo, anche solo
per
tempi
dell’ordine
del
nanosecondo,
danneggerebbe
irrimediabilmente i rivestimenti delle superfici riflettenti del diodo
laser.
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
3.5 Le fonti di rumore
In un laser a semiconduttore le sorgenti di rumore che possono
deteriorare
in
qualche
modo
il
segnale
sono
molteplici
e
contribuiscono in differenti modi a determinare la rumorosità nel
processo di emissione, a seconda che la sorgente ottica presenti uno
spettro di tipo multimodale o monomodale (vedi Figura 3.5.1).
Figura 3.5.1 Spettro di un: (a) Laser FP; (b) Laser DBR; (c) Laser
DFB
Tipici laser dallo spettro multimodale sono quelli di tipo
Fabry-Perot (FP), dove il fascio laser è generato all’interno di una
cavità strutturalmente molto semplice, in quanto costituita solo di
due specchi, che sostiene solo quei modi che presentano una delle
frequenza di risonanza della struttura.
Le principali cause di rumorosità nei laser multimodali sono
rappresentate dai fenomeni del mode hopping e del mode partition
noise che invece sono assenti o comunque trascurabili in quelli
monomodali.
Si parla di mode hopping quando si verifica un salto spettrale
da un modo longitudinale ad uno successivo a causa di variazioni di
temperatura nello strato attivo. Un aumento della temperatura,
infatti, riduce il gap energetico, favorendo l’eccitazione di un modo
a lunghezza d’onda maggiore. Tale spostamento di lunghezza
d’onda è generalmente accompagnato da un breve transitorio cui è
associata la nascita di un rumore a bassa frequenza.
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
Il mode partition noise si origina per effetto del continuo
scambio di potenza esistente tra i vari modi che un laser di tipo
multimodale può sostenere ed è causa dell’insorgere di un rumore,
per frequenze di gran lunga inferiori al GHz, che va a trasferirsi
nelle vicinanze della portante, una volta applicato il segnale
modulante.
Fanno parte dei laser monomodali, invece, i laser a feedback
distribuito (DFB) e i laser a riflettore di Bragg (DBR), nei quali la
selezione
della
frequenza
di
emissione
è
ottenuta
mediante
corrugazioni apportate nell’area attiva del laser.
In questi dispositivi la causa principale di rumore è legata ad
un processo di conversione interferometrica del rumore di fase in
rumore di intensità, dovuto essenzialmente alla natura quantistica
del fenomeno di emissione stimolata e ad eventuali riflessioni
esterne che penetrano nella cavità.
La potenza emessa da un laser è intrinsecamente soggetta a
fluttuazioni dovute alla natura statistica della generazione dei
fotoni nella regione attiva; queste fluttuazioni, aleatorie nel tempo,
interessano l’ampiezza della radiazione luminosa emessa e sono la
causa della nascita del rumore di intensità relativo, comunemente
indicato con l’acronimo di RIN (Relative Intensity Noise).
Il RIN può essere pensato come l’inverso di una sorta di
rapporto
segnale -rumore
relativo
alla
sorgente
ottica
e
viene
definito dalla relazione:
RIN =
< ∆P 2 >
Po
2
(3.7)
Dove:
•
<∆P 2 > è il valore quadratico medio della flu ttuazione di
intensità (considerato su una banda di 1 Hz) ad una specifica
frequenza
•
P o 2 è il quadrato della potenza ottica media emessa dal laser.
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
Il suo valore, generalmente riportato in dB/Hz, è molto
importante per la determinazione della cifra di rumore di un
collegamento ottico ed è influenzato da una notevole diversità di
fattori, fra i quali la frequenza di lavoro del dispositivo, il livello di
corrente
di
polarizzazione,
la
potenza
ottica
operativa
e
la
temperatura.
Il
RIN
è
strettamente
legato
ad
un
altro
parametro
caratteristico del laser: la frequenza propria di risonanza f R . Essa
dipende da fattori intrinseci del componente, come l’efficienza di
conversione, la corrente di soglia, il tempo di vita medio dei fotoni
all’interno della cavità, ed è il parametro che più influenza la banda
massima di funzionamento del dispositivo.
Il RIN che, per valori molto minori di tale frequenza presenta
valori molto bassi, dell’ordine di -150dB/Hz per i laser di tipo FP e
anche -165dB/Hz per quelli di tipo DFB, assume un andamento
crescente
con
dipendenza
quadratica
dalla
frequenza
sino
a
presentare un picco in corrispondenza della frequenza di risonanza,
che per i DFB ha un valore tipico compreso tra i 2 e i 5GHz, ma che
può arrivare anche ai 10GHz.
Figura 3.5.2 Andamento del RIN
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
In Figura 3.5.2 è riportato l’andamento tipico del RIN in
funzione della frequenza del segnale modulante, di un laser DFB, al
variare della potenza ottica emessa.
Tale
rappresentazione
è
stata
ottenuta
in
funzione
dei
principali parametri intrinseci del laser a partire dalla relazione
[Ref.6]:

RIN RF < δP > 2 4 ⋅ h ⋅ v ⋅ Va ⋅ α m ⋅ vg ⋅ β ⋅ Rsp 2 ⋅ h ⋅ v 
I + I th
= 2
=
+
⋅ ηO ⋅
+ 1 − ηO 
4
2
∆f
PO ⋅ ∆f
ω r ⋅ τ c ⋅ PO
PO
I − I th


(3.8)
dove:
§
h⋅v energia associata ad un fotone
§
P O potenza ottica emessa
§
I corrente che attraversa il laser
§
I t h corrente di soglia del laser
§
V a volume della regione attiva
§
α m perdita per riflessione agli specchi
§
v g velocità di gruppo dei fotoni
§
frazione di fotoni emessi spontaneamente
§
R s p ritmo di emissione spontanea
§
ωr pulsazione di risonanza
§
τ c tempo di vita differenziale dei portatori
§
η O frazione di corrente che entra nella regione attiva per
ω=0
Inoltre, come si può osservare dalla Figura 3.5.2, la dipendenza
della f R dalla potenza ottica emessa dal laser ed in particolare il
fatto che essa si sposti verso frequenze superiori all’aumentare del
livello di corrente sopra la soglia (che equivale ad un aumento della
potenza ottica), fa si che il RIN, a parità di frequenza del segnale
modulante, diminuisca al crescere della corrente in ingresso al
dispositivo.
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
Questo tipo di rumore può venire accentuato dalla presenza di
riflessioni non controllate, come, ad esempio, quelle prodotte da
una
cavità
esterna
entro
cui
è
collocato
il
mezzo
attivo
semiconduttore, o
quelle prodotte dall’estremità di una fibra ottica accoppiata al
laser e dai connettori presenti lungo il percorso ottico. Queste
riflessioni sono molto dannose soprattutto per i dispositivi a singola
frequenza, in quanto producono instabilità nel funzionamento e
incrementano il rumore della sorgente.
Per
isolatori
diminuire
l’effetto
del
ottici,
singolo
o
a
RIN
doppio
si
utilizzano
stadio,
spesso
particolari
integrati
direttamente nel componente, che presentano una return loss tipica
di 30-40dB (e sino a 60dB nel caso di isolamento a doppio stadio) e
si inseriscono, lungo la tratta ottica, dei connettori, come ad
esempio gli APC (Angle Phisical Contact), che forniscono, grazie
ad un taglio di 8 gradi della fibra, una perdita di ritorno superiore ai
65dB.
3.6 La modulazione
La modulazione di una sorgente ottica può avvenire in 2 modi
distinti:
•
MODULAZIONE DIRETTA: la corrente di pilotaggio del
laser è modulata direttamente dal segnale, che imprime quindi
in modo diretto sulla portante ottica l’informazione che si
desidera trasmettere;
•
MODULAZIONE ESTERNA: l’informazione è impressa sulla
portante ottica mediante un dispositivo esterno.
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
Nei
sistemi
ottici
digitali
è
preferibile,
in
genere,
una
modulazione esterna, in quanto permette una maggiore velocità di
trasmissione (maggiore di 2 Gbps) e non introduce chirp, ossia una
modulazione di frequenza spuria; nei sistemi analogici si utilizza
invece prevalentemente una modulazione diretta.
In particolare, nel caso esaminato in questa trattazione, è il
segnale radio astronomico ricevuto che va a modulare direttamente
la corrente di polarizzazione del laser.
L’indice di modulazione rappresenta la profondità con cui
l’informazione è trasferita sulla portante ad elevata frequenza ed è
definita come:
m=
Vm
Vp
(3.9)
dove:
Vm= ampiezza del segnale modulante
Vp= ampiezza del segnale portante
Nel caso di collegamenti in fibra ottica, supponendo di scrivere
la potenza ottica generata come
P(t)=Po+p(t)
(3.10)
essendo Po la componente costante e indipendente dal tempo,
mentre p(t) rappresenta il contributo tempo-dipendente, l’indice di
modulazione si può scrivere come
OMI=
[P(t ) − Po ]max = ∆P
P(t )
Po
dove OMI è l’acronimo di Optical Index Modulation.
L’ OMI può essere ulteriormente espresso dalla relazione
(3.11)
CAPITOLO 3 – Caratteristiche della sorgente ottica
2 S 21
OMI=
2 Pin
Ro
Io,PD
(3.12)
dove
•
P i n è la potenza RF in ingresso
•
R o è l’impedenza d’ingresso, identica a quella di uscita, del
dispositivo
•
I o , P D è la componente stazionaria della foto-corrente del
fotorivelatore
Dalla 3.12 si può quindi concludere che l’OMI è strettamente
dipendente dalla potenza RF in ingresso e dalla potenza ottica
trasmessa,
che
fotorivelatore.
è
legata
alla
Io,PD
dalla
Responsivity
del
CAPITOLO 4
PROBLEMI DI STABILITA’ DI GUADAGNO IN
LINK OTTICI ANALOGICI
4.1 Il link di discesa d’antenna
Come già descritto nel Capitolo 2, i collegamenti di discesa d’antenna
in coassiale verranno sostituiti da link in fibra ottica, con tutti i vantaggi
elencati nel Capitolo 3. Per poter sfruttare al meglio le possibilità offerte
da questa nuova tipologia di sistema è stato necessario adattare la catena
progettata per il coassiale, anche se in questo lavoro di tesi verrà tralasciata
la descrizione di quest’ ultima parte.
In figura 4.1.1 è mostrato uno schema a blocchi dell’intera catena,
dalla linea focale fino alla sala di elaborazione dati in cui è collocato il
ricevitore ottico.
Fig 4.1.1 Schema a blocchi della catena di discesa d’antenna
51
CAPITOLO 4- Problemi di stabilità di guadagno in link ottici analogici
I primi 5 blocchi, delimitati dalla linea rossa, realizzano il Front End,
e sono costituiti rispettivamente da:
PRIMO STADIO AMPLIFICATORE: caratterizzato da una cifra di
rumore di 0,38 dB e da un guadagno RF di 22,6 dB;
FILTRO PASSA BANDA: caratterizzato da una frequenza di centro
banda di 408 MHz, da una cifra di rumore di 1,44 dB, pari anche
all’attenuazione che introduce;
SECONDO STADIO AMPLIFICATORE: è molto simile al primo
stadio, ma presenta una cifra di rumore leggermente superiore e pari a 1,13
dB e un guadagno RF di 19 dB;
FILTRO PASSA BANDA: è analogo al blocco 2), ma presenta una
attenuazione di 1 dB e una conseguente cifra di rumore di 1 dB;
TERZO
STADIO
AMPLIFICATORE:
è
caratterizzato
da
un
amplificatore diverso dai due stadi precedenti e presenta una cifra di
rumore di 3,7 dB e un guadagno di 21 dB.
A valle del Front End si incontra il link ottico costituito da:
•
un
trasmettitore,
che
integra
un
laser
DFB,
modulato
direttamente dal segnale radio astronomico,e un fotodiodo di
monitor
necessario
per
la
realizzazione
del
loop
in
retroazione per il controllo della potenza di emissione del
laser
•
la fibra ottica, di tipo monomodale
•
il ricevitore ottico
L’elevata cifra di rumore del link ottic o, che raggiunge il valore di 38
dB non influisce in modo determinante sulla cifra di rumore totale,
52
CAPITOLO 4- Problemi di stabilità di guadagno in link ottici analogici
che è di 0,42 dB, in quanto la sua influenza è resa trascurabile dal
guadagno degli stadi precedenti, come mostra la relazione 4.1 [Ref. 7]:
NFtot = NF 1 +
(NF 2 − 1) + (NF 3 − 1) + (NF 4 − 1)
G1 ⋅ G 2
G1
G1 ⋅ G 2 ⋅ G 3
⋅⋅⋅⋅⋅
(4.1)
Siccome all’interno del link ottico non sono implementati stadi
amplificatori, il suo guadagno RF è negativo e vale cir ca -28 dB; questo
valore così basso è dovuto al fatto che il guadagno dipende da:
•
Responsivity del fotorivelatore R PD
•
Efficienza di conversione elettro-ottica ?
•
Attenuazione lungo la fibra ottica A
•
secondo la relazione
TX
S 2 1 (dB)= − 6 + 20 log( Rpdηtx ) − 2 A
Siccome
il
segnale
radio
astronomico
che
(4.2)
giunge
all’antenna
è
assimilabile a rumore gaussiano bianco, la potenza rilevata dall’antenna è
pari a
P = kTB
(4.3)
e considerando
•
T= 90 K,
•
k= cost. di Boltzman= 1.380 6505(24)×10 - 2 3 J/K
•
B=16 MHz ,
si ottiene una potenza di circa -107 dBm.
53
CAPITOLO 4- Problemi di stabilità di guadagno in link ottici analogici
4.2 Il guadagno RF del link e il suo legame con la temperatura
Come previsto dalla fase BEST-1, nel settembre del 2004 sono stati
installati i collegamenti di discesa d’antenna con 4 ricevitori in un singolo
cilindro del ramo N-S, passando dal coassiale alla fibra ottica (vedi
Fig.4.2.1).
Fig. 4.2.1 Scatola del BEST-1 posta sulla linea focale
Da quel momento in poi sono stati effettuati lunghi puntamenti sul
transito di Cassiopea-A, radio sorgente così potente da poter essere rilevata
anche da un singolo ricevitore.
Nel giugno del 2005, in una delle 4 scatole è stato nuovamente
ripristinato il collegamento in coassiale, costituito da un Front End bistadio con bias-tee integrato. Questa operazione è stata fatta per poter
effettuare un confronto tra le prestazioni fornite dalla discesa in coassiale e
da quella ottica.
Nelle figure a seguire sono riportati diversi tracciati corrispondenti ad
osservazioni di radio sorgenti; in ascissa è posta la variabile temporale
espressa in ore di osservazione.
54
CAPITOLO 4- Problemi di stabilità di guadagno in link ottici analogici
Fig. 4.2.2 Tracciato di un’osservazione di Cassiopea
(2)
(1)
Fig. 4.2.3 Tracciato di un’osservazione di due radiosorgenti, Sole (1)
e Cassiopea (2)
55
CAPITOLO 4- Problemi di stabilità di guadagno in link ottici analogici
Come si può ben vedere la traccia corrispondente alla discesa in fibra
ottica
presenta
nelle
due
figure
un
ripple
in
alcuni
momenti
dell’
osservazione.
Questa oscillazione anomala crea non pochi problemi nel momento in
cui si rivela necessario distinguere una radio sorgente, non così potente
come Cassiopea, dal rumore di fondo cosmico.
In realtà, infatti, i segnali provenienti dallo spazio sono così deboli da
confondersi con il rumore di fondo, che può essere considerato di tipo
gaussiano bianco; pertanto solo nella fase finale di rivelazione del segnale,
un complesso apparato di ricezione, grazie a processi di integrazione e
mediazione, può far emergere da questo rumore le componenti spettrali
necessarie per lo studio della radio sorgente.
Se però, già sulla linea focale, intervengono processi che possono
distorcere e deteriorare il segnale radio astronomico, la sua rivelazione, che
avviene nella sala di elaborazione per mezzo delle tecniche sopra citate,
potrebbe non risultare corretta, portando così alla totale perdita di
informazione utile e all’annullamento dell’osservazione.
Per verificare se il problema fosse legato a qualche fenomeno radio
astronomico o se invece dipendesse in qualche modo dai dispositivi
utilizzati
nella
catena
di
ricezione,
sono
state
effettuate
diverse
osservazioni, in differenti giorni, chiudendo il ricevitore su un carico a 50
Ohm.
Per
completezza
di
informazione
è
stata
monitorata
anche
la
temperatura interna delle scatole in cui è posta l’elettronica del sistema in
fibra ottica e di quello in coassiale.
Le figure di seguito riportate mostrano i risultati ottenuti:
56
57
temperatura
Fig. 4.2.4 Traccia rilevata con il carico a 50 ohm e andamento della
58
temperatura
Fig. 4.2.5
Altra traccia rilevata con il carico a 50 ohm e andamento della
59
settima
Fig. 4.2.6 Andamento del guadagno delle 2 catene e della temperatura nell’intera
CAPITOLO 4- Problemi di stabilità di guadagno in link ottici analogici
Le immagini ottenute mostrano come anche in presenza di un carico a
50 ohm il collegamento in fibra ottica presenti un guadagno instabile;
pertanto la prima conclusione che si è potuta trarre è che questo
comportamento è strettamente legato alle caratteristiche intrinseche dei
componenti che costituiscono il link di discesa d’antenna in fibra ottica.
Inoltre le tracce sopra riportate mostrano un stretta relazione tra
temperatura
e
oscillazioni
anomale;
in
particolare
queste,
che
caratterizzano solo il collegamento in fibra ottica, si presentano in
corrispondenza
di
variazioni,
anche
moderatamente
piccole,
della
temperatura.
Anche il collegamento in coassiale presenta variazioni del guadagno,
ma queste, che sono molto più lente, sono associate all’escursione giorno notte,
e,
infatti,
mostrano
un
andamento
periodico
giornaliero.
Lo
sfasamento che si riscontra tra i valori massimi di temperatura e i
corrispondenti valori minimi di guadagno è dovuto al fatto che i cavi
coassiali
sono
interrati
e,
pertanto,
risentono
con
un
certo
ritardo
dell’innalzamento, o dell’abbassamento, della temperatura.
In
secondo
luogo
è
stata
valutata,
in
prima
approssimazione,
l’ampiezza dell’oscillazione presentata dal link ottico; attraverso l’utilizzo
di una camera climatica è stato riprodotto in laboratorio un transitorio di
temperatura a cui sono stati sottoposti uno dei trasmettitori ottici,
etichettato come TEK_P, per indicare che è caratterizzato da un loop per il
controllo della potenza emessa, e il Front End tri-stadio [Ref.2].
60
CAPITOLO 4- Problemi di stabilità di guadagno in link ottici analogici
± 0,02 dB
Fig. 4.2.7 Valutazione dell’ampiezza dell’oscillazione
Dalla
traccia
ottenuta
si
è
riusciti
a
ricavare,
in
prima
approssimazione, l’ampiezza dell’oscillazione, che è pari circa a 0,02 dB.
Come già detto nei paragrafi precedenti, questa oscillazione, pur
essendo
così
ridotta,
ha
effetti
deleteri
ai
fini
dell’estrazione
dell’informazione utile; essa infatti è totalmente percepita dal sistema di
rivelazione e proiettata nella traccia corrispondente all’osservazione radio
astronomica.
Inoltre, facendo riferimento alla relazione 1.3.5 del Cap.1, la presenza
di
oscillazioni
nel
guadagno
può
provocare
un
peggioramento
della
sensibilità dello strumento.
61
CAPITOLO 4- Problemi di stabilità di guadagno in link ottici analogici
Da qui nasce l’importanza di caratterizzare queste oscillazioni e di
individuare
quale
tra
i
componenti
della
catena
in
fibra
ottica
sia
responsabile della loro generazione, e proprio in questo contesto si
inserisce questo lavoro di tesi.
62
CAPITOLO 5
CAMPAGNA DI MISURE
5.1 Descrizione del banco di misura
Tutte le misure descritte in questa tesi sono state svolte
all’interno del laboratorio del radio telescopio di Medicina, che
dispone di:
•
Un analizzatore vettoriale di reti HP8751A (VNA, Vectorial
Network Analyzer), in grado di lavorare su una banda
compresa tra 5Hz e 500 MHz;
•
Un array di ricevitori ottici passivi
•
Un alimentatore da banco
•
Un dispositivo adibito al campionamento della temperatura,
che prende il nome di DataLogger (HP 3470A)
•
Il software LabView per il controllo del campionamento
effettuato dal DataLogger e dal VNA
•
Una camera termo -controllata
•
5 trasmettitori ottici
•
2 Front End
Fig .5.1.1 Fotografie del banco di misura
63
Capitolo 5- Campagna di misure
Per me zzo di tutte le attrezzature qui sopra elencate è stato
possibile caratterizzare il comportamento di 5 trasmettitori ottici
differenti
(vedi
Tab.1),
tre
dei
quali
forniti
dalla
Andrew
Corporation [Ref.9] con lo scopo di testarne il buon funzionamento
(nella seguente tabella questi trasmettitori verranno contrassegnati
con *).
I rimanenti sono proprietà del radio telescopio: uno è stato
acquistato
dalla
Andrew
(ex
Tekmar),
mentre
l’altro
è
stato
interamente progettato e costruito all’interno del radio telescopio
nell’ambito di un lavoro di tesi [Ref. 1].
SN2904101 (*)
TEK #1 o TEK_P
Pop emessa= 4,677mW
Trasmettitore ottico con
retroazione per il controllo
della potenza ottica
emessa
SN 29040104 (*)
TEK # 4 o
TEK_I
Trasmettitore
in
stato
il
aperto
Pop emessa=
retroazione
4,898mW
polarizzare
cui
è
loop
di
per
il
poter
laser
con
corrente costante
TERMOSTABILIZZATO
TEK_TERMO
Popemessa=4,898mW
PN
TFTY
M2/ 44
1310/
TEKOLD
(Acquistato da Andrew)
Pop emessa= 2,698mW
Trasmettitore in cui è stato
predisposto
il
controllo
della temperatura del laser
Trasmettitore con
retroazione per il controllo
della potenza emessa
(versione precedente di
TEK #1)
IRA(home -made)
-----------
Pop emessa=4,898mW
Trasmettitore con loop per
il controllo della potenza
emessa
Tab. 5.1.1 Riepilogo dei trasmettitori testati
64
Capitolo 5- Campagna di misure
Tutte le misure che verranno di seguito descritte in dettaglio
non sono in realtà vere e proprie misure di guadagno, in quanto, per
mezzo del vettoriale, non sono stati misurati i parametri S; in realtà,
infatti, è stato misurato il valore di Insertion Loss introdotto dal
link ottico.
Nella pratica questo fatto si traduce nella misura di un valore,
identificato dal vettoriale come A
R
(o B , nel caso in cui si stia
R
considerando il secondo dei due canali dello strumento), che
corrisponde al rapporto tra la potenza ricevuta in ingresso al
ricevitore e la potenza RF generata, per entrambi i canali, dal VNA.
Specificato questo, però, per semplicità di trattazione, si parlerà
sempre di guadagno in luogo di insertion loss.
Per effettuare tutte le misure l’analizzatore è stato posto in
modalità Continuos Wave, e pertanto ha sempre lavorato ad
un’unica frequenza, pari a 408 MHz (frequenza di centro banda
della Croce).
Data
la
finezza
della
misura
(si
ricordi
che
si
stanno
osservando oscillazioni dell’ordine di 0,02 dB) si è cercato di
ridurre al minimo la banda di osservazione (IF Bandwidth, IFBW) ,
in modo tale da introdurre il minor quantitativo di rumore possibile;
d’altra parte però per migliorare la sensibilità del banco (vedi
Appendice 1) si è reso necessario aumentare l’IFBW, che alla fine è
stato impostato a 20 Hz. Quindi, sostanzialmente, è stato scelto il
valore di miglior compromesso.
5.2 Ottimizzazione della sensibilità del banco
Nel momento in cui sono stati scelti i giusti valori dei
parametri da impostare sul vettoriale, come, ad esempio, la potenza
65
Capitolo 5- Campagna di misure
RF da generare, si è cercato di riprodurre in laboratorio le stesse
condizioni presenti in antenna.
Ciò significa che sarebbe stato necessario portare, a monte
della catena Front End tri-stadio + Link ottico, una potenza RF di
circa -110 dBm; questo fatto ha sollevato però un problema
importante: la potenza generata dal VNA rappresenta il valore posto
al denominatore della relazione
A
R
, per cui, all’aumentare, in
modulo, di R questo rapporto diviene sempre più piccolo; questo
provoca un aumento notevole della rumorosità nella misura del
guadagno, fino ad arrivare addirittura a renderla illeggibile, perché
sovrastata dal rumore del banco stesso.
Da qui è nata l’esigenza di lasciare abbastanza alti i livelli di
potenza
generati
dal
VNA
(intorno
circa
ai
-5,
-10
dBm),
introducendo però un ulteriore problema: per abbassare fino a -110
dBm il livello di potenza RF in ingresso alla catena di ricezione
sarebbe stato necessario introdurre,immediatamente a valle del
vettoriale, un’attenuazione troppo elevata che avrebbe peggiorat o
drasticamente le figure di merito della catena.
D’altra parte però era stato precedentemente verificato che il
Front End presentava una traccia del guadagno assolutamente
stabile, pertanto poteva essere escluso dalla rosa dei possibili
imputati della generazione dell’oscillazione.
Per tutti questi motivi si è scelto di escludere il Front End tristadio dalle misure, che sono state fatte considerando come DUT
solamente i trasmettitori ottici da caratterizzare.
Nei
paragrafi
seguenti
verranno
descritte
le misure fatte
durante i transitori di temperatura, trattando contemporaneamente i
quattro trasmettitori non termo -stabilizzati, mentre le misure svolte
con l’unico trasmettitore dotato di controllo della temperatura
verranno trattate in un paragrafo a parte.
66
Capitolo 5- Campagna di misure
5.3
Misure dell’instabilità del guadagno durante transitori di
temperatura e caratterizzazione dell’oscillazione
Tutti i trasmettitori ottici sono stati sottoposti a transitori di
temperatura in salita, da -20°C a temperatura ambiente, e in discesa,
da 50°C a temperatura ambiente.
La camera termo -controllata, grazie alla quale sono state
effettuate le prove, dispone di tre interruttori: HEAT (caldo), COLD
(freddo),
CIRCULATION
(ventola
per
il
circolo
d’aria);
quest’ult imo rappresenta anche l’interruttore per l’accensione della
camera climatica.
In ogni prova effettuata, dopo aver raggiunto la temperatura
desiderata, veniva spento l’interruttore HEAT o COLD e soltanto
dopo qualche minuto anche l’interruttore CIRCULATION, in modo
tale da avere una certa omogeneità di temperatura all’interno della
camera.
Come
specificato
nel
paragrafo
precedente,
non
è
stato
possibile riprodurre in laboratorio le stesse condizioni presenti in
antenna, ma si è comunque cercato di mantenere in ingresso ai
trasmettitori ottici lo stesso livello di potenza che avrebbero avuto
in ingresso se posti sulla linea focale, a valle del Front End.
Facendo riferimento alla Fig. 4.1.1 del capitolo 4, in ingresso
ai trasmettitori ottici è presente una potenza pari circa a -50 dBm; a
conseguenza di questo e con tutti gli accorgimenti del caso per
arginare i problemi descritti nel paragrafo precedente, il banco di
misura è stato così strutturato:
67
Capitolo 5- Campagna di misure
0 dBm
VNA
R
-10 dB
÷3
50 OHM
50 OHM
ATTENUAT
ORE
ATTENUAT
ORE
TX OTTICO
TX OTTICO
RX VNA
CH_A
A
RX VNA
CH-B
40 dB
~ - 30 dBm
B
Fig. 5.2.1 Struttura a blocchi del banco
Come si può vedere dalla figura, in uscita dal VNA è stata
impostata una potenza RF di 0 dBm (parametro CENTER), scelta
abbastanza elevata in modo tale da non deteriorare il rapporto A ;
R
siccome la catena dello splitter ÷ 3 e degli isolatori ha un insertion
loss di -10 dB, per abbassare il segnale fino a -50 dBm è stato
necessario introdurre un’attenuazione di -40 dB.
In ingresso ai ricevitori del VNA pertanto arriva una potenza
pari a -80 dBm; questo valore però risulta inferiore a -60 dBm, che
rappresenta il valore stimato di sensibilità del ricevitore VNA, al di
sotto del quale il vettoriale non è più in grado di discernere quale
sia il segnale e quale il rumore (vedi Appendice 1). Per questo
motivo per poter ottenere una
68
Capitolo 5- Campagna di misure
misura “leggibile” è stato necessario introdurre un’operazione di
media su più punti, così da abbattere la rumorosità eccessiva.
Il parametro del VNA che indica la quantità di medie che si
stanno compiendo è l’AVERAGING, che può essere impostato ad un
qualsiasi valore intero; nel nostro caso è stato scelto un averaging
pari a 64, ossia il vettoriale effettua 64 medie tra i punti campionati
durante lo SWEEP TIME, ossia il tempo necessario a campionare il
numero di punti desiderato, prima di fornire un dato aggiornato.
L’introduzione di medie ha però rallentato la misura, in quanto
il tempo necessario per avere un dato utile non è più lo sweep time,
bensì lo sweep time moltiplicato per il numero di averaging.
Per questo motivo è stato impostato a 2 (valore minimo) il
numero di punti che il VNA avrebbe dovuto campionare, ottenendo
così uno sweep time di 105,8 ms e, moltiplicando questo valore per
64 (numero di averaging), si raggiunge un tempo di attesa per il
dato utile di 6,77 sec.
Questo valore ha posto un limite inferiore al tempo di
campionamento impostato in LabView, che va a prelevare il dato
utile dal vettoriale e dal DataLogger e lo memorizza in un file txt;
per non incorrere in problemi di ritardo di Labview rispetto al Data
Logger e al VNA, è stato impostato un tempo di campionamento del
dato utile pari a 10 sec.
Pertanto, riepilogando tutti i parametri impostati:
Ø CENTER : 0 dBm
Ø SPAN: 0%
Ø ATTENUATION: 40 dB
Ø IF BW: 20 Hz
Ø AVG: 64
Ø NUMBER OF POINTS: 2
Ø SWEEP TIME: 105,8 ms
69
Ø Tcamp, LabView: 10 s
Capitolo 5- Campagna di misure
Nelle pagine seguenti sono mostrati i grafici delle misure
svolte imponendo i transitori di temperatura:
70
71
(Asse destro-temperatura, asse sinistro-guadagno)
temperatura in discesa
Fig. 5.2.2 Andamento del guadagno per TEK_P durante un transitorio di
72
(Asse destro-temperatura, asse sinistro-guadagno)
temperatura in salita
Fig. 5.2.3 Andamento del guadagno per TEK_P durante un transi torio di
73
(Asse destro-temperatura, asse sinistro-guadagno)
temperatura in salita
Fig. 5.2.4 Andamento del guadagno per IRA durante un transitorio di
Fig. 5.2.5 Andamento del guadagno per IRA durante un
transitorio di temperatura in discesa
74
(Asse destro-temperatura, asse sinistro-guadagno)
temperatura in discesa
Fig. 5.2.5 Andamento del guadagno per IRA durante un transitorio di
75
(Asse destro-temperatura, asse sinistro-guadagno)
temperatura in discesa
Fig. 5.2.6 Andamento del guadagno per TEK_I durante un transitorio di
76
(Asse destro-temperatura, asse sinistro-guadagno)
temperatura in salita
Fig. 5.2.7 Andamento del guadagno per TEK_I durante un transitorio di
77
(Asse destro-temperatura, asse sinistro-guadagno)
temperatura in salita
Fig. 5.2.7 Andamento del guadagno per TEK_OLD durante un transitorio di
78
(Asse destro-temperatura, asse sinistro-guadagno)
transitorio di temperatura in discesa
Fig. 5.2.9 Andamento del guadagno per TEK_OLD durante un
Capitolo 5- Campagna di misure
Nelle curve mostrate le oscillazioni e le altre irregolarità
evidenziate dai cerchi in arancio non derivano da un comportamento
anomalo del trasmettitore, bensì da disomogeneità della temperatura
all’interno
della
camera
termo -controllata;
all’atto
dello
spegnimento della ventola infatti viene a mancare il circolo d’aria.
Pertanto, mentre il sensore per la temperatura rivela un certo dato
(con una sensibilità di 0,1 °C), in realtà a ridosso del case dei
trasmettitori la temperatura è differente e subisce piccole variazioni
a causa del calore dissipato dagli stessi dispositivi. Quindi, fintanto
che la temperatura all’interno della camera non è tornata omogenea,
per via del lento ritorno a condizione ambie nte, il trasmettitore può
subire piccole variazioni nel guadagno.
Quello che è interessante osservare è che i trasmettitori non
mostrano il medesimo comportamento quando sono sottoposti a
medesime variazioni di temperatura; TEK_P e TEK_I mostrano
oscillazioni più marcate, mentre nelle tracce dei guadagni di
TEK_OLD e IRA queste sono quasi impercettibili.
Primo passo verso la caratterizzazione di questo ripple è stata
la misura della sua ampiezza e del suo periodo.
La variazione del guadagno fisiologica di ogni dispositivo
elettronico che compare in seguito a variazioni di temperatura,
presenta una relazione pressochè lineare con questa; in realtà, il
guadagno non varia sempre allo stesso modo, bensi secondo un
coefficiente
che
temperatura
si
va
via
alza;
via
se
aumentando
però
man
mano
consideriamo
che
la
intervalli
sufficientemente ridotti di temperatura, ad esempio di circa 5-10
gradi, la non linearità diventa praticamente trascurabile. Pertanto la
curva
che
descrive
l’andamento
della
temperatura
dovrebbe
mostrare un andamento pressoché uguale a quello che dovrebbe
avere la curva del guadagno senza il fenomeno oscillatorio.
Fatte queste ipotesi, l’ampiezza delle oscillazioni è stata
quindi misurata valutando lo scarto tra la curva che approssima la
79
Capitolo 5- Campagna di misure
temperatura, che si è visto essere una polinomiale del secondo o del
terzo ordine a seconda dei casi, e la reale curva del guadagno ( vedi
~0,01 dB
Fig.5.2.10 Ampiezza dell’oscillazione nel guadagno di TEK_I
~0,005
Fig.5.2.11 Ampiezza dell’oscillazione nel guadagno di TEK_OLD
80
Capitolo 5- Campagna di misure
~0,02/0,03 dB
Fig.5.2.12
Ampiezza dell’oscillazione nel guadagno di TEK_P
~0,005
Fig.5.2.13
Ampiezza dell’oscillazione nel guadagno di IRA
81
Capitolo 5- Campagna di misure
TRASMETTITORE
AMPIEZZA
TEK_P
~0,02/0,03 dB
TEK_I
~0,01 dB
TEK_OLD
~0,005 dB
IRA
~0,005 dB
Tab. 5.3.1 Tabella riassuntiva delle ampiezze delle oscillazioni
Come si può osservare dalle immagini i due trasmettitori che
presentano le oscillazioni più critiche sono TEK_P
e TEK_I,
mentre TEK_OLD e IRA mostrano oscillazioni veramente ridotte.
L’ampiezza delle oscillazioni rimane più o meno la stessa
durante tutto il transitorio; ciò che invece sembra avere una stretta
dipendenza dall’andamento della temperatura è il periodo di questa
oscillazione.
Per misurare questo periodo è stata valutata la distanza tra due
minimi
in
termini
di
numero
di
punti;
sapendo
che
il
campionamento era stato eseguito ogni 10 secondi, l’intervallo di
tempo che intercorre tra i due minimi, pari al numero di punti
moltiplicato per 10s, corrisponde al periodo dell’oscillazione.
Questa operazione è stata fatta per vari
intervalli di punti
della traccia, così da verificare l’andamento del periodo al variare
del gradiente di temperatura.
Dallo
studio
delle
tracce
è
emerso
che
il
periodo
dell’oscillazione è inversamente proporzionale al gradiente della
temperatura,
ossia
temperatura
cambia,
all’aumentare
diminuisce
della
il
velocità
periodo
con
cui
la
dell’oscillazione;
in
particolare questo periodo è lungo circa 14 minuti durante la
discesa (o la salita) che riporta la temperatura alla condizione
ambiente e va via via allungandosi man mano che questa si
stabilizza. Purtroppo non è stato possibile misurare il periodo
minimo, in quanto nel momento in cui il gradie nte della temperatura
82
Capitolo 5- Campagna di misure
era più marcato, la pendenza della curva era troppo elevata e
impediva di identificare con un giusta precisione i punti di minimo
dell’oscillazione.
Non si è neppure riusciti ad identificare un periodo massimo,
in quanto dalle misure fatte pare che l’oscillazione non si esaurisca
al termine del transitorio, ma che permanga sempre, anche a
temperatura costante, anche se con un periodo molto lungo (si parla
di ordini di grandezza di qualche ora).
Queste considerazioni possono essere ritenute valide per tutti i
trasmettitori considerati, in quanto le tracce ottenute mostrano per
ognuno di questi il medesimo comportamento.
5.4 Verifica del legame tra OMI e oscillazione
Come si può vedere dalla relazione 3.12 del Capitolo 3, gli
unici due parametri, da cui dipende l’OMI, su cui è possibile
intervenire in laboratorio sono:
•
la potenza RF in ingresso al trasmettitore ottico
•
la corrente generata dal fotorivelatore, dal momento che essa
è proporzionale alla potenza ottica emessa dal trasmettitore,
la
quale
a
sua
volta
è
proporzionale
alla
corrente
di
polarizzazione del laser.
Pertanto,
per
verificare
una
eventuale
dipendenza
delle
oscillazioni osservate dall’OMI sono state fatte differenti prove in
cui
sono stati modificati i livelli di potenza RF in ingresso ai
trasmettitori e altre in cui è stata anche modificata la corrente di
polarizzazione del laser.
E’ stato possibile effettuare queste ultime prove, però, soltanto
sul trasmettitore IRA, essendo l’unico dotato di un trimmer che
permetteva di regolare la corrente di polarizzazione del dipositivo
83
Capitolo 5- Campagna di misure
5.4.1 Modifica del livello di potenza RF in ingresso ai link
ottici
Dalla relazione 3.12 si può vedere che l’OMI aumenta con la
radice quadrata della potenza RF in ingresso al link ottico; pertanto
si è deciso di effettuare una prova in cui il livello di potenza RF è
stato posto ad un valore abbastanza elevato,che corrisponde a -10
dBm,
ma
che
garantisce
che
i
trasmettitori
non
ent rino
in
saturazione.
Per
raggiungere
questo
livello
di
potenza
sono
stati
semplicemente eliminati i due attenuatori da 40 dB; dopodichè sono
stati fatti diversi transitori, procedendo esattamente come era stato
fatto nelle prove precedenti.
I grafici riportati mostrano i risultati ottenuti:
84
85
(Asse destro-temperatura, asse sinistro-guadagno)
Fig. 5.4.1 Andamento del guadagno di TEK_OLD con P R F =-10 dBm
86
(Asse destro-temperatura, asse sinistro-guadagno)
Fig. 5.4.2 Andamento del guadagno di TEK_I con P R F =-10 dBm
87
(Asse destro-temperatura, asse sinistro-guadagno)
Fig. 5.4.3 Andamento del guadagno di IRA con P R F =-10 dBm
88
(Asse destro-temperatura, asse sinistro-guadagno)
Fig. 5.4.4 Andamento del guadagno di TEK_P con P R F =-10 dBm
Capitolo 5- Campagna di misure
Dalle misure effettuate è emerso che l’oscillazione, nonostante
l’aumento di 40 dB della potenza RF in ingresso, ha mantenuto, per
ogni trasmettitore, le stesse caratteristiche delle prove precedenti,
sia per quanto riguarda l’ampiezza che il periodo dell’oscillazioni.
Pertanto si può dedurre che il fenomeno del ripple innescato
dai transitori di temperatura non dipenda dal livello di potenza RF
in ingresso ai trasmettitori ottici.
5.4.2 Innalzamento del livello di potenza RF in ingresso al
trasmettitore
ottico
IRA
e
modifica
della
corrente
di
polarizzazione
In questa prova si è cercato di massimizzare l’OMI andando ad
agire sia sulla potenza RF sia sulla corrente di polarizzazione.
La misura è stata pertanto eseguita imponendo in ingresso al
trasmettitore ottico IRA una potenza di -10 dBm (eliminando i 40
dB di attenuazione) e regolando il trimmer del trasmettitore IRA in
modo tale che questo fosse polarizzato con una corrente appena
sopra alla soglia.
Siccome
la
corrente
di
soglia
del
laser
integrato
nel
trasmettitore IRA è pari a 8,3 mA, il punto di lavoro è stato fissato
a 11 mA, ossia a 2,7 mA sopra la soglia. A questo valore di corrente
di polarizzazione corrisponde una potenza ottica trasmessa pari a
0,398 mW ottici.
I risultati ottenuti sono mostrati nelle Fig. 5.4.5 e Fig.5.4.6
89
90
(Asse destro-temperatura, asse sinistro-guadagno)
Fig. 5.4.5 Andamento del guadagno di IRA con P R F =-10 dBm e Ip=11mA
91
rossa) e con OMI standard (traccia blu)
Fig. 5.4.6 Zoom sulla traccia IRA con massimizzazione dell’OMI (traccia
Capitolo 5- Campagna di misure
In seguito è stata fatta un’ulteriore prova riducendo al minimo
l’OMI, ossia riportando la potenza RF in ingresso ai trasmettitori a
-50 dBm e regolando al massimo la corrente di pola rizzazione, che
raggiunge così il valore di 34 mA.
Le traccia ottenuta è riportata nella Fig. 5.4.7
92
93
ig. 5.4.7 Prova con minimizzazione dell’OMI
F
Capitolo 5- Campagna di misure
Dall’analisi degli andamenti del guadagno nelle varie prove si
può vedere che aumentando l’OMI le cose migliorano leggermente
rispetto al caso opposto, ossia l’oscillazione appare come quasi
impercettibile. D’altra parte però non è possibile, con gli strumenti
utilizzati
finora
quantificare
di
quanto
sia
stata
ridotta
l’oscillazione nel caso di OMI massimo rispetto al caso di OMI
minimo.
Per
verificare
quanto
effettivamente
l’OMI
influenzi
l’andamento del ripple, sarebbe opportuno effettuare prove come
quelle descritte in questo paragrafo anche sui trasmettitori TEK_P e
TEK_I, che generano oscillazioni molto più marcate rispetto a
quelle presenti nella traccia del trasmettitore IRA. Purtroppo però,
come già detto, questi due trasmettitori non sono di proprietà del
radio telescopio; pertanto non è stato possibile effettuare su questi
alcuna modifica.
5.5 Prove con il trasmettitore termostabilizzato
Si è deciso di dedicare un paragrafo a parte per quanto riguarda
le
prove
effettuate
con
il
TEK_TERMO
in
quanto
questo
trasmettitore presenta caratteristiche differenti rispetto ai quattro
descritti precedentemente.
TEK-TERMO, infatti, è dotato di un dispositivo di controllo
della temperatura, anche se, essendo anche questo non di proprietà
del radio telescopio, non è stato possibile verificare come esso
funzioni esattamente.
Anche il TEK_TERMO è stato sottoposto a transitori di
temperatura in salita e in discesa sempre utilizzando lo stesso banco
di Fig. 5.2.1; i risultati ottenuti sono mostrati nelle seguenti figure:
94
95
ig. 5.5.1 Transitorio in discesa su TEK_TERMO
F
96
Fig. 5.5.2 Transitorio in discesa su TEK_TERMO
Capitolo 5- Campagna di misure
Come era logico aspettarsi, l’andamento del guadagno del
TEK_TERMO
è
completamente
diverso
da
quello
degli
altri
trasmettitori non termostabilizzati; la differenza è evidenziata nei
grafici dal fatto che, contrariament e a quanto accade per gli altri
dispositivi, il guadagno del TEK_TERMO non ha un andamento
opposto alla temperatura, bensì tende a crescere all’inizio del
transitorio di qualche decimo di dB, per poi stabilizzarsi, a meno di
piccole oscillazioni, attorno ad un valore, che è comunque più
elevato rispetto a quello di partenza.
Fig. 5.6.3 Zoom sul transitorio in salita
Caratteristica interessante da osservare sono proprio queste
piccole oscillazioni, che mostrano un’ampiezza di circa 0,01 dB e
un periodo che va via via aumentando sul finire del transitorio,
dove è stato stimato essere di circa 15 minuti; non è stato possibile
invece dare una stima del periodo durante il transitorio stesso in
quanto l’oscillazione era troppo rapida e non si sono potuti
individuare i punti di minimo grazie ai quali valutare la durata
dell’oscillazione.
Nonostante
il
TEK_TERMO
possegga
un
circuito
per
controllo della temperatura, il suo andamento non si presenta
il
così
regolare come ci si aspetterebbe; per questo sarebbe bene studiare
più in dettaglio le irregolarità del guadagno di questo dispositivo,
97
Capitolo 5- Campagna di misure
come ad esempio le oscillazioni sopra citate, avendo però tutte le
conoscenze necessarie sul dispositivo, in modo tale da poter dare
con
sicurezza
delle
motivazioni
valide
che
ne
spieghino
le
anomalie.
5.6 Problematiche riscontrate durante le misure
A causa della rigorosità con cui è stato necessario effettuare le
misure,
necessaria
per
poter
vedere
con
chiarezza
queste
oscillazioni così piccole, non sono stati pochi i problemi incontrati
durante tutta la campagna di test.
Qualunque piccola anomalia o inaccuratezza nel banco di
misura poteva generare comportamenti che andavano a “falsare”
quello che realmente si desiderava osservare.
All’inizio della campagna di misure, infatti, era stato osservato
che uno dei trasmettitori presentava oscillazioni dell’ordine di 0,02
dB picco-picco anche a temperatura costante.
~ 0,02
dB dB
Fig. 5.7.1 Oscillazioni anomale nella traccia del guadagno IRA
98
Capitolo 5- Campagna di misure
In realtà, però, si è scoperto che queste oscillazioni erano in
realtà generate dalla bretella di fibra ottica difettosa utilizzata come
estensione del pigtail del laser del trasmettitore durante le misure.
Inoltre, come si può ben vedere dalla figura 5.7.1, la traccia
del guadagno del trasmettitore TEK_P appare molto rumorosa;
durante la campagna di misure si è scoperto che questa rumorosità
dipendeva dalla calibrazione non rigorosa del VNA.
La Fig. 5.7.2 mostra le due tracce del guadagno di IRA e
TEK_P una volta sostituita la bretella difettosa e dopo aver
calibrato con accuratezza il vettoriale:
Fig. 5.7.2 Misura corretta dei guadagni di TEK_P e IRA
Questi
svolta,
due
mostrano
inconvenienti,
quanto
sia
incontrati
durante
la
importante
lavorare
con
campagna
estrema
precisione quando si ha a che fare con misure che hanno come
ordine di grandezza il
99
Capitolo 5- Campagna di misure
centesimo di dB, in quanto qualunque imprecisione può rendere una
misura non corretta e, quindi, inattendibile.
100
Conclusioni
Il lavoro svolto ha permesso di caratterizzare l’oscillazione anomala
che si riscontra durante i transitori di temperatura e che, come già detto
più volte lungo la trattazione, rappresenta un grave problema quando si
tratta di estrarre l’informazione, legata ad una radio sorgente non
eccessivamente potente, dal rumore di fondo.
Dall’analisi dei dati è emerso che il ripple è sempre presente in tutti
i trasmettitori testati (si escluda per il momento il termostabilizzato); il
periodo di oscillazione, che è circa lo stesso per tutti i dispositivi, è
inversamente proporzionale al gradiente della temperatura, ossia a
variazioni lente della temperatura corrisponde un periodo di oscillazione
più lungo e viceversa.
Inoltre l’oscillazione sembra non estinguersi mai e a temperatura
costante presenta un periodo dell’ordine di qualche ora, e quindi non
facilmente visualizzabile.
L’ampiezza dell’oscillazione si mantiene costante durante tutta la
durata di un transitorio, ed è diversa per ogni tipo di trasmettitore;
TEK_P e TEK_I, che presentano il ripple più evidente, mostrano però
andamenti molto simili.
TEK-I rappresenta una modifica del TEK_P in cui è stata scollegata
la retroazione dal ramo di polarizzazione del laser, che verrà poi
polarizzato a corrente costante mediante un circuito anch’esso sottoposto
a transitorio di temperatura; sapendo che TEK_P e TEK_I integrano lo
stesso tipo di laser, si può escludere che il problema del ripple in
temperatura derivi dal loop di retroazione, arrivando alla conclusione
che l’oscillazione potrebbe essere generata solamente a livello del
semiconduttore.
Per verificare questo in realtà sarebbe necessario poter controllare a
corrente costante il trasmettitore non sottoponendo però a transitorio il
circuito che genera la corrente di polarizzazione.
Dalle prove effettuate massimizzando e minimizzando l’OMI è
risultato che esiste una dipendenza tra OMI e ripple in temperatura; in
particolare è stato verificato che la grandezza che più incide è la
101
corrente di polariz zazione del laser, che essendo proporzionale alla
potenza
ottica
generata,
è
legata
sempre
da
una
relazione
di
proporzionalità anche alla corrente generata dal fotorivelatore, che
compare al denominatore dell’espressione 3.12 del Cap.3.
Per ciò che riguarda la potenza RF, le misure hanno mostrato che
questa influisce meno nella generazione dell’oscillazione rispetto alla
corrente di polarizzazione, come d’altra parte ci si poteva aspettare, in
quanto l’OMI è proporzionale soltanto alla radice della potenza RF in
ingresso al dispositivo ottico.
Pertanto si può affermare che massimizzando l’OMI (e quindi
riducendo al minimo la corrente di polarizzazione e rendendo massima la
potenza RF in ingresso ai trasmettitori) l’oscillazione tende a diminuire.
Per
quanto
riguarda
il
trasmettitore
termostabilizzato,
si
può
osservare che esso presenta un andamento oscillatorio nella traccia del
guadagno durante variazioni della temperatura, il cui periodo tende ad
aumentare sul finire del transitorio; inoltre, nel momento in cui si
manifestano
bruschi
cambiamenti
della
temperatura,
la
traccia
del
guadagno manifesta comportamenti assai irregolari.
Pertanto possibili linee guida per lo sviluppo di ulteriori studi
nell’ambito delle applicazioni della tecnologia “radio over fiber” sono:
-
misurare la variazione di guadagno durante variazioni di
temperatura su trasmettitori polarizzati a corrente costante, in
cui il controllo della corrente è esterno alla camera termo controllata
-
misurare la dipendenza delle oscillazioni dall’OMI attraverso
prove effettuate su singoli laser
-
testare il comportamento dei 5 trasmettitori studiati quando
questi sono installati sulla linea focale della Croce del Nord,
in cascata alla catena di Front End
-
studiare un nuovo modello delle Rate Equations che tenga
conto del fenomeno delle oscillazioni scatenate da transitori
di temperatura
102
-
effettuare
misure
più
approfondite
per
poter
meglio
caratterizzare il trasmettitore termostabilizzato.
103
APPENDICE 1
SENSIBILITA’ DEL BANCO
A.1
Criteri adottati per ri durre il rumore introdotto dal banco di
misura
Data la finezza delle misure svolte (ricordiamo che le oscillazioni
osservate sono dell’ordine di 0,01- 0,02 dB se non inferiori), si è rivelato
necessario impostare tutti i parametri del vettoriale in modo da ridurre
quanto più possibile il livello di rumore generato dal banco di misura
stesso.
Teoricamente per introdurre il minor quantitativo di rumore possibile
sarebbe stato sufficiente settare al minimo il parametro IF Bandwidth, ossia
la “finestra” di osservazione in cui il VNA va a campionare il segnale, che
nel caso dell’ HP8751A corrisponde a 2 Hz.
In realtà lavorando ad una frequenza di 408 MHz la riduzione estrema
dell’ IF Banwidth a 2 Hz introdurrebbe un livello medio di rumore
superiore a quello minimo, che si ottiene, invece, con IF Bandwidth pari a
20 Hz, come mostra la figura A.1
Fig. A.1.1 Livelli di rumore in funzione della frequenza di misura
104
Appendice 1- Sensibilità del banco
A.2 Valutazione della sensibilità del Network Analyzer
Per ottenere la sensibilità del vettoriale è stata effettuata una
prova in cui sono stati rimossi i 40 dB di attenuazione e come DUT
è
stato
inserito
un’attenuazione
un
pari,
attenuatore
all’incirca,
da
al
30
dB,
guadagno
che
dei
introduce
link
ottici.
Partendo da una potenza RF in uscita dal vettoriale di 0 dBm, è
stato via via abbassato il livello di potenza fino a raggiungere il
valore di -20 dBm, al di sotto del quale il VNA non riusciva più a
distinguere il segnale dal rumore del banco.
P variabile
VNA
R
-10 dB
÷3
50 OHM
50 OHM
ATTENUAT
ORE
RX VNA
CH_A
ATTENUAT
ORE
A
RX VNA
CH-B
30 dB
B
Fig. A.2 Schema del banco per la misura della sensibilità
Pertanto la sensibilità del vettoriale, seguendo lo schema
precedente è risultata essere:
S= -20 dBm-10 dB-30 dB= -60 dBm
105
APPENDICE 2
CENNI SULLA TEORIA STATISTICA DELLE
INCERTEZZE DI MISURA [Ref. 8,9]
Gli errori che intervengono in un processo di misura vengono
solitamente classificati in sistematici e accidentali. I primi rimangono
costanti durante tutto il processo di misura, i secondi, oltre a non
rimanere costanti, non hanno nemmeno un andamento prevedibile nel
momento in cui viene ripetuta l’operazione di misura.
Pertanto, indicando con µ il risultato di una misura diretta, si può
scrivere:
µ = m ± kσ m
(A 2.1)
dove m è assunto come valore vero del misurando, ed è stimato
mediante la media degli n campioni, xi , misurati:
m=
∑i x i
(A 2.2)
n
mentre kσ m , con k=1,2,3 definisce l’intervallo di confidenza sulla
misura. L’errore quadratico della media σ m , è la stima della deviazione
standard dei campioni mediati, calcolata mediante la seguente relazione:
σm =
∑i ( x i
− m)
n (n − 1)
2
(A 2.3)
A questo proposito si deve fare notare che si ha convenienza di
aumentare il numero dei campioni n per diminuire il più possibile
l’incertezza σ m , a patto però che le cause di errore si possano ritenere
totalmente aleatorie e scorrelate tra loro, cioè il processo di errore deve
essere gaussiano bianco.
106
Appendice 2- Cenni sulla teoria statistica delle incertezze di misura
Quando invece si vuole determinare l’incertezza riferita ad una
misura singola diretta, non ottenuta quindi mediante media statistica di n
valori misurati, si ipotizza a priori una distribuzione di probabilità alla
variabile aleatoria che costituisce la risposta alla misura eseguita.
Le caratteristiche di tale distribuzione di probabilità sono derivate
da un insieme di informazioni di cui si ha una conoscenza a priori e
basate sostanzialmente su:
•
Precedenti dati di misura.
•
Sperimentazione, esperienze o generale comportamento dei
materiali e dei dispositivi di misurazione coinvolti.
Il
•
Specifiche dei costruttori.
•
Certificati e dati di taratura.
caso
più
generale
possibile
è
quello
che
considera
una
distribuzione uniforme, definita dalla sua funzione di probabilità:
f ( x) =
1
, per a ≤ x ≤ b
b−a
(A 2.4)
e nulla altrove.
Per essa valgono:
1 b
a+b
m=
xdx =
∫
b−aa
2
σ=
1 b
b−a
( x − m) 2 dx =
∫
b−aa
12
(A 2.5)
(A 2.6)
107
Appendice 2- Cenni sulla teoria statistica delle incertezze di misura
In
molti
casi
un
misurando
Y
può
non
essere
misurabile
direttamente, ma dipendere, attraverso una relazione funzionale specifica
ƒ, da N altre quantità misurabili X 1 , X 2 , …, X N , per cui:
Y=ƒ(X 1 , X 2 , …, X N )
(A 2.7)
L’incertezza totale, o combinata, sulla stima y di Y, è ottenuta
combinando opportunamente le incertezze standard delle stime degli
ingressi X 1 ,X 2 ,…,X N :
2
 ∂f  2
σ c (y) = ∑ 
 σ (x i )
i =1  ∂x i 
N
(A 2.8)
dove le σ(x i ) sono, indifferentemente, incertezze standard ricavate
dalla A 2.3 o, per esempio, dalla A 2.6.
108
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