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SCENARI 2017
Per le banche centrali un anno in trincea
Yellen, Draghi e Carney dovrannofronteggiarele sempre più forti pressioni della politica
SCENARI 2017
Per le banche centrali
un anno in trincea
di Donato Masciandaro
£~\
uali sono le prospettive
1 I delle politiche moneta^ V „ rie nei maggiori Paesi
avanzati per il 2017? C'è una
previsione facile e una difficile.
La previsione facile è che i b anchieri centrali responsa
bili per le tre maggiori
valute - dollaro, euro e
sterlina - saranno in
trincea, sottoposti a
pressioni dapartedeipolitici, che sarebbero state
inconcepibili fino a qualche anno fa. Verrà risparmiata solo la
Banca centrale giapponese, ma
solo perché lì il banchiere centrale sta facendo esattamente
quello che vuole il governo in
di Donato Masciandaro
P
rima del 2008 l'architettura
della politica monetaria sembrava aver trovato un suo stabile equilibrio, iniziato negli anni
Ottanta, e poi consolidatosi nei due decenni seguenti. Il punto di partenza
fondamentale era la constatazione dei
guasti macroeconomici - recessione,
inflazione e inefficienza finanziaria che aveva provocato il fatto che fino a
quel momento la politica monetaria
fosse sotto lo stretto controllo dei governi. Gli esecutivi avevano fatto un
uso politico dell'azione monetaria: la
gestione di moneta e tassi era stata utilizzata come uno strumento di tassazione di redditi e patrimoni. L'obiettivo era quello di risolvere in modo appunto politicamente indolore una serie di squilibri macroeconomici.
Ma l'uso politico sistematico dell'azione monetaria l'aveva resa inefficace. Occorreva una radicale riforma
nelle regole del gioco: la politica monetaria andava gestita da burocrazie
specializzate - le banche centrali - che
dovevano essere messe a distanza di
sicurezza sia dal sistema politico che
carica. La previsione difficile è
dire quali saranno gli effetti, in
termini di stabilità nella dinamica di tassi e valute.
Le ragioni che spiegano la
previsione facile sono semplici, se si mette in chiaro come è profondamente
cambiato negli ultimi
anni lo scacchiere istituzionale in cui si muovono le banche centrali,
e che definiva 0 sistema dei
rapporti tra le tecnocrazie monetarie da un lato, e i politici e la
finanza dall'altro. Lo spartiacque è stata la Grande crisi del
2008.
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da quello finanziario. Le banche centrali dovevano essere indipendenti,
ma allo stesso tempo responsabilizzate dal loro mandato, in modo da essere
credibili, ridando efficacia alla gestione monetaria.
L'effetto finale fu un disegno istituzionale lineare: un'autorità pubblica
indipendente dal governo in carica,
con un obiettivo prioritario in termini
di tutela della stabilità monetaria, e
uno strumento principale, rappresentato dall'indirizzo dei tassi d'interesse.
Laformula "1+1+1" allontanavalabanca
centrale dalle responsabilità di regolamentazione e vigilanza. Il modello era
conveniente per ipolitici, perché i guadagni in termini di stabilizzazione interna dell'inflazione e della crescita
compensavano i costi di avere a che fare con una burocrazia indipendente,
che impediva le politiche monetarie
"facili".
Ne traeva vantaggio anche la stabilizzazione internazionale, almeno in linea di principio: quanto più ciascuna
banca centrale avesse applicato il suo
"1+1+1", tanto più il coordinamento internazionale delle politiche monetarie
- e quindi l'andamento relativo delle
principali valute - sarebbe stato stabi_ le.BanchierLcenirali come Bernanke.
Trichet e King erano allo zenit in termini di credibilità delle politiche e di
robustezza del ruolo istituzionale.
Ma poi arrivò la Grande crisi. Di
fronte al crescere dell'incertezza sui
destini delle banche, i politici avevano
bisogno - e subito - di avere credibilità
nella difesa della stabilità finanziaria.
Quindilasceltaèstata quella diampliare i poteri deibanchieri centrali, facendoli rientrare prepotentemente nelperimento dei controlli bancari. Il Grande ritorno è avvenuto, ancorché con
tempistiche e modalità diverse, negli
Stati Uniti - con Obama che ha accresciuto i poteri della Federai Reserve ! come nel Regno Unito - dove all'inter: no della Banca d'Inghilterra sono stati
riportati i poteri che Blair le aveva tolto
! - come pure in Europa, dove il modello
! "1+1+1" era stato applicato con la coe: renza massima: dal novembre 2014 i
\ poteri bancari sono di fatto entrati per
| la prima volta nella Banca centrale eu| ropea (Bce), seppur con una separa! zione formale e alla fine solo parziale
; tra le responsabilità di politica moneI taria e quelle di politica di vigilanza. Di
fatto, la formula sta diventando quanto
meno un "1+2+3", m quanto la banca
centrale deve preoccuparsi sia della
stabilizzazione macroeconomica che
di quella finanziaria, e con strumenti
che spaziano dai tassi d'interesse, ai coefficienti micro prudenziali, ai controlli fhacro prudenziali.
Ma i maggiori poteri che i banchieri
centrali hanno guadagnato hanno finito per rappresentare una sorta di maledizione del vincitore. Infatti, superato
nei diversi Paesi il momento in cui
l'obiettivo macroeconomico principale era stato quello di mantenere la stabilità finanziaria, è diventato evidente
che la corrispondente politica-monetaria - espansione straordinaria della
liquidità con corrispondenti tassi d'interesse a zero, o addirittura negativi mostrava di essere diventata relativamente inefficace rispetto alla tradizionale funzione di stabilizzazione macroeconomica. A differenza degli anni
Settanta, la minaccia alla stabilità monetaria non arrivava dal rischio inflazione, ma da quello opposto della de-
flazione. Le economie avanzate sono
entrate inunlungo periodo di trappola
della liquidità: l'incertezza accentua
l'avversione al rischio di tutti gli operatori - famiglie, imprese e banche - per
cui, attraverso il meccanismo delle
aspettative, si rompe la catena che dalle grandezze monetarie passa a quelle
bancarie, e poi a quelle reali.
L'inefficacia dei banchieri centrali li
ha resi più deboli, anche perché l'uscita
dalla trappola della liquidità non si presta a soluzioni semplici e condivise. Da
un lato, ci sono le colombe, che sono
convinte che lo strumento per spingere gli operatòri verso scelte espansive spendere e investire - sia quello di proporre politiche monetarie sempre più
estreme - come l'ormai famigerato elicottero monetario. Dal lato opposto, ci
sono i falchi, che ritengono invece che
la stabilizzazione dell'economia venga
come suo presupposto - e non come
conseguenza - della normalizzazione
della politica monetaria, cioè il ritorno
al più presto a tassi d'interesse positivi
e da dimensioni dei bilanci delle banche centrali ai livelli ante-crisi.
Ma soprattutto ci sono i politici che,
anche approfittando dell'assenza di
una ricetta condivisa, stanno provando a ridurre i gradi di indipendenza dei
banchieri centrali, perché ora gli serve
di meno, rispetto ai vantaggi di avere
politiche monetarie "in ginocchio". Gli
attacchi sono già iniziati: Trump con la
Yellen, la May con Carney, e infine
Draghi, tra le opposte fazioni dei falchi
alla Schauble e delle colombe alla Tsipras, per di più in un anno europeo di
appuntamenti elettorali.
Da qui la previsione incerta degli effetti su tassi e valute, anche perché gli
effetti destabilizzanti delle pressioni
politiche nazionali possono rinforzarsi reciprocamente attraverso i canali
internazionali.
Solo una certezza: avere nel 2017 i
banchieri centrali in trincea sarebbe
una pessima notizia; significherebbe
perdere un'ancora di stabilità, in un
momento della congiuntura mondiale
- non solo economica - in cui occorrerebbe l'esatto contrario.
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