Riti d’ingresso L’assemblea deve prepararsi ad incontrare il suo Signore, essere un popolo ben disposto. Questa preparazione dei cuori è opera comune dello Spirito Santo e dell’assemblea, in particolare dei suoi ministri. La grazia dello Spirito Santo cerca di risvegliare la fede, la conversione del cuore e l’adesione alla volontà del Padre. Queste disposizioni sono il presupposto per l’accoglienza delle altre grazie offerte nella celebrazione stessa e per i frutti di vita nuova che essa è destinata a produrre in seguito. (CCC 1098) Dal Vangelo secondo Matteo (21,1-11) Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: "Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un'asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: "Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito"". Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: Dite alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un'asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma . I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l'asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava:" Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli! ". Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: "Chi è costui?". E la folla rispondeva: "Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea". È la prima processione d’ingresso inaugurata proprio da Gesù! - Qual è il ruolo dei discepoli? E chi secondo te fa, nella fase iniziale della Messa, quello che facevano i discepoli? - Cosa fa la folla? E chi è nella celebrazione che fa la stessa cosa? Le parti del Rito d’ingresso - Processione d’ingresso Questa processione del sacerdote con il diacono e con i ministri dovrebbe attraversare l’assemblea: ogni ingresso ricorda sempre l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Il sacerdote che passa in mezzo ai fedeli è segno di Cristo che entra in Gerusalemme. Passando in mezzo all’assemblea, potremmo dire che dà modo ai fedeli di attaccarsi a lui per essere condotti tutti all’altare. - Canto d’ingresso: Si canta durante la processione e ha quattro scopi: dare inizio alla celebrazione, favorire l’unione dei fedeli riuniti, introdurre lo spirito dei fedeli nel mistero della festa o del tempo che si celebra, accompagnare la processione. - Saluto dell’altare e dell’assemblea Il sacerdote e i ministri salutano l’altare con una riverenza e i ministri ordinati lo baciano. L’altare che viene salutato e baciato, è la pietra fondamentale dell’edificio. E la chiesa-edificio è immagine della chiesa-comunità. Baciare l’altare significa allora baciare Cristo che è la pietra fondamentale dell’edificio. Il sacerdote inizia la celebrazione con il segno di croce e saluta l’assemblea. Questo saluto è molto importante per realizzare quella comunione che è lo scopo dei riti d’ingresso, cioè chi i fedeli formino una comunità: il saluto crea comunione. - Monizione iniziale Dopo il saluto il sacerdote o un altro ministro può dare una brevissima introduzione alla Messa del giorno e può spiegare quello che si celebra, specialmente quando cade una festa particolare. - Atto penitenziale Ha un fondamento biblico: “Confessate gli uni agli altri i vostri peccati e pregate gli uni per gli altri per essere guariti” (Gc 5,16). In questo momento riconosciamo che davanti a Dio siamo tutti peccatori. E anche questo crea comunione. - Gloria e Colletta All’atto penitenziale segue il Gloria, che è un inno antichissimo con il quale la Chiesa radunata loda e supplica Dio e l’Agnello. Il termine colletta indica che il sacerdote raccoglie la preghiera dei singoli fedeli e ricorda sempre il motivo o la circostanza del raduno, la festa, il santo che si celebra. Alla fine della colletta tutta l’assemblea risponde con l’AMEN ed è un modo per far suo quanto è stato proclamato dal sacerdote, è come se tutti dicessero: è veramente così, siamo d’accordo. S. Agostino lo chiama la nostra firma. Liturgia della Parola La liturgia della Parola comprende « gli scritti dei profeti », cioè l’Antico Testamento, e « le memorie degli Apostoli », ossia le loro lettere e i Vangeli; all’omelia, che esorta ad accogliere questa parola come è veramente, quale Parola di Dio e a metterla in pratica, seguono le intercessioni per tutti gli uomini, secondo la parola dell’Apostolo: « Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere » (1 Tm 2,1-2). L’annunzio della Parola di Dio non si limita ad un insegnamento: essa sollecita la risposta della fede, come adesione e impegno, in vista dell’Alleanza tra Dio e il suo popolo. È ancora lo Spirito Santo che elargisce la grazia della fede, la fortifica e la fa crescere nella comunità. L’assemblea liturgica è prima di tutto comunione nella fede.(CCC1349,1102) Dal Vangelo Secondo Luca (4,14-22) Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore . Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato". Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca. - Che cosa fa Gesù, nella descrizione che Luca ci fa? E chi nella celebrazione fa quello che ha fatto Gesù? - Che ruolo ha la folla e quali sono i suoi atteggiamenti? A chi possiamo paragonare la folla nella Celebrazione eucaristica? Le parti della Liturgia della Parola Con i riti di introduzione, la comunità è invitata a prendere coscienza di essere non soltanto un gruppo che si trova nello stesso luogo, ma un’unità organica, il popolo di Dio, a questo popolo, a questa famiglia Dio parla. - Le tre letture La proclamazione e l’ascolto della Parola è un momento celebrativo, perché in quel momento Dio ci parla, e il fatto che Dio ci parla è un EVENTO, che deve essere celebrato. Noi cristiani abbiamo ogni domenica l’appuntamento con Dio che ci parla. Ogni domenica si proclamano tre letture, ma partendo ogni volta da tre punti diversi, ci fanno cogliere il centro di tutto, il progetto di Dio, esposto in tutta la Bibbia. Per comprendere qual è il messaggio che di domenica in domenica il Signore vuole trasmetterci, bisogna collegare le tre letture. Nei tempi forti – Avvento, Quaresima e Pasqua – le letture propongono una tematica unitaria. Ma nelle domeniche del Tempo Ordinario il Vangelo è letto in forma quasi continua. Anche la seconda lettura si legge in forma quasi continua: si comincia con una lettera di Paolo e la si continua di domenica in domenica fino alla fine. Quindi per comprendere qual è il messaggio del Vangelo, bisogna confrontarlo con la prima lettura. Alla prima lettura segue il salmo responsoriale, chiamato così perché è fatto in forma responsoriale e perché costituisce la risposta dell’assemblea alla Parola ascoltata: Dio parla e il popolo risponde. Se il salmo è la risposta alla prima lettura, normalmente risponde quasi con le stesse parole o simili. Rispondiamo a Dio quasi dicendogli: “Abbiamo capito il tuo messaggio, ti ringraziamo per quello che ci dai detto, ti lodiamo per quello che ci hai trasmesso”. - omelia L’omelia è “l’annuncio delle mirabili opere compiute da Dio nella storia della salvezza”. (SC 35) Se è l’annuncio di cose meravigliose, come si deve fare? La consapevolezza di annunciare il Vangelo, la lieta notizia deve essere innanzitutto di colui che l’annuncia, di colui che è costituito messaggero di buone notizie. L’omelia è anch’essa Parola di Dio? “Cristo è presente nella sua Parola, giacché è Lui che parla quando nella Chiesa di leggono le Sacre Scritture” (SC7). L’omelia non deve essere una predica morale e neppure una catechesi. Deve essere l’annuncio delle meraviglie che Dio opera oggi in noi, mettendoci a contatto con la sua Pasqua. Deve essere una parola di Dio attualizzata, una rilettura della Parola per l’oggi. - la professione di fede La liturgia della Parola si chiude con il Credo, il simbolo della fede. La professione di fede è un elemento battesimale, e noi proclamiamo la fede sia per rispondere alla Parola che abbiamo ascoltato, sia per dire che possiamo celebrare l’Eucaristia in quanto siamo battezzati, abbiamo fatto la nostra professione di fede e la rinnoviamo prima di iniziare la parte eucaristica della Messa. - la preghiera dei fedeli A Dio che ha parlato, i fedeli rispondono con la preghiera. “Preghiera dei fedeli” significa chi i fedeli , in quanto popolo di Dio, intercedono presso Dio per le necessità del mondo intero. Dunque la comunità cristiana, riunita in assemblea liturgica, unita con tutta la Chiesa, intercede, si interpone fra Dio e l’umanità. Riti di offertorio L’Eucaristia è anche il sacrificio della Chiesa. La Chiesa, che è il corpo di Cristo, partecipa all’offerta del suo Capo. Con lui, essa stessa viene offerta tutta intera. Essa si unisce alla sua intercessione presso il Padre a favore di tutti gli uomini. Nell’Eucaristia il sacrificio di Cristo diviene pure il sacrificio delle membra del suo corpo. La vita dei fedeli, la loro lode, la loro sofferenza, la loro preghiera, il loro lavoro, sono uniti a quelli di Cristo e alla sua offerta totale, e in questo modo acquistano un valore nuovo. Il sacrificio di Cristo riattualizzato sull’altare offre a tutte le generazioni di cristiani la possibilità di essere uniti alla sua offerta. Nelle catacombe la Chiesa è spesso raffigurata come una donna in preghiera, con le braccia spalancate, in atteggiamento di orante. Come Cristo ha steso le braccia sulla croce, così per mezzo di lui, con lui e in lui essa si offre e intercede per tutti gli uomini.(CCC1368) Dal Vangelo secondo Marco (12,41-44) Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: "In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere". - Prova a descrivere cosa fa la vedova e quali sono i suoi sentimenti? E a chi possiamo paragonare la vedova nella celebrazione dell’Eucaristia? - Cosa fa Gesù e quali sono i suoi sentimenti? Chi incarna i sentimenti di Gesù nella celebrazione dell’Eucaristia? Le parti dell’Offertorio L’offertorio p la nostra offerta, che poi viene unita all’offerta di Cristo; in questo modo, nella Preghiera eucaristica, Cristo offre al Padre non solo il sacrificio di se stesso, ma anche dei suoi, di tutto il suo corpo che è la chiesa. Le offerte che si presentano sono soprattutto segno, simbolo dell’offerta di noi stessi. Allora il cristiano deve tendere a vivere ogni momento della sua vita in modo che possa essere offerta a Dio gradita, un’offerta significata ed espressa dal momento della celebrazione eucaristica. Presentare le offerte all’altare significa offrirsi a Dio. - Riti di offertorio L’ altare è la mensa eucaristica dove all’inizio è stata stesa la tovaglia e adesso viene steso il corporale, una piccola tovaglia su cui si poseranno il pane e il vino che vengono consegnati al sacerdote che a sua volta li presenta a Dio con un gesto e una preghiera di benedizione. Nel calice si mettono poche gocce d’acqua, perché Gesù nell’ultima cena, secondo il rito ebraico, non usò il vino puro, ma mescolato con acqua. Questa è la spiegazione storica a cui ha fatto seguito una spiegazione più spirituale che afferma che le gocce d’acqua rappresentano la nostra umanità mentre il vino la persona di Gesù: quando quel vino diventerà il sangue di Cristo, anche le poche gocce, cioè la nostra umanità verrà trasformata e unita nell’unico sangue di Cristo. - l’incensazione Nelle domeniche è bene incensare le offerte, la croce, l’altare il sacerdote e tutta l’assemblea. Siccome l’incenso si offre a Dio, in questo caso Dio è presente in Cristo e si incensa tutto ciò che è simbolo di Cristo: le offerte che diventeranno suo corpo e sangue, la croce che ne è immagine, il sacerdote che lo rappresenta, l’assemblea che ne è il corpo. Dunque si incensano non le singole persone, ma la presenza di Cristo in tutti questi segni. - il lavabo Il sacerdote si lava le mani. Questo gesto in origine era funzionale: dopo che il sacerdote aveva ricevuto le offerte (che oltre al pane e al vino erano anche formaggio, olio, olive…etc), forse aveva bisogno di lavarsi le mani. Il segno è rimasto come segno penitenziale e il sacerdote dice: “Lavami Signore da ogni colpa e purificami da ogni peccato”. - la preghiera sulle offerte Il sacerdote conclude i riti di offertorio con la preghiera “sulle offerte”, in cui si anticipa l’offerta del sacrificio di Cristo nella preghiera eucaristica. Preghiera Eucaristica Al centro della celebrazione dell’Eucaristia si trovano il pane e il vino i quali, per le parole di Cristo e per l’invocazione dello Spirito Santo, diventano il Corpo e il Sangue di Cristo. Fedele al comando del Signore, la Chiesa continua a fare, in memoria di lui, fino al suo glorioso ritorno, ciò che egli ha fatto la vigilia della sua passione: « Prese il pane... », « Prese il calice del vino... ». Diventando misteriosamente il Corpo e il Sangue di Cristo, i segni del pane e del vino continuano a significare anche la bontà della creazione. Così, all’offertorio, rendiamo grazie al Creatore per il pane e per il vino, « frutto del lavoro dell’uomo», ma prima ancora « frutto della terra » e « della vite », doni del Creatore. Nel gesto di Melchisedek, re e sacerdote, che « offrì pane e vino » (Gn 14,18) la Chiesa vede una prefigurazione della sua propria offerta. (CCC 1333) Dal Vangelo secondo Marco (14,17-25) Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: "In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà". Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l'altro: "Sono forse io?". Egli disse loro: "Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell'uomo, dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito! Meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!". E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo". Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: "Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio". - Che cosa fa Gesù e con quali sentimenti? Chi nella celebrazione eucaristica fa le sue stesse azioni e con quali sentimenti? - qual è il ruolo dei discepoli? Quali sono le loro reazioni e le loro preoccupazioni? Chi nella celebrazione eucaristica possiamo paragonare ai discepoli? Le parti della preghiera eucaristica. - dialogo iniziale Il sacerdote comincia la preghiera dialogando con il popolo: “Il Signore sia con voi”. Potrebbe destare un po’ di meraviglia questo saluto già fatto alla fine, ma il sacerdote ci avvisa così che si sta entrando in un momento mistico. Allora l’esortazione. “in alto i nostri cuori” è invito a staccarci dalle cose della terra, da tutto quello che ci preoccupa e ci distrae, per porre il cuore in Dio. - prefazio È la preghiera di ringraziamento: si rende grazie perché è domenica, il giorno del Signore, e il motivo particolare per cui si ringrazia è espresso nella prima parte della Prefazio, o prefazione. È composto da un protocollo iniziale standard, da una parte centrale che dice il motivo per cui rendiamo grazie e la terza che chiama in causa gli angeli e i santi e apre al canto del Santus. Questo inno è cantato dagli angeli in cielo ed è il momento in cui l’assemblea liturgica qui sulla terra si unisce al canto del cielo. Nella celebrazione cielo e terra si uniscono. - l’anamnesi L’anamnesi è il ricordo di quanto è avvenuto nella storia, ma qui il ricordo è un memoriale. In italiano, dire “ti ricordo” equivale a “ti faccio presente”. Ora se io tengo presente qualcosa, questa esiste, solo nella mia mente, ma, oggettivamente, fuori di me non esiste, invece ciò che è presente in Dio semplicemente esiste. Noi stessi esistiamo perché Dio ci tiene presenti. La forza della preghiera è di rendere presente nell’oggi quello che storicamente è avvenuto duemila anni fa, ma che ha un valore eterno perché esiste in Dio. ricordarlo è ri-rpresentarlo al Padre, è immergerci in questa storia di salvezza. - l’epiclesi È la parte centrale della preghiera eucaristica: è l’invocazione allo Spirito. Nella preghiera eucaristica si chiede lo Spirito Santo per trasformare il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Cristo e la nostra assemblea, la Chiesa, in Corpo di Cristo. Ritroviamo allora due epiclesi, due invocazioni allo Spirito Santo: una sul pane e sul vino perché diventino il Corpo e il Sangue di Gesù, una sull’assemblea, su di noi, perché si realizzi anche la nostra trasformazione in un solo corpo e in un solo spirito. Ma lo diventiamo davvero? L’esperienza ci porterebbe a dire: “magari”! Questo perché la libertà umana può ostacolare l’azione dello Spirito Santo. L’intenzione, il piano di Dio è che noi diventiamo un solo corpo e un solo spirito ed è questo il motivo della celebrazione. La celebrazione dell’eucaristia non serve a Dio, allora, ma a noi, alla nostra trasformazione. Se noi lasciamo operare lo Spirito Santo, come per Maria, la Madre di Gesù, effettivamente, di volta in volta, di celebrazione in celebrazione, lo Spirito lo realizza. - intercessioni e dossologia A questo punto il sacerdote prega per la Chiesa, per il Papa, per i sacerdoti e per tutti coloro che si uniscono alla nostra offerta. Questa preghiera di intercessione è quella dell’assemblea in comunione con tutta la Chiesa, nella sua triplice dimensione: la Chiesa terrena, i nostri fratelli defunti e i santi del cielo. Dunque ogni Eucaristia è celebrata da tutta la Chiesa e i fedeli radunati intorno all’altare sono in comunione con la Chiesa intera, sparsa sulla terra e gloriosa nei cieli. La preghiera eucaristica si conclude con la dossologia: “Per Cristo, con Cristo…” e il termine deriva dal greco doxa, che significa gloria ed esprime tutta la lode e la gloria a Dio. Si conclude con l’AMEN più importante della celebrazione, perché è la nostra firma corale alla preghiera eucaristica, esprime la nostra adesione, la nostra fede e significa: “Crediamo tutto questo, si compia tutto questo” Riti di comunione Nella Comunione, preceduta dalla preghiera del Signore e dalla frazione del pane, i fedeli ricevono « il pane del cielo » e « il calice della salvezza », il Corpo e il Sangue di Cristo che si è dato « per la vita del mondo » (Gv 6,51). (CCC 1355) L’unità del corpo mistico: l’Eucaristia fa la Chiesa. Coloro che ricevono l’Eucaristia sono uniti più strettamente a Cristo. Per ciò stesso, Cristo li unisce a tutti i fedeli in un solo corpo: la Chiesa. La Comunione rinnova, fortifica, approfondisce questa incorporazione alla Chiesa già realizzata mediante il Battesimo. Nel Battesimo siamo stati chiamati a formare un solo corpo. L’Eucaristia realizza questa chiamata: « Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il Sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il Corpo di Cristo? Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane » (1 Cor 10,16-17).(CCC 1396) Dal Vangelo secondo Giovanni (6,1- 13) Dopo questi fatti, Gesù passò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: "Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?". Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo". Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: "C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?". Rispose Gesù: "Fateli sedere". C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto". Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. - Cosa fa Gesù e quali sono i suoi sentimenti? Chi nella celebrazione eucaristica fa le stesse cose che fa Gesù e con quali sentimenti? - Cosa fanno i discepoli? Quali sono i loro dubbi e le loro resistenze? Con quali sentimenti donano il pane e i pesci? E la folla, cosa fa? Come si comporta? Chi sono i discepoli nella nostra celebrazione e chi la folla? Le parti dei riti di comunione - Padre nostro La comunione che facciamo non è solo con Cristo, che riceviamo sotto le specie del pane e del vino, è anche comunione con il Padre, perchhè quella stessa vittima è stata offerta al Padre, e comunione tra di noi, che formiamo un solo corpo, mangiamo un solo pane ed è per questo che con le braccia alzate, per chi vuole ci rivolgiamo al Padre con la preghiera che Gesù ci ha insegnato. - il rito della pace È un gesto molto antico e non esprime la pace che noi diamo, ma la pace che Cristo ci ha dato. Il gesto di pace che i fedeli si scambiano con quelli che sono al loro fianco, nello spirito di riconciliazione e di comunione fraterna, necessario per accostarsi alla Comunione, si può dare in diversi modi, secondo la cultura e la qualità dei partecipanti. Il gesto può essere diversamente attuato a seconda di chi ci è accanto, se c’è uno sconosciuto, è un fratello in Cristo, ma non lo conosco e può bastare una stretta di mano. Ma certamente con la moglie o con un figlio o un amico, un abbraccio è più significativo. - frazione del pane In questa fase il sacerdote spezza il pane, che è un segno di condivisione. È Cristo che spezza il pane per noi. Mentre si fa la frazione, il coro e l’assemblea cantano l’Agnello di Dio, che vuole esprimere la fede in Cristo che è vivo: anche se si spezzano le sacre specie, non si spezza Cristo, perché Egli è l’Agnello “al quale non sarà spezzato alcun osso” (Gv19,26) Subito dopo aver spezzato il pane consacrato, il sacerdote ne stacca una particella e la mette nel calice. Anticamente questo pezzetto era quello che aveva mandato il Vescovo, che celebrava l’Eucaristia e ne mandava appunto un pezzo del pane consacrato ai presbiteri della sua Chiesa, i quali lo mettevano nel loro calice come segno di comunione col Vescovo. Adesso che questa consuetudine è caduta, il pezzo che il sacerdote mette nel calice è segno della risurrezione di Gesù, perché il frammento che è il corpo, si unisce al sangue. Noi riceviamo il Cristo risorto. “Beati gli invitati alla cena del Signore…”: noi siamo invitati a essere la Chiesa sposa. E che cosa si mangia in quel banchetto? Si mangia l’Agnello. La simbologia non è di cannibalismo, ma di unione intima: non che la sposa mangi lo sposo, ma che lo sposo entri nella sposa in modo che i due diventino uno: la comunione eucaristica è un atto di amore sponsale. Noi desideriamo essere uno con Cristo. Lo saremo nella vita eterna, ma quel banchetto è già pregustato nel segno sacramentale dell’Eucaristia. La Messa ci pone con un piede già in paradiso, mentre scorre la nostra esistenza, nell’attesa di poterlo incontrare. - preghiera dopo la comunione e riti di conclusione Il sacerdote conclude i riti di comunione con la preghiera dove ringrazia Dio per aver partecipato al mistero della fede ed essere stati inseriti nella storia della salvezza. Subito dopo si chiedono generalmente due cose: o di passare dal banchetto eucaristico a quello celeste, o di passare dalla celebrazione alla vita. La missione del cristiano e della Chiesa nasce dall’esperienza fatta nella celebrazione dell’eucaristia dove abbiamo mangiato il Signore risorto. Come non diffondere questa esperienza, questa gioia? La missione diventa testimonianza, non semplice predicazione di verità teoriche. L’ultima parola che si dice nella Messa è una eucaristia. Il popolo risponde ringraziando: “Rendiamo grazie a Dio”. sempre dobbiamo rendere grazie a Dio e è dall’Eucaristia che impariamo a vivere in continuo rendimento di grazie.