PAPERS - Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

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Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
-PAPERS-
MANUELA ALBERTONE
FISIOCRAZIA E PROPRIETÀ TERRIERA
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli – Papers
I “Papers” sono costituiti da testi proposti nell’ambito delle iniziative promosse dalla Fondazione
Giangiacomo Feltrinelli. Si tratta di lavori “in progress” proposti come strumenti per la ricerca e la
discussione critica.
I “Papers” sono pubblicati dalla Fondazione per gentile concessione dell’autore.
Il testo che qui si presenta riproduce l’introduzione di Manuela Alberatone al n. 24 della rivista
“Studi settecenteschi” (pp. 11-22), dedicato al tema “Fisiorazia e proprietà terriera”.
© 2005 – by Manuela Albertone
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I saggi raccolti in questo volume non ambiscono a rappresentare un punto di arrivo nel
rinnovamento degli studi sulla fisiocrazia, bensì un momento di verifica e l’occasione per avanzare
nuove proposte di lavoro. Essi nascono dalla volontà di dar vita ad una collaborazione costante tra
gli studiosi italiani interessati a François Quesnay e al suo gruppo, in stretto rapporto con i colleghi
francesi impegnati negli attuali filoni di ricerca sulla scienza economica settecentesca. Maturata nel
corso di lunghi anni di indagini e di contatti personali, l’esigenza di confrontarsi e di riunire le forze
ha trovato una prima realizzazione nella giornata di studio che si è tenuta presso la Fondazione
Luigi Einaudi di Torino il 26 settembre 2003, organizzata da Stefano Fiori, da Maria Luisa Pesante
e da che scrive, primo incontro tra gli specialisti italiani di fisiocrazia, di formazione sia storica sia
economica. In questa prospettiva si è proposto come tema d’avvio della discussione il ruolo del
proprietario terriero nel discorso fisiocratico, argomento che permette un approccio da parte sia
degli storici sia degli studiosi di formazione economica, con l’intenzione comunque di allargare
l’indagine all’insieme della riflessione fisiocratica e ai nuovi filoni di ricerca. La vivacità e
l’affiatamento del dibattito che, al di là della trattazione specialistica, ha coinvolto il pubblico su
temi come rappresentanza politica, proprietà e diritti naturali, libertà personale e libertà economica,
e le nuove proposte di indagine che sono emerse - fisiocrazia e tecnica, fisiocrazia e lavoro,
fisiocrazia, pacifismo e potenza militare, fisiocrazia e gerarchie sociali, fisiocrazia e religione hanno confermato i partecipanti della ricchezza delle ricerche in corso in Italia, dell’utilità della
verifica e della validità della formula organizzativa, rappresentata da una sorta di seminario
permanente, da allargare a una dimensione internazionale.
I testi qui riuniti raccolgono un numero maggiore di contributi rispetto all’incontro
torinese e sono espressione di un reale scambio interdisciplinare; essi provengono inoltre sia da
specialisti della fisiocrazia, sia da studiosi ad essa interessati in una prospettiva comparativa, quanto
mai ricca di stimoli e di nuove puntualizzazioni. La presenza di due studiosi francesi come
Catherine Larrère e Philippe Steiner, di formazione filosofica l’una e sociologica l’altro, entrambi
impegnati nella nuova rilettura politica della fisiocrazia e legati da una collaborazione di lunga data
con gli studiosi italiani, è un’ulteriore riprova di questo utile dialogo.
Emergono da queste pagine alcuni quesiti di fondo, che permangono a conferma della
complessità e della ricchezza di un soggetto pur lungamente indagato, e che vengono qui riproposti
da nuove angolazioni: che cosa si intende per fisiocrazia? i fisiocrati sono ancora intimamente legati
alla società tradizionale di Antico regime o rappresentano la modernità? quale rapporto e quale
ordine di priorità esiste tra economia e politica nella scienza fisiocratica?
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Come si può vedere, parecchi contributi sono incentrati su François Quesnay, a riconferma
della centralità della sua riflessione sia dal punto di vista della teoria economica sia delle
implicazioni e degli obiettivi politici del discorso fisiocratico. Essa emerge oggi più evidente, alla
luce anche della nuova documentazione offerta dalla pubblicazione, curata da Gino Longhitano, di
una parte del Traité de la monarchie del marchese di Mirabeau con le annotazioni di mano di
Quesnay, e potrà trovare un’ulteriore conferma dalla prossima edizione critica delle sue opere a
cura dell’Institut National d’Études Démographiques.
Sugli scritti di Quesnay e sul rapporto economia-politica è incentrato il primo saggio
presentato qui di seguito, il cui autore, Philippe Steiner, è impegnato da tempo e con importanti
contributi nella rilettura politica della fisiocrazia, in opposizione all’immagine, consolidata tra gli
stessi storici, di una riflessione politica fisiocratica subordinata all’analisi economica. Il
ridimensionamento del pacifismo fisiocratico, attraverso l’attenzione posta sulla visuale nuova,
rispetto al mercantilismo, da cui Quesnay affronta il problema della potenza dello Stato, è uno dei
più recenti risultati delle ricerche di Steiner. Anche qui si pone in risalto come la base economica
dei rapporti di potenza induca Quesnay ad assegnare un ruolo centrale alla marina militare, come
strumento per contrastare il dominio internazionale dell’Inghilterra e favorire la marina mercantile
francese - tema che emerge anche nel contributo di Longhitano.
Da tutti i saggi di questa raccolta si evidenzia come la funzione sociale del proprietario
terriero derivi dalla posizione da esso assunta nel circuito economico; nelle pagine di Steiner, in
particolare, l’ottica economica in cui viene indagata la figura del proprietario induce l’autore a
incentrare la sua analisi sul nesso proprietario-fermier. Gli elementi interpretativi nuovi che ne
emergono si possono individuare nella riconsiderazione del ruolo dei piccoli proprietari – affrontato
in rapporto al diritto di rappresentanza anche nel saggio di chi scrive – e nell’attenzione per
l’eguaglianza tra fermiers e proprietari nel quadro economico presente nei fisiocrati. E proprio tale
nesso conferma come la fisiocrazia non possa essere letta unicamente in termini economici, poiché
è solo nella dimensione politico-sociale che in essa si precisano e si differenziano i ruoli.
La distinzione tra proprietari e fermiers è al cuore anche della tesi di Catherine Larrère,
incentrata sulla necessità per i fisiocrati di superare il discorso economico attraverso il ricorso al
diritto naturale. L’autrice di L’invention de l’économie politique au XVIIIe siècle - un riferimento
obbligato nell’attuale bibliografia sulla fisiocrazia, reinterpretata come originale elaborazione del
diritto naturale - mette in risalto la spiegazione puramente economica dell’origine della proprietà
data dai fisiocrati, in base alla quale i proprietari terrieri erano considerati agenti economici al pari
dei fermiers. In ragione di tale giustificazione economica e individualistica della proprietà, i
fisiocrati non riuscivano però a fissare una distinzione tra proprietari e fermiers, distinzione che
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trova fondamento soltanto nell’ordine, un ordine naturale sia descrittivo sia normativo. Tale
prospettiva induce l’autrice a ritenere che il ricorso al diritto naturale permetta ai fisiocrati di
ristabilire la distinzione tra proprietari e coltivatori e di legittimare una gerarchia sociale fondata
sull’ineguaglianza. Il concetto di relazione d’ordine utilizzato, inteso come rapporto dell’individuo
con il tutto, giustifica così la priorità del proprietario terriero, in quanto la proprietà della terra è
considerata inserzione nell’ordine naturale. La complessità di tale analisi fa dunque della proprietà
il fondamento di una concezione gerarchica della società e dei fisiocrati i legittimatori di un sistema
retto sull’inegualianza delle opportunità. Il saggio della Larrère intende così dichiaratamente
riproporre in modo originale un’interpretazione che, da Marx a Louis Dumont, pur da prospettive
diverse, vede la fisiocrazia incapace di inserirsi a pieno titolo nell’economia moderna.
Spunti nuovi e di approfondimento emergono dalle pagine di Catherine Larrère (la teoria
fisica del lavoro dei fisiocrati che sarà sviluppata dalla termodinamica, analogie e differenze tra il
pensiero di Locke e i fisiocrati in rapporto alla proprietà e al lavoro). Alcuni di essi riemergono in
altri contributi.
Da una studiosa del pensiero economico inglese come Maria Luisa Pesante proviene una
riflessione comparata sulla teoria della proprietà nei fisiocrati e negli autori inglesi, che puntualizza
non soltanto la specificità delle due culture, ma altresì la molteplicità dei discorsi britannici, alla
luce dei quali il pensiero di Locke sulla proprietà non è visto come particolarmente rilevante nel
contesto settecentesco. L’assenza, inoltre, di una specifica teoria della proprietà nell’economia
politica classica, da un lato riconferma l’importanza del contributo teorico fisiocratico, dall’altro
chiarisce la riflessione sulla rendita di Adam Smith, cui è dedicata l’ultima parte del saggio.
Due esiti di questa indagine ci sembrano particolarmente significativi, anche se il lettore
potrà trovare molti altri spunti in questa densa trattazione : 1) la distinzione nella dottrina
giurisprudenziale inglese tra real property e estate, che rende meno sicura in astratto la proprietà poiché in Inghilterra nessuno è proprietario della terra, che appartiene interamente al re -, determina
una profonda differenza rispetto alla prospettiva francese, e fisiocratica in particolare, che fa del re
il comprorietario delle terre. Avere un interesse legalmente riconosciuto sulla terra, ma non la
proprietà implica infatti una molteplicità di interessi lontana dalla forza e dall’unità della figura del
proprietario fisiocratico. 2) Discutendo criticamente le tesi dei colleghi francesi e conducendo anche
un’analisi di tipo semantico, in particolare della voce Impôts di Quesnay e dell’Ordre naturel di Le
Mercier de La Rivière, l’autrice individua nei fisiocrati la presenza di precisi indizi linguistici del
discorso ecclesiale dell’etica economica che si sviluppò nell’Occidente cristiano tra Medioevo e Età
moderna. Viene così riproposta ancora una volta la tensione tra modernità e tradizione nella
fisiocrazia: sono qui infatti esplicitamente recepiti gli spunti dei lavori di Giacomo Todeschini sul
6
significato della vita economica nella cultura dell’Europa cristiana,1 sottolineando l’importanza di
indagare il nesso fisiocrazia-religione, cui hanno già dato alcuni contributi le indagini di studiosi
come Richard Whatmore e Michael Sonenscher.2
Precisazioni e approfondimenti su categorie fisiocratiche sono offerte in queste pagine da
studiosi di formazione economica. E’ questo infatti il contributo che viene dal saggio di Stefano
Fiori, studioso del pensiero economico inglese settecentesco e in particolare di Smith, che indaga la
nozione di lavoro, già toccata da Catherine Larrère a proposito del rapporto controverso tra i
fisiocrati e Locke. Diversamente però dall’autrice francese, che riconosce come i fisiocrati
condividessero l’idea di Locke che la proprietà si fonda sul lavoro, sia pur avendone una diversa
concezione, Fiori sostiene che in realtà il lavoro sia poco rilevante nella loro analisi, sia come
fondamento della proprietà sia come categoria economica. E proprio da questo ruolo non primario
del lavoro risalta in queste pagine il valore del proprietario terriero come centro del mondo sociale
ed economico. Il primato della natura sul lavoro fa di esso una mera implicazione, non
specificamente e necessariamente umana (macchine, animali e agenti chimici lavorano in modo più
produttivo dell’uomo), e del lavoratore una comparsa, di contro a un proprietario che possiede la
terra, elemento naturale, e che è attore attraverso non il lavoro, bensì le spese.
Parallela all’indagine di Stefano Fiori sul concetto di lavoro è l’analisi sul ruolo della
moneta, altra categoria economica non centrale nella teoria fisiocratica, condotta da Alberto
Giacomin, studioso economico che è già venuto affrontando tali tematiche nelle sue ricerche sulle
teorie della domanda effettiva in Boisguilbert, Catillon e Quesnay. Il contributo qui offerto è
imperniato su Quesnay e mette ancora una volta in risalto come la centralità economica del
proprietario terriero emerga da qualsiasi angolazione si affronti l’analisi fisiocratica. Nell’ambito di
un tema scarsamente presente negli studi sulla fisiocrazia, alcuni risultati in particolari ci paiono
utili al nostro discorso: l’interesse prevalentemente pratico che spinge Quesnay a occuparsi della
moneta è determinato dal fatto che essa non rappresenta una forma di ricchezza, di cui è
conseguenza e non causa; ne deriva che, nel suo valore di strumento per agevolare gli scambi,
“pegno intermedio tra le vendite e gli acquisti” – secondo l’espressione di Quesnay che dà titolo al
saggio di Giacomin – nello schema del Tableau la moneta in circolazione è pari al reddito dei
proprietari terrieri. Dal punto di vista della teoria economica e nonostante la marginalità del tema in
Quesnay, l’autore mette inoltre in risalto come, dall’affermazione che l’aumento della massa di
1
Cfr. G. TODESCHINI, I mercanti e il tempio. La società cristiana e il circolo virtuoso della ricchezza fra Medioevo ed
Età Moderna, Bologna, Il Mulino, 2002.
2
Cfr. M. SONENSCHER, Phisiocracy as a Theodicy, “History of Political Thought”, 23,2002, pp. 326-39; R.
WHATMORE, Du Pont de Nemours et la politique révolutionaire, “Revue française d’histoire des idées politiques”, 20,
2004, pp. 334-51 ; ID., The Politics of Political Economy from Rousseau to Constant, in M. BEVIR, F. TRENTAMANN
(eds.), Markets in Historical Contexts. Ideas and Politics in the Modern World, Cambridge, Cambridge University
Press, 2004, pp. 46-69.
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moneta debba coincidere con la riproduzione annuale della nazione, emerga comunque già nei
fisiocrati la concezione della moneta come grandezza endogena, adeguata alla domanda degli
operatori economici, cioè quegli “agricoltori e proprietari”, fonte originaria di tutte le spese e di tutti
i salari.
Le implicazioni politiche della science nouvelle de l’économie politique emergono dunque
da approcci diversi, ed è proprio come originale forma del discorso politico moderno che la
fisiocrazia è al centro dell’attuale indagine sulla cultura economica settecentesca. Già sul finire
degli anni Settanta del secolo scorso i lavori di Elizabeth Fox-Genovese, Louis Dumont e Albert
Hirschman avevano messo in evidenza il rapporto tra fisiocrazia e ideologia politica, cogliendo
però il persistere di una contraddizione tra modernità dell’analisi economica e tradizione delle
forme politiche, che trovò espressione nel dispotismo legale.3 Gino Longhitano con l’edizione
critica di una parte del Traité de la monarchie - opera inedita, frutto, attraverso varie stesure tra il
1757 e 1759, della collaborazione tra Mirabeau e Quesnay -, permette ora di cogliere all’origine il
momento costitutivo del discorso politico fisiocratico. L’attento lavoro filologico rende infatti
possibile verificare come l’individuazione dei fondamenti economici della società abbia implicato
sin dall’origine del discorso fisiocratico una problematica politica. In questa visuale il Tableau
économique è stato riletto da Longhitano come testo politico, superamento della prospettiva
tradizionale di Mirabeau e definizione del governo economico della nuova scienza.
All’interno di queste coordinate, la centralità della proprietà fondiaria è analizzata da
Longhitano, nel contributo qui presentato, come elemento portante di un modello di liberalizzazione
della società francese alternativo al sistema mercantile. L’autore è netto nel collocare la fisiocrazia
all’interno del movimento riformatore settecentesco, come risposta a una problematica politica che
a metà del secolo vede delinearsi due contrapposti modelli di sviluppo economico, agrario e
commerciale-manifatturiero: due diverse vie per uscire dall’impasse di un’economia fortemente
condizionata dai rapporti signorili. Sin dagli anni Cinquanta, la logica dell’azienda agraria
capitalistica è già così posta al cuore di un discorso al contempo politico, agronomico e economico.
Al centro di esso sta Quesnay, che, nel confronto con Mirabeau, risalta nell’analisi di Longhitano
per la lucidità del programma e l’abilità nell’utilizzare e svuotare le pretese nobiliari, da cui aveva
preso le mosse il marchese nelle sue proposte per la creazione di un sistema di assemblee
provinciali, prima del suo decisivo incontro con Quesnay del luglio 1757. Strumenti e forze del
programma di Quesnay sono la scienza dell’economia e il proprietario terriero, nella sua nuova
veste di unico e autentico rappresentante della natura economica della società. Un anno dopo
3
Cfr. E. FOX -GENOVESE , The Origins of Phisiocracy. Economic Revolution and Social Order in Eighteenth-century
France, Ithaca-London, Cornell University Press, 1976; L. DUMONT, Homo aequalis.I, Genesi e trionfo dell’ideologia
8
l’incontro con Mirabeau, il Tableau économique sarà la rappresentazione economica di questa
risposta politica.
L’attenzione alla diversità delle personalità fisiocratiche e alle strategie politiche messe in
atto dal gruppo per incidere sulle scelte dei governi in un quadro internazionale e in momenti
differenti informa l’impianto del saggio di Antonella Alimento. Da una studiosa delle teorie fiscali
della fisiocrazia e della sua diffusione nell’Europa settecentesca viene un’ulteriore puntualizzazione
dei progetti per la creazione di un sistema di istituzioni rappresentative a livello locale, già oggetto
di sue precedenti analisi. Lo scarso interesse verso le municipalità da parte di Quesnay, la distanza
tra le diverse proposte di Mirabeau, ancora costantemente inserito, nel giudizio dell’autrice, in una
dimensione tradizionale, e le posizioni di Du Pont de Nemours e di Turgot confermano la pluralità
delle prospettive. La centralità della questione fiscale e l’attenzione, che l’autrice ha già dimostrato
in altri lavori, alla scelta tra imposta proporzionale o di riparto come discriminante le diverse
posizioni fisiocratiche costituiscono i presupposti della disamina delle assemblee provinciali
condotta in queste pagine. La questione è indagata nei suoi molteplici risvolti tecnicoamministrativi, a conferma della distanza tra Mirabeau e Du Pont de Nemours, che con il Mémoire
sur les municipalités, elaborato in collaborazione con Turgot, caricò il discorso sul decentramento
amministrativo di implicazioni politiche che non sfuggirono al marchese.
Una questione di fondo che è sottesa ai restanti contributi qui di seguito inseriti è che cosa si
intenda per tradizione fisiocratica. All’interno della riflessione contemporanea che è andata
interrogandosi, da John Pocock a Edward Shils4, sul significato del concetto di tradizione e sulla
contrapposizione tra tradizione e libertà, un’accezione di tradizione come patrimonio di convinzioni
che non hanno in sé il valore di princìpi esaustivi e che sono in grado di porre in evidenza l’origine
creativa di ciò che si trasmette, ci è parsa essere confermata dalle idee fisiocratiche.
In questa prospettiva si inserisce il saggio di chi scrive, che analizza il valore riformistico e
di liberalizzazione della società francese rappresentato dalla fisiocrazia - già delineato nel suo
insieme nel saggio di Gino Longhitano - in rapporto in particolare al discorso fisiocratico sulla
rappresentanza, indagato attraverso i progetti per la creazione delle assemblee provinciali e visto
nelle sue modificazioni negli uomini e nel tempo. L’attenzione alle proposte per un sistema di
municipalità decentrate è un tema riproposto da più parti nelle recenti letture politiche sulla
fisiocrazia, nonostante - come si può anche vedere in questa raccolta - i giudizi si dividano tra chi
economica (1976), trad. it., Milano, Adelphi, 1984; A. O. HIRSCHMAN, Le passioni e gli interessi. Argomenti politici in
favore del capitalismo prima del suo trionfo (1977), trad. it., Milano, Feltrinelli, 1979.
4
Cfr. J.G.A. POCOCK, Time, Institutions and Action: an Essay on Traditions and their Understanding, in ID., Politics,
Language and Time. Essays on Political Thought and History, London, Methuen and Co., 1972, pp. 233-72; E.SHILS,
Tradition, Chicago, The University of Chicago Press, 1981; ID., The Virtue of Civility. Selected Essays on Liberalism,
Tradition and Civil Society, ed. by S. Grosby, Indianapolis, Liberty Fund, 1997.
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mantiene le argomentazioni fisiocratiche all’interno di un’ottica unicamente amministrativa,
funzionale all’assolutismo, e chi invece vi vede già una volontà di rottura. Questo saggio si muove
in una prospettiva diacronica, cogliendo le trasformazioni e le implicazioni liberali del discorso
fisiocratico sulla rappresentanza sino al periodo rivoluzionario, da Mirabeau a Condorcet, sulla scia,
anche se non con le medesime conclusioni, dei lavori di Pierre Rosanvallon, Keith Baker, Pasquale
Pasquino e Richard Whatmore.5 La centralità della libertà della persona nel rapporto proprietà
terriera-diritto di rappresentanza e le implicazioni di allargamento delle opportunità insite in essa
conducono a conclusioni diverse dai giudizi di Catherine Larrère, lasciando al lettore, reso in questo
modo maggiormente consapevole della complessità della riflessione fisiocratica e del nesso
economia-politica, aperta la via a ulteriori indagini e interpretazioni.
Tale lettura della fisiocrazia intende inoltre proporsi anche come contributo all’odierno
dibattito sulla tradizione repubblicana nell’età moderna, ormai pervenuto a riconoscere nella
riflessione politica l’esistenza di famiglie diverse di teorie repubblicane.6 Tra di esse si propone qui
la specifica accezione francese di un repubblicanesimo moderno di matrice economica, le cui radici
sono individuate nel razionalismo politico della fisiocrazia e nella nuova scienza economica.
L’analisi delle idee fisiocratiche, considerate nel loro movimento nel tempo e nello spazio,
pone in risalto, strettamente correlato alla definizione di fisiocrazia, il problema della ricezione che
di essa si ebbe, intesa come rapporto attivo tra autore e lettore, stimolo alla creazione originale e
elemento della continuità storica. E’ in questa prospettiva che si colloca il saggio di Vieri Becagli,
tra i massimi studiosi della diffusione della fisiocrazia in Italia, incentrato su un autore e un’opera,
Georg-Ludwig Schmid d’Auenstein e i suoi Principes de la Législation universelle, una delle
maggiori fortune editoriali italiane tra il 1777 e il 1805, un periodo che va dall’età delle riforme alla
rivoluzione. “Oltre la fisiocrazia?” Il quesito posto dal titolo del saggio sintetizza appieno la
complessità delle questioni che siamo venuti sin qui evidenziando e che ci auguriamo le pagine di
questa raccolta aiutino, se non a risolvere, per lo meno a indagare con rinnovata consapevolezza.
L’opera di Schmid, che recepisce e rielabora la cultura illuministica che circolava in Europa dal
centro alle periferie, presenta elementi fisiocratici che Becagli pone in evidenza, ricordandoci come
Gorani attribuì proprio all’autore svizzero la sua conversione alla fisiocrazia. Eppure Schmid
d’Auenstein andò oltre, dando la visione di una società nuova che completa, come ben ci dice
5
Cfr. P. ROSANVALLON, voce “Physiocrates”, in F. FURET, M. OZOUF (éd.), Dictionnaire critique de la Révolution
française, 2 voll., Paris, Flammarion, 1988, vol. II, pp. 359-71 ; K.M. BAKER, Representation, in The French
Revolution and the Creation of Modern Political Culture, 3 voll., Oxford-New York, Pergamon Press, 1987-89, vol. I,
The Political Culture of the Old Regime, ed. by K.M. Baker, pp.469-92; P. PASQUINO, Sieyes et l’invention de la
constitution en France, Paris, Editions Odile Jacob, 1998; R. WHATMORE, Republicanism and the French Revolution.
An Intellectual History of Jean-Baptiste Say’s Political Economy, Oxford, Oxford University Press, 2000.
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l’autore del saggio, la corrosione dell’antico regime avviata dai fisiocrati. Becagli pone in risalto la
centralità della proprietà personale nella riflessione di Schmid, prioritaria rispetto alla proprietà
fondiaria, e parla di un diverso accento dei diritti sui doveri in Schmid rispetto ai fisiocrati. Proprio
queste osservazioni fanno però nascere un interrogativo: i doveri sono così prioritari rispetto ai
diritti in tutti gli autori fisiocratici (e certo non lo si può negare in un Bandeau), o l’enfasi sulla
libertà personale, dal più tradizionale Mirabeau, a Le Mercier de La Rivière, a Du Pont de Nemours,
ha stimolato una ricezione della nuova scienza economica in questi termini?
Schmid andò lontano nella sua analisi economica, rivelando nei Principes, usciti nel 1776 –
una data di svolta, se si pensa a quanti eventi si concentrarono in quell’anno -, un’attenzione
precoce per la centralità del consumo e un livello minimo di benessere, e per un diverso concetto di
classi, che già anticipa la tripartizione in capitalisti, imprenditori e lavoratori. In questo nuovo
quadro economico-sociale il proprietario terriero assume un ruolo sfumato, concorrenziale a quello
dell’imprenditore. Ma è soprattutto a livello politico che Becagli sottolinea la differenza rispetto ai
fisiocrati: nel governo municipale, organizzato attraverso assemblee provinciali, il criterio di
priorità nella scelta dei rappresentanti è dato dalle proprietà immateriali, qualità e talenti, rispetto a
quelle materiali, elementi che potevano ritrovarsi facilmente, ma non unicamente, nei proprietari
terrieri. Parecchi anni prima di Condorcet, seguendo un percorso diverso, ma ugualmente passato
attraverso la fisiocrazia e la riflessione sul proprietario terriero, Schmid d’Auenstein pervenne
dunque all’individuazione delle capacità razionali come criterio del diritto di rappresentanza, che lo
stesso Condorcet avrebbe riconosciuto nel progetto di Dichiarazione dei diritti steso nel 1789.
L’indagine sul successo dell’opera di Schmid d’Auenstein in Toscana, a Napoli e a Milano,
centri di un Settecento italiano riformatore aperto a una cultura cosmopolita, contro le resistenze e
le inerzie dei governi e dei gruppi conservatori della società corporativa di antico regime, permette
così di evidenziare un canale di diffusione e rielaborazione delle idee fisiocratiche. All’opposto, un
caso di non ricezione della fisiocrazia può ugualmente, da un lato, aiutare a ricostruire la diversità
delle esperienze italiane e la forza delle resistenze, dall’altro, confermare il significato di
trasformazione delle strutture tradizionali delle proposte che provenivano dagli economisti francesi
e la consapevolezza che di esse avevano i contemporanei. E’ questo il contributo che ci proviene da
un giovane studioso, Giorgio Monasterolo, attraverso l’indagine sulla figura di Ignazio Donaudi
delle Mallere, poco conosciuto economista piemontese della seconda metà del Settecento. Nella
ricostruzione dell’autore, Donaudi diventa lo specchio in cui si riflettono tutte le resistenze di un
riformismo tradizionale che non accettava di uscire dalle dinamiche dell’antico regime.
6
Cfr. in questi termini M. GEUNA, La tradizione repubblicana e i suoi interpreti: famiglie teoriche e discontinuità
concettuali, “Filosofia politica”, XII, 1998, 1, pp. 101-32, e del medesimo autore l’ampia introduzione alla traduzione
italiana di Q. SKINNER, La libertà prima del liberalismo, Torino, Einaudi, 1998, pp. VII-XLI.
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L’impostazione pragmatica, l’impegno per il rinnovamento dell’agricoltura piemontese, soffocata
dal peso dell’industria serica, l’adesione a una liberalizzazione del commercio dei grani più vicina a
Forbonnais che alla fisiocrazia, fanno di Donaudi e del suo Saggio di economia civile - che esce nel
medesimo anno dei Principes di Schmid d’Auenstein - una delle voci che chiedono riforme nel
Piemonte di Vittorio Amedeo III. Era tuttavia uno spirito riformistico che non intendeva mettere in
discussione i rapporti sociali e le strutture tradizionali, quello che alimentò la serrata critica
condotta da Donaudi contro il ruolo dei fittavoli nelle campagne. Nell’affrontare la
contrapposizione affittanza-mezzadria, l’economista piemontese che, ci dice Monestarolo, rivela
una conoscenza sommaria degli économistes, in un Piemonte poco ricettivo alla fisiocrazia,
dimostra però una chiara consapevolezza delle ragioni che lo spinsero a rifiutare la nuova scienza
economica. Proprio sulla discriminante affittanza-mezzadria, fondamentale nello schema
fisiocratico, Donaudi mostra prospettive economiche e politiche profondamente diverse. Da un lato
il suo pragmatismo, che gli impedisce un processo di astrazione economica, lo spinge a vedere nel
lavoratore non una comparsa - come ci ha indicato nel suo saggio Stefano Fiori - ma la figura
sociale centrale del mondo delle campagne; dall’altro, considerazioni di tipo politico lo inducono a
ritenere l’affittanza pericolosa dal punto di vista sociale, poiché causa di accentuazione delle
disuguaglianze, laddove il mezzadro, accanto ai piccoli e medi proprietari, garantisce stabilità
sociale e livellamento delle condizioni.
La valenza politica e sociale della scelta tra affittanza e mezzadria, che è discussa da Giorgio
Monasterolo in rapporto alla realtà circoscritta del Piemonte sabaudo, è affrontata nel suo valore di
caratterizzazione del discorso fisiocratico nel saggio di Roberto Finzi, storico economico, oltre che
studioso della fisiocrazia. Nel quadro dei rapporti economici e sociali che caratterizzarono la
modernizzazione dell’agricoltura, Finzi
traccia una linea che unisce i giudizi negativi sulla
mezzadria presenti negli autori fisiocratici alle analisi degli economisti classici e a Marx, sino alle
ricostruzioni in tempi più recenti di storici economici di formazione marxista come Emilio Sereni e
Giorgio Giorgetti.7 Cuore del saggio è la discussione del cambiamento di prospettiva degli studi
negli ultimi decenni, che sono andati rivalutando il ruolo svolto dalla mezzadria nello sviluppo
economico italiano, attraverso l’individuazione di un rapporto diretto tra presenza della mezzadria,
deposito di conoscenze industriali nelle campagne, e nascita della piccola impresa industriale
nell’Italia centro-nord orientale, là dove più vistoso è stato il fenomeno della creazione di distretti
industriali. I dubbi sollevati da Finzi sul reale valore progressivo della mezzadria nascono
dall’incompatibilità ch’egli coglie tra una visione dell’agricoltura come sistema, propria dei
7
Cfr. G. GIORGETTI, Contadini e proprietari nell’Italia moderna. Rapporti di produzione e contratti agrari dal secolo
XVI a oggi, Torino, Einaudi, 1974; E. SERENI, La questione agraria e la rinascita nazionale italiana, Torino, Einaudi,
1975².
12
fisiocrati,
e una considerazione di essa come realtà economica nella sua concretezza. Nella
distinzione tra fisiocrazia e agronomia è così evidenziata la peculiarità della fisiocrazia, data dalla
scientificità della sua analisi e dal suo significato innovativo, elementi capaci di scalfire l’ordine
esistente, in virtù di un valore politico e sociale oltre che economico.
La rivoluzione costituita dalla fisiocrazia, che attraverso il Tableau économique diede la
prima rappresentazione del modo capitalistico di organizzare la produzione avviatosi nell’Europa
occidentale tra XVII e XVIII secolo, ci proviene dalla densa nota di Giorgio Gilibert, che chiude
anche idealmente, riproponendone alcuni temi di fondo, una riflessione che è venuta sviluppandosi,
attraverso i diversi saggi presentati, in tutta la sua complessità e problematicità. La breve storia
editoriale del Tableau qui offerta, che cerca di far luce su alcuni elementi non chiari che ancora
permangono sulle sue prime edizioni, al di là del rigore filologico, sottintende, da parte di un autore
di formazione economica e studioso di Quesnay, una definizione di fisiocrazia che si condensa nel
pensiero del fondatore della nuova scienza economica ed è racchiusa nell’arco temporale dei dieci
anni successivi al 1756, anno dell’illuminazione di Quesnay alla lettura di Cantillon e della sua
scoperta dell’economia. Una meteora di breve durata è la fisiocrazia che ci presenta Gilibert: nel
1776 Smith abbandonerà il proposito manifestato dieci anni prima di dedicare la sua Ricchezza a
Quesnay, perché, è questa la conclusione provocatoria dell’autore, la fisiocrazia era passata di
moda. Fulminea anche se intensa la fisiocrazia, che si arriva qui a condensare tutta nello schema del
Tableau, ma alla quale tuttavia la trattazione secca e marcata di queste pagine riconosce il valore di
fondamentale momento di rottura, per la lucida capacità di comprensione e di descrizione dei
meccanismi del mondo moderno.
Al di là degli spunti suggeriti in questo percorso di lettura, altri temi, risultati, quesiti,
stimoli a ulteriori approfondimenti emergono da ogni singolo contributo e dalle loro analisi
incrociate. In questa presentazione si è voluto unicamente mettere in evidenza come i fili che
uniscono saggi di studiosi di formazione diversa testimoniano la complessità dello studio della
fisiocrazia e la sua centralità come nodo per la comprensione della nascita della modernità dalla
specificità dell’antico regime, in un’ottica comparativa e di lunga durata che vada al di là dei
confini della Francia.
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli – Papers
1 – Salvatore Veca, Il modello cosmopolitico di Kant e i suoi eredi (novembre 2004)
2 – Abdelaziz Abid, Preserving Our digital Heritage (dicembre 2004)
3 – Rudolf Schmitz, Archiving the Web Sites of Political Parties in Germany (dicembre 2004)
4 – Françoise Blum, Social History and Electronic Archives in France (dicembre 2004)
5 – Tomás Maldonado, Gli archivi del presente (dicembre 2004)
6 – Bruno Cartosio, Il Centro di documentazione e ricerca sui movimenti sociali contemporanei
della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli (febbraio 2005)
7 – Maria Guercio, Conservare le risorse digitali (febbraio 2005)
8 – Piet Creve, Looking for Clues (febbraio 2005)
9 – Franck Veyron, Preserving the New Digital Archives (febbraio 2005)
10 – Anne Van Camp, Managing Contemporary Digital Collections (marzo 2005)
11 – Letizia Cortini, Le fonti dell’Archivio Audiovisivo del movimento operaio e democratico
(marzo 2005)
12 – Rudiger Zimmermann – Walter Wimmer, New Challenger: digital documents in the Library of
FES – Bonn (marzo 2005)
13 – Danilo De Biasio, L’archivio di Radio Popolare: quando la cronaca diventa storia (marzo
2005)
14 – Urs Kälin, Digitalization and Digital Preservation (marzo 2005)
© Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
-PAPERS-15
Settembre 2005
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