Studi e Note di Economia Anno XIII, n. 3-2008, pagg. 525-543 Il fenomeno del Secondary Buy Out in Italia nel 2006, un’anomalia nello sviluppo del private equity? Evidenze empiriche e prime riflessioni sul modello interpretativo OLIVIERO ROGGI* - VITTORIA INGENITO** Over the past five years in the private equity industry the amount of money raised, invested and divested was extremely high compared to the previous years. In 2006 the amount divested by private equity fund in Italy increased by 95% and the majority of the bigger buyouts realized were secondary buyouts (sales to another private equity player). This paper analyses the secondary buyout Italian anomaly in 2006 in terms of volumes and frequency. The authors, relying on a small sample of the Italian 10 biggest deals, verify the existence of the anomaly. The secondary output is the investigation on the potential explanation of the anomaly. The higher multiples to estimate the business value, the higher level of the market liquidity, the increasing use of mezzanine finance and the shortening of the holding period are suggested to be potential explanation of the phenomenon. (J.E.L.: G10, G32, G34) Introduzione Tra i molti compiti degli studiosi di discipline aziendali vi è anche quello di comprendere se e in quale misura un fenomeno fino a quel momento non rilevato sia anomalo ed abbia le potenzialità per divenire un elemento strutturale del contesto competitivo. Da questa necessità non si discosta il settore del private equity, nel quale la dinamica competitiva è molto accentuata e sul quale le profonde modificazioni della globalizzazione della finanza esercitano pressioni forti al cambiamento strutturale. Il presente studio si inserisce nel filone di ricerca sopra delineato con l’obiettivo di svolgere alcune analisi descrittive, preliminari a quelle causali, capaci di evidenziare l’esistenza e la persistenza del fenomeno delle operazioni di secondary buy-out (SBO) nel periodo 2000-2007 e di indicare alcuni approcci metodologici ed empirici utili per le future analisi. * Professore Associato di Finanza Aziendale, Università di Firenze. E-mail: [email protected]. ** Dottore magistrale in Finanza, Università di Firenze. E-mail: [email protected]. 526 Studi e Note di Economia, Anno XIII, n. 3-2008 Il secondary buy-out consiste in una operazione straordinaria nella quale un’impresa partecipata da un operatore di private equity viene ceduta ad un secondo operatore professionale della medesima natura del primo. Per giungere alle conclusioni procederemo come segue: ci domanderemo innanzitutto quali siano la dimensione e l’intensità del fenomeno di cessione della quota da un operatore di PE ad un altro; a tal fine sarà prima effettuata una panoramica sulle operazioni di leveraged buy-out (LBO) in generale, quindi sarà presentato un approfondimento sui SBO. Per valutare la rilevanza del fenomeno SBO, introdurremo un indicatore, denominato “V-Index” (Ingenito e Roggi 2008), capace di misurarne l’intensità con riferimento a numerosità e dimensione dei deal oggetto di secondary buy-out. Si tratta di una misura sintetica del tutto nuova e non riscontrata in letteratura. Successivamente affronteremo il problema della persistenza e stabilità nel tempo del fenomeno. A tale proposito saranno analizzati i dati rilevati e saranno confrontati i dati del periodo “anomalo”, il 2006, con quelli del periodo antecedente e del 2007. Nelle conclusioni si tracceranno alcune proposte di approfondimenti di ricerca capaci di dare maggior spessore alle nostre intuizioni e soprattutto di determinare una relazione causale sul fenomeno. 1. Letteratura Molte analisi e ricerche condotte negli ultimi dieci anni si sono focalizzate sui fattori che influenzano le modalità di uscita degli investitori istituzionali da un’impresa partecipata. La maggior parte degli studi si è concentrata sul ruolo dei fondi di private equity nel processo di quotazione delle imprese partecipate (Black e Gilson1 1998, Petty, Martin e Kesinger2 2000, Smith3 2000, Hellmann4 2001, Schweinbacher5 2002). I primi a considerare la gamma completa di modalità di disinvestimento come oggetto di indagine teorica ed empirica sono stati Cumming e MacIntosh. Nel 2003, i due docenti dell’Università di Toronto hanno formulato una “teoria generale”6, indicando una serie di fattori che influirebbero sulla scelta e sul timing dell’exit e che sarebbero comunque tutti riconducibili al tentativo del fondo di assicurarsi il più alto prezzo possibile al momento 1 Black, B.S. e R.J. Gilson (1998), Venture capital and the structure of capital markets: banks versus stock markets, Journal of Financial Economics, vol. 47, 243-277. 2 Petty, W., J. Martin e J. Kesinger, Harvesting investments in private companies, Edward Elgar Pub, Morristown, 1999. 3 Smith, G. (2005), The Exit Structure of Venture Capital, UCLA Law Review, vol. 53, 315. 4 Hellman, T.F., IPOs (2006), acquisitions and the use of convertible securities in venture capital, Journal of Financial Economics, vol. 81:3, 649-679. 5 Schweinbacher, A. (2002), An empirical analysis of venture capital exits in Europe and in the United States, Working paper, University of Namur. 6 Cumming, D.J. e J.G. MacIntosh (2003), Venture capital exits in Canada and the United States, The University of Toronto Law Journal, vol. 53:2, 101-199. O. Roggi, V. Ingenito - Il fenomeno del Secondary Buy Out in Italia nel 2006... 527 di uscita da ciascun investimento detenuto nel proprio portafoglio. La teoria è costruita sulla base di una serie di ricerche relative alla natura dell’investimento degli intermediari finanziari. Vengono innanzitutto individuate tre fasi relative al ciclo di investimento del VC: l’ingresso nel capitale di rischio dell’impresa, la costruzione di valore e l’uscita. Nel momento in cui il fondo deve realizzare l’investimento (fase 1), si avvale del giudizio di esperti per verificare la sussistenza di determinati presupposti, quali, in particolare, l’esito positivo delle analisi della società, dei suoi progetti di sviluppo e del mercato di riferimento, e la capacità gestionale dell’imprenditore di realizzare strategie di successo nel medio-lungo termine, conseguendo gli obiettivi del business plan attraverso un’efficace gestione operativa. Una volta che il VC interviene nel capitale di rischio della società, si comporta come un investitore attivo (fase 2): apporta l’esperienza acquisita in contesti diversificati, la capacità di risolvere problemi organizzativi e finanziari, nonché un vasto network di relazioni commerciali e finanziarie. In tale contesto, dunque, l’attività del fondo va ben oltre le risorse finanziarie apportate e consiste soprattutto nella sua capacità di contribuire allo sviluppo della società, in sintonia con l’intento e con l’operato dell’imprenditore. Egli partecipa alla formulazione della strategia d’impresa, lasciando piena autonomia all’imprenditore per ciò che riguarda la gestione operativa. Infine, è connaturata alla tipologia di intervento del VC, quale azionista temporaneo della società, la possibilità di smobilizzare l’investimento superato un determinato orizzonte temporale; di conseguenza, il fondo determina quando e in che modo uscire dall’investimento (fase 3). In tutte e tre le fasi, l’insieme delle competenze del fondo di private equity è sui generis, nel senso che non può essere fornito da altri tipi di investitori7. L’obiettivo principale consiste nella creazione di valore per l’impresa. L’idea di base è che, all’aumentare della durata dell’investimento, la capacità del VC di generare valore diminuisce. Sulla base di una serie di ipotesi8, poi, un fondo di VC uscirà da un inve7 Le competenze delle merchant banks e dei finanziatori di debito mezzanino si sovrappongono a quelle del private equity, ma in genere supportano le imprese in fasi di sviluppo avanzate e si concentrano prevalentemente sul finanziamento del LBO. Inoltre, forniscono una serie di servizi differenti rispetto a quelli del PE. Anche i business angels sono dotati di competenze che si sovrappongono a quelle dei fondi di private equity, ma forniscono solo i mezzi necessari per realizzare l’idea imprenditoriale (seed capital). 8 Le ipotesi di partenza sono le seguenti: - il VC, come investitore attivo, è il solo ad avere la capacità di creare valore aggiunto per l’impresa; in qualsiasi momento, la partecipazione del fondo nell’impresa può essere ceduta ad un terzo soggetto ad un prezzo che rappresenta la migliore stima del true value dell’impresa (vale a dire, non c’è asimmetria informativa); - il prezzo di uscita non dipende dalla forma di uscita; il fondo ha durata infinita, per cui la decisione del VC relativa al timing dell’exit è presa indipendentemente da qualsiasi necessità di uscire al fine di corrispondere agli investitori del fondo sia il capitale versato sia i profitti; - il VC può liberamente ricollocare da un investimento all’altro i capitali raccolti. 528 Studi e Note di Economia, Anno XIII, n. 3-2008 stimento quando il valore aggiunto marginale atteso (PMVA) – derivante dalla gestione dell’impegno assunto – è inferiore al costo marginale atteso (PMC) di tale impegno (Fig. 1). Se in un dato momento i costi associati alla permanenza nell’impresa superano il valore marginale creato, allora converrà vendere la propria partecipazione; così facendo il fondo potrà sfruttare al massimo il proprio vantaggio sugli altri investitori, cioè la capacità di creare valore attraverso una gestione attiva di ciascuna impresa detenuta nel proprio portafoglio. Nella loro teoria sulla durata dell’investimento, Cumming e MacIntosh sostengono che possono delinearsi tre tipologie di eventi in seguito alle quali il fondo è portato a disinvestire: 1) Il VC non è più in grado di apportare valore all’impresa. Da un lato la capacità del fondo di creare valore nel tempo diminuisce al crescere dell’impresa (il management ha acquisito esperienza, i problemi legati allo sviluppo del prodotto e alla commercializzazione sono stati superati e i diversi contatti necessari per il business sono stati presi), dall’altro i costi legati all’investimento diminuiscono; tuttavia questi ultimi contengono una significativa componente fissa, poiché il VC deve comunque svolgere un’attività di monitoraggio sull’investimento, indipendentemente dalla presenza di un management attivo. Dunque, la curva del costi di mantenimento decresce più lentamente rispetto a quella del MVA: nel momento in cui le due funzioni si intersecano, il fondo uscirà dall’impresa. 2) Si verificano shock interni o esterni. Una varietà di turbamenti esterni o interni (sia sistematici che non) possono spostare la curva del valore aggiunto, quella dei costi di mantenimento o Fig. 1 - Scelta del timing del disinvestimento in base al PMVA ed al PMC secondo la teoria di Cumming e MacIntosh. O. Roggi, V. Ingenito - Il fenomeno del Secondary Buy Out in Italia nel 2006... 529 entrambe, favorendo l’uscita del fondo. Ad esempio, se la tecnologia di un’impresa si rivela obsoleta a causa dello sviluppo tecnologico o se un prodotto dell’impresa viene sostituito sul mercato da quelli dei concorrenti, allora le funzioni del MVA e del costo di mantenimento dovranno essere riposizionate. 3) Il VC ottiene nuove informazioni. Quando il fondo entra nel capitale di rischio di una società, almeno ad un livello intuitivo, disegna le curve del MVA e dei costi di mantenimento; può tuttavia accadere che le previsioni si rivelino in seguito non corrette. Ad esempio, la funzione del costo di mantenimento potrebbe dover essere riposizionata perché la collaborazione con l’imprenditore risulta essere molto più complessa di quella prevista. Una volta disegnata la nuova curva, le funzioni si intersecheranno in un altro punto che soddisfa le condizioni di uscita. Sebbene dunque la letteratura sia ampia e variegata negli aspetti esplicativi, sembrano ancora oggi mancare contributi capaci di spiegare fenomeni di incremento delle frequenze in tali operazioni e sopratutto di stabilire se questi siano di natura congiunturale o strutturale. Nel paragrafo successivo illustreremo proprio ciò che è avvenuto nel 2006, nella speranza di trovare una regolarità e giungere a formulare una ipotesi esplicativa. 2. Lo sviluppo del mercato italiano del private equity Negli ultimi cinque anni, l’attività dei fondi di private equity nel segmento delle acquisizioni con elevata leva finanziaria (leveraged buy-out, LBO) ha registrato una considerevole espansione a livello mondiale. Anche la dimensione delle singole operazioni è significativamente aumentata e, allo stesso tempo, il rapporto tra fonti di finanziamento di terzi e fonti proprie a cui gli operatori hanno fatto ricorso nelle transazioni è cresciuto in maniera considerevole. Nel 2006, oltre l’80 per cento dei capitali raccolti dai fondi di private equity sono stati destinati a operazioni di leveraged buy-out. In particolare, si è assistito ad un sensibile incremento (Tab. 1) dei secondary buy-out, operazioni consistenti nella cessione della partecipazione in un’impresa da un fondo di private equity ad un altro investitore finanziario. Secondo la società di analisi londinese Private Equity Intelligence, nell’anno in questione gli investimenti nel mondo sono risultati pari a oltre 300 miliardi di dollari, contro i poco più di 120 miliardi registrati appena tre anni prima. Inoltre, la medesima indagine indica il 2006 come un anno record anche sul fronte della raccolta di nuovi capitali, che ammontano a oltre 400 miliardi di dollari. In termini di capitali annualmente investiti, il mercato italiano ha raggiunto livelli di sviluppo propri dei contesti finanziari più evoluti, collocandosi dopo Regno Unito, Francia e Germania: al 30 Giugno 2007, il portafoglio degli investitori attivi in Italia è risultato essere composto da 530 Dim Rank/Anno 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 BO mln SBO mln %SBO mln Indice SBO Studi e Note di Economia, Anno XIII, n. 3-2008 2000* 178 178 90 67 67 54 43 37 36 35 784 144 18% 3,7 2001* 118 118 100 90 70 61 60 38 26 15 695 193 28% 8,3 2002 702 463 460 102 101 89 85 60 54 48 2.164 85 4% 0,4 2003* 2.205 1.500 900 670 555 326 247 200 163 162 6.929 1.588 23% 9,2 2004 750 746 522 417 280 250 249 210 195 132 3.751 1.288 34% 17,2 2005 1.330 888 835 650 550 493 420 360 310 220 6.056 1.805 30% 8,9 2006 2.550 1.700 1.120 700 550 470 375 321 315 300 8.401 8.101 96% 86,8 2007 730 687 400 300 250 200 180 135 130 105 3.117 2.382 76% 45,9 Tab. 1 - Top 10 buy-out 2000-2007: analisi dei secondary buy-out. In grassetto le operazioni di SBO (nostra elaborazione). 1.127 aziende, per un controvalore delle partecipazioni detenute di circa 11 miliardi di Euro. Le risorse finanziarie degli operatori sono affluite soprattutto verso acquisizioni di maggioranza o totalitarie. Nel 2006 il segmento dei buy-out ha fatto registrare cifre consistenti, sia in numero sia in valore. Come per gli investimenti (Fig. 2), anche i disinvestimenti (Fig. 3) hanno raggiunto cifre record negli ultimi due anni. Nel 2006, come testimoniano i dati raccolti da Aifi, l’ammontare disinvestito si è attestato intorno ai 1.763 milioni di Euro, il 95% in più rispetto al valore registrato nel 2005 e pari a quasi tre volte il dato del 2004. Per quel che riguarda le modalità di uscita, è stata registrata una sensibile crescita delle vendite ad altri investitori istitu- Fig. 2 - Distribuzione percentuale dell’ammontare investito per tipologia in Italia. (Fonte: Aifi; nostro adattamento). O. Roggi, V. Ingenito - Il fenomeno del Secondary Buy Out in Italia nel 2006... 531 Fig. 3 - Evoluzione della distribuzione del numero di disinvestimenti per tipologia. (Fonte: Aifi; nostro adattamento). Fig. 4 - Andamento del rapporto tra il valore d’impresa e il MOL delle aziende oggetto di buy-out in Italia dal 1999 al 2006 (Fonte: Il Sole 24 ore; nostro adattamento). zionali (secondary buy-out), sia in numero sia in valore: in Italia, nel 2006, il 22% delle dismissioni sono avvenute tramite SBO (con un incremento del 5% rispetto all’anno precedente e dell’11% rispetto al dato del 2004), per un valore pari al 31% del totale dei disinvestimenti effettuati. Per quel che riguarda i prezzi – e dunque i multipli9 (Fig. 4) – associati alle transazioni, infine, mentre fino a due-tre anni precedenti a quello di 9 Per multiplo si intende il rapporto tra due grandezze di natura diversa, quali il prezzo di mercato dell’impresa (EV) ed una grandezza fondamentale (in genere una misura di performance, come l’utile netto o il margine operativo lordo). Per approfondimenti cfr. Roggi, O. (2003), Valore intrinseco e prezzo di mercato nelle operazioni di finanza straordinaria, Franco Angeli, Milano. 532 Studi e Note di Economia, Anno XIII, n. 3-2008 osservazione le operazioni venivano generalmente concluse sulla base di enterprise value compresi tra le quattro e le otto volte il margine operativo lordo (Mol) delle aziende target, nel 2006 le aziende sono state vendute a prezzi in media pari a oltre dieci volte il Mol, raggiungendo il livello più alto degli ultimi 7 anni. Il trend di crescita non è però confermato dai dati del 2007. Nei primi nove mesi dell’anno in questione, secondo quanto calcolato dall’Osservatorio Private Equity Monitor dell’Università Liuc di Castellanza, il 67 % delle operazioni si è concluso a multipli compresi tra quattro e otto volte il margine operativo lordo delle aziende (in aumento del 56 % rispetto a tutto il 2006), mentre solo il 26 % dei deal è avvenuto ad enterprise value compresi tra le otto e le sedici volte il MOL. Alla crescita dei prezzi verificatasi negli ultimi anni, non è seguito un incremento della redditività delle aziende. Mentre nel 2004 la media della redditività arrivava al 32 % – grazie alla realizzazione di operazioni come Grandi Navi Veloci o Edison Gas – nel 2005 è scesa al 10%, per poi risalire in parte nel 2006, anno in cui si è attestata intorno al 17%. Inoltre, si osserva come il MOL delle aziende oggetto di buy-out registrato nel 2006 non superi la redditività raggiunta negli anni compresi tra il 2000 ed il 2003. Fig. 5 - Andamento della redditività delle aziende oggetto di buy-out in Italia dal 1999 al 2006 (Fonte: Il Sole 24 ore; nostro adattamento). 3. Prima analisi descrittiva sulle principali operazioni di SBO L’occasione del presente studio ci è fornita dall’osservazione della anomalia italiana all’interno del contesto europeo relativamente ai maggiori buyout del 2006. Se in Europa solo una delle prime dieci e solo cinque delle prime venti operazioni realizzate da fondi di private equity sono consistite in secondary buy-out10, in Italia addirittura nove acquisizioni su dieci e diciotto 10 Mergermarket (2007), European Private Equity in Review, Febbraio. O. Roggi, V. Ingenito - Il fenomeno del Secondary Buy Out in Italia nel 2006... 533 su venti sono state realizzate da investitori istituzionali nel mercato secondario11. Poiché dal confronto della numerosità delle operazioni di SBO realizzate in Europa e in Italia emerge una forte diversità, soprattutto se si osservano solo i dieci buy-out più rilevanti in termini di enterprise value, sono stati analizzati i dieci maggiori buy-out realizzati ogni anno in Italia – in un periodo compreso tra il 2000 ed il 2007 – da investitori istituzionali nel capitale di rischio di matrice privata in fasi successive a quella di avvio di impresa. A tal fine, sono state utilizzate informazioni pubbliche12 e sono state effettuate delle stime nel caso in cui queste siano risultate mancanti. Sono stati esclusi dalla rilevazione gli investimenti effettuati da società di matrice pubblica, gli investimenti finalizzati alla nascita di nuove attività imprenditoriali, i reinvestimenti in società già partecipate dal fondo, le transazioni non ancora concluse (in stato pending). Per ogni anno sono state raccolte informazioni qualitative, ossia variabili concernenti le caratteristiche del deal – quali il nome dell’impresa target, il principale investitore istituzionale, gli eventuali coinvestitori, la tipologia e l’origine dell’operazione – e variabili quantitative, cioè grandezze numeriche di tipo sia discreto (derivanti da un processo di conteggio) che continuo (derivanti da un processo di misurazione) – quali il numero di investimenti realizzati e il valore di questi ultimi. I dati raccolti sono stati disposti in ordine decrescente rispetto al valore dell’operazione, specificando se si tratti di un secondary buy-out. L’ordinamento consente di individuare più facilmente i valori estremi, quelli più frequenti e quelli intorno ai quali il carattere tende a concentrarsi. Le caratteristiche principali delle osservazioni sono state rilevate tramite statistiche descrittive, determinate attraverso l’utilizzo del programma statistico Minitab, e sintetizzate attraverso opportune misure di posizione e di variabilità. Per rendere maggiormente interpretabili i dati fruibili, sono state svolte analisi grafiche, consistenti nell’osservazione dell’andamento temporale e degli aspetti distributivi delle informazioni in esame. In generale, è stato rilevato che, degli 80 buy-out osservati dal 2000 al 2007, il 41% sono stati generati da operazioni di SBO, per un valore complessivo di 15,8 miliardi di Euro. Il 2003 può essere considerato come l’anno in cui ha avuto inizio la fase di sviluppo di questo fenomeno: relativamente ai dati considerati, è stata superata la soglia dei 1.500 milioni di Euro di enterprise value, a fronte di quattro operazioni effettuate; ciò significa che quasi la metà dei dieci maggiori buy-out nell’anno in questione sono state 11 12 PEM (2007), Rapporto annuale, pubblicazione interna. D’Ascenzo, M. (a cura di) (2005), Cinque anni di private equity in Italia. Rapporto PEM 1999-2003, Milano: Egea; PEM, Rapporto annuale, pubblicazione interna, anni vari; AIFI (2007), Il mercato italiano del private equity e venture capital nel 1° semestre 2007, pubblicazione interna. 534 Studi e Note di Economia, Anno XIII, n. 3-2008 operazioni di secondario. Negli anni successivi, inoltre, l’ammontare complessivo dei secondary buy-out facenti parte dei Top buy-out non è mai sceso al di sotto dei 1.200 milioni di Euro, a fronte di un numero di operazioni non inferiore a 3. In termini relativi, è evidente come, negli ultimi due anni, il peso dei SBO sia fortemente aumentato, sia in numero – in quanto, nel 2006 e nel 2007, rispettivamente il 90% ed il 60% delle operazioni del campione sono state di secondario – sia in valore – poiché l’enterprise value dei SBO ha costituito addirittura il 96% ed il 76% di quello dei dieci maggiori buy-out. Per misurare simultaneamente l’incidenza delle operazioni di secondario, in numero ed in valore, sulle dieci maggiori acquisizioni (Fig. 6) realizzate in Italia da fondi di private equity tra il 2000 ed il 2007, proponiamo un indicatore di sintesi appositamente costruito che di seguito denomineremo V-Index SBO: SBO (valore ) SBO(numero ) V − IndexSBO = ∗ ∗ 100 BO(valore ) BO (numero ) Gli estremi del dominio di tale funzione sono dati dai valori 0, quando nessuno dei buy-out considerati viene realizzato attraverso un deal di secondario, e 100, quando, al contrario, tutte le acquisizioni consistono in SBO. Dallo studio dei valori assunti dall’indice, è stato rilevato che nel 2006 esso ha subito un fortissimo incremento (Fig. 7), essendo passato da un valore di 8,9 nel 2005 ad un valore pari a 86,8 (+ 875%). Il dato è indicativo della sorprendente incidenza delle operazioni di secondario nell’anno in questione (si veda a tal proposito la Tab. 3 in Appendice). Tra il 2000 e il 2005, invece, l’indice ha oscillato tra un minimo di 0,4 – registrato nel 2002 – ed un mas- Fig. 6 - Incidenza in valore ed in numero dei deal di secondario sui 10 maggiori buy-out realizzati in Italia da fondi di private equity tra il 2000 ed il 2007 (Nostra elaborazione). O. Roggi, V. Ingenito - Il fenomeno del Secondary Buy Out in Italia nel 2006... 535 Fig. 7 - Andamento del V-Index SBO relativo ai 10 maggiori buy-out realizzati in Italia da fondi di private equity tra il 2000 ed il 2007 (Nostra elaborazione). simo di 17,2 a cui è arrivato nel 2004. Anche il risultato del 2007 (45,9) risulta particolarmente elevato rispetto alla media, sebbene sia poco più della metà rispetto a quello del 2006: a livello di EV la percentuale di operazioni di secondario è diminuita di 20 punti rispetto all’anno precedente, mentre in termini di numero tale percentuale ha subito un decremento di ben 30 punti. A dimostrazione ulteriore del fatto che il dato del 2006 non sia imputabile alla normale dinamica del fenomeno ma si tratti di un fenomeno congiunturale, e dunque rappresenti un’anomalia rispetto al passato, sono stati inoltre analizzati gli aspetti distributivi delle informazioni relative ai SBO realizzati nel campione, utilizzando l’istogramma delle frequenze e il box-plot. Considerando l’istogramma delle frequenze (Fig. 8) del numero dei secondary buy-out, si osserva che la maggior parte dei valori si concentra in un intervallo compreso fra 2 e 6. La massima frequenza si registra in corrispondenza del valore “3”, che rappresenta il numero di operazioni di secondario effettuate all’interno del campione nel 2001 e nel 2005; interessante notare che tale frequenza è la maggiore tra il 2000 ed il 2002, mentre è la minore tra il 2003 ed il 2007. All’estrema destra del grafico si individua un probabile valore anomalo, corrispondente al numero di operazioni concluse nel 2006 (pari a 9). Considerando l’istogramma delle frequenze (Fig. 9) del valore dei secondary buy-out, si rileva che questi si addensano in un intervallo compreso tra i 200 milioni e i 2,3 miliardi di Euro. Le frequenze più elevate corrispondono sia ai valori compresi tra gli 85 e i 400 milioni di Euro (relativi all’ammontare dell’EV dei secondary buy-out realizzati negli anni 2000, 2001 e 2002), sia ai valori compresi tra i 1.500 e i 2.400 milioni di Euro (per le operazioni concluse negli anni 2003, 2005 e 2007). 536 Frequency Studi e Note di Economia, Anno XIII, n. 3-2008 Fig. 8 - Istogramma del numero dei SBO relativi ai 10 maggiori buy-out realizzati in Italia da fondi di private equity tra il 2000 ed il 2007 (Nostra elaborazione). Fig. 9 - Istogramma del valore dei SBO relativi ai 10 maggiori buy-out realizzati in Italia da fondi di private equity tra il 2000 ed il 2007 (Nostra elaborazione). Anche in questo caso si evidenzia una possibile anomalia, data dal valore che si attesta intorno agli 8 miliardi di Euro e corrispondente al totale dell’EV dei secondary buy-out realizzati nel 2006. Tale presupposizione è confermata dall’analisi (Fig. 10) del box-plot, nel quale emerge in maniera evidente come il dato in questione non sia imputabile alla normale dinamica del fenomeno. O. Roggi, V. Ingenito - Il fenomeno del Secondary Buy Out in Italia nel 2006... 537 Fig. 10 - Box-plot del valore dei SBO relativi ai 10 maggiori buy-out realizzati in Italia da fondi di private equity tra il 2000 ed il 2007 (Nostra elaborazione). 4. Prime riflessioni sulle possibili cause del fenomeno congiunturale del SBO Le analisi descrittive sopra riportate, sebbene suscettibili di approfondimenti e di miglioramenti – in particolare nella metodologia applicata per distinguere un fenomeno strutturale da uno congiunturale – hanno evidenziato la presenza della “anomalia 2006”, ovvero di una diversità per dimensioni e numerosità di operazioni di SBO nel panorama del LBO nazionale. Le ragioni dell’aumento delle operazioni di secondary buy-out e dei multipli verificatosi nel 2006 sono da ricercarsi, a nostro avviso, in una complessa situazione congiunto/strutturale nella quale si è venuto a trovare il mercato italiano del LBO. Possiamo distinguere almeno quattro potenziali cause del fenomeno: le prime due di natura congiunturale, le altre legate a fenomeni potenzialmente strutturali, che si sono manifestati con forza nel periodo oggetto di osservazione e che hanno probabilmente co-determinato valori anomali nel V-Index: 1. Elevati multipli di borsa EV/MOL e conseguente riduzione dell’Holding Period - Exit Window Opportunity; 2. Eccesso di liquidità finalizzata all’investimento in operazioni di leveraged buy-out, testimoniata dall’aumento della raccolta di capitali da parte dei fondi di private equity; 3. Scarsità dell’offerta di imprese da partecipare, essendo il tessuto imprenditoriale italiano connotato da una prevalenza di aziende medio-piccole, motivo per cui si è generato un effetto di scarsità delle operazioni di LBO di grandi dimensioni; 4. Ampliamento della gamma degli strumenti per il finanziamento del LBO, consistente in una evoluzione e sofisticazione del mercato del debito che ha 538 Studi e Note di Economia, Anno XIII, n. 3-2008 portato al grande sviluppo di forme di finanziamento alternative e ha incrementato la leva nelle operazioni di LBO. Come abbiamo già avuto occasione di osservare, una potenziale causa dell’elevato livello del V-Index potrebbe essere ricercata negli alti valori con i quali si scambiavano pacchetti azionari nel 2006 nell’ambito delle operazioni di LBO essendo i multipli passati da una media di otto volte il MOL ad una media di addirittura dieci volte il medesimo, senza che vi sia stata una sostanziale crescita delle redditività delle imprese. L’incremento ha probabilmente determinato una valutazione di dismissione della partecipazione per approfittare di quella che si chiama una window opportunity, ovvero una situazione congiunturale nella quale risulta conveniente il consolidamento dei rendimenti attraverso la cessione della partecipazione in anticipo rispetto al piano di disinvestimento. È da notare, tuttavia, che nel caso di un SBO l’acquirente risulta essere un investitore istituzionale, considerazione questa che non permette di asserire che i soggetti venditori possano aver approfittato di una inefficienza valutativa da parte dell’acquirente, quanto piuttosto di una situazione di mercato particolarmente favorevole e, a nostro avviso, ingiustificata dai fondamentali macro e microeconomici. Nell’ottica delineata, il fenomeno esaminato non risulterebbe essere di natura strutturale, bensì prevalentemente congiunturale, anche se da una ricerca di AIFI emerge una tendenza (Fig. 11) alla diminuzione strutturale degli holding period. Una seconda potenziale causa in base alla quale siamo portati ad attribuire al fenomeno dei SBO carattere di congiunturalità è l’eccesso di liquidità presente nel mercato del PE e nel sistema economico in generale nel periodo antecedente il 2006 e fino al credit crunch del 2007. Fig. 11 - Evoluzione del periodo medio di permanenza degli operatori di private equity in Italia. (Fonte: Aifi). O. Roggi, V. Ingenito - Il fenomeno del Secondary Buy Out in Italia nel 2006... 539 Riguardo alla liquidità disponibile nel settore del PE, è da notare come nel 2006 e 2007 si sia verificato un aumento esponenziale dell’ammontare di risorse complessivamente raccolte dagli operatori di private equity attivi in Italia: il valore dei capitali derivanti dall’attività di fund raising si è attestato intorno ai 2,3 miliardi di Euro nel 2006, mentre ha raggiunto la soglia di 1,5 miliardi di Euro nel primo semestre del 2007. Particolarmente elevato risulta essere il valore delle partecipazioni detenute nel portafoglio degli investitori italiani, che ad oggi supera addirittura gli 11 miliardi di Euro. Accanto alla liquidità disponibile nel settore del PE il 2006 e 2007, sono stati registrati volumi record di liquidità anche nel sistema economico generale, come testimoniato dalle rilevazioni di Eurostat relative alla quantità di M313 disponibile sui mercati monetari. Fig. 11 - Andamento del tasso di crescita di M3 nell’area Euro dal 1980 al 2007. (Fonte: Eurostat). In particolare, la quantità di moneta in circolazione è passata da un livello di crescita del 6,6 % registrato alla fine del 2004, ad un livello del 12,3 % raggiunto ad ottobre 2007 (è il più alto valore registrato negli ultimi trenta anni). 13 La liquidità interna del sistema economico, definita offerta di moneta, consiste in un aggregato monetario che misura la massa di mezzi di pagamento di massima spendibilità esistenti nel sistema. Nell’area Euro vengono definiti, in ordine sequenziale, tre aggregati monetari: M1, dato dalla somma del circolante emesso dalla banca centrale e dai depositi a vista aperti presso banche ordinarie, M2, che comprende, oltre a M1, i depositi di risparmio a breve (fino a due anni), ed M3, che include, oltre a M2, alcuni strumenti negoziabili emessi dal settore creditizio, in particolare quote di fondi di investimento monetario, titoli del mercato monetario e liquidità derivante da operazioni di pronti contro termine. M3 è l’aggregato adottato dalla Banca Centrale Europea come indicatore per le scelte di politica monetaria. Per un approfondimento Cfr. BCE, Rapporto annuale, 2006; BCE, Bollettino mensile, Dicembre 2007. 540 Studi e Note di Economia, Anno XIII, n. 3-2008 Situazioni di sovrabbondanza di liquidità rispetto alla domanda di moneta si manifestano in un eccesso di domanda di titoli sul mercato monetario e finanziario, causando una riduzione del potere d’acquisto della moneta ed un conseguente rialzo del prezzo dei titoli. Relativamente ai buy-out realizzati dai fondi di private equity negli ultimi due anni, dato il contesto, si spiega come lo sbilanciamento tra domanda di investimenti e offerta di liquidità possa essere stata una delle cause alla base dell’aumento dei prezzi di vendita delle partecipazioni. Se poi si considerano gli effetti congiunti dell’esistenza di ingentissimi capitali di ventura sopra citati e del panorama imprenditoriale che vede il nostro Paese agli ultimi posti nella classifica della dimensione media delle imprese, essendo le imprese di piccola dimensione (meno di 50 addetti) circa il 99,4 % dell’intero sistema imprenditoriale italiano, si comprende il perché del cambiamento nei processi di acquisizione delle imprese. Essendo infatti particolarmente forte la concorrenza dei fondi private equity, dovuta da un lato all’adozione da parte dei potenziali investitori dei portafogli degli operatori di PE di tecniche di scouting sistematico per ricercare eventuali opportunità di secondario, dall’altro alla decisione di chi deteneva in portafoglio investimenti con IRR potenziali interessanti di cogliere le opportunità offerte dal mercato, sono stati utilizzati sempre più spesso meccanismi di asta competitiva nella vendita delle partecipazioni. La rarefazione delle opportunità di investimento in imprese target di un operatore di private equity è dunque di per sé un fattore capace di far divenire i SBO un fenomeno strutturale. Tuttavia in questo caso esso si è sommato all’eccesso di liquidità sul mercato spingendo gli operatori a realizzare operazioni di vendita anticipata. In studi sulla causalità del fenomeno sarà quindi necessario tenere in considerazione e quindi valutare la correlazione esistente tra i due elementi scatenanti. Ultimo fattore potenzialmente esplicativo è la maggiore articolazione del mercato del debito, che ha favorito la realizzazione di operazioni con un’alta leva finanziaria. In particolare, emerge come il mercato della finanza strutturata (debts) abbia subito una evoluzione accelerata e siano cambiati la natura e l’impiego degli strumenti di finanziamento delle operazioni di LBO. Si osserva come il maggior ricorso a linee di finanziamento di seconda linea o mezzanino abbia permesso l’incremento della leva finanziaria, determinando una forte riduzione nell’impego dell’equity, passato da una quota del 37,3% registrata nel 2003 ad una quota del 33,7% nel 2006. 5. La proposta di modello causale Volendoci spingere oltre la sola analisi teorica dei possibili esplicatori del fenomeno del secondary buy out, possiamo tentare l’operazionalizzazione dei concetti sopra descritti. O. Roggi, V. Ingenito - Il fenomeno del Secondary Buy Out in Italia nel 2006... 541 Tab. 2 - Variabili da misurare in relazione alla percentuale di operazioni di secondary buy-out sul totale dei buy-out (Nostra elaborazione). Analizzando poi con opportune metodologie statistiche le matrici di dati costruite per la popolazione di operazioni di SBO potremo presentare alcuni primi risultati in termini di nesso causale. Nel prossimo paragrafo specifichiamo alcuni suggerimenti metodologici per il trattamento dei dati. 6. Approccio metodologico Le variabili sopra descritte debbono essere trattate all’interno di un modello statistico volto a determinare la causalità del fenomeno. Di seguito illustriamo una possibile research design per giungere a confutare o accettare le ipotesi che saranno oggetto del modello causale. Per le caratteristiche mostrate, il fenomeno è analizzabile attraverso una 542 Studi e Note di Economia, Anno XIII, n. 3-2008 regressione multipla effettuata sulle componenti principali estratte dalle variabili sopra descritte. In particolare si cercherà di legare la variabile dipendente, il V-Index, alle componenti principali significative. L’anomalia del periodo 2006 dovrà emergere, in questo caso, dall’analisi dei leverage plots e dal calcolo degli indicatori, quali Mahalanobis and Jacknife Distances, capaci di mettere in evidenza l’appartenenza di valori V-Index 2006 al gruppo degli outliers. Nel caso in cui questo modello statistico non dovesse dare risultati e quindi non fosse possibile svolgere le regressioni multiple, sarà sempre possibile tentare di realizzare una partial least squared regression, eludendo, così, il problema della autocorrelazione fra i regressori indicati in Tab. 2. Conclusioni L’obiettivo di ricerca dal quale ha preso avvio questo lavoro era quello di comprendere se l’esplosione delle operazioni di secondary buy-out verificatasi in Italia nel 2006 fosse una anomalia nello sviluppo delle operazioni di private equity che utilizzano la leva finanziaria LBO. Per fare ciò abbiamo analizzato l’andamento del mercato del private equity nel nostro Paese nel periodo 2000-2007, concentrando l’attenzione sulla dinamica della crescita in numero e in valore dei SBO. Le statistiche descrittive condotte limitatamente ai 10 maggiori deals di ogni anno hanno messo in evidenza che l’esplosione delle operazioni di secondary buy-out realizzate dai fondi di private equity in Italia nel 2006 costituisce un’anomalia rispetto al passato ed anche nei confronti dei dati del secondo semestre del 2007. Dopo aver raggiunto l’obiettivo esplorativo il lavoro è continuato alla ricerca delle potenziali cause del fenomeno distinguendo quelle che, a nostro avviso, hanno caratteristiche stabili da quelle contingenti e cercando di identificare possibili interazioni o correlazioni. È con questo obiettivo secondario che sono state isolate 4 cause potenziali solo in parte indipendenti le une dalle altre e che le variabili che misurano questi 4 gruppi di concetti sono state inserite nel processo di estrazione dei risultati. Questo lavoro soffre sicuramente di alcune forti limitazioni che ne riducono la portata conoscitiva: innanzitutto è sviluppato solo sui 10 principali deals realizzati per ogni anno di osservazione e ciò può generare comportamenti parzialmente diversi da quelli della popolazione degli eventi di SBO annuali. Inoltre è costruito solo sulle variabili descrittive delle distribuzioni di frequenza sul fenomeno. In terzo luogo ha identificato alcune linee di ricerca in parte non indipendenti. In ultimo, non si dispone ancora dei dati post-anomalia per testare il rientro delle anomalie nei periodi successivi al 2006. Tuttavia riteniamo che gli sforzi profusi nelle analisi possano essere di O. Roggi, V. Ingenito - Il fenomeno del Secondary Buy Out in Italia nel 2006... 543 aiuto per futuri lavori di approfondimento che ci auguriamo chiariscano in modo definitivo gli aspetti principali del fenomeno e le sue cause ultime. Il solo aver contributo al dibattito per stimolare la creazione di modelli alternativi rende il lavoro di raccolta ed analisi descrittiva dei dati degno di essere presentato. Appendice Anno investimento 2006 TARGET LEAD CAPIT QUOTA COMPANY INVESTOR INV. ACQ. (mln ) REGIONE SETTORE 1 Fiat Avio Cinven 650,0 70% Piemonte 2 Ferretti Candover n.d. 60% 97% Emilia Romagna Lombardia Beni industriali Costruzioni Buy out SBO 2.550,0 Buy out SBO 1.700,0 Buy out SBO 1.120,0 Liguria Altri servizi Permira sociali Trasporti Charme (8%) n.d. 60% Buy out SBO 700,0 n.d. 91% Veneto Terziario Buy out SBO 550,0 n.d. 70% Emilia Buy out SBO 470,0 n.d. 35% Toscana Retail Romagna Beni industriali Ergon Capital Buy out Partners (35%) Athena Private Equit (20%) BS Private Buy out Equity SGR (9%) Buy out SBO 375,0 SBO 320,8 SBO 315,0 Family & Private 300,0 3 Sisal 4 5 6 7 Apax Partners GNV Investitori Associati SGR Gardaland Blackstone Capital Partners Limoni Bridgepoint Capital Seves (già Vestar Vetroarredo) Capital Partners CODEAL DEAL DEAL INVESTORS TYPE ORIGINA- VALUE (Ammontare TION (mln ) mln – %) 8 Ducati Investindustrial n.d. 21% Emilia Romagna Beni di consumo 9 Azelis 10 Zobele 3i Doughty Hanson & Co 75,0 100,0 57% 70% Lombardia Trentino Retail Beni di consumo Buy out Tab. 3 - In tabella le 10 maggiori operazioni di buy-out realizzate in Italia nel 2006. (Fonte: Private equity Monitor).