Malattie infettive Infezioni da Escherichia coli E. coli è normale componente della flora intestinale di molte specie animali. Si stabilisce dopo la nascita nel grosso intestino di tutti gli animali a sangue caldo, in seguito colonizza (in misura minore) il tenue. Vi sono ceppi patogeni, in particolare per animali in età neonatale di allevamenti intensivi (vitelli, agnelli, capretti, suinetti, puledri) dove causano colibacillosi enterica, colibacillosi setticemica e edemi (nel suino). Può causare mastite (letale per quei quarti che non tornano più produttivi), più occasionalmente metrite, cistite, aborto. È una malattia multifattoriale (condizioni igieniche, gestione dell’allevamento, caratteristiche del ceppo batterico, presenza di recettori nelle cellule epiteliali intestinali). Eziologia Appartiene alla Famiglia delle Enterobacteriaceae: numerosi batteri correlati tra loro per caratteristiche biochimiche, metaboliche e genetiche, ma diversi per l’ecologia, spettro d’ospite e potenziale patogeno. Gli Enterobatteri sono bastoncellari, Gram negativi, mobili per ciglia peritriche, aerobi-anaerobi facoltativi. Tutte le specie crescono bene (coltivazione) su comuni terreni colturali, terreni selettivi e di arricchimento. In generale, possono essere suddivisi in lattosio-fermentanti (es. E. coli) e lattosio-non fermentanti (es. Salmonella). Sono largamente distribuiti nel suolo, acque, piante, intestino di uomo e animali. Il Genere Escherichia comprende batteri bastoncellari, Gram negativi, mobili per flagelli peritrichi, anaerobi facoltativi. Si ritrovano nella porzione distale dell’intestino degli animali omeotermi. È mobile, forma colonie lisce o rugose (perdita della catena saccaridica del lipopolisaccaride della parete), con una enorme variabilità fenotipica. Esistono diversi ceppi, distinguibili a seconda delle caratteristiche degli antigeni capsulari (K), somatici (O), flagellari (H), dei pili (F). La classificazione è basata sulle caratteristiche biochimiche e sulla sierotipizzazione dei vari antigeni; sono noti: 1. oltre 170 Ag O (somatici); 2. oltre 80 Ag K (capsulari); 3. oltre 50 Ag H (flagellari). La patogenicità è legata a: capacità adesiva, produzione di tossine e antibioticoresistenza. Le capacità di adesione (e quindi di resistere ai movimenti peristaltici) a siti specifici (che diminuiscono con l’età) delle cellule intestinali sono legate alla presenza di alcuni pili (fimbrie), caratterizzati antigenicamente. I ceppi di E. coli più importanti come patogeni sono caratterizzati dai pili F4, F5, F6 e F41. In genere la patogenicità è monospecifica, ma vi sono sierotipi patogeni per più specie. Alcuni sierotipi sono altamente patogeni per l’uomo (es. O157:H7, produttori di tossine VT, agenti della sindrome emolitica-uremica). Agente Specie Età Recettori intestinali Titoli anticorpali Stress Altre infezioni Acidità gastrica Flora competitiva Fattori di insorgenza Ambiente Carica batterica Introduzione nuovi ceppi Contatto con la madre Spostamenti Sovraffollamento Trasporto Escursioni termiche Cambi di dieta Flora competitiva Ospite Sierotipo Adesine Colonizzazione Tossine Antibioticoresistenza L’acidità gastrica è un fattore molto importante, infatti le infezioni sono più frequenti negli erbivori rispetto ai carnivori (pH più acido). Se si somministrano dei lattobacilli la flora competitiva si fortifica, diminuisce quindi il pH e si ferma la proliferazione di Escherichia coli patogeni. Epidemiologia La malattia colpisce gli animali giovani: vitelli e agnelli nei primi giorni di vita suini anche nella fase di svezzamento. Tempi di incubazione rapidissimi. L’immunità materna è un fattore determinante (IgG e IgM importanti per prevenire le forme setticemiche, IgA per le forme enteriche). L’assunzione di colostro deve essere il più precoce possibile. Altre infezioni (rota e coronavirus, coccidi, criptosporidi) sono fattori predisponenti. L’introduzione in allevamento di nuovi ceppi patogeni avviene tramite l’introduzione di nuovi animali (gli adulti sono spesso asintomatici). Gli animali con colibacillosi contaminano pesantemente l’ambiente, nel quale E. coli può resistere a lungo, specie in condizioni di elevata umidità. Colpisce: 1. bovino e suino; 2. agnelli e capretti: più comune la forma setticemica; 3. puledri: forme setticemiche ed enteriche sono meno frequenti che nelle altre specie; occasionalmente può causare endometritee aborto nella cavalla. 1 Bovino La colibacillosi si manifesta in genere entro la prima settimana di vita (< 3 gg); l’insufficiente assunzione di colostro dopo la nascita è il fattore di rischio più rilevante. La primavera è la stagione più a rischio e le condizioni igienico-sanitarie e alimentari sfavorevoli sono fattori aggravanti. Alcuni sierotipi (O78: K80) sono patogeni anche per soggetti di 1 mese e possono essere responsabili di aborto. Suino 2 periodi a rischio di forme enteriche, setticemiche e di malattia degli edemi: neonatale e post-svezzamento L’ insorgenza di colibacillosi neonatale è fortemente condizionata dalla quantità di Ab assunti col colostro e col latte Gli stress associati allo svezzamento predispongono alla malattia in questa seconda fase: perdita del contatto con la madre, cambio di ambiente e di gruppo, sovraffollamento, abbassamento immunità materna, cambio alimentazione e innalzamento pH gastrico La presenza di antibiotici nel mangime può portare alla selezione di ceppi patogeni resistenti Occasionali casi di metrite, aborto e mastite Patogenesi Nella patogenesi delle colibacillosi enteriche si esprimono 5 diversi meccanismi, in cui sono coinvolti la patogenicità dei diversi sierotipi, le diverse interazioni con la mucosa intestinale e la produzione di diverse tossine. Si distinguono pertanto infezioni da E. coli: Organismo E. coli enterotossigeno E. coli enteroinvasivo E. coli enteropatogeno E. coli enteroadesivo E. coli produttore di verotossine E. coli enteroemorragico (sottogruppo di VTEC) Entero-Toxigenic Entero-Invasive Entero-Pathogenic Entero-Attaching Acronimo ETEC EIEC EPEC EAEC VTEC EHEC E. colienterotossigeni (ETEC) Principali responsabili di diarree neonatali Tossina termolabile (LT), prodotta da ceppi isolati da suino e uomo (azione simile a enterotossinadi Vibriocholerae) Composta da 2 subunità: A: provoca un aumento di AMPc negli enterociti → inibizione assorbimento Na+, Cl- e H2O nei villi e aumento secrezione nelle cripte → accumulo liquidi e elettroliti nel lume → diarrea; B: recettori per aderire a enterociti dell’intestino tenue. Produce tossine termostabili (ST): 1. STa → prodotte da ceppi umani, suini e di ruminanti. Si legano a specifici recettori delle cellule dell’epitelio intestinale → aumento di GMP → inattivazione pompa ionica → uscita di H2O e Na+ nel lume intestinale; 2. STb → induce secrezione di liquidi nel lume intestinale attraverso meccanismi non noti. Molti casi di diarrea neonatale nel bovino e nel suino sono causate da ETEC. Ceppi ETEC aderiscono tramite fimbrie agli enterociti del tenue e producono tossine LT, STa, STb che causano accumulo di fluidi nell’intestino, diarrea, quindi disidratazione, acidosi e morte nei casi gravi. La gravità dipende dalla virulenza del ceppo e da immunità e stato generale dell’ospite. Nel bovino esistono due forme da coli enterotossici (< 1 settimana): 1. forme iperacute: morte improvvisa; 2. forme acute: diarrea acquosa, profusa, grigiastra e giallastra (white scours); rara la presenza di sangue. Il processo infiammatorio può coinvolgere l’ombelico e la cavità addominale. In genere non c’è febbre, anzi per disidratazione e collasso si può avere calo della temperatura; presenta alte morbilità e mortalità. Entero-invasivi EIEC Sono batteri responsabili di setticemie e tossiemie, che aderiscono, invadono e distruggono gli enterociti. Lesione della mucosa → circolo linfatico → lisi → rilascio di endotossine Possiedono dei fattori di patogenicità: 1. capsula; 2. adesine; 3. alfa-emolisina. Gli E. coli enteroinvasivi causano malattia (colite emorragica ed erosiva) nell’uomo e nei primati. Non sono stati ancora stati isolati da altri animali. Entero-patogeni EPEC Non producono enterotossine, ma possiedono fattori di adesione: dopo aver lesionato la mucosa (distruzione dei villi) perdono l’adesività e vengono eliminati con le feci (diarrea). La lesione caratteristica è descritta come “attachingand effacing” (adesione e scomparsa) in bovini, suini, ovini, cani, conigli e uomo. I batteri aderiscono alle cellule degli enterociti e vengono avvolti dalla loro membrana. 2 Gli EPEC producono Vero citotossine(VT), che bloccano le sintesi proteiche in cellule dell’epitelio intestinale e dell’endotelio dei vasi. Gli enterociti ai quali gli EPEC aderiscono sono più corti, i microvilli appaiono meno sviluppati (diarrea per diminuito assorbimento). Il colon è in genere il tratto più colpito e la diarrea può essere emorragica. Nel bovino forme da coli enteropatogeni(< 3 settimane): 1. diarrea spesso emorragica; 2. colisetticemia: primaria o sequela di enterocolibacillosi; 3. shock causato dalla endotossina circolante; 4. decorso acuto, spesso fatale; 5. depressione, febbre, incoordinamento, opistotono. La febbre crolla e l’animale in genere muore; 6. sporadici casi di aborto tardivo (E. coli isolabile da tutti gli organi del feto), mastite (sia ascendente che discendente). Enteroadesivi EAEC Isolati solo da casi pediatrici di diarrea cronica (uomo). Enteroemorragici EHEC Producono citotossine: 1. Shiga-like, tossiche in vitro per cellule Vero (Vero citotossine, VT): 1. VT1, associate alla cellula batterica; 2. VT2, esterne alla cellula batterica; 3. VTe, responsabile della malattia degli edemi nel suino. Le VT si legano a siti specifici di cellule dell’epitelio intestinale e degli endoteli, penetrano nelle cellule e agiscono a livello ribosomiale: inibizione sintesi proteica; 2. HeLa. Producono forti quantità di VT (VT1 e VT2) e aderiscono strettamente alle cellule intestinali solo di colon e cieco. Le lesioni sono in genere molto gravi: enterite emorragica. Il sierogruppo O157: H7 provoca la sindrome emolitica-uremica nell’uomo. Il serbatoio è il bovino, anche se sono stati isolati anche da altri ruminanti; in questi animali è apatogeno. Nell’uomo c’è un’ampia gamma di manifestazioni cliniche: 1. intestinali → vi possono essere infezioni asintomatiche, diarrea lieve o moderata, ma anche forme particolarmente gravi quale la colite emorragica; 2. sistemiche →la manifestazione clinica più importante è la sindrome emolitico-uremica. La patogenesi prevede: 1. infezione orale; 2. adesione e colonizzazione della mucosa del colon (meccanismo attaching/effacing); 3. produzione di VT; 4. assorbimento in circolo di VT dall’intestino (tossiemia); 5. danno sistemico e lesioni alle cellule endoteliali della microvascolatura, in particolare di mucosa del colon e rene. Gli infarti della microvascolatura sono alla base delle forme gravi di colite emorragica (su base ischemica). Il danno vascolare indotto dalle VT ha un ruolo centrale nella sindrome emolitico-uremica. Forme cliniche nell’uomo (EHEC/VTEC): 1. colite emorragica (HC) → ha incubazione di 4-8 giorni. La diarrea è inizialmente acquosa, accompagnata da nausea e vomito, poi diviene emorragica (leucociti fecali scarsi). La febbre è assente o poco elevata, ma provoca dolore addominale intenso. All’esame endoscopico si riscontrano nel colon destro: edema, emorragia, trombi alla microvascolatura, talvolta pseudomembrane. La risoluzione avviene in 4-10 gg nei casi non complicati; 2. sindrome emolitico-uremica (HUS O SEU) Insufficienza renale acuta, piastrinopenia, anemia emolitica microangiopatica. Nei giovani possono creare problemi renali irreversibili che richiedono frequentemente ù 3. trattamento dialitico. Si sviluppa come complicanza nel 5-10% dei casi di diarrea emorragica da VTEC, sprattutto in bambini e anziani. La forma clinica da EHEC nel suino è la malattia degli edemi, con suscettibilità variabile dei suini (anche su base ereditaria); è più frequente in soggetti post-svezzamento e provoca morte improvvisa o sintomi nervosi: 1. ottundimento, barcollamento, incoordinamento, opistotono; 2. edemi sottocutanei in particolare a naso, orecchie, palpebre, laringe (voce rauca, stridula), colon, sottomucosa gastrica; 3. diarrea solo se il ceppo coinvolto produce anche enterotossine. La morbilità è in genere bassa, ma è a alta letalità. Aderisce e colonizza gli apici dei villi nel digiuno e nell’ileo, e produce VTe, che passa in circolo. La tossina (sub unità B) si lega specificamente a recettori che si trovano sulle cellule epiteliali dell’intestino tenue e sulle cellule endoteliali a livello intestinale, cerebrale e sottocutaneo, inattivandone la sintesi proteica 3 Danno endoteliale → edema e sintomi nervosi caratteristici di questa forma Malattia degli edemi del suino Generalmente 1 o 2 settimane dopo lo svezzamento 0138, 0139, 0141* Morte improvvisa, disturbi neurologici (atassia, convulsioni, paralisi) Edemi (palpebre, mesentere, parete gastrica) Angiopatia delle arteriole Infezione orale -colonizzazione intestinale e produzione di VTePatogenesi tossiemia-lesioni vascolari con edema (intestino, sottocute, cervello) * sierogruppi ospite-associati e considerati non patogeni per l’uomo Insorgenza Sierogruppi predominanti Manifestazioni cliniche Lesioni macroscopiche Lesioni microscopiche Enterite da VTEC nel vitello: entro i primi 30-40 ggdi vita (piùspesso a 10-20 giorni) 05, 026, 0111, 0118, 0103* diarrea con muco e talvolta sangue ispessimento parete del colon, mucosa congesta con muco e sangue scomparsa dei microvilliai siti di attacco batterico e degenerazione degli enterociti Patogenesi infezione orale -colonizzazione colon e cieco con lesioni degli enterocitidi tipo attaching/effacing e produzione di VT * i sierogruppi026 e 0111, frequenti in queste forme, sono stati associati a patologie anche gravi nell’uomo Insorgenza Sierogruppi predominanti Manifestazioni cliniche Lesioni macroscopiche Lesioni microscopiche E. coli può produrre anche altre tossine: 1. CNF: cytotoxic necrotizing factor, associata a enterite in suino, bovino, uomo; 2. Vir: letale nel topo, pollo, vitello. Endotossine Tutti i batteri Gram-posseggono come componente della parete una tossina lipopolisaccaridica (LPS), che provoca effetti simili a quelli delle forme setticemiche da E. coli. Tale tossina ha una componente proteica, una componente polisaccaridica, responsabile della antigenicità, e il lipide-A, responsabile dell’effetto tossico. In seguito a infezioni invasive da Gram-, come la colisetticemia, si possono raggiungere alte concentrazioni di LPS in circolo, i cui effetti (attivazione dei processi infiammatori e danno cellulare diretto, in particolare a neutrofili, macrofagi, cellule endoteliali), sono specie-specifici: edema polmonare, leucocitosi, trombocitopenia, acidosi, ipossiemia, coagulazione intravasale. Colisetticemia Può rappresentare lo sviluppo finale di una forma enterica oppure può comparire senza alcun fatto enterico. L’infezione può essere contratta per os (l’invasione avviene a livello del naso-faringe o dell’intestino) o attraverso l’ombelico Gli animali colpiti sono soggetti giovani che non hanno assunto colostro in quantità sufficiente. La permeabilità intestinale nei neonati può facilitare l’invasione dei tessuti da parte di ceppi setticemici. Tali ceppi sono in genere resistenti alla attività battericida del siero e sono in grado di estrarre ferro dal siero e trasportarlo al proprio interno. L’endotossina (LPS) è responsabile delle reazioni di shock. Animali che superano la setticemia possono sviluppare meningite purulenta o artrite. Sintomatologia Suino Enterocolibacillosi nel neonato: forme iperacute (morte improvvisa) o acute (diarrea acquosa, feci biancastre), con morbilità e mortalità elevate. Entro una settimana post-svezzamento: morte improvvisa, diarrea grigiastra o emorragica. Alte morbilità e mortalità. Colisetticemia: febbre iniziale, animali a terra, movimenti incoordinati degli arti, perdita coscienza, crollo temperatura, morte. Malattia degli edemi: più frequente in soggetti post-svezzamento. Morte improvvisa o sintomi nervosi (ottundimento, barcollamento, incoordinamento, opistotono, edemi sottocutanei in particolare a naso, orecchie, palpebre, laringe (voce rauca, stridula), diarrea (se il ceppo coinvolto produce anche enterotossine). Morbilità in genere bassa, alta letalità. Sporadici aborti, metriti, mastiti nella scrofa. Ovi-caprino Segni clinici sovrapponibili a quelli del bovino. più frequenti le forme setticemiche. Equino Segni clinici sovrapponibili a quelli del bovino. 4 Lesioni anatomopatologiche Sia nelle forme enteriche che setticemiche le lesioni non sono specifiche. Forme enteriche: congestione dell’ intestino, con contenuto liquido e biancastro, e dei linfonodi mesenterici. Forme setticemiche: congestione generalizzata, petecchie ed ecchimosi sulle superfici sierose, in particolare sulla superficie delle surrenali, epicardio e endocardio), edema meningeo, congestione della mucosa dello stomaco o dell’abomaso, del polmone. Nei casi meno acuti, si possono avere lesioni conseguenti alle diverse localizzazioni di E. coli: pleurite, pericardite, peritonite, artrite, polmonite, meningite, nefrite (white spot). Malattia degli edemi: edemi in vari distretti. Il liquido edematoso può essere leggermente colorato di sangue. Spesso filamenti di fibrina in cavità peritoneale. Diagnosi Dal punto di vista clinico è difficile distinguere la colibacillosi da altre forme enteriche (salmonellosi, rotacoronavirosi, eccessiva ingestione di latte ecc…) c’è quindi la necessità di esami batteriologici. Materiale per la diagnosi: sezioni di intestino, linfonodi mesenterici, fegato, milza, reni, cervello; è preferibile da capi non trattati con antibiotici. I prelievi vanno fatti asetticamente, il prima possibile dopo la morte (moltiplicazione di E. coli della normale flora). I tamponi rettali possono non essere indicativi della flora intestinale a livello del tenue. In laboratorio si farà l’isolamento con sierotipizzazione (agglutinazione) per evidenziare E. coli patogeni e caratterizzazione dei fattori di patogenicità. In genere i ceppi patogeni, se presenti, crescono in maniera preponderante rispetto ad altri. Profilassi È importante una somministrazione di colostro adeguata, almeno pari al 10% del peso corporeo entro 24 h, con la prima assunzione entro poche ore dal parto per massimizzare l’assorbimento intestinale di Ab materni (mantenimento di banche colostrali per nati da madri con scarso contenuto colostrale di globuline). Occorre vaccinare le madri e la revisione continua degli antigeni contenuti nei vaccini per seguire la situazione epidemiologica. Gli antigeni utilizzati nella formulazione vaccini sono quelli F. Profilassi indiretta Nel bovino si usano vaccini spenti, contenenti vari ceppi di E. coli portatori di antigeni associati a patogenicità. La vaccinazione base è di 2 dosi, distanziate di almeno 15 gg. Nelle vacche da latte la seconda vaccinazione va fatta circa 1 mese prima del parto, nelle vacche nutrici al momento del parto. Vaccinazioni successive annuali, 15 gg prima del parto Si possono usare anche 1. autovaccini: anatossine (IZS TE); 2. E. coli stabulogeni inattivati (IZS NA); 3. immunoglobuline da somministrare IM nelle prime ore di vita o come terapia; 4. lattosieri contenenti IgG specifiche contro antigeni F. nel suino si usano vaccini preparati con mix di adesine (Ag F: F4, F5, F6, F41), somministrabili IM nelle scrofe con 2 inoculazioni, separate di circa 40 gg, la seconda almeno 2 sett. prima del parto. Richiami successivi circa 3 settimane prima di ogni parto. Altri fattori di rischio che vanno tenuti presenti: 1. igiene dell’allevamento, in particolare del parto; 2. mescolamento di animali di diversa origine; 3. temperature ambientali; 4. alimentazione. Terapia Gli animali con diarrea vanno trattati per reidratarli e ristabilire l’equilibrio elettrolitico. Uso di protettori intestinali (caolino). Trattamento antibiotico mirato, sulla base di un antibiogramma. Epidemiologia dell’infezione da VTEC (uomo) Il bovino è considerato il principale reservoir di VTEC (in particolare sierogruppo 0157), a livello intestinale. La prevalenza nei bovini di questo sierogruppo è generalmente molto bassa (< 1%) ma può essere occasionalmente più elevata, come accade in allevamenti associati epidemiologicamente a casi umani. L’escrezione fecale è di durata variabile e intermittente nel singolo animale, mentre l’infezione può persistere a lungo in allevamento. Generalmente si osserva un tendenziale aumento della prevalenza di escretori fecali nei mesi estivi. Durante la macellazione può avvenire una contaminazione delle carcasse degli animali colonizzati e anche di altre vicine nella catena di macellazione, con possibilità di trasmissione dell’infezione all’uomo (carne consumata insufficientemente cotta). La maggioranza dei focolai umani è associata al consumo di prodotti carnei, in particolare hamburger, tanto da far denominare l’infezione da VTEC hamburger disease. Altri alimenti (contaminati da feci bovine), sono stati implicati come veicolo d’infezione e in particolare il latte (consumato non pasteurizzato o ricontaminatosi dopo il trattamento termico), vegetali (contaminati a seguito di concimazione) e l’acqua. 5 Possibili anche cross-contaminazioni tra alimenti diversi. L’uomo si infetta anche per contatto diretto con feci bovine (numerosi casi segnalati nelle famiglie di allevatori). Possibile la trasmissione interumana, osservata più spesso come casi secondari in focolai di origine alimentare (familiari di malati, personale infermieristico). In vari Paesi, ma specialmente in Nord America e Gran Bretagna, si sono avute a partire dal 1982 varie gravi epidemie da E. coli 0157:H7 con elevato numero di persone coinvolte. 1993: 700 persone con morte di 4 bambini in 4 stati USA, legata al consumo di hamburger distribuiti in una catena di fast-food. Ciò è stato possibile per il verificarsi di particolari condizioni proprie dei Paesi più industrializzati: 1. concentrazione delle macellazioni in grandi mattatoi 2. lavorazione di grandi quantità di carni di provenienze diverse 3. preparazione e cottura di prodotti carnei distribuiti in aree vastissime. Spesso l’epidemia è il risultato di una catena di eventi: 1. macellazione di bovini portatori di E. coli0157:H7; 2. lavorazione delle carcasse contaminate in centri di disossamento; 3. mescolamento di carni di varie provenienze utilizzate per preparare hamburger; 4. cottura insufficiente degli stessi nei fast-food. 1994 (Scozia): più di 100 persone che avevano bevuto latte, probabilmente non propriamente pasteurizzato, proveniente da una piccola latteria. Ad essa afferiva il latte di 18 allevamenti, in 1 solo dei quali vi erano capi escretori di E. coli 0157:H7. Il primo caso di infezione da VTEC 0157 in Italia è stato segnalato nel 1988. 1988 - 1993 sono stati identificati 124 casi, il 70% dei quali risultati associati a infezione da VTEC, in particolare del sierogruppo 0157. Sono stati inoltre identificati 2 episodi epidemici verificatisi nel 1992 e 1993 in Italia Settentrionale, in cui non è stato però possibile identificare la sorgente d’infezione. Recenti indagini hanno evidenziato anche in Italia la presenza di E. coli 0157 in bovini clinicamente asintomatici. Diagnosi (uomo) La maggior parte dei laboratori effettua la ricerca di E. coli0157, non solo perché i VTEC più frequentemente implicati in gravi patologie umane appartengono a questo siero-gruppo, ma anche perché alcune sue caratteristiche (in particolare l’incapacità a fermentare il sorbitolo) permettono di distinguerlo da altri ceppi di E. coli. Anche VTEC appartenenti ad altri sierogruppi hanno un ruolo patogeno e per il loro isolamento occorre usare terreni non differenziali, verificando poi la loro capacità di produrre VT e determinandone il sierotipo. Il riconoscimento della tossina prodotta può essere effettuato mediante 1. prove di citotossicitàsu cellule Vero; 2. ELISA; 3. dimostrazione dei geni che la codificano mediante ibridazione con specifiche sonde a DNA; 4. PCR. La ricerca VTEC va effettuata nei pazienti con diarrea in cui vi è presenza di sangue fresco nelle feci. L’isolamento ha buone probabilità di successo solo entro 3 - 4 giorni dall’inizio della diarrea. Nelle feci può essere dimostrata anche la presenza di VT libera (spesso evidenziabile anche quando il ceppo in causa non è più isolabile). La diagnosi può essere effettuata anche su base sierologica, evidenziando mediante ELISA o immunoblotting, gli anticorpi di classe IgM generalmente sviluppati entro alcuni giorni da pazienti con diarrea emorragica nei confronti del lipopolisaccaride (responsabile della specificità dell’antigene 0 di sierogruppo) del ceppo infettante. Importante: pur consentendo alcuni metodi la dimostrazione di VT sia in campioni fecali che in alimenti, resta fondamentale a fini diagnostici ed epidemiologici isolare l’organismo e caratterizzarlo. Prevenzione e controllo Si basano sui seguenti punti: 1. consumare esclusivamente latte pasteurizzato e carni adeguatamente cotte. In USA l’FDA raccomanda temperature in profondità di almeno 68° C; 2. rafforzare le misure igieniche e applicare il sistema HACCP in macelli e impianti di lavorazione per evitare contaminazioni fecali e cross-contaminazioni; 3. considerare il rischio rappresentato dal contatto diretto con feci bovine; 4. considerare il rischio rappresentato da vegetali e acque contaminati da materiale fecale; 5. educazione sanitaria e corretta informazione. 6 Paratubercolosi bovina Descritta da Johne e Frothingham (1895) è provocata dal Mycobacterium avium subsp. Paratuberculosis. È chiamata anche malattia di Johne, enterite cronica ipertrofica, mal del canale. È una malattia infettiva, contagiosa, propria dei ruminanti (domestici e selvatici) a decorso prevalentemente cronico e caratterizzata da una flogosi intestinale diffusa, che si manifesta con diarrea e dimagrimento progressivo. È presente in tutto il mondo. Moore (1924): “La malattia è destinata a diventare per le generazioni future un problema più grande della Tubercolosi per le generazioni presenti”. L’infezione e la malattia risultano avere maggiore incidenza laddove è stato risolto il problema tubercolosi. Epidemiologia 1. 2. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. L’infezione si riscontra ovunque vi siano: bovine da latte: USA (3-18% di bovini positivi), Australia (14-17%), Spagna 1%, Inghilterra 2%, Belgio 12%, Svizzera 6%, Francia 7%, Danimarca 9%, Italia 1-10% (diverse indagini). I dati epidemiologici indicano che aumenta costantemente la sua diffusione. Sono stati fatti Programmi di Controllo in numerosi Paesi (USA, Francia, Danimarca, ecc.) solitamente su base volontaria; ruminanti selvatici: i dati epidemiologici indicano che è presente non solo nei ruminanti (cervi, camosci, stambecchi, ecc. (in cui può causare malattia), ma anche in altri selvatici (volpe, coniglio, lepre, ecc) di cui non si conosce il ruolo nel mantenimento dell’infezione. Fattori condizionanti: natura del terreno (argilloso, umido, acido – aumenta la disponibilità di Fe); squilibri alimentari (Cu, Mn, Se, Vit. E, ecc.); situazioni stressanti in senso lato; produzioni elevate; parto e puerperio; infezioni e infestazioni concomitanti; prevalenza dell’infezione nell’allevamento. Eziologia Mycobacteriumavium subsp. paratuberculosis (MAP) appartiene allo stesso genere di batteri che causano la TBC. È un batterio Bastoncellare, acido-alcool resistente, aerobio, immobile, non capsulato, non sporigeno. Cresce molto lentamente nei terreni colturali (comparato a M. avium subsp. avium, MAP cresce più lentamente), in vitro ha necessità costante di micobactina (sostanza chelante il ferro), lo spettro d’ospite è più limitato. È un germe molto resistente che sopravvive a lungo nell’ambiente: 11 mesi nel suolo se contenuto nelle feci, 12 mesi a temperature relativamente basse. Resiste a acidi e alcali, ma è inattivato da calore, formalina, disinfettanti fenolici, ipoclorito di calcio. È sensibile alla luce e al disseccamento. Perdite economiche La ParaTBC ha un forte impatto economico, ma nonostante ciò è una malattia poco conosciuta: l’unico danno direttamente quantificabile dall’allevatore è l’eliminazione degli animali con forme cliniche, che normalmente rappresenta un evento limitato. I costi diretti, sono difficilmente quantificabili dall’allevatore: 1. rimonta superiore a quella registrata in allevamenti non infetti, dovuta in parte alla comparsa di forme cliniche, ma soprattutto legata alla scarsa produzione degli animali; 2. gli animali infetti hanno una efficienza alimentare inferiore rispetto ad animali sani; 3. Le vacche infette hanno una diminuzione della produzione di latte stimata tra il 7.8% ed il 25% e questa perdita può essere evidente già alla prima lattazione; 4. le vacche infette hanno una maggiore predisposizione a contrarre altre malattie, sia della sfera genitale, sia della mammella. In futuro vi potranno essere anche costi indiretti, quali: vincoli nel commercio di animali da vita, diminuzione del valore economico dell’animale infetto. Epidemiologia Modalità di trasmissione Ha ciclo oro-fecale e si trasmette per via verticale e orizzontale. Le fonti di infezione sono: feci, latte, pascolo, mezzi di trasporto, mammella contaminata. L’eliminazione dell’AE con secreti ed escreti spesso è intermittente. I giovani hanno una maggiore sensibilità rispetto agli adulti Il periodo di incubazione varia da alcuni mesi fino a 5 anni e generalmente i sintomi si evidenziano tra i 2- 5 anni di età (1°- 2° parto). L’infezione non sempre esita nella malattia. Incidenza e sintomatologia clinica sono ampiamente influenzate dal management aziendale. La prevalenza è variabile (generalmente <30%). La percentuale di animali che annualmente muoiono in seguito alla malattia può variare da 0% a 10% degli adulti presenti. 7 Infezione post natale I vitelli devono essere considerati ad alto rischio di infezione fino ai 30 giorni di età e altamente recettivi fino ad 1 anno di vita. In questo periodo la principale fonte di infezione è rappresentata dalla mammella della madre, in quanto questa è facilmente imbrattata da feci, che possono essere ingerite dal vitello durante l’allattamento naturale. Una seconda modalità di trasmissione è rappresentata dall’ingestione del colostro e del latte. Oltre il 35% di animali con forma clinica e più del 10% degli animali con forma subclinica eliminano MAP attraverso tale via. Infezione intrauterina Può rappresentare un’importante modalità di trasmissione. La disseminazione del microrganismo dal tratto intestinale, all’utero e quindi al feto, avviene più facilmente quando la malattia si trova in uno stadio avanzato. Più del 50% dei feti di bovine con sintomi clinici sono positivi; questa percentuale scende al 9% nei feti di vacche infette in forma asintomatica. Sulla base di queste informazioni si consiglia di eliminare tutti i vitelli nati da madri infette e di programmare la rimonta con vitelli nati da animali sani. Seme ed embrio transfert Infezioni sperimentali hanno dato esito positivo, ma per fare ciò sono state necessarie alte concentrazioni di MAP (difficilmente può avvenire in condizioni naturali). Da seme di tori infetti normalmente è possibile isolare pochi bacilli di MAP; la trasmissione dell’infezione mediante la fecondazione naturale o artificiale è teoricamente possibile ma poco probabile. Embrio transfer: MAP è stato isolato da flushing di uteri di vacche donatrici infette. Nonostante ciò si ritiene che tale pratica sia a basso rischio di trasmissione. Vi è invece un elevato rischio di avere vitelli infetti quando l’embrione viene impiantato su riceventi infette. Introduzione dell’infezione in allevamento La modalità più probabile è rappresentata dall’acquisto di animali malati oppure per contatto delle bovine con animali infetti selvatici (cervi, caprioli, camosci) o domestici allevati al pascolo (bovini, ovini, caprini). Per prevenire l’introduzione della malattia in allevamenti sani sarebbe necessario privilegiare la rimonta interna o acquistare animali da allevamenti certificati come indenni (attualmente non ve ne sono) e evitare che vi sia contatto tra gli animali allevati e animali selvatici. Occorre utilizzare materiale genetico di sicura provenienza. Patogenesi L’assunzione di MAP è per via orale. Si localizza quindi a intestinale (epitelio ileo e colon) e linfonodale (linfonodi meseraici→ drenano il pacchetto intestinale). Vi può essere una fase di quiescenza, poi formazione di granulomi, lesioni intestinali (ileo caudale, cieco, colon, linfonodi meseraci). Si localizza anche in fegato, utero, mammella. Negli stadi avanzati la parete intestinale può assumere il tipico aspetto “cerebroide”. Sintomatologia 1. 2. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 1. 2. 3. I bovini possono essere: asintomatici (> 50%) → forma silente o frusta sintomatici (1- 5% fino al 25%) → forma classica acuta (casi singoli) o cronica (più casi con gravità e intensità diverse). I fattori predisponenti l’insorgenza della malattia sono: grado di infezione; stati carenziali; parassitosi; infezioni concomitanti; momento produttivo; stress. In un allevamento infetto avremo quindi: animali infetti e malati: eliminatori continui; animali infetti e asintomatici: eliminatori continui/saltuari o non eliminatori; animali non infetti. 8 Sintomatologia forma classica o tipica a decorso acuto 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 1. 2. 3. 4. 5. A seguito di un fattore debilitante all’E.O.G rileviamo: depressione del sensorio; mancata ruminazione; dimagrimento; disidratazione; edema intermandibolare; ipotrofia muscolare; tenesmo, diarrea ad arco; mucose congeste; anoressia, agalassia, oliguria; apiressia o temperatura sub febbrile. All’E.O.P dell’addome: retrazione addominale; peritonismo; assenza dei rumori fondamentali del rumine; borborigmi aumentati di numero e intensità; rumori di gorgoglio. All’esplorazione transrettale: troviamo il retto “vuoto” o con feci liquide; anse intestinali ispessite. Ha decorso letale in 3-7 giorni. Sintomatologia della forma classica o tipica a decorso cronico All’E.O.G: dimagrimento disidratazione, cute anelastica, (edemi sottocutanei), ipotrofia muscolare, diarrea (feci di aspetto poltaceo, poi liquido “ad arco” di colore brunastro e di odore nauseabondo), mucose pallide, polidipsia, oliguria, ipogalassia, apiressia. All’E.O.P addome: modica retrazione addominale, lieve dolorabilità alla palpazione, borborigmi aumentati di numero e intensità, rumori di gorgoglio, conservata motilità del rumine. All’esplorazione transrettale: feci pastose, liquide; anse intestinali con pareti ispessite. Il decorso varia da 1 mese a 2 anni. Forma silente o frusta Lieve diminuzione del peso corporeo, ipogalassia, anemia, ipofertilità,mastopatie. Anatomia patologica Le lesioni macroscopiche non sono proporzionali alla gravità dei sintomi, a volte sono assenti. Le tipiche sono: 1. emaciazione; 2. edema mucosa intestinale: intestino a scala di corda (pliche longitudinali e trasversali) nella fase terminale; 3. linfonodi mesenterici aumentati di volume: liquido citrino al taglio. Le lesioni istopatologiche possono essere lievi, moderate o gravi; si rinvengono macrofagi e cellule di Langhans a livello dei villi intestinali, sottomucosa intestinale o nella zona paracorticale dei linfonodi mesenterici (risposta infiammatoria); il processo infiltrativo si blocca a livello di valvola ileocecale. Diagnosi È un problema identificare i portatori asintomatici: 1. in vita → dati anamnestici, segni clinici, esami di laboratorio; 2. post mortem → reperti anatomopatologici e istologici, esami di laboratorio. Per la diagnosi si possono fare esami collaterali di laboratorio: esami ematologici ed ematochimici per evidenziare anemia (normocromica normocitica), ipoprotidemia, ipoalbuminemica. Diagnosi diretta All’esame microscopico (colorazione di Ziehl- Neelsen) delle feci e del raschiato di mucosa rettale valvola ileoceco-colica (postmortem) si rinvengono corti bacilli, rossi splendenti che formano aggregati caratteristici (l’esito negativo non esclude l’infezione. Per l’esame batteriologico classico (gold standard) si utilizzano feci (10 g, trattamento con idrossido di Na e acido ossalico, conservare a 4°C), raschiato di mucosa rettale, valvola ileocecocolica e linfonodo ileocecale, biopsie. Si fa una decontaminazione, si aggiunge micobattina e si incuba per 12 settimane a 37°C. infine si fa un’identificazione sierologica. Il risultato è negativo dopo 2-3 rilevamenti negativi di tamponi rettali su tutti gli animali a distanza di 6 mesi. Il limite di rilevabilità di una coltura è 1 u.f.c./ml. I principali limiti sono il tempo di incubazione del MAP in coltura (2-4 mesi e oltre), la bassa sensibilità (25%) legata all’escrezione intermittente e la specificità molto alta. Altre metodiche di isolamento: 9 1. sistema BACTEC → terreno liquido che contiene una fonte di nutrimento marcata con 14C. Ha il vantaggio di una maggiore sensibilità ed un tempo più breve di incubazione (7 settimane), ma ha costo elevato e si utilizza materiale radioattivo; 2. MGIT (Mycobacteria Growth Indicator Tube) → terreno liquido contenente un sistema di rilievo della crescita di MAP non radiometrico (fluorescence quenching based oxygen sensor); il sistema automatizzato consente di identificare la crescita in 7 giorni; 3. PCR → sequenza di elezione, specifica IS 900 ripetuta per circa 18 volte da campioni di feci, sangue, tessuto, latte, altro materiale. L’esito si ha in 3 giorni ed è estremamente specifico e sensibile. Limite di rilevabilità: 10100 u.f.c./ml. Diagnosi indiretta AGID È specifico, ma poco sensibile (solo gravi forme cliniche) ELISA È più sensibile, ma ha comunque problemi legati a false positività (cross-reazioni) e false negatività (es. basso titolo anticorpale in animali asintomatici). Identifica oltre l’88% degli eliminatori fecali persistenti (ma solo il 1557% degli animali subclinici). È rapido e poco costoso Rilevazione risposta cellulo-mediata Usata soprattutto all’estero su animali giovani. Si può fare diagnosi 1. in vivo (poco sensibili e specifici, rischi di falsi negativi): a. Intradermoreazione: Johnina o PPD aviare; b. Test intravenoso alla Johnina; 2. diagnosi in vitro: a. test del γ-IFN → individua animali infetti prima che inizi l’eliminazione dell’agente; ha problemi di crossreattività con micobatteri ambientali; b. prove di blastizzazione linfocitaria. Sensibilità di alcuni metodi diagnostici misurata su 142 bovini con paratubercolosi subclinica Metodi colturali Metodi sierologici Standard 42% AGID 27% BACTEC 51% ELISA 42% - 46% Diagnosi differenziale 1. 2. 3. 4. 5. I sintomi guida sono dimagrimento e diarrea che possono essere dati anche da cause: nutrizionali o metaboliche → chetosi, indigestione semplice, carenze o eccessi alimentari, intossicazioni (vegetali, funghi), avvelenamenti; parassitarie → infestazioni da: a. nematodi (gastroenteriti verminose sub-acute croniche) → provocano aumento del pepsinogeno, ipoalbuminema, eosinofilia, neutrofilia, eritropienia, iperglobulinemia; b. Fasciola hepatica: decorso acuto - sub-acuto (tarda estate, autunno) → lievi disturbi digestivi, stipsi, diarrea, stato di lieve malessere generale, area epatica nella norma (ittero), esame parassitologico negativo; decorso cronico (autunno, inverno) → dimagrimento, diarrea transitoria; c. Paramfistoma (distomatosi gastroenterica dei ruminanti) dopo 1 - 2 settimane “di pascolo”: decorso acuto (stadio larvale) con diarrea acquosa persistente, maleodorante, dimagrimento rapido; dopo 1-2 settimane exitus, es. parassitologico negativo; decorso cronico (stadio adulto) sintomi digestivi lievi e vaghi; batteriche; a. salmonellosi (adulti) → decorso iperacuto o acuto; diarrea di odore nauseabondo, di colore scuro con fiocchi di fibrina biancastri, ipertermia, aborti, artrosinoviti, mastiti; b. clostridiosi → diarrea acquosa, a getti, maleodorante, colica, tenesmo, addome retratto, stato eccitativo, temperatura assente o sub-febbrile; diagnosi: evidenziazione delle tossine; c. Tubercolosi Intestinale → sintomi vaghi, indeterminati, coliche ricorrenti, stipsi alternata a diarrea, feci spesso frammiste a muco, striate di sangue cosparse di grossi coaguli si sangue; virali; a. dissenteria Invernale; b. febbre catarrale maligna (coronavirus) → improvvisa insorgenza, diarrea acquosa bruno scura, sindrome colica, disidratazione, infossamento globi oculari; decorso: 2-3 giorni; nell’allevamento: 1-2 settimane. Diagnosi: incidenza stagionale, età, numero soggetti colpiti, insorgenza improvvisa, rapida diffusione; c. Peste Bovina; d. Malattia delle Mucose → scialorrea, diarrea feci diminuite di consistenza di color bruno verdastro, tenesmo, zoppia temperatura normale o sub febbrile. Diagnosi: ricerca del virus; altre (amiloidosi renale). 10 Profilassi 1. 2. 3. 4. Problemi: difficoltà nell’identificare i portatori lungo periodo di infezione inapparente contaminazione degli ambienti e del pascolo elevata resistenza dell’agente eziologico Piani di controllo 1. 2. a. b. 3. Solitamente i programmi di controllo prevedono l’attuazione contemporanea di 3 punti: modifiche nella conduzione dell’allevamento: a. Interruzione del ciclo oro-fecale b. Miglioramento standard igienico c. “sala” parto igienicamente idonea, lavaggi, disinfezioni d. separazione madre – vitello, alimentazione artificiale e. evitare contaminazione fecale di colostro e latte per i vitelli f. separazione individuale dei vitelli 1° mese, di gruppo 1° anno g. cura vitelli prima di quella degli adulti, con uso di strumenti e calzature diversi h. controllo contaminazione fecale acqua di abbeverata i. recinzione pascoli; non spargere letame non maturo sul pascolo j. eliminare tutte le acque stagnanti identificazione ed eliminazione dei soggetti infetti Esame su sangue e feci su soggetti con sintomatologia enterica; controlli periodici sugli animali > 2 anni; Eliminazione di tutti gli infetti anche dei vitelli negativi nati da madri infette controllo animali da rimonta a. Solo da allevamenti sicuramente negativi (non esiste attualmente certificazione ufficiale b. Prima dell’acquisto sottoporre a prove diagnostiche, sia sierologiche che batteriologiche c. Rischio di introdurre la malattia legato all’acquisto di bovini, in senso decrescente: acquisto di bovini non testati per paratubercolosi utilizzo di un test individuale prima della compra-vendita quarantena + test multipli per un almeno un anno sull’animale comprato test su parte dell’allevamento di origine e acquistare solo se risulta negativo test su tutto l’allevamento di origine e acquistare solo se risulta negativo in toto comprare da allevamenti certificati esenti da paratubercolosi Piani di controllo (Australia) Sono piani volontari e si effettuano test annuali (sierologico + coltura fecale) e abbattimento positivi con rimborsi governativi. Nella fase iniziale ELISA 1.7%. Piani di controllo (Norvegia) Nelle capre è consentita la vaccinazione. Endemica nell’ovest del Paese. Nei bovini sporadica fina al 1979 (9 casi in 10 anni). Piano di Controllo nazionale (1996): esami sierologici su tutti i bovini sopra i 18 mesi, esami istologici e colturali sui positivi. Abbattimento dei positivi. Tutti i casi corrispondevano ad animali importati Piani di controllo (Francia) 1. 2. 3. 4. 5. Da 5-10 anni programmi regionali. Dal 1999 programma nazionale: isolamento ed allontanamento dei casi clinici identificazione e abbattimento infetti gestione allevamenti vaccinazione contratto fra allevatori veterinari Vaccinazione Solo in alcuni Paesi, in Italia è vietata. Profilassi indiretta Non consigliata in nessun caso. Reattività nei confronti del test tubercolinico (IDT). Reazioni falsamente + per la diagnostica sierologica (ELISA). ParaTBC bovina – zoonosi??? È un problema controverso perché nell’uomo vi è una patologia che ha dei punti in comune: il morbo di Crohn (ileite cronica). 5.6 nuovi casi/100000 abitanti all’anno nella UE). Resiste a pasteurizzazione del latte. Dal 50 al 75% dei pazienti con questa malattia sono positivi per MAP, ma al momento non esistono correlazioni certe fra queste 2 patologie. 11 Listeriosi Malattia infettiva, contagiosa, a decorso solitamente grave: setticemia, meningo-encefalite, aborto. È sostenuta da Listeria monocytogenes, responsabile di infezione in numerose specie animali (bovini, ovicaprini, suini, polli, cani, topi); è una zoonosi. Il termine monocytogenes è dovuto al fatto che l’AE induce (nell’uomo e in alcune specie animali) un notevole aumento del numero di monociti circolanti. Storia 1924 Australia: Murray descrive per la prima volta un germe ancora sconosciuto, che chiama Bacterium monocytogenes. 1940 Stati Uniti: Pirie dedica il genere a Lister. 1949 Germania: caso di granulomatosi infantiseptica (85 feti abortiti e neonati morti); Potel isola da tutti un batterio che crede un Corynebacterium; Seeliger lo riconosce come una Listeria. 1983 in Francia: Rocourt distingue L. monocytogenes da altre listerie, e comincia a intuire che è l’unica patogena per l’uomo. 1983 Canada: descrizione del primo caso di listeriosi umana da alimenti (crauti fermentati) Eziologia Sono batteri Gram +, bastoncellari, mobili (a 20-30° C) per presenza di rare ciglia peritriche, acapsulati, asporigeni, aerobi o anaerobi facoltativi. È un corto bacillo (1-2 x 0,5-0,8 μm), esile, isolato o in coppie parallele o ad angolo (forma di “V”) o in brevi catene. In colture vecchie perde la Gram positività e assume colorazione bipolare. Cresce su normali terreni, ma le colture ottimali si ottengono su terreni arricchiti con sangue (5%), siero di sangue, glucosio o triptosio. Si sviluppa in un ampio intervallo di temperatura (3-45°C), ma mantiene la sua vitalità anche a 0° o a temperature di pasteurizzazione, ma con optimum di crescita a 37-38°C. Resiste all’essiccamento e al congelamento e può trovarsi nei cibi conservati in frigorifero o nel latte non pastorizzato. Il pH di sviluppo 5-9; viene inattivata da pH molto acidi, come quello gastrico. È un germe idro-tellurico, molto diffuso nell’ambiente (suolo, vegetali, acque) e nei luoghi d’allevamento (lettiere, mangiatoie, pareti), resistente nell’ambiente esterno: 21 mesi nel latte infetto (13 anni nel latte a 5°C), 1- 18 mesi nelle feci, 1- 2 anni nel suolo. Se ne conoscono diverse specie, ma solo L. monocytogenes è patogena per più specie animali e per l’uomo. L. ivanoii è causa di aborto nella pecora. Ci sono 13 sierotipi e la classificazione si basa sulla presenza di 15 antigeni somatici O (da I a XV) e 4 flagellari H (A, B, C, D). La presenza di antigeni comuni con altri batteri (Corynebacterium, E. coli, Streptococcus fecalis) può provocare reazioni sierologiche crociate. Fattori di patogenicità 1. 2. 3. 4. 5. L. monocytogenes elabora: emolisina prodotta dalle colture in fase s, attiva nei confronti degli eritrociti; lipolisina; esotossina like (letale per topino in 24-48 ore e dermonecrotica in coniglio e cavia); endotossina like (edema e eritema cutaneo, azione piretogena, letale per il coniglio); MPA (Monocytosis Producig Agent) responsabile della monocitosi periferica nel coniglio e talvolta nell’uomo). Epidemiologia È isolabile anche dopo 4 settimane in campioni di mais, segale, trifoglio, acque superifciali e acque reflue. Esiste un rapporto diretto fra alimentazione con insilati e malattia (bovini e ovi-caprini). Caratteri epidemiologici: 1. ubiquità; 2. resistenza nell’ambiente esterno; 3. virulenza; 4. attitudine a provocare infezione asintomatica; 5. malattia a insorgenza sporadica o endemica. Spettro d’ospite: mammiferi domestici e selvatici (roditori compresi), volatili, rettili e insetti, uomo. Nell’ordine, gli animali più sensibili sono: pecore e bovini, capre, suini, volatili (più colpiti i polli, meno oche, anatre, piccioni), cavallo, cane e gatto (rara), pesci e crostacei. A volte L. monocytogenes viene isolata anche da animali sani, che possono comportarsi da eliminatori (cincillà). 12 Patogenesi I diversi ceppi non sono ospite-specifici, né provocano quadri differenti. Le vie di trasmissione sono l’orale e l’aerogena e la principale fonte di infezione sono gli insilati di qualità scadente (alcalini). I fattori favorenti sono: periodo invernale, cause meteorologiche in genere e alimentari, stress fisici, infezioni virali o batteriche, parassitosi. Si presenta in forma latente, setticemica, abortigena, encefalica. Compare soprattutto in inverno (insilati) e sono particolarmente sensibili gli animali giovani. È una malattia condizionata. Patogenesi nei ruminanti foraggi contaminati intestino (enterite) batteriemia neurite (meningo-encefalite) setticemia aborto In animali non ruminanti è presente una monocitosi ematica. Negli animali la malattia si presenta in forma setticemica, nervosa e genitale (aborto). Negli ovini la forma più frequente è l’encefalite, ma anche aborto e irite; spesso la morte sopravviene entro 24 h dall’inizio dei sintomi. Nelle volpi la listeriosi determina un encefalite con sintomi che simulano la rabbia. Nel bovino la forma neurologica (con microascessi cerebrali) ha evoluzione cronica e gli animali sopravvivono sino a 2 settimane dall’inizio dei sintomi. L’encefalite può colpire animali di ogni età ma prevale in quelli di meno di 3 anni, anche se non compare prima dello svezzamento. Negli animali giovani l’infezione si presenta per lo più in forma setticemica (spesso letale) con la comparsa di focolai necrotici nel fegato e in altri organi addominali. Gli aborti avvengono soprattutto a fine gestazione. Esistono altre forme più rare di listeriosi quali polmoniti, endocarditi, miocarditi. Nei bovini sono stati descritti anche casi di localizzazioni alla mammella con possibile eliminazione dell’AE eziologico attraverso il latte anche dopo l’avvenuta guarigione. Nei ruminanti ci sono diverse forme cliniche: 1. cerebrale (encefalica, meningo-encefalica) → in caso di forme nervose la letalità è prossima al 100%. A secondo dei nervi interessati si avrà protusione della lingua, ptosi mandibolare, strabismo, rotazione della testa, movimenti di maneggio, paralisi facciale (spesso unilaterale). La meningo-encefalite classica sia negli adulti (più frequente), che nei giovani ha periodo di incubazione di 2-6 settimane. I sintomi sono: febbre, depressione, prostrazione, postura anomala della testa, movimenti di maneggio (circling disease), perdita di equilibrio, disfagia, decubito a cui segue la morte (ovini: morte in 2-3 gg, bovini: morte in 4-14 gg); 2. forma genitale (aborto, metrite settica) aborto: bovine (4°-8° mese), pecore, capre (3°-4° mese) Infezione uterina per via ematogena Periodo di incubazione: 5-12 giorni Sintomi: anoressia a volte febbre e diarrea profusa, aborto tardivo, in genere sporadico ritenzione placentare possibili parti prematuri o nascita soggetti poco vitali; 3. forma setticemica (rara) → tipica nei neonati e negli animali giovani (ovini: anche adulti). Periodo di incubazione: 10-20 giorni. Sintomi (esordio improvviso): febbre elevata, anoressia, tremori muscolari, congestione delle mucose apparenti Spesso esito letale (poche ore-3 gg); 13 4. mastiti, polmoniti, endocarditi, miocarditi (rare). Forme cliniche nelle altre specie: 1. monogastrici → rara (cani e gatti, equini: setticemia); 2. suino → forme setticemiche con sintomi neurologici; 3. equino: generalmente meningo-encefalica, forme setticemiche nel puledro, aborto tardivo; 4. uccelli: setticemia, necrosi epatica e miocardica, encefalite (più rara); 5. coniglio e roditori: mononucleosi ematica, setticemia, forme neurologiche, esito letale. Anatomia patologica Nella forma aborigena si riscontrano focolai necrotici cotiledonari; nel feto: edema gelatinoso cordone ombelicale e sottocute; necrosi puntiformi a fegato e milza. Nella forma setticemica lesioni purulento-necrotiche a vari parenchimi. Nella forma nervosa microascessi a livello dei vasi meningei. Diagnosi Clinica: i sintomi nervosi sono comuni ad altre patologie. Occorre fare la diagnosi differenziale con rabbia, intossicazione acuta da piombo (cecità apparente, ipersalivazione) e botulismo (paralisi flaccida). In laboratorio si farà l’isolamento e l’identificazione del batterio da materiale cerebrale, feti, feci, essudati. Occorrerà fare anche la prova biologica. Si effettuerà anche l’esame anatomopatologico di ponte, midollo allungato, corna anteriori del midollo spinale, manicotti perivascolari. Profilassi Sono importantissimi l’igiene dell’alimentazione, dei ricoveri e l’uso di insilati di buona qualità (pH 3,7-4,3, evitare l’esposizione all’aria, aggiunta di acidificanti come l’ac. formico). Terapia È sensibile a numerosi antibiotici (ampicillina, eritromicina, meticillina), ma resistente a colistina, ac. nalidixico, polimixina. Il successo è legato alla tempestività di intervento. Nei bovini si usano soprattutto le tetracicline. Problemi di Sanità Pubblica: infezione sporadica che colpisce soprattutto persone a rischio: donne gravide, neonati (infezione verticale), soggetti immunodepressi, persone anziane. L’infezione viene contratta per contaminazione alimentare (ma anche tramite escreti e l’inalazione di polvere) e provoca aborto, mortinatalità, neonati con forme setticemiche, forme encefaliche tardive, setticemia, meningite, meningo-enceefalite, gastroenteriti, endocarditi, inf. cutanee (pustole). Listeria umana Epidemiologia Diagnosticata raramente nella forma tipica, si manifesta in modo sporadico. Recentemente si sono verificate diverse epidemie indipendentemente dalle stagioni. Il 30% dei casi clinicamente manifesti si verifica entro le prime 3 settimane di vita. Negli adulti non in gravidanza, l’infezione si verifica soprattutto dopo i 40 anni di età. Segnalati casi di infezione ospedaliera. Molte infezioni sono asintomatiche, e assumono importanza solo durante la gravidanza; l’infezione perinatale avviene durante il 3° trimestre di gravidanza e l’aborto, di solito, si verifica nella seconda metà della gravidanza. Negli USA viene stimato che oltre 2.500 persone ogni anno contraggano questa infezione; di questi circa 500 nella forma letale (CDC). L’incidenza di casi che richiedono l’ospedalizzazione negli USA è di 1/200.000 abitanti California (1985): 142 casi di listeriosi, con 48 decessi (consumo di un formaggio). 9 Stati diversi (2002): 54 casi, 8 morti e 3 morti fetali (consumo di carne di tacchino contaminata). Svizzera (1983-1987): 122 casi con 34 decessi (consumo di formaggio molle non pasteurizzato). Francia (1992): 279 casi, 22 aborti e 63 decessi (lingua di maiale). In Europa (epidemie recenti), il 50% dei casi notificati sembra derivare da assunzione di prodotti lattierocaseari: 1. Svizzera (1983-1987) formaggi molli non pastorizzati; 2. Austria (1986) consumo di latte non pastorizzato; 3. Francia (1995) formaggio Brie, a base di latte non pastorizzato; 4. Finlandia (1998- 99): burro contaminato. Il Rapid alert system for food and feed (RASFF), stabilito dalla direttiva 92/59/EEC, ha lo scopo di notificare agli stati membri quando esista un rischio associato a un certo prodotto per la salute dei consumatori. Il RASFF pubblica informazioni dettagliate sulle notifiche, le fonti di contaminazione, i prodotti e i paesi coinvolti. Incidenza Finlandia: registrati dai 30 ai 50 casi/anno. Germania: stimati tra i 50 e gli 80 casi/anno, con una notifica di 11-16 casi/anno. Si stima che il 4-6% dei casi di meningite sia causata da Listeria. In Francia: oltre 200 casi di malattia/anno. Il 24% dei casi sporadici ha interessato le donne in gravidanza o i neonati (forme materno-neonatali). 14 Italia (maggio 1997): epidemia gastroenterica derivata dal consumo di insalata di mais e tonno contaminato, utilizzato nelle insalate, ha coinvolto oltre 1500 persone (bambini e personale di 2 scuole elementari). Quasi 300 persone sono state ricoverate. La malattia si verifica generalmente durante la gravidanza (sensibilità circa 20 volte superiore) o in individui immuno-depressi ed è causata da trasmissione alimentare. A differenza di altri AE trasmessi con gli alimenti che causano principalmente malattie gastrointestinali, L. monocytogenes dà luogo a manifestazioni invasive come meningite, setticemie e morte fetale. L’AE è presente nella normale flora intestinale degli individui sani; una diminuzione dell’acidità gastrica ed un’alterata funzione gastrointestinale possono aumentare il rischio di malattia. L’incidenza della listeriosi nell’uomo è divenuta oggetto di crescente attenzione grazie al riconoscimento del ruolo dei cibi contaminati nella trasmissione della malattia sia epidemica che sporadica. I principali cibi implicati sono le insalate con cavoli contaminati, latte anche pastorizzato, formaggi freschi, paté, prodotti di carne suina insaccati e hot dog; alcuni studi epidemiologici hanno suggerito anche il ruolo del pollo poco cotto o di salsicce non cotte. La listeriosi è stata descritta anche nei veterinari e in altri soggetti a stretto contatto con animali infetti. Trasmissione Per la maggior parte dei casi si tratta di una malattia trasmessa dagli alimenti. L’AE è molto diffuso nell’ambiente e può ritrovarsi in tutti gli alimenti crudi. L’AE può essere trasmesso dalla madre al feto nell’utero o durante il passaggio attraverso il canale del parto. Il periodo di incubazione medio è di circa 3 settimane ma, in corso di epidemie si sono verificati casi dopo periodi variabili da 3 a 70 giorni dal contatto con materiale infetto. Gli individui infetti possono eliminare i microrganismi con le feci per diversi mesi, mentre le madri di neonati possono eliminare secrezioni vaginali ed uterine infettanti per circa 7-10 giorni dopo il parto. Rappresentano un serbatoio anche i mammiferi domestici e selvatici infetti, il pollame e l’uomo che frequente è portatore fecale asintomatico ed eliminatore di listerie con le feci. Sintomatologia La listeriosi associata alla gravidanza si verifica più frequentemente nel 3° trimestre e causa: 1. nella gravida: febbre, dolori muscolari, malessere, dolori lombari accompagnati talvolta da diarrea, nausea e vomito; 2. nel prodotto del concepimento: parto prematuro, morte fetale intrauterina o infezione precoce. La forma neonatale si può manifestare con setticemia, insufficienza respiratoria, lesioni cutanee, ascessi diffusi (fegato, milza, ghiandole surrenali, polmone) o con meningite. La listeriosi non associata alla gravidanza si verifica generalmente in soggetti immunocompromessi o negli anziani, e si manifesta con setticemia, meningite, infiammazioni cardiache o sintomi gastrointestinali. La diagnosi si basa sulla sintomatologia e sull’isolamento del microrganismo da sedi normalmente sterili, come il sangue, il liquido cefalorachidiano o il liquido amniotico. La terapia antibiotica (ampicillina + aminoglucoside o trimetoprimsulfametoxazolo) deve essere proseguita anche per molte settimane nei casi più gravi, che spesso hanno prognosi infausta. 15 Infezione da Rhodococcus equi Causa gravi polmoniti piogranulomatose nei puledri di età < 6 mesi. Gli animali possono morire o, in caso di guarigione, avere un calo delle capacità atletiche. La rodococcosi causa ingenti danni economici in aziende in cui vengono allevati capi di alto pregio. Normalmente non colpisce gli animali adulti e solo i soggetti immunocompromessi risultano sensibili. Può causare gravi polmoniti in persone immunocompromesse e può portare a morte. Eziologia Famiglia Actinomicetales (Nocardiformi), Genere Rhodococcus, specie equi. A questa Famiglia appartengono anche: Mycobacterium, Gordona, Nocardia, Tsukamurella, Corynebacterium. Un tempo era identificato come Corynebacterium equi È un batterio Gram +, pleomorfo, aerobio obbligato, immobile, che produce un pigmento rosa-rossastro. possiede una capsula a struttura lamellare e il polisaccaride capsulare permette di identificare 27 sierotipi. Non sembra ci sia correlazione tra la struttura antigenica della capsula e virulenza del microrganismo. Esiste una distribuzione geografica diversa dei vari sierotipi. È un microrganismo relativamente resistente a: valori molto bassi di pH, luce solare, essiccamento. Viene inattivato a 60°C dopo 1 h. La resistenza a determinate sostanze chimiche viene sfruttata per trattare i campioni da cui si vuole isolare R. equi. Epidemiologia R. equi è un normale ospite della flora microbica intestinale di equini, bovini e suini Normalmente il microrganismo non replica nell’intestino dei cavalli adulti, ma replica, raggiungendo alte concentrazioni, nell’intestino dei puledri, fino a quando questi non sviluppano una flora microbica anaerobia Tramite le feci R. equi contamina l’ambiente (aumento della carica batterica del terreno) e per via inalatoria arriva ad altri animali. Quando si trova nell’ambiente esterno utilizza substrati organici acidi (acetato e proprionato) delle feci come fonte di nutrimento. La carica di R. equi aumenta nell’ambiente in cui vengono allevati cavalli in relazione: 1. numerosità degli animali (continuo apporto dei microrganismi e di nutrienti); 2. temperatura (aumenta nel periodo primavera estate optimum intorno ai 30°C); 3. numero di anni dell’allevamento (discreta resistenza); 4. tipologia del terreno (pH). La presenza della malattia in un allevamento non è associata al numero dei microrganismi, ma al tipo; esistono infatti: ceppi patogeni (plasmide Vap A +) e ceppi apatogeni (plasmide Vap A -). In quasi tutti gli allevamenti è possibile isolare R. equi, ma solo in alcuni la malattia è endemica. In altri è sporadica o assente. Questo dipende da: 1. attività manageriali (pulizia, separazione animali); 2. ambiente (T, umidità, vento, terreno, stagione); 3. stato immunitario del soggetto; 4. virulenza del ceppo (Vap A+ necessario, ma non sufficiente). Il puledro viene a contatto con il microrganismo per via: 1. inalatoria → via d’infezione principale; 2. orale → infezione autolimitante. Patogenesi Una volta entrato nell’ospite il MO infetta le cellule della linea monocito-fagocitaria. R. equi, in presenza del C si fissa al recettore macrofagico Mac-1 (recettore del C RC3) e viene fagocitato. Dopo un periodo di latenza, si replica all’interno dei vacuoli dei macrofagi. Impedisce inoltre la fusione fagolisosoma e causa la degranulazione aspecifica dei lisosomi con conseguente danno ai tessuti dell’ospite. Non tutti i ceppi di R. equi sono patogeni ed esistono diversi fattori di virulenza che possono essere implicati nella patogenicità del batterio: 1. capsula polisaccaridica → Inibisce la fagocitosi; gli antigeni capsulari sono eterogenei e si hanno quindi diversi sierotipi (zona di isolamento del ceppo; non correlato alla patogenicità del ceppo); 2. fosfolipasi C e esoenzima colesterolo ossidasi (equi factor) → ha ruolo patogenetico non ben noto, ma influisce sulla stabilità delle membrane lisosomiali e cellulari. Si ritiene che contribuisca a causare la degranulazione aspecifica e la distruzione dei macrofagi; è presente sia nei ceppi virulenti che a virulenti; 3. acidi micolici e glicolipidi della parete cellulare → sono il componente principale della parete del batterio e sono responsabili della formazione dei granulomi (catena carbossilica + lunga → + granulomi); 4. proteine correlate alla virulenza→ vengono codificate dai geni (vap) presenti in un plasmide di 80-90 Kb (plasmide associato alla virulenza) posseduto solo da alcuni ceppi batterici; solo i ceppi con il plasmide sono patogeni. Gli altri ceppi batteri vengono fagocitati e distrutti dai macrofagi. 16 Inizialmente si è individuata solo una proteina correlata alla virulenza (lipoproteina di superficie di 17-20 KDa) definita VapA. Si era potuto osservare che ceppi privati di questa proteina perdevano la loro patogenicità, ma inserendo tale proteina in ceppi non patogeni, questi non causavano la malattia. La VapA è quindi necessaria, ma non sufficiente perché si sviluppi la malattia. Ceppi patogeni - Vap A → Ceppi apatogeni Ceppi apatogeni + Vap A → Ceppi apatogeni In seguito, con l’analisi della struttura genetica del plasmide, si sono individuati altri 6 geni, con strette analogie con il gene vapA, codificanti per altrettante proteine (VapC-VapH). Le proteine Vap C, D ed E hanno un’analogia di almeno il 50% con la VapA. L’espressione di tutte queste proteine è termoregolata. A T inferiori a 30°C le proteine non sono prodotte (compatibile con il presunto ruolo patogeno) La VapB (20 KDa) è caratteristica dei ceppi (a bassa virulenza) che causano malattia nelle persone immunocompromesse. Il meccanismo con cui queste proteine agiscono non è ancora noto, ma sono altamente immunogene e gli anticorpi prodotti potrebbero avere un ruolo nella protezione dalla malattia. Immunità umorale Solo gli animali con un sistema immunitario immaturo sviluppano malattia, che si manifesta nei puledri nel momento in cui calano gli Ab materni, e prima che vi sia la possibilità di una risposta attiva da parte dell’animale. Gli Ab agiscono nella prima fase post infezione, prima che i batteri entrino nella cellula Immunità cellulomediata Fondamentale per l’eliminazione dei batteri intracellulari. I linfociti T agiscono sulle cellule infette che presentano l’antigene tramite il sistema MHC-I, con azione citotossica. Inoltre producono le citochine necessarie per una risposta integrata e completa. CD8+ (LTc) → effetto citotossico CD4+ (LTh) → produzione di interleuchine Fra i LT helper si distinguono 2 sottogruppi: 1. LTh-1 → promuovono l’eliminazione di R. equi; producono diverse citochine tra cui: a. interferone γ (INF-γ) → è il principale fattore di attivazione macrofagica, stimola la fusione fagolisosoma e incrementa l’espressione dei recettori per il complemento (Fc); b. interleuchina 2 (IL-2); c. tumor necrosis factor β (TNF-β). I meccanismi protettivi cellulo-mediati dei LTh-1 possono essere potenziati dall’IL-2 e dal TNF-α; 2. LTh-2 → promuovono lo sviluppo delle lesioni; producono IL-4, IL-5 e IL-10. L’ IL-4 e un induttore della risposta Th-2, mentre l’IL-10 deprime l’attività macrofagica. L’IL-12 al contrario è un induttore precoce della risposta Th-1 e può essere usato a scopo terapeutico, come è già stato fatto nelle persone immunodepresse. I meccanismi protettivi cellulo-mediati dei LTh-1 possono essere potenziati dall’IL-2 e dal TNF-α. Il bilancio tra la risposta dei LTh-1 e dei LTh-2 determina l’esito e l’abilità dell’ospite infettato di controllare i patogeni intracellulari e questo effetto è mediato dalle rispettive linfochine prodotte, che influenzano la capacità battericida delle cellule fagocitarie mononucleate. Sintomatologia Solitamente la rodococcosi equina si manifesta nei puledri come polmonite piogranulomatosa cronica, con formazione di voluminosi ascessi disseminati nel parenchima polmonare, e linfoadenite suppurativa. La polmonite, solitamente, viene rilevata dall’allevatore e dal veterinario di azienda come acuta, in quanto, dopo l’infezione, i puledri continuano a poppare il latte, presentano un bel pelo e possono manifestare solo un lieve rialzo febbrile. La sintomatologia polmonare si manifesta solo negli stadi avanzati della malattia. Forma acuta rara: presente solo in una piccola percentuale di soggetti ed è estremamente grave: febbre alta, dolori respiratori, senza una precedente storia di patologia respiratoria, morte entro alcuni giorni. Nella forma cronica si ha Anoressia (perdita di peso negli stadi avanzati), lieve letargia, febbre (38,8°-40,0°C, superiore a 41,5°C), tachipnea (ipossiemia e ipercapnia), intensificazione degli sforzi respiratori (dilatazione delle narici, respiro dicroto), tosse, scolo nasale bilaterale. All’Auscultazione del torace: rantoli umidi, sibili, crepitii inspiratori e/o espiratori in corrispondenza delle aree colpite, localizzate soprattutto cranio ventralmente, riduzione della fonesi nelle aree dove sono presenti formazioni ascessuali, epatizzazioni polmonari o versamenti pleurici. Alla percussione del torace: consolidamento polmonare, formazioni ascessuali, versamenti pleurici 17 Anatomia patologica La forma acuta si presenta con una polmonite miliare diffusa pio granulomatosa ed esteso coinvolgimento polmonare prima della comparsa dei segni clinici. La forma cronica si presenta con una polmonite granulomatosa con: numero variabile di granulomi caseosi o non, distribuiti casualmente nei polmoni di dimensioni variabili e calcificazione. Lesioni istologiche precoci: 1. spazi intralveolari → notevole infiltrazione di macrofagi e di cellule giganti polinucleate, pochi neutrofili; 2. batteri morfologicamente intatti → nei macrofagi, nelle cellule giganti, no in cellule epiteliali polmonari. Lesioni istologiche tardive: necrosi e distruzione del parenchima polmonare, macrofagi colmi di germi che vanno incontro a degenerazione, da cellule giganti, plasmacellule, linfociti, neutrofili. Esame microscopico dei granulomi polmonari: centro di tessuto necrotico, bordo di macrofagi e cellule giganti, strato più esterno di tessuto connettivo infiltrato di linfociti e plasmacellule. Altri sintomi Si possono avere sintomi: enterici, polisinovite asettica, artrite e osteomielite settica, uveite, pan oftalmite, nefrite, ascessi epatici e renali, porpora emorragica. Diagnosi 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Si basa su: dati anamnestici; presenza di diversi puledri colpiti; condizioni ambientali; esame clinico; esami clinici di laboratorio; tecniche diagnostiche d’immagine; test sierologici; esami citologici-colturali; esame post-mortem. Terapia È un patogeno intracellulare quindi occorre un farmaco ad alta diffusione. Terapia d’elezione: 1. Eritromicina: 25mg/kg (per OS-IV); 2. Rifampicina: 5 mg/kg (per OS-IV). Sono somministrate in associazione per -8 settimane. Sono Liposolubili: Alte concentrazioni in fagociti, in tessuto e secrezioni polmononari. Infezioni polimicrobiche: + sulfamidico-trimethoprim, 15 mg/kg b.i.d per via endovenosa. In caso di effetti collaterali e di sviluppo di resistenze si possono usare: penicillina G, doxiciclina, lincomicina, neomicina, streptomicina, vancomicina, amicacina e gentamicina. Associare terapia di supporto: fluidi per idratazione, antinfiammatori non steroidei (abbassano la febbre, aumentano l’appetito), buona alimentazione, somministrazione di ossigeno e broncodilatatori; miglioramento condizioni ambientali Prognosi Dipende dalla terapia effettuata e dalla tempestività del trattamento. Rifampicina e eritromicina danno buoni risultati: guarigione di quasi tutti gli animali. Riduzione delle performance atletiche. Profilassi 1. 2. 3. 4. Prevenzione della malattia: management appropriato; igiene rigorosa; isolamento degli animali malati; immunizzazione passiva o attiva dei puledri. Metodi di screening per diagnosticare precocemente l’infezione nei puledri che non hanno segni clinici. Trattamento antibiotico dei puledri malati. 18 Arterite virale equina AVE 1. 2. 3. 4. 5. 1. 2. 3. Malattia virale contagiosa del cavallo, febbrile, a decorso subclinico caratterizzata da vasculite generalizzata sintomatologia respiratoria edemi sottocutanei petecchie emorragiche aborto → rappresenta la conseguenza più grave Incidenza in aumento come conseguenza di: aumentato spostamento dei cavalli, specie nel caso di animali che siano destinati alle corse progressivo diffondersi della FA miglioramento della tecnica diagnostica Storia Fine 19° secolo: evidenziata per la prima volta e denominata: congiuntivite epizootica, influenza equina, febbre tifoide. 1953: classificazione dell’AVE come malattia virale, nell’ambito delle malattie influenzali abortigene; primo importante focolaio (in trottatori; Bucyrus, OHIO). 1957: isolamento del virus da feti abortiti nel focolaio di Bucyrus, riproduzione sperimentale della malattia. 1970: inserimento nel RPV, insieme a rinopolmonite, parainfluenza, rinite enzootica. 1984: importante epidemia in purosangue (Kentucky). 1994: Piano Nazionale di controllo (Italia). Eziologia Famiglia Arteriviridae (recente creazione), Genere: Arterivirus (PRRSV). È un virus a RNA ss (+), provvisto di envelope, a forma sferica e simmetria icosaedrica, 50-70 nm che presenta proiezioni esterne (12-15 nm). Gli arterivirus hanno struttura simile ai Togavirus e organizzazione genomica e modalità replicative simili ai Coronavirus. Gli antigeni virali maggiori sono le proteine GL e N. Esiste un solo sierotipo, però i diversi ceppi isolati mostrano differenti gradi di virulenza. Spettro d’ ospite: 1. in vivo equidi: cavallo, asino, mulo, zebra (forse); i purosangue risultano essere meno sensibili; 2. in vitro cellule primarie di derma o rene di cavallo; CPE: arrotondamento cellulare, vacuoli citoplasmatici, picnosi e carioressi, distacco dal monostrato. Dopo adattamento coltivabile su RK-13, BHK-21, Vero. Il virus resiste per anni (oltre 5) a -20°C in campioni di organi infetti e per più di 4 mesi in seme conservato in azoto liquido; è inattivato rapidamente a 56°C. Molto sensibile all’azione di etere, cloroformio, altri solventi dei lipidi e detergenti; è sensibile agli UV, NaOH 2%, pH acidi. Epidemiologia Infezione ubiquitaria, con prevalenze che variano in base all’area geografica, all’età (aumento), alla razza e alla tipologia di allevamento. I focolai di malattia sono relativamente pochi, con forme subcliniche (molto frequenti) e/o mancata diagnosi. L’aumento del numero di focolai segnalati negli ultimi anni può essere dovuto a: 1. effettiva maggiore esposizione (aumentata movimentazione animale); 2. aumento dell’impiego della FA; 3. maggiore conoscenza della malattia e conseguente; 4. impiego di metodi diagnostici sempre più validi; 5. applicazione di piani di sorveglianza (Italia, Francia, Germania, UK, Irlanda). 19 Modalità di trasmissione La trasmissione può avvenire per: 1. aerosol → secrezioni apparato respiratorio o urina (anche da soggetti provvisti di anticorpi; danni renali da immunocomplessi); 2. via venerea 3. liquido seminale → fresco, refrigerato, congelato; 4. transplacentare; 5. iatrogena (veterinario, personale di stalla) → scarsa importanza. Gli animali in fase acuta eliminano il virus con: secrezioni naso-faringee, liquido lacrimale, feci, urina, secrezioni vaginali, sangue, aborto, placenta e liquido amniotico, seme; in ogni caso si forma un aerosol infetto che porterà a un’infezione per via respiratoria (la trasmissione indiretta ha scarsa rilevanza). La trasmissione venerea avviene tramite il seme di stalloni eliminatori. NON è stata dimostrata la trasmissione dell’infezione dalla cavalla allo stallone per via sessuale. La maggior parte degli stalloni infetti elimina il virus con il seme; percentuali variabili (35% - 63%) di stalloni infetti diventano portatori: 1. a breve termine (eliminatori per 2 - 5 settimane); 2. cronici (eliminatori per anni o a vita); 3. intermedi (eliminatori per 3 - 8 mesi - la durata del riposo sessuale sembra essere un fattore importante). I portatori eliminano il virus solo attraverso il seme La cavalla infetta può abortire (momento dell’infezione e ceppo virale sono fattori importanti) oppure generare un puledro con infezione congenita (specie se l’infezione transplacentare avviene nell’ultimo periodo di gravidanza). La cavalla infetta non diventa portatrice cronica. Patogenesi 1. 2. 3. 4. 5. 6. Il virus viene eliminato con: secrezioni nasali (fase acuta della malattia); urine (persistenza a livello renale); feci; secrezioni vaginali ed uterine; feti abortiti; seme, nel quale viene riscontrato ad alto titolo, comportando per questo motivo una probabilità di contagio stimata tra l’85 e il 100%. Oltre alla forma acuta della malattia è possibile anche lo sviluppo di una forma asintomatica o paucisintomatica. Il 30% degli stalloni sieropositivi risultano essere portatori e per molti anni trasmettono l’infezione attraverso il coito. Penetrazione per via inalatoria → linfonodi regionali → macrofagi alveolari (replicazione) → bronchi → disseminazione in tutto l’organismo, tranne che nel SNC (viremia dal 3° gg p.i.: il virus si presenta in forma libera o all’ interno dei macrofagi). I siti principali di replicazione sono i macrofagi e le cellule endoteliali. I siti secondari sono le cellule della tunica media, epitelio e mesotelio di vari organi (reni, surrenali, tiroide, fegato, tubuli seminiferi); in arteriole e venule vi è coinvolgimento del solo endotelio con lesioni acute rapidamente rigenerate. Nelle arterie medie c’è il coinvolgimento della tunica muscolare, infiltrazione infiammatoria e riduzione del lume; la regressione è lenta (settimane). Negli stalloni il virus replica nel tratto genitale. La lesione di base è una panvasculite (in particolare a livello di tunica media delle piccole arterie), poi necrosi dei vasi, edemi, emorragie, infarti (intestino e polmoni). I danni vascolari sono rappresentati da: 1. vasculite generalizzata; 2. aumento della permeabilità vasale; 3. la localizzazione del virus a livello della tunica media delle arterie medie comporta un aumento dello spessore della parete dei vasi e conseguentemente scompensi circolatori; 4. le lesioni alle arterie medie tendono a cronicizzare. In seguito a localizzazione renale si ha glomerulonefrite da immunocomplessi, accompagnata da persistenza del virus per molto tempo. La patogenesi dell’infezione per via venerea è poco conosciuta. L’aborto viene imputato a 2 diversi meccanismi (non escludentesi): 1. infezione fetale letale; 2. lesioni uterine (endo- e miometrite con edema) → distacco della placenta → anossia fetale → espulsione. Il virus viene isolato da placenta e tessuti fetali. Edemi, emorragie a livello polmonare, pleurico, peritoneale e intestinale, possono essere osservati nel feto. Meno frequentemente vasculite a livello di vari organi (placenta, fegato, milza, polmoni, miocardio, encefalo). 20 Sintomatologia La sintomatologia è molto variabile in funzione di: 1. ceppo virale; 2. dose infettante; 3. via di infezione; 4. età; 5. sesso; 6. stato generale dell’ospite; 7. condizioni di allevamento. I sintomi compaiono in una modesta proporzione dei soggetti infetti. L’incubazione è di 3 - 14 gg. Forma acuta: 1. febbre (41°c) e leucopenia, anoressia, depressione; 2. edemi: arti, addome, scroto, prepuzio ghiandole mammarie, palpebre; 3. congiuntivite, scolo oculo-nasale, lacrimazione, fotofobia; 4. congestione della mucosa nasale, rinite catarrale; 5. polipnea, orticaria, ittero; 6. opacità corneale, tosse, diarrea, debolezza (meno frequentemente). La letalità è piuttosto variabile (più elevata nei puledri: polmonite interstiziale). L’aborto (<10% - >50% delle giumente infette) si verifica senza segni premonitori, a qualsiasi stadio della gestazione, dal 3° al 10° mese di gestazione, 10 - 35 gg p.i. Nelle cavalle guarite non si osserva ipofertilità. Negli stalloni ci può essere un periodo (3-4 mesi) di ipofertilità, dovuta a ridotta produzione di spermi normali a causa dell’ipertermia scrotale. Negli stalloni portatori non si osservano effetti sulla qualità del seme a lungo termine. Anatomia patologica Le lesioni sono molto variabili in estensione e gravità; le tipiche sono costituite da congestione, edema ed emorragie del sottocute, dei linfonodi, degli organi interni. Si presentano più pronunciate nei tessuti intorno alle piccole arterie (vasculite). L’apparato linfatico è il primo ad essere interessato (in particolare linfonodi peribronchiali, meseraici, colici, ciecali, cervicali). Nell’intestino tenue c’è edema segmentato con costrizione del lume ed arrossamento della mucosa; nel grosso intestino (cieco e colon), edema che coinvolge tutto lo spessore della parete, emorragie e necrosi che si possono estendere per tutta la lunghezza. Possono comparire quadri di polmonite inerstiziale, ben visibili a livello dei setti interlobulari; in genere è presente versamento pleurico. Lesioni edematoso-emorragico, anche lungo il decorso delle arterie, in particolare di quelle meseraiche. Edema ed emorragie anche nel sottocute, in particolare a livello ventrale, prepuziale, scrotale, parti distali degli arti. Alterazioni di tipo degenerativo (ridotto apporto sanguigno da vasculite) a livello renale, epatico, miocardico. Edema con infarcimenti emorragici alla milza. Comune è la necrosi della ghiandola surrenale; glomerulonefrite protratta (20 gg. p.i.) con eliminazione del virus attraverso le urine. Istologicamente: arterite necrotica diffusa con edema, emorragie e trombi in molti tessuti, e piccoli infarti nel polmone ed intestino. 1. primarie: a. grandi quantità di liquido nelle cavità; b. linfonodi aumentati di volume; c. edema lungo i vasi del cieco/colon; 2. terminali: a. edema sottocutaneo; b. versamenti cavitari; c. edema / emorragie linfonodi; d. infarti emorragici cieco/colon; e. emorragie surrenali; 3. croniche: a. macroscopiche lievi: aumento volume dei linfonodi e versamenti splancnici; b. microscopiche gravi: arterite arterite necrotica e glomerulo nefrite grave. Immunità Ab neutralizzanti compaiono circa 7 gg p.i., cioè all’inizio della scomparsa della viremia. Gli Ab persistono per anni, proteggendo dalla malattia, non dalla reinfezione. Il puledro acquisisce dalla madre immune, attraverso il colostro, un’immunità in grado di proteggerlo dalla malattia per 2 - 6 mesi. Poco conosciuto il ruolo della immunità cellulomediata. 21 Diagnosi Anamnestica: movimentazione animali, sintomatologia, aborto. Diagnosi differenziale su base clinica: virosi respiratorie (herpes-, adeno-, rhino-virus, influenza); anemia infettiva; peste equina; Streptococcus equi; Rhodococcus equi; leptospirosi; morbo coitale maligno, malnutrizione, orticaria ... Non esisteno sintomi patognomonici. Diretta L’isolamento virale è possibile a partire da muco naso-faringeo e congiuntivale (tamponi), seme, sangue eparinizzato, tessuti di animali morti, feti abortiti, placenta. I campioni devono pervenire al laboratorio entro 24h se conservati a +4°C, per tempi più lunghi consigliati 20°C. L’isolamento virale si fa con 2 - 4 passaggi (± 4 sett) su cellule RK-13; CPE: arrotondamento, vacuolizzazione, aumento densità ottica. Conferma con SN. RT-PCR da campioni di seme utilizzabile per l’identificazione degli animali portatori. Indiretta SN (cellule RK-13, ceppo Bucyrus; l’aggiunta di complemento aumenta la sensibilità), FdC (per infezioni recenti), ELISA. La sierologia non permette di distinguere animali infetti da vaccinati. Nella diagnosi sierologica si valuta la sieroconversione, anche se è necessario tener presente che gli stalloni sieropositivi possono essere eliminatori durevoli. Prova dell’accoppiamento. Profilassi Eliminazione degli stalloni sieropositivi, o valutazione dell’eliminazione virale. Gli stalloni escretori possono essere utilizzati con giumente vaccinate (non in Italia), a condizione che esse rimangono poi isolate dal resto del branco. Giumente sieropositive possono essere utilizzate con stalloni vaccinati o sieropositivi. L’immunizzazione è possibile con l’utilizzo di vaccini vivi attenuati o spenti (vietati in Italia). È in atto un piano di controllo che si basa su di un esame sierologico degli stalloni da effettuarsi prima della stagione riproduttiva. L’introduzione di animali in gruppi indenni deve essere preceduta da isolamento e controllo sierologico (a 1 e 15 gg). Impiego di seme di stalloni riconosciuti non eliminatori nella monta naturale o nella FA. Gli stalloni eliminatori possono eventualmente inseminare cavalle immuni. Piano Nazionale di controllo (O.M. 13.1.94) Art. 1 Censimento annuale degli equidi maschi interi >2 anni entro il 31/08. Tutti i riproduttori maschi testati sierologicamente da 1/09 al 31/12. Controlli sierologici sulla restante popolazione secondo piani regionali. Divieto di detenere maschi non autorizzati nelle stazioni di monta. Art. 2 Maschi sieronegativi possono essere destinati a monta/FA. Art. 3 Maschi siero+ (divieto di monta): ricerca virus (PCR su 3 prelievi a distanza di 10 – 15 gg). NO eliminatori: autorizzazione alla monta. SI eliminatori esclusi dalla monta. Art. 4: animali eliminatori Isolamento in locali diversi dagli animali recettivi; revoca dell’isolamento solo per macellazione o castrazione. Possibile ripetere la prova entro 1 anno. Deroga per stalloni eliminatori di particolare pregio: previoparere UNIRE, possono essere impiegati nella riproduzione (escluso sperma congelato), a condizioni particolari, volte a impedire la diffusione virale. Le fattrici inseminate da questi stalloni non possono accoppiarsi con altri stalloni non eliminatori nella stessa stagione di monta. Nel corso dell’anno sono sottoposte a vigilanza veterinaria e possono essere spostate solo previa autorizzazione del Servizio Veterinario, che ne informa la AUSL di destinazione. Allevamento, stazione di monta, centro inseminazione artificiale o di produzione di sperma indenne: 1. nessun sintomo clinico negli ultimi 6 mesi; 2. tutti gli equidi > 6 mesi sono risultati negativi a 2 prove SN, distanziate di 40 gg e poi 1 volta all’anno; 3. introduzione di animali da altri allevamenti o impianti indenni o da altri allevamenti o impianti non sottoposti a misure di polizia per AVE. In quest’ultimo caso i soggetti devono essere negativi a 2 prove di SN (1a non oltre 15 gg prima dell’introduzione; 2a dopo 40 gg dalla introduzione). 22 ANNO 1992 1993 1994 1995 1996 Negativi 522 444 671 550 49 Positivi 136 88 152 108 8 % 21 17 18 16 14 Positivi 68 49 16 28 % 13 15 14 82 Positività per AVE in Abruzzo e Molise (Giovannini et al., 1998) USO Agricolo Diporto Purosangue Trottatore SESSO F M Castrati Negativi 436 279 97 6 Negativi 322 699 9 Positivi 77 125 5 % 19 15 36 Percentuali di gravidanza in cavalle inseminate da stallone eliminatore di virus. 23 Infezione da Herpesvirus degli equidi – EHV1, EHV4 Gli Herpes virus provocano una malattia infettiva altamente contagiosa, tipica del cavallo e caratterizzata da: 1. Rinopolmonite (EHV1 – EHV4) 2. Aborto (EHV1) 3. Encefalite (EHV1) È una patologia identificata per la prima volta nel 1930 nel nord America, diffusasi successivamente anche in Europa. Interessa primitivamente l’apparato respiratorio e, solo secondariamente, l’apparato genitale, causando, in questo caso, l’aborto. Occasionalmente la malattia assume l’andamento di una forma nervosa determinando casi di paralisi. Fino al 1981 EHV1 e EHV4 erano considerati un unico virus (EHV1), noto come virus della rinopolmonite equina o virus dell’aborto equino. I 2 virus sono distinti, ma esistono grandi analogie genetiche e antigeniche; la similitudine può andare dal 58 al 89% e risulta maggiore a livello delle glicoproteine superficiali. L’infezione naturale o immunizzazione con EHV4 conferisce buona immunità nei confronti sia di EHV4 che di EHV1, ma non è pienamente vero il contrario cioè l’immunità verso EHV1 non è pienamente efficace nei confronti di EHV4. Epidemiologia Le specie recettive sono cavallo e mulo. È una malattia altamente contagiosa e l’infezione una volta penetrata in allevamento, si diffonde rapidamente colpendo tutti i soggetti recettivi, trasmettendosi per via inalatoria. In alcuni casi, meno importanti, l’infezione può essere assunta anche per via digerente tramite alimenti contaminati. Ha diffusione ubiquitaria. Sono a maggior rischio di infezione i soggetti fra lo svezzamento e i 2 -3 anni. L’infezione è subclinica, talvolta però si verificano focolai con sintomi respiratori anche gravi, con possibili episodi di aborto o forme nervose. Infezioni persistenti, con stato di latenza (a livello di neuroni sensori dei gangli del trigemino e linfociti T in linfonodi bronchiali e retrofaringei) del virus e possibile riattivazione (circa 50% dei soggetti sono portatori latenti) La riattivazione dell’infezione latente è favorita da: 1. interventi chirurgici; 2. parto; 3. lattazione; 4. svezzamento; 5. trasporto prolungato; 6. mutamento gruppo; 7. clima. EHV1 è responsabile della malattia respiratoria (rinopolmonite), di aborto ed encefalite; EHV4 è responsabile della malattia respiratoria. La malattia respiratoria è ampiamente diffusa fra i giovani, con maggiore incidenza nei mesi freddi dopo la formazione di gruppi di giovani puledri svezzati. Il contagio diretto è favorito dallo stretto contatto a cui spesso i puledri vanno in contro, specie nell’ambito di fiere e mercati. Il mantenimento dell’infezione è assicurato dalla riattivazione dell’infezione latente, o dalla possibilità di reinfezioni successive. Diffusione e gravità dell’infezione sono condizionate da: 1. densità; 2. mescolamento di capi di diverse provenienze; 3. carica parassitaria; 4. patologie concomitanti; 5. stato immunitario; 6. stato di nutrizione; 7. clima; 8. stipite virale. 24 Eziologia Famiglia Herpesviridae, Sottofamiglia Alphaherpesvirinae, Genere Varicellovirus. presenza di envelope Provocano la rapida distruzione delle cellule in coltura; latenza nel sistema nervoso. I caratteri generali sono quelli degli herpesvirus. Dimensioni Simmetria del capside Capsomeri Envelope lipidico Sensibilità all’etere e cloroformio Biosintesi virale Acido nucleico Sede assemblaggio delle particelle virali Inclusioni Antigeni comuni di famiglia 100-200 nm icosaedrica 162, 9,5 x 12,5 A presente è inattivata l’infettività virale nucleo DNA a doppio filamento nucleo intranucleari, eosinofile nucleo Sono sensibili a solventi, disinfettanti comuni, enzimi proteolitici, UV, pH compresi tra 4 e 10, e vengono inattivati in 10’ a 50°C. Lo spettro d’ospite in vivo riguarda gli equidi, ma EHV1 causa anche encefalite nel topo se inoculato per via cerebrale, risultato che non è invece possibile ottenere con EHV4. Lo spettro d’ospite in vitro risulta invece dato da substrati omologhi; CPE con sincizi e inclusi nucleari tipo A. Gli Herpesvirus equini sono di 9 tipi: 1, 3 e 4 sono di importanza veterinaria. Tipo EHV-1 EHV- 4 EHV-3 Nome Aborto virale equino Rinopolmonite Esantema coitale Sintomi Respiratori, encefalite, aborto Respiratori Lesioni genitali Rinopolmonite - patogenesi Penetrazione per via respiratoria (naso-faringe, trachea), replicazione nella mucosa delle prime vie respiratorie e Propagazione ai linfonodi regionali, dove rimane confinato negli animali adulti, mentre tende a diffondersi nelle vie respiratorie profonde negli animali giovani. Nei giovani, dopo la prima replicazione, si ha viremia con localizzazione del virus ai bronchi e al parenchima polmonare: edema e di infiltrazione fibrinosa a carico dell’interstizio. EHV1 - patogenesi Quando l’infezione (EHV1) colpisce la giumenta gravida, il virus veicolato dai macrofagi giunge a livello della placenta dove replica attivamente invadendo successivamente anche il feto, causandone l’espulsione; anche nel caso di giumente immuni a seguito di una pregressa infezione si possono avere fenomeni abortigeni ma non sarà possibile isolare il virus dal feto, perché l’aborto sarà conseguente ad una alterazione delle cellule dell’endometrio (ischemia da immunocomplessi). Altra possibile localizzazione secondaria del virus è rappresentata dal SNC successivamente comunque ad una localizzazione primaria alle vie respiratorie. EHV1, EHV4 - patogenesi EHV4 provoca infezione localizzata, coinvolgendo in fase acuta solo i linfonodi regionali. EHV1 attraversa gli endoteli vasali del nasofaringe e del polmone; la viremia risulta associata ai leucociti circolanti. Come tutti gli herpervirus è in grado di dare infezione latente (ganglio del trigemino e nei leucociti circolanti). La riattivazione è possibile in seguito a stress (svezzamento, castrazione) o alla somministrazione di corticosteroidi ad alte dosi per periodi prolungati. L’Eliminazione del virus è per via respiratoria (EHV1, EHV4) o tramite aborto (EHV1). Anche contatti indiretti (uomo, utensili, strumenti veterinari ecc…) possono essere responsabili della trasmissione del virus. EHV1, EHV4 - sintomatologia Il sintomo prevalente è lo scolo nasale, che evolve da sieroso a muco-purulento in relazione ad eventuali superinfezioni batteriche. Talvolta sono presenti sintomi da coinvolgimento respiratorio più profondo: tosse, difficoltà respiratoria. Possono essere presenti linfoadenopatia sottomandibolare, congiuntivite con scolo oculare, anoressia. Rinopolmonite - sintomatologia Il periodo di incubazione, negli animali giovani, è breve (2-3 gg). La Forma acuta deccorre con Febbre (40°C difasica con EHV1, 2° picco concomitante alla viremia), rinofaringite e tracheobronchite, scolo nasale sieroso, successivamente mucopurulento, tosse, iperemia e congestione delle mucose nasale e congiuntivale, anoressia, aumento del volume dei linfonodi regionali (intermandibolari); nei soggetti giovani può facilmente comparire anche polmonite. La Guarigione avviene in 7-10 giorni e la letalità è bassa negli adulti, ma può raggiungere anche il 100% nei giovani. 25 Negli adulti, la patologia respiratoria si comporta semplicemente come un’infezione inapparente, fatta eccezione per la febbre. L’immunità è di breve durata, specie nel caso di infezione con EHV4, mentre risulta essere leggermente più prolungata nel caso di infezione da EHV1. Le lesioni tipiche consistono in iperemia, ulcerazioni e necrosi della mucosa delle prime vie respiratorie, polmonite a focolai. EHV1 - sintomatologia Stipiti ipervirulenti di EHV1 possono causare sequele più gravi: 1. aborto → in genere tardivo (ultimi 4 mesi) successivo (poche settimane – diversi mesi) a infezione respiratoria anche asintomatica della madre come conseguenza dell’invasione del feto da parte del virus. Il feto presenta lesioni diffuse, emorragie petecchiali a carico delle membrane mucose, edema sottocutaneo, versamento pleurico, ingrossamento splenico, foci necrotici epatici, splenici; 2. mortalità neonatale → l’infezione del feto nell’ultima fase di gravidanza può portare alla nascita di un puledro già malato o che sviluppa sintomi pochi gg dopo la nascita. Il puledro si presenta debole, letargico, non assume latte, gravi difficoltà respiratorie, anossia, linfopenia. La morte è precoce (entro 1-3 gg di vita) e frequente, in conseguenza di lesioni in vari parenchimi (fegato, polmone e sistema linfatico); 3. mieloencefalite → all’infezione respiratoria può fare seguito (6-10 gg) sintomatologia nervosa, derivante da vasculite trombo-ischemica nel SNC. La manifestazione clinica più frequente è atassia e paralisi del treno posteriore; avremo quindi comparsa di turbe della deambulazione, paralisi degli arti posteriori, traumi nel tentativo di rialzarsi, morte per complicazioni circolatorie e respiratorie; se l’animale va a terra per oltre 2 gg, generalmente la prognosi è infausta. L’ incidenza è sporadica. Sono caratteristiche emorragie puntiformi a carico delle meningi, del parenchima cerebrale e spinale; compaiono inoltre lesioni conseguenti a vasculite, trombosi ed ischemie in aree circoscritte dell’encefalo e del midollo spinale, anche se il virus non sembra essere neurotropo (no CI a livello dei neuroni. La presenza di ischemie a livello dell’encefalo è probabilmente legata ad una patologia da immunocomplessi; 4. polmonite → una vasculite multisistemica, in particolare a carico del polmone, può causare una forma respiratoria acuta, con decorso rapido, con esito frequentemente letale; 5. congiuntivite → causata da ceppi di EHV1 ad alta virulenza, successiva all’infezione respiratoria. Si presenta con uveite, corio-retinite e nei casi più gravi cecità come conseguenza di distruzione della cornea. Questa forma è più frequente in puledri, nel corso di focolai di forme neurologiche EHV1, EHV4 - profilassi diretta La profilassi prevede la separazione dei cavalli in gruppi stabili e segregati, evitare lo stress, misure quarantenarie (21 gg) ed il controllo dei contatti diretti e indiretti EHV1, EHV4 - profilassi indiretta Vaccini spenti (EHV1 + EHV4), associati a vaccini anti-influenza, IM. Lo schema vaccinale prevede a 5-6 mesi la prima vaccinazione, il richiamo dopo circa 4 settimane e poi richiami semestrali. È raccomandabile la vaccinazione delle cavalle gravide con 3 interventi: al 5°, al 7° e 9° mese di gestazione (anche se risulta difficile controllare l’efficacia nei confronti dell’aborto). La vaccinazione non previene forme nervose (da EHV1), attenua le forme respiratorie e la durata e il titolo dell’escrezione virale. La vaccinazione non previene l’instaurarsi di latenza. 1. 2. 3. 4. 5. 6. Nei focolai si effettua: isolamento dei cavalli con sintomi (separazione fisica, personale, strumenti, lettiera…); isolamento soggetti in contatto con i capi che presentano sintomatologia; booster vaccinale agli altri animali; restrizione movimentazione (da e in); disinfezioni (iodofori o composti fenolici); misure sospese dopo 21 gg dall’ultimo caso. 26 Rinopolmonite - terapia Si effettua terapia di supporto e antibiotici (evitare infezioni secondarie batteriche) nelle forme respiratorie. EHV1, EHV4 – diagnosi Clinica Non è possibile la differenziazione clinica della forma respiratoria sostenuta dai due tipi 1 e 4. Diretta Si fa tramite isolamento del virus da tamponi nasali (scolo ancora sieroso, all’inizio della sua comparsa), sangue (3-4 giorni dalla comparsa dello scolo), feti abortiti (polmone, milza, fegato, timo, rene); si effettua l’inoculazione su monostrato cellulare, osservazione CPE, identificazione e tipizzazione con ELISA Mab; PCR (permette la differenziazione). Indiretta I risultati vanno interpretati in funzione dello stato vaccinale. Si effettua un doppio prelievo (innalzamento titolo 4x): ELISA IgM, FdC, SN. Le prove sierologiche non sono applicabili alle forme abortigene, poiché l’aborto normalmente segue la fase di convalescenza di una infezione respiratoria e non si arriva pertanto ad avere siero conversione. Nonostante siano presenti Ab, anche con titoli abbastanza elevati, questi non proteggono dall’aborto, anche qualora derivino da EHV1. È molto importante l’immunità cellulo-mediata che viene normalmente depressa nell’ultimo trimestre di gravidanza. Influenza equina I virus del sottotipo H3N8 (A/equine2/Miami/63/H3N8) sono quelli circolanti attualmente, con diverse varianti, frutto di drift antigenico (ma anche di shift antigenico, in seguito a ricombinazione con virus aviari, epidemia in Cina 1989 – 1990); il sottotipo H7N7 è raro (centro Europa; A/equine1/Prague/56/H7N7). La distribuzione è mondiale (no Australia, Nuova Zelanda, Islanda). Trasmissione La trasmissione diretta avviene attraverso aerosol infetto e l’eliminazione virale può durare oltre una settimana; i soggetti infetti sani possono essere eliminatori. La trasmissione indiretta avviene attraverso persone, strumenti, veicoli …, anche a lunga distanza. Patogenesi L’inalazione del virus, sia con trasmissione diretta da animali infetti che con l’indiretta, porta alla replicazione nelle cellule epiteliali delle vie respiratorie superiori. Se non ci sono infezioni batteriche secondarie, e quindi nessuna complicazione, la guarigione avviene in 3 settimane. Sintomatologia La sintomatologia è simile a quella di HEV4 e AVE; ci sono sintomi respiratori: tosse secca, scolo nasale sieroso (mucopurulento in caso di infezioni secondarie), dispnea, febbre (39-42°), depressione inappetenza; possibilità di aborto in cavalle in cui la febbre perduri. La mortalità è in genere irrilevante (sottotipo e carica virale, condizioni generali degli animali, immunità). L’incubazione è breve 24-48 h e la guarigione completa avviene in 2-3 settimane. Anatomia patologica La replicazione virale nell’epitelio del tratto respiratorio superiore e profondo provoca infiammazione, erosione, danno ciliare, con possibili infezioni secondarie. Si riscontra laringite, tracheite,bronchite, bronchiolite, polmonite interstiziale, edema alveolare e raramente miocardite. Diagnosi Si effettua su base clinica e epidemiologica. L’isolamento del virus da tamponi nasofaringei è utile per la caratterizzazione virale e la sorveglianza sulla comparsa di nuove varianti virali (drift). Si può fare anche la sierologia (HAI, attenzione allo stato vaccinale). Profilassi La profilassi diretta si basa sul controllo dei contatti diretti e indiretti, l’isolamento dei soggetti sospetti e sulle disinfezioni. Per la profilassi indiretta il regolamento FISE prevede vaccini spenti con virus A1 e A2 nei puledri a 4-6 mesi (a seconda dell’immunità materna), richiami dopo 4 e 10 settimane, poi richiami ogni 6 mesi; nelle cavalle gravide un richiamo a 4-6 settimane prima del parto. I vaccini sono spenti con diversi ceppi A1 (H7N7) e A2 (H3N8), associati con anatossina tetanica (Duvaxyn, Equip FT, Prevacun NNT, Tetagrippiffa) e con EHV1 e EHV4 (Equiffa, Equilis). 27