Scuola Universitaria della Svizzera Italiana-SUPSI
Dipartimento Economia aziendale, Sanità e Sociale-DEASS
Corso di Laurea in Cure Infermieristiche
Tesi di Bachelor
di
Negar Alavinejad Aflaki
MALNUTRIZIONE CORRELATA A SCLEROSI
LATERALE AMIOTROFICA (SLA):
STRATEGIE PER AFFRONTARLA
REVISIONE DELLA LETTERATURA
Direttrice di Tesi:
Laura Canduci
Anno Accademico: 2014-2015
Data di consegna: Manno, 31 Luglio 2015
“L’autore è l’unica responsabile dei contenuti del Lavoro di Tesi”
ABSTRACT
Introduzione
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una delle malattie neurodegenerative più
frequenti negli adulti, devastante per i pazienti e caregivers; allo stesso tempo una delle
malattie più sconcertanti in medicina in termini di comprensione della sua patogenesi. È
stato riconosciuto che la sopravvivenza nella SLA è ormai dipendente da diversi fattori,
inclusa la presentazione clinica, la presenza precoce d’insufficienza respiratoria e lo
stato nutrizionale dei pazienti. Molto spesso i malati colpiti dalla SLA soffrono di
malnutrizione, la quale influisce negativamente sulla prognosi e sulla qualità della vita,
rendendo essenziali degli interventi nutrizionali precoci.
Questo lavoro di ricerca di revisione della letteratura, si sviluppa attorno alle molteplici
strategie e agli interventi infermieristici per affrontare la malnutrizione correlata alla
SLA.
Obiettivi
Lo scopo del presente lavoro di Bachelor è di approfondire la conoscenza in merito alla
presa a carico appropriata dei pazienti con malnutrizione correlata a Sclerosi Laterale
Amiotrofica (SLA).
Gli obiettivi specifici sono i seguenti:
-Individuare le evidenze scientifiche per affrontare la malnutrizione in seguito alla SLA.
-individuare delle strategie infermieristiche per favorire la nutrizione di pazienti affetti
dalla SLA.
Metodologia
È stata effettuata una revisione di letteratura. Sono stati considerati 14 articoli di
letteratura primaria e secondaria degli ultimi dieci anni. Per approfondire e rispondere
agli obiettivi ho svolto un lavoro in tre fasi. La prima è costituita da una descrizione dello
svolgimento del mio elaborato e da un quadro teorico che permette di avere una visione
più completa della malattia e in particolare della malnutrizione dovuta ad essa. Nella
seconda parte del lavoro ho risposto alla domanda di ricerca mettendo in luce quali
sono le evidenze scientifiche sulla presa a carico infermieristica di pazienti con
malnutrizione sia dal punto di vista preventivo che della promozione della nutrizione.
Nella terza parte ho concluso il lavoro mettendo in discussione i risultati ottenuti dalla
ricerca.
Risultati
Le evidenze scientifiche hanno individuato alcune strategie a livello generale per
migliorare lo stato nutrizionale dei pazienti, quali: la presa a carico interdisciplinare, il
trattamento della disfagia, la cura della scialorrea, il trattamento dell’ansia e della
depressione, l’utilizzo di una dieta ipercalorica, l’introduzione della nutrizione artificiale
come la posa della Gastrostomia Endoscopica Percutanea (PEG) e Gastrostomia
Percutanea Radiologica (RIG) o Sonda Nasogastrica. Inoltre, sono state trovate delle
evidenze scientifiche dalle quali si possono evincere alcuni ruoli infermieristici (secondo
il profilo di competenza SUPSI), ma non strategie specifiche, perché non presenti in
letteratura.
INDICE
1. Introduzione…………………………………………………………….......................1
1.1.
Scelta del tema…………………………………………………...................... 2
1.2.
Obiettivi della tesi……………………………………………………………… .2
1.3.
Metodo di lavoro……………………………………………..………………….2
.
2. Quadro teorico…………………………………………………………………………3
2.1.
Malattia del motoneurone………………………………………………………3
2.2.
Accenni anatomici e fisiologici: neuroni motori e le vie di trasmissione
dell’impulso………….…………………………………………………………...3
2.3.
Sclerosi laterale amiotrofica……………………………………………………6
2.3.1. Patofisiologia……………………………………………………………...…6
2.3.2. Epidemiologia………………………………………………………………..7
2.3.3. Prognosi……………………………………………………………………...7
2.3.4. Cause e fattori di rischio……………………………………………………8
2.3.5. Sintomatologia……………………………………………………………….9
2.3.6. Complicanze………………………………………………………………..11
2.3.7. Trattamento………………………………………………………………...12
2.4.
Malnutrizione…………………………………………………………………...13
2.4.1. Malnutrizione e le patologie neurologiche………………………………13
2.4.2. Malnutrizione e la SLA…………………………………………………….13
2.4.3. Strumenti di valutazione della malnutrizione……………………………14
2.4.4. Cause di malnutrizione……………………………………………………18
2.4.5. Circolo Vizioso……………………………………………………………..21
3. Metodologia.…………………………………………………………………………..22
4. Revisione della letteratura …………………………………………………………26
5. Risultati della ricerca………………………………………………………………..33
5.1.
Supporto nutrizionale e metabolico in pazienti con la SLA……………….33
5.2.
Multidisciplinarietà……………………………………………………………..33
5.3.
Terapia della disfagia………………………………………………………….34
5.4.
Terapia della scialorrea……………………………………………………….34
5.5.
Terapia dell’ansia e della depressione……………………….....................35
5.6.
Dieta ipercalorica………………………………………………………………35
5.7.
Nutrizione Enterale (PEG e RIG)…………………………………………….35
5.8.
Nutrizione con Sonda Nasogastrico (SNG)………………………………...37
5.9.
Formula della nutrizione artificiale…………………………………………...37
6. Discussione dei risultati…………………………………………………………….38
7. Conclusione…………………………………………………………………………...41
8. Ringraziamenti...................................................................................................42
9. Bibliografia…………………………………………………………………………….43
9.1.
Sitografia………………………………………………………………………..47
10. Indice delle figure…………………………….……………………………………...47
1. INTRODUZIONE
1.1. Scelta del tema
Questo lavoro di tesi si sviluppa attorno al tema di una delle malattie neurodegenerative
più frequenti negli adulti, devastante per i pazienti e gli assistenti di cura e allo stesso
tempo una delle malattie più sconcertanti in medicina in termini di comprensione della
sua patogenesi: la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) (Mitchell e Borasio 2007).
La neurologia mi ha affascinato sin da quando ho iniziato a studiarla durante la
formazione e il mio interesse è stato rafforzato dopo aver svolto due stage presso i
reparti di Neurochirurgia e Neurologia. Durante il mio secondo stage ho assistito alcuni
pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e ciò mi ha spinto a voler
approfondire la conoscenza a riguardo.
La SLA è una malattia neurodegenerativa progressiva, altamente invalidante e più
diffusa in età adulta, la cui incidenza a livello mondiale è rispettivamente di circa 1-2 /
100000/anno e la prevalenza di circa 6/100 000/anno (Sathasivam 2008), con una
modesta variabilità da paese a paese e un graduale incremento le cui ragioni non sono
completamente conosciute (Vanzetta 2007).
Dal 1990, c'è stato un crescente interesse scientifico e clinico per la Sclerosi Laterale
Amiotrofica (SLA). I progressi nella nostra comprensione del sistema dei
neurotrasmettitori e la scoperta dei geni responsabili dello sviluppo della SLA familiare
hanno stimolato interessi di ricerca. Inoltre sono stati identificati vari tipi clinici delle
malattie di motoneuroni ed è stato riconosciuto che la sopravvivenza nella SLA è ormai
dipendente da diversi fattori, inclusa la presentazione clinica (fenotipo), la velocità di
progressione della malattia, la presenza precoce d’insufficienza respiratoria e lo stato
nutrizionale dei pazienti. Il prolungamento dell'aspettativa di vita nella SLA sembra
dipendente dal miglioramento della comprensione della sua patogenesi, che porta allo
sviluppo di metodi diagnostici specifici e precoci. Vi è la necessità di elaborare delle
terapie che rallentino la progressione della malattia, ma anche che affrontiano le
conseguenze secondarie di malnutrizione e insufficienza respiratoria. Tutti gli sforzi
collaborativi porteranno indubbiamente ad una migliore comprensione della SLA e allo
sviluppo di linee guida per una migliore cura dei pazienti (Kiernan et al. 2011).
Dalle esperienze acquisite durante lo stage e dalla lettura di alcuni articoli ho
conosciuto alcune complicanze della SLA e ho constatato che il paziente affetto dalla
SLA è un soggetto molto difficile da gestire sotto diversi punti di vista. Uno dei più
importanti è l’aspetto nutrizionale. Molto spesso, infatti, i malati colpiti dalla SLA
soffrono di malnutrizione che a sua volta peggiora il decorso della malattia, ho dunque
ritenuto davvero importante soffermarmi su quest’ultimo disturbo. A conferma
dell’importanza di questo punto, esistono degli studi tra i quali quello di Desport e
Maillot (2002) che dichiara che la malnutrizione è un fattore prognostico significativo ed
indipendente di sopravvivenza. Fattori come mancanza di appetito, disturbi di
salivazione, disturbi di deglutizione e ipermetabolismo contribuiscono alla malnutrizione
che è presente nel 15-30% dei casi.
Sathasivam (2008), oltre che affermare che la malnutrizione è un indicatore prognostico
indipendente per la sopravvivenza nella SLA, mostra attraverso i suoi studi che il rischio
di mortalità nei pazienti malnutriti affetti dalla SLA aumenta di otto volte rispetto ai
1 pazienti ben nutriti.
Inoltre Holm et al. (2013) confermano che nel corso della malattia, il 15-55% dei
pazienti soffrono clinicamente di una grave perdita di peso. Secondo questi autori lo
stato nutrizionale è un fattore prognostico importante per la sopravvivenza nella SLA e
la perdita di peso che porta ad un indice di massa corporea (BMI) inferiore a 18,5 kg /
m2 risulta un tasso di mortalità di 7,7 volte più alto, rispetto ai pazienti con peso
normale.
Greenwood (2013) afferma che l’alto rischio di malnutrizione influisce negativamente
sulla prognosi e sulla qualità della vita, rendendo essenziali degli interventi nutrizionali
precoci. Una gestione nutrizionale che include una valutazione continua e l’utilizzo di
diete speciali e di approcci nutrizionali e metabolici, dovrebbe iniziare appena viene
effettuata la diagnosi di SLA e diventare parte integrante della cura continua del
paziente.
Un’ulteriore motivazione nella scelta di questo argomento deriva dal fatto che nel
contesto di stage ho notato la mancanza di protocolli e linee guida utilizzabili per la
SLA e la gestione della malnutrizione nell’ambito di questa malattia. Presso l’Ente
Ospedaliero Cantonale (EOC), ho potuto appurare che sono presenti protocolli per la
gestione di nutrizione enterale ma non esiste ancora un protocollo specifico per la
gestione di pazienti affetti dalla SLA e le sue complicanze, come la malnutrizione.
L’aspetto che voglio andare ad indagare con la mia tesi è la presa a carico appropriata
dei pazienti con malnutrizione correlata a Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA).
Generalmente i pazienti con la SLA sono seguiti a domicilio e ricevono delle cure
infermieristiche a livello domiciliare. Possono anche essere seguiti in ospedale, di solito
in seguito ad esacerbazioni, e ricevere delle cure molto specializzate. Per scrivere la
mia ricerca di tesi non ho identificato quindi uno specifico contesto di cura poiché delle
indicazioni sulla gestione della malnutrizione possono essere effettuate da
professionisti in entrambi i contesti, sia a domicilio che in ambito ospedaliero.
1.2. Obiettivi della tesi
Lo scopo del presente lavoro di Bachelor è di approfondire la conoscenza in merito alla
presa a carico appropriata dei pazienti con malnutrizione correlata a Sclerosi Laterale
Amiotrofica (SLA).
Gli obiettivi specifici sono i seguenti:
-Individuare le evidenze scientifiche per affrontare la malnutrizione in seguito alla SLA.
-individuare delle strategie infermieristiche per favorire la nutrizione di pazienti affetti
dalla SLA.
1.3. Metodo di lavoro
È stata effettuata una revisione di letteratura. Sono stati utilizzati diversi strumenti a
disposizione come libri inerenti al tema presso la biblioteca SUPSI, motori di ricerca, siti
internet, consultazione con gli esperti e banche dati, in particolare PubMed, Elsevier,
Cinhal, Cochrane e UpToDate. Le parole chiave utilizzate nel percorso di ricerca
sulle banche dati sono: Amyotrophic Lateral Sclerosis, Complications,
2 Malnutrition, Malnutrition risk factors, Malnutrition Signs, Nursing care e Nursin
interventions.
Per approfondire e rispondere agli obiettivi di ricerca ho svolto un lavoro in tre fasi. La
prima è costituita da una descrizione dello svolgimento del mio elaborato e da un
quadro teorico che permette di avere una visione più completa della malattia. In questa
fase è stata svolta una prima revisione della letteratura per poter individuare la
fisiopatologia, l’epidemiologia, la sintomatologia, i fattori di rischio, le cause e le
complicanze della SLA e in particolare la malnutrizione dovuta ad essa.
Nella seconda parte del lavoro ho risposto alla domanda di ricerca attraverso una
seconda revisione della letteratura e l’analisi del materiale raccolto, che ha permesso di
mettere in luce quali sono le evidenze scientifiche sulla presa a carico infermieristica di
pazienti con malnutrizione causata dalla SLA sia dal punto di vista preventivo che della
promozione della nutrizione.
Nella terza parte ho concluso il lavoro mettendo in discussione i risultati ottenuti dalla
ricerca e valutando il percorso seguito nell’elaborazione del lavoro e gli obiettivi
raggiunti, nonché i possibili sviluppi della ricerca.
2. QUADRO TEORICO
2.1. Malattia del motoneurone
La malattia del motoneurone si riferisce ad un gruppo di disturbi progressivi
caratterizzati dalla distruzione dei motoneuroni superiori nel ponte, nel bulbo e nel
midollo spinale insieme con la perdita dei primi motoneuroni nella corteccia motoria del
cervello. Il processo è notevolmente selettivo, lasciando integre le funzioni sensoriali,
cerebellari, sensitive e quelle autonomiche. Si instaura una progressiva difficoltà nel
compiere qualsiasi azione, con una riduzione graduale della forza muscolare che
sottomette il paziente. (Miller e Britton 2011; Wilkinson e Graham 2007). La causa della
perdita neuronale nella malattia non è nota, anche se sono state proposte molte teorie
al proposito (Stokes 2000).
La presentazione clinica della malattia tende ad essere insidiosa e variabile da un
paziente all'altro, ciò dipende dai seguenti fattori: 1) se sono compromessi in maniera
preminente i motoneuroni superiori o inferiori; 2) quali muscoli sono colpiti (bulbari, arti
superiori, tronco, arti inferiori) maggiormente dalla malattia e 3) la percentuale di perdita
cellulare.
Ci sono diversi tipi di classificazione di queste patologie. Miller e Britton (2011)
descrivono quattro tipi di esordi negli adulti: la sclerosi laterale amiotrofica (SLA),
l’atrofia muscolare progressiva, la paralisi bulbare progressiva e la sclerosi laterale
primaria.
La SLA è responsabile di circa il 66% di tutte le malattie del motoneurone ed è più
comune nell'età avanzata (Stokes 2000).
2.2. Accenni anatomici e fisiologici: neuroni motori e le vie di trasmissione
dell’impulso
Un motoneurone è una cellula efferente del sistema nervoso che attiva direttamente o
indirettamente la contrazione dei muscoli volontari o controlla il loro tono e il loro
movimento. I motoneuroni che si occupano di comunicare con i muscoli, sono sotto il
3 controllo del sistema nervoso centrale autonomo e non controllano le contrazioni dei
muscoli viscerali (Miller e Britton 2011).
Esistono principalmente due tipi di neuroni motori, quelli superiori e quelli inferiori.
I motoneuroni superiori, ovvero i primi motoneuroni, sono situati maggiormente nella
corteccia cerebrale. Inviano impulsi dai livelli superiori del sistema nervoso, soprattutto
dal cervello anteriore, alle cellule neuronali (motoneuroni inferiori) situate nei livelli più
bassi del sistema nervoso centrale, in particolare nel tronco cerebrale e nel midollo
spinale e sono essenziali per l’esecuzione dei movimenti volontari del corpo (Miller e
Britton 2011). Altri motoneuroni superiori invece, originano dai centri motori del tronco
encefalico e regolano il tono muscolare, controllano i muscoli posturali e aiutano a
mantenere l’equilibrio e l’orientamento della testa e del corpo. Sia i nuclei della base sia
il cervelletto influenzano sui motoneuroni superiori.
I motoneuroni inferiori, in altre parole i secondi motoneuroni, che sono situati nella zona
grigia del tronco cerebrale e il midollo spinale, vengono attivati e modulati dai
motoneuroni superiori (Miller e Britton 2011). Dal tronco encefalico i loro assoni si
estendono attraverso i nervi cranici per innervare i muscoli scheletrici della faccia e
della testa. Dal midollo spinale, invece, partono gli assoni dei motoneuroni inferiori che
attraverso i nervi spinali innervano i muscoli scheletrici degli arti del tronco (Tortora e
Derrickson 2011).
Gli assoni dei motoneuroni superiori si estendono dall'encefalo ai motoneuroni inferiori
attraverso due tipi di vie motorie somatiche: diretta e indiretta, piramidale
rispettivamente extrapiramidale (Tortora e Derrickson 2011).
La via motoria diretta (via piramidale) trasporta input ai motoneuroni inferiori a partire
dalla corteccia cerebrale, mentre la via motoria indiretta (via extrapiramidale) dal tronco
encefalico. Entrambe le vie, diretta e indiretta, controllano la generazione degli impulsi
nervosi nei motoneuroni inferiori che a loro volta stimolano la contrazione dei muscoli
scheletrici (Tortora e Derrickson 2011).
Il controllo dei movimenti del corpo avviene attraverso circuiti nervosi in parecchie
regioni dell'encefalo. L'area motoria primaria, localizzata nel giro precentrale del lobo
frontale della corteccia cerebrale, cosi come l'area pre-motoria adiacente, costituiscono
una regione fondamentale per il controllo e l'esecuzione dei movimenti volontari.
Muscoli diversi hanno una
diversa
rappresentazione
nell'area
motoria
primaria.
Un'area maggiore è dedicata ai
muscoli implicati in movimenti
fini o complessi (Tortora e
Derrickson 2011).
La comunicazione tra il cervello
e il midollo spinale avviene
attraverso due vie principali in
cui gli assoni dei neuroni
cerebrali scendono lungo il
Figura 1: I tratti discendenti del midollo spinale (Bear, Connors,
midollo. La prima via corre nella
e Paradiso 1999).
colonna laterale del midollo, la
seconda invece nella colonna ventromediale. La via laterale è coinvolta nel
movimento volontario della muscolatura distale ricevendo input dalla corteccia, mentre
4 la via ventromediale è coinvolta nel controllo della postura, stimolata dal tronco
encefalico (Bear, Connors, e Paradiso 1999).
La via laterale: La componente principale della via laterale è il tratto corticospinale
che si origina nella neocorteccia e risulta il più lungo ed uno dei più larghi tratti del SNC
(Bear, Connors, e Paradiso 1999). La via corticospinale porta gli impulsi nervosi dalla
corteccia motoria ai muscoli scheletrici del lato opposto del corpo per i movimenti del
tronco e delle parti prossimali degli arti, specialmente i movimenti volontari precisi delle
parti distali degli arti. Gli assoni dei motoneuroni superiori attraversando il midollo
allungato s’incrociano e vanno al lato controlaterale del midollo spinale a formare
questo tratto. Questi motoneuroni superiori terminano nella sostanza grigia del corno
anteriore del midollo spinale e fanno sinapsi con i motoneuroni inferiori, che innervano i
muscoli scheletrici (Tortora e Derrickson 2011).
Un componente di dimensione più piccole della via laterale è il tratto rubrospinale,
che origina nel nucleo rosso del mesencefalo (Bear, Connors, e Paradiso 1999). Porta
impulsi nervosi dal nucleo rosso (che riceve stimoli dalla corteccia cerebrale e dal
cervelletto) ai muscoli scheletrici che governano i movimenti volontari precisi delle parti
distali degli arti superiori (Tortora e Derrickson 2011).
La via ventromediale: È costituita da quattro tratti discendenti che originano nel tronco
encefalico e terminano negli interneuroni spinali che controllano i muscoli prossimali ed
assiali. Questi tratti sono: il tratto vestibolospinale, tettospinale, reticolospinale
pontino
e
quello
reticolospinale bulbare.
Da un punto di vista
funzionale, i quattro tratti
vengono divisi in due
gruppi:
(1)
i
tratti
vestibolospinale
e
tettospinale controllano la
postura del capo e del
collo;
(2)
i
tratti
reticolospinali pontino e
bulbare controllano la
postura del tronco e i
muscoli antigravitari degli
arti (Bear, Connors, e
Paradiso 1999).
Entrambi
i
percorsi
laterale e ventromediali
devono
funzionare
in
modo ottimale per poi
poter fornire gli impulsi ai
motoneuroni inferiori con
Figura 2: Breve descrizione dei tratti spinali discendenti e della loro
un flusso equilibrato, che
origine (Bear, Connors, e Paradiso 1999).
a loro volta trasmettono
una corretta informazione
ai muscoli per garantire i movimenti volontari in un modo qualificato e equilibrato (Miller
e Britton 2011).
5 2.3. Sclerosi Laterale Amiotrofica
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è la forma più comune di malattia progressiva del
motoneurone. Rappresenta un esempio paradigmatico di malattia neurodegenerativa e
può essere considerata la più devastante di tali patologie (Hauser 2007). La SLA è
conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, dal nome del famosissimo giocatore
statunitense di baseball che ne fu colpito, o malattia di Charcot dal nome del neurologo
francese che per primo la scoprì alla fine dell'800. La caratteristica principale di questa
malattia è la neurodegenerazione progressiva, attualmente incurabile, che causa
debolezza muscolare, disabilità e morte (Elman e McCluskey 2014).
Sebbene in questo lungo periodo di tempo siano stati realizzati importanti progressi nel
campo della ricerca, rimane ancora una malattia per molti aspetti ignota (Miller e Britton
2011).
La SLA può essere definita come un disturbo neurodegenerativo caratterizzato da una
progressiva paralisi muscolare causata dalla degenerazione dei neuroni motori nella
corteccia motoria primaria, nel tronco cerebrale e nel midollo spinale. La
denominazione "Amiotrofica" si riferisce all’atrofia delle fibre muscolari, che sono
denervate in conseguenza della degenerazione delle cellule delle corna anteriori,
portando a debolezza dei muscoli interessati e a fascicolazioni visibili. "Sclerosi
laterale" si riferisce ad una durezza della via laterale discendente (Wijesekera e Leigh
2009).
2.3.1. Patofisiologia
Tortora e Derrickson (2011, 587) affermano che “la SLA interessa le aree motorie della
corteccia cerebrale, gli assoni dei motoneuroni superiori nelle colonne laterali della
sostanza bianca (tratto corticospinale e rubrospinale ovvero la via laterale) e i corpi
cellulari dei motoneuroni inferiori“.
Sebbene l'esordio della SLA possa causare una perdita selettiva di funzione del solo
primo o del secondo motoneurone, alla fine porta inesorabilmente alla perdita
progressiva di entrambe le categorie di motoneuroni. Infatti, la diagnosi della SLA è
discutibile in assenza di un chiaro coinvolgimento sia del primo sia del secondo
motoneurone. Altre malattie del motoneurone coinvolgono solo particolari
sottopopolazioni di motoneuroni (Hauser 2007).
È possibile riscontrare una proliferazione di astroglia e microglia (detta Gliosi) che
accompagna inevitabilmente tutte le patologie degenerative del sistema nervoso
centrale (Hauser 2007). La perdita delle fibre delle colonne laterali e la conseguente
gliosi fibrillare conferiscono una particolare consistenza che a volte si vede nel cervello
dei pazienti con la SLA attraverso risonanza magnetica (sclerosi) (Maragakis e GalvezJimenez 2014).
La morte dei neuroni motori del tronco cerebrale e del midollo spinale causa
denervazione con conseguente atrofia delle fibre muscolari corrispondenti. Nelle fasi
precoci della malattia i muscoli denervati possono essere reinnervati; ma il processo di
“reinnervazione” in questa patologia è notevolmente meno esteso che nella maggior
parte delle altre malattie del motoneurone. Con il progredire della denervazione, l'atrofia
muscolare diventa facilmente riconoscibile all'esame obiettivo e alle biopsie muscolari.
Tale atrofia muscolare viene identificata con il termine “amiotrofia neurogena”
(amiotrofico).
Il coinvolgimento all'interno del sistema motorio risponde a criteri di selettività. Per
esempio, i motoneuroni che controllano la motilità oculare non sono mai interessati,
6 così come i neuroni parasimpatici localizzati nel midollo spinale sacrale che innervano
gli sfinteri intestinale e vescicale (Hauser 2007).
2.3.2. Epidemiologia
Secondo la classificazione di Maragakis e Galvez-Jimenez (2014), la sclerosi laterale
amiotrofica può venir classificata come forma sporadica (idiopatica) o forma familiare.
Nel 5-10% dei casi la SLA è una malattia ereditaria di carattere genetico con una
trasmissione in genere autosomica dominante e raramente recessiva (McCluskey e
Falcone 2013). Nel caso in cui, nella stessa famiglia, ci sia stato almeno un altro caso di
della SLA, allora è del tipo familiare. Il restante 90-95% dei casi di SLA è di forma
sporadica in cui non c'è alcuna familiarità genetica trasmissibile da padre in figlio
(Maragakis e Galvez-Jimenez 2014). Non vi sono differenze tra la SLA geneticamente
determinata e la SLA sporadica poiché i quadri clinici sono sostanzialmente
sovrapponibili (Miller e Britton 2011).
Come afferma Sathasivam (2008) la SLA è conosciuta come la malattia
neurodegenerativa più diffusa e rapidamente progressiva in età adulta e ha
un'incidenza di circa 1-2 / 100000/anno e una prevalenza di circa 6/100 000/anno in
tutto il mondo. Mentre, Corcia e Meininger (2008) evidenziano che la sua incidenza è
più o meno uniforme in tutto il mondo ed è di circa 1,1/100 000, ma potrebbe variare da
0,2/100000 a 2,4/100000/anno.
La SLA predomina nei maschi, con un rapporto di 1.6: 1 tra i sessi (maschi e femmine).
I tassi d’incidenza della SLA in Europa e Nord America oscillano tra 1,5 e 2,7 per
100.000 persone in un anno, mentre i tassi di prevalenza variano tra 2,7 e 7,4 per
100.000 persone. Negli Stati Uniti, sono diagnosticati circa 7000 nuovi casi di SLA ogni
anno. Una revisione sistematica dei dati epidemiologici mondiali ha concluso che
l'incidenza della SLA può essere inferiore tra africani, asiatici, e gruppi etnici ispanici
che tra i caucasici. Incidenza e mortalità della SLA sono lentamente aumentate nel
corso dei decenni. Questo aumento potrebbe essere dovuto all’aspettativa di vita più
lunga (Maragakis e Galvez-Jimenez 2014).
Non è stato possibile reperire i dati attendibili svizzeri.
L’età di picco d’insorgenza è tra 58-63 anni per la SLA sporadica e tra 47-52 anni per la
SLA familiare. La SLA sporadica è più comune nei giovani maschi che nelle giovani
donne, mentre dopo i 65 anni, l'incidenza è uguale in tutti e due gruppi. La SLA
familiare colpisce maschi e femmine a tassi simili (Schub e Buckley 2014).
2.3.3. Prognosi
Una valutazione della progressione della malattia è difficile: anche se sono state
sviluppati diverse scale funzionali e nuovi test neurofisiologici nessuno ha sufficiente
certezza diagnostica o prognostica (Jinsy 2009). La sopravvivenza media è compresa
tra 20 a 48 mesi (Miller e Britton 2011). Circa il 50% dei pazienti sopravvive per circa 30
mesi dopo l'insorgenza dei sintomi (Jinsy 2009). Il 15% dei pazienti con la SLA
sopravvive per 5 o più anni, mentre solo il 5% sopravvive per più di 10 anni (Schub e
Buckley 2014).
Importanti indicatori prognostici di sopravvivenza includono il fenotipo clinico, cioè il sito
d’insorgenza (bulbare o spinale), l’età d’insorgenza dei sintomi, il tempo tra l’esordio dei
sintomi e la diagnosi, il declino della capacità vitale forzata e l'uso di Riluzolo (vedi pag.
12). Una misura clinica utile è la scala rivisitata di valutazione funzionale della SLA
(ALSFRS-R). Come strumento, la ALSFRS-R monitora la progressione della disabilità
7 nei pazienti con la SLA e si compone di 12 elementi che valutano i livelli di
autosufficienza dei pazienti in aree che coinvolgono la nutrizione, la cura di sé, la
deambulazione, la comunicazione, la dispnea, l’ortopnea e il supporto ventilatorio
applicato. Ogni item è classificato secondo una scala da zero a quattro punti; più basso
è il punteggio, più grave è la malattia (Salvioni 2014). La progressione della malattia
può essere variabile; sapendo che alcune persone sopravvivono (più) a lungo è una
fonte importante di speranza per i pazienti con la SLA. Tempi di sopravvivenza maggiori
si verificano con la sclerosi laterale primaria (Jinsy 2009; Wijesekera e Leigh 2009). La
prognosi peggiore è determinata dall’insorgenza nell'età avanzata e l’insorgenza
bulbare, mentre la causa più comune di morte è l’insufficienza respiratoria (Greenwood
2013).
Una bassa percentuale (5%) di pazienti sviluppa demenza frontotemporale
caratterizzata da profondi cambiamenti cognitivi che influiscono significativamente
sull’evoluzione, sulla prognosi e sugli interventi necessari riguardanti la malattia. Mentre
nella maggior parte della popolazione colpita dalla SLA la mente e le capacità
intellettive e cognitive rimangono inalterate (Miller e Britton 2011).
2.3.4. Cause e fattori di rischio
La causa primaria della SLA resta ancora da determinare e attualmente la si considera
come una malattia multifattoriale. È probabile che sia causata da una combinazione di
fattori genetici e ambientali (Ngo, Steyn, e McCombe 2014). Commenti recenti sul ruolo
dei fattori di rischio ambientali nella causalità della SLA hanno concluso che non vi è
alcuna associazione coerente tra un singolo fattore ambientale e il rischio di sviluppare
la SLA. La maggior parte degli autori favorisce un'ipotesi di complessa interazione
genetico-ambientale come fattore causale per la degenerazione dei motoneuroni
(Wijesekera e Leigh 2009).
Fattori di rischio esogeni che sono stati associati allo sviluppo della SLA sono stati
elencati ed analizzati da Maragakis e Galvez-Jimenez (2014) e comprendono: servizio
militare, lavoro agricolo, lavoro in fabbrica, lavoro manuale pesante, esposizione a
saldatura o brasatura, fumo di sigaretta, esposizione a metalli pesanti, lavoro nel
settore delle materie plastiche, uso ripetitivo dei muscoli, atletismo, giocare a calcio,
traumi e shock elettrico professionale. Applicando un approccio basato sulle evidenze,
si è constatato che tra tutti questi fattori, solo il fumo è associato allo sviluppo della
SLA, mentre gli altri fattori di rischio sono stati debolmente correlati. Alcuni studi recenti
hanno stimato il rischio relativo (RR) della SLA di 0,8-1,67 nei fumatori rispetto ai non
fumatori, indipendentemente dall’età, dal livello d’istruzione e di occupazione (Armon
2009; Wijesekera e Leigh 2009). Maragakis e Galvez-Jimenez (2014) affermano che gli
unici fattori di rischio dimostrati e stabiliti per la SLA, oltre al fumo di sigaretta, sono l'età
e la storia familiare.
Com’è stato accennato prima, la SLA è stata delineata la prima volta nel ‘800. Sebbene
in questo lungo periodo di tempo siano stati realizzati importanti progressi nel campo
della ricerca, il meccanismo responsabile della degenerazione delle cellule
motoneuronali non è stato identificato. Sono state ipotizzate e studiate alcune teorie
che vengono qui di seguito descritte:
•
Genetica: Fino ad oggi, è stata identificata l'eziologia genetica della SLA
familiare e di circa il 10% del tipo sporadico, rimane ancora ignoto quanto la
8 genetica sia responsabile nella percentuale rimanente della SLA sporadica e
quanto lo siano altri fattori, quali l’esposizione ambientale, l’invecchiamento o lo
stile di vita. Sono stati identificati più di 25 geni legati alla SLA (Marangi e
Traynor 2014); alcune di queste mutazioni sono state identificate
occasionalmente anche in pazienti con la SLA sporadica (Maragakis e GalvezJimenez 2014).
Oltre al fattore genetico studiato dagli autori sopracitati, Wijesekera e Nigel (2008)
hanno evidenziato altre cause tra le quali:
•
•
•
•
•
•
•
Accumulo di rifiuti tossici: All’interno dei motoneuroni dei pazienti con la SLA,
il livello degli antiossidanti è basso e sono poco efficienti; si accumulano, quindi, i
rifiuti tossici che sono nocivi per la vita delle cellule.
Disfunzione mitocondriale: Nei malati della SLA, i mitocondri non lavorano più
in modo adatto e sono stati descritti anomalie e mutazioni nella morfologia
mitocondriale e nel DNA mitocondriale.
Squilibrio dei livelli di glutammato: Excitotoxicity è un termine che indica un
danno neuronale indotto da un eccesso di glutammato (neurotrasmettitore
eccitatorio del SNC) che è dovuto a un’eccessiva stimolazione dei recettori del
glutammato post-sinaptici.
Trasporto assonale compromesso.
Formazione di aggregati proteici: Nei motoneuroni di molti pazienti con la SLA
si accumulano degli aggregati proteici a livello assonale causando disfunzione
cellulare.
Mancanza di fattori nutrienti: Nelle persone che soffrono della SLA si è notata
la mancanza di fattori nutrienti essenziali a livello dei motoneuroni.
Disfunzione delle cellule non neuronali: La mutazione del gene SOD1 causa
l’attivazione e il coinvolgimento anomalo delle cellule microglia e delle cellule
dendritiche (cellule specializzate nella cattura di antigeni). Queste cellule attivate
non neuronali, producono citochine infiammatorie come Interleuchine, COX-2,
TNF e MCP-1 che sono tossiche per i motoneuroni.
Inoltre, Sommers (2010) accenna un’altra teoria riguardante lo sviluppo della malattia,
la quale ipotizza che la causa possa essere un’infezione virale, che crea un disturbo
metabolico nei motoneuroni, o una risposta autoimmune diretta contro i motoneuroni.
Secondo l’autore, i fattori scatenanti includono esaurimento fisico, grave stress,
infezioni virali, condizioni come infarto del miocardio, malnutrizione e lesioni
traumatiche.
2.3.5. Sintomatologia
La SLA è rapidamente progressiva e incurabile. L’insorgenza iniziale è spesso
insidiosa, asimmetrica, e in una regione focale del corpo (Miller e Britton, 2011). La
presentazione clinica della SLA è variabile da persona a persona e dipende dal tipo
dell’insorgenza della malattia. Tre principali presentazioni cliniche possono essere
riconosciute: lesioni del motoneurone spinale (cervicale, toracico o lombo-sacrale),
bulbare o centrale (Muscarioti et al. 2012; Wijesekera e Nigel 2008).
Nell’80% dei pazienti i sintomi sono legati alla lesione iniziale dei motoneuroni del
midollo spinale (i nervi spinali toracici o lombo-sacrali) cioè di tipo a insorgenza
9 spinale (spinale onset). Gli esami obiettivi sulla SLA con questa modalità
d’insorgenza, di solito rivelano atrofia muscolare focale che coinvolge a livello degli arti
prossimali soprattutto i muscoli delle mani, gli avambracci e le spalle, mentre a livello
distale interessa le cosce e la muscolatura del piede (Wijesekera e Nigel 2008). Un
sintomo principale causato dalla atrofia è la debolezza muscolare. Nell’insorgenza
spinale, la debolezza è riscontrabile negli arti. Raramente, i pazienti possono notare
l’atrofia muscolare focale prima della comparsa della debolezza. Se la manifestazione
coinvolge le mani e/o le dita, il paziente potrà avere difficoltà in attività quotidiane come
vestirsi, lavarsi o mangiare. Se, invece, viene interessato un arto inferiore, il sintomo
conseguente può essere un piede cadente o, ancora, perdita di equilibrio,
deambulazione impacciata, difficoltà nella coordinazione del movimento e fatica. La
debolezza si aggrava conseguentemente al freddo (Vanzetta 2007; Wijesekera e Nigel
2008).
La spasticità è un altro sintomo comune nella SLA con esordio spinale. Durante le fasi
tardive della malattia, i pazienti possono sviluppare spasmi flessori, che sono spasmi
involontari e si verificano in alcune parti del corpo. Gradualmente, la spasticità può
svilupparsi negli arti atrofici e colpire l'abilità manuale e l'andatura (Wijesekera e Nigel
2008).
Ulteriori sintomi possono essere: disfunzione della vescica (come urgenza della
minzione), sintomi sensoriali, sintomi cognitivi e coinvolgimento multisistemico (ad
esempio la demenza, parkinsonismo) (Wijesekera e Nigel 2008).
Alla fine la maggior parte dei pazienti con un esordio spinale continua a sviluppare
sintomi bulbari e sintomi respiratori (anche se non necessariamente in questo ordine)
(Wijesekera e Nigel 2008).
In circa il 25-30% dei pazienti le lesioni dei motoneuroni interessano il tronco
cerebrale/bulbare (tipo bulbare) e di conseguenza la debolezza muscolare si
manifesta a livello dei muscoli innervati dai nervi cranici, ad esempio vengono colpiti i
muscoli responsabili della fonazione, della respirazione e della deglutizione.
Paralisi bulbari e paralisi pseudobulbare implicano che la causa sia, rispettivamente, nei
motoneuroni inferiori o superiori che innervano questi muscoli.
Nei due casi sono presenti segni fisici specifici (Wilkinson e Lennox 2007; Vanzetta
2007):
I pazienti con la SLA d’insorgenza bulbare, si caratterizzano dall'incapacità iniziale di
pronunciare fonemi consonantici, la manifestazione evolve in una totale inabilità di
protrusione della lingua con ridotta mobilità del velo palatino causando disartria del
discorso (Muscarioti et al. 2012; Wijesekera e Nigel 2008). Quando sono coinvolti i
nervi cranici, appaiono paralisi del viso, della lingua, delle labbra e della faringe,
provocando modifiche nella masticazione e una difficoltà di deglutizione per solidi e
liquidi (Muscarioti et al. 2012). Il progressivo deterioramento della funzione bulbare
determina la perdita di peso. Quasi tutti i pazienti con sintomi bulbari sviluppano
scialorrea (una sovrapproduzione di saliva) a causa di difficoltà di deglutizione della
saliva e della debolezza facciale bilaterale. Inoltre, l'interessamento dei muscoli
respiratori può portare a una progressiva insufficienza respiratoria (Muscarioti et al.
2012; Thibodeaux e Gutierrez 2008; Vanzetta 2007). Questi pazienti presentano
sintomi d’ipoventilazione notturna come dispnea, ortopnea, disturbi del sonno, mal di
testa mattutino, eccessiva sonnolenza durante il giorno, anoressia, diminuzione della
concentrazione e irritabilità o cambiamenti di umore. I sintomi bulbari possono
svilupparsi contemporaneamente a quelli spinali e nella maggioranza dei casi si
verificano in 1-2 anni.
10 Nel 50% dei pazienti con la SLA, si riscontrano sintomi pseudobulbari, come labilità
emotiva ed eccessivi sbadigli. I pazienti possono improvvisamente piangere o ridere in
modo incontrollato e fuori dal contesto, indipendentemente dal loro stato d'animo
prevalente. Questa incontinenza emotiva può essere socialmente invalidante e avere
un impatto negativo sulla qualità di vita (Maragakis e Galvez-Jimenez 2014,
Thibodeaux e Gutierrez 2008; Wijesekera e Nigel 2008).
Le lesioni dei motoneuroni centrali (insorgenza centrale) sono caratterizzate da un
aumento del riflesso propriocettivo (senso della posizione e del movimento) e della
spasticità, dai disturbi trofici (Trophic disturb), da paralisi glossofaringeale e da
alterazioni della masticazione e della deglutizione (Muscarioti et al. 2012).
Circa il 50-60% dei pazienti lamenta un dolore di tipo muscoloscheletrico (Stokes 2000),
che è determinato da crampi o erosioni della cute (Maragakis e Galvez-Jimenez 2014;
Stokes 2000). Altri sintomi della SLA sono: la depressione, l’ansia, l’insonnia, la
stitichezza, la ritenzione urinaria e la riduzione dell’ammiccamento degli occhi che
possono portare allo sviluppo di ulcerazioni, infezioni secondarie agli occhi (Stokes
2000).
Tuttavia, i pazienti che vengono tenuti in vita da tracheotomia e ventilazione assistita,
giungono ad un severo stato di paralisi motoria di tutti i muscoli volontari, definito come
sindrome di “locked-in” (Katzberg e Benatar 2011).
2.3.6. Complicanze
Le complicanze, che derivano dalle difficoltà di deglutizione, possono anche essere
fatali e sono: La polmonite da aspirazione, la malnutrizione e la disidratazione
(Katzberg e Benatar 2011).
Le cause più comuni di morte nella SLA sono l’insufficienza respiratoria e le
complicanze polmonari associate. In alcuni casi documentati l’insufficienza respiratoria
acuta è stata la prima manifestazione della malattia, ma di solito si tratta, invece, di una
manifestazione tardiva. La malattia polmonare è provocata dalla debolezza progressiva
della muscolatura del diaframma, come pure di quella intercostale, accessoria e
addominale. Ripetuti episodi di aspirazione e di ritenzione di secrezioni a causa di
debolezza bulbare e tosse inefficace causano micro-atelectasie polmonari1.
La respirazione diventa inefficiente e ne consegue un’ipoventilazione cronica. I sintomi
più evidenti d’insufficienza respiratoria sono la dispnea da sforzo e l’ortopnea.
Tuttavia, il primo indicatore d’insufficienza respiratoria può essere il problema del
sonno, correlato a disfunzione respiratoria in forma di frequenti risvegli notturni, che si
manifesta come sonno non ristoratore, mal di testa mattutino, eccessiva sonnolenza
diurna, stanchezza invalidante e disfunzioni cognitive. La debolezza del muscolo
diaframmatico nella SLA diventa evidente durante il sonno REM, quando è
sostanzialmente l'unico muscolo ad eseguire il lavoro respiratorio; la posizione supina
nel sonno peggiora la condizione. Per i pazienti in cui il coinvolgimento bulbare è
significativo, l’aumento della resistenza delle vie aeree superiori durante l'inspirazione
provoca episodi di apnea ostruttiva, complicando ulteriormente le anomalie ventilatorie
durante il sonno; anche l’apnea centrale può svolgere un ruolo in tal senso (Thibodeaux
e Gutierrez 2008).
1 C ondizione
patologica del polmone caratterizzata da assenza o marcata riduzione del contenuto in aria di questo
organo. La sua comparsa in un polmone precedentemente normale potrebbe essere la conseguenza di processi
patologici che portano all’occlusione di un bronco. 11 Le altre complicanze che si presentano frequentemente sono la malnutrizione e la
disidratazione. Entrambe possono essere variabilmente, ma significativamente,
influenzate durante il corso della malattia (Muscarioti et al. 2012).
Fattori di rischio di malnutrizione nella SLA comprendono: depressione, difficoltà
comunicative nell’esprimere i propri bisogni, mancanza di appetito, fatica in assunzione
del cibo e prolungamento di durata dei pasti, scialorrea, problemi respiratori, mancanza
di autonomia nell’assunzione del cibo e nel preparare i pasti, astinenza da cibo e liquidi
per evitare il bisogno di andare in bagno, ipermetabolismo, stipsi, declino cognitivo o
demenza, disfagia e ansia (Greenwood 2013).
La perdita di peso e la malnutrizione possono essere causa di altre complicanze, le
quali di per sé possono aggravare o accelerare il decorso della malattia (perdita della
funzione muscolare, immunità compromessa, riduzione di vitalità del tessuto e
conseguente progressivo deterioramento clinico) (Greenwood 2013).
2.3.7. Trattamento
Un trattamento specifico per la SLA non è attualmente disponibile. Gli interventi medici
sono focalizzati sul rallentare la progressione della malattia per allungare la
sopravvivenza, mettendo in atto interventi profilattici per ridurre al minimo il rischio di
effetti secondari e complicanze, per il mantenimento della qualità di vita, e per facilitare
la capacità decisionale dei pazienti durante la progressione della malattia (Greenwood
2013; Miller e Britton 2011).
L'unico farmaco attualmente approvato per il trattamento della SLA è il Rilutek®, un
agente di Glutammato-modulante che contiene il principio attivo Riluzolo (Greenwood
2013; Miller e Britton 2011) . Studi clinici hanno dimostrato un rallentamento della
progressione della malattia in alcuni soggetti che hanno utilizzato questo farmaco
(Miller e Britton 2011). Il meccanismo di azione del Riluzolo non è del tutto certo, ma si
pensa che faccia interferenza sui canali del sodio, inibisca il rilascio del glutammato dai
terminali pre-sinaptici e aumenti l’assorbimento extracellulare del glutammato. L’uso del
Riluzolo a 100 mg al giorno per una durata di 18 mesi presumibilmente prolunga la
sopravvivenza mediana da 2-3 mesi. Il farmaco è generalmente ben tollerato ma
esistono anche dei possibili effetti collaterali (Andrews 2009; Wijesekera e Leigh 2009).
Nonostante i vantaggi del Riluzolo, l'effetto marginale e modesto del farmaco sulla
sopravvivenza ci conferma che questo non può essere una cura definitiva per la SLA. Il
costo annuale per il trattamento con il Riluzolo negli Stati Uniti ammonta a $ 10 000 /
paziente, e a £ 2.865 / paziente nel Regno Unito, e questo costo esorbitante pone
alcune speculazioni sul fatto di quanto vale la pena l’utilizzo di tale farmaco (Andrews
2009; Wijesekera e Leigh 2009).
È probabile che una terapia efficace e di successo comporterà una combinazione di
interventi di attività nutrizionali e fisiche, al fine di operare su diversi meccanismi
coinvolti nella patogenesi della SLA. Un approccio globale per il trattamento di questa
malattia multiforme non solo sarebbe l'ideale per rallentare la progressione della SLA,
ma anche per migliorare la qualità della vita nel corso della durata della malattia (Patel
e Hamadeh 2009).
Accanto alla terapia con il Riluzolo, un miglioramento significativo dei sintomi presentati
dal paziente è ottenibile con un trattamento sintomatico (Vanzetta 2007).
Sono di estrema importanza per le persone con la SLA, la gestione della respirazione,
l'alimentazione e la comunicazione (Miller e Britton 2011).
12 2.4. Malnutrizione
“L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la malnutrizione come lo
squilibrio cellulare tra apporto di nutrienti e di energia necessaria al corpo per garantire
la crescita, il mantenimento, e le funzioni specifiche dell’organismo. Principalmente, la
malnutrizione avviene quando il corpo non riceve abbastanza energia o nutrienti
essenziali come proteine, vitamine, minerali o altre sostanze nutrienti indispensabili per
mantenere i tessuti sani e le funzioni degli organi” (EUFIC 2015; Prudhon et al. 2006).
“Tale condizione comporta un eccesso di morbilità e mortalità o un’alterazione della
qualità di vita” (Amerio e Domeniconi 2010).
“La condizione non si limita solo alle persone evidentemente denutrite, infatti, ne
possono soffrire anche le persone in sovrappeso e obese” (EUFIC 2015). Si possono
identificare una malnutrizione per eccesso (sovranutrizione: obesità) e una
malnutrizione per difetto (sottonutrizione) (Amerio e Domeniconi 2010). Tuttavia, in
questo lavoro, il termine si riferisce specificamente a coloro che sono malnutriti a causa
della scarsa nutrizione.
2.4.1. Malnutrizione e patologie neurologiche
L’apporto di nutrienti svolge indubbiamente un ruolo chiave nello stato nutrizionale di
ogni individuo e poiché l’assunzione e la digestione è regolata dal sistema nervoso
centrale (SNC), qualsiasi analisi di malattie neurologiche richiede di tenere in
considerazione il loro potenziale impatto sulla nutrizione. Il SNC agisce non solo
attraverso vari meccanismi interni come l'omeostasi del glucosio e degli elettroliti, ma
attiva anche la sensazioni di fame e di sete. È quindi evidente che se delle lesioni
colpiscono le zone del SNC che in qualche maniera controllano il nutrimento, lo stato
nutrizionale sarà più o meno modificato in funzione sia del grado di lesione che della
acutezza o cronicità della malattia o della sua localizzazione (Vilà 2014).
Lo stato nutrizionale, da un punto di vista generale, è diverso nelle malattie
neurologiche acute, che spesso colpiscono persone con un buono stato nutrizionale
prima dell’esordio. Facendo invece riferimento a casi di trauma cranico, a lesioni del
midollo spinale o a patologie neurologiche croniche, si può notare maggiormente un
cattivo stato nutrizionale, perché di solito queste malattie colpiscono le persone anziane
con un certo grado di malnutrizione già prima dell’esordio della malattia (Vilà 2014).
Le persone con deficit neurologici possono non essere in grado di preparare i propri
pasti da sé o possono avere difficoltà di deglutizione: questo influisce sul tipo di cibo
che assumono, oltre a rappresentare un motivo d’imbarazzo sociale poiché possono
tossire inaspettatamente o avere scialorrea. Inoltre, possono affaticarsi facilmente e
non avere molta voglia di mangiare se sono di umore depresso. Questa tipologia di
disturbi si manifesta in molte condizioni neurologiche, una delle quali è la SLA (Iggulden
2007).
Questo capitolo si concentra sul rischio di malnutrizione. Si è scelto di trattare questo
aspetto perché è quello che più frequentemente si riscontra nei pazienti con la SLA e
che implica la necessità di rispondere ai loro bisogni nutrizionali mettendo in atto degli
interventi adeguati.
2.4.2. Malnutrizione e SLA
Come già accennato, la malnutrizione è un indicatore prognostico significativo e
indipendente di sopravvivenza nella SLA. Il grado di malnutrizione è indipendente dal
13 livello di compromissione delle funzioni neurologiche e ha un impatto negativo sulla
qualità di vita.
Il malato, durante il decorso della malattia, tende a perdere peso. Quando la perdita di
peso supera il 10% del peso corporeo abituale rispetto al peso usuale negli ultimi sei
mesi o quando l’indice di massa corporea (BMI) è inferiore a 18,5 kg / m2 siamo in
presenza di indici relativi a una malnutrizione e di indicatori negativi di sopravvivenza
nella SLA (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Desport et al. 1999; et al. 2013; Muscaritoli
et al. 2012).
Un basso indice di massa corporea e la malnutrizione influenzano negativamente il
decorso della malattia e la sopravvivenza in pazienti con la SLA. In pazienti malnutriti
con la SLA è stato rilevato un aumento del rischio di mortalità fino a 7,7 volte (Braun,
Osecheck, e Joyce 2012; Corcia e Meininger 2008; Desport et al. 1999; Holm et al.
2013; Muscaritoli et al. 2012; Sathasivam 2009). Inoltre, Holm et al. (2013)
suggeriscono un’altra definizione più precisa della malnutrizione nella SLA dichiarando
che una massa corporea inferiore a 18,5 kg / m2 nei pazienti con la SLA fino all'età di
65 anni e una inferiore a 20 kg / m2 in pazienti con più di 65 anni è un indicatore di
malnutrizione; così come una grave perdita di peso del 3,5% a 3 mesi, 5% in 6 mesi o
10% in 1 anno.
La prevalenza della malnutrizione nei pazienti con la SLA dipende dall’indicatore
nutrizionale considerato e il momento della valutazione. Utilizzando un BMI inferiore a
18,5 kg / m2, Genton et al. (2011) hanno riscontrato una malnutrizione nel 16%-19%
dei pazienti affetti dalla SLA; mentre usando un BMI inferiore a 20 kg / m2, i loro studi
hanno riportato una prevalenza della malnutrizione nel 26%-55% dei pazienti. Secondo
Braun, Osecheck, Joyce (2012), Holm et al. (2013) e Vilà (2014), la prevalenza della
malnutrizione varia dal 15% al 53%, a seconda dei parametri considerati e della
modalità di presentazione della malattia. In un studio svolto da Muscaritoli et al. (2012),
al momento della prima valutazione nutrizionale, il 53% dei pazienti ha presentato un
BMI inferiore a 20 kg / m2 e il 55% di loro ha riportato una perdita di peso superiore al
15% rispetto al loro peso normale.
La perdita di peso nella SLA è uno dei sintomi più comuni e un fenomeno frequente ed
è la conseguenza sia della perdita di massa muscolare sia di una riduzione della massa
grassa. Essa accade non solo in associazione con la disfagia, ma anche a causa di
motivi specifici non ancora pienamente compresi. Le ipotesi per spiegare la perdita di
peso nella SLA includono l’aumento del consumo d’energia dovuto a fascicolazioni
muscolari, l’aumento degli sforzi respiratori, l’ipermetabolismo e la diminuzione
dell'assunzione di cibo a causa della depressione. La perdita di peso ha un impatto
significativo sulla qualità di vita dei pazienti, poiché i pazienti si sentono più esausti,
stanchi e abulici, indipendentemente dallo stadio della malattia (Körner et al. 2013).
2.4.3. Strumenti di valutazione della malnutrizione
Gli strumenti principali utilizzati nella pratica clinica per valutare lo stato nutrizionale nei
pazienti con la SLA, sono quelli antropometrici, che comprendono: il calcolo dell'indice
di massa corporea, ovvero il BMI, e il controllo dei cambiamenti del peso corporeo,
dello spessore delle pliche cutanee di tricipite (TSF) e la circonferenza muscolare del
braccio (MAMC) (Braun, Osecheck, e Joyce 2012).
La composizione corporea può essere misurata con tecniche differenti e ciascuna varia
nel costo e nella probabilità di errori (Desport et al. 2003).
14 1. I dati antropometrici
Secondo Salvioni et al. (2014), i dati atropometrici considerati comprendono: Peso e
altezza (BMI), circonferenza del braccio (AC), misura dello spessore delle pliche
cutanee del tricipide (TSF), misura della circonferenza del braccio (MAC), misura della
zona muscolare del braccio senza osso (AMA) e misura della zona grassa del braccio
(AFA).
1.1. Indice di massa corporea (BMI): consente di sapere se una persona ha un peso
normale o se è in sovrappeso e si definisce come segue: BMI = “peso corporeo in kg” /
“altezza in m”2 (Holm et al. 2013; Salvioni et al. 2014). Utilizzando il BMI, Salvioni et al.
(2014) classificano lo stato nutrizionale in quattro categorie: secondo gli autori si parla
della malnutrizione quando il BMI <18,5 se l’età <60 anni e BMI <22 se l’età ≥60 anni; si
parla di normalità (eutrofia) quando 18,5 ≤ BMI <25 se l’età <60 anni e 22 ≤ BMI se l’età
<27 ≥60 anni; si tratta di sovrappeso quando 25 ≤ BMI <30 se l’età <60 anni e 27 ≤ BMI
<30 se l’età ≥60 anni; l’obesità viene definita con un BMI ≥30 kg / m.
Mentre alcuni ricercatori come Desport e Maillot (2002) pensano che un BMI inferiore a
18.5 indichi un stato di malnutrizione con esito negativo sulla sopravvivenza e un BMI di
30 sia la soglia di obesità con lo stesso esito, un’altra valutazione recente della
relazione tra indice di massa corporea e la prognosi della SLA di Ngo, Steyn, e
McCombe (2014) ha trovato che i pazienti con un BMI tra 30 e 35 hanno avuto un esito
migliore di sopravvivenza rispetto a quelli con un BMI inferiore a 30 o superiore a 35.
Lo studio di Ngo, Steyn, e McCombe (2014) ha dimostrato che un ritmo più rapido di
riduzione del BMI (quindi riduzione del peso corporeo) influisce negativamente sulla
sopravvivenza nei pazienti con la SLA. Inoltre, essi affermano che un BMI normale non
solo ha un effetto benefico sul processo della SLA e sulla diminuzione del rischio di
mortalità, ma che un BMI normale o tendenzialmente alto nella popolazione sana è
associato ad una minore incidenza della insorgenza della SLA.
Sebbene questi studi suggeriscano che l'aumento di massa corporea (presumibilmente
grassa) nella SLA può essere protettivo, non è del tutto confermato che un BMI alto sia
vantaggioso. Infatti, l'associazione del BMI con la sopravvivenza nella SLA è indicata da
una curva a forma di "U", in cui sia BMI bassi che alti sono dannosi per la durata della
sopravvivenza. Per quanto riguarda gli effetti negativi di un alto BMI nella SLA, si può
prevedere che le comorbidità (tra cui le malattie cardiovascolari e il diabete di tipo II)
associate con l’obesità sarebbero la causa di una ridotta sopravvivenza (Braun,
Osecheck, e Joyce 2012; Ngo, Steyn, e McCombe 2014). Mentre, la riduzione di un 1
kg / m dal peso normale sarebbe associato con un rischio di mortalità del 20% (Salvioni
et al. 2014).
L’indice di massa corporea, il peso e il cambiamento di peso, come metodi clinici facili
da applicare, risultano sì utili, ma non forniscono informazioni sui compartimenti
corporei e il tipo di tessuto guadagnato o perso correlati ai cambiamenti di peso; cioè
non consentono la valutazione di eventuali perdite di massa magra o incrementi di
massa grassa (Desport e Maillot 2002) e sono comunque sempre da valutare con
cautela. Ad esempio i pazienti con edemi possono essere denutriti pur avendo un BMI
normale. Questo problema viene spesso riscontrato nei pazienti affetti da cirrosi
epatica, insufficienza renale o cardiaca (Braun, Osecheck, e Joyce 2012).
15 Inoltre nei pazienti molto disabili, che non mantengono la posizione eretta, la
valutazione del peso corporeo può essere difficile poiché richiedono la disponibilità di
attrezzature specifiche (sedie e letti a bilancia). Nei casi in cui la mobilità dei pazienti è
difficile, il curante può utilizzare l’altezza della gamba attraverso formule definite da
Chumlea et al. (1990) per arrivare al peso del paziente (Desport e Maillot 2002).
1.2. Misura dello spessore delle pliche cutanee del tricipide (TSF): fornisce dati
riguardanti la massa grassa e la massa magra tramite delle formule specifiche e può
essere seguito nel tempo. Il TSF viene misurato usando pinze Harpenden e le misure
ottenute vengono confrontate con una tabella di riferimento per determinare la
mancanza o l’eccesso di grasso corporeo (Braun, Osecheck, e Joyce 2012).
1.3. Misura della circonferenza muscolare del braccio (MAMC) 2 :fornisce
informazioni sulla massa magra attraverso una formula nella quale viene utilizzato il
valore di TSF e la misura di circonferenza del braccio (MAC) (Braun, Osecheck, e
Joyce 2012).
1.4. Misura della zona muscolare del braccio senza osso (bone free arm muscle
area)(AMA): combina i valori di TSF e MAMC. L’AMA è stata utilizzata per misurare lo
stato clinico dei pazienti affetti dalla SLA fornendo una valutazione precisa dell’atrofia
muscolare. I valori AMA sono correlati in modo significativo con la massa corporea e la
ventilazione massima volontaria. In realtà queste misure sono limitate nella SLA a
causa delle disfunzioni bulbari e della atrofia muscolare. Nonostante la loro facilità
d'uso, i risultati di pazienti affetti dalla SLA confrontati con tabelle di riferimento
potrebbero non rappresentare esattamente lo stato di nutrizione dei pazienti (Braun,
Osecheck, e Joyce 2012).
La validità di queste misure, MAMC, TSF e massa magra e massa grassa, è discutibile
nel quadro clinico della SLA e i valori ottenuti dovrebbero essere interpretati con cautela
poiché il rischio di errore è evidente. Possibili cause sono (Braun, Osecheck, e Joyce
2012; Desport e Maillot 2002; Desport et al. 2003):
1) una distribuzione disarmonica e anormale di grasso è possibile nella SLA e la
distribuzione del grasso non è uguale dappertutto nel corpo. Questo fatto si vede ad
esempio in un coinvolgimento predominante degli arti inferiori rispetto a quelli superiori
nella forma spinale della malattia;
2) la malattia può avere effetti più marcati su un lato del corpo rispetto all'altro, in altre
parole i sintomi sono di solito asimmetrici;
3) in modo non specifico, misurare la TSF e la MAMC di solito è accompagnato a un
rischio di errori nel processo di misura. Quindi, la misurazione delle pliche cutanee si
effettua in più parti del corpo per migliorare la precisione della valutazione.
2. I dati strumentali
2.1. Impedenza bioelettrica (AIB): è una tecnica utilizzata per tenere traccia delle
modifiche del componente del grasso corporeo e la sua componente muscolare, mentre
la malattia progredisce. Tale metodo per esplorare la composizione corporea, è un
metodo semplice, economico e indolore che può essere rapidamente e facilmente
utilizzato al letto del paziente. L’AIB utilizza la corrente elettrica per misurare la
resistenza dei compartimenti corporei per stabilire i valori di massa magra corporea, di
2 M AMC
= MAC (cm) – 0.314* TSF (mm) 16 massa grassa e d’acqua corporea totale (Desport et al. 2003).
2.2. Dual-energy X-ray Absorptiometry (DXA): misura direttamente l’assorbimento di
raggi X da parte del corpo a 2 livelli energetici. Permette di effettuare una misura diretta
di compartimenti corporei (massa magra e massa grassa), inoltre fornisce una
distinzione più chiara tra atrofia miogenica e atrofia neurogena. Tanti studi utilizzando
questo metodo sono riusciti a confermare che i pazienti affetti dalla SLA perdono massa
corporea magra nel tempo nonostante un normale o elevato apporto calorico. Pertanto,
il mantenimento o l’aumento di peso in questa popolazione, durante la progressione
della malattia rispecchia presumibilmente un cambiamento nella composizione
corporea con un aumento di grassi immagazzinati (Desport et al. 2003).
Entrambi questi strumenti, AIB e DXA, sono in grado di monitorare il cambiamento della
composizione corporea nel corso del tempo, ma ognuno presenta una sfida diversa
relativa a costi, disponibilità, e comfort del paziente. Ad esempio, il DXA è più costoso
da usare e meno portabile in confronto all’AIB (Desport et al. 2003), quindi si utilizza in
pochi ospedali; oppure l’utilizzo del DXA richiede l'immobilizzazione dei pazienti per
almeno 10 minuti nella posizione supina, il che non è sempre ben tollerato o possibile
da parte loro (Desport e Maillot 2002).
La misura della massa magra e del peso del paziente, come determinato da AIB o
DXA, può aiutare a stimare il fabbisogno energetico in relazione alla SLA associato
all’ipermetabolismo (discusso più avanti).
3. Gli indici biochimici
Esistono strumenti progettati per valutare le proteine somatiche (massa proteica
scheletrica immagazzinata nel corpo), che possono risultare utili nella valutazione della
malnutrizione (Braun, Osecheck, e Joyce 2012).
I marcatori sierici sono utili per diversi scopi nel valutare lo stato nutrizionale dei
pazienti affetti dalla SLA. Alcuni marcatori sierici forniscono informazioni riguardanti
l'attuale stato nutrizionale dei pazienti, mentre altri sono correlati con la progressione
della malattia e la sopravvivenza. I marcatori sierici utilizzati più frequentemente
includono l’albumina sierica, la prealbumina, l’emoglobina, il magnesio, il calcio (totale e
ionizzato), il fosforo, lo zinco nel siero e il rame (Braun, Osecheck, e Joyce 2012).
4. Le scale di valutazione
Nutritional Risk Screening 2002 (NRS) è uno strumento di screening della
malnutrizione elaborato dalla Köndrup et al. (2003) e viene utilizzato per individuare i
pazienti malnutriti o quelli a rischio di malnutrizione, cosi da poter intraprendere una
terapia nutrizionale. Tuttavia, secondo gli autori, è molto più semplice prevenire la
malnutrizione (assicurandosi che il paziente mangi abbastanza, che riceva dei
supplementi nutritivi o se necessario somministrando un'alimentazione per sonda o
parenterale) che trattarla.
In questa modalità di screening i pazienti sono classificati mediante un punteggio
basato sul peggioramento dello stato nutrizionale (da 0 a 3 punti), sulla gravità della
malattia (da 0 a 3 punti) e sull' età (da 0 a 1 punto). II risultato complessivo può situarsi
tra 0 e 7 punti: Se lo screening iniziale è negativo o il punteggio dello screening
completo è meno di 3, significa che il rischio di malnutrizione è basso e che il paziente
necessita unicamente di una sorveglianza della nutrizione durante la degenza.
17 Se il punteggio finale è uguale o maggiore a 3, significa che sussiste un rischio di
malnutrizione e che l'équipe curante deve stabilire se sia necessaria una valutazione
nutrizionale approfondita mediante un consulto dietetico.
2.4.4. Cause di malnutrizione
La malnutrizione è uno dei sintomi più comuni dei pazienti con la SLA e si verifica nel
50% dei casi (Holm et al. 2013).
La patogenesi della malnutrizione nella SLA è multifattoriale. Atrofia muscolare, ipofagia
secondaria alla perdita di autonomia, disfagia e ipermetabolismo sono alcuni fattori che
giocano un ruolo nel determinare il deterioramento dello stato nutrizionale. Questi fattori
causali e i loro singoli ruoli sono descritti di seguito.
1. Disfagia e diminuzione di apporto nutrizionale: La disfagia, ovvero la difficoltà a
deglutire, è una caratteristica comune nei pazienti con la SLA e porta all’ipofagia
progressiva, alla disidratazione e alla malnutrizione proteico-energetica (Molfino et al.
2009). Nei casi della SLA di tipo bulbare, la disfagia può derivare dal coinvolgimento del
nervo trigemino, del nervo vago e di altri nervi cranici che innervano il viso, l’ipoglosso e
la glossofaringea (nervi cranici V, VII, IX, X e XII). Nella SLA di tipo bulbare la disfagia
progredisce più rapidamente rispetto al tipo spinale, nel quale la disfagia si sviluppa più
tardi e più lentamente (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Silani, Kasarkise, e
Yanagisawa 1998). Tuttavia, indipendentemente dalla modalità di esordio, la disfagia è
presente in oltre l’81% dei pazienti con la SLA in fase avanzata e nel 45% dei casi con
la SLA di insorgenza bulbare anche se spesso non viene riconosciuta subito (Braun,
Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012). La debolezza della lingua e delle
labbra interferisce con l'assunzione del cibo e la deglutizione del bolo. Il palato molle è
debole e non è in grado di chiudere l'istmo faringeo durante la deglutizione, causando la
fuoriuscita di aria attraverso il naso. La debolezza dei muscoli faringei porta ad una
mancanza di coordinamento, spasmi cricofaringei e ostruzione da cibo, aumentando il
rischio di polmonite da aspirazione (Muscaritoli et al. 2012).
Il risultato della disfagia è un’assunzione di liquidi e alimenti gradualmente diminuita sia
a causa della paura di tosse e soffocamento sia perché il tempo necessario per
mangiare diventa insostenibilmente lungo (Muscaritoli et al. 2012). Un povero apporto
nutrizionale prolungato provoca stanchezza, perdita di peso e malnutrizione (Rio et al.
2010). Tutti questi dati sottolineano l'importanza della disponibilità e l’emergenza a
fornire assistenza ai pazienti affetti dalla SLA come pure di avere un logopedista in un
team multidisciplinare (Braun, Osecheck, e Joyce 2012).
2. Atrofia muscolare: La massa dei muscoli e la loro contrattilità dipendono dalla
stimolazione chimica da parte dei motoneuroni. La perdita di motoneuroni e delle
giunzioni neuromuscolari associate nella SLA riduce la segnalazione neuronale al
muscolo, portando alla disfunzione mitocondriale con una cattiva gestione del calcio. La
regolazione alterata del calcio dà inizio all’atrofia muscolare, la quale viene complicata
ulteriormente dal malfunzionamento dei mitocondri, con conseguente produzione di
derivati reattivi dell'ossigeno (reactive oxygen species) cha porta a stress ossidativo.
L'aumento dello stress ossidativo può potenziare ulteriormente l’atrofia muscolare
attraverso l'apoptosi delle cellule muscolari e la degradazione delle proteine muscolari
(Braun, Osecheck, e Joyce 2012).
18 Col progredire della malattia, la perdita di massa muscolare si estende a tutto il corpo. I
pazienti hanno di conseguenza difficoltà nel mantenere la capacità di stare in piedi e
seduti, alla fine sono costretti a letto. Quando la capacità di mantenere la posizione
seduta e la testa eretta è persa, l’auto-alimentazione e la nutrizione assistita
progressivamente risulteranno difficili. L’atrofia muscolare peggiora ulteriormente a
causa dell’assunzione insufficiente di cibo (Muscaritoli et al. 2012).
3. L’aumento di consumo d’energia (Ipermetabolismo): L’Omeostasi energetica
deriva da un equilibrio tra apporto e dispendio (spesa) energetico. Nelle persone sane,
l'assunzione di cibo e l'assorbimento di nutrienti sono teoricamente in equilibrio col
dispendio energetico basale (a riposo) e con quello indotto da attività. Nella SLA la
bilancia energetica è fondamentalmente compromessa a causa di un dispendio
energetico superiore all’assunzione di energia (Dupuis et al. 2011).
Negli esseri umani, il consumo energetico è generalmente misurato a riposo utilizzando
il metodo che si chiama calorimetria indiretta (Dupuis et al. 2011). Una gran parte dei
pazienti affetti dalla SLA presentano ipermetabolismo, definito come un aumento del
consumo energetico a riposo (REE) (Georges et al. 2014). I risultati degli studi di
Vaisman et al. 2009, indicano che i pazienti con la SLA consumano più energia a riposo
rispetto ai soggetti sani della stessa età e sesso. L'incremento tende a proseguire lungo
il decorso della malattia. Secondo Mucasritoli et al. (2012), circa il 60% dei pazienti con
la SLA mostrano un aumento di circa il 10% nel consumo energetico a riposo, le cui
cause non sono del tutto chiare. Studi sperimentali della SLA familiare, in modelli
laboratoriali, hanno escluso la presenza di un aumento della termogenesi e di un
coinvolgimento della tiroide.
L’ipermetabolismo nei pazienti con la SLA è una scoperta sorprendente e inaspettata,
poiché si prevedeva che il fabbisogno energetico declinasse con l’atrofia muscolare e la
diminuzione di attività perdendo degli importanti siti di consumo di energia (i muscoli e
le attività) (Dupuis et al. 2011) invece si è dimostrato un lieve aumento di REE della
massa magra. La causa di ciò sta nelle diverse componenti del quadro clinico della
malattia, che possono modulare il consumo energetico. Il primo e più importante
elemento è la massa corporea magra (LBM), dove avviene la maggior parte del
metabolismo del corpo. La LBM è costituita da due elementi principali: gli organi interni
(o meglio, il grasso primario che li riveste) e la massa muscolare (Vaisman et al. 2009).
Un'ipotesi recente è che questo aumento di metabolismo potrebbe essere una
conseguenza di un aumento della domanda di nutrienti da parte dei muscoli rimasti.
Inoltre, la SLA è caratterizzata da una diminuzione della massa muscolare senza
modifiche importanti degli organi interni (fegato, cuore, cervello, rene, ecc) che, di
norma, rappresentano il 70-80% del REE al giorno rispetto al 22% della massa
muscolare (Muscaritoli et al. 2012).
Un altro motivo per un elevato REE è l’aumento dello sforzo respiratorio che tende ad
accrescere durante il corso della malattia. Questo può essere spiegato dal fatto che la
debolezza del diaframma nei pazienti con la SLA spesso causa una forte attività fasica
dei muscoli inspiratori del collo, i cosiddetti "impulsi respiratori". Questi muscoli possono
essere eccessivamente potenti e produrre pressioni intratoraciche negative per
l'ispirazione. Questo può essere interpretato come un meccanismo di compensazione
per mantenere la ventilazione. In alcuni casi, l'attività della fasica muscolare inspiratoria
del collo aumenta nel sonno, durante la fase REM, causando un aumento del consumo
energetico (Georges et al. 2014).
19 Altri motivi per spiegare l’ipermetabolismo nella SLA potrebbero essere (Dupuis et al.
2011; Muscaritoli et al. 2012):
• Squilibri di funzioni mitocondriali con una minore produzione di energia
• L'attivazione del sistema nervoso autonomo
• Fascicolazioni muscolari
• Un aumento della produzione di citochine da parte dei leucociti
• Complicanze infettive, come la polmonite da aspirazione che possono anche
indurre un ipermetabolismo.
• Fattori ambientali ad esempio, le neurotossine, l’esercizio fisico e gli effetti della
terapia con Statine
• L’iperlipidemia: alcuni studi hanno dimostrato un aumento delle concentrazioni di
lipidi nel sangue. In primo luogo, difetti mitocondriali dei muscoli potrebbero
causare l’iperlipidemia, ma la natura di tali difetti non è completamente chiara.
• Una maggiore assunzione di cibo.
4. Diminuzione di appetito: L’Appetito è definito come una sensazione piacevole o un
desiderio di mangiare ed è un fattore importante della qualità di vita, in particolare nelle
malattie croniche. Durante il corso della malattia, sia la prevalenza sia la gravità della
perdita di appetito peggiorano (Dupuis et al. 2011; Holm et al. 2013). I risultati di Holm
et al. (2013) hanno contribuito alla nozione che la riduzione d'appetito è un sintomo
comune associato alla SLA, che può mettere in pericolo la capacità individuale di
mantenere una nutrizione adeguata. Gli autori (ibid) hanno studiato la perdita di
appetito in 51 pazienti affetti dalla SLA utilizzando il Nutrition Appetite Questionnaire
(CNAQ). Il risultato di questo studio ha dimostrato che circa la metà dei pazienti (47%,
24/51) ha sofferto di una grave perdita di appetito; mentre dopo 6 mesi questo è
aumentato a quasi due terzi (65%, 22/34). Una perdita di peso medio del 5% è stata
trovata nel gruppo con grave perdita di appetito, rispetto a solo il 2% dei pazienti con
appetito normale.
La diminuzione dell’appetito è una sindrome multifattoriale causata dai cambiamenti nel
comportamento alimentare fisiologico, dai problemi respiratori e in particolar modo dalla
dispnea, ma è anche rafforzata dalla depressione. La compromissione della
deglutizione non è la causa principale della forte perdita di appetito (Holm et al. 2013).
5. Dispnea: Sembra esserci un’associazione significativa tra dispnea e perdita di
appetito, infatti Salvioni et al. (2014) hanno associato la perdita di appetito a una
disfunzione respiratoria.
Secondo Holm et al. (2013), la perdita di appetito si verifica più spesso nei pazienti con
dispnea rispetto ai pazienti senza dispnea. Le osservazioni degli autori suggeriscono
che un maggiore sforzo respiratorio promuove una perdita di appetito. Questo risultato
può essere spiegato da una sazietà precoce dopo il consumo di piccole quantità a
causa della debolezza del diaframma del paziente con la SLA. Potrebbe presentarsi
una fatica peri o postprandiale nei pazienti con dispnea conseguente ad atrofia e
paralisi del diaframma, Inoltre, anche un cambiamento importante nello stato
infiammatorio seguito da un’insufficienza respiratoria può ridurre l'appetito. Tutto questo
porta ad uno scompenso dello stato nutrizionale dei pazienti.
6. Diminuzione d’immagazzinamento d’energia: In individui sani, l'assunzione di cibo
e il consumo energetico per il metabolismo basale e l'attività fisica sono bilanciati e
portano ad una riserva di energia sostanzialmente stabile. In pazienti con la SLA,
l’immagazzinamento d’energia è diminuito a causa della disfagia e dell’aumento del
20 metabolismo energetico (ipermetabolismo). Questo fatto può avere un ruolo
nell’insorgenza di malnutrizione (Holm et al. 2013).
7. Depressione: Secondo quanto riferito, circa il 10-20% dei pazienti affetti dalla SLA
soffrono di depressione. Anche se potenzialmente è rilevante, è poco probabile che la
sola depressione spieghi l'alta prevalenza di una grave perdita di appetito. Tuttavia,
sarebbe utile con futuri studi valutare la depressione nella SLA e chiarire la sua
associazione con l’appetito (Holm et al. 2013).
2.4.5. Circolo vizioso
La nutrizione è una grande preoccupazione nella SLA poiché la perdita di peso, la
malnutrizione e la disidratazione possono aggravare la debolezza muscolare,
contribuire alla debolezza respiratoria e forse ridurre la durata della vita. La disfagia può
contribuire allo scarso appetito e alla ridotta capacità di nutrirsi, a una ridotta
assunzione orale, alla perdita di peso e successivamente alla malnutrizione e alla
disidratazione (Katzberg e Benatar 2011).
Col progredire della malattia, la perdita di massa muscolare si estende a tutto il corpo. I
pazienti hanno conseguenti difficoltà nel mantenere la capacità di stare in piedi o seduti
e alla fine sono costretti a letto, l’auto-alimentazione e nutrizione assistita risulta
progressivamente difficile. L’atrofia muscolare peggiora ulteriormente a causa
dell’insufficiente assunzione di cibo. Le complicanze infettive respiratorie aumentano il
consumo energetico e inducono un ipercatabolismo. Alla fine, viene avviato un circolo
vizioso, perpetuando l’atrofia muscolare. Il coinvolgimento dei muscoli respiratori,
l’insufficienza respiratoria e la conseguente ipoventilazione alveolare svolgono un ruolo
importante nella prognosi della SLA. Ogni evento che aumenta la produzione di
anidride carbonica può determinare uno stress di ventilazione che può peggiorare la
funzione respiratoria già ridotta (Muscaritoli et al. 2012).
Ciò può avere rilevanza nella
scelta
della
composizione
nutrizionale di una dieta orale e
dell’alimentazione
artificiale,
perché
un
intervento
nutrizionale
appropriato
e
precoce può rivelarsi utile per
migliorare il controllo della
malattia e / o diminuire il rischio
di complicanze (Muscaritoli et
al. 2012). Il circolo vizioso che
collega alterazione neuronale,
malnutrizione
e
perdita
muscolare nella SLA è illustrato
nella figura 3.
Figura
3:
Rappresentazione
schematica del ciclo vizioso che
collega
la
malnutrizione,
l'infiammazione e la sarcopenia nella sclerosi laterale amiotrofica. 1) la malattia dei motoneuroni conduce
progressivamente alla ridotta funzione muscolare, causando disfagia, ipofagia, malnutrizione e sarcopenia; 2) la
disfagia può causare polmonite da aspirazione e un aumento del rischio infettivo; 3) il rischio infettivo è aumentato
dalla malnutrizione, che provoca la depressione della risposta immunitaria; 4) infezioni evocano infiammazione
sistemica; 5) infiammazione contribuisce ulteriormente alla malnutrizione, che causano l'uso substrato compromessa
e ipermetabolismo; 6) la malnutrizione e ipercatabolismo a loro volte peggiorano sarcopenia (perdita di massa
muscolare e di funzione) e cosi il ciclo vizioso è completato (Muscaritoli et al. 2012).
21 3. METODOLOGIA
Per svolgere il mio lavoro di tesi ho eseguito una revisione della letteratura. “La
revisione della letteratura viene tradizionalmente considerata come un’analisi
sistematica e critica della letteratura accademica più importante rilevata riguardo un
determinato argomento. Il suo scopo principale è quello di conoscere ciò che è già stato
fatto, in modo da non ripeterlo inutilmente, e comprendere a fondo l’oggetto
dell’indagine e sviluppare una struttura logica” (Fain 2004). Inoltre, Sironi (2010)
sottolinea che una revisione della letteratura richiede un alto grado di rigore e di
chiarezza nella modalità e nella metodologia da seguire per ricercare e selezionare le
fonti e per questo suggerisce undici punti essenziali da eseguire per effettuare una
revisione della letteratura efficace, punti che ho cercato di seguire passo per passo
nella stesura di questo capitolo.
Il primo passo che ho compiuto è stato quello di individuare l’argomento ovvero la
tematica che desideravo approfondire e di conseguenza ho identificato un aspetto
problematico generale relativo all’argomento da me prescelto: la SLA e la presa a
carico infermieristica.
Il passo successivo (secondo passo) è stato costituito dalla pianificazione di una
strategia di ricerca (per esempio selezionare banche dati, identificare parole chiave,
ecc.) per l’individuazione di studi pertinenti.
Sono diverse le strategie disponibili per ricercare la letteratura (Fain 2004). Avendo
accesso alla biblioteca della SUPSI, ho potuto usufruire di servizi quali: l’assistenza di
un bibliotecario, i database elettronici (banche dati) generali e specialistici, i libri e le
monografie, le riviste scientifiche e i periodici. Oltre a questo materiale, ho utilizzato
anche dei motori di ricerca, quali “google” e “google scholar”, specialmente all’inizio
della mia ricerca per poter delineare il tema scelto. Per quanto riguarda le banche dati,
ho usato in particolare il PubMed, Medline, Elsevier, Cinhal, Cochrane, UpToDate,
Wiley e Sprinker Link.
Le parole chiave che ho utilizzato nel percorso di ricerca per l’indagine in ciascun
database, sono principalmente le seguenti: Amyotrophic Lateral Sclerosis,
Complications, Malnutrition, Malnutrition risk factors, Malnutrition Signs, Interventions,
Nursing care e Nursin interventions.
È stato utilizzato l’operatore boleano (AND) per una o due volte in ogni tentativo,
mentre altri operatori boleani (OR, NOT) non sono stati utilizzati. Ho trovato, inoltre, utile poter consultare articoli dalla bibliografia di altre revisioni o
ricerche scientifiche: in questo modo ho avuto la possibilità di scoprire diversi
collegamenti interessanti da approfondire.
Dopo aver consultato le banche dati, per trovare del materiale e degli articoli scientifici
utili per rispondere alla mia domanda di ricerca e agli obiettivi del mio lavoro, ho
allargato la mia ricerca alle riviste scientifiche, ai libri, ai siti internet attendibili e alla
consultazione con gli esperti (l’equipe del reparto di neurologia dell’ospedale Civico di
Lugano). Gli articoli e il materiale su cui mi sono concentrata al primo passo della mia revisione
della letteratura, trattavano temi quali la malattia in generale (fisiopatologia,
sintomatologia, cause, complicanze, ecc.) e il problema di malnutrizione dovuto alla
SLA, le cause, i fattori di rischio e i metodi di rilevanza di tale complicanza. Gli articoli
sull’assistenza infermieristica per i malati malnutriti con la SLA sono stati il mio secondo
obiettivo di ricerca.
22 Secondo Sironi (2010), di fronte al recupero di un’imponente quantità di materiale è
senz’altro necessario limitare il più possibile l’area di studio eliminando le fonti non
rilevanti e applicando dei limiti ai risultati della ricerca. Per poter raggiungere questo
scopo, ho definito, quindi, dei criteri di inclusione ed esclusione e risposto alle
seguenti quattro domande molto concrete suggerite da Fain (2004) e Sironi (2010):
Partendo dalla letteratura più recente, a quanti anni devo risalire nel cercare le fonti?
Quale tipo di letteratura devo cercare?
Quanti articoli e testi devo leggere per ottenere una valida revisione della letteratura?
È necessario recuperare informazioni e fonti anche al di fuori delle biblioteche?
Come afferma Sironi (2010) la risposta a queste domande dipende da fattori quali:
l’argomento, la quantità di letteratura già esistente, il tempo e le risorse a disposizione.
Inoltre, l’autore aggiunge che se si vuole ottenere una revisione della letteratura di
buona qualità, oltre a tenere in considerazione il percorso sopra citato, è necessario
rispettare il soddisfacimento di alcuni requisiti fondamentali: il primo riguarda la qualità
delle fonti reperite. Secondo Sironi la qualità richiede l’utilizzo prevalentemente di fonti
primarie poiché sono basate sulle conoscenze attuali e aggiornate, mentre gli articoli
secondari vengono consigliati in un secondo momento. Ho cercato quindi dapprima di
trovare articoli primari inerenti alla mia domanda di ricerca, ma ho notato che le fonti
disponibili nelle banche dati e nelle riviste scientifiche riguardanti il tema del mio lavoro
erano in gran parte delle fonti secondarie.
Tra tutti i testi trovati, ho scelto solamente gli articoli completi (full text) che mi
garantivano una completezza delle informazioni. Alcuni di questi documenti erano a
pagamento e con l’aiuto del bibliotecario sono riuscita ad ottenerli.
Il secondo requisito importante secondo l’autore è che la quantità è strettamente legata
al numero di studi reperibili sull’argomento scelto, così come alla decisione del
ricercatore di includere nella sua ricerca esclusivamente le fonti pubblicate in un
periodo limitato. Per assicurarsi che una revisione della letteratura rifletta lo stato delle
conoscenze scientifiche attuali, l’autore deve includere gli studi più recenti. Solitamente
è da attendersi che la maggior parte della letteratura citata in una revisione della
letteratura sia stata pubblicata entro 3-5 anni dalla data di conduzione dello studio.
Durante il mio percorso di ricerca, mi sono accorta che nell’ambito in cui ho svolto la
ricerca, la maggior parte degli articoli è stata scritta negli ultimi 10 anni e, quindi, se mi
fossi limitata a ricercare testi degli ultimi 3-5 anni, il numero degli articoli a mia
disposizione sarebbe stato molto ristretto.
Una volta stabilita una strategia, ho cominciato una ricerca di fonti informative che mi
sono servite per entrare nell’argomento scelto. La lettura del materiale raccolto mi ha
aiutata a restringere l’area problematica generale prescelta e a trasformarla nell’attuale
oggetto di ricerca: il problema della malnutrizione dovuto alla SLA e la presa a carico
infermieristica. Inoltre, revisionare le fonti bibliografiche mi ha dato un’idea dell’entità e
della tipologia degli studi e del contesto di conoscenze e di ricerca in cui mi sono
collocata e mi ha aiutato a delineare il quadro teorico di riferimento, in cui ho individuato
la fisiopatologia, i fattori di rischio, le cause e le complicanze della SLA e in particolar
modo la malnutrizione dovuta ad essa.
Dopo aver svolto una ricerca bibliografica utilizzando le risorse descritte è stato
necessario selezionare ulteriormente le fonti. Il mio terzo passo è stato rappresentato
dalla successiva determinazione e delimitazione del campo di studio tramite una lettura
rapida del materiale già recuperato in formato elettronico o cartaceo. Ho letto
23 attentamente titoli e abstract delle fonti reperite e, adottando uno sguardo critico, ho
sintetizzato e messo in risalto i dati peculiari di ciascuno studio.
A questo punto, dopo aver delineato l’argomento da trattare, sono passata al quarto
passo ovvero recuperare e conservare degli articoli e delle altre fonti individuate al
computer e in forma cartacea.
Il mio quinto passo è stato, quindi, quello di definire un metodo di lettura critica
nell’ottica di verificare e valutare la pertinenza di tutto il materiale consultato, scartare le
fonti irrilevanti o inappropriate e selezionare gli articoli da utilizzare per la revisione della
letteratura. Consultando vari libri di metodologia di ricerca, ho cercato delle scale
(criteri) adeguate per valutare gli articoli e le fonti già conservate. Tra varie scale
suggerite, ho scelto quella definita da Fain (2004), la Checklist di valutazione delle
ricerche: una checklist che facilita la valutazione dei rapporti di ricerca. La checklist
consiste in 8 categorie: titolo, abstract, problema, revisione della letteratura, metodo,
analisi dei dati, discussione, forma e stile:
1. Titolo: verificare se il titolo è d’immediata comprensione. Appurare che sia chiaro
e correlato chiaramente al contenuto.
2. Abstract: verificare se definisce in un modo chiaro il problema di ricerca, il
metodo, una sintesi dei risultati e le conclusioni.
3. Problema: controllare che il problema generale dello studio sia chiaro e riportato
subito all’inizio dello studio, che le domande di ricerca siano ben descritte, che le
ipotesi siano formulate in modo preciso, che le variabili abbiano una definizione
operativa, che la significatività del problema sia stata discussa e la ricerca
giustificata. Inoltre, verificare se si possono identificare i limiti e le ipotesi inerenti
alla tematica scelta.
4. Revisione della letteratura: accertare che la letteratura citata sia pertinente al
problema di ricerca ed adeguata per la realizzazione dello studio. Appurare che
esista una struttura concettuale o teorica e che gli studi siano esaminati in modo
critico. La revisione della letteratura deve concludersi con una breve sintesi e
con le implicazioni per il problema trattato.
5. Metodo: Analizzare i soggetti, gli strumenti e il disegno utilizzato per poi poter
verificare che sia descritta la popolazione (il campione) dei soggetti in modo
significativo e che si possano identificare possibili fonti di errori di
campionamento; che siano descritti e giustificati i metodi di campionamento.
Accertare che siano riportati i dati relativi all'affidabilità e alla validità degli
strumenti nello studio corrente e che siano sufficientemente descritti i metodi di
raccolta dati, tali da permettere un giudizio sulla loro adeguatezza. Per quanto
riguarda il disegno metodologico bisogna appurare che esso sia appropriato per
le domande di ricerca e/o le ipotesi e che siano previsti un gruppo di controllo e
variabili confondenti.
6. Analisi dei dati: verificare che le informazioni presenti siano sufficienti per
rispondere alle domande di ricerca e che siano riportati i test statistici con i
relativi valori appropriati per le domande e le ipotesi di ricerca. Controllare che le
tabelle e le figure siano rappresentate in modo comprensibile.
7. Discussione: verificare che le conclusioni siano riportate in modo chiaro,
riflettendo sulle evidenze ritrovate e identificando e discutendo i problemi
metodologici dello studio. I risultati emersi devono venir correlati in modo
specifico con le basi concettuali e teoriche dello studio stesso, messi a confronto
con quelli già esistenti in letteratura e generalizzati solo alla popolazione da cui è
24 stato estratto il campione. Controllare che nelle conclusioni vengano discusse le
implicazioni dei risultati e che siano presenti raccomandazioni per una futura
ricerca.
8. Forma e stile: accertare che il rapporto sia scritto con chiarezza e organizzato in
modo logico. Assodare che nella relazione ci si attenga ad un atteggiamento
scientifico, imparziale e senza pregiudizi.
Nel sesto passo ho, quindi, cercato di applicare questa scala di valutazione e scartare
le fonti irrilevanti o inappropriate.
Quando la letteratura disponibile su uno specifico argomento è vasta, risulta utile
raggruppare e riassumere le informazioni in una tabella (Polit e Beck 2014); quindi una
volta scelti gli articoli che rispettavano i criteri sopracitati, ho cominciato a leggere
criticamente ciascuna fonte e categorizzare i dati significativi in una tabella (il settimo
passo).
L’ottavo passo, consiste nel decidere come concretamente organizzare la revisione
della letteratura con la stesura dell’indice (Sironi 2010). Per poter procedere alla
conservazione e alla sintesi delle fonti rilevanti per il mio studio, questo passo era già
stato attuato in precedenza.
La nona fase del mio lavoro ha implicato la stesura della revisione della letteratura.
Secondo Polit e Beck (2014) la parte centrale di una revisione della letteratura è
costituita dalla sintesi critica e adeguatamente strutturata degli studi e dal loro
confronto, per esporre lo stato attuale delle conoscenze su un argomento e non
semplicemente descrivere l’opera dei ricercatori. Ogni studio preso in considerazione
deve essere riassunto nei suoi aspetti principali riportati in pochi concetti, tutti sostenuti
dalla bibliografia da cui derivano. Questa fase può rivelarsi impegnativa, soprattutto se
le informazioni sono abbondanti e se vi è un limite di pagine.
Alla fine del mio lavoro, ho ripreso i punti fondamentali della revisione della letteratura e
li ho riassunti nelle conclusioni finali che comprendono anche le raccomandazioni per le
ricerche future e per la pratica clinica e i limiti affrontati durante il lavoro (diecimo
passo).
Come undicesimo e ultimo passo, ho riletto il lavoro per assicurarmi di aver rispettato
sempre un percorso logico, per cogliere gli errori di battitura, migliorare la forma
togliendo
parole
superflue
e
verificare
le
citazioni
bibliografiche.
25 Nutrition (2012) 28: 959–966.
Maurizio Muscaritoli, Irma Kushta,
Alessio Molfino, Maurizio Inghilleri,
Mario Sabatelli, Filippo Rossi Fanelli.
Nutritional and metabolic support in
patients with amyotrophic lateral
sclerosis
Neurology (2009) 73:1227–1233.
R.G. Miller, C.E. Jackson, E.J.
Kasarskis, J.D. England, D. Forshew,
W. Johnston, S. Kalra, J.S. Katz, H.
Mitsumoto, J. Rosenfeld, C.
Shoesmith, M.J. Strong, S.C. Woolley.
Review
Practice Parameter update: The care
of the patient with amyotrophic lateral
sclerosis: Multidisciplinary care,
symptom management, and
cognitive/behavioral impairment.
*Non vi sono altre indicazioni sulla
metodologia.
Sulla base delle
evidenze cliniche e
sperimentali più recenti,
si è tentati di ipotizzare
che il supporto
nutrizionale
personalizzato e i
substrati nutrizionali
specifici potrebbero agire
sulla progressione della
26 Revisione di 140 articoli.
Gli autori hanno analizzato gli studi
tra
gli
anni
1998-2007,
per
aggiornare le linee guida “Practice
Parameter” sulla SLA, del 1999.
Sono stati identificati 2 studi di
classe I, 8 studi di classe II e 30 di
classe III.
Gli argomenti trattati in questa
sezione comprendono: le nozioni
generali sulla SLA, la presa a carico
multidisciplinare, la gestione dei
sintomi, il deficit cognitivo e
comportamentale, la comunicazione
e le cure palliative per i pazienti con
la SLA.
Modalità di raccolta delle
informazioni
Review
Report of the Quality
Standards Subcommittee
of the American
Academy of Neurology
Disegno dello studio/
Scopo
Fonte (Titolo, Autore, Rivista, Data)
4. REVISIONE DELLA LETTERATURA
Le esigenze dei pazienti con la SLA sono enormi
e
spesso
non
vengono
soddisfatte
adeguatamente a causa della mancanza di
efficaci rimedi terapeutici ed una insufficiente
conoscenza del processo della malattia e della
tragedia personale e sociale che rappresenta.
L’assistenza globale in caso di SLA implica una
complessa e impegnativa presa a carico
multidiciplinare.
Il monitoraggio e il supporto nutrizionale e
metabolico svolgono un ruolo primario e
dovrebbero essere attuati al momento della
La presa a carico multidisciplinare di pazienti con
la SLA ha lo scopo di ottimizzare le cure,
prolungare la sopravvivenza e migliorare la
qualità della vita.
La tossina botulinica B e la radioterapia a basso
dosaggio possono essere efficaci per la cura
scialorrea.
Per il trattamento dei sintomi pseudobulbari
devono essere considerati il Destrometorfano e la
chinidina.
Un’interruzione del Riluzolo è possibile per
pazienti
che
sviluppano
fatica
durante
l'assunzione del farmaco.
Molti pazienti con la SLA dimostrano un deficit
cognitivo a causa della demenza: è importante
quindi che venga effettuato lo screening per il
deterioramento cognitivo e comportamentale.
Mancano ancora delle evidenze scientifiche per
la gestione della SLA. Sono necessari ulteriori
studi controllati di qualità per quanto riguarda le
terapie sintomatiche e le cure palliative.
Principali risultati e conclusioni
European Journal of Neurology (2012)
19:360–375.
Peter
M.
Andersen,
Sharon
Abrahamsb,
Gian
D.
Borasioc,
Mamede de Carvalhod , Adriano Chioe
, Philip Van Dammef , Orla Hardimang
, Katja Kolleweh , Karen E. Morrisoni ,
Susanne Petrih , Pierre-Francois
Pradatj , Vincenzo Silani , Barbara
Tomikl , Maria Wasnerm and Markus
Webern.
EFNS guidelines on the Clinical
Management of Amyotrophic Lateral
Sclerosis (MALS).
Questa revisione
sistematica è una
valutazione obiettiva
delle evidenze per
quanto riguarda la
diagnosi e la gestione
clinica dei pazienti con la
SLA.
Come primo obiettivo si
vuole mirare a un
aggiornamento delle
linee guida EFNS 2005;
in secondo luogo si cerca
di individuare le aree in
cui sono necessarie
ulteriori ricerche.
Review
malattia e migliorare la
qualità della vita e la
risposta alla terapia
farmacologica.
27 Tutti i sistemi di riferimento medico a
disposizione sono stati usati: studi
originali, studi di revisione di metaanalisi, libri e linee guida.
Dal 2008 al febbraio del 2011 sono
state consultate: Cochrane Central
Register of Controlled Trials; MEDLINE-OVID (January 1966 on);
MEDLINE-ProQuest; MEDLINEEIFL; EMBASE-OVID (January 1990
in poi); Science Citation Index (ISI);
National Research Register; Oxford
Centre for Evidence- based
Medicine; American Speech
Language Hearing Association
(ASHA); World Federation of
Neurology ALS; Oxford Textbook of
Palliative Medicine, UK Department
of Health National Research
Register.
La diagnosi precoce dovrebbe essere eseguita
con la massima priorità.
Il paziente deve essere informato della diagnosi
da un consulente con una buona conoscenza sia
del paziente che della malattia.
Dopo la diagnosi, il paziente e i familiari
dovrebbero ricevere un sostegno regolare da un
team d’assistenza multidisciplinare.
La terapia farmacologica deve essere iniziata il
prima possibile.
L’alimentazione percutanea migliora la nutrizione
e la qualità della vita.
Il tubo di gastrostomia dovrebbe essere collocato
prima che si sviluppi l’insufficienza respiratoria.
La ventilazione non invasiva a pressione positiva
migliora anche la sopravvivenza e la qualità della
vita.
Mantenere la capacità di comunicazione dei
pazienti è essenziale. Durante l’intero corso della
malattia, deve essere fatto ogni sforzo per
mantenere l'autonomia del paziente.
Le direttive anticipate per le cure palliative di fine
vita devono essere discusse prontamente con il
paziente e le persone che gli stanno intorno,
rispettando la sua storia sociale e culturale.
diagnosi della malattia.
I pazienti con la SLA dovrebbero seguire un
percorso parallelo metabolico-nutrizionale.
I dati clinici e sperimentali suggeriscono che le
future ricerche dovrebbero muoversi verso
l'individuazione
di
protocolli
nutrizionali
specializzati per la SLA.
Un approccio nutrizionale specifico potrebbe
incidere positivamente sulla qualità della vita, la
progressione della malattia e la risposta alla
terapia farmacologica.
Journal of Neurology (2009) 256:176–
186.
Julie Phukan, Orla Hardiman.
The management of amyotrophic
lateral sclerosis.
Drugs (2008) 68 (8): 1037-1048
Philippe Corcia, Vincent Meininger.
Management of Amyotrophic Lateral
Sclerosis.
*Non vi sono altre indicazioni sulla
metodologia.
Una revisione della
pratica corrente nella
gestione della SLA,
compreso il trattamento
farmacologico, la
gestione nutrizionale,
l’assistenza respiratoria e
le strategie per la
gestione del
deterioramento cognitivo.
28 Revisione di 80 articoli.
*Non vi sono altre indicazioni sulla
metodologia.
Una revisione della
pratica corrente nella
gestione della SLA,
compreso il trattamento
sintomatico
farmacologico e non.
Review
Revisione di 93 articoli.
Review
La gestione della sclerosi laterale amiotrofica è
evoluta negli ultimi anni e implica una presa a
carico multidisciplinare, una terapia
farmacologica e interventi respiratori e
nutrizionali.
L’identificazione recente del deterioramento
cognitivo nella SLA ha permesso ai medici di
valutare il suo impatto sulle decisioni di fine vita e
la sopravvivenza. Il trattamento sintomatologico
rimane un modello fondamentale di gestione
della SLA.
Una cura definitiva non esiste ancora.
Un approccio multidisciplinare per la gestione dei
pazienti con la SLA, migliora la qualità della vita e
la sopravvivenza.
Poiché il trattamento farmacologico della SLA per
il momento rimane limitano al Riluzolo, c'è
bisogno urgente di farmaci più efficaci che
possano influenzare sia la sopravvivenza sia lo
stato funzionale dei malati.
L’impianto di cellule staminali rappresenta un
altro potenziale e promettente metodo di
trattamento nella SLA.
Deve essere utilizzata la nutrizione parenterale.
L'approccio psicologico alla gestione della SLA
deve essere ulteriormente sviluppato.
Le questioni etiche riguardanti la fine della vita e
il ritiro della ventilazione o della tracheotomia
devono essere discusse al fine di proporre una
procedura standardizzata.
Oltre alla gestione somatica, che rimane
importante, si deve migliorare la qualità della vita
dei pazienti e del caregiver.
BMC Pulmonary Medicine (2014)
14:17.
Marjolaine Georges, Capucine
Morélot-Panzini, Thomas Similowski e
Jesus Gonzalez-Bermejo.
Noninvasive ventilation reduces energy
expenditure in amyotrophic lateral
sclerosis.
Informa health care (2009) 10: 42-46.
Annie Verschueren, Armelle Monnier,
Shahram Attarian, Dominique
Lardillier, Jean Pouget.
Enteral and parenteral nutrition in the
later stages of ALS: An observational
study.
European Journal of Internal Medicine
(2009) 20:355–358.
Sivakumar Sathasivam.
Managing patients with amyotrophic
lateral sclerosis.
Verificare l’ipotesi che la
ventilazione non invasiva
(NIV) rilassa i muscoli
inspiratori del collo e
riduce il dispendio
energetico a riposo
(REE).
RCT (randomized
controlled trial)
Valutare la possibilità di
applicare la nutrizione
parenterale domiciliare
(PN), per i pazienti colpiti
dalla SLA con
insufficienza respiratoria.
Valutare le complicanze
e i tempi di
sopravvivenza dopo la
procedura.
29 Utilizzando la calorimetria indiretta,
gli autori hanno misurato il REE
durante la respirazione spontanea e
il NIV (REENIV) in 16 pazienti con la
SLA e la disfunzione diaframmatica,
durante i primi 3 mesi di NIV. I valori
misurati sono stati confrontati con
valori standard.
Fallow-up di 30 pazienti con la SLA
e l’insufficienza respiratoria e altri
problemi nutrizionali, che hanno
applicato la nutrizione parenterale al
contesto domiciliare.
*Non vi sono altre indicazioni sulla
metodologia.
Esaminare l'impatto degli
interventi farmacologici e
non farmacologici sul
miglioramento della
sopravvivenza e della
qualità di vita in pazienti
con la SLA,
sottolineando
l'importanza di un
approccio
multidisciplinare.
RCT (randomized
controlled trial)
Revisione di 56 articoli.
Review
Il NIV può ridurre il dispendio energetico nei
pazienti con la SLA, probabilmente alleviando la
fatica dei muscoli inspiratori del collo per
compensare la debolezza del diaframma.
La nutrizione enterale e parenterale è un metodo
standard di cura per i pazienti affetti dalla SLA
che necessitano un supporto nutrizionale e deve
avere la priorità rispetto altre tecniche di cura.
La gestione dei pazienti con la SLA è complessa,
un approccio multidisciplinare porta ad un
aumento della sopravvivenza e a una migliore
qualità della vita (in termini di funzionamento
sociale e di salute mentale). Interventi nutrizionali
sono essenziali per la gestione della SLA. È
importante che il medico curante consideri sia
interventi farmacologici che non farmacologici in
collaborazione con altri professionisti sanitari e i
parenti durante il trattamento di pazienti affetti da
questa malattia devastante.
Arquivos de Neuro- Psiquiatria. (2014)
72(2).
Cristina Cleide dos Santos,
Patricia Stanich, Claudinéa S. Almeida,
Acary Souza Bulle Oliveira.
Nutritional care in motor neurone
disease/ amyotrophic lateral sclerosis.
Physical Medicine and Rehabilitation
Clinics of North America (2012)
23:751-771.
Marlia M. Braun, Matt Osecheck,
Nanette C. Joyce.
Nutrition assesment and management
in amyotrophic lateral sclerosis.
Journal of Human Nutrition and
Dietetics (2010) 23:408–415.
A Rio, C Ellis, C Shaw, E Willey, MA
Ampong, L Wijesekera, T Rittman, P.
Nigel Leigh, PS Sidhu e A Al-Chalabi.
Nutritional factors associated with
survival following enteral tube feeding
in patients with motor neurone disease.
*Non vi sono altre indicazioni sulla
metodologia.
Questo studio mira a
rivedere le diverse
possibilità e presentare
le linee guida riguardo al
trattamento nutrizionale
di questi pazienti.
Sono stati indicati
caratteristiche dietetiche,
vari tipi di trattamento e
terapia nutrizionale.
30 Revisione di 50 articoli.
*Non vi sono altre indicazioni sulla
metodologia.
Revisione di 127 articoli.
159 pazienti con la SLA sono stati
identificati per l'analisi e trattati con
gastrostomia percutanea
endoscopica (PEG), gastrostomia
radiologicamente inserita (RIG) o
sondino nasogastrico (NGT). Lo
stato nutrizionale è stato valutato
mediante l'indice di massa corporea
(BMI) e il% di perdita di peso.
Review
Discutere le implicazioni
nutrizionali, i rischi di
malnutrizione della SLA
e le cause di essa.
Approfondire le strategie
per prevenire la
malnutrizione.
Il presente studio è volto
a indagare la
sopravvivenza, lo stato
nutrizionale e le
complicanze in pazienti
con la SLA trattati con
alimentazione
parenterale. Sono stati
studiati pazienti con
PEG, RIG o NGT per
capire il trend di
sopravvivenza dei
pazienti con problemi
nutrizionali.
Review
RCT (randomized
controlled trial)
I risultati dello studio dimostrano la necessità di
mantenere un buono stato nutrizionale, poiché
questo aspetto è un fattore prognostico per la
sopravvivenza in pazienti con la SLA; Inoltre,
evidenziano l’esigenza di un intervento
nutrizionale precoce e sistematico. Tali interventi
comprendono l’esecuzione di una valutazione
antropometrica e l’individualizzazione del
fabbisogno energetico durante il corso della
malattia e il mantenimento della nutrizione orale
senza rischio di broncoaspirazione con cambio in
consistenza. Ridurre al minimo il catabolismo
Lo stato di malnutrizione si definisce con una
perdita di peso maggiore del 10% o un BMI
inferiore al 20%. Il RIG sembra essere il metodo
più sicuro per fornire il fabbisogno energetico e
l’acqua quando la deglutizione è compromessa.
I fattori nutrizionali associati con la ridotta
sopravvivenza erano la perdita di peso, la
malnutrizione e la grave disfagia. Complicazioni
gravi non riguardavano lo stato nutrizionale, ma il
metodo d’inserimento del tubo. Non c'era
differenza nella durata di sopravvivenza tra i
pazienti trattati col PEG o col RIG.
Journal of the Neurological Sciences
(2014) 340: 5–12.
S.T. Ngo, F.J. Steyn, P.A. McCombe.
Body mass index and dietary
intervention: Implications for prognosis
of amyotrophic lateral sclerosis.
The Cochrane Library (2011), Issue 1.
H. D. Katzberg, M Benatar.
Enteral tube feeding for amyotrophic
lateral sclerosis/motor neuron disease
*Non vi sono altre indicazioni sulla
metodologia.
Evidenziare le
associazioni tra la
composizione corporea e
la durata della malattia.
Discutere attuali prove
che sostengono i benefici
di un intervento
nutrizionale nella SLA.
31 Revisione 148 articoli
È stata affettuata una ricerca in:
Cochrane Trials Neuromuscular
Disease Group Register (24
novembre 2009), MEDLINE (dal
gennaio 1966 al settembre 2009) e
EMBASE (da gennaio 1980 al
settembre 2009) per tutti gli studi
sulla nutrizione enterale nella SLA.
Criteri di selezione: studi
randomizzati e quasi-randomizzati
controllati che valutino l'efficacia
della PEG o di altri posizionamenti
dei tubi di alimentazione.
Review
Esaminare l'efficacia del
posizionamento
percutaneo endoscopico
gastrostomico (PEG) o di
altri posizionamenti del
tubo di alimentazione
sulla sopravvivenza; lo
stato nutrizionale; la
qualità della vita e minori
e maggiori complicanze
del PEG rispetto al RIG.
Review
Non ci sono studi randomizzati e controllati per
indicare se la nutrizione enterale è vantaggiosa
per la sopravvivenza rispetto alla nutrizione per
via orale. Se vi è una significativa disfagia o
perdita di peso, i pazienti vengono sottoposti al
posizionamento del PEG. La procedura RIG è
sempre più utilizzata in particolare quando il FVC
risulta basso e sembra che non ci siano
differenze significative in efficacia o complicazioni
dell’inserimento chirurgico rispetto al PEG. I
vantaggi nutrizionali del PEG non sono stati
studiati in modo sistematico, ma alcuni studi ne
suggeriscono alcuni. Tuttavia, è stato dimostrato
l'effetto sulla qualità della vita.
Ci sono sempre più prove che suggeriscono che
l'aumento o il mantenimento di BMI, la
dislipidemia e il miglioramento della nutrizione
migliorano la prognosi della SLA. Il calo di BMI
durante tutto il corso della malattia, che può
essere causato dall’ipermetabolismo e dal
bilancio energetico negativo, è associato a una
minore sopravvivenza.
Un'alimentazione adeguata aiuta a mantenere il
peso corporeo, prolungando la sopravvivenza e
rendendo migliore la qualità di vita.
In ultima analisi, il miglioramento dell'equilibrio
metabolico nei pazienti e la conseguente migliore
prognosi della malattia, dipendono da una
valutazione rigorosa dei meccanismi.
L'integrazione alimentare può modificare il corso
della malattia, e l'identificazione dei fattori
dietetici critici essenziali per la sopravvivenza
nella SLA.
proteico con delle adeguate forniture di
macronutrienti e micronutrienti, è un’utile terapia
nutrizionale precoce per migliorare la qualità della
vita.
BMC Neurology (2013) 13:84.
Sonja Körner, Melanie Hendricks,
Katja Kollewe, Antonia Zapf, Reinhard
Dengler, Vincenzo Silani.
Weight loss, dysphagia and
supplement intake in patients with
amyotrophic lateral sclerosis (ALS):
impact on quality of life and therapeutic
options.
Valutare le possibili
cause della perdita di
peso nella SLA, il suo
impatto sull'umore e la
qualità di vita e il
beneficio di integratori
alimentari ipercalorici e
della gastrostomia
endoscopica percutanea
(PEG).
RCT(randomized
controlled trial)
32 121 pazienti affetti dalla SLA sono
stati intervistati e hanno risposto a
questionari standardizzati (Beck
depression inventory e Health
Survey questionnaire, revised ALS
functional rating scale). Due anni
dopo la visita iniziale è stato
effettuato un colloquio di follow-up.
Il 56,3% dei pazienti studiati soffriva di perdita di
peso. La perdita di peso ha un impatto negativo
sulla qualità della vita ed è associata ad una
breve sopravvivenza.
I pazienti che hanno assunto integratori
alimentari ad alto contenuto calorico o avevano
un PEG, mostrano un grande vantaggio per
quanto riguarda la stabilizzazione del peso e la
qualità di vita.
Il 38,2% dei pazienti ha avuto una significativa
perdita di peso senza la disfagia.
I pazienti con perdita di peso hanno mostrato più
volte un aumento del lavoro respiratorio.
5. RISULTATI DELLA RICERCA
Le evidenze scientifiche per far fronte alla malnutrizione possono essere elencate come
segue:
5.1. Supporto nutrizionale e metabolico in pazienti con la SLA
Nonostante i notevoli progressi nella comprensione dei meccanismi patogenetici, la
SLA rimane un mistero della medicina clinica. Le necessità dei pazienti affetti dalla SLA
sono enormi e spesso non vengono adeguatamente soddisfatte a causa della
mancanza di rimedi terapeutici efficaci ed di una insufficiente conoscenza del processo
della malattia e della tragedia personale e sociale che essa rappresenta (Muscaritoli et
al. 2012).
Una cura globale della SLA implica un percorso complesso, impegnativo,
multiprofessionale e multidisciplinare, finalizzato a soddisfare nel limite del possibile le
esigenze del paziente nel corso della malattia. In questo contesto, il monitoraggio e il
supporto nutrizionale e metabolico svolgono un ruolo primario e devono essere attuati
al momento della diagnosi della malattia. I pazienti con la SLA dovrebbero seguire un
percorso parallelo di cura metabolica-nutrizionale. I dati clinici e sperimentali
suggeriscono che la ricerca futura dovrebbe muoversi verso l'individuazione di protocolli
nutrizionali specializzati per la SLA. Un approccio nutrizionale che consiste nella
prescrizione di nutrienti specifici in quantità adeguate potrebbe incidere positivamente
sulla qualità della vita, la progressione della malattia e la risposta alle terapie
farmacologiche (Muscaritoli et al. 2012).
La valutazione neurologica e nutrizionale periodica rappresenta il primo passo nella
presa a carico nutrizionale dei pazienti affetti dalla SLA e può contribuire a migliorare la
loro qualità di vita. All'inizio la valutazione nutrizionale, risulta obbligatoria per
ottimizzare i tempi e le modalità dell’intervento nutrizionale, In effetti, deve essere
eseguita appena la malattia viene diagnosticata (Greenwood 2013; Muscaritoli et al.
2012).
La terapia nutrizionale applicata alla SLA si prefigge di soddisfare i bisogni nutrizionali
per tutte le fasi di progressione della malattia, ridurre il catabolismo proteico, garantire
l'alimentazione orale e indicare un supporto nutrizionale precoce. Inoltre, il trattamento
dietetico viene applicato per facilitare la deglutizione, ottimizzare l’apporto nutrizionale e
ridurre il rischio di aspirazione (Salvioni et al. 2014).
5.2. Multidisciplinarietà
Un approccio multidisciplinare, oltre a ottimizzare i servizi diagnostici e gestionali e
migliorare la qualità delle cure, è fondamentale per impostare un piano adeguato e per
garantire un supporto metabolico e nutrizionale adeguato (Andersen et al. 2012;
Muscaritoli et al. 2012; Rio et al. 2010).
Un team multidisciplinare della presa a carico della SLA dovrebbe essere composto da:
neurologo, pneumologo, gastroenterologo, personale infermieristico, fisioterapista,
assistente sociale, ergoterapista, logopedista, infermiere specializzato, dietista,
psicologo, dentista e un’équipe di cure palliative. Questi membri del team lavorano
insieme per mantenere la massima qualità di vita possibile per il paziente con la SLA. I
pazienti devono essere vistati dalla squadra interdisciplinare ogni 2-3 mesi, secondo la
fase della malattia e la progressione (Greenwood 2013).
33 5.3. Terapia della disfagia
L’intervento nutrizionale in presenza di disfagia deve essere finalizzato a impedire la
malnutrizione conseguente alla riduzione degli ab ingestis e ridurre il rischio di
aspirazione (Muscaritoli et al. 2012).
La gestione iniziale della disfagia nei pazienti con la SLA si basa sul monitoraggio del
grado di compromissione della deglutizione durante la progressione della malattia
(Muscaritoli et al. 2012). Il trattamento si basa sull’adattamento della consistenza, della
viscosità, della temperatura, della presentazione del cibo, delle posture particolari (ad
esempio Chin-tuck: flettendo il collo in avanti alla deglutizione per proteggere le vie
respiratorie) e dell'alimentazione parenterale, nell’ottica di facilitare la deglutizione,
ottimizzare l’apporto nutrizionale, ridurre il rischio di aspirazione ed evitare episodi di
soffocamento (Phukan e Hardiman 2009; Salvioni et al. 2014). La viscosità del cibo e la
sua consistenza devono essere correlati al grado di disfagia presentata. La consistenza
morbida, semisolida o stati semiliquidi rendono più facile la deglutizione. L'uso di liquidi
più densi, alimenti semisolidi con un alto contenuto di acqua, può aiutare a diminuire il
rischio di aspirazione (Muscaritoli et al. 2012). I pazienti che richiedono modifiche nella
consistenza del cibo devono ricevere il monitoraggio nutrizionale e clinico ed eventuali
integrazioni alimentari, affinché il cibo assunto quotidianamente possa essere
qualitativamente e quantitativamente sufficiente per soddisfare i bisogni di questi
pazienti (Salvioni et al. 2014). Nel trattamento della disfagia è molto importante
coinvolgere tempestivamente un logopedista (Sathasivam 2009). Se questi interventi
non possono garantire una corretta assunzione di liquidi e nutrienti, la nutrizione
artificiale diventa indispensabile (Muscaritoli et al. 2012).
5.4. Terapia della scialorrea
La scialorrea (eccessiva salivazione e secrezioni sierose) è il sintomo più comune tra i
pazienti con la SLA, deriva dalla stimolazione colinergica e beta-adrenergica e
dall’incapacità di deglutire la saliva correttamente. Crea il rischio di bronco-aspirazione
e provoca imbarazzo sociale (Andersen 2012; Sathasivam 2009); questa influenza
direttamente la possibilità di alimentarsi, quindi, la sua gestione può migliorare la qualità
della alimentazione.
Le opzioni di trattamento comprendono: la terapia farmacologica con i broncodilatatori
anticolinergici come Amitriptilina per via orale o Atropina gocce per via sublinguale,
oppure Hyoscine (Buscopan) per via sotto cutanea. Gli agenti mucolitici (Carbocisteine)
possono aiutare i pazienti a liberarsi dalle secrezioni della gola e facilitare la
deglutizione della saliva (Andersen 2012; Sathasivam 2009). Gli antidepressivi triciclici
sono una scelta farmacologica alternativa: la giusta combinazione diminuisce il rischio
di bronco-aspirazione (Greenwood 2013) e l’iniezione della tossina botulinica nelle
ghiandole salivari riduce la salivazione eccessiva in pazienti con scialorrea resistente.
Un'altra opzione è l’irradiazione esterna delle ghiandole salivari (Andersen 2012;
Greenwood 2013; Sathasivam 2009). Interventi chirurgici non sono raccomandati
poiché possono causare effetti collaterali come l’aumento della secrezione di muco
denso (Andersen 2012; Sathasivam 2009).
Evitare cibi dolci e amari, così come il mantenimento di un'adeguata idratazione, può
ugualmente aiutare nella gestione della scialorrea. Un terapista occupazionale
(ergoterapista) può suggerire opportune posate adattabili a promuovere
un'alimentazione autonoma per il tempo più lungo possibile (Greenwood 2013).
34 5.5. Terapia dell’ansia e della depressione
Secondo Miller et al. (2009), la prevalenza della depressione nella SLA varia dallo 0%
al 44% e in particolar modo è presente in circa il 10% dei soggetti nella fase avanzata
Vi è consenso tra gli autori che nei pazienti affetti dalla SLA, per migliorare lo stato
nutrizionale, la depressione e l’ansia devono essere trattate.
Come affermano anche Andersen et al. (2012), la depressione e l’ansia sono frequenti
nei pazienti affetti dalla SLA e coloro che se ne prendono cura. L'ansia è
particolarmente diffusa durante la fase diagnostica e quella terminale. Non sono stati
condotti studi formali sull’uso degli antidepressivi nei pazienti con la SLA, ma
empiricamente gli antidepressivi triciclici (ad esempio Amitriptilina) oppure SSRIs come
Escitalopram possono essere efficaci. Mirtazapine può essere più tollerabile nelle fasi
avanzate della malattia rispetto a SSRI o Amitriptilina. La scelta dipende anche dai
sintomi secondari (es. scialorrea, insonnia, apatia, perdita di appetito), che vengono
influenzati dai vari antidepressivi.
Non ci sono studi sistematici sugli ansiolitici nella SLA. Alcuni antidepressivi, come
Escitalopram, esercitano anche degli effetti contro l’ansia, per la cura della quale
possono essere necessari Diazepame per via orale o Lorazepam per via sublinguale
(Andersen et al. 2012).
5.6. Dieta ipercalorica
Com’è stato già accennato, i pazienti con la SLA presentano un aumento dei fabbisogni
nutritivi. Dall’altra parte però, sono segnalati per consumare il 15-16% in meno di
calorie rispetto a quanto raccomandato. Dal momento in cui l'alimentazione inadeguata
e la perdita di peso contribuiscono negativamente alla malattia, si raccomanda che i
pazienti consumino calorie in eccesso rispetto ai loro effettivi fabbisogni quotidiani (Ngo,
Steyn, e McCombe 2014).
Diete ipercaloriche possono aiutare a ritardare la progressione della malattia; in
particolar modo quella ricca di grassi, ha un effetto positivo sul decorso della malattia
(Muscaritoli 2012).
5.7. Nutrizione enterale (EN): Gastrostomia endoscopica percutanea (PEG) e
Gastrostomia percutanea radiologica (RIG)
La nutrizione enterale (EN) è attualmente il metodo standard di cura per i pazienti
malnutriti con la SLA che necessitano di nutrizione artificiale. Gli scopi di utilizzo di un
tubo di alimentazione enterale nei pazienti con la SLA sono quelli di ridurre la
disidratazione, migliorare la malnutrizione in uno stato di ipermetabolismo, stabilizzare il
peso e diminuire la perdita di peso – che (di per sé,) può contribuire ad una
sopravvivenza prolungata –, migliorare significativamente la BMI, ridurre lo stress del
paziente e della famiglia e migliorare la qualità della vita (Braun, Osecheck, e Joyce
2012; Muscaritoli et al. 2012).
Un tubo gastrostomico è tipicamente inserito utilizzando due metodi, la scelta dei quali
dipende dalle condizioni del paziente (Braun, Osecheck, e Joyce 2012).
La gastrostomia endoscopica percutanea (PEG) è l'accesso enterale più appropriato
e comunemente usato per medio e lungo termine nei pazienti con la SLA che
presentano sintomi bulbari minori e senza debolezza muscolare respiratoria
significativa, definita con una capacità vitale forzata (FVC) minore del 50% rispetto ai
35 valori previsti e con una perdita di peso più del 10% del loro peso corporeo. Essa è
gestibile anche a domicilio (Muscaritoli et al. 2012).
La posa di una PEG richiede una sedazione moderata, l'uso di un endoscopio e
un’ospedalizzazione per un massimo di 5 giorni dopo la procedura (Muscaritoli et al.
2012).
Indicazioni supplementari per il posizionamento di un tubo gastrostomico includono
(Muscaritoli et al. 2012) :
• la compromissione dell'assunzione orale a causa di stanchezza e scialorrea,
• la presenza di reflusso gastroesofageo e il rischio di aspirazione e polmonite,
• la disidratazione,
• i sintomi bulbari,
• la disfagia significativa con evidenza di aspirazione,
• il declino dello stato respiratorio: una valutazione accurata della funzione respiratoria è
essenziale prima di pianificare una PEG.
L’utilizzo della PEG non è raccomandato nei pazienti con una capacità vitale forzata
inferiore al 50% (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012).
L’efficacia di una PEG sembra essere significativamente dipendente dall'intervallo tra la
diagnosi della SLA e l’introduzione della PEG e dalla presentazione clinica e la
conseguente evoluzione della malattia. Nei pazienti sottoposti alla PEG all'inizio della
malattia, la sopravvivenza è aumentata da 6 a 24 mesi, molto probabilmente a causa
del miglioramento del loro stato nutrizionale. Tuttavia, la sopravvivenza media è molto
più bassa nei pazienti con insorgenza bulbare rispetto a quelli con insorgenza a livello
degli arti. Inoltre, l'intervallo tra la comparsa della malattia e l’introduzione della
nutrizione artificiale è più breve nei pazienti con insorgenza bulbare che in quelli con
insorgenza spinale o pseudobulbare. Dunque, è la rapida progressione di alcune forme
della SLA che determina un posizionamento precoce della PEG. In queste forme con
una rapida evoluzione, la morte avviene precocemente nonostante un adeguato
supporto nutrizionale e l’introduzione della PEG, mentre nelle forme con un’insorgenza
non bulbare un supporto precoce e adeguato con la PEG potrà influire positivamente
sulla morbosità, sulla mortalità e sulla qualità della vita (Muscaritoli et al. 2012).
Una valida alternativa alla PEG è rappresentata dalla Gastrostomia percutanea
radiologica (RIG), la quale viene eseguita attraverso un accesso percutaneo con guida
fluoroscopica e anestesia locale ed è associata ad un basso tasso di complicanze e un
alto tasso di successo tecnico. Il grande vantaggio della RIG è la sicurezza nel
posizionamento anche per i pazienti con una significativa compromissione respiratoria.
Può essere il metodo più appropriato per il posizionamento del tubo di alimentazione
enterale in pazienti con FVC <50%, perché richiede l'anestesia locale e non generale.
Gli svantaggi della RIG sono il rischio di ostruzione – a causa del suo piccolo diametro
– e di dislocazione del tubo. Confrontata l'efficacia della RIG con quella della PEG, non
risultano differenze significative nelle complicazioni o nei tassi di sopravvivenza
(Greenwood 2013; Muscaritoli et al. 2012).
Alcuni ricercatori hanno concluso che la RIG sia più sicura della PEG, soprattutto se un
paziente ha sofferto di un’insufficienza respiratoria moderata o grave (Braun, Osecheck,
e Joyce 2012).
La mancanza di prove definitive che mostrino un miglioramento della qualità della vita
e/o un prolungamento della sopravvivenza nella popolazione con la SLA dopo
l’inserzione del tubo crea un dilemma rispetto alla decisione di procedere al trattamento
36 con il tubo gastrostomico (Braun, Osecheck, e Joyce 2012).
Un altro dilemma che i pazienti, i loro assistenti e i medici devono affrontare è: quando
acconsentire al tubo di alimentazione? Tutti i pazienti con la SLA devono essere valutati
dal neurologo, da esperti di cure palliative e respiratorie e da squadre dietetiche prima
dell’introduzione della nutrizione enterale (Rio et al. 2010).
Per alcuni pazienti, il tempo di una decisione per quanto riguarda la nutrizione enterale
può arrivare prima di quanto ci si aspetti. Il team multidisciplinare deve, quindi, avviare
la discussione sulla nutrizione enterale alla prima occasione per preparare il paziente
all’evento. Le informazioni date al paziente devono comprendere i benefici, i rischi e il
potenziale impatto per la qualità della vita (Rio et al. 2010). Prima di posizionare un
tubo alimentare, di qualsiasi tipo, i pazienti ed i loro curatori richiedono l'educazione
sulla gestione quotidiana del sistema (Greenwood 2013).
5.8. Nutrizione con Sonda Nasogastrica (SNG)
La nutrizione tramite SNG rappresenta un’alternativa affidabile alla la nutrizione
enterale (EN) solamente quando quest’ultima è controindicata o addirittura impossibile
(Corcia e Meininger 2008). Le controindicazioni della EN sono: la mancanza di accesso
al tratto gastrointestinale con disfagia, la debolezza diaframmatica in cui lo stomaco si
trova sotto le costole, condizioni come il malassorbimento, le alterazioni della motilità, il
dolore addominale e le fistole entero-cutanee; perciò vengono utilizzate sonde naso
gastriche (Greenwood 2013).
Per i pazienti con grave insufficienza respiratoria, la scelta di un supporto nutrizionale è
limitata: la SNG offre una soluzione alternativa promettente. Nei pazienti con la SNG
sono stati riscontrati un miglioramento nella perdita di peso, la diminuzione
dell’anoressia e il miglioramento o la stabilizzazione della qualità di vita (Verschueren et
al. 2009). Il sondino nasogastrico è indicato come supporto nutrizionale a breve termine
a causa sia dell'alto rischio di aspirazione sia della sua natura scomoda e imbarazzante
in quanto aumenta le secrezioni orofaringee e può causare disagio o addirittura
ulcerazioni nasofaringeo (Greenwood 2013).
Nei pazienti trattati con la SNG esistono delle complicanze come infezioni, emorragie e
peritoniti che a volte possono essere letali (Greenwood 2013).
Una volta stabilita la SNG, l’alimentazione per via orale può essere mantenuta per
migliorare la qualità della vita quando non vi è alcun rischio di aspirazione (Phukan e
Hardiman 2009).
5.9. Formula della nutrizione artificiale
A differenza di altre malattie acute e croniche, una formula nutrizionale enterale
specifica per i pazienti con la SLA non è ancora disponibile e non esistono linee guida
per il supporto nutrizionale artificiale (Muscaritoli et al. 2012). È stato ipotizzato che una
formula enterale specifica ideale per la popolazione con la SLA deve includere (Braun,
Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012):
1) un’alta densità calorica per abbreviare i tempi d’infusione ed evitare un sovraccarico
di liquidi (con 1,5 o più calorie per millilitro);
2) un aumento dei lipidi e una diminuzione dei carboidrati contenuti per ridurre al
minimo la produzione di anidride carbonica e rallentare la progressione della malattia;
3) una quantità elevata di acidi grassi per le loro proprietà anti-infiammatorie e poter
quindi controllare lo stato infiammatorio;
4) un contenuto di ferro limitato per prevenire il sovraccarico di ferro;
37 5) un elevato contenuto di antiossidanti per contrastare un eventuale danno ossidativo;
6) fibre per prevenire stitichezza.
L'uso di formule arricchita con fibre può aiutare a prevenire la stipsi, ma queste formule
spesso richiedono liquidi aggiunti. Ne consegue un volume del fluido troppo elevato
rispetto alle effettive esigenze di fluidi giornalieri dei soggetti. Inoltre, a causa delle
complesse alterazioni metaboliche dovute alla SLA, una formula ricca di fibre non può
costituire un adeguato fabbisogno calorico ed essere sufficiente a ottenere un
metabolismo ottimale in questa popolazione ipermetabolica (Braun, Osecheck, e Joyce
2012; Muscaritoli et al. 2012).
Com’è già accennato, una formula enterale con le suddette caratteristiche non è
attualmente disponibile sul mercato: vengono utilizzate le formule per le lesioni
polmonari acute e / o l’insufficienza respiratoria acuta che sono ricche di grassi omega3 e di vitamine antiossidanti come C e E (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli
et al. 2012). Studi clinici controllati sono attualmente in corso e perseguono l’obiettivo di
valutare se questo tipo di alimentazione speciale possa migliorare la funzione
respiratoria dei pazienti, ritardare l'uso della ventilazione assistita e rallentare la
progressione della malattia riducendo lo stress ossidativo delle cellule e diminuendo il
danno neuronale (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012).
6. DISCUSSIONE DEI RISULTATI
Uno degli obiettivi principali posti prima di iniziare a redigere questo scritto è quello di
individuare le evidenze scientifiche per affrontare la malnutrizione in seguito alla SLA. I
risultati della ricerca sottolineano che lo stato nutrizionale nei pazienti con la SLA gioca
un ruolo importante in rapporto alla loro aspettativa e qualità di vita e evidenziano
l’importanza di un monitoraggio costante e di supporti nutrizionali e metabolici precoci in
concomitanza con altre cure necessarie.
Le evidenze scientifiche hanno individuato alcune strategie a livello generale per
trattare questa complicanza:
•
•
•
•
Attuazione di misure efficaci per il trattamento della disfagia: ad esempio
adattare la consistenza, la viscosità, la temperatura e la presentazione del cibo e
educare il paziente ad assumere posture che facilitano l’assunzione del cibo
(Muscaritoli et al. 2012; Sathasivam 2009).
La cura della scialorrea tramite una terapia farmacologica o chirurgica favorisce
la qualità dell’alimentazione (Andersen 2012; Sathasivam 2009).
Il trattamento farmacologico dell’ansia e della depressione migliora
significativamente lo stato nutrizionale (Andersen et al. 2012).
L’utilizzo di una dieta ipercalorica aiuta ad affrontare la malnutrizione in seguito
alla SLA (Muscaritoli et al. 2012).
Nel caso in cui la messa in atto di queste strategie non riesca ad alleviare il problema
della malnutrizione, si prende in considerazione:
•
L’introduzione della nutrizione artificiale che implica tecniche invasive come la
posa della nutrizione enterale (PEG o RIG) che in generale si utilizzano quando
un paziente non è in grado di nutrirsi e idratarsi per via naturale, nel caso di un
rischio elevato di aspirazione e quando si verificano una perdita importante di
peso e un stato di malnutrizione. La RIG è più consigliata nei casi in cui esiste
una compromissione respiratoria importante poiché non richiede un’anestesia
38 •
•
•
generale (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012).
L’utilizzo della Sonda Nasogastrica quando la posa di una nutrizione enterale è
controindicata e aiuta in egual modo a stabilizzare la perdita di peso, migliorare
la qualità di vita e i tassi di sopravvivenza. È, però, un metodo utilizzabile a breve
termine poiché crea delle complicazioni come ulcerazioni, infezioni importanti,
scomodità e imbarazzo sociale (Greenwood 2013; Muscaritoli et al. 2012).
La scelta di una dieta adeguata dopo l’introduzione della nutrizione artificiale
(SNG o EN), che soddisfi il fabbisogno calorico e mantenga un metabolismo
ottimale nei pazienti, è molto importante. Gli studi suggeriscono che la formula
ideale sia ricca di lipidi, di acidi grassi, di fibre anti ossidanti, con poco contenuto
di carboidrati e di ferro. Attualmente però, tale formula non è disponibile sul
mercato e vi sono quindi degli studi in corso per esaminare e trovarne una che
sia efficace e utilizzabile a livello clinico. Le diete enterali polimeriche standard
che si applicano di routine nella realtà clinica per i pazienti con la SLA sono le
stesse di quelle utilizzate per i problemi respiratori acuti: ricche di grassi omega3, di vitamine C e E e che forniscono 25 a 30 kcal / kg al giorno (Braun,
Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012).
Tutte le strategie descritte risultano efficaci se praticate all’interno di un team
interdisciplinare composto da tutte quelle figure professionali – il personale
medico infermieristico, il dietista, il logopedista, il fisioterapista ed l’ergoterapista
– che giocano un ruolo fondamentale nella diagnosi e nella pratica degli
interventi per affrontare la malnutrizione (Andersen et al. 2012; Greenwood
2013; Muscaritoli et al. 2012; Rio et al. 2010).
Non sono stati trovati risultati che indichino la priorità e l’importanza di una strategia
rispetto ad altre.
Per quanto riguarda il secondo obiettivo del lavoro, ovvero individuare delle strategie
infermieristiche per favorire la nutrizione nei pazienti affetti dalla SLA, sono state trovate
poche evidenze scientifiche che parlano di strategie infermieristiche nello specifico.
Nella letteratura vengono nominate più frequentemente altre figure professionali
(fisioterapista, logopedista, dietista e ergoterapista) (Andersen et al. 2012; Greenwood
2013; Muscaritoli et al. 2012; Rio et al. 2010), ma è possibile evincere il ruolo
infermieristico descrivendolo secondo il profilo di competenza SUPSI. In particolare
possono essere sottolineati:
Ruolo di membro di un gruppo di lavoro: L’infermiere ha il compito, come
membro di un gruppo di lavoro, di accompagnare l’equipe interdisciplinare,
coordinare e sostenere i collaboratori del team, insieme ai quali mettono in atto le
strategie sopracitate per prevenire o affrontare la malnutrizione (Greenwood 2013).
Ruolo di esperto in cure infermieristiche: È indispensabile nella presa a carico
della malnutrizione, poiché gli infermieri sono responsabili delle relative decisioni e
delle valutazioni multidimensionali continue riguardo ai bisogni del paziente. Dato
che la valutazione neurologica e nutrizionale precoce e periodica rappresenta un
aspetto essenziale nella presa a carico nutrizionale dei pazienti affetti dalla SLA,
l’infermiere ha un ruolo principale in questo percorso, valutando costantemente lo
stato nutrizionale dei pazienti, documentando efficientemente tutti i dati rilevanti e
39 condividendoli con l’equipe multidisciplinare. Inoltre ha un ruolo nella gestione della
nutrizione artificiale (PEG, RIG, SNG).
Ruolo di promotore della salute (Health Advocate): La decisione di introdurre
una nutrizione enterale comporta l’attenta valutazione della volontà del paziente,
della sua situazione globale e della sua prognosi. La decisione definitiva, tenendo
conto dei potenziali rischi e delle possibili complicazioni, viene quindi presa con il
paziente e con le persone di riferimento. Gli infermieri stabiliscono relazioni
professionali di fiducia con il paziente e con le persone di riferimento, riconoscono e
accolgono i loro bisogni, le preoccupazioni e i dubbi riguardo tale provvedimento e
trasmettono informazioni in maniera mirata per aiutarli nel processo decisionale
preparandoli emotivamente all’evento e cercando così di facilitare l’accettazione di
questo cambiamento.
Infine, quali promotori della salute, gli infermieri si basano sulle proprie conoscenze
di esperti al fine di educare accuratamente il paziente e i famigliari all’importanza,
all’utilizzo e alla gestione pratica extra ospedaliera del sistema di nutrizione enterale
o parenterale, nell’ottica di promuovere la sua qualità di vita e di prevenire eventuali
complicanze che ostacolino l’aumento del tasso di sopravvivenza.
Ruolo di apprendente e insegnante: In qualità di apprendisti, gli infermieri si
impegnano nell’ampliamento delle proprie conoscenze basandosi sulle evidenze
scientifiche e aggiornate: è, infatti, auspicabile che l’infermiere impari e si aggiorni
continuamente per quanto riguarda gli ausili e le pratiche tecnici di gestione dei
sistemi della nutrizione enterale o parenterale valutando costantemente la loro
efficacia, qualità e funzionamento, specialmente nel contesto ospedaliero.
Questa revisione presenta alcuni limiti: siccome la SLA è una delle malattie più
sconcertanti in medicina in termini di comprensione della sua patogenesi e sia la
malattia di per sé che la malnutrizione ad essa correlata sono temi ancora oscuri e poco
esplorati a livello scientifico, esistono pochi articoli primari inerenti alla domanda di
ricerca. Le fonti disponibili nelle banche dati e nelle riviste scientifiche riguardanti il tema
del lavoro sono in gran parte fonti secondarie. Dal momento che la maggior parte degli
articoli è stata scritta negli ultimi dieci anni, è stato opportuno estendere il campo di
ricerca a questo arco di tempo per arrivare a un numero sufficiente di articoli.
Per l’indagine, in considerazione dell’importanza degli articoli, si è scelto di considerare
anche le revisioni di letteratura.
Un altro limite del lavoro è stato la mancanza di dati statistici locali affidabili (della
Svizzera e del Ticino).
Attraverso questo lavoro di ricerca, ci si rende conto che l’infermiere può ricoprire
diversi ruoli nell’ambito della gestione della malnutrizione dei pazienti affetti dalla SLA.
Purtroppo però non sono state trovate vere e proprie strategie infermieristiche al
riguardo, questo aspetto rappresenta un’area grigia e un possibile terreno di future
ricerche. È importante, quindi, sviluppare la ricerca sulle competenze infermieristiche
per permettere di migliorare la presa a carico della malnutrizione correlata alla SLA.
Inoltre, diversi studi hanno rilevato che non vi sono dei protocolli affidabili nella
prevenzione e presa a carico della malnutrizione, così come nella scelta di una formula
nutrizionale efficace (Braun, Osecheck, e Joyce 2012; Muscaritoli et al. 2012). Anche
questo ultimo punto rappresenta un’area molto importante dove effettuare ulteriore
ricerche.
40 Ritengo che sia importante continuare con la sensibilizzazione di tutto il personale
curante (infermieri, logopedisti, ergoterapisti, dietisti, ecc.) in merito al riconoscimento
della malnutrizione e sull’importanza della sua valutazione di essa in quanto importante
complicanza che va ad influenzare l’indice prognostico e la qualità di vita del paziente e
delle persone curanti.
7. CONCLUSIONE
Alla luce di quanto emerso nei capitoli precedenti, ho potuto appurare quanto lo stato
nutrizionale sia importante nei pazienti colpiti dalla SLA: si possono verificare, infatti,
perdita di peso corporeo con riduzione della massa grassa e muscolare corporea e altri
sintomi che impediscono una nutrizione adeguata. Può quindi svilupparsi uno stato di
malnutrizione, una delle complicanze che influenza fortemente la progressione e i tassi
di sopravvivenza della malattia; inoltre, peggiora la qualità di vita dei pazienti e delle
persone di riferimento. Con la redazione della tesi, mi sono resa conto che esistono
delle strategie per affrontare tale complicanza che migliorano la qualità di vita e l’indice
prognostico, e che gli infermieri possono avere un ruolo importante al riguardo.
Alla fine di questo lavoro di Bachelor, sono molto soddisfatta di aver avuto l’occasione
di approfondire un tema che mi affascina e scoprire alcuni lati oscuri di una malattia
neurologica devastante e misteriosa come la SLA.
Tramite questa ricerca è stato verificato ciò che avevo notato durante il mio stage in
neurologia, ovvero una vera e propria mancanza di protocolli per quanto riguarda la
presa a carico infermieristica dei pazienti con la SLA, sia a livello teorico sia nella realtà
clinica regionale. Questo lavoro mi ha consentito di rilevare l’importanza e la necessità
di creare un protocollo standardizzato a questo proposito. Sarebbe interessante poter
far visionare la mia tesi al personale specializzato clinico del reparto di neurologia
dell’Ospedale Regionale Civico, in modo da poter prendere spunto da ciò che è emerso
e poter introdurre dei protocolli applicabili o migliorare quelli esistenti, in particolare
nell’ambito della malnutrizione e dell’infermieristica.
Spero che questa esperienza potrà permettermi in futuro, attraverso una ricerca più
specifica e approfondita, di sviluppare altre problematiche e complicanze riguardanti la
malattia in questione.
La stesura della revisione di letteratura riguardo alla tematica prescelta, è stata
un’opportunità di migliorare le mie capacità di ricerca nelle banche dati, di pianificazione
del lavoro, di seguire una metodologia e di rispettare determinate tempistiche. Grazie
alla lettura approfondita della letteratura scientifica, ho potuto sviluppare una visione
critica a riguardo. Saper utilizzare le banche dati tornerà senz'altro utile nel mio lavoro
professionale poiché sono fonte di materiale affidabile e pertinente a cui poter attingere
per mantenersi aggiornati, per risolvere dubbi e su cui basare l’assistenza specifica.
Svolgere questo scritto è stata un’esperienza molto utile anche per il mio interesse
professionale ovvero continuare i miei studi nell’ambito della ricerca, nella quale sono
sicura di poter utilizzare le conoscenze acquisite in questo periodo di lavoro.
Per concludere ci tengo a dire che, nonostante alcune difficoltà che ogni tanto ho
riscontrato nello svolgere il mio lavoro di tesi, ora sono pienamente soddisfatta di aver
potuto vivere questa esperienza.
41 8. RINGRAZIAMENTI
Alla fine del mio Lavoro di Bachelor vorrei ringraziare, in primo luogo, la mia direttrice di
tesi, Laura Canduci, per la sua disponibilità, la pazienza e per avermi accompagnata
passo per passo in questo lungo percorso. Sono grata alla mia cara amica Leila B. per
avermi dedicato il suo tempo e fornito un prezioso aiuto per correggere il mio lavoro. Un
grazie di cuore a mio marito Majid per aver sopportato tutte le mie assenze a casa e i
miei sbalzi d’umore durante gli anni di formazione. Infine, ringrazio i miei amici di scuola
e la mia famiglia per avermi sempre incoraggiata ad andare avanti.
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10. INDICE DELLE FIGURE
Figura 1: I tratti discendenti del midollo spinale …………………………………...............4
Bear, F. M, B. W. Connors, e M. A. Paradiso. 1999. Neuroscienza, esplorando il
cervello. Tradotto da Gianluca Campana. Milano: Masson.
Figura 2: Breve descrizione dei tratti spinali discendenti e della loro origin…......….......5
Bear, F. M., B. W. Connors, e M. A. Paradiso. 1999. Neuroscienza, esplorando il
cervello. Tradotto da Gianluca Campana. Milano: Masson.
Figura 3: Rappresentazione schematica del ciclo vizioso che collega la malnutrizione,
l'infiammazione
e
la
sarcopenia
nella
sclerosi
laterale
amiotrofica………………………………..…………………………………………...............21
Muscaritoli, M., I. Kushta, A. Molfino, M. Inghilleri, M. Sabatelli, e F. Rossi
Fanelli. 2012. “Nutritional and metabolic support in patients with amyotrophic
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47 Lavoro di tesi approvato in data: ………………………………………
48