Roberto Paoluzzi Motivi, momenti e figure dell`antigiudaismo

Roberto Paoluzzi
Motivi, momenti e figure dell’antigiudaismo cattolico italiano
(1848-1914). Il ruolo di Don Davide Albertario e dell’osservatore cattolico
Questa
tesi
si
propone
di
esaminare
i
principali
momenti
e
figure
dell’antigiudaismo cattolico ottocentesco, escludendo dalla trattazione soltanto gli
organi ufficiosi della Curia Romana come L’Osservatore Romano e La Civiltà
Cattolica.
Si è scelto di iniziare l’analisi col Piemonte perché i principali motivi che la
polemica dei cattolici italiani assunse nei riguardi degli ebrei e dell’ebraismo
vennero anticipati nel Regno di Sardegna. Nel primo capitolo, sulla base della
pubblicistica e della stampa coeva, oltre che di
documenti conservati
nell’Archivio di Stato di Torino, nell’Archivio Segreto Vaticano e nell’Archivio della
Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari, vengono dunque esaminate
le origini dell’antigiudaismo cattolico nel Piemonte preunitario. Prima del 1848, la
legislazione del Regno di Sardegna sugli ebrei, pur difficile da applicare del tutto,
rimaneva duramente discriminatoria, mentre rimanevano diffuse la letteratura
antiebraica e l’avversione popolare nei confronti degli israeliti. Malgrado ciò,
quando nel 1847 l’opinione pubblica subalpina iniziò ad agitarsi per ottenere
riforme liberali, non pochi cattolici , anche ecclesiastici, si unirono alla campagna
promossa da Massimo e Roberto d’Azeglio per l’emancipazione degli ebrei e dei
valdesi, anche se il loro appoggio a questa richiesta non era privo di elementi
paternalistici e di residui degli antichi pregiudizi sugli ebrei; nondimeno,
l’emancipazione venne infine ottenuta, nonostante le riserve del re Carlo Alberto
e
la
contrarietà
mostrata
dalla
stragrande
maggioranza
dell’episcopato
piemontese e dalla Curia Romana. Il processo di laicizzazione del Regno di
Sardegna nel successivo decennio, attuato proprio mentre ebrei e protestanti
vedevano eliminati gli ultimi resti della loro inferiorità giuridica, spinse però
buona parte del mondo cattolico subalpino su posizioni di ostilità non solo nei
confronti del governo ma anche di chi ne otteneva l’appoggio, come dimostra
l’atteggiamento del principale giornale cattolico piemontese, L’Armonia. Esso
condusse nel decennio 1850 – 1860 una continua polemica contro gli ebrei ( e i
protestanti), basata sul parallelismo tra il favore che, a suo avviso, il governo
concedeva loro, e le misure persecutorie che riservava alla Chiesa; inoltre, nel
1858, il caso Mortara consentì al giornale non solo di riaffermare i princìpi della
Chiesa riguardo al battesimo dei figli degli ebrei, ma anche di accusare di
immotivata ostilità verso il Cattolicesimo gli ebrei che avevano espresso il loro
sdegno per questo fatto.
Nel
secondo
capitolo
vengono
invece
affrontati
i
principali
sviluppi
dell’antigiudaismo cattolico italiano nel primo ventennio dopo l’Unità, sulla base
anche in questo caso dell’esame della stampa e pubblicistica coeva, specialmente
cattolica e, per particolari argomenti, di documenti conservati nell’Archivio
Segreto Vaticano e nell’Archivio della Congregazione degli Affari Ecclesiastici
Straordinari.Gli attacchi agli ebrei da parte della stampa cattolica si fecero in
questo periodo più duri, e, come già nel periodo precedente, si verificarono
soprattutto in concomitanza con l’aumento della tensione tra Stato e Chiesa:
L’Unità
Cattolica,
il
giornale
che
raccolse
nello
Stato
unitario
l’eredità
dell’Armonia, iniziò a vedere negli ebrei italiani dei fautori, e non solo dei
beneficiari, della lotta contro la Chiesa condotta dai governi liberali italiani.
L’atteggiamento polemico dei cattolici ligi alla Santa Sede nei confronti degli ebrei
si accentuò ancora dopo la conquista di Roma e la fine del potere temporale dei
papi: tra il 1870 e il 1873 gli attacchi antigiudaici furono frequenti e assai duri,
tanto nei contenuti quanto sul piano verbale; nella seconda metà degli anni
Settanta tuttavia, come mostrano diversi articoli dell’Unità Cattolica, si ebbe una
certa pausa nella polemica cattolica verso gli ebrei, che durò fino a quando il
giornale milanese L’Osservatore Cattolico, sotto la direzione di don Davide
Albertario, non introdusse in Italia i temi e i motivi polemici dell’antisemitismo
razziale europeo.
E’appunto alle polemiche sostenute da questo giornale milanese nell’ultima parte
del XIX secolo ( 1873 – 1899 ) che sono dedicati il terzo e il quarto capitolo della
tesi: oltre all’Osservatore Cattolico sono stati consultati altri quotidiani e periodici
cattolico – intransigenti ( La Voce della Verità, L’Unità Cattolica, Il Movimento
Cattolico, organo dell’Opera dei Congressi e Comitati Cattolici ) e sono stati usati
documenti conservati nell’Archivio dell’Opera dei Congressi a Venezia. Dopo un
periodo iniziale, in cui gli attacchi agli ebrei del giornale si limitarono all’ambito
italiano, a partire dal 1878 le corrispondenze estere assunsero definitivamente
un peso preponderante nei suoi attacchi antiebraici, in concomitanza con la
nascita di movimenti antisemiti di massa in Francia e in Germania.
L’Osservatore Cattolico fece eco alle loro iniziative e alle loro denunce, insistendo
in particolare sul tema dell’omicidio rituale. Gradualmente gli ebrei divennero per
il giornale intransigente non solo complici, ma anche istigatori degli attacchi al
cattolicesimo in Italia e in Europa: questa convinzione trovò la sua definitiva
affermazione nelle Lettere al deputato Toscanelli, scritte dallo stesso Albertario
nel 1890-91.
All’inizio degli anni Novanta L’Osservatore Cattolico, di fronte a nuovi accuse di
omicidio rituale, portò all’acme la sua polemica antiebraica. Questo suo
atteggiamento fece sì che il giornale dovesse anche sostenere una insidiosa
polemica con l’ebraista tedesco Hermann Strack, protrattasi per buona parte del
1892 -1893; grazie all’abilità di Albertario, il quotidiano milanese riuscì però a
non uscire soccombente. Il tema dell’omicidio rituale fu sfruttato dal giornale di
Albertario fino al 1896; gradualmente però perse molta della sua importanza di
fronte alla nascita e ai successi, in Francia e Austria, di movimenti politici di
ispirazione cattolica che univano all’antigiudaismo la richiesta di riforme sociali;
L’Osservatore Cattolico si accorse infatti delle loro possibilità di successo e li
sostenne quasi incondizionatamente .
Infine, tra il 1897 e il 1898, l’affare Dreyfus non fece cambiare all’Osservatore
Cattolico le sue posizioni sugli ebrei; dopo aver mostrato inizialmente cautela, a
differenza di altri giornali cattolici intransigenti, il quotidiano di Albertario giunse
alla
conclusione
che,
indipendentemente
dalla
giustezza
della
condanna
dell’ufficiale ebreo, le iniziative per la revisione della sentenza costituivano un
complotto ebraico diretto contro i cattolici e , di conseguenza, fece oggetto delle
più sferzanti critiche i sostenitori francesi e stranieri della causa di Dreyfus. Solo
dopo la scoperta dei falsi del colonnello Henry il quotidiano milanese sostenne,
pur
con
ambiguità
e
oscillazioni,
l’innocenza
dell’ufficiale
israelita,
non
rinunciando peraltro alla sua ostilità verso gli ebrei e gli anticlericali che lo
sostenevano.
Il quinto capitolo getta uno sguardo all’atteggiamento tenuto verso gli ebrei dalle
correnti minoritarie del cattolicesimo italiano di fine Ottocento: i cattolici liberali e
transigenti e i democratici cristiani, che la storiografia ha tradizionalmente
ritenuto del tutto estranei all’antigiudaismo.
I sondaggi effettuati sul giornale transigente milanese La Lega Lombarda, rivale
dell’Osservatore Cattolico, fanno invece pensare che i transigenti condividessero
sostanzialmente l’avversione nei confronti degli ebrei nutrita dai cattolici
intransigenti, differenziandosi da questi solo per un tono meno polemico e più
sfumato. Quanto ai democratici cristiani, uno dei loro organi principali, il periodico
Cultura Sociale, sostenne l’innocenza di Dreyfus; tuttavia, alcune affermazioni
incidentali del suo direttore, don Romolo Murri, fanno comprendere come anche
per lui gli ebrei fossero per loro natura nemici della Chiesa.
Il sesto capitolo, basato essenzialmente su fonti a stampa, è dedicato
all’antigiudaismo cattolico italiano nei primi anni del Novecento: a una prima
fase, corrispondente al primo decennio del secolo, in cui l’avversione verso gli
ebrei fu stancamente tenuta viva solo dai superstiti fogli intransigenti, seguì una
nuova fase di tensione. La guerra di Libia e le elezioni politiche del 1913 videro
infatti i giornali clerico – moderati, come Il Momento di Torino e L’Italia di Milano,
lanciare attacchi agli ebrei presentandoli come antipatriottici ed estranei alla
nazione italiana, mentre gli intransigenti dell’Unità Cattolica e del settimanale Il
Mulo approfittarono del processo per omicidio rituale di Kiev del 1913 per
sostenere una volta di più la realtà dell’accusa, negata invece, malgrado la loro
antipatia per gli ebrei, dal Momento e dall’Italia.
L’avversione nei confronti degli ebrei, pur variamente espressa, restava dunque
forte nel mondo cattolico italiano.