La caduta della fede e il disincanto dilagante di Fernando Sodero

La caduta della fede e il disincanto dilagante1
di Fernando Sodero
Più di dieci anni fa, Umberto Galimberti, docente di Filosofia della storia e
Psicologia generale all’Università di Venezia, nelle Orme del sacro, un volume che
raccoglie interventi ed articoli apparsi originariamente sul supplemento domenicale
de Il Sole 24 Ore e su Repubblica, si chiedeva cosa fosse rimasto di autenticamente
religioso in un’epoca come la nostra, che, più di altre, registra il proliferare di nuove
sette religiose, di variegate forme di spiritualità New Age e di oscure pratiche
esoteriche. All’avvio del terzo millennio, Dio, declinato in molteplici lingue e nelle
forme più svariate di religiosità, sembra essersi definitivamente congedato dal
mondo. Con l’incarnazione, infatti, il Cristianesimo pone le premesse per quella
progressiva desacralizzazione del sacro, che porta al disincanto dell’uomo
contemporaneo. Alla tradizionale distinzione tra tempo sacro e profano, tra il tempo
di Dio e quello dell'uomo, subentra l’identità del tempo e della storia. Ciò significa
che tutto il tempo è sacralizzato o, che è lo stesso, che tutto il sacro è “profanato”. Il
tempo, unico, lineare ed escatologico, si conclude con la resurrezione dei morti e la
salvezza dei probi. Dando un senso al tempo ed orientandolo verso la redenzione
definitiva, il cristianesimo supera lo sfondo tragico della cultura greca, promettendo
all’uomo la vittoria sulla morte.
Questa promessa, che Nietzsche definisce “il colpo di genio del cristianesimo”
imprime all’Occidente, secondo Galimberti, una carica di ottimismo e una spinta
propulsiva, che non si estinguono neppure quando la fede in Dio si affievolisce a
partire dal Seicento: con la nascita della scienza prima, dell’illuminismo e del
marxismo poi, ed infine della psicoanalisi, tutte forme secolarizzate del cristianesimo.
La visione cristiana del mondo prevede, infatti, che il passato sia male (peccato
originale), il presente redenzione e il futuro salvezza. Allo stesso modo la scienza
concepisce il passato come male (ignoranza), il presente come ricerca e il futuro
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Nuovo Quotidiano di Puglia, 23.11.’12
come progresso; il marxismo ritiene che il passato sia male (ingiustizia), il presente
riscatto (rivoluzione), il futuro paradiso in terra e la psicoanalisi pensa il passato
come malattia, il presente come cura e il futuro come guarigione.
La visione del mondo cristiana pervade col suo ottimismo tutte le espressioni
culturali di un Occidente, cristiano non solo nelle radici, ma anche nell’albero, nei
rami, nelle foglie.
Questa riflessione sul sacro e sulla sua crisi si è, oggi, estesa ed approfondita.
Nel nuovo libro, Cristianesimo. La religione dal cielo vuoto, Galimberti, riprendendo
ed ampliando in parte il testo precedente, definisce compiutamente la sua visione del
cristianesimo, che, da un lato, da vita e forma all’Occidente, dall’altro, ne strappa il
cuore autenticamente religioso. Il cristianesimo è per Galimberti la religione dal cielo
vuoto, «che ha desacralizzato il sacro, sopprimendo la sua ambivalenza e assegnando
tutto il bene a Dio e tutto il male al suo avversario, Satana, a cui è da ricondurre la
vulnerabilità dell’uomo e il suo cedimento al male». Ha costruito la sua teologia sul
modello della filosofia platonico-aristotelica, smarrendo il messaggio d’amore
annunciato dal Vangelo. Con l’incarnazione ha fatto scendere Dio sulla terra,
sopprimendo la trascendenza del sacro. Dio si umanizza, si congeda dal cielo per farsi
mondo, determinando inevitabilmente la divinizzazione dell’uomo, artefice del
proprio destino, prima con e poi senza Dio».
«Smarrite le tracce del sacro, attenuata con l’incarnazione la trascendenza di
Dio, il cristianesimo si è ridotto ad agenzia etica e perciò si pronuncia sulla morale
sessuale, sulla contraccezione, sulla fecondazione assistita, sull’aborto, sul divorzio,
sul fine vita, sulla scuola pubblica e privata, e in generale su argomenti che ogni
società civile può affrontare e risolvere da sé. In questo modo il cristianesimo s’è
fatto evento diurno, lasciando la notte indifferenziata del sacro alla solitudine dei
singoli, che un tempo erano protetti da quei riti e da quelle metafore di base che
hanno fatto grande questa religione e così decisiva per la formazione dell’uomo
occidentale, e che oggi, senza protezione religiosa, devono vedersela da soli con
l’abisso della propria follia, che il sacro sapeva rappresentare e la ritualità religiosa
placare».