Introduzione La costruzione della civiltà delle immagini è stata una delle più grandi imprese del ’900 e la sua re-invenzione nel mondo digitale è la frontiera di questi primi decenni del XXI secolo. Questo libro si propone di introdurre il lettore alla storia e al funzionamento dell’industria che produce e distribuisce le immagini: il cinema, la televisione, Internet. Si tratta di una grande e integrata macchina produttiva che fin dalle origini ha una vocazione globale e che ha trasformato e trasforma il modo con cui gli abitanti di questo pianeta vivono la quotidianità, si scambiano informazioni, si divertono, immaginano se stessi e gli altri. Esattamente da un secolo, ossia dagli anni della prima guerra mondiale, questo apparato culturale e industriale ha un centro che lo orienta, lo struttura e ne scandisce l’evoluzione, e questo centro si colloca negli Stati Uniti d’America: le major di Hollywood, le televisioni di New York, i player digitali della Silicon Valley e della costa del Pacifico. La tesi di questo libro è che la centralità dell’industria audiovisiva americana, ossia del cinema, della televisione e dell’economia digitale made in USA, non è il risultato di accidenti della storia, anche se qualcuno farà notare che un incidente come la prima guerra mondiale qualche effetto lo ha pur avuto sui mercati internazionali. Ciò che si cercherà di dimostrare è 11 invece che questa centralità dell’industria audiovisiva americana è conseguenza di come funziona l’economia dei media audiovisivi, di quelle che sono le dinamiche strutturali del cinema, della televisione e del mondo digitale. Non si arriverà a considerare il predominio di Hollywood come una “necessità storica”, ma qualcosa di abbastanza vicino a questo concetto è probabilmente il modo più giusto per leggere i trend di lungo periodo dell’industria audiovisiva. Ciò che è innegabile è che il lungo secolo americano del cinema e della televisione ha cambiato il modo di pensare e di vivere del mondo. Non vi è paese o cultura che non sia entrata in contatto con i film di Hollywood e con le serie televisive prodotte dalle media companies statunitensi. Se l’incasso nei cinema di tutto il mondo di un film come Iron Man 3 è superiore al PIL di uno stato africano come la Liberia (un solo film che vale come un intero paese!), questo non è solo prova di una schiacciante superiorità economica di Hollywood ma è anche testimonianza della capacità di penetrazione culturale dei linguaggi e dell’immaginario veicolati dal cinema americano. In questi primi decenni del nuovo millennio, tuttavia, qualcosa d’importante sta cambiando nell’assetto del mercato e dell’industria dell’audiovisivo: il peso delle economie asiatiche si sta traducendo in un’importanza crescente dei consumatori di quei paesi, che costringe Hollywood a pensare il proprio prodotto e la propria strategia mondiale in modo diverso; e le industrie televisive e cinematografiche della Corea e della Cina (senza dimenticare le potenzialità dell’India) hanno avviato un percorso di riorganizzazione e crescita che le rende competitive, per ora sul mercato asiatico ma, forse prima di 12 quanto non s’immagini, anche in uno scenario più vasto. Stanno insomma emergendo le condizioni perché, nel medio periodo, l’industria audiovisiva si articoli su più centri produttivi globali. Non è ovviamente solo un problema di quote di mercato, ma è anche una questione d’influenza culturale o, per essere più precisi, d’indirizzo dei flussi culturali che attraversano il mondo globalizzato. Anche in questo caso, l’industria dell’audiovisivo accompagna e riflette trasformazioni più generali degli equilibri economici e anche politici. La civiltà digitale delle immagini si avvia a produrre identità plurali in un mondo multipolare: è quella che possiamo chiamare la nuova “geopolitica dell’audiovisivo”. 13