Dall`articolo Formazione scientifica di E. Giordano per il giornale del

Dall’articolo Formazione scientifica di E. Giordano per il giornale Cooperazione Educativa n° 3
2005
del Movimento di cooperazione educativa MCE http://www.mce-fimem.it/
Le tappe principali di un percorso didattico
Tracciamo per sommi capi le tappe fondamentali di un percorso di insegnamento/apprendimento
per la scuola di base così come si è venuto delineando dalle nostre ricerche nelle classi; ai futuri
insegnanti viene proposto un percorso del tutto analogo.
Osservare attentamente e non solo con gli occhi; tutto il corpo partecipa a sentire quello che
accade, quello che ci circonda. Poi qualcosa in particolare attira l’attenzione; si cercano le parole, i
disegni, i gesti, i suoni ....per descrivere, per rappresentare; il linguaggio (i linguaggi) aiutano non
solo a rappresentare, ma a individuare somiglianze, analogie, invitano a pensare e ad esprimere
interpretazioni.
Bisogna recuperare con adulti il gusto di osservare, riscoprire domande profonde per fatti che ci
sembrano banali e scontati. Molte volte si utilizza una tecnica di spiazzamento, si lavora in
situazioni che provochino stupore e nello stesso voglia di capire di più.
Osservazioni all’aperto dell’orizzonte, del movimento del sole sull’orizzonte durante una giornata, delle stelle in una
notte, alla ricerca della stella polare (cosa avrà di speciale poi?)….
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Oppure si può trattare di lavori sperimentali eseguiti in laboratorio o a casa con materiale semplice,
a basso costo e facilmente reperibile, ma soprattutto che si presti a essere manipolato, variando le
situazioni, alla ricerca di variabili e costanti.
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Descrivere l’acqua
Un altro ingrediente fondamentale del percorso didattico è la descrizione, la rappresentazione di
quello che si osserva attraverso diversi canali espressivi e codici linguistici.
Spesso l’insegnamento scientifico (e non solo scientifico) a scuola privilegia il linguaggio verbale;
gli adulti si fermano a osservazioni stereotipate e a frasi fatte. Nei lavori con l’acqua, che vengono
proposti nel corso di Didattica della fisica e nei laboratori, spesso emerge il fatidico: “L’acqua è
incolore, inodore, insapore, senza forma propria, prende la forma del recipiente.”
Possibile che gli adulti sappiano elencare dell’acqua solo le proprietà che non ha? e le cose che si
dicono e si fanno ripetere ai bambini sono coerenti tra loro e con i fatti? se in una pagina del
sussidiario l’acqua è insapore perchè in un’altra c’è l’acqua dolce e l’acqua salata?
Perchè per il vetro, ad esempio quello alla finestra, si usa l’aggettivo trasparente e per l’acqua si
usa incolore? Siamo sicuri che l’acqua non ha forma propria? e quando è a forma di goccia?
Alcune di queste questioni vengono affrontate in aula, anche in un’aula universitaria con le file di
banchi inchiodate una dietro l’altra; bisogna portare in aula materiale semplice da distribuire tra gli
studenti o utilizzare quello che già c’è, molti portano oggigiorno con sè una bottiglia d’acqua.
C’è sempre una certa resistenza dei futuri insegnanti a cimentarsi davvero con la manipolazione,
l’osservazione, la descrizione di quello che accade, spesso si preferisce passare subito a proporre
l’interpretazione astratta.
Prof: Ma davvero l’acqua prende la forma del recipiente? Proviamo a guardare attentamente e a
cercare le parole per descrivere quello che si vede.
Ad esempio prendiamo una bottiglia dalla forma “arzigogolata” e la riempiamo d’ acqua per metà
circa, oppure prendiamo una vaschetta trasparente a base rettangolare, mettiamo poca acqua sul
fondo, poi incliniamo la vaschetta.
Prof: posso ancora dire che l’acqua ha preso la forma del recipiente?
Studente :“sì, ma non di tutto il recipiente”
Prof: “e di quale parte del recipiente”?
Studente: “fino dove arriva”
Prof: “e come farà l’acqua a sapere fin dove deve arrivare? com’è la forma dell’acqua dove
l’acqua finisce e comincia l’aria (la superficie libera dell’acqua)? se ad esempio inclino la
bottiglia o la vaschetta cosa succede all’acqua? la superficie si inclina anche lei?”
Studente:è dritta
Prof: ma dritta come? cosa vuol dire qui” dritta” come facciamo a vedere se si inclina o no?
Per rendersi conto che la superficie libera dell’acqua ferma è sempre orizzontale bisogna aiutare la
percezione, insegnare a guardare bene, prendendo dei riferimenti esterni al contenitore, ad esempio
osservando com’è la superficie libera del liquido rispetto al piano del banco o del pavimento.
Se è importante partire dall’esperienza quotidiana è altrettanto importante che l’insegnante guidi
all’osservazione attenta, arricchisca l’esperienza, stimoli la ricerca sistematica di “cosa cambia e
cosa resta costante” (costanti e variabili), di concetti generali, di regole e di modelli interpretativi.
Per capire i liquidi conviene confrontare il comportamento dell’acqua con quello di altri materiali
ad esempio di granulari sempre più fini (ceci, miglio, farina gialla, farina bianca) e con solidi amorfi
(pongo, plastilina, silly putty).
Si possono usare paroli semplici per esprimere osservazioni e interpretazioni: l’acqua, quando è
poca, sembra difendersi dall’ambiente intorno e si raggomitola su se stessa (in linguaggio
scientifico assume una forma sferica o quasi, la forma che, a parità di volume, espone all’esterno la
minima superficie); quando è tanta e viene versata, a differenza della farina e degli altri granulari,
“non fa mucchi”, si spande finché può, arrivando fino alle pareti del contenitore. L’acqua ferma non
riesce a “stare in salita”, la sua superficie libera può essere solo orizzontale.
E l’acqua “non lascia buchi” spandendosi riempie tutti gli spazi (sempre a differenza dei granulari,
dove tra un granello e l’altro rimane aria) e non si può schiacciare, comprimere.
Questa è la proprietà che permette di misurare la capacità di un recipiente attraverso il volume di un
qualunque liquido che lo riempia completamente; che permette di tarare un recipiente e
trasformarlo in un misuratore di volumi; che permette di misurare volumi di oggetti per
immersione in acqua o altro liquido.
E con l’acqua si fanno le onde, i fiumi, il mare, le nuvole, la pioggia .....
Si potrebbe lavorare a lungo su ognuno di questi aspetti. Nella scienza bisogna sapere sia guardare
il complesso dei fenomeni sia imparare ad accettare che per capire meglio, per approfondire,
bisogna semplificare, analizzare un solo aspetto o fenomeno alla volta. Semplificare quindi deve
essere una conquista non un punto di partenza, se le situazioni sono troppo “semplici” per i bambini
sono in realtà difficili e prive di significato ( e non solo per i bambini, pensate al “moto rettilineo
uniforme di un punto materiale” con cui comincia nei libri di fisica lo studio del moto; per i fisici è
la situazione più semplice da studiare, per chi si avvicina alla fisica risulta generalmente
incomprensibile). Le situazioni devono essere sufficientemente complesse, ma non complicate,
devo essere coinvolgenti, intriganti ma affrontabili, risolubili, comprensibili con la mediazione
attenta e la guida esperta del docente.