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Anno IV n. 33 - 2012
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Walter Veltroni:
racconta “L’isola e le rose”
Foto di Luisa Cosentino
Robert Doisneau:
foto d’autore a Roma fino al 3 Febbraio
Elena Sofia Ricci
Sommario
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Copertina
Dedicato a...
Architettura
Libro del mese
Roma news
Speciale teatro
Informazione pubblicitaria
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Intervista
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Roma Sport
Benessere
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12
Ponte Milvio
Anno IV n. 33 - 2012
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Chiuso in redazione il 12 novembre 2012
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La responsabilità degli articoli è dei singoli autori. La collaborazione a questo periodico è del tutto gratuita e non retribuita.
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copertina
Il sorriso di
Elena Sofia
Foto per gentile concessione Ufficio Stampa RAI
Spigliatezza, simpatia e bravura sono
le doti di una bella e ricercata attrice
del nostro cinema.
di Alessandra Stoppini
E
lena Sofia Ricci è nata a
Firenze e della sua terra originaria conserva
un accattivante accento toscano che le fornisce una marcia in più.
Alternandosi con garbo
tra cinema, teatro e televisione di qualità, l'attrice ha saputo costruirsi con intelligenza e lungimiranza una bella carriera diretta da
registi come Pupi Avati, Carlo Verdone, Luigi Magni, Giovanni Veronesi,
Luciano Odorisio, Carlo Vanzina,
Fausto Brizzi e Ferzan Ozpetek. Non
solo commedie brillanti ma anche
ruoli drammatici, figure di donne
forti, determinate e coraggiose
come quella di Francesca Morvillo,
moglie del giudice Giovanni Falcone,
nella fiction Giovanni Falcone, l’uomo che sfidò Cosa Nostra “grande
emozione ma anche molto senso di
responsabilità”. Indimenticabile nella parte di Serena, pignola moglie di
Carlo Verdone in Io e mia sorella che
saprà vendicarsi con stile alla fine del
film. “Mi sono molto divertita, è un
film al quale sono legatissima. Ho un
affetto particolare per Carlo di cui
ho amato il suo ultimo libro. Ho riso
e pianto leggendolo. Gli sono grata
anche per questo”(1). Perfetta nobildonna d’inizio Novecento nella serie
televisiva Orgoglio. Donna moderna
nel film Genitori & figli - Istruzioni
per l'uso. Moglie e madre in difficoltà ne Il pranzo della domenica, ma-
nifesto delle tragicomiche familiari.
Superba svampita nella pellicola
Mine vaganti film che le è valso il
Nastro d'Argento per la Migliore Attrice Non Protagonista e il Ciak
d'oro. Su tutti questi volti di donna
a volte fragili, spesso ironici, sempre
innamorati e volitivi, Elena Sofia Ricci ha saputo dare la sua personale
impronta, la sua spontaneità senza
filtri e il suo incantevole sorriso, riscuotendo dal pubblico fin da subito
stima e affetto.
Dando una veloce scorsa alle sue
belle e impegnative interpretazioni
c'è un film, un personaggio o un regista al quale si sente più legata?
Non c'è un personaggio particolare
pontemilvio
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copertina
perché in tutti i miei ruoli metto tutta me stessa.
Ho grande amore e grande stima nei
confronti di tutti i registi che mi hanno diretta. Se proprio devo trovare
un personaggio che mi è rimasto nel
cuore e che mi porto dietro da dodici
anni, forse è quello dell'Ignota di
Luigi Pirandello della commedia
Come tu mi vuoi. Un personaggio
nel quale ho messo non solo tanto
amore, ma tanta energia, tanta fatica. Credo sia stata la parte più impegnativa di tutta la mia carriera.
Cinema, teatro, televisione, a quali
di questi generi di spettacolo si sente più legata e perché?
Mi sento legata ai personaggi che interpreto, quindi cinema, teatro, televisione non fa per me tanta differenza.
Chiaramente l'esperienza teatrale ti dà
la soddisfazione dell'impatto immediato con il pubblico.
Quali sono state le ragioni del grande successo della fiction targata Rai
1 Che Dio ci aiuti, nella quale ha interpretato la simpatica Suor Angela
che si diletta nel risolvere casi polizieschi?
Tra poco andrò sul set a interpretare
Suor Angela qui a Modena dove sto
girando la seconda serie... un successo incredibile, inaspettato a questi livelli. Nella seconda serie non ci sarà
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più l'indagine poliziesca ma verranno sviluppati temi sociali legati a
svariate difficoltà umane, perché ci
siamo accorti che nella seconda parte della prima serie i telespettatori si
appassionavano di più quando trattavamo casi sociali, piuttosto che
l'indagine vera e propria. Penso che
il successo legato a Che Dio ci aiuti ci
riporti a quel bisogno che c'è forte
ed evidente, dopo anni di grande
materialismo, di recuperare una spiritualità che abbiamo perso e di cui
sentiamo il bisogno. Corriamo troppo dietro alle cose superflue, superficiali e non ci occupiamo molto né
del nostro modo di vivere né tanto
meno della nostra anima. Ho incontrato suore di clausura, attive o semi
contemplative moderne e progressiste, molto più avanti di noi laici,
quindi ho voluto eliminare nel personaggio di Suor Angela qualsiasi
forma di bigottismo. Forse uno dei
motivi del grande successo della serie è proprio dovuto a questo.
Su Canale 5 sta andando in onda la
quinta serie de I Cesaroni, una delle
edizioni più attese per il ritorno di
Lucia, da Lei interpretata, uno dei
personaggi più amati dai telespettatori. Il quartiere romano della Garbatella si può paragonare al palcoscenico di Rugantino, la celebre commedia
musicale di Garinei & Giovannini?
Forse una volta, ora il quartiere è
pieno di gente che lavora e quando
noi arriviamo ingombriamo le vie, le
piazze... siamo rumorosi e anche un
po' invadenti. Però lo spirito romano
è lo stesso del palcoscenico di Rugantino e aggiungo che è contagioso.
Nella prima serie de I Cesaroni i telespettatori erano prevalentemente
quelli del centro e del Sud d'Italia.
Vuole sapere dove abbiamo fatto gli
ascolti più alti? In Calabria, ancora
più alti che nel Lazio! Poi, man mano
che le serie si succedevano, lo spirito
romano ha contagiato tutta l'Italia.
Quando abbiamo fatto la conferenza stampa qualche giorno prima della messa in onda della quinta serie
della fiction, era impressionante vedere quanta gente ci avesse accolto
da Roma a Milano. Siamo saliti sul
Frecciarossa a Roma e siamo arrivati
a Milano grazie anche all'aiuto di
Trenitalia. Centinaia e centinaia di
ragazzi impazziti per I Cesaroni.
Questa generosità tipica dei romani,
questo essere anche un po' magari
pressapochisti, questo non stupirsi
più di niente e di nessuno evidentemente fa tanta simpatia. È quella
Mamma Roma pasoliniana di Anna
Magnani, quella Roma che abbraccia
tutti, che non fa distinzione. Roma è
molto democratica come città, non si
dà arie di superiorità. Questo chiaramente ha colpito tutti, anche i ragazzi di Milano. Quando si lavora in
televisione e per il cinema non si ha
la percezione di quanto pubblico ci
sia dietro lo schermo. Una risposta
da parte del pubblico che è per noi
tutti del cast della fiction, motivo di
grande soddisfazione. Durante la
conferenza stampa mi ponevo spesso questa domanda: Ce lo siamo davvero meritato tutto questo amore,
tutto questo affetto?
A quale lato della Sua personalità ha
attinto per interpretare il ruolo di zia
Luciana nel film corale Mine vaganti
di Ferzan Özpetek?
Non so quanto ci sia della mia personalità in quella vena di follia che
esprimo attraverso le scelte professionali che faccio. Dico sempre che
nella mia vita privata sono una donna noiosissima, molto seria, fedele e
per niente trasgressiva. Divento molto trasgressiva nel lavoro, mi butto
da un personaggio a un altro, nel cinema, teatro e televisione. Mi piace
rivoluzionare e cambiare. In questo
sono un po' folle come zia Luciana e
poi sono cecata come lei. Quella parte della miopia di zia Luciana così accentuata è proprio mia. Quando Ferzan mi ha visto cambiare gli occhiali,
copertina
perché non ci vedo un accidente è
impazzito dal ridere. Nella seconda
stesura della sceneggiatura del film
zia Luciana era diventata miope...
In una recente intervista Carlo Verdone tra le altre cose ha detto che
“siamo tutti responsabili se la commedia non tira più. Il cinema non è
più lo stesso, ma questa è un'evidente banalità. Si parla molto di risorse tecnologiche, importantissime
ma non tutto. Il punto è la creatività,
sono i soggetti, le idee”. Concorda
con l'opinione del regista/attore?
Sì, concordo. Noi adesso abbiamo un
parco di attori eccellenti, registi capaci dal punto di vista tecnico. Dove
siamo più deboli è proprio nella
scrittura, nelle idee che non hanno
un grandissimo respiro. In Europa ci
definiscono provinciali... invece di
arrabbiarsi per le critiche io credo
che sia meglio interrogarsi, perché
questo modo di arrabbiarsi rischia di
essere davvero terribilmente provinciale anche quando non lo siamo.
Siamo sempre stati esterofili e ora ci
offendiamo se qualcuno ci dice che
non sappiamo raccontare una storia
che vada al di là del proprio condominio. Pensiamo alle recenti polemiche che hanno fatto seguito alla fine
della 69esima Mostra Internazionale
d'Arte Cinematografica di Venezia.
Che cosa si sente di dire alle maestranze di Cinecittà che in questo periodo sono in sciopero contro la decisione di trasformare gli storici studios in un resort con parcheggi?
Ho contribuito, collaborato e sottoscritto la manifestazione. Siamo stati
in tanti ad aver dato una mano, abbiamo contribuito dal punto di vista
economico, dal punto di vista dell'impegno, penso alla raccolta delle
firme. Ho passato la mia vita a Cinecittà, ci andavo da quando avevo sette anni insieme a mia madre, una
grande scenografa. Ricordo che mi
portava da Sanchini, ora non c'è più,
che è stato un rinomato tappezziere
scenico di Cinecittà. Mi perdevo fra
le stoffe, le statue e il materiale scenografico degli studios. Pensare che
tutto questo diventi un mega centro
commerciale è qualcosa che non riesco a tollerare. L'Italia è certamente
il Paese più ricco del mondo dal pun-
to di vista culturale e artistico ma
purtroppo non sappiamo valorizzare
tutto ciò che abbiamo.
C'è un regista italiano o straniero
con il quale vorrebbe lavorare in futuro e c’è già qualcosa di prossima
programmazione o in corso di lavorazione?
Sono tanti i registi con i quali vorrei
lavorare in Italia e all'estero. Mi piacerebbe per esempio tornare ad essere diretta da Ozpetek. Mi piacciono i registi Paolo Sorrentino e Giuseppe Tornatore. Per quanto
riguarda i registi stranieri scelgo Steven Spielberg. Ah se mi capitasse! A
mio avviso Spielberg è il più grande
cineasta insieme a Orson Welles,
Stanley Kubrick ed Alfred Hitchcock.
Spielberg è visionario e nella sua
produzione ha attraversato tutti i
generi. Ha diretto i film della mia
vita: E. T., Schindler List. Ho svariati
progetti di lavoro ma non sveliamo
nulla, resto zitta e muta...
(1) Carlo Verdone La casa sopra i portici (Bompiani 2012)
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dedicato a...
La cultura su misura per mamme si
espande per l’Italia grazie a
Mamma Cult
Riprende la stagione autunnale a Roma, Bologna, Vicenza, Torino, Milano e Ferrara!
M
amma Cult è
il primo progetto di visite
guidate
pensate e organizzate
per un pubblico di future neo mamme: in gravidanza, con
passeggini, accompagnate da amiche, papà, nonni e bambini, o semplicemente mamme che hanno voglia di trascorrere una mattinata di
svago e cultura.
Il progetto, nato nell'ambito dell’agenzia di servizi per mamme Baby
Planner Italia, è stato avviato con
molto successo a Roma a novembre
2011, per iniziativa di Francesca Camerota - ideatrice di Baby Planner
Italia e che ha lavorato per dieci anni
come consulente aziendale - e con il
supporto di Raffaela Tomassetti storica dell’arte e guida turistica da
oltre dieci anni.
A gennaio 2012 è partita l'edizione
a Roma e Bologna: due città diverse
come dimensioni, sistema di mobilità
e sostenibilità urbana e a marzo
2012 à iniziata la stagione Mamma
Cult a Vicenza, splendida città veneta.
A Maggio 2012 Mamma Cult si
estende anche a Milano, Torino e
Ferrara. Quattro regioni e quattro
realtà differenti, in cui il connubio
“arte + famiglia” si presta a valorizzare e riscoprire il patrimonio del
territorio.
In queste città i percorsi di Mamma
Cult si svolgono sia nel centro storico
cittadino che nelle zone limitrofe
per dimostrare l'apertura e la disponibilità del territorio ad accogliere
un pubblico prezioso, delicato ed entusiasta quale quello formato da
mamme in gravidanza e mamme con
i loro bambini.
I percorsi di Mamma Cult sono tutti
privi di barriere architettoniche, raggiungibili facilmente con i mezzi
pubblici e studiati per andare incontro alle esigenze delle mamme da un
Per maggiori informazioni:
Website: www.mammacult.it - www.babyplanneritalia.it
Email: [email protected] Francesca Camerota Baby Planner Italia
[email protected] - [email protected] 348 3934278
punto di vista di tempistiche e strutture corredate.
Non mancano mai servizi igienici a
portata di mano per cambiare i bimbi, luoghi dove sedersi e sistemarsi se
si è stanche o se si ha necessità di dar
da mangiare ai piccoli, e qualsiasi
esigenza o necessità è ben accolta e
assecondata.
I contenuti culturali sono pensati per
le mamme e chi le accompagna, ma
sempre declinati anche nell'interesse
dei bambini presenti. Proprio in questo risiede la novità di Mamma Cult:
non è soltanto un'iniziativa per
mamme e bambini, è un'idea in cui
le mamme sono protagoniste e i
bambini e le loro necessità sono i
benvenuti, in modo che le mamme
stesse possano sentirsi a loro agio,
incontrarsi, rilassarsi, divertirsi!
Per partecipare agli eventi Mamma
Cult è necessario prenotarsi attraverso il sito: www.mammacult.it, dove
troverete tutti i dettagli su date, orari e prezzi.
Il programma di Roma
SABATO 24 NOVEMBRE 2012
GALLERIA CORSINI
Si tratta di una delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma (l’altra è
a Palazzo Barberini). E’ ospitata all’interno della grandiosa residenza
Settecentesca, costruita dall’architetto Ferdinando Fuga per la famiglia
fiorentina dei Corsini.
Il complesso del Palazzo e del Giardino hanno una lunga e interessante
storia: il nucleo originario risale infatti al Rinascimento e, nella seconda metà del XVII secolo, divenne la
residenza della regina Cristina di
Svezia.
Oggi, oltre che della Galleria è anche
sede dell’Accademia Nazionale dei
Lincei. Le opere che potremo ammirare risalgono prevalentemente al
XVI e al XVII secolo. Tra queste, gli
inestimabili capolavori di Jacopo.
Prenotazione a: [email protected]
architettura
La città
illuminata
di Paolo Brasioli (architetto)
L’
immagine della metropoli notturna, vivacemente brillante
e scintillante di luci,
esercita da sempre
sui cittadini un'attrazione quasi magica ed onirica fin
da quando l'evoluzione della specifica tecnologia dell'illuminazione artificiale ha permesso tali risultati.
Passata la prima lunga fase di gestione delle luci delle città improntata
alla pura praticità e funzionalità al
fine di garantire soprattutto sicurezza e vivibilità, la messa in scena, attraverso il sapiente uso delle luci,
della vita urbana sta vivendo più recentemente nuove entusiastiche occasioni ed esperienze.
Infatti la differenziata illuminazione
degli edifici e o di elementi civici di
spicco, come ruderi, monumenti e
fontane, crea nuovi segni di riferimenti per l'identità urbana notturna, sia da lontano (nel paesaggio o
ad esempio dall'aereo che la sorvola
in avvicinamento), sia da ambiti e
prospettive più ristrette all'interno
Foto di Paolo Brasioli
12 pontemilvio
proprio degli spazi più intimi della
città stessa. Le possibilità creative
vanno dall'illuminazione diffusa e
soft di intere facciate, che permettono ad esempio di rendere percepibili
i confini spaziali di una piazza, fino
a concetti maggiormente espressivi
e talvolta artistici e temporanei in
occasione di eventi e feste.
Anche la sapiente differenziazione
dell'illuminazione a seconda dell'orario della giornata, delle condizioni atmosferiche, andando ad agire sulle variabili del colore, dell'intensità e dell'orientamento, trova
sempre maggiori, valenti ed intriganti applicazioni e soluzioni.
Ovviamente le diverse tipologie dell'ambiente urbano e degli edifici, richiedono e stimolano un differente
trattamento e concetto creativo del
progetto illuminotecnico.
Ad esempio le storiche quinte spaziali in muratura di palazzi e chiese
e i monumentali e massicci bastioni
dei castelli come si può immaginare,
vengono trattati ed illuminati in
modo ben differente dalle più moderne facciate in vetro trasparenti
capaci di emettere eventualmente
luce anche dal loro interno verso
l'esterno.
La luce, quindi, che non ha in se una
struttura nel senso che non è tangibile, diviene l'unico e necessario "ingrediente" per mettere in risalto la
matericità delle cose, dal piccolo dettaglio al grande complesso di forme
rappresentato dalla città stessa in
quella sinfonia di "echi" visivi che si
vengono a determinare.
Il romanzo di
una storia vera
ambientato
nella Rimini
Felliniana del
1968 dove
ogni sogno
sembrava
possibile.
L'isola e le rose di Walter Veltroni
di Alessandra Stoppini
É
un viaggio nella memoria, nel nostro comune passato, l'ultimo
libro di Walter Veltroni
dedicato alle figlie
“Martina e Vittoria,
perché le parole, la
fantasia, il pensiero
degli altri salvano il mondo” che in
una settimana ha stabilito il record
di tre edizioni stampate. Si tratta di
un racconto tra nostalgia e rimpianto di una grande amicizia condivisa
e di un'utopia realizzata anche se
breve, ambientata “in una stagione
di passioni antiche, quella del '68“
anno fatidico sotto molti punti di vista. Al largo di Rimini, città di Federico Fellini ma anche tra le città più
colpite durante la II Guerra Mondiale, una piattaforma, un'isola artificiale sarebbe stato il sogno di libertà
di un gruppo di ragazzi testardi e avventurosi. Un “progetto folle, figlio
dell'ottimismo degli anni Sessanta”,
che era la rappresentazione di quello spirito innovativo di una generazione che era “mossa da una incontenibile voglia di vivere, migliorare,
scoprire”. Ragazzi che “sognavano
cose da realizzare, fossero anche impossibili”, come aveva fatto Ulisse,
per non costringersi a viver come
bruti desiderando di seguire “virtute
e canoscenza”. Come era accaduto a
Cristoforo Colombo che “non era un
14 pontemilvio
realista”. Come non lo era Galileo
giacché “cercavano qualcosa che
non c'era ancora, nella coscienza e
nel sapere di tutti”. Nel romanzo che
Gino Paoli nel quotidiano Il Secolo
XIX ha definito “una storia così disponibile che ci si possono attaccare
i ricordi, le speranze, le utopie, i divertimenti e i sogni di ieri”, tutto ha
inizio ai giorni nostri in una mattina
di tarda estate al largo del Mar
Adriatico “piatto e dolente”, quando Giovanni durante un'immersione
ritrova per caso un oggetto di color
“arancione sbiadito, come consumato”. Quell'oggetto “che ha resistito
in fondo al mare per chissà quanto
tempo” si rivela essere un contenitore frigorifero portatile “che si usavano un tempo”. Giovanni una volta
aperta “la borsa frigorifera” trova
nell'interno “un mucchio di dischi a
quarantacinque giri, perfettamente
conservati, disegni stampati”, un microfono, “un berretto blu stinto e
una bandierina scolorita”, alcune
carte ingiallite scritte in una strana
lingua” con un'intestazione Insulo
de la Rozoj. Cosa vorrà dire? Sarà il
nonno di Daniela, appassionata di
esperanto a rievocare “una lunga
storia. Lunga, magica e dolorosa”
come sottofondo She's a Rainbow
dei Rolling Stones. Giulio “il bello
della compagnia”, Giacomo e Lorenzo “il sognatore” figlio del proprie-
tario del “mitico Grand Hotel”, “erano stati a scuola insieme”, “si erano
giurati di restare amici per sempre”.
Si erano laureati, qualcuno già lavorava, altri aspettavano un impiego.
“... perché non costruiamo un isolotto, una piattaforma, un luogo che
possa accogliere le persone? Una
specie di comunità dell'arte”. Da
questa idea folle, utopica parte “il
romanzo di un'incredibile storia
vera” realmente accaduta prendendo in prestito il sottotitolo del volume. Finanziati dal padre di Lorenzo,
il ragionier Guerrieri, aiutati dai progetti di Simone “il genio della classe”, dalla bella Elisa dalla “mente
tecnica”, dalla giornalista con lo chignon nero Laura e dalla bella barista
Luana, questi “ragazzi sognatori”
riuscirono a far edificare “distante
sei miglia dalla costa, poco più di undici km” dove lo spazio è internazionale, cioè fuori dalla legislazione degli stati, l'Isola delle Rose, una “robusta struttura in cemento e
acciaio”. “Un'isola del bello, della
scienza e dell'arte, in mezzo all'Adriatico” inaugurata il 16 maggio
del 1968 ospite d'onore l'attrice dagli occhi verdi Marilù Tolo adorata
dal ragionier Guerrieri. La “strana
piattaforma al largo di Rimini” che
avrebbe dovuto ospitare “un nuovo
tipo di albergo. Una piccola locanda
sul mare. Molto esclusiva. Per scritto-
libro del mese
ri e artisti”, era “la prima sfida realizzata della loro vita, la dimostrazione che un sogno può prendere forma, che un'utopia può diventare
concreta, che le parole possono farsi
legno e ferro”. In questo stato sovrano, indipendente, simbolo di una città ideale, un po' hippy e un po' bohémien si parlava l'esperanto “lingua etnica”, “di tutti e di nessuno,
semplice, universale”.
La stazione radio dell'Insulo de la
Rozoj era ascoltata da tutte le radio
della riviera perché “le porte erano
aperte e tutti potevano dire la loro
in trasmissione”. Gli argomenti spaziavano dal Vietnam al servizio di
leva, da Robert Kennedy a Martin
Luther King, dalla pillola anticoncezionale alla minigonna, dalla legge
sui manicomi “alla vittoria dell'Italia
agli Europei di calcio”. Per “risalire
dalle parole alla musica” il modello
era la trasmissione rivoluzionaria Per
voi giovani di Renzo Arbore. “Oggi
è Ferragosto. Auguri a tutti. A te che
stai per mettere Azzurro nel jukebox, a te che versi lo zucchero nel
primo caffè del mattino, a te che ti
sei stufato di leggere Kant... ”. Questo “sogno da Peter Pan realizzato”
però fu subito giudicato pericoloso e
sovversivo dalla polizia e dall'ordine
costituito perché “non solo hanno
deciso di proclamarsi stato indipendente, ma hanno anche scelto la loro
lingua ufficiale”. L'isola in mezzo al
mare rischiava di diventare l'isola
che non c'è più. Per riportare alla
luce una storia dimenticata, l’autore
che è stato direttore dell'Unità, e ha
avuto molti incarichi politici come vicepresidente del Consiglio, sindaco
di Roma, segretario del Partito Democratico e candidato premier alle
elezioni politiche del 2008, ha visitato Rimini città “poeticamente strana” incontrando il creatore della
vera Isola delle Rose, l'ingegner
Giorgio Rosa e alcuni protagonisti
della vicenda come Franca Serra che
andò a lavorare nell'Isola “e lì ci ha
lasciato il cuore”. Giornalista e scrittore oltre che uomo politico Veltroni
ha respirato l'aria tipicamente felliniana di Rimini come quelle manine
di Fellini che “quando cominciavano
a scendere dal cielo, a Rimini si diceva le manine sono su e l'inverno non
c'è più”. Se in Noi, il precedente romanzo di Veltroni, lo scrittore descriveva anni cruciali, nodali in quatto
stagioni che hanno cambiato il corso
della nostra storia, nel suo ultimo romanzo l'autore pone a confronto
due generazioni e due tempi storici:
l'attuale “l'era della sfiducia, del ripiegamento su noi stessi, della chiu-
sura” e gli anni Sessanta pieni di speranza, di fiducia e di forza di volontà. Un'epoca d'oro fatta di uomini
come Bob Kennedy e Martin Luther
King assassinati proprio nel 1968.
L'utopia è necessaria desidera ricordarci l'autore che tra le pagine del libro sembra volersi rivolgere a tutti
quei giovani “depressi e sfiduciati,
angosciati e isterici” che non hanno
nessuna direzione da seguire. Veltroni si riconferma un affabulatore di
classe raccontandoci un'era che i nostri genitori ricordano con nostalgia
e una storia che non poteva non diventare un romanzo. “E' straordinario come Walter sappia raccontare la
vita di una generazione” in un volume dove “traspare un amore profondo verso il nostro Paese e una fiducia
nelle sue potenzialità”. Sono le parole di Massimo D'Alema che ha re-
censito L'Isola e le rose sull'Unità nell'articolo intitolato Un sogno può
riunire i figli con i padri. “Per tutti
quelli della mia generazione il romanzo di Walter Veltroni ha il sapore della nostalgia e ci riporta in un
tempo cruciale della nostra vita personale”. Un libro che contiene una
splendida colonna sonora di musiche
evergreen (Beatles, Doors, Otis Redding, Rolling Stones, Sonny & Cher,
Mina con Se telefonando, Fabrizio
De André con Bocca di Rosa e Patty
Pravo con Ragazzo triste). A motivo
di ciò desideriamo citare la strofa
della canzone di Ivano Fossati C'è
tempo che Walter Veltroni ha posto
nella pagina dei ringraziamenti. “Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno più lungo per aspettare. Io
dico che c'è un tempo sognato che
bisognava sognare”.
Walter Veltroni
L'isola e le rose
Rizzoli 2012
Pp. 320 - 17,50 Euro.
pontemilvio
15
Roma news
Apre Principe, nuovo tempio
del gusto
Dal 15 ottobre in via Liguria 36 a/c/d
degustazioni gourmet
nel nuovo laboratorio-store gastronomico dedicato all’arte culinaria
con particolare attenzione al mondo
iberico.
Il laboratorio-store gastronomico dedicato all’arte culinaria ed al mondo
iberico, nato con l’idea di proporre
attraverso una formula innovativa,
elegante ed efficace, un nuovo e
sperimentale concetto di degustazione e vendita di prodotti alimentari di alta qualità “HQ”.
Un progetto di tre giovani imprenditori, già presenti nel mercato e specializzati nell’importazione e distribuzione di prodotti alimentari spagnoli in Italia.
Questa nuova attività si dedicherà
anche alla creazione di eventi, attraverso esperti del campo musicale,
culturale e dell’arte in generale, a
cui saranno affidate la cura e l’immagine di PRINCIPE.
Particolare attenzione è data alla
Spagna con prodotti famosi e conosciuti nel mondo:
Cerdo Iberico Puro, il suino nero di
razza autoctona da cui proviene il rinomato Jamon Ibérico Puro de Bellota, il particolare prosciutto di
ghianda conosciuto come Pata Ne-
gra, il più pregiato al mondo - le sue
varianti derivanti dalle pregiate carni;
Anchoas del Cantabrico, le grandi e
pregiate acciughe del Nord;
Formaggi squisiti di pecora e capra
vincitori di premi europei e mondiali;
Olio extravergine di oliva Almazaras
de la Subbética, dalle eccellenti qualità e tra i più premiati al mondo.
Dell’Italia è possibile trovare solo eccellenze della cucina tradizionale e
artigianale:
dalla mozzarella di bufala ai formaggi stagionati; dai raccolti pregiati
della terra alle fantastiche ed esclusive conserve; dai prodotti del grano
alle squisitezze del cioccolato.
In un ambiente semplice ma raffinato, in una calda atmosfera e accogliente sala arredata con stile e con
laboratorio gastronomico a vista,
sarà possibile fermarsi per un pranzo
veloce, uno spuntino, oppure per un
aperitivo.
Un luogo d’incontro dove sperimentare un inedito viaggio culinario, accompagnati dai piatti esclusivi preparati dall’attento Chef, pronto a offrire realizzazioni semplici e gustose,
tapas e pinchos rivisitate con il buon
gusto tipico italiano.
Rilevante attenzione sarà per il
PRINCIPE, il prosciutto iberico, el Ja-
mon, presentato e offerto dai nostri
esperti tagliatori, a cui tutti presteranno attenzione, in questa arte nobile del taglio al coltello.
Cura e dettaglio anche nella selezione di champagne, vini e birre attraverso un originale servizio di mescita a cui
il cliente potrà dedicarsi con attenzione.
Per i momenti meno impegnati invece: frullati, frappè, caffè e bibite.
Non mancherà il momento del caffè,
buonissimo, semplice e simpatico da
degustare.
Essere nobile nell’arte culinaria. È
questa la mission (e lo slogan) di
PRINCIPE, la risposta alla cultura alimentare sempre più orientata alla ricerca costante della massima qualità
gastronomica. Una tendenza che impone la garanzia di prodotti genuini
e ricercati, servizio esclusivo e attenzione al cliente.
PRINCIPE, un luogo d’incontro tra
profumi, odori e sensazioni della Terra.
PRINCIPE Arte Passione Gourmet
Via Liguria 36 a/c/d – Roma
Tel/fax: 06 45582545
Mob. 338 8555698
Aperto tutti i giorni 10.00-20.00 (l-v) e
10.00 -13.00 (s). Chiuso la domenica
www.dalprincipe.com
[email protected]
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“In Hoc Signo Vinces”, successo di pubblico nonostante il maltempo
Neanche il maltempo ha fermato il
remake della battaglia di Saxa Rubra, amarcord della sfida avvenuta il
28 ottobre 312 fra Costantino e Massenzio. Oltre tremila persone hanno
stazionato nei vari momenti delle
due giornate nell'area preposta per
il “Castrum” e in quella dove è stata
replicata la disfida. Molte famiglie
con i figli al seguito, studiosi della
materia e semplici curiosi hanno vissuto con estrema attenzione la due
giorni di “In hoc signo vinces”, manifestazione clou fra le iniziative cul-
turali del XX Municipio per l’anno 2012.
Presenti il presidente del XX Municipio Gianni Giacomini, e con lui il vice
presidente Marco Perina, oltre a Giuseppe Calendino, presidente della
Commissione cultura. I rappresentati
della massima istituzione locale hanno ricordato i momenti salienti della
battaglia e sottolineato la grande attenzione rivolta dal XX Municipio
alla cultura, non prima di ringraziare
chi ha seguito e divulgato l'argomento del giorno: “Il sapere non è
mai abbastanza”, questo il filo con-
duttore delle dichiarazioni “politiche”.
Subito dopo è andata in scena la simulazione del confronto bellico, che
era stato preceduto dall'illustrazione, da parte degli attori protagonisti, della vita vissuta a Roma millesettecento anni fa.
Fra i presenti anche lo storico austriaco Pietro Bordin, chiare le sue
origini italiane, vero e proprio cultore della materia.
La manifestazione fa parte delle iniziative culturali del XX Municipio per
l’anno 2012.
Marco Perina,
Vice Presidente del XX Municipio
Roma news
A via Sistina e via Crispi
il Natale arriva il
25 Novembre
Grazie ad un’iniziativa dell’Associazione via Sistina
via Crispi, domenica 25 novembre sarà possibile fare
shopping presso gli esercizi associati (oltre 70) senza
auto e con una formula premiante.
Traffico chiuso, negozi aperti, sconti
del 15%. È questa la formula proposta dall’Associazione romana Commercianti di via Sistina e via Crispi
che, per la giornata di domenica 25
novembre, ha voluto giocare d’anticipo, organizzando una giornata natalizia un mese prima delle Feste. “la
nostra intenzione – spiega Ciro Verrocchi, Presidente dell’Associazione
e Direttore Generale dell’Hotel Inter
Continental De La Ville di via Sistina
- è quella di consentire ai romani ed
ai tanti turisti presenti di potersi go-
dere una delle più belle zone del
centro storico, compresa tra via Sistina e via Crispi, passeggiando in assoluta tranquillità”. Le strade di via Sistina e via Crispi, per una volta restituite ai pedoni, diverranno così
luogo ideale per lo shopping, attraverso la riscoperta di esercizi commerciali storici e di nuove attività,
magari concedendosi il tempo per
due chiacchiere nella storica sala da
tè dell’hotel De LA Ville o presso gli
esclusivi bar della zona.
Gli esercizi commerciali che fanno
parte dell’Associazione via Sistina –
via Crispi (oltre 70) regaleranno un
piccolo panettone e la shopping card
a coloro che faranno una spesa superiore a 50 euro. Con la shopping card
dal 1 dicembre 2012 sarà possibile
usufruire di sconti del 15% per acquisti a partire da 150 euro (anche
cumulati in più negozi).
“questa è solo una delle iniziative
cui stiamo dando vita –conclude Verrocchi- per rilanciare non solo i consumi, ma anche l’immagine e la vivibilità del centro storico di Roma”.
“Associazione Via Sistina - Via Francesco Crispi”
Noi partecipiamo al circuito
“Acquisti d’Oro”
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Benvenuti
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Via Sisti
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Carta n
pontemilvio
17
speciale teatro
Si riapre il sipario al
Teatro Cassia con grandi novità
Sonia Costantini è il nuovo
Direttore Artistico del Teatro Cassia.
di Alessandra Stoppini
“I
l mio è un progetto poliedrico e
ambizioso” ci ha
dichiarato Sonia
Costantini, Consigliere del Municipio Roma XX, la
sera dell'inaugurazione della stagione 2012/2013 del
Teatro Cassia avvenuta lo scorso 12
ottobre, alla quale hanno partecipato il vicesindaco del Comune di
Roma Sveva Belviso, il Presidente del
Municipio Roma XX Gianni Giacomini, il senatore Cesare Cursi, il senatore Andrea Augello, l'Assessore alla
Cultura Marco Perina, l’Assessore ai
lavori pubblici Stefano Erbaggi, il
consigliere al Comune di Roma Federico Guidi, Presidente della Commissione Bilancio di Roma Capitale.
“Desidero offrire al pubblico che verrà a trovarci una stagione in senso
teatrale e letterario, ma anche volta
al divertimento, all’evasione, al piacere di trascorrere una serata scegliendo tra un panorama di propo-
18 pontemilvio
ste differenziate tra prosa, musica
jazz, classica e d’intrattenimento con
un'attenzione particolare al teatro
dei ragazzi”. Il Teatro è diventato da
alcuni anni un punto di riferimento
culturale e la Prof. Costantini grazie
alla sua esperienza in vari settori artistici, spaziando tra la carriera pianistica concertistica e sviluppando le
competenze nella scenografia, regia
e composizione collaborando con
Roman Polanski e Luca Barbareschi,
ha creato un “cartellone d'eccezione” pronto a soddisfare i palati più
esigenti.
Prof.ssa Costantini, sotto la Sua gestione cosa propone il cartellone
2012/2013? “Aprirà la stagione teatrale, l’esilarante Rap-sodia di Dosto
& Yevsky con la partecipazione di
Donna Olimpia: è un esplosivo intreccio di musica e comicità. Seguirà
con la regia di Gennaro Monti, Don
Chisciotte contro gli spiriti del male
un testo noto rivisitato con creatività
e colpi di scena, i cui movimenti sono
a cura di Giovanna Nicodemo. A dicembre Milena Miconi e Francesca
Nunzi presenteranno in prima nazionale Beate Noi! (testo di Mauro Graiani): due Sante sono sparite dal calendario, perché nessuno le prega
più… Il 31 dicembre si brinderà al
nuovo anno con Giggino Passaguai
regia di Paolo Triestino e testo di Antonio Grosso. Alla fine di Gennaio
andrà in scena I radiogiornali parlano solo di me, spettacolo diretto da
Teo Bellia. Si tratta di un testo intrigante ambientato in un locale notturno frequentato da loschi figuri,
dove un detective di scarsissime capacità cerca di risolvere un giallo: tra
Jazz, (musica eseguita dal vivo) dark
lady e cadaveri presunti, si svolge un
noir divertente al limite del grottesco.
Come ho anticipato, non ci sarà solo
la stagione teatrale, nella mia veste
di consulente musicale della Casa del
Jazz di Roma, ho pensato di presentare la I edizione del Festival Jazz:
Roma suona. Inaugurerà il 7 novembre lo spettacolo Un incontro in Jazz,
Gino Paoli incontra musicalmente
Danilo Rea, Flavio Boltro, Rosario
Bonaccorso, Roberto Gatto il gotha
dei musicisti italiani Jazz. Una serata
eccezionale, come gli altri appuntamenti che seguiranno.
Con l’obiettivo di avvicinare un largo
pubblico alla musica, ho pensato a
una stagione concertistica variegata,
per tutti i gusti.
Anche il teatro per l’infanzia, quest’anno ha un programma irresistibile: La Bella e la Bestia, I tre porcellini,
Sashamania & friends, Raperonzolo
il principe ranocchio, tutti spettacoli
realizzati da veri professionisti dello
spettacolo per ragazzi”.
Fido onlus. Con Teatro in Bus invece
sarà offerto un servizio di navetta
dedicata alla terza età, alle persone
con diversa abilità, alle persone sole,
proprio per dare l’opportunità di
partecipare la domenica pomeriggio
alle iniziative teatrali. Saranno individuati dei punti strategici d’incontro nei diversi quartieri di Roma,
dove il Bus accoglierà le persone che
si saranno preventivamente prenotate gratuitamente alla segreteria del
Teatro. Ma le sorprese non finiscono
qui! Nel nostro teatro all’interno
dello spazio Bar, sarà offerto gratuitamente un aperitivo il venerdì sera
dalle ore 20.00”.
Quali sono le novità salienti del Teatro Cassia? “Desidero parlare prima
di tutto di Cassiaproposte una selezione di spettacoli dove la cultura
del merito è il leitmotiv. Il Teatro Cassia, infatti, darà una chance reale e
concreta a tutte quelle compagnie, a
tutti quegli artisti, musicisti, scrittori
che desiderano essere inseriti nella
programmazione teatrale. Ho stabilito che Il ricavato del 10% del prezzo degli abbonamenti sarà devoluto
alla Fondazione Movimento Bambino presieduta dalla Dott.ssa Maria
Rita Parsi e all'Associazione Amici di
”Prove Aperte”. Di che cosa si tratta?
“Sono matinèe teatrali e musicali,
dove i ragazzi potranno partecipare
e respirare la tensione, l’emozione
vibrante delle prove degli spettacoli
che andranno in scena la sera.
Un vero e proprio dialogo interattivo, con i protagonisti sul palco, i ragazzi si sentiranno partecipi e vivranno le emozioni delle prove di
uno spettacolo in diretta. Da settembre saranno aperte le iscrizioni ai
corsi teatrali e musicali tenuti da attori e musicisti professionisti, un laboratorio interattivo che raggiunge-
rà obiettivi didattici straordinari. Il
teatro si avvarrà della collaborazione
di Matteo Ciampi, appartenente alla
terza generazione della famosa Ditta specializzata in pianoforti. Sono
convinta che il Teatro Cassia diventerà il polo culturale d’eccellenza a
Roma Nord, una oasi di serenità e
una grande sfida, da vincere ovviamente tutti insieme. Quindi vi aspetto!”.
Teatro Cassia
Via Santa Giovanna Elisabetta, 69
Parcheggio riservato
Tel. 0696527967 - 3384768700
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www.teatrocassia.it
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Teatro Cassia.
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pontemilvio
19
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del cavo orale... Addio!
Infezioni del cavo orale ed alitosi sono
due problemi diffusi ma risolvibili.
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necessitano visto la sua particolare
densità che impedisce lo scivolamento del prodotto e garantendo la sua
maggior permanenza nella zona richiesta.
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nfezioni del cavo orale ed
alitosi sono due problemi
diffusi ma risolvibili. Forse in
pochi sanno però che tale
sgradevole disturbo deriva
dalla presenza di batteri nocivi all’interno del cavo orale,
i quali rilasciano gas volatili,
che determinano l’odore caratteristico. Il cavo orale infatti è la prima “
porta di ingresso " di batteri e virus
che, se non debellati dalle difese immunitarie del nostro organismo,
danno origine a infezioni sistemiche
o locali. Molti Colluttori antisettici
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mostra
Al Palaexpo fino al 3 febbraio 2013
Robert Doisneau
Il Bacio dell'Hotel de Ville, 1950_copyright © atelier Robert Doisneau
Il grande fotografo francese ci ricorda con i suoi
celebri scatti che Parigi è sempre Parigi.
di Alessandra Stoppini
“S
ous le ciel de
Paris s'envole
une chanson...
” cantava Yves
Montand
e
Doisneau con
le sue tante
fotografie ferma un istante irripetibile e lo scatto diventa subito storia di un'epoca, di una
nazione e della sua società.
Così è avvenuto nella celebre foto Il
bacio all'Hotel De Ville (1950) pubblicata il 12 giugno dello stesso anno
dal magazine Life: due innamorati si
baciano con passione in mezzo alla
strada tra l'indifferenza dei passanti.
Questa e più di 200 fotografie originali, scattate da Doisneau nella Ville
Lumière tra il 1934 e il 1991, sono
esposte in una grande rassegna an-
22 pontemilvio
tologica allestita a Palazzo delle
Esposizioni raggruppate per tema e
in modo da ripercorrere i soggetti a
lui più cari.
Questo imperdibile allestimento fotografico nasce per iniziativa dell’Azienda Speciale Palaexpo, dell’Atelier Doisneau, della Fratelli Alinari Fondazione per la Storia della
Fotografia e di Civita, con il patrocinio della Ville de Paris e di Roma Capitale. Le immagini di Doisneau sono
oggi conservate nelle più grandi collezioni in Francia, negli USA e in
Gran Bretagna ed esposte in tutto il
mondo.
La mostra conduce il visitatore in
un’emozionante passeggiata nei
giardini di Parigi, lungo la Senna, per
le strade del centro e della periferia
e poi nei bistrot, negli atelier di
moda e nelle gallerie d’arte della capitale francese, perché come amava
dichiarare il foto giornalista “ho
molto camminato per Parigi, prima
sul pavé e poi sull’asfalto, solcando
in lungo e in largo per mezzo secolo
la città”.
I soggetti prediletti delle fotografie
in bianco e nero di Doisneau, nato
esattamente cento anni fa il 14 aprile a Gentilly, Val-de-Marne, alla periferia di Parigi e scomparso il 1 aprile
1994 a Montrouge, periferia di Parigi, sono, infatti, gli abitanti della capitale francese: le donne, gli uomini,
i bambini, gli innamorati, gli animali
e il loro modo di vivere questa città
che non finisce mai di sedurre e stupire. “Io non fotografo la vita reale,
ma la vita che mi piacerebbe che fosse”, eppure da quest’apparente con-
traddizione questo giornalista per
immagini che aveva lavorato al fronte durante la II Guerra Mondiale per
poi dedicarsi a guerra finita per 50
anni alle foto di strada, seppe riprendere con i suoi innumerevoli scatti le
tante sfumature, sensazioni, atmosfere ed emozioni di una città in fermento che mutava sotto i suoi occhi.
Fedele per un cinquantennio all'agenzia fotografica Rapho, Doisneau con la sua fotografia umanista,
come fu definita in patria, immortalò volti anonimi di bambini che giocano, di uomini e donne in amore e,
qui non possiamo non citare Jacques
Prévert, di donnine allegre e di gente comune. Ecco Les Halles il grande
mercato di Parigi, brulicante di voci
e suoni, che ci riporta ai romanzi di
Zola, le piazze e i boulevard, le periferie e il centro della città, i giardini,
le panchine, tutta quella vita quotidiana che rende viva e vibrante la capitale in uno spazio - tempo che ci
porta come per magia a percorrere i
viali con lui. “L'indigeno sono io,
fuso nella massa. Faccio parte della
scenografia: francese medio, statura
media, segni particolari: nessuno.
Ah, si! La macchina fotografica. Ma
ce ne sono talmente tante, e poi io
non me la porto con fare ostentato
intorno al collo, come un’etichetta.
No: discreto, efficiente, mi confondo
nel gregge dei pedoni”. Pedone tra
la folla il fotografo incontra personaggi del calibro di Pablo Picasso, Juliette Gréco, Colette, Marguerite Duras, Simone de Beauvoir, Alberto
Giacometti e un certo Georges Simenon con l'inseparabile pipa e appare
strano non trovare accanto all'autore belga il commissario Maigret.
Splendidi gli scatti di Parigi sotto la
neve, dei pescatori lungo la Senna e
alle spalle la cattedrale di Notre Dame, oltre a una seducente Juliette
Binoche di bianco vestita. Tres chic
quelli che ritraggono i più sofisticati
stilisti francesi nei loro atelier: Coco
Chanel, Yves Saint Laurent, Cristian
Dior e Cristian Lacroix. Citiamo infine il grande manifesto presente in
mostra che ritrae il fotografo mentre
con la sua Rolleiflex ci osserva con
sguardo acuto e sornione. Robert
Doisneau sembra pronto a scattare
una foto ai visitatori che non si stancano di ammirare le sue.
La ballata di Pierrette d'Orient, 1953_copyright © atelier Robert Doisneau
Robert Doisneau.
Paris en liberté 29 settembre 2012 - 3 febbraio 2013
Palazzo delle Esposizioni
via Nazionale, 194 Roma
Orario: martedì/mercoledì e giovedì 10.00 - 20.00,
venerdì e sabato 10.00 - 22.30.
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INFO: 0639967500
www.palazzoesposizioni.it
pontemilvio
23
Paolo è stato difficile conciliare lo
studio scolastico con l'impegno al
Conservatorio?
Non è stato sempre facile conciliare
gli impegni scolastici con l’attività in
conservatorio, soprattutto durante
gli anni di liceo classico. Tuttavia nel
mio modo di vedere la formazione,
non ho mai fatto grandi distinzioni
tra i due percorsi. Scuola e conservatorio prima, università e conservatorio poi, hanno rappresentato per me
un unico grande mondo, dove poter
crescere e imparare. Studiare musica
ha inciso in maniera decisiva sulla
mia educazione e più in generale
sulla crescita della mia persona.
Paolo Petrocelli
cittadino d’Europa
“È stata la musica a essersi avvicinata a me”
dichiara l’artista che ha dedicato la sua vita
alle note del pentagramma.
di Alessandra Stoppini
L
a migliore gioventù italiana è ben rappresentata da Paolo Petrocelli,
ventisette anni, talento
e passione per la musica, per la cultura e per i
viaggi. Un artista poliedrico che ha iniziato a
studiare musica e a suonare il violino
all'età di 8 anni e a 12 è stato ammesso al Conservatorio di Santa Cecilia. Manager musicale e culturale,
vincitore di premi di ricerca, esperto
della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO (Organizzazione
delle Nazioni Unite per l'Educazione,
la Scienza e la Cultura) in ambito di
cultura musicale, Paolo inoltre si è
24 pontemilvio
specializzato nello studio della musica europea del XX secolo divenendo
uno tra i maggiori rappresentanti
della nuova generazione di studiosi
della musica britannica del Novecento.
Un autentico cittadino d'Europa che
ha avuto il coraggio e la volontà di
guardare oltre i confini nazionali
“sono attivo in ambito internazionale ed europeo su progetti multiculturali”, dimostrando che con tenacia, ambizione e passione si può ottenere il meglio della vita. “La
musica per me ha sempre rappresentato un linguaggio universale, il migliore modo per comunicare l’armonia interiore”.
Il tuo talento creativo è la dimostrazione che con la cultura si vive e che
può diventare un mestiere. In che
cosa consiste la figura professionale
del Manager culturale?
Si può vivere lavorando per la cultura e per la musica. Bisogna solo cercare la propria strada con grande
onestà e dignità. Al momento in
campo musicale sono attivo come direttore associato della sede di Roma
dell’agenzia IMG Artists, leader
mondiale nel management dello
spettacolo e dei grandi eventi, e
come Vicepresidente dell’Orchestra
Italiana del Cinema, la prima compagine sinfonica italiana interamente
dedicata alla promozione della musica per film. In ambito istituzionale,
collaboro con alcune tra le più importanti organizzazioni internazionali, tra cui l’UNESCO, l’European
Cultural Parliament e l’European
Music Council. Con grande entusiasmo, porto infine avanti la mia attività accademica, sia in qualità di ricercatore presso le Università di Yale,
Oxford e Cambridge, sia in qualità di
lettore e professore per LASALLE College of Arts di Singapore, IED e LUISS.
L'Articolo 9 della Costituzione Italiana dichiara: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica... ”. Secondo
te è un intento rimasto solo sulla
carta? Qual è il compito che spetta a
Voi giovani?
La Repubblica siamo noi cittadini.
Siamo noi in primis a doverci preoccupare di promuovere lo sviluppo
della cultura e della ricerca! L’errore
è pensare che sia solo chi governa a
doversi occupare di questo. Certamente la loro responsabilità è di
mettere il Paese nelle condizioni di
esprimersi al meglio, sostenendolo
con politiche sociali ed economiche
efficaci. Ma dipende anche da noi e
in particolare dalle giovani genera-
intervista
zioni. Possiamo e dobbiamo fare
molto. L’Italia ha bisogno di noi giovani, di nuove forze, nuove idee. Ciascuno nel proprio ambito professionale deve “iniettare” nuova linfa
con cui attivare dall’interno un processo di sviluppo e rinnovamento
che sia in grado di condurci verso
una nuova fase di crescita e rilancio.
Non è semplice e certamente richiederà del tempo. Noi giovani dobbiamo prendere però consapevolezza
che è questo il nostro compito adesso.
Di cosa si occupa la rassegna The
Spirit of the British Music?
La mia grande passione per la musica “made in UK” mi ha spinto nel
2011 a fondare e dirigere “The Spirit
of British Music” un’esclusiva stagione di concerti a Roma interamente
dedicata alla musica britannica moderna e contemporanea. L’iniziativa,
patrocinata dal British Council, l’Ambasciata Britannica a Roma, la Camera di Commercio Britannica per l’Italia, l’Accademia Britannica di archeologia, storia e belle arti, la British
Music Society e la Royal Musical Association, è nata con l’intenzione di
proporre un’offerta culturale innovativa, stimolante e diversificata, destinata a un pubblico internazionale
ed eterogeneo. Sede dei concerti i
luoghi di rappresentanza britannica
a Roma, quali l’Ambasciata, il British
Council, l’Accademia Britannica e alcuni tra più importanti spazi musicali
della capitale, tra cui il Circolo degli
Artisti. Nella prima edizione abbiamo così programmato concerti di
musica classica, rock, indie e dj-set,
coinvolgendo esclusivamente artisti
giovani, tra cui anche “I Blame
Coco” (la figlia di Sting).
Sei uno dei coordinatori di un’interessante realtà il Network giovanile
italiano del Parlamento Culturale Europeo. Ce ne vuoi parlare?
Il nascente Network Giovanile Italiano del Parlamento Culturale Europeo è una nuova importante realtà,
che stiamo andando a creare proprio
in queste settimane. Il gruppo è parte dello Youth Network Europeo,
una rete costituita da giovani artisti
e professionisti attivi nel settore cultura residenti in Europa, di età compresa tra i 20 e i 35 anni. I fondatori
e membri della YN sono uniti da un
comune interesse: promuovere il valore delle arti e della cultura a favore
del rafforzamento della coesione europea. L’European Cultural Parliament è stato fondato nel 2001 e riunisce delegati da 43 paesi europei.
Tra i membri italiani ci sono anche
Umberto Eco e Michelangelo Pistoletto. Inoltre, nel 2011 ho rappresen-
tato l’Italia in qualità di delegato
giovanile al VII Forum Giovani dell’UNESCO a Parigi. Nel 2012 sono stato nominato Coordinatore della nascente Commissione Italiana Giovani
dell’UNESCO ed Esperto della Commissione Nazionale Italiana per
l’UNESCO in ambito di cultura musicale. Con grande entusiasmo sto raccogliendo e selezionando in queste
settimane le adesioni di giovani rappresentanti dei diversi settori del
mondo della cultura e dell’arte in
Italia: cinema, musica, teatro, danza,
letteratura, moda, giornalismo. Il
gruppo si riunirà con buona frequenza per discutere e trattare di
“macrotemi” indicati dallo Youth
Network europeo e lavorare alla realizzazione di una piattaforma internet, che diventerà il principale mezzo di comunicazione dello YN. Si lavorerà quindi allo sviluppo di
progettualità sia a livello europeo,
che a livello nazionale.
Che consigli ti sentiresti di dare a un
giovanissimo desideroso di intraprendere il tuo percorso professionale?
Il solo consiglio che mi sento di dare
è quello di seguire le proprie passioni e di non restare mai in attesa di
qualcuno o qualcosa. Il cambiamento parte da noi.
pontemilvio
25
arte
La Casa museo di
Keats e Shelley
Accanto alla scalinata di Trinità dei Monti il
Museo - Biblioteca dedicato al romanticismo.
di Alessandra Stoppini
I
In Piazza di Spagna, uno dei
luoghi più scenografici del
mondo, al numero 26 c’è un
piccolo palazzo romano color
rosa antico che sembra contemplare con britannico distacco il frastuono proveniente dai turisti e dalla fontana
prospiciente l'edificio. Al secondo
piano del palazzo, costruito nel 1725
contemporaneamente alla costruzione della scalinata, visse e morì John
Keats. La Keats - Shelley Memorial
House nasce in perenne memoria dei
poeti romantici, John Keats, Percy
Bysshe Shelley, George Gordon, Lord
Byron e Henry John Leigh Hunt. La
Casa Museo, continua meta di pellegrinaggio per tutti gli amanti dei
poeti romantici inglesi, contiene una
ricca collezione di quadri, sculture,
manoscritti, oggetti e prime edizioni
che rievocano la vita di Keats, Shelley e Lord Byron. Il suggestivo appartamento è anche luogo di studio e
d’informazione grazie alla ricca biblioteca consultabile dietro richiesta
al Direttore. Nel 1900 l'edificio aveva
rischiato di essere demolito, in quel-
26 pontemilvio
la piazza che nel XVII e nel XVIII secolo era una tappa obbligata per i
membri dell'aristocrazia inglese che
a Roma completavano la loro educazione culturale. Anche George Gordon Byron nel 1817 aveva alloggiato
al n. 66 nella casa di fronte al museo.
La poetessa Elisabeth Barrett Browning, Hans Christian Andersen, lo
scrittore americano Henry James erano tutti vissuti nelle vicinanze di
Piazza di Spagna e Shelley ebbe qui
l'ispirazione di scrivere un’ode funebre per l’amico Keats. In seguito il
palazzetto fu destinato ad abitazione privata. Fra gli altri, vi alloggiò il
medico svedese Axel munthe, il celebre autore de La storia di San Michele.
Per evitare il pericolo della demolizione della casina rossa, com’era
nota ai romani, fu lanciato un appello e nel 1906, con l’appoggio dei re
di Inghilterra e d’Italia e del Presidente degli Stati Uniti, fu fondata la
Keats - Shelley Memorial Association. Tre anni dopo la casa fu aperta
al pubblico, con un museo e una biblioteca per ricordare Keats, Shelley
e gli altri poeti romantici che erano
stati in Italia. Lo stesso Re Vittorio
Emanuele III presiedette alla cerimonia d’inaugurazione avvenuta il 3
aprile 1909. La raccolta di libri, manoscritti e altri tesori è andata costantemente ampliandosi nel corso
del secolo scorso e il museo oggi è visitato da oltre ventitremila visitatori
ogni anno, provenienti da ogni parte del mondo. La biblioteca, contenente più di ottomila volumi creata
dall’ambasciatore inglese Nelson
Gay, comprende molti dei primi libri
pubblicati sui romantici della seconda generazione ed è fornita di opere
legate a Byron: quasi tutte le edizioni complete ottocentesche e molte
di quelle del novecento. Vi sono anche numerose traduzioni in italiano
e una selezione di studi italiani su
Byron. Minore invece è il numero di
prime edizioni delle opere di Keats e
Shelley, mentre è conservata una piccola raccolta di libri di viaggio e di
storia che celebrano il Grand Tour.
Breve e infelice fu l'esistenza terrena
di John Keats (1795 - 1821), rischiarata dalla presenza di Fanny Brawne
la sua Bright Star (Stella Fulgente). Il
poeta inglese che non riuscì in vita a
ricevere le lodi che i suoi poemi e le
sue poesie avrebbero meritato “penso che entrerò a far parte dei poeti
inglesi dopo la mia morte” ammalato di tubercolosi era giunto a Roma
via Napoli il 15 novembre del 1820
con il suo amico pittore John Severn.
Il soggiorno romano era stato consigliato a Keats dal suo medico, lo
scozzese James Clarke. Quest'ultimo
aveva trovato ai due uomini due
stanze nel palazzetto che si trovava
alle pendici della celebre scalinata di
Piazza di Spagna, allora molto popolare tra gli artisti inglesi a Roma e
per questo chiamata il Ghetto degli
Inglesi. I due giovani pagando cinque scudi al mese di pigione alla padrona di casa Anna Angeletti, si sistemarono al secondo piano, in due
stanze: un saloncino occupato da Severn comunicante con una stanzetta
d’angolo occupata da Keats con soffitto a cassettoni e caminetto, provvista di due finestre che si affacciavano sulla piazza e sulla scalinata.
I pasti erano forniti a domicilio
27
SaloJohn Buckland Wright
Paolo and Francescane
dall’Osteria della Lepre di via Condotti, di fronte al celebre Caffè Greco, luogo di ritrovo preferito dagli
stranieri e soprattutto dagli inglesi.
Finché le condizioni di salute lo consentirono, Keats accompagnava Severn lungo il Pincio ma l'aria romana
non era di suo giovamento anzi il
poeta sentiva che la fine era ormai
vicina. “Ho la continua sensazione
che la mia vita reale sia finita, e che
io stia vivendo un'esistenza postuma”. Così nella sua ultima lettera datata 30 novembre 1820 John scrisse
al suo fraterno amico Charles Brown.
“Riesco a malapena a dirti addio, anche per lettera. Sono sempre stato
impacciato nel fare gli inchini”. Del
soggiorno romano di Keats abbiamo
notizie principalmente dalla corrispondenza di Severn e dal suo diario
perché il poeta non scrisse quasi nulla. A dicembre una ricaduta costrinse
Keats a letto immobile, niente più
passeggiate o brevi uscite a cavallo
insieme al giovane ufficiale inglese,
il tenente Elton, anch’egli malato di
tubercolosi. L'amico Severn faceva di
tutto per alleviare le sofferenze a
John, aveva persino affittato un pianoforte “a scudi 7 di versamento” (la
28 pontemilvio
ricevuta si trova esposta nella stanza
del poeta), per rallegrarlo con le melodie di haydn ma Keats che aveva
studiato in Inghilterra chirurgia non
nutriva più alcuna speranza. Il 23
febbraio John Keats morì all'età di
venticinque anni. Le ultime parole
che il poeta rivolse al suo amico furono “Severn, Severn, sollevami, non
vedi che sto morendo, morirò facilmente, non spaventarti, grazie a Dio
è giunta l'ora”. Il poeta fu sepolto a
Roma nel Cimitero Acattolico all'ombra della Piramide Cestia. Sulla sua
tomba chiese fosse inciso: “Qui giace
un uomo il cui nome fu scritto sull’acqua”. Severn rimasto a Roma, divenne console britannico. Morì a
Roma nel 1879 all'età di ottantasei
anni ed è sepolto accanto a Keats.
Anche se la Keats - Shelley Memorial
House porta anche il suo nome, Shelley non incontrò mai Keats a Roma.
Egli si trovava nel nord d'Italia quando Keats morì, rimase talmente sconvolto dalla notizia che scrisse alcuni
mesi dopo l'elegia intitolata Adonais. Shelley annegò un anno dopo
al largo delle coste toscane a soli
ventinove anni. Le sue ceneri furono
portate a Roma per essere sotterrate
nel Cimitero Acattolico. Non essendoci altri luoghi a ricordo di Shelley,
i fondatori del Museo vollero riconoscere l'importanza dell'Italia nella
sua vita e nelle sue opere dedicandolo anche a lui.
La Keats - Shelley Memorial House è
composta di quattro ambienti. Una
cortese signorina inglese ci informa
che quello che oggi è l’atrio d’entrata allora era un armadio, accessibile
sia dall’ingresso sia da una porta, ora
murata, posta nella stanza di Keats.
La porta principale si trovava a destra di quella attuale. Il salone ora
sede della biblioteca (gli scaffali in
noce furono inseriti al principio del
secolo scorso, omaggio dei membri
della Borsa di New York e del generale W.J. Palmer di Colorado Springs)
all'arrivo di Keats e Severn era divisa
da una tenda lungo l’arco centrale.
Dall’altra parte della tenda si apriva
l’abitazione della padrona di casa. Le
tre grandi bacheche al centro della
sala sono dedicate a tre celebri lettori di Keats: Oscar Wilde (si può notare il sonetto che lo scrittore redasse dopo aver visitato la tomba di Keats), Walt Whitman (presente il
manoscritto Sulla poesia di John Keats 1857) e Theodore Roosevelt
(esposta lettera a Robert Underwood Johnson, fondatore della Keats Shelley Memorial Association dove il
Jessie Marion King
Isabella
arte
Presidente USA esprime il suo sostegno all'Associazione). In questa stanza si possono vedere anche alcuni cimeli quali un reliquiario a conchiglia
appartenuto a Papa Pio V, contenente una ciocca di capelli di John Milton e di Elisabeth Barrett Browning,
e una maschera di carnevale in cera
di Lord Byron. La collezione del museo accoglie anche le ciocche di Shelley, Keats e Leigh Hunt perché nel
XIX Secolo era consuetudine tra amici scambiarsi ciocche di capelli come
simbolo di affetto. Di grande impatto il bel ritratto di Severn Shelley alle
Terme di Caracalla (1845) dipinto a
olio che raffigura il poeta mentre
compone il Prometeo liberato che
ben si armonizza con l'ambiente circostante. Due grandi finestre in fondo sono due immortali fotografie di
Roma che ci ricordano che ci troviamo sotto la scalinata di Piazza di
Spagna. Sopra di noi ecco la Chiesa
di Trinità dei Monti che si staglia in
tutta la sua magnificenza.
La stanza della terrazza così chiamata perché conduce a una piccola terrazza che guarda sulla scalinata è un
piccolo ambiente che nel 1820 era
adibito a cucina. Ora la piccola saletta ospita oggetti legati a Shelley, Byron e ai membri del loro circolo
come la stampa di Mary Shelley
(1841) l'autrice di Frankenstein, e la
stampa di Teresa Magni (1836),
l'amante preferita di Byron. Si può
inoltre ammirare la seconda edizione di The Cenci l'unico dramma di
Shelley che narra la tragica storia di
Beatrice Cenci. Il terzo ambiente cui
si accede attraversando il salone era
utilizzato come soggiorno e da Severn come stanza da letto.
Alle pareti si notano i tre ritratti in
miniatura dei fratelli Keats, John,
George e Tom, un ritratto di Severn
tutti datati 1818. Del 1819 è il famoso ritratto di Keats di Severn, al quale il poeta era talmente affezionato
che prima di partire per l'Italia lo regalò alla sua fidanzata Fanny Brawne. La bacheca conserva due immagini di Fanny: una silhouette del
1823 e l'altra che la raffigura nel
1833 circa. Dopo la morte di Keats,
“Addio Fanny, che Dio ti benedica”,
la Fulgida Stella del poeta portò il
lutto per molti anni non togliendosi
mai l'anello che Keats le aveva donato. L'unica lettera autografa di Keats
della collezione reca la data del giugno 1818 ed era stata scritta dal poeta a Severn, quando un “piccolo malessere” lo aveva costretto a casa.
Sono presenti inoltre la prima edizione di Lamia, Isabella, La vigilia di
Sant'Agnese, Endymion (con com-
menti a margine di Keats e la sua firma sul frontespizio) e altre poesie di
Keats del 1830.
L'ultimo ambiente è quello dove
John Keats è morto e una targa ricorda quell'infausto giorno: IN THIS
ROOM ON THE 23RD OF FEBRUARY
1821 DIED JOHN KEATS. Una stanza
semplice ed elegante le cui finestre
si affacciano su uno dei luoghi più
affascinanti dell'Urbe. Un soffitto
decorato, un delicato celeste alle pareti, i mattoni del pavimento, una
piccola scrivania dove la nostra immaginazione colloca Keats intento
nella scrittura e un piccolo camino
che a volte Severn usava per cucinare. Secondo la legge vaticana, dopo
la morte di Keats per debellare l'infezione tutto quanto era contenuto
nella sua stanza: i mobili, le tende e
perfino la carta da parati doveva essere portato via e bruciato. Il letto ricoperto da finissime lenzuola di seta,
a righe verdi e bianche, come si usavano allora è quindi l'ultima acquisizione di rilievo della collezione del
museo nel 2003. Un letto che risale
circa al 1820, in noce italiana, di forma semplice, a barca. Commuove il
ritratto di Keats sul letto di morte
opera di Severn posto sopra il letto
disegnato circa tre settimane prima
che il poeta morisse della stesso male
che aveva già ucciso la madre e il fratello minore Tom.
Il visitatore non può fare a meno di
confrontare la maschera funebre di
Keats che si trova accanto al letto
con quella presa in vita che si trova
nella stanza accanto creata da Haydon nel 1816 la quale secondo la sorella di Keats Fanny “era una copia
perfetta dei tratti del mio caro fratello”. La notizia della morte del
poeta giunse in Inghilterra circa un
mese dopo la scomparsa di Keats.
Nel maggio del 1821 così Fanny
Brawne scrisse a Fanny Keats “posso
dire a te che dopo di me lo amavi più
di tutti, che io non mi sono ripresa,
né mai mi riprenderò”. Le lettere ancora chiuse di Fanny Brawne, oltre a
quelle della sorella, furono sepolte insieme a Keats.
La Keats - Shelley House è un luogo
fuori dal tempo, dall'atmosfera unica che conserva intatta quell'aura di
romanticismo caratteristica dell'opera di John Keats, sicuramente uno
dei più sublimi e delicati poeti di tutti i tempi. “Una cosa bella è una gioia per sempre, il suo splendore aumenta, mai potrà passare nel nulla,
per sempre manterrà un suo luogo
quieto per noi, un sonno pieno di
dolci sogni”.
John Keats Endymion (1817).
Per quest’articolo sono state fondamentali le citazioni tratte dalla Guida Keats - Shelley House Edizioni Il
Labirinto Roma (2007).
Dal 9 aprile al 24 novembre 2012 si
svolgerà presso i locali della Keats Shelley House la mostra Illustrating
Keats. L'esposizione raccoglie le immagini più belle tratte dalle edizioni
illustrate delle opere di John Keats
che sono apparse dall’età vittoriana
fino ai giorni nostri.
Keats - Shelley Memorial House
Museo e Biblioteca
Piazza di Spagna, 26 - 00187 Roma
Tel. 066784235
Orari di apertura:
Lun/Ven: 10-13, 14-18;
Sabato: 11-14, 15- 18.
Domenica chiuso
Il museo sarà chiuso il 15 agosto.
Biglietti: Intero € 4,50, ridotto €
3,50.
www.keats-shelley-house.org
[email protected]
pontemilvio
29
Vermeer
illumina Roma
Alle Scuderie del Quirinale una
rassegna sul maggior esponente della
pittura olandese del XVII secolo
La mostra sarà a Roma fino al
20 gennaio 2013.
di Alessandra Stoppini
Johannes Vermeer
A Lady Standing at a Virginal, 1670/1673 ca.
Olio su tela, 51.7 x 45.2 cm
The National Gallery, Londra
L
La delicata luminosità
del cielo d'Olanda screziato da nuvole color
bianco latte e gli interni
borghesi della vita quotidiana nella Deft del
XVII Secolo. L'arte di
quel grande, indiscusso
maestro che è Johannes Vermeer è
tutta compresa in questa atmosfera
e in quella luce ghiacciata e stupefacente del Nord che incanta il visitatore in una mostra che “è un evento
forse irripetibile per l'Italia” come ha
dichiarato Mario De Simoni, direttore generale dell'Azienda Palaexpò Scuderie organizzatrice dell'esposizione.
Coprodotta con MondoMostre, la
mostra è a cura di Arthur K. Wheelock, Curator of Northern Baroque
Paintings, National Gallery of Art di
Washington, Walter Liedtke, Curator
of European Paintings, Metropolitan
Museum of Art di New York e Sandrina Bandera, Soprintendente per il
Patrimonio Artistico Storico, Artistico ed Etnoantopologico di Milano.
Della vita di uno tra i pittori più
amati dal grande pubblico, nato a
Deft il 31 ottobre 1632 e morto sempre a Deft il 15 dicembre 1675, si sa
pochissimo. Sappiamo che Vermeer,
figlio di un tessitore di seta che commerciava anche in opere d'arte, dipinse non più di 50 quadri nella sua
vita, il suo catalogo ne contiene ap-
30 pontemilvio
pena 37 e solo 26, conservati in 15
collezioni diverse, possono essere
movimentati. Delle opere del pittore
olandese riconosciute autografe,
nessuna appartiene a una collezione
italiana. Vermeer lavorava solo su
commissione dipingendo due o tre
opere l’anno, quel necessario per
mantenere la moglie Catherina Bolnes e gli undici figli.
La mostra romana presenta una preziosa selezione di 8 opere di Johannes Vermeer (dipinti tra il 1655 e il
1675) e 49 opere di artisti olandesi
suoi contemporanei (Carel Fabritius
dal quale Vermeer apprese i primi
rudimenti del mestiere, Nicolaes
Maes, Gerard ter Borch Pieter de Hooch, Gerard Dou, Gabriel Metsu,
Frans van Mieris e Jacob Ochtervelt).
Un suggestivo confronto nato per
esaltare il secolo d'oro dell'arte olandese (basti pensare che solo a Deft vi
erano 25mila abitanti e 52 artisti)
che riflette la cultura medio - borghese dell'Olanda del Seicento. I
committenti di Vermeer e dei suoi
colleghi erano sia collezionisti - mercanti sia piccoli borghesi, quali panettieri e birrai che esponevano i
quadri nelle loro abitazioni, sempre
in cerca di nuovi soggetti. Quindi era
la vita privata, reale, quotidiana fatta di gesti e istanti intimi quali il corteggiamento, lo studio della scienza
e della musica il tema delle opere
degli artisti fiamminghi. Una narrazione per immagini, attimi di un universo operoso, luminoso e assorto
velato di sottile ironia proprio mentre nello stesso periodo storico in Italia le grandi committenze, quali la
Chiesa e le corti principesche, chiedevano forme d'arte pubblica e di
grande formato.
Vermeer dunque ci racconta “un
mondo per noi assolutamente ignoto” sancisce Rossella Vodret ex So-
printendente al Polo Museale della
città di Roma. Nella mostra alle Scuderie “vedremo quasi un terzo dell'opera di Vermeer che può essere
mostrata in giro per il mondo” afferma De Simoni. Quello che distingue
le 8 opere di Vermeer da quelle dei
suoi contemporanei saggiamente
esposte lontane una dall'altra, quasi
una a ogni sala, è la luce che sprigionano dove i colori dominanti sono il
blu e il giallo. L'artista, infatti, è conosciuto anche come il Maestro della
luce olandese per la sua straordinaria capacità di descrivere la luce del
cielo d’Olanda. Sembra, infatti, che
dopo l’avanzata del terreno bonificato, il colore del cielo olandese sia
cambiato perché la luce non è stata
più riflessa verso l’alto dalle paludi e
dai laghi. Questi dipinti sono anche
una testimonianza preziosa per rivivere la delicata luminosità dei cieli
olandesi.
Nella prima sala delle Scuderie che
accoglie i visitatori, si confronta
l'olio su tela La stradina (1658 circa)
mostra
un raro esterno di Vermeer conservato ad Amsterdam con il grande dipinto veduta del Municipio nuovo di
Amsterdam (1667) di Jan van der
Heyden proveniente dalla Galleria
degli Uffizi di Firenze. La variopinta
stradina di Deft che contiene anche
due piccole figure femminili può essere scambiata per una fotografia
ante - litteram dove il cielo assomiglia
al blu delle famose ceramiche di Deft.
Le cronache raccontano della commozione del Presidente Giorgio Napolitano, che ha visitato in anteprima la mostra che ha registrato 70
mila prenotazioni già prima dell'apertura, di fronte a un piccolo olio
su tela Ragazza con il cappello rosso
(1665/1667) tavoletta di legno di
quercia, diciotto centimetri di base,
prestato dalla National Gallery di
Washington sfolgorante di rosso e
blu lapislazzulo, dalla posa simile al famoso ritratto La ragazza col turbante.
In mostra manca appunto La ragazza
con l'orecchino di perla di Vermeer
ma è esposto Donna con orecchino
di perle (1654) di Fabritius il pittore
morto a soli 32 anni nell'esplosione
di una polveriera tragico avvenimento cittadino che Egbert van der Poel
ritrasse nell'olio su tavola Veduta di
Deft con l'esplosione del 1654 presente lungo il percorso espositivo.
Gli altri capolavori di Vermeer in mostra sono Giovane donna con bicchiere di vino (1659/60), Santa Prassede (1655) opera giovanile dalla
collezione privata di Barbara Piasecka Johnson, Allegoria della fede
(1670/72) olio su tela dal Metropolitan Museum of Art di New York, Giovane donna seduta al virginale
(1670/72) proveniente da una collezione privata di New York e Giovane
donna in piedi al virginale (1670/72)
prestato da un museo londinese. La
Johannes Vermeer
Girl with a Red Hat, 1665/1667 ca.
Olio su tela, 23.2 x 18.1 cm
National Gallery of Art, Washington
suonatrice di liuto (1662/63) è una
rara fascinazione e un sussulto nell'animo di chi osserva. Non si finisce
mai di ammirare il piccolo dipinto
conquistati dalla perfezione e dalla
cura di ciascun dettaglio.
Questo sublime artista possiede il
potere di “farci percepire i sentimenti delle sue piccole figure femminili”
ha dichiarato Sandrina Bandera. Citiamo inoltre Il suonatore di violoncello (1658/1660) di Gabriel Metsu
Royal Collection Londra, Curiosità
(1660/1662) di Gerard ter Borch Metropolitan Museum of Art di New
York e Concerto di famiglia
Egbert van der Poel
A view of Delft with the Explosion of 1654, 1654
Olio su tavola, 36 x 49 cm
Collezione Johnny van Haeften, Londra
(1668/1670) di Godefridus Schalken
concesso in prestito da Sua Maestà la
Regina Elisabetta II di Inghilterra.
Il maestro della luce amato da Proust
morì quasi in povertà e la moglie fu
costretta a cedere due dipinti del defunto marito a un fornaio per saldare un debito di 617 fiorini. Pietro Citati ha spiegato che del pittore non
esiste “una lettera, una pagina di appunti, un disegno, un ritratto”.
Johannes Vermeer ci parla attraverso
i suoi capolavori con la sua straordinaria raffinatezza esecutiva e il suo
è un linguaggio muto che arriva al
cuore.
Vermeer.
Il secolo d'oro dell'arte olandese
Scuderie del Quirinale
via XXIV Maggio 16, Roma
27 settembre 2012
20 gennaio 2013
Ingresso:
€ 12 - ridotto € 9,50
Orario:
da domenica a giovedì 10-20;
venerdì e sabato 10-22.30.
L’ingresso è consentito fino a un’ora
prima dell'orario di chiusura.
Info:
tel. 06.39967500
Catalogo Skira € 49,00
www.scuderiequirinale.it
pontemilvio
31
Roma sport
SPQR Sport Day
Via dei Fori Imperiali, per un giorno città dello sport.
G
Grande successo
a Via dei Fori Imperiali per l'“Spqr
Sport Day”, la
manifestazione
promossa dal Dipartimento Sport
di Roma Capitale
che ha portato oggi in piazza oltre
trecentomila persone. Una giornata
all'insegna dello sport in una domenica di sole nel cuore della città,
chiuso al traffico per ospitare la palestra a cielo aperto più bella e più
grande del mondo. A fare una passeggiata tra i campi allestiti ad hoc
per l'occasione e dedicati al rugby e
al calcio, al basket e al tennis, all'hockey e al badminton, agli antichi
giochi di strada e alle più innovative
discipline sportive, il sindaco di
Roma Capitale Gianni Alemanno e il
Delegato alle Politiche Sportive di
Roma Capitale Alessandro Cochi.
«La nostra città offre una grande vetrina per lo sport - ha commentato il primo cittadino - e questo enorme successo dimostra che Roma ha voglia e piacere di dedicarsi all'attività fisica. Per
questo il messaggio che lanciamo è
molto forte e chiaro: nessuno deve essere privato della possibilità di fare
sport, perché lo stesso è anzitutto uno
strumento di educazione e di crescita».
32 pontemilvio
«In via dei Fori Imperiali ci sono decine di migliaia di persone. Un bilancio assolutamente positivo per questa prima edizione - ha detto il delegato
alle
Politiche
Sportive
Alessandro Cochi - Sicuramente un
punto di partenza: manifestazioni di
questo tipo andrebbero promosse
più spesso. Il successo dell'evento testimonia quanto importante sia il
coinvolgimento del mondo dello
sport a 360 gradi. La collaborazione
con le Federazioni, con gli Enti di
Promozione Sportiva sotto l'egida
del CONI, con i Gruppi Sportivi Militari, con le associazioni dilettantistiche e non è la riprova che insieme si
possono realizzare iniziative che
rientrano a pieno titolo nella mission
del Dipartimento Sport: far sì che
sempre più romani pratichino sport,
soprattutto in periferia, giovani,
meno giovani e diversamente abili,
perché chi fa attività fisica sta meglio
con se stesso e con gli altri.
Quando poi si riesce, come oggi – ha
aggiunto il delegato Cochi – a far incontrare, in una cornice d'eccezione
come Via dei Fori Imperiali, lo sport
di vertice con quello di base la soddisfazione cresce: è bello pensare
che un ragazzino possa per la prima
volta praticare una determinata disciplina e dire ai propri genitori, 'da
domani voglio iscrivermi ad una palestra'».
Sul palco allestito a via dei Fori Imperiali sono saliti, insieme alle istituzioni, numerosi vip e campioni dello
sport, alcuni dei quali provenienti
dalla recente olimpiade londinese.
Tra questi, Marcos Evangelista De
Moraes, meglio noto come Cafù, ex
difensore della Roma e miglior terzino destro della storia giallorossa,
Giacomo Losi, l'indimenticato capitano giallorosso, anche lui nella Hall of
Fame della Roma, il pugile Vincenzo
Mangiacapre, la Nazionale di Rugby,
la schermitrice Ilaria Salvatori, le ginnaste azzurre Elisa Santoni ed Elisa
Blanchi, il tiratore Roberto Di Donna, l'arciere Ilario di Buò, il tuffatore
romano Tommaso Marconi, la remiera Gabriella Bascelli, Oxana Corso,
reduce della trionfale spedizione alle
Paralimpiadi di Londra con due ori al
collo conquistati nei 100 e 200 metri.
Hanno partecipato all'evento anche
la Fondazione Castelli, l'Associazione
Alessandro Bini, la Fondazione Gabriele Sandri ed altre associazioni
che si battono per la prevenzione e
la salute nello sport.
Proprio sotto il Campidoglio è stato
derby tra Lazio e Roma, che hanno
allestito i propri villaggi, presi d'assalto da giovani e meno giovani.
benessere
Amato tacco 12...
Quanto ti amo,
ma quanto mi fai male!
di Claudia Rossoni
certified Pilates Teacher
Studio Pilates Roma
www.studiopilatesroma.it
A
lzi la mano chi
non porta mai
un tacco sopra i
7 cm !!!
Sono irresistibili!
Del resto i tacchi
stanno alle donne come i motori agli uomini. Come farne a meno?
Persino io che vivo per lo più scalza,
non posso fare a meno di comprare
quello che rappresenta l’oggetto del
desiderio di ogni donna: la scarpa
con il tacco vertiginoso.
Non che gli Ugg siano meglio: stare
in tutto quel calore anche quando
non fa freddo semplicemente per il
godurioso effetto pantofola....
Analizziamo un pò la posizione e i
suoi effetti:
La prima riflessione da farsi è quella
sulla postura.
Il fatto di posizionare più in alto i talloni modifica il baricentro: le ginocchia si stenderanno maggiormente
per tenere l'equilibrio, il bacino ruoterà in avanti (lo so è quello che vi
piace perché vi da l'andatura da Paperina) e di conseguenza la curva naturale della nostra colonna a livello
lombare, diventerà maggiore.
A lungo andare cominceremo ad
avere dolori proprio in quella parte
della schiena.
In base all’altezza del tacco, il piede
si "arcuerà" mantenendo una posizione non idonea per assicurare una
buona circolazione sanguigna (e direi anche linfatica).
Risultato: dolori e gonfiori.
34 pontemilvio
Fin qua ho detto tutto quello che già
sappiamo ma che volutamente “dimentichiamo” ogniqualvolta saliamo sulle nostre scarpe preferite.
Andiamo ora ad analizzare gli effetti
sulle gambe:
ginocchio: la pressione all'interno
dell'articolazione può arrivare anche
al 26% in più del normale.
Ciò può portare a degenerazione della cartilagine e di tutte le altre parti
dell'articolazione (Artrite precoce).
Polpaccio: a furia di stare arrampicate, il vostro muscolo si accorcerà. Ve
ne accorgerete camminando scalze,
trovando fatica ad appoggiare i talloni. La contrattura/accorciamento
potrà
essere
tale
da
aver
bisogno della riabilitazione per riuscire a stare con i talloni a terra senza provare dolore.
Stesso discorso vale per il Tendine di
Achille che, perdendo elasticità, potrà procurarvi delle infiammazioni
quando userete i tacchi bassi
Dolore calcaneare. E' una patologia
che insorge a causa dell'appoggio
del tallone e per la pressione della
scarpa. L'osso si "allarga" e compare
un'escrescenza subito sotto il tendine di Achille. Si elimina solo con intervento chirurgico.
Caviglie: vengono sottoposte a grande lavoro ed al rischio di storte.
Cuscinetto plantare: è la parte in cui
si scarica tutto il peso del corpo. Al
momento la presenza del "plateau",
nei modelli all'ultimo grido, allevia
leggermente il dolore perché rende
più solida la scarpa, ma la possibilità
di contrarre una metatarsalgia è
molto alta.
Dita: la costrizione della posizione
delle dita, a causa della punta corta
o stretta, o della posizione esagerata, può causare le dita a martello e/o
l'alluce valgo. Oltre all'ovvio dolore
conseguente, se ne ricava una deformazione piuttosto brutta. Unica so-
luzione, anche in questo caso, sarà
quella chirurgica.
A questo punto sarete abbattute o
demotivate. Come consiglio però, mi
sento di dire che non è necessario
buttarli via per sempre, ma farne
buon uso. Non è una frase fatta.
Cercate di non portarli h24 ma di alternarli con tacchetti più bassi o calzature che sostengano in modo confortevole il piede.
Trovate il modo di tenere il più possibile un'andatura che permetta una
corretta articolazione della caviglia.
Se proprio non potete fare a meno
dei tacchi alti, cercate di compensare
i problemi che possono derivare dall’uso facendo ginnastica sui tappeti
elastici o esercizi a piedi nudi. In alternativa potreste dedicarvi ad esercizi a
casa con la banda elastica seguiti da
pediluvi e massaggi di mobilizzazione
per le dita ed il metatarso.
Infine, altra valida alternativa è rappresentata dalla ginnastica propriocettiva, ma in questo caso è bene rivolgersi a personale esperto.
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