Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Scuola Politecnica e delle Scienze di Base
Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini”
Laurea triennale in Fisica
Applicazione di metodologie di sismica a rifrazione nell’esperimento
RICEN alla Solfatara di Pozzuoli
Relatore:
Candidato:
Prof. Guido Russo
Mirko Bracale
Matricola N85000500
A.A. 2016/2017
Indice
Introduzione
1
1 Cenni di Teoria del Raggio Sismisco
3
1.1 Principi di propagazione delle onde sismiche . . . . . . . . . . . . . .
3
1.1.1 Onde dirette, riesse e rifratte . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5
2 Analisi dei dati
10
2.1 L'esperimento RICEN . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10
2.2 Set dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11
2.3 Modello a due strati piani paralleli . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
12
2.4 Analisi del modello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
15
2.5 Modellazione del modello a due strati con rifrattore inclinato . . . .
16
Conclusioni
21
Bibliograa
24
1
Introduzione
Lo studio arontato in questo lavoro riguarda la modellazione del sottosuolo del
cratere della Solfatara di Pozzuoli. La Solfatara è stata oggetto dell'esperimento
RICEN, realizzato nell'ambito del progetto MEDSUV, un progetto europeo nalizzato allo studio multidisciplinare di alcuni vulcani Europei. L'esperimento RICEN
è un esperimento di sismica attiva che è consistito nel generare segnali sismici articiali, che sono stati registrati con una densa rete di sensori dispiegata nella parte
centrale del cratere. Dall'analisi dei tempi di arrivo delle fasi sismiche ai geofoni è
possibile ricostruire le caratteristiche del sottosuolo. L'esperimento è stato ripetuto
per tre volte nell'arco di un anno mantenendo ssa la congurazione delle sorgenti e
dei ricevitori. L'intresse scientico dell'esperimento sta nella rivelazione di eventuali
variazioni temporali del comportamento meccanico del sito e del loro utilizzo a scopo
di riduzione del rischio vulcanico. Un altro aspetto interessante è il confronto tra i
risultati di diverse metodologie di indagine geosica applicate allo stesso sito.
I dati su cui ho lavorato sono i tempi di primo arrivo delle onde P durante il primo esperimento. Per la modellazione sono partito da un semplice modello a due
strati omogenei piani e paralleli al suolo. Ho poi analizzato i risultati per capire
in che limiti questi fossero accettabili e se fosse possibile migliorare adottando una
modellazione migliore. Il passo successivo è stato quello di elaborare un modello
che prevedesse la presenza di due strati inclinati rispetto all'orizzontale. Ho inne
analizzato anche i risultati di questa modellazione per provare a denirne i limiti
e suggerire delle strategie di indagine per superare le limitazioni proprie di questo
metodello.
L'elaborazioni dei dati è stata eettuata tramite codici da me sviluppati in linguaggio
Python e il testo è stato scritto in LATEX.
2
Capitolo 1
Cenni di Teoria del Raggio
Sismisco
1.1
Principi di propagazione delle onde sismiche
Un'onda sismica è un'onda meccanica che si propaga nella Terra o sulla sua supercie. Esistono diversi tipi di onde sismiche, ciascuno caratterizzato da una diversa
genesi, ampiezza e frequenza. Quelle usate per questo lavoro sono le onde di volume.
Esse si dividono in due famiglie: onde P e onde S. Le prime sono onde longitudinali,
ossia onde per cui la direzione di oscillazione delle particelle del suolo coincide con
quella di propagazione. Le seconde sono invece trasversali, cioè la direzione di oscillazione delle particelle del suolo è normale alla direzione di propagazione. Inoltre,
le onde P sono più veloci, a parità di proprietà meccaniche del mezzo, delle onde S.
I dati utilizzati per l'elaborazione di questo studio sono relativi ai primi arrivi delle
onde P.
Come per l'ottica geometrica, le onde di volume possono essere rappresentate da
raggi le cui traiettorie seguono la legge di Snell-Descartes:
sin i
=p
v
nella quale, come mostrato in gura 1.1, i è l'angolo di incidenza dell'onda, cioè
l'angolo che la direzione di propagazione dell'onda forma con la verticale e p è una
costante detta parametro
del raggio
.
Consideriamo un modello 1-D, cioè per cui v = v(z), con z asse verticale verso il
3
CAPITOLO 1.
CENNI DI TEORIA DEL RAGGIO SISMISCO
4
Figura 1.1: Un raggio passa per il punto P del mezzo che ha una velocità v.
basso, e deriviamo la legge di Snell-Descartes rispetto all'elemento di traiettoria ds.
Abbiamo:
di
dv
dv dz
dv
d
sin i = cos i = p
=p
= p cos i
ds
ds
ds
dz ds
dz
Da questa relazione si vede che in caso di mezzi omogenei per cui v è costante si ha
che la traiettoria del raggio risulta rettilinea, mentre nel caso di mezzi disomogenei,
se dv/dz > 0 la concavità della traiettoria è rivolta verso l'alto, mentre se dv/dz < 0
è tivolta verso il basso.
In questo studio è stato considerato un modello a due strati omogenei, separati da
una supercie di discontinuità. Tale supercie Σ può denirsi come il luogo dei
punti per i quali, detti P − e P + due punti appartenenti, rispettivamente, al primo
strato (più superciale) e al secondo strato (più profondo), risulta:
lim [v(P + ) − v(P − )] 6= 0
∆x→0
dove v è la velocità del mezzo. Dalla legge di Snell-Descartes si evince che, dovendo
rimanere immutato il parametro del raggio, si ha:
sin i1
sin i2
=
v1
v2
Se v2 > v1 , in corrispondenza di un certo angolo di incidenza i1 = ic0 , detto angolo
critico, si ottiene:
v2
sin ic0 = 1
v1
CAPITOLO 1.
CENNI DI TEORIA DEL RAGGIO SISMISCO
5
per il quale risulta quindi i2 = π/2. Per angoli di incidenza i1 minori di ic l'onda si
immergerà nello strato inferiore senza riemergere, per angoli maggiori si propaghrà
lungo la discontinuità (Zollo e Emolo, 2011).
1.1.1 Onde dirette, riesse e rifratte
Le onde sismiche si dierenziano anche a seconda della traiettoria che compiono per
percorrere la distanza dalla sorgente S al ricevitore R (Figura 1.2). L'onda diretta
percorre la traiettoria rettilinea che congiunge S e R e si propaga alla velocità v1
dello strato supeciale. Le onde riesse, invece, raggiungono R dopo aver inciso
su di una supercie di discontinuità. Per la legge di Snell-Descartes l'angolo di incidenza alla discontinuità è pari all'angolo di riessione. Il loro percorso è quindi
interamente contenuto nel primo strato e l'onda viaggia ad una velocità v1 . L'onda
riessa giunge quindi ad R dopo l'onda diretta. In caso di incidenza con angolo pari
a ic si parla di onde rifratte. Il raggio si propaga lungo la supercie di discontinuità.
I punti di questa diventano sorgenti di onde secondarie in accordo col principio di
Huygens, ma il raggio che arriva per primo in R è quello emesso alla discontinuità
con angolo ic come mostrato in Figura 1.2. In questo caso il percorso dell'onda
si compone di due velocità, nel tratto in cui essa attraversa il primo strato l'onda
viaggia alla velocità v1 , mentre viaggia lungo la supercie di discontinuità essa ha
invece la velocità del secondo strato v2 .
Figura 1.2: Raggi e dromocrone in un modello a due strati piani e paralleli.
CAPITOLO 1.
6
CENNI DI TEORIA DEL RAGGIO SISMISCO
Possiamo costruire le dromocrone (curve
distanza/tempo
) delle diverse onde. Con-
sidereremo qui solo il caso in cui la sorgente ed i ricevitori si trovano alla supercie
del primo strato.
-Onda Diretta - La dromocrona delle onde dirette è una retta passante per
l'origine e con un coeciente angolare pari a 1/v1 , (retta rossa in Figura 1.2).
-Onda Riessa - La forma assunta dalla dromocrona si ottiene calcolando
il tempo che quest'onda impiega a raggiungere un generico punto R posto sulla
superciea distanza x da S .
p
x2 + (2H)2
(tv1 ) = x + (2H) → t =
v1
2
2
2
Questa curva è evidentemente un'iperbole avente v1 come asintoto (curva a tratteggio ne in Figura 1.2).
-Onda Rifratta - Queste onde raggiungono la supercie ad una distanza minima pari a x = 2H tan ic . La zona entro la quale non arriva il segnale dell'onda
rifratta è detta
. La dromocrona dell'onda rifratta è una retta che
cono d'ombra
parte dal punto xc con un coeciente angolare pari a 1/v2 (retta nera in Figura
1.2), la distanza tra xc e la sorgente costituisce il diametro della base del un cono,
il cui angolo al vertice è pari a 2ic (Udias, 1999).
In generale la velocità nella Terra aumenta con la profondità, quindi ci aspettiamo che la dromocrona delle onde dirette sia più inclinata rispetto a quella delle
onde rifratte. Quest'ultima interseca l'asse dei tempi in un punto Ti detto
tempo
. Una stima di questo valore permette di calcolare lo spessore dello strato.
intercetto
Si può dimostrare (Zollo e Emolo, 2011) che il tempo che un'onda rifratta impiega
ad emergere in supercie è dato dalla seguente relazione:
T =
2Hv
x
2Hv1
p 2
+
− p 2
2
2
v
2
v1 v2 − v1
v2 v2 − v12
Da cui
1
v1 v2
H = Ti p 2
2
v2 − v12
CAPITOLO 1.
CENNI DI TEORIA DEL RAGGIO SISMISCO
7
Fino ad ora è stato considerato un modello a due strati piani paralleli al suolo.
Tal volta uno strato può essere inclinato rispetto alla supercie. Si immagini quindi
che lo strato più profondo sia inclinato. Nel momento in cui un'onda incide sulla
supercie di discontinuità con angolo critico essa si propaga lungo la discontinuità.
Questa volta però lo spazio attraversato nel primo strato, prima dell'impatto con
il secondo, non è uguale allo spazio percorso successivamente in risalita verso la
supercie (Figura 1.3).
Figura 1.3: Traiettoria dell'onda rifratta nel caso di discontinuità inclinata.
Si possono distinguere due casi a seconda dell'orientamento dello strato inclinato:
1 Il primo strato è meno profondo in corrispondenza della posizione della sorgente S rispetto a quella del geofono G. Il percorso è rappresentato in gura dai
punti SABG, in tal caso si parla di persorso compiuto in senso downdip.
2 Il primo strato è più profondo in corrispondenza della sorgente rispetto a
quella del ricevitore. Il percorso è rappresentato in gura dai punti GBAS (verso di
updip
).
Le dromocrone dello strato inclinato sono diverse a seconda del verso di percorrenza. Nella gura 1.4, in rosso è rappresentata la dromocrona in verso di downdip,
la parte relativa all'onda diretta con pendenza 1/v1 è più breve rispetto allo stesso
CAPITOLO 1.
8
CENNI DI TEORIA DEL RAGGIO SISMISCO
tratto nella retta nera, che rappresenta il verso di updip. Questo succede poichè,
essendo il primo strato meno profondo nel primo caso, l'onda rifratta arriva prima
al ricevitore, viceversa nel secondo caso. Consideriamo il verso di
, sia θ
downdip
Figura 1.4: Dromocrona per lo strato inclinato.
l'angolo che lo strato inclinato forma con un piano parallelo al suolo. Si può dimostrare che (Zollo e Emolo, 2011):
T down =
x
v1
sin(θc + θ) +
2hd
v1
cos θc
In cui ti = 2hd cos θc /v1 .
Nel caso in cui il verso è di updip, analogamente può dimostrarsi:
T up =
x
v1
sin(θc − θ) +
2(hd +x sin θ)
v1
cos θc
Analogamente a prima può porsi t0i = 2(hd + x sin θc )/v1
In generale per uno strato inclinato, possiamo considerare le due velocità:
v2d =
Queste velocità sono dette
v1
sin (θc +θ)
apparenti
v2u =
v1
sin (θc −θ)
poichè non sono le velocità reali con cui
si propagano le onde, ma sono le velocità con le quali il segnale arriva alle diverse
stazioni dopo la rifrazione e sono calcolabili tramite il reciproco del coeciente
angolare delle dromocrone. Per determinare inne l'angolazione dello strato c'è
bisogno di osservazioni in entrambe le direzioni. A questo punto, mettendo assieme le
relazioni ricavate in precedenza si ottiene un sistema di due equazioni nelle incognite
θc e θ :
CAPITOLO 1.
Da cui si ricava:
CENNI DI TEORIA DEL RAGGIO SISMISCO


sin(θc + θ) =
v1
v2d

sin(θ − θ) =
c
v1
v2u


θ = 1 [arcsin v1 − arcsin v1 ]
2
v2d
v2u

θ = 1 [arcsin v1 + arcsin v1 ]
c
2
v2d
v2u
9
(1.1)
(1.2)
Capitolo 2
Analisi dei dati
2.1
L'esperimento RICEN
L'esperimento RICEN (Repeated InduCed Earthquakes and Noise) è stato organizzato nell'ambito del progetto europeo MEDSUV (MEDiterranean SUpersite Volcanoes), un progretto che è nalizzato allo studio multidisciplinare di alcuni vulcani
dell'area mediterranea, per studiarne la struttura e monitorarne l'evoluzione. L'esperimento di sismica attiva da cui sono stati tratti i dati, è stato eettuato nel 2013
all'interno del vulcano della Solfatara (Pozzuoli).
Una griglia di 240 sorgenti e 208 ricevitori è stata disposta all'interno del cratere (Figura 2.1). I geofoni sono stati posizionati in maniera tale che due strumenti
consecutivi posti all'interno della stessa riga distassero 5 metri e ciascuna riga fosse
separata dalle due adiacenti da corridoi posti a 10 metri da essa. Una massa vibrante
(Vibroseis) genera un impulso in corrispondenza di ciascuno dei punti sorgenti (blu
in gura), facendo vibrare il terreno per circa 16 secondi. Per ogni impulso i geofoni
acquisiscono la velocità del moto del suolo (sismogrammi). Sui sismogrammi è poi
possibile misurare il tempo di primo arrivo dell'onda P. A causa dell'attenuazione,
le onde generate da ogni energizzazione sono state utilmente registrate all'incirca
dalle sessanta stazioni più vicine alla sorgente, mentre i dati delle stazioni più lontane sono, invece, stati in molti casi scartati poichè non è stato sempre possibile
distinguere il segnale utile dal rumore di fondo.
10
CAPITOLO 2.
ANALISI DEI DATI
11
Figura 2.1: Posizionamento e nomenclatura delle stazioni e dei ricevitori rispetto ai principali
luoghi di riferimento all'interno del cratere della Solfatara.
2.2
Set dei dati
Come detto, i dati utilizzati in questo studio sono relativi ai tempi di primo arrivo delle onde P, per questo motivo, nell'ambito dei modelli descritti nel capitolo
precedente, si hanno informazioni solo riguardo all'onda diretta e all'onda rifratta.
Il set di dati a disposizione originariamente è composto da 25680 dati, di questi
una prima parte è stata scartata a causa di una non corretta acquisizione dei ricevitori. Inne una seconda selezione è stata fatta scartando i dati più prossimi alle
sorgenti, per cui il tempo di arrivo è dicilmente individuabile e soggetto quindi ad
un'ampia incertezza. I dati a disposizione, utilizzati in questo lavoro, sono mostrati
in Figura 2.2. Come si vede dall'immagine, i dati si distribuiscono da circa 15 metri
no a circa 140 metri. Si può notare qualitativamente che i dati appaiono in un
primo tratto, entro i 30 metri circa, distribuiti con una pendenza maggiore rispetto a quelli a distanza maggiore. Questa evidenza suggerisce che, nell'ambito di un
semplice modello a due strati, l'inizio della dromocrona delle onde rifratte debba
trovarsi all'incirca nella posizione in cui la distribuzione cambia inclinazione.
CAPITOLO 2.
12
ANALISI DEI DATI
Figura 2.2: Tempi di arrivo delle onde P in funzione della distanza dalla sorgente.
2.3
Modello a due strati piani paralleli
Per strutturare il modello a due strati piani paralleli è stato usato il seguente procedimento. Èstato suddiviso il data-set in due parti, per ciascun gruppo di dati è
stato calcolato il best t con il relativo RMS,
. Il best t del
(root mean square)
primo strato è stato elaborato ssando il passaggio della retta all'origine del sistema
di riferimento, in tale punto si colloca infatti la sorgente del segnale. Ci si attende, quindi, che a distanza innitesima tra sorgente e ricevitore, il segnale dell'onda
diretta arrivi immediatamente. Il punto di intersezione, xi , è dunque il punto che
segna il limite tra onda diretta e onda rifratta. Per x < xi , i geofoni rivelano, come
primo arrivo, il segnale dell'onda diretta, per x > xi rilevano invece l'onda rifratta.
Tra le possibili combinazioni dei dati, per trovare quella più rappresentativa della
realtà geologica del sottosuolo si è ricorso alla minimizzazione dell'RMS. L'RMS
totale delle due rette si può trovare, tramite la relazione:
sP
RM S =
n1
i=0 (yi
P 2
− a1 xi )2 + ni=0
(y − a2 x − b2 )2
n1 + n2
in cui i parametri a e b sono rispettivamente il coeciente angolare della retta di best
t e l'intercetta. I punti xi e yi sono invece i punti sperimentali, la prima coordinata
rappresenta la distanza dalla sorgente, la seconda coordinata è invece il tempo che
CAPITOLO 2.
ANALISI DEI DATI
13
ha impiegato il segnale ad arrivare. Il primo termine nella somma si riferisce alla
prima retta, cioè ai dati relativi all'onda diretta, in questo caso il numero di dati è
pari a n1 . Il secondo termine si riferisce invece alla seconda retta, relativa al best
t dei dati relativi all'onda rifratta, ed è stata individuata da n2 punti sperimentali.
Andando a variare il punto di suddivisione dei dati, in Figura 2.3 è stato riportato
l'andamento dell'RMS in funzione del punto di intersezione tra le due dromocrone;
Figura 2.3: Andamento dell'RMS in funzione della posizione del punto di intersezione.
Dal graco è possibile notare che il minimo si trova orientativamente tra i 25 e
i 30 metri. Aumentando la scala ed andando ad ingrandire nella zona di minimo si
ottiene la Figura 2.4. Dall'immagine è possibile vedere che l'andamento presenta un
minimo attorno al punto di intersezione a circa 29 metri.
Figura 2.4: Ingrandimento della gura precedente per valori di x compresi tra 26 e 30 metri.
CAPITOLO 2.
14
ANALISI DEI DATI
Eseguendo una ricerca più sistematica si determina che l'RMS si minimizza se
le due rette hanno intersezione a xc = 28.75 m, l'RMS per questo punto vale 6.78
ms. Per questo valore i parametri delle due rette sono:
a1 = 3.25 ± 0.03 ms/m
b1 = 0 ms
a2 = 0.59 ± 0.01 ms/m
b2 = 76.56 ± 0.18 ms
Dal reciproco dei coecienti angolari delle due rette, si possono calcolare le velocità
di entrambi gli strati, gura 2.5.
200
Tempo (ms)
150
100
50
0
0
20
40
60
80
Distanza (m)
100
120
140
Figura 2.5: Plot dei dati con le rette di best t.
Si trovano quindi le velocità :
v1 = 307 ± 3 m/s
v2 = 1695 ± 8 m/s
Come atteso, la velocità dello strato superciale è molto minore rispetto a quella
dello stato più profondo. Utlizzando il tempo intercetto, ossia l'intercetta della
dromocrona del basamento si ottiene lo spessore dello strato.
H = 11.2 ± 0.2
m
CAPITOLO 2.
2.4
ANALISI DEI DATI
15
Analisi del modello
Per vericare l'attendibilità della modellazione c'è bisogno di capire se le ipotesi
fatte, ovvero che esistano due strati, in prima approssimazione paralleli e omogenei,
siano giuste o meno. A questo scopo partiamo innanzitutto dal considerare il tempo
residuo
τ cioè la grandezza:
τ = tteo − tsper
essendo tteo è il
, ossia il tempo che teoricamente impiega l'onda P a
tempo teorico
percorrere una certa distanza secondo il nostro modello a due strati. tsper è invece il
tempo che sperimentalmente si riscontra per quella stessa distanza. Il parametro τ
è, quindi, un buon parametro per capire quanto il modello si distanzia dalla realtà .
Il procedimento adoperato è consistito nel considerare il τ medio per ogni ricevitore.
Per ogni segnale acquisito da ogni geofono, è stato calcolato il tempo residuo e ne
è stata considerata la media. Se il modello fosse buono, ci si aspetterebbe che i
residui si distribuiscano casualmente senza rivelare una geometria particolare. Per
vericare quanto detto, è stata costruita una mappa, nella quale si rappresentano le
posizioni delle stazioni rispetto ad un sistema di riferimento locale e in cui il valore
del tempo residuo medio τmedio è individuato da un particolare colore.
Figura 2.6: Distribuzione dei residui.
CAPITOLO 2.
ANALISI DEI DATI
16
La mappa è rappresentata in Figura 2.6. I tempi residui sono espressi in millisecondi. Si può chiaramente vedere che nella zona A il residuo è sistematicamente
negativo, cioè il tempo rilevato sperimentalmente è più grande del tempo teorico,
ossia il modello calcolato è più veloce della realtà. Viceversa, nella zona B il residuo
è positivo e dunque il modello è più lento. Questa distribuzione dei residui può
essere sintomo di diverse conformazioni del terreno. In particolare possono accadere
due eventi:
1. Le disomogeneità riscontrate nel plot sono dovute a dei corpi sepolti nel primo
strato che hanno caratteristiche diverse dal resto dello strato.
2. Gli strati sono omogenei, ma non sono paralleli.
Per cercare di risolvere questa ambiguità sono stati presi in considerazione soltanto
i dati relativi a ciascuno strato separatamente e ne è stata calcolata τ e τmedia per
ogni geofono.
Dall'immagine in alto si rileva che i residui positivi e negativi si distribuiscono
senza una particolare geometria, in accordo con l'ipotesi che lo strato può considerarsi omogeneo e che le disomogeneità si distribuiscano casualmente in tutta l'area.
Nel secondo strato invece si vede una mappa molto simile a quella dei due strati
sovrapposti. Questo può signicare che il secondo strato sia leggermente inclinato.
Facendo riferimento alla Figura 2.6, si può ipotizzare che nella zona A il primo
strato sia più spesso di quanto calcolato e dunque il segnale impieghi più tempo ad
arrivare al geofono, mentre nella zona B accada il contrario.
2.5
Modellazione del modello a due strati con rifrattore
inclinato
Per quanto visto nel primo capitolo, per modellare un rifrattore inclinato, c'è bisogno innanzitutto di individuare la direzione di inclinazione del piano in modo tale
da capire quali stazioni considerare e coniugare il prolo. Per semplicità verranno
chiamate righe le linee di apparecchi (geofoni o emettitori) parallele a quella individuata dai geofoni 240-217 e colonne le linee parallele alla linea composta dai
geofoni 240-24. Guardando le Figure 2.1, 2.6 e 2.7 e utilizzando le osservazioni fatte
CAPITOLO 2.
17
ANALISI DEI DATI
ms 16.0
12.8
80
9.6
60
6.4
40
3.2
20
0.0
3.2
0
6.4
20
40
9.6
120
100
80
60
40
20
(a) Primo strato
ms 24
20
16
12
8
4
0
4
8
12
80
60
40
20
0
20
40
120
100
80
60
40
20
(b) Secondo strato
Figura 2.7: Distribuzione dei residui per entrambi gli strati.
in precedenza si è ipotizzato che il primo strato si immergesse in prossimità della
fangaia e che emergesse dunque allontanandosi da essa. Per provare tale ipotesi è
stato necessario selezionare solo alcune sorgenti e ricevitori. Le sorgenti usate sono
quelle che vanno dalla 105 alla 127, per un prolo, e dalla 186 alla 202 per la coniugazione dell'altro prolo. Guardando alla gura 2.1, si può notare che questi geofoni
creano due colonne, una adiacente alla fangaia e una nella parte opposta. Per ogni
sorgente sono stati utilizzati solo i dati acquisiti dalle stazioni posizionate lungo le
righe poste al di sopra e al di sotto di essa. Sono stati realizzati quindi un insieme di
CAPITOLO 2.
18
ANALISI DEI DATI
corridoi che individuano come direzione quella ipotizzata essere di maggior pendenza. I dati in rosso rappresentano i dati relativi alla direzione downdip, quelli in nero
updip. I dati utilizzati a questo punto sono in numero sensibilmente ridotto rispetto
a quelli utilizzati nella modellazione a due strati paralleli. Si è ritenuto, dunque,
che il valore calcolato in precedenza della velocità del primo strato fosse molto più
adabile rispetto a quello calcolato usando i dati in questione, che sono molto meno
numerosi. Per tale motivo è stato inserito un ulteriore vincolo al t delle due rette
di ciascuna direzione, e dunque:
v1 = 307 ± 3 m/s
La dromocrona relativa all'onda diretta è stata vincolata, quindi non solo a passare
per l'origine, ma anche ad avere come coeciente angolare il reciproco della velocità
v1 . Analogamente al capitolo precedente è stato minimizzato l'RMS delle due rette
in sequenza. Questi nuovi dati selezionati sono stati rappresentati nel solito sistema
di riferimento tempo/spazio, in gura 2.8.
La diversa inclinazione delle dromocrone del secondo strato sta a signicare che
140
120
Tempo (ms)
100
80
60
40
20
0
0
20
40
60
Distanza (m)
80
100
Figura 2.8: Rappresentazione dei dati e delle rette di best t
eettivamente lo strato è leggermente inclinato e che in direzione di updip il segnale
dell'onda rifratta si propaga più rapidamente, inoltre la diversa profondità del primo
CAPITOLO 2.
19
ANALISI DEI DATI
strato in corrispondenza dei due punti sorgente è visibile anche guardando all'intersezione delle dromocrone, in verso di updip, dove lo strato è più profondo, il segnale
di primo arrivo dell'onda diretta arriva ad una distanza maggiore.
I t eettuati danno come valori:
UPDIP
a1 = 3.25 ± 0.23 ms/m
b1 = 0 ms
a2 = 0.57 ± 0.02 ms/m
b2 = 77 ± 1 ms
a1 = 3.25 ± 0.15 ms/m
b1 = 0 ms
a2 = 0.67 ± 0.04 ms/m
b2 = 67 ± 2 ms
DOWNDIP
A partire da questi dati si possono ricavare le velocità apparenti del secondo strato
come il reciproco dei coecienti angolari delle rette trovate secondo i due proli:
v2down = 1498 ± 76 m/s
v2up = 1743 ± 85 m/s
Si può dimostrare che la profondità di un rifrattore inclinato, avendo indicato con
H+ il punto di maggiore profondità e H− il punto più vicino alla supercie, è uguale
a:
H+ =
tiup
2v1 cos θ
H− =
tidown
2v1 cos θ
In cui tidown , tiup sono le intercette delle dromocrone delle onde rifratte in direzione
rispettivamente di downdip e updip. A partire da queste espressioni e ricordando
che:


θ = 1 [arcsin v1 − arcsin v1 ]
2
v2d
v2u

θ = 1 [arcsin v1 + arcsin v1 ]
c
2
v2d
v2u
(2.1)
Si ottiene:
θ = 0.8 ± 0.4◦
θc = 11.0 ± 0.6◦
H+ = 12.1 ± 0.4 m
H− = 10.5 ± 0.4 m
I valori dell'RMS delle due rette valgono:
RM Sdown = 6.36 ms
RM Sup = 5.34 ms
Si può notare che soprattutto in verso di updip, l'RMS si è sensibilmente ridotto, ci
CAPITOLO 2.
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ANALISI DEI DATI
si può aspettare quindi una riduzione di τ .
Nei graci che seguono sono stati rappresentati i
tempi residui
dei dati utilizzati
nel calcolo del rifrattore inclinato. L'origine degli assi segna il punto di scoppio,
sono stati considerati solo i dati acquisiti dai geofoni posti sulla stessa linea della
sorgente, per tale motivo e per la distribuzione particolare degli apparecchi (gura
2.1), i dati appaiono in gruppi verticali, ciascuno circa equidistante dallo scoppio,
la loro posizione inoltre dista al massimo 90 metri, cioè l'ampiezza di una riga della
"griglia".
Il primo graco, gura 2.9 rappresenta la distribuzione dei residui senza considerare
l'inclinazione del rifrattore. In gura 2.10, si tiene conto invece del angolo che esso
forma rispetto alla supercie. In rosso sono rappresentati i punti raccolti in direzione
30
Tempo residuo (ms)
20
10
0
10
20
30
0
10
20
30
40
50
60
Distanza dalla sorgente (m)
70
80
90
Figura 2.9: Distribuzione dei residui nel modello a strati paralleli.
updip, in nero quelli in direzione downdip. Si può notare immediatamente che i punti
rossi si distribuiscono dalla distanza di circa 30 metri in poi, tutti mediamente sopra
l'asse x, ossia hanno residui positivi.
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ANALISI DEI DATI
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Tempo residuo (ms)
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10
0
10
20
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0
10
20
30
40
50
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Distanza dalla sorgente (m)
70
80
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Figura 2.10: Distribuzione dei residui nel modello con rifrattore inclinato.
Imponendo che il rifrattore sia inclinato, seppur di poco, è stata ottenuto una
parziale riduzione dei residui soprattutto per distanze superiori ai 50 metri. Entro i
primi 30 metri entrambi i graci (gg. 2.9, 2.10) sono perfettamente uguali. Questo
è dovuto al fatto che entro tale distanza, i geofoni acquisiscono solo l'onda diretta,
cioè un onda che ha attraversato unicamente il primo strato. Come è stato detto in
precedenza, la velocità di tale strato è stata considerata invariata rispetto all'analisi
precedente.
Conclusioni
La modellazione a due strati omogenei piani paralleli basata sul set di dati discusso in
precedenza dà un'idea generale della straticazione del suolo. Questo tipo di modello
è utile ntanto che lo studio sia diretto allo strato più superciale in quanto divide di
fatto il suolo in uno strato di data profondità e in un semispazio indenito. Lo strato
superiore presenta senz'altro delle dierenze di composizione abbastanza rilevanti
rispetto agli altri strati e pertanto una diversa distribuzione dei punti acquisiti era già
visibile dal graco 2.2. L'analisi, quindi, è stata migliorata andando ad individuare
attraverso la distribuzione dei tempi residui le zone che si mostravano più veloci o più
lente rispetto a quanto previsto. È stata individuata una direzione di inclinazione di
tale piano e per tale direzione sono stati estrapolati i due proli di updip e downdip
coniugati tra loro. Questo procedimento ha permesso poi di individuare l'angolo di
inclinazione del rifrattore. Un punto critico di tale metodo è dato dal fatto che non
è stata individuata con esattezza la direzione di approfondimento della supercie di
discontinuità, si è supposto che il rifrattore si inclinasse allontanandosi dalla fangaia.
La gura 2.6 mostra che la una direzione più appropriata potesse essere individuata
da una retta che congiungesse la zona A e la zona B, la quale è quindi leggermente
dierente rispetto a quella qui analizzata. Data la geometria con la quale sono state
disposte le apparecchiature, utilizzare una direzione diversa da quella considerata,
avrebbe creato, ai ni di coniugare il prolo, dei "corridoi" composti da meno dati,
e quindi soggetti ad un errore maggiore.
Nella gura mostrata sopra si vedono nel rettangolo in rosso i dati selezionati per il
rifrattore inclinato in direzione da noi considerata, in blu vediamo invece i dati che
si potrebbero selezionare qualora lo si considerasse inclinato in un'altra ipotetica
direzione.
In questo lavoro, quindi, si è eseguita una semplicazione nel considerare la direzione
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CAPITOLO 2.
ANALISI DEI DATI
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di massima pendenza del rifrattore, un lavoro più preciso potrebbe essere eettuato
andando a variare questa direzione e andando a rilevare quale fosse quella per la
quale i residui di gura 2.9 si riducessero. Inoltre in questo studio la pendenza della
supercie di discontinuità è stata considerata costante, ossia tutti i corridoi di dati
individuati hanno stessa pendenza. Può ipotizzarsi, facendo riferimento anche alla
gura 2.6 che gli ultimi corridoi, in basso, abbiano un inclinazione senz'altro minore
rispetto agli altri. Questi due problemi rilevati in precedenza possono aver senz'altro
limitato la diminuzione dei residui.
Ad ogni modo, la riduzione dei residui nel rifrattore inclinato visibile dalle gure
2.9 e 2.10 sta comunque a signicare che i metodi utilizzati abbiano migliorato il
modello e che è stata ottenuta una buona indicazione generale sulle caratteristiche
del rifrattore.
Bibliograa
Zollo, A., e Emolo, A. (2011), Terremoti
e onde
, Liguori, Napoli.
Udias, A. (1999), Principles of seismology, Cambridge University Press, Cambridge.
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