Utilizzo di polimeri biodegradabili e compostabili nel comparto agricolo ed alimentare INTRODUZIONE L'esigenza di conciliare crescita economica ed equa distribuzione delle risorse in un nuovo modello di sviluppo ha iniziato a prendere piede a partire dagli anni ’70, come conseguenza dell'avvenuta presa di coscienza del fatto che il concetto di sviluppo classico, legato esclusivamente alla crescita economica, avrebbe causato entro breve il collasso dei sistemi naturali. La crescita economica non è di per sé sufficiente, lo sviluppo è reale solo se migliora la qualità della vita in modo duraturo. All’inizio del XXI secolo la crescente attenzione rivolta ai biopolimeri trae origine dalla volontà di porre un freno all’inquinamento ambientale. Nella sua accezione più ampia, il concetto di sostenibilità implica la capacità di un processo di sviluppo da sostenere nel corso del tempo, la riproduzione del capitale mondiale composto dal capitale economico, umano/sociale e naturale. ……………………………………………………………………… PLASTICHE Problematica ambientale E’ difficile immaginare che solo un secolo fa la presenza di plastica nel mondo fosse trascurabile, quando ora essa pervade le nostre vite dai contenitori per alimenti ai dispositivi medicali, fino ai componenti delle 1 auto ed ai giocattoli. La plastica consente al nostro cibo di rimanere fresco più a lungo e di poter essere trasportato su distanze maggiori, mantiene i dispositivi medicali sterili, ad esempio tramite gli involucri di aghi o le sacche per il sangue o la soluzione salina, rende le nostre auto più leggere ed efficienti nei consumi, rallegra i bambini nella forma di Lego o Barbie, solo per menzionare alcuni dei tanti usi attuali (Kržan,2012). Questo è sorprendente se si pensa che la plastica è l’unico gruppo importante di materiali interamente realizzato dall’uomo. La parola plastica deriva dalla parola greca "Plastikos", che significa "in grado di essere stampati in diverse forme" (Joel,1995). La produzione mondiale di plastica è di circa 200 milioni di tonnellate/anno. Tale produzione, in costante aumento negli ultimi 50 anni, ha fatto sì che venisse coniata l’espressione "Era della Plastica", applicata a tutta la seconda metà del novecento. Questa definizione dà un’idea di quanto l’avvento delle materie plastiche abbia inciso sui comportamenti e le abitudini quotidiane dei paesi sviluppati ed in via di sviluppo, e di quanto abbia contribuito allo sviluppo di importanti settori come trasporti, comunicazioni, elettronica, informatica. Settori di utilizzo delle materie plastiche La plastica tradizionale, o sintetica, è prodotta da derivati del petrolio come sottoprodotto della filiera del greggio. La sua caratteristica è quella di essere costituita da monomeri, l’unità strutturale ripetitiva che forma un polimero, con una notevole resistenza meccanica ed al calore ma costituisce un grave problema ambientale a causa della sua bassa biodegradabilità e l'accumulo in vari ambienti. La crescente consapevolezza ambientale e la presenza di nuovi regolamenti, nonché nuove tendenze nella gestione dei rifiuti solidi, hanno portato i ricercatori ad incrementare le attività sulla progettazione di materiali polimerici compostabili che si degradano facilmente in condizioni ambientali ben definite. Il metodo tradizionale di smaltimento dei rifiuti (interramento in discariche ed incenerimento) non può essere applicato alla plastica perché: alcune materie plastiche quando bruciano producono gas tossici; quasi tutte le plastiche bruciando producono una notevole quantità di calore che, se non viene utilizzato per produrre energia, si disperde nell’ambiente circostante causando un indesiderato aumento della temperatura (inquinamento termico); la plastica non è degradabile, se non in tempi lunghissimi (centinaia di anni), quindi una volta abbandonata permane nell’ambiente. Nel Mar Mediterraneo galleggiano 500 tonnellate di rifiuti plastici, che rappresentano circa l’80 per cento della spazzatura presente in mare: tali materiali impiegano dai 500 ai 1.000 anni per degradarsi e ciò rappresenta un serio problema non solo per le specie marine, ma anche per l’uomo, essendo la plastica entrata inevitabilmente nella catena alimentare. Il problema dell’accumulo di materiale plastico nelle acque è talmente grave che in un’area posta tra la California e le Hawaii si è formata una vera e propria isola di plastica grande due volte l’Italia e profonda 30 metri. Lo strano fenomeno è stato causato dalle correnti marine che hanno fatto convergere migliaia di tonnellate di rifiuti sparsi in mare. Ma il problema maggiore 2 è creato da ciò che il nostro occhio non riesce a percepire: micro-particelle di plastica spesse dai 0,3 ai 0,5 mm fluttuano nei nostri mari, alterando in modo significativo gli ecosistemi e contaminando la catena alimentare; gli oggetti di plastica, infatti, mano a mano si riducono in frammenti sempre più piccoli e invisibili ad occhio nudo (Spagnolo,2013). La maggior parte dei film di pacciamatura è attualmente prodotta da plastiche a base di petrolio, generalmente polietilene, e causa un notevole problema di smaltimento dei rifiuti (Halley et al., 2001). Utilizzo plastiche biodegradabili Il problema dell’impatto ambientale della plastica può essere risolto, o almeno ridotto, con metodi di recupero tramite raccolta differenziata e di riutilizzo degli stessi materiali a fine vita (riciclo). Per soluzioni più definitive, si punta oggi a sostituire le plastiche tradizionali con plastiche biodegradabili. Secondo un calcolo effettuato dall’European Climate Change Program (ECCP) per ogni tonnellata di bioplastica prodotta si potrebbero introdurre nell’ambiente circa 4 milioni di tonnellate di anidride carbonica in meno. Le plastiche biodegradabili, dunque, possono rappresentare una valida soluzione ai problemi di smaltimento post consumo, sempre più onerosi sia in termini economici che ambientali. Tuttavia gli enormi vantaggi derivanti dall’impiego delle bioplastiche non sono, purtroppo, un dato sufficiente alla loro adozione su larga scala. In primo luogo pesa il fattore economico: sono necessarie condizioni di mercato che scoraggino la produzione di plastica tradizionale, che rimane attualmente un prodotto più conveniente (i sacchetti in materiale biodegradabile costano 3-4 centesimi in più rispetto a quelli in plastica tradizionale). Le bioplastiche, inoltre, non sempre offrono le stesse garanzie qualitative di quelle tradizionali. C’è un bisogno costante di investimenti che si traducano in maggiore attenzione alla ricerca: la competitività economica delle bioplastiche, infatti, è minata dai costi elevati per lo sviluppo di nuove tecnologie. Ciò che fa ben sperare verso l’introduzione su larga scala di questi nuovi materiali è la crescente sensibilizzazione alle tematiche ambientali, che potrebbe rappresentare uno stimolo decisivo verso la promozione di iniziative legislative a favore della ricerca. I biopolimeri rappresentano un’area con grande possibilità di sviluppo perché uniscono elevate potenzialità tecniche, eco sostenibilità sia dal punto di vista delle materie prime e/o del loro recupero a fine vita. E’ interessante notare che i biopolimeri sono presenti sul mercato da molto tempo, alcuni risalgono alle origini dello sviluppo di questo settore. I primi polimeri sintetici erano basati su risorse naturali. Tra i biopolimeri da risorse rinnovabili “storici” possiamo citare i cellulosici, il Nylon 11 (PA 11) e le gomme naturali. Invece, tra i polimeri biodegradabili sono stati sviluppati da molti anni i policaprolattoni. Negli ultimi anni si sta assistendo ad un nuovo progressivo impegno dei grandi gruppi per quanto riguarda l’uso di biomonomeri per produrre polimeri “tradizionali”. In sintesi, il rinnovato interesse verso i biopolimeri è dettato dal crescente impegno nella risoluzione delle problematiche ambientali e dal timore di possibili crisi legate ai prodotti petroliferi (Kržan,2012). 3 Classificazione dei materiali polimerici secondo EuropeanBioplastics Biodegradabilità, compostabilità e normativa I termini “biodegradazione”, “materiale biodegradabile” e “compostabilità” vengono utilizzati comunemente ma spesso in modo errato diventando fonte di fraintendimenti. La degradazione di tipo idrolitico è frequentemente considerata sinonimo di biodegradabilità e la biodegradabilità sinonimo di compostabilità. La biodegradazione o degradazione biotica è il processo attraverso il quale il materiale polimerico si decompone sotto l’influenza di organismi viventi. I microrganismi (batteri, funghi, alghe) riconoscono i polimeri come fonte di nutrimento ed energia. Inizialmente la degradazione è di tipo chimico e porta alla frammentazione delle lunghe catene polimeriche in frammenti più piccoli. ………………………………. La biodegradazione è fortemente influenzata sia dalla natura chimica della sostanza che dall’ambiente. Essa avviene a ritmi consistenti e può essere gestita industrialmente durante i processi di compostaggio e digestione anaerobica. Alcuni materiali possono biodegradarsi completamente in suolo e questa proprietà può essere sfruttata in specifiche applicazioni, quali ad esempio la pacciamatura. La compostabilità è la capacità di un materiale organico di trasformarsi in compost mediante il processo di compostaggio. Tale processo sfrutta la biodegradabilità dei materiali organici di partenza per trasformarli in un prodotto finale che prende il nome di compost. Esso è un terriccio simile all'humus, ricco di sostanza organica e adatto ad essere usato in agricoltura come ammendante. Migliora la costituzione fisico-meccanica e la fertilità dei suoli. Si ottiene a partire da scarti vegetali e dalla frazione organica dei rifiuti urbani mediante processi di compostaggio su larga scala (compostaggio industriale) o in piccole compostiere domestiche. Il compost ottenuto dagli impianti industriali è un prodotto commercializzabile ed in quanto tale deve rispondere a specifici criteri di qualità chimico fisica e microbiologico-sanitaria fissati dalla legge.Attualmente il compostaggio è applicato su rifiuti selezionati, contenenti cioè solo materiale organico biodegradabile. Le plastiche tradizionali non sono ammesse e, se presenti, vengono scartate perché recalcitranti alla biodegradazione e pertanto causa di contaminazione del compost finale. Viceversa le plastiche biodegradabili sono ammesse al compostaggio, ma solo se rispondono ai criteri stabiliti dalle norme che definiscono i materiali compostabili. Il compostaggio di materiali non compatibili è avvenuto in passato, in assenza di regole e nell'anarchia delle definizioni e dei metodi di prova, e ha creato molti danni, specie nella fiducia degli utenti e dei tecnici responsabili degli impianti di compostaggio. Ora non è più possibile grazie alla norma europea EN 13432 che è stata pubblicata dal CEN nel 2000 e immediatamente raccomandata dalla Commissione Europea come norma “armonizzata”, associata alla Direttiva sugli Imballaggi e sui Rifiuti di Imballaggio (94/62/EC) e alla sua gemella EN14995, che applica gli stessi criteri presenti nella norma EN13432 al campo di applicazione più generale delle ‘Plastiche’. Secondo i criteri di valutazione presenti nella UNI EN 13432 le caratteristiche da esaminare mediante prove di laboratorio sono le seguenti: 4 Assenza di sostanze tossiche. Il materiale di imballaggio deve essere pressoché privo di metalli pesanti ed altri elementi indicati nella norma. Biodegradabilità. UNI EN 14046 o ISO 14855, ossia la tendenza del materiale di imballaggio ad essere convertito in anidride carbonica grazie ai microrganismi, in modo analogo a quanto accade ai rifiuti naturali. Disintegrabilità. UNI EN 14045, ovvero la frammentazione e perdita di visibilità nel compost finale. Assenza. di effetti negativi nel compost finale. Il materiale da imballaggio non deve contaminare il compost finale con sostanze ad azione eco-tossica e non deve diminuirne la qualità. Ciascuno di questi punti è necessario per la definizione della compostabilità ma da solo non è sufficiente. Ad esempio, un materiale biodegradabile non è necessariamente compostabile perché deve anche disintegrarsi durante il ciclo di compostaggio. D’altra parte, un materiale che si frantuma durante il ciclo di compostaggio in pezzi microscopici che non sono però poi totalmente biodegradabili non è compostabile. La metodologia della EN 13432 è stata recentemente adottata a livello internazionale dalla International Organisation for Standard (ISO) come ISO 18606:2013 Packaging and the Environment Organic Recycling (Broglio,2008). Le bioplastiche conformi a tali norme possono giocare un ruolo fondamentale nella valorizzazione e ottimizzazione del processo di compostaggio e nella produzione di compost di qualità. Un materiale è considerato "compostabile" soltanto se soddisfa i requisiti di biodegradabilità (conversione in acqua, CO2 e biomassa mediante l’azione di microrganismi) per cui si raggiunge il 90% di biodegradazione in un tempo massimo di 6 mesi, e di disintegrabilità, per cui si ottiene una frammentazione e riduzione delle dimensioni dei residui del materiale tale da determinare la perdita di visibilità nel compost finale. In Europa oggi sono disponibili LOGHI riconosciuti per le plastiche biodegradabili rilasciati da enti certificatori. I principali enti di certificazione europei sono Vinçotte (Belgio) e DIN CERTCO (Germania). Negli USA vengono utilizzati come metodi di riferimento ASTM D5338, D6400, D6868, D5526; in Europa UNI 13432, UNI 14855, UNI 14995, UNI 11183. In tutte le normative sopraelencate si considera in genere accettabile una biodegradabilità superiore al 90 % ottenuta in un tempo inferiore a 6 mesi. Perchè usare le plastiche biodegradabili ? Le risorse fossili sono limitate e destinate ad esaurimento. Non si possono riformare in tempi brevi perché derivano da processi di natura geologica. Di contro una risorsa rinnovabile non è destinata all’esaurimento perché può riformarsi con una velocità confrontabile con quella del suo sfruttamento. La maggior parte dei 5 polimeri e delle plastiche industriali sono attualmente prodotte a partire da risorse fossili, quali fonti non rinnovabili.I polimeri biodegradabili possono derivare sia da risorse rinnovabili che non rinnovabili. Con il termine biopolimeri si indicano i polimeri derivati da risorse rinnovabili. Le caratteristiche e la disponibilità a basso costo dei polimeri a base di petrolio, però, ha lasciato per lungo tempo ben poco spazio al mercato dei biopolimeri e solo l’attenzione per gli aspetti ecologici ha di recente rinnovato l’interesse per questa categoria di materiali. I biopolimeri sono generalmente suddivisi in tre gruppi: i polimeri naturali (come l’amido e la cellulosa), i polimeri sintetici da monomeri naturali (come l’acido polilattico, PLA), i polimeri da fermentazione microbica (come il poli-idrossi-butirrato, PHB e i poli-idrossialcanoati, PHA). I polimeri a base di amido più comuni sul mercato derivano da cereali quali grano, riso, frumento e da tuberi quali patata e tapioca. I polimeri biodegradabili devono essere a basso costo e devono avere prestazioni simili a quelle dei polimeri sintetici. Al fine di raggiungere le caratteristiche suddette, negli ultimi anni i polimeri biodegradabili sono stati combinati con fibre naturali per produrre biocompositi ecocompatibili. L’attenzione scientifica ed industriale si è concentrata sullo sviluppo di entrambi, polimeri biodegradabili e loro biocompositi derivati. La sfida attuale è quella di progettare materiali con stabilità strutturale e funzionale durante la conservazione e l'uso, nonché suscettibile alla degradazione microbica senza alcun impatto ambientale negativo. La produzione di polimeri biodegradabili può comprendere differenti procedure che non intaccano la biodegradabilità del materiale. Esse posso essere sintetiche (chimiche) o biotecnologiche (realizzate da microrganismi o enzimi). Le procedure più comuni sono: Produzione di plastiche da polimeri naturali processati meccanicamente o chimicamente (es. plastiche basate sull’amido destrutturato). Sintesi chimica di un polimero da un monomero prodotto per conversione biotecnologica di una risorsa rinnovabile (es. uso di acido lattico derivato dalla fermentazione dello zucchero per la produzione di PLA). In questo caso il polimero è prodotto chimicamente a partire da una risorsa rinnovabile. Produzione di un polimero con procedura biotecnologica basata su una risorsa rinnovabile (es. fermentazione di zuccheri in cui microrganismi sintetizzano poliesteri termoplastici alifatici come il PHB). Sintesi chimica di un polimero basato su componenti ottenuti da risorse non rinnovabili con processi petrolchimici (Kržan,2012). L’interesse correlato ai biopolimeri (BP), cioè ai polimeri biodegradabili e/o provenienti da fonti rinnovabili, riguarda ormai la maggior parte delle nazioni del nostro pianeta e trae origine dalla volontà di porre un freno al degrado ambientale terrestre. Progressi straordinari sono stati compiuti nello sviluppo di tecnologie di produzione di biopolimeri, tuttavia ancora oggi il mercato dei biopolimeri è un mercato di nicchia, principalmente ristretto al mercato del packaging e dell’agricoltura. Può essere valutato attorno allo 0,4-0,5% del consumo totale delle materie plastiche. Secondo le statistiche di European Bioplastics Association si può notare che l’attenzione dei mercati dei biopolimeri si sta spostando dalla biodegradabilità verso un maggiore impiego di materie prime rinnovabili (ovvero verso le plastiche di origine biologica). Gli argomenti a favore della sostenibilità, cioè la necessità di tutelare il clima e la riduzione delle riserve di combustibili fossili, premono per la sostituzione delle plastiche basate sui combustibili fossili con polimeri basati su materie prime rinnovabili, che troveranno presto applicazioni più durevoli sul mercato, con un’enfasi sul riutilizzo e sulla riciclabilità. Ci si può attendere che i materiali biodegradabili si diffonderanno e miglioreranno il proprio rendimento in aree in cui la biodegradabilità offre un vantaggio tangibile e significativo (ad esempio, i bioteli per pacciamatura). ……………………………………. 6 MATER-BI Caratteristiche L’assimilazione fotosintetica della CO2 da parte delle foglie porta alla formazione di amido. Tutti gli amidi contengono amilosio e amilopectina, con rapporti che variano con la fonte di amido. Questa variazione fornisce un naturale meccanismo per la regolamentazione del materiale contenenti le proprietà dell’amido. I biopolimeri a base di amido possono essere prodotti da dalla miscelazione con polimeri sintetici. Variando la miscela sintetica componente e la sua miscibilità con amido, la morfologia e quindi le proprietà possono essere regolate facilmente ed in modo efficiente. Questo approccio è stato attuato con successo da Novamont con il marchio Mater-Bi. Proprietà fisiche di materiali in Mater-Bi, poliesteri e poliolefine L'amido può essere termoplastico secondo una tecnologia molto simile alla cottura per estrusione. La cottura per estrusione e formatura è caratterizzata da lavoro e calore sufficiente applicati ad una base di cereali ottenendo un prodotto per cucinare o gelatinizzare completamente gli ingredienti. Le attrezzature utilizzate per l’estrusione ad alta pressione riscaldano i materiali durante la lavorazione e li comprimono continuamente. L’amido termoplastico può essere solubilizzato senza alcuna formazione di maltodestrine ed il grado di solubilizzazione dipende dalla temperatura di estrusione, il contenuto di umidità dell'amido prima dell'estrusione e la percentuale di amilosio/amilopectina. L’amido termoplastico puro può essere elaborato come un plastica tradizionale; la sua sensibilità all'umidità, tuttavia, lo rende inadatto per la maggior parte delle applicazioni. L'utilizzo principale dell’amido termoplastico puro è finalizzato a schiume compostabili solubili, vaschette espanse, vaschette modellate con parti stampate, fogli espansi in sostituzione del polistirolo. Miscele contenenti amido termoplastico e poliesteri biodegradabili [come policaprolattone (PCL)] vengono prodotte per aumentare la flessibilità e la resistenza all’umidità. Il comportamento biodegradativo dei diversi prodotti è influenzato principalmente dalla biodegradabilità della componente sintetica, anche se la presenza dell’amido è in grado di influenzare in modo significativo il tasso di biodegradazione di componenti sintetici intrinsecamente biodegradabili. Da copolimeri sintetici come ad esempio, i sistemi amido/copolimero di alcol vinilico, a seconda delle condizioni di trasformazione, sul tipo di amido e composizione del copolimero, si può generare una grande varietà di morfologie e proprietà come risultato della misura di un complesso formato tra amilosio e molecole sintetiche. Prodotti in Mater-Bi Sotto il marchio Mater-Bi, Novamont oggi produce quattro classi di materiali biodegradabili, tutti basati sull’amido e con diversi componenti sintetici: Classe Z: Biodegradabile e compostabile, principalmente per film e lastre. 7 Classe V: biodegradabile, compostabile e solubile, in sostituzione del polistirene. Classe Y: Biodegradabile e compostabile, per gli articoli stampati ad iniezione rigidi e dimensionalmente stabili. Classe A: Biodegradabile, materiali non compostabili. Questi materiali in Mater-Bi sono prodotti industriali progettati per i film e fogli. Un esempio importante di applicazione è rappresentato dai sacchetti compostabili per la raccolta della frazione organica e la raccolta dei rifiuti di cantiere. I film e le borse possono essere prodotti mediante pellicola sottoposta a soffiaggio tradizionale e attrezzature di tenuta per polietilene a bassa densità con modifiche minori, raggiungendo produttività simili. I sacchetti di diverse dimensioni vengono già utilizzati da milioni di cittadini europei per la raccolta separata della frazione organica dei rifiuti solidi urbani destinati al compostaggio. L’ingresso di Novamont in questo settore di mercato è stato preceduto da uno studio completo sul comportamento dei sacchetti in Mater-Bi in diversi impianti di compostaggio (da cumuli statici a reattori di fermentazione rotante). Il preliminare studio è stato completato in circa 2 anni, da 1992 al 1994. Una sintesi di questa preliminare attività è stata presentata alla Conferenza Internazionale 'La Scienza del compostaggio nel 1995 (Bastioli et al., 1997). Sia le prestazioni in uso che di compostabilità dei sacchetti in Mater-Bi in strutture di compostaggio su vasta scala sono state pienamente soddisfacenti. MATER-BI NEL COMPARTO ALIMENTARE Le possibilità di utilizzo di tali materiali sono: materiali di imballaggio usa e getta beni di consumo per uso di routine, quali piatti, tazze, contenitori materiali usa e getta per la cura personale, quali fazzoletti, assorbenti, pannolini rivestimento laminazione sacchetti per pacciamatura agricola Due tipi di biomolecole, idrocolloidi e lipidi, sono generalmente usati in combinazione per la preparazione di film per imballaggio biodegradabili o materiali compositi (Garcia et al., 2000). Biopackaging La protezione e la conservazione di tutti i tipi di cibo è oggi, in materia di imballaggi alimentari, una disciplina importante nell’ambito della tecnologia alimentare: riguarda la conservazione e la protezione di tutti i tipi di alimenti e loro materie prime. Finora sono stati utilizzati come materiali di imballaggio i prodotti plastici petrolchimici, per la loro disponibilità in grandi quantità, il basso costo, la buona resistenza alla trazione ed allo strappo, la buona barriera per l’ossigeno e i composti aromatici. Di contro hanno una bassissima velocità di trasmissione del vapore acqueo e, non essendo biodegradabili, pongono seri problemi ecologici. Pertanto, il loro uso in qualsiasi forma deve essere limitato e può essere addirittura gradualmente abbandonato per aggirare problemi riguardanti lo smaltimento dei rifiuti (Tharanathane e Saroja, 2001). Anche se un po' costoso, il biopackaging è il futuro per l'imballaggio soprattutto per alcuni prodotti alimentari a valore aggiunto. Il cibo, sia nella sua forma di prodotto trasformato o in fase di materiale crudo, a seconda della sua attività e dalla temperatura di stoccaggio, è altamente deperibile e quindi ha bisogno di un attento intervento tecnologico per essere preservato più a lungo. La qualità di conservazione degli alimenti è una grave preoccupazione nelle operazioni di trasformazione dei prodotti alimentari. Le perdite in post-raccolta dei nostri prodotti agricoli, per esempio, vanno dal 15 al 20%. Queste perdite sono dovute principalmente ad un uso improprio delle tecnologie praticate in post8 raccolta. Il trasporto dal centro di produzione verso luoghi lontani costituisce ulteriori perdite a causa del deterioramento. Produrre con freschezza, maggiore shelf-life, migliore sapore/aroma e avere un più alto valore nutrizionale sono la necessità giornaliera. I film per imballaggio comunemente utilizzati sono indicati nella tabella sottostante: Anche se una sostituzione totale delle materie plastiche sintetiche con materiali biodegradabili è poco attuabile per alcune applicazioni specifiche, appare evidente e utile l’utilizzo per certi prodotti. Esiste una grande opportunità di business in tale direzione. I requisiti essenziali per un buon film per imballaggio (Kader, 1989) sono: consentire una respirazione lenta ma controllata (ridotto assorbimento di) della merce; consentire una barriera selettiva ai gas () e al vapore acqueo; creazione di un’atmosfera modificata per ciò che concerne la composizione del gas interno, regolando così il processo di maturazione ed estendendo la shelf-life; diminuire la migrazione dei lipidi (nell’industria pasticcera); mantenere l'integrità strutturale (ritardo della perdita di clorofilla) e migliorare la movimentazione meccanica; servire come veicolo per incorporare additivi alimentari (sapore, colori, antiossidanti, agenti antimicrobici); evitare (o ridurre) il deterioramento microbico durante lo stoccaggio prolungato. MATER-BI IN AGRICOLTURA L'uso estensivo e la costante espansione di film plastici (principalmente polietilene) in agricoltura ed in particolare in orticoltura protetta (pacciamatura, piccoli tunnel, serre) è attuato in scala mondiale nel corso degli ultimi decenni (Chandra et al., 1998). La plastica utilizzata per questi scopi in Europa coinvolge centinaia di migliaia di ettari e migliaia di tonnellate di film plastici all'anno (Dilara e Briassoulis, 2000). Il crescente interesse nell'uso di pacciamatura e piccoli tunnel per la coltivazione protetta mira all’eliminazione delle erbacce o all’anticipazione della maturazione e della produzione, alla protezione delle coltivazioni da alcuni parassiti, al migliorare le prestazioni produttive o a mantenere pulito dal fango il raccolto. Nell’'agricoltura convenzionale i film plastici oggi usati sono: polietilene a bassa densità (HDLE, LDPE), policloruro di vinile (PVC), polibutilene o copolimeri di etilene e di acetato di vinile. Una importante conseguenza negativa di questo diffondersi delle materie plastiche per l'orticoltura protetta è legato alla gestione dei rifiuti di plastica e solo una piccola percentuale della quantità sempre crescente di rifiuti plastici dei prodotti agricoli è attualmente riciclata. Pertanto, l'uso di materiali biodegradabili appare come una sfida alternativa per migliorare le applicazioni sostenibili e rispettose dell'ambiente e delle attività agricole legate alla pacciamatura e piccoli tunnel. Nel tentativo di far fronte al grave e continuamente 9 crescente problema dei rifiuti plastici in agricoltura sono stati sviluppati materiali biodegradabili, alcuni dei quali sono già sul mercato, anche se non ancora ampiamente utilizzati (Briassoulis, 2004). Purtroppo, in diversi casi, la biodegradabilità rappresenta anche un problema importante controverso. Così, è noto che i film di poli ε-caprolattone e l’alcol polivinilico (PVA) sono facilmente degradati da microrganismi del suolo. L'uso efficiente e redditizio dei film biodegradabili commerciali mira al raggiungimento di elevate prestazioni in tutta la loro vita utile e alla riduzione dell'inquinamento attraverso la pratica rispettosa dell'ambiente. L'agricoltura sostenibile comporta alcune importanti domande tecnologiche. In particolare, i film agricoli biodegradabili devono soddisfare una serie di requisiti di progettazione minima, tra cui: adeguata resistenza all’allungamento e alla rottura per l'installazione meccanica, buone proprietà meccaniche per quanto riguarda l'invecchiamento durante la vita utile del film e il 100% di biodegradazione nel suolo preferibilmente prima della successiva stagione di coltivazione. In particolare per i film per piccoli tunnel, i requisiti di design includono anche un comportamento meccanico adeguato a resistere a vari carichi e combinazioni di carico (vento, grandine, carichi di neve, ecc) (Briassoulis, 2004). Inoltre, additivi speciali possono essere richiesti per la modifica delle proprietà fisiche di questi film a seconda della regione geografica, di particolari esigenze di coltivazione e la stagione. Le proprietà meccaniche dei materiali biodegradabili dipendono, in generale, dalla loro composizione chimica, i parametri di lavorazione, lo stoccaggio, le condizioni di applicazione e la modalità di degradazione (Willett, 1994; Choet al., 2001). Tuttavia, il comportamento meccanico del film agricolo biodegradabile non è ancora stato oggetto di una ricerca sistematica in quanto questi materiali sono o in fase sperimentale di sviluppo o la quota di mercato rimane ancora limitata. In un caso, un copoliestere biodegradabile con nerofumo8 rivestito da una pellicola di pacciame (EA) e una di polietilene ad alta densità con nerofumo (HDPE) è stato esposto a condizioni di crescita di colture orticole commerciali per 12 settimane negli Stati Uniti e sono stati riportati risultati positivi (Tocchetto et al., 2001). In questo caso il film per pacciamatura biodegradabile EA è stato sottoposto ad una maggiore trazione e allungamento a rottura rispetto al HDPE che è il film per pacciamatura attualmente usato. È stato dimostrato che le proprietà meccaniche, tra cui la resistenza alla trazione sia della EA che del HDPE erano sufficientemente preservate dalla semina al raccolto. Le variazioni di allungamento a rottura del film EA dimostra che possiede le proprietà necessarie per le applicazioni agricole specifiche. Il presente lavoro riguardava l'analisi del comportamento meccanico della pacciamatura biodegradabile innovativa sui film per piccoli tunnel sviluppate nel corso di un European project volto ad ottimizzare la progettazione di questi film. Il materiale biodegradabile selezionato e usato era il Mater-Bi, un materiale a base di amido complessato con poliesteri biodegradabili. Il Mater-Bi è stato selezionato tra diversi materiali biodegradabili alternativi presi in considerazione, con una particolare attenzione all'applicabilità; il materiale è stato scelto per le applicazioni agricole (biodegradabilità nel suolo, assenza di ecotossicità). Il comportamento dei film biodegradabili in condizioni reali di campo Piccoli tunnel Briassoulis (2004) riporta che in uno studio di campo le caratteristiche meccaniche complessive dei film biodegradabili dei piccoli tunnel sono risultate in generale soddisfacenti, paragonabili alle corrispondenti prestazioni di resistenza alla trazione dei film convenzionali di spessore analogo. Un esempio illustrativo è mostrato in figura: le prestazioni meccaniche del film 30 millimetri L3-NF803/pea-30-04/A, dopo 50 giorni di esposizione, sono risultate buone al pari del film LDPE tradizionale 60 millimetri. Nonostante la presenza di aperture di ventilazione, il film ha funzionato molto bene e non è stata osservata alcuna propagazione di rottura o un prematuro fallimento a causa della pressione del vento. Si può concludere che il criterio di 10 resistenza alla trazione, fortemente associata alla resistenza allo strappo del film, è il criterio di progettazione principale nel caso del sottile film biodegradabile del piccolo tunnel. Tipico piccolo tunnel L3-NF 803 / pea-30s-04 / un film biodegradabile dopo 50 giorni di esposizione tra cunicoli bassi con film LDPE tradizionali L0-LDPEeA60-04 / B Pacciamatura I film sottili per pacciamatura biodegradabili a piccolissimo allungamento di valori di rottura sono stati testati per verificare se si degradavano più velocemente delle (più spesse) pellicole convenzionali. Il fine desiderato non è stato raggiunto a causa della direzione della lacerazione di propagazione trasversale lungo i fori aperti per il trapianto (la rottura prematura si ha nei casi di utilizzo di strumenti con bordi dentellati). Tali problemi non sono stati osservati con film biodegradabile più spessi o per pacciamatura tradizionali (ad esempio, spessore di 20 e 25 mm). Pertanto, i teli per pacciamatura biodegradabili molto sottili a base di Mater-Bi devono essere ulteriormente migliorati in termini di comportamento meccanico attraverso l'ottimizzazione dei parametri del trattamento. I film biodegradabili spessi (cioè di almeno 15 mm) possono essere utilizzati in modo sicuro in sostituzione dei teli per pacciamatura convenzionali. 11 Tipica pacciamatura molto sottile M2-NF 803 / pea-12b-04 / film biodegradabile dopo 21 giorni di esposizione. Bioplastiche nella normativa e nei PSR 2014-2020 A marzo 2014 il Parlamento Europeo ha votato la proposta di direttiva europea sui sacchetti per la spesa presentata dalla Commissione il 4 novembre 2013. Si tratta di un voto importante perché per la prima volta il Parlamento Europeo ha approvato una normativa volta esclusivamente a ridurre al minimo la produzione di rifiuti e promuovere modelli virtuosi ispirati all’economia circolare che è una delle priorità strategiche dell’U.E. Inoltre dopo un lungo dibattito a livello di stati membri il voto ha implicitamente approvato il modello italiano di normativa. L’ Europa riconosce le differenze dei Paesi membri e le loro possibilità di seguire strade diverse per conseguire il comune obbiettivo di riduzione del 50% delle buste della spesa (shopper) in 3 anni rispetto al 2010 e dell’80% in 5 anni. La legge italiana era contenuta nella finanziaria 2007 e determinava la progressiva riduzione della commercializzazione degli shopper non riutilizzabili e che secondo i criteri fissati nella normativa comunitaria e dalle nostre tecniche approvate a livello comunitario, risultino non biodegradabili e, più precisamente non compostabili. L’Italia con questa legge ha portato il consumo di shopper non biodegradabili da circa 180.000 tonnellate del 2010 a circa 90.000 del 2013, con una riduzione dell’ordine del 50% ed ha migliorato qualità e quantità del rifiuto organico. Il mercato europeo di film plastici è stimato da Amiconsulting attorno alle 550.000 t di cui il 47% in Sud Europa e dovrebbe crescere a ritmo annuo dell’1,5%. A livello di PSR 2014-2020 in alcune regioni si sta promuovendo l’uso delle bioplastiche in agricoltura per promuovere ed incrementare i processi virtuosi dell’attività agricola verso la tutela e salvaguardia ambientale. A scopo puramente esemplificativo la Regione Emilia-Romagna con la collaborazione di Novamont ha svolto uno studio campione dove si evince che: per ogni ettaro pacciamato con teli biodegradabili rispetto ai teli in polietilene vi è un risparmio di circa 328 € di rimozione e smaltimento e un risparmio di 436 kg di se non vengono bruciati in campo. PROSPETTIVE E CONCLUSIONI Uno dei maggiori problemi che condizionano le possibilità di sviluppo dei biopolimeri è il costo. Recentemente, per cercare di superare questo problema, oltre agli studi per migliorare impianti e processi, è sorta la tendenza a stringere accordi tra industrie produttrici di polimeri ed industrie agricole per la produzione di biopolimeri o biomonomeri a prezzi competitivi (bioraffinerie11). In questi ultimi anni si sta affermando sempre più il concetto di un’agricoltura per usi non alimentari, volta cioè alla produzione di materie prime e ausiliari per usi a livello industriale (alternativa ecologica ai prodotti di derivazione petrolchimica), dai prodotti energetici ai biolubrificanti, dai colori naturali ai solventi, dalle plastiche biodegradabili ai compositi e alle fibre vegetali. Tutto questo incontrando numerose difficoltà nella fase d’avvio delle filiere produttive, oggi è diventata una novità potenzialmente in grado di trasformare il comparto primario da settore arretrato a motore di innovazione. L’interesse per gli usi non alimentari dei prodotti agricoli ha acquisito interesse in seguito alla riforma della PAC, 12/10/2011, all’entrata in vigore del Regolamento Comunitario “Reach” sulla chimica e alle nuove misure per fronteggiare i cambiamenti climatici e la dipendenza dalle fonti fossili di energia assunte recentemente dalla Commissione Europea. 12 Tuttavia questa nuova attenzione del mondo politico, agricolo e imprenditoriale si è concentrata finora quasi esclusivamente sull’uso energetico, soprattutto per la produzione di energia elettrica, alimentando grandi attese. Il decollo, invece, di materiali provenienti da fonti rinnovabili e/o biodegradabili si scontra invece con una struttura del territorio agricolo italiano e con una struttura di costi di produzione che non consentono competitività con i prezzi vigenti sul mercato internazionale. I biopolimeri, quindi, non solo devono rispondere ai requisiti imposti dall’ambiente di utilizzo, ma devono anche rispondere ad esigenze tecnologiche, meccaniche e legislative. Questo lavoro è stato basato sulle informazioni e la letteratura attualmente disponibili sull’argomento ed è stato ben evidenziato come i biopolimeri possano oggi essere effettivamente usati nel vivere quotidiano e soprattutto in settori per l’imballaggio di un vasto numero di alimenti e in agricoltura. Attualmente esistono tecnologie adeguate che aiutano nell’abbattimento dei costi, mentre le performance dei vari biopolimeri sono in costante fase di studio e miglioramento. Alcuni biopolimeri sono già una realtà abbastanza diffusa (MaterBi®, NatureWorks©, BioMax®), ma vengono per lo più usati per imballaggi secondari o nel settore del catering monouso, oppure in settori totalmente estranei a quello alimentare (pacciamature agricole, additivi di pneumatici, fibre tessili). Viste le potenzialità enormi e le buone proprietà di alcuni biopolimeri, sarebbe auspicabile in futuro una maggiore attenzione verso queste applicazioni dirette, approfondendo il potenziale impatto dei biopolimeri sulla qualità della vita. Sulla base di una stima, il volume di produzione di PLA nel 2020 sarà 3.6 miliardi di kg/anno. Per evitare di perturbare l'ecosistema, il processo deve essere ciclico, senza creare squilibri chimici o biologici. I biopolimeri derivati annualmente da materiali rinnovabili consentono processi ciclici che possono essere rinnovati nel corso del tempo in brevi intervalli (meno di 1 anno). I prodotti chimici presi dalla natura saranno restituiti alla natura senza perturbare l'ambiente. Ciò è estremamente difficile perché i nuovi processi richiedono un'intensa attività di ricerca e spese di grandi dimensioni, che devono essere ridotte fino a rendere la ricerca economicamente competitiva. I biopolimeri sono spesso progettati per imitare la "sensazione" di materiali esistenti. Sarà importante nello sviluppo dei biopolimeri identificare e sfruttare le caratteristiche uniche dei materiali. 13