I paesi sviluppati crescono poco

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Martedì 21 Giugno 2011
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Nel 2011 il pil aumenterà soltanto del 2,2% rispetto al +6,3% delle nazioni emergenti
I paesi sviluppati crescono poco
Essi costituiscono l’anello debole dell’incremento mondiale
DI
L
ETTORE BIANCHI
a crescita economica
mondiale non si arresta,
ma è trainata soltanto dai paesi emergenti.
Quelli sviluppati, al contrario, procedono al rallentatore.
Così, secondo le stime della
Banca mondiale, quest’anno
il pil globale aumenterà del
3,2% in media. Un numero che,
tuttavia, può trarre in inganno: mentre le nazioni del sud
del mondo vedranno un boom
pari a +6,3%, i paesi ricchi si
limiteranno a un +2,2%. Contribuendo, di fatto, a rallentare
lo sviluppo.
Se poi si considerano le correzioni di queste cifre rispetto
a quelle fornite a inizio anno, il
divario è ancora più evidente:
mentre i paesi emergenti sono
stati protagonisti di una revisione al rialzo (6,3% rispetto al
6%), quelli sviluppati hanno ripiegato di due decimi di punto.
Questo è avvenuto, sostengono
gli esperti, a causa dell’inflazione galoppante, che in aprile
è aumentata del 7% al sud e del
2,8% nelle nazioni più ricche,
L’attività economica ristagna nelle nazioni più ricche
delle tensioni elevate sui mercati delle materie prime energetiche e alimentari, della crisi
nell’area euro con l’esplosione
del caso Grecia.
Ma la colpa è anche dell’economia americana, i cui principali indicatori non concedono
molto spazio all’ottimismo.
Come se non bastasse, le nazioni protagoniste di recenti
sconvolgimenti di natura po-
litico-sociale, come quelle del
Nordafrica, hanno accusato il
colpo: la Tunisia vedrà l’economia salire soltanto dell’1%,
l’Egitto dell’1,5% e la Libia
sarà vicina allo zero. Stesso
discorso per il Giappone, dove
la catastrofe nucleare e climatica ha messo in ginocchio il
paese.
In un mondo globalizzato, nel
quale le conseguenze della si-
Al salone di Bourget è emerso che il settore ha il vento in poppa
tuazione in un’area geografica
si fanno rapidamente sentire
un po’ ovunque, l’Europa continua a rappresentare un rischio
elevato. Soprattutto alla luce di
quanto sta avvenendo in Grecia: ieri le borse hanno risentito negativamente dell’incertezza di Bruxelles e del Fondo
monetario internazionale nel
concedere nuovi aiuti ad Atene. Secondo la Banca mondia-
le un serio deterioramento in
Europa, a cominciare dalla
Grecia, potrebbe avere serie
conseguenze: per esempio,
sulle importazioni dall’Asia.
Se la crisi contaminasse il settore bancario, gli istituti del
Vecchio continente potrebbero
essere costretti a rimpatriare
fondi dalle loro fi liali estere,
con un impatto diretto sul credito e sulla crescita. Sarebbe,
questo, il caso del Sudamerica
o dell’Europa orientale. Uno
scenario, tuttavia, che al momento viene considerato prematuro.
Un problema inverso si presenta negli stati emergenti,
dove il pericolo è quello del
surriscaldamento.
I consumi crescenti contribuiscono alle tensioni sui prezzi
e all’aumento delle quotazioni
del petrolio e dei generi alimentari.
Per evitare che ciò prenda
una piega ingovernabile, la
Banca mondiale prevede una
stretta della politica monetaria
e di spesa e una maggiore flessibilità dei tassi di cambio.
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Errore dei soldati, ma colpi a vuoto
L’aeronautica assumerà
La Corea spara
10 mila persone quest’anno su un aereo civile
DI
ELISABETTA IOVINE
I
l settore dell’aeronautica viaggia a gonfie
vele in Francia, a dispetto della crisi economica. È quanto emerge dal salone di Bourget, la maggiore vetrina mondiale della tecnologia aerospaziale e dell’industria della difesa
e sicurezza, in corso di svolgimento a Parigi. Al
punto che per il 2011 è prevista l’assunzione di
10 mila persone.
Si respira dunque ottimismo tra i vertici della
Gifas, l’associazione che raggruppa l’industria degli aerei d’Oltralpe. Secondo Benoit Binachon,
direttore generale della società di consulenza Fu-
turestep, l’aeronautica è un mercato particolare:
i suoi cicli sono poco sincronizzati con le crisi. La
durata di vita di un velivolo è mediamente di 50
anni e quella di un satellite è di 20 anni. Una
differenza notevole rispetto al comparto dell’automobile che, avendo tempi di sviluppo più brevi,
dipende molto dalla congiuntura. Così, tra i committenti e i fornitori, il reclutamento di personale
è diffuso. Le aziende hanno bisogno di accrescere
velocemente la produzione per rinnovare intere
generazioni di aerei.
Per quanto riguarda i profili professionali più
ricercati, il settore si sta riorganizzando molto,
integrando approcci e metodi di altri comparti industriali in una logica di ottimizzazione dei costi,
di riduzione dei ritardi e dei tempi di produzione. L’esempio viene dalle quattro ruote, dove da
tempo sono state sviluppate politiche che hanno
portato a risultati interessanti. Ecco perché si
cerca personale da inserire nella produzione, nella supply chian, negli acquisti, che abbia almeno
cinque anni di esperienza in altri ambiti tecnici
come, appunto, l’automobile. Sul versante dei giovani laureati, invece, largo agli ingegneri e agli
addetti alla ricerca e sviluppo.
Eppure, sottolinea Louis Le Portz, commissario al salone di Bourget, si
fa ancora fatica a ingaggiare
ingegneri, perché è ancora
diffusa l’immagine di persone che hanno a che fare con
le macchine utensili e che devono mettere i piedi sull’olio.
I più brillanti preferiscono
lavorare nella finanza, dove
oltretutto gli stipendi sono
più attraenti: non tanto
all’assunzione, quanto nella
progressione della carriera.
Chi sceglie la strada dell’aeronautica lo fa spesso perché ha passione per il prodotto. Ha avuto
un buon successo l’iniziativa «Fly your ideas» (fai
volare le tue idee), lanciata da Airbus nel 2008,
aperta agli studenti del mondo intero e finalizzata all’innovazione, proponendo di immaginare
un futuro più ecologico per gli aerei. La seconda
edizione ha attirato 2.600 studenti da 75 paesi.
Un vivaio di talenti, pronti a essere contattati
dall’industria. Un’occasione preziosa per farsi
conoscere e, magari, assumere.
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L’
esercito sudcoreano
stata per combinarla
davvero grossa: per
errore ha sparato a un
aereo di linea del proprio paese,
scambiato per un velivolo della
nemica Corea del Nord. Fortunatamente i militari hanno sbagliato mira per un soffio. Altrimenti sarebbe stata una strage:
sull’Airbus A321 viaggiavano
119 persone. L’apparecchio si
stava preparando all’atterraggio al vicino aeroporto internazionale di Incheon, nei pressi di
Seul, quando i marines piazzati sull’isola di Gyodong hanno
improvvisamente avvistato un
misterioso aereo che volava a
bassa altitudine. Due soldati
hanno esploso un centinaio di
colpi con i loro fucili d’assalto
K-2.
Il luogo si trova a meno di 2
chilometri dal confine con la
Nord Corea e il velivolo proveniva dalla Cina. L’episodio
testimonia il clima di tensione
che si respira sulla penisola
da qualche settimana a questa
parte. Come ha dichiarato il ministro della difesa sudcoreano,
Kim Kwan-jin, la possibilità
di una provocazione a sorpresa
aumenta. Quello che sembrava
un tentativo di riavvicinamento tra i due paesi confinanti,
avvenuto a inizio anno, si è
ormai raffreddato. Tant’è vero
che Seul si è ben guardata dal
prendere provvedimenti contro
i militari protagonisti del fallito
attacco, limitandosi a promettere di insegnare all’esercito a distinguere tra aerei civili e militari. D’altra parte, i soldati non
hanno fatto altro che applicare
le nuove regole, che prevedono
di rispondere immediatamente
con il fuoco a qualsiasi incursione nemica, senza attendere
l’ordine dei superiori. Anche a
costo di fare confusione.
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