Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne

Svevo: la coscienza della lontananza
Massimo Rizzante
Narrare opus
1.
Il
est
destino di un ebreo che
Potremmo
tro
si
avverta scrittore è quello di narrare.
dire, interpretando
Buber, che anche narrare è un incon-
e un guardare che cosa veramente sta difronte, un sein wahres
Gegeniiber.
nostro essere nella realtà dovrebbe, secondo Buber,
Il
non più
essere vissuto in termini di lo-Tu e
Ovvero,
di Io-Esso.
riduzione soggettivistica della realtà, che secondo la tradizione
sofica occidentale
può nascere solo dopo che,
di astrazione intellettuale,
re,
un processo
è costituito l'oggetto su cui indaga-
si
troverebbe la sua reale possibilità e quindi verità solo quando
soggetto entrasse con
il
mondo
in
la nostra
Narrare, per chi lo senta
nostro essere con
non
deve
il
nostro io rappresentato rende
esperienza spezzata, con Benjamin nello stato della povertà.
il
come
mondo. Fare
resti 'solo' letteratura,
sottostare,
destino, sarà allora tentare
La
pena
modo che
in
l'esperienza del nar-
sua differenza, che è
la perdita della
mondo, cognizione
ma
sì
ance-
soprattutto sguardo
religiosa delle cose.
differenza che lo scrittore Svevo vive
come
scrittore
ebreo
si
sue pagine, segreta, perché inconciliabile con un presen-
farà, nelle
che sente lontano da essa e che
meglio
cir-
è la necessità a cui lo scrittore ebreo
strale struttura psichica della rassegnazione,
'illimitato' sul
una
che è anche esistenziale complementarietà del
colarità d'esperienza
rare
il
un rapporto dialogante, l'Io-Tu ap-
punto. L'impossibilità di delimitare
te
attraverso
la
filo-
alla
gio inetto.
lo porterà alla dissimulazione,
rappresentazione di una dissimulazione:
Svevo riconosce
ebraica di un narrare
come
la
esperienza
di quell'ebraismo chassidico d'oriente
la
personag-
comune
e affettiva, propria
non pervenuto a nessuna
milazione storica con la società occidentale, e dove
conoscenza e per
il
sua lontananza da quella tradizione
conoscenza è
il
il
assi-
modello della
dialogo e la preghiera;
ma
egli
non rinuncerà a sperimentare un personaggio che nella sua inadeguatezza al vivere smaschera sottilmente un vero e proprio allontana-
QUADERNI ditalianistica Volume
VIII,
No.
2,
1987
.
251
Svevo: la coscienza della lontananza
mento degli uomini dai propri
sono
si
resi
Come
'ideali.'
scrittori ebrei triestini della
bisogni,
quali,
i
non più
grande stagione
letteraria del
".
vencento, nel suo libro Gli anni della psicanalisi
spirito ebraico
che ha
forme
dalle
ghetto.
.
lo spirito degli ebrei occidentali
—
di vita e dalla spiritualità
" e ancora
.
.
primo no-
".
.
uno
se c'è
questo
ormai stacca-
—
alle volte altissima
del
l'ebreo occidentale è spesso spiritualmente
.
più vicino al non ebreo che all'ebreo orientale.
La saggezza
.
influito sui letterati di cui parliamo,
non può essere se non
tisi
rintracciabili,
dice Giorgio Voghera, parlando degli
" (137).
.
.
mai disgiunta dalla compassione per
chassidica,
gli
uomini, che permette a Rabbi Pinhas de Koretz, un grande maestro
del
XVIII secolo,
perdendo
est le seul
un suo giovane allievo che stava
"... va et etude la Torah. La Torah
di rispondere ad
la sacralità della vita
remède;
Elle contient toutes les
elle l'a toutjours ete.
Elle est la réponse.
réponses.
L'aurais-tu oublié?"
dicibile per lo scrittore ebreo semi-assimilato,che
(9)
non è più
non avverte più
il
'giogo della Torah' e non conosce risposte sagge, perché esse impli-
cano un'esperienza con
inizi del
XX
il
mondo, un dialogo con
In Svevo, inoltre,
non
si
cose che, agli
avrà né la mitizzazione dell'unità di
Giobbe
valori ostjudish, incarnata dal
soprattutto
le
secolo, è stato interrotto.
legame con
di
Roth
—mitizzazione che
—né
la tradizione ebraico-orientale
è
la super-
determinazione della colpa ontologica dell'esistere di Kafka.
Vogliamo
dire:
sono diverse 'resistenze' all'assimilazione. Roth
vive, fin nelle sue fibre fisiche,
il
depauperamento dell'esperienza e
la
sua desacralizzazione nell'ebreo piccolo borghese assimilato, giun-
gendo non solo a rompere con
perché è
i
la storia occidentale,
valori transindividuali.
rompe, del
."
.
resto, persino
la tradizione,
ma, come
con
come
dice Magris
".
.
.
divenuta ormai tradizione, a degradare
lo stesso autore
la tradizione del
prosegue
regno biblico.
".
.
"
.
.
rimanendo, così, legato soltanto all'ebraismo della diaspora. Tutta
la
sua narrativa sarà, così, essa stessa una lunga ricerca senza centro,
un
esilio
da un
invisibile Heimat.
Per Kafka non
si tratta
di
una vera e propria
resistenza,
ma
un'alienazione dall'ebraismo puro e incontaminato del ghetto.
colpa di non essere nell'ebraismo,
scenza, produrrà un linguaggio,
non più
'descrittivo.'
ma
come
Kafka richiederà
ai
di
La
margini della sua cono-
dice Gargani, 'costitutivo' e
alla
sua scrittura una trasfor-
Massimo Rizzante
252
inazione che diventi opposizione e trasgressione ad una legge sacra,
che
lui
vede burocraticizzata. Di più,
la
sua stessa scrittura sarà una
muto
difesa a oltranza del suo esilio, del suo sapersi
come
scenza della ragione ma,
nella cono-
dice Freschi, "sulla soglia della Terra
promessa" (149).
Con Kafka
si
vive l'irriconoscibilità di una condizione, del Geist
ebraico, l'essere cioè nella colpa della solitudine;
non più
nella legge
che comunica e fa comunicare, ma nella lingua che, come dice egli
stesso negli ultimi suoi anni, è "un'amante perduta." La sua esperienza della scrittura sarà, forse, allora l'indecisione,
e dell'immagine,
il
il
limitare
il
suo linguaggio 'costitutivo,'
il
limite del concetto
come affermavamo
l'impraticabilità della tradizione, la quale, se
avrebbe "descritto"
il
concetto nell'immagine, facendo così
innanzi, assunta
non fosse
stata perduta,
senso.*
Svevo, anch'egli scrittore ebreo semi-assimilato, vive
la
sua
're-
sistenza' all'ordine piccolo borghese della società occidentale, po-
tremmo
dire, in
forma
di scepsi.
Ovvero,
la
dissimulazione di un
personaggio inetto, di cui prima parlavamo, non è rintracciabile essenzialmente nello Selbsthass, nell'odio di
la
sé,
che l'ebreo prova per
sua mai completa integrazione e appartenenza; odio di sé che lo
stesso Debenedetti pone come incipit alla comprensione della narrativa sveviana, ma, soprattutto, in quello che vorremmo chiamare 'sentimento di una lontananza.' La lontananza non ha luogo, come dice
Magris; essa è vissuta
come sentimento senza nome, che produce un
nascondimento, un personaggio che ostenta
che rivela
la
la
sua dissimulazione e
sua inadeguatezza alla società in cui vive.
Ma
proprio
questo 'nascondimento' di sé del personaggio sveviano svela
lontanamento degli
Origine che
esso.
Ed
è,
altri,
degli
altri
essenzialmente, vero bisogno e non idealizzazione di
è qui, crediamo, che quel 'sentimento di lontananza,' pro-
prio dell'ebreo che 'resiste,' seppure attraverso
all'assimilazione,
È
la
l'al-
pesonaggi dalla propria origine.
si
una dissimulazione,
vela di una veste filosofica borghese.
l'educazione schopenhaueriana di Svevo che, intrecciandosi con
constatazione ebraica di una secolarizzazione dei rapporti sociali
e amorosi,
pone
il
personaggio nel luogo di una volontà
nell'aspirazione incompiuta che
sogno amoroso, ironia
zione di
sé.^
La
e, infine,
si
interrotta;
farà via via nostalgico destino,
resoconto di una mancata reden-
differenza, perciò, che
abbiamo detto inconciliabile
Svevo: la coscienza della lontananza
con un presente dominato dalla pura
253
lotta del vivere dello scrittore
ebreo triestino e del suo personaggio ha un viso bifronte. Essa ha
un'ascendenza dalla metafisica borghese che nega l'autenticità dei
rapporti
—
umani fondati puramente sui bisogni anche se fa di
e una matrice ebraica che riconosce
ultimi necessità e virtù
—
lontananza dal messaggio originario,
temente, nell'inettitudine
ma si
questi
la
sua
fa destino e, solo apparen-
contraddice; rivelandosi nascostamente,
si
invece, istanza critica, accusa di una caduta di valori.
La
differenza
dello scrittore e del suo personaggio sarà, allora, da una parte, necessità di
un
una lontananza propria dell'ebreo
un ritenere
sentirsi differente,
pur riconoscendo migliaia di meriti negli
terato,
insomma, che
gli farà
e, dall'altra,
diventerà
la propria superiorità inaccessibile,
un'aspirazione da
altri;
let-
sognare la vita piuttosto che possederla,
letterarizzarla, infine.
L'inettitudine è questa lontananza da questo
mondo
borghese, è
questo senso borghese di superiorità che vuole redimere con
teratura
il
—
mondo, conoscendo
si
pensi a
Zeno Cosini
—
la let-
l'ironia del
tutto.
2.
La
nostalgia di
una lontananza
Incentrando per ora
romanzi
fica,
il
COSI per Alfonso
affondare
discorso, seppur brevemente, sui primi
Svevo, potremmo dire che essere
di
rischioso;
—L'amoroso sogno
come
per Emilio, volere
non fermarsi all'evidenza,
i
anzi,
due
letterati, filosofi signiil
proprio destino più
non guardarla neppure,
colpi d'ala al di là del divenire, così privo di veri pos-
La loro posizione, però, è quella dell'inerzia, dell'attesa che
come vizio il suo etemo ripetersi, il dissimulare di Alfonso un
sessi.
vive
interesse al dialogo in casa Mailer, quando, invece, già l'entrata e
l'incontro
—
con Santo
possibilità di
che
lo coglie e gli
zione del
il
servo
—mostrano una
Alfonso di essere uno di loro e
interrompe
momento buono
il
serie di divieti; l'imil
senso di impotenza
discorso, gettandolo nell'aspetta-
per parlare che, anche se giunge, non lo
non essere quasi mai
non perdere il suo amore, per non perdere il suo sogno
di Ange; sono tutti momenti di una tentazione, quella di distruggere
quello
il rinvio, che si fanno, irrimediabilmente, gesti di un vizio:
soddisfa; e, in Senilità, la necessità di Emilio di
se stesso per
della lontananza dalla realtà.
Il
personaggio sveviano^ ha bisogno di trasfigurare
le
cose, di
Massimo Rizzante
254
amare con Schopenhauer ciò che è
do, sente
ne, nell'attesa di
vita
oltre l'apparenza;
ma, così facen-
suo destino lontano, ebraicamente allontanato dall'origi-
il
un vero possesso
Una
di se stesso e delle cose. In
—Alfonso
da una lontananza vissuta come destino nostalgico
e
l'alienazione cittadina, l'ordine e l'efficienza del lavoro bancario a
cui egli
non
riesce a sottostare,
il
ricopiare che
non
lo esprime, la
grettezza di casa Lanucci che è figlia del puro sforzo per sopravvivere, la
il
conoscenza e l'amore che non riempiono, neppure con
materiale possesso,
il
—
vuoto della continua aspirazione ideale
ritrovamento dei veri valori.
Il
ritomo di Alfonso
al
al centro. Il villag-
gio è la sensazione di ritrovarsi nel proprio elemento, anche se egli è
li
La lunga agonia
per attendere ad una morte.
zo di una rigenerazione del
figlio
che
si
della
madre è
il
prez-
mondo
era allontanato dal
dei padri. L'attesa, qui nel luogo d'origine, è un'attesa dolorosa
con
re
il
—come dicono
segno dell'accettazione
che accettano
la
il
delirio e lo stato di
ma
delle creatu-
creazione (Buber L'eclissi di Dio).
la
e liturgia, allora, anche
dopo
—
gli ebrei
È
quasi rito
semi-morte di Alfonso
morte della madre.
Scontare lo stato di coscienza è un'esperienza
terribile;
comporta
La
rigenera-
un'espiazione sacrificale, una 'promenade' infernale.
zione non è nuova generazione,
ma
totale accettazione di
Alfonso
del suo distacco dall'origine, suggellato dal bacio materno che egli
riceve in sogno,
la
il
bacio della madre morta che gli lascia
compassione per
il
dolore e
la vita.'*
La partenza per la città è sotto il segno apparente "dell'uscita dalla
(Una vita 309), una delle tante, come egli stesso rimedita,
puerizia"
ma
nel profondo è già lontananza dalla vita, dalla lotta organica e
che essa innesca con ogni individuo, il dramma della
non può essere ammirato, deve essere tradotto in una parte.
irresistibile
vita
Alfonso vive l'impossibilità di questa traduzione e
si
rassegna
al
un sogno giovanile. Perché
morire nella lotta, in un duello senza speranze con il giovane Mailer proprio adesso che "il sogno non lo aveva posseduto giammai
cosi interamente?" (Una vita 401). La lontananza dalla vita che il
sogno che non rinuncia
di credere la vita
bacio materno, in sogno, suggella definitivamente è anche affezione
al
sogno, dopo
il
distacco dall'origine.
In Senilità, poi, la nostalgia del ritomo viene a
mancare e
la
vera
giovinezza, essendosi la nostalgia trasformata in vera e propria co-
Svevo: la coscienza della lontananza
255
scienza di una lontananza, è solo di colui che amorosamente
al
attacca
si
sogno, a quel suo sapersi irrimediabilmente lontano da ogni giovi-
nezza, intesa, non solamente
La
dei suoi bisogni.
senilità
come
salute,
ma come perdita dell'uomo
che viene dopo l'esasperazione
tesa di salute e salvezza è proprio
il
anche, malattia organica e di pensiero. Emilio aspira
fatta,
di un'at-
luogo della lontananza che
si
è
posses-
al
so delle cose vicine, ma, invece, constata che l'unica verità, l'unico
possesso che
è concesso è quella lontananza, quella capacità di
gli
sognare che è l'unica giovinezza.
sogno, che
Il
era impossessato di Alfonso e gli aveva fatto
si
compiere l'ultimo
atto, si fa
puro e "bestiale" non
per
gli
per Emilio amorosa verità.
possesso
Il
è concesso. Egli è nato non per
la lotta
sogno e per continuare a sognare. Angiolina che, con
il
la
ma
sua
sembra spezzare il ritmo onirico della vita
non fa altro che consustanziarlo, lo allontana di più dalla
vita. La donna incarna il sogno di Emilio ma non lo fa esplodere,
perché il suo concedersi non è un darsi, è un possesso del corpo lisalute e spregiudicatezza,
di Emilio,
berato dalla mente. Ella è giovane così nel corpo
come
nella mente,
e non vive che questa sua sensuale giovinezza biologica così vicina
alla
pura necessità,
ma
lontana dalla profonda salute di chi riesce a
"pensare e a piangere," Perciò Emilio sognerà sempre una Angiolina
che non esiste ed ogni possesso sarà
fittizio,
una sottrazione, nel suo
senso ambivalente.
Sarà la sorella Amalia, con
agonia,
il
suo 'destino grigio,' con
ma anche con la sua intelligenza e purezza,
il
sua lenta
la
referente incon-
scio di Emilio e del suo impossible sogno. Egli vuole un'Angiolina
che sappia piangere e
amare e consumarsi
soffrire
come Amalia,
in quella tensione.
sappia, nel silenzio,
L'agonia della sorella e
la
sua morte coincideranno, così, con l'abbandono di Angiolina; e nel
tempo
memoria coagulerà
la stessa
gure femminili.
Il
sogno
in un'unica
immagine
le
irrealizzabile nella realtà è, nella
letteraria di Emilio, corretto e quasi reso mitico.
La donna
due
fi-
memoria
sarà per
sempre "amante" e "pensosa." proprio come può essere scritta: e non
vissuta, proprio come la si è voluta che fosse e non come è stata realmente.
come
vita,
di
Ed
è COSI che la letteratura, questa dolorosa finzione, vince,
dice lo stesso Svevo in Senilità, l'inettitudine dell'uomo alla
seppure essa stessa
una volontà
interrotta,
resti,
ed è questo
il
vero dolore, nel luogo
necessariamente interrotta dalla morte.
Massimo Rizzante
256
Sentimento di una lontananza
nanza che sa
il
una lonta-
in Alfonso, coscienza di
proprio destino immutabilmente incompiuto
perciò,
e,
affetto dal rinvio in Emilio.
Nei due personaggi non
destino
li
avrà ribellione proprio perché
si
un nascondimento, che è svelamento, ebraicamente,
una secola-
di
rizzazione dei rapporti umani; nascondimento che genera
il
rinvio continuo, nella realtà, di
Narrare opus
tudine, perché
frainteso,
il
un
il
sogno ed
atto decisivo.
Narrare è necessario, allora, per vincere
est.
sogno
il
dolore, vissuto.
come
personaggio sveviano è pure indice,
personaggi della
l'inetti-
trasformi in parola e possa essere compreso
si
comunque con
In questo senso,
altri
loro
il
ha allontanati da ciò che veramente sono, producendo così
de
'fin
siècle,' della
molti
problematizzazione dell'in-
dividuo e della sua atomizzazione nel linguaggio, che ha portato
l'uomo a monologare, a trasformare l'esistenza
La
non
necessità della scrittura
è, perciò,
un dialogo con
za; nasce, invero, dall'impossibilità di
come farmaco per
in sogno.
momento
l'esperienza, definendo, cosi,
e scrittore, tra l'inettitudine dell'uomo
una
moderno e
dell'esperien-
cose, nasce
le
frattura tra
uomo
la superiorità
fitti-
zia, grottesca dello scrittore.
Il
personaggio sveviano, ripetiamo, è
la rappresentazione di
questa
dicotomia, che è superiorità dello scrittore che vive tale superiorità
come senso
di inferiorità negli
che Baioni, parlando
di
Kafka
atti,
perché
gli atti
Ebraismo
in
hanno perso quella
e Mitteleuropa,
"radice celeste," la sacralità necessaria perché l'uomo
chiama
riconosca
li
propri.
Alfonso è condannato
sogno
si
incarni,
anche
al
sogno ed Emilio
suo sogno fattosi parola, sono
redimere
la realtà.
È
la
le
il
che
il
suo
suo sogno, o
il
uniche armi che egli possiede per
condanna
al
sogno, che significa lontanan-
za dalla storia, che conduce ad una precoce
il
all'attesa
capirà che
se, alla fine,
luogo di quella lontananza da dove
si
senilità.
Essa diventa
può, peraltro, solo sogna-
re
un possesso della
si
è già impossessata di noi, lasciandoci la possibilità del sogno o
storia,
consapevoli del fatto che quest'ultima
l'invenzione letteraria.
Non
vi è salute nella storia, quindi.
I
sani sono gli assimilati, quei
personaggi sveviani che vivono nella sensualità della
sono nella storia con
la solarità propria di chi
vita,
coloro che
è vicino e
cammina
Svevo: la coscienza della lontananza
con
il
Ma
proprio destino.
non è vera
la loro
257
L'inettitudine
salute.
del personaggio sveviano svela l'allontanamento di sé dalla sua salute illusoria, e si fa 'superiore inferiorità' dello scrittore-impiegato
che, lontano dal proprio destino,
scrittura
3.
che è malattia
si,
ma
attacca al sogno, al sogno della
si
amorosa.
L'ironia del senso
Con Zeno
vengono
altre caratteristiche, già presenti negli altri
alla luce e fatte,
za di Zeno la critica
per cosi dire, esplodere.
ai valori della società
due romanzi,
Con
borghese
la
Coscien-
farà quasi
si
metodo, seppure in forma di ricordo e di tragica prospettiva. L'allontanamento del personaggio dal suo destino ha provocato l'ironia
del senso, l'allontanamento da ogni senso.
Zeno
rappresenta, ancora,
il
bisogno di scrivere
la vita
che non è
possibile puramente vivere, essendo essa una malattia essenziale,
imperfezione che conduce l'uomo alla
lotta
per
il
una
suo compimento,
che, peraltro, è solo costruzione di un ordine puntualmente distrutto.
Ma qui,
e
il
nel terzo romanzo, a colui che conosce la malattia della vita
suo destino nato da
tale
convinzione, non è
Mentre, cioè, nei romanzi precedenti,
il
sogno era
il
sogno che
resta.
che
l'attività
tra-
non
sfigurava o addirittura negava la vita, e
il
poteva che attaccarsi amorosamente
sua rappresentazione e alla
alla
personaggio
'inetto'
sua malattia, nella Coscienza di Zeno l'atteggiamento, tipicamente
ebraico, dell'autodifesa, della sapiente ironia che conosce tutte le
amarezze che porta
in seno, fa parlare
loro utilità per la vita, anche se
'il
il
nella stessa traduzione, la sua morte.
volta ebraico di
E
una razionalizzazione
ad affermare che
i
protagonista sui sogni, sulla
metodo dei sogni' porta con
lo scetticismo,
sé,
ancora una
totale dell'uomo, lo porterà
sogni, o meglio, la predisposizione ad essi,
si
conclude sempre nella loro invenzione.
Potremmo affermare
che, per un processo metonimico,
il
sogno
necessario alla vita del personaggio letterato, viene fatto esplodere
nell'ironia della sua impossibile traduzione e descrizione
Zeno,
il
vecchio
quella posizione.
lo scriversi.
di
uomo
di lettere
La consistenza
Finito
il
sogno del
che ha compreso
da parte di
nihilismo di
della letteratura diventerà, allora,
letterato inizia
memorie e invenzione.
Zeno che si sottopone alla cura
il
psicanalitica
una
letteratura fatta
ha accettato
la pro-
Massimo Rizzante
258
come
pria malattia
incurabile e ricerca, sogghignando di ogni arte
medica dell'animo umano, le possibilità future nel proprio passato.
Riconosce la propria differenza di destino e la sua lontananza da
esso, ma non sogna, meglio, non si attacca al suo sogno; ironizza
sulla stessa scienza dei sogni.
Diversamente dai due precedenti romanzi, dove
la differenza era
lontananza del personaggio dalle sue origine e dove quest'ultima
era dissimulata nell'inettitudine cronica e nella precoce senilità, ora,
nella Coscienza di Zeno, quella stessa differenza
è differente al di là delle differenze
—
ca e meccanismo di difesa; e ancora,
svelamento attraverso
si
—
ciò per cui
l'uomo
è fatta consapevolezza ironi-
critica,
non più
sotto
forma
di
nascondimento del sé originario del perso-
il
naggio, ma, seppur velata, diretta. Zeno, cioè, è ancora, anche se in
modo
relativamente diverso,
il
personaggio che porta con sé
la disto-
nia esistenziale dell'ebreo occidentale, consapevole della lontananza
la
dimora
lotta del vivere, la
volontà
delle sue origini e che fa di questa lontananza
da dove mettere a nudo e
di
dominio,
È
il
mondo
in crisi la
della
—che è
pevole lontananza del
ad una società che
al
si
figlio che,
ebraicamente,
rifiuta l'assimilazione
finta di
peccato che Zeno non vorrebbe mai commettere
mente, ha dovuto sempre commettere.
—
è
il
padre è anche
il
se stesso che rifiuta,
si.
il
figlio,
il
come
dice
il
mondo
realtà
in cui
si
non
presto.
Il
il
alla luce "la
Zeno
Il
tardi a riconoscere
il
lo dice testualmente
rimorso per quella parola
sua grande esperienza,"
afferra, forse,
che l'espe-
padre, che vedeva dappertutto una
la morte,
forse, salvato la sua
come sempre,
rimorso di Zeno è quello del
padre fosse ridicola
il
che, inevitabil-
è veramente contaminata con l'esperienza
ha vissuto.
ma
ma
riesce a dire la parola
immutabile ed un mondo immobile, aveva,
differenza originaria,
ma
se stesso che ha dovuto assimilar-
padre a Zeno (689).
rienza del padre non
non vedere,
Quest'ultimo è
anche qualcosa di più. Suo
Ciò che resta è una parola non detta e
che avrebbe reso, finalmente,
del
—
padre
Il
ma
se stesso più profondo che
all'uomo e schiaffeggia
alla
possibile constatare l'indice di questa consa-
nella quale ha certamente operato e guadagnato.
più volte
può cambiare.
— significativamente
padre
padre sembra aver fatto
il
luogo e
il
mometa che sempre
proprio nelle pagine dedicate
morte del padre
pura
figlio
era giunta troppo
che è giunto troppo
padre, che ha creduto troppo che la serietà del
e, perciò,
non
gli si
è mai avvicinato abbastanza
259
Svevo: la coscienza della lontananza
ed ha giocato,
ogni altro
Qui è
al solito, al rinvio.
dramma
Zeno
Zeno.
la
monade
generatrice di
riderà più forte del
mondo
e
il
suo riso filosofico e selvaggio potrà anche inclinare a suo favore
il
di
'clinamen' della vita,
ma
sempre
resterà
il
amaro, comune a
riso
molti ebrei della sua generazione, di colui che non
amorosamente con
tabile^ e
sentimento di
il
si
è ricongiunto
tempo della Creazione è immuchi vive il tempo come immutabilità è il
la tradizione/ Il
sentimento di chi accetta la Creazione. L'ispirazione religiosa, che
fa dire al padre di possedere
una grande esperienza da comunicare
è quel "sentimento d'intelligenza" dell'uomo che accetta le cose e
ammette
la loro trasparenza; di chi,
ogni divenire, dell'ebreo che
insomma, vede
la legge dietro
è salvato dalla secolarizzazione.^ Di-
si
versamente per Zeno l'ispirazione religiosa del padre è oggetto di
studi:
"tant'è vero che s'indusse a parlarmene perché io gli
avevo
raccontato di essermi occupato delle origini del Cristianesimo" (691).
Il
momento che
fraternamente
li
accomuna è anche
momento
il
del
più vero distacco.
Per l'ebreo che riconosce
ricongiunto
al
mondo
la
lontananza delle sue origini e non
dei padri, la religione è un problema,
è un problema. Milan Kundera ha scritto una volta:
romanzo
".
.
.
il
il
si
è
tempo
tempo
Kafka è il tempo di un'umanità che ha perduto la
sua continuità con l'umanità, di un'umanità che non sa più nulla e
non ricorda più nulla e abita in città che non hanno nome e le cui
strade sono strade senza nome o con un nome diverso da quello che
portavano ieri, perché un nome è una forma di continuità con il pasdel
di
sato e le persone che
non hanno passato sono persone senza nome"
(169-70).
Se Kafka
si
aggirava nella Praga, che
nella Coscienza di Zeno, approda, a suo
memoria un
a suo modo, della
atto
però, attraverso la scrittura, che
ritradotto, corretto.
Il
il
suo amico
Max Brod
de-
un mondo senza memoria Svevo,
finiva la città del male, profeta di
si
suo non è un
modo, ad una soluzione;
che riconosce
sa
comunque
'sibi scribëre,'
passato
fa,
il
quale,
letteratura,
viene
il
uno scrivere della
propria vita e sulla propria vita, ma, essenzialmente, un ripensamento
evolutivo;
si
un ripensare,
trasforma e
Zeno
si
si
scrive,
veder 'chiaro'
il
cioè,
il
passato che, nella practica letteraria,
radicalizza fino all'invenzione.
abbiamo
detto.
proprio passato.
Giunto ad una certa
Si sottopone ad
età,
vuole
una cura psica-
Massimo Rizzante
260
nalitica senza crederci troppo; la sua malattia la
conosce
troppo
fin
bene, è una convinzione carica di anni e di destino. Egli sa anche
perfettamente che non è possibile estirparla:
gia troppo profonda.
sogno e
Ciò che
l'inerzia procurino
il
essa ha una genealopuò fare, allora, è illudersi che il
dono della rievocazione. Ma Zeno è
si
di peso e di cuore, ma etemo
non riesce a ricordare con precisione, l'ordine gli è
sempre sembrato un uso rassicurante dell'ambizione umana, e, poi,
la lingua che adopera, si conosce, è piuttosto uno scalpello che una
lima. Egli inventa. La memoria di Zeno è una memoria pratica,
un
con problemi
letterato, incanutito,
studente; egli
proprio in quanto ha perduto
volta, della lontananza) e si
mo,
redentivi.
suo passato (coscienza, ancora una
il
compie per
atti
Egli non attende, con Proust,
volontari che, diremil
senso del presente
da un'interruzione di esso che permette l'esplosione del passato così
com'era e che ritoma carico
colma
di felicità.
non
vissuta, e perciò
'volontà della memoria' che, nella
diventa metafora di una redenzione del passato attraverso
scrittura,
una correzione
Il
di un'esperienza
Zeno ha una
tempo
di esso.
della scrittura diventa cosi, ebraicamente,
il
tempo
della
redenzione, la quale, però, deve essere intesa in senso probematico,
in
quanto
si
quindi, di
conosce
la
lontananza delle proprie origini e
un riconoscimento del passato
la difficoltà,
attualizzabile.
Il tempo in cui Zeno vive non è il tempo immutabile del padre, il
tempo della Creazione nel quale le cose annunciano il loro essere in-
nocente e nel quale anche
come etemo compimento
Zeno
si
abbandona
il
loro dissolversi necessario
alla scrittura
si
concepisce
tempo che 'ritoma,' quando
terapeutica, è un passato offuscato
del passato.
Il
dal presente che sorge "imperioso" e annulla la ridicola pretesa del
protagonista di sperimentare da vicino una
ricordi.
Zeno
si
addormenta
di
memoria che veramente
un sonno profondo
e,
seppure du-
rante quel sonno qualche cosa di importante era stato intravvisto, al
risveglio è già stato dimenticato, "perduto per sempre."
Nel Preambolo al romanzo, infatti, Zeno informato dal suo buon
manuale di psicanalisi che una pratica della memoria quotidiana consente molte possibilità di ricordare la propria infanzia,
al 'lavoro.'
di
Dopo qualche
un bambino
in fasce
subito ricosce per
il
esitazione,
si
mette subito
vede di fronte a sé l'immagine
che sembra appartenergli da vicino,
figlio della
cognata appena nato e che
ma
lui
che
aveva
Svevo: la coscienza della lontananza
Zeno, che conosce nell'intimo
visto di recente.
tenza di malattia che cova nell'uomo
"Come
esclama:
—
seno
fantolino
fare?
—
minuto che passa
tia vi
sono per
te,
Eppoi fantolino
si
fin dalla
secoli che
Il
al
come
di fronte a
Ma
il
mondo,
Nel tuo
va facendo una combinazione misteriosa. Ogni
un reagente. Troppe probabilità di malat-
vi getta
perché non
sei
tutti
i
tuoi minuti
possano essere
consanguineo di persone ch'io conosco.
ma certo
I
non furono
tali
puri.
minuti
tutti
prepararono" (651).
tempo del ricordo è un tempo che ha subito e subisce
proprio
lo.
ti
minacciosa sen-
la
sua venuta
è impossibile tutelare la tua culla.
che passano possono anche essere puri,
i
261
il
pensiero subisce la sua alienazione,
Zeno eppure estraneo
pensiero che non
si
il
la storia,
suo essere
sua volontà di rappresentar-
alla
memoria
configura nel presente e una
che non è figura del passato sono ancora propri di un personaggio
ebreo che non trova risarcimento morale nella
la
storia,
che appunto
subisce perché egli ne è stato tolto ed è consapevole che la sua
assimilazione non ha significato, intimamente, radicamento postu-
mo,
ma
soprattutto sradicamento e dispersione. Ecco, allora, che la
scrittura, lo scrivere di
Zeno
redentiva del tempo,
poter ripensare
il
ciò che
astorica, qual è la pratica letteraria.
che infine è
la scrittura, oltre
Zeno
fa,
diventa la possibilità
la storia
Ma
secondo una legge
tale possibilità redentiva,
ad essere problematica,
detto prima, è anche ironica, perché cosciente che
il
come abbiamo
suo atto è pur
sempre un ripensamento e mai un riconoscimento. La
cosi
il
tempo
del rilancio, della
vivere per rinviare
il
scommessa, che vuol
scrittura vive
dire,
per Zeno,
senso perduto della sua origine.
Università di Urbino
NOTES
1
crf.
Gargani e Freschi 149: "La diaspora assume un segno
occidentale irriconoscibile porta dentro di sé
il
invisibile, l'ebreo
suo nome,
il
suo alfabeto
sacro."
2 Relativamente a quest'ultima affermazione, facciamo riferimento
quarto romanzo sveviano di cui paria Contini
ma
del quale
non
al
cosiddetto
sì
tratterà in
questa sede, poiché esula dagli scopi del presente lavoro.
3 Si fa riferimento, ovviamente,
scorso sarà,
Zeno.
infatti,
al
protagonista dei primi due romanzi.
Il
di-
sensibilmente diverso per quanto riguarda la Coscienza di
Massimo Rizzante
262
4
Una
Si legge infatti, in
gli
"Con movimento
vita 304;
istintivo egli
aveva chiuso
occhi per isolarsi. Era sua madre. Prima che ella giungesse
egli la vide e vide
chinò su di
lui
suo sorriso soddisfatto
e lo baciò,
come
acuto dolore
il
ma
suo
al
di trovario tanto quieto.
letto
EUa
giusto sulla cavità dell'orecchio. Egli senti
se dentro qualche cosa fosse scoppiato e
si
un
svegliò."
si
Zeno 690-91: "Oggi che scrivo, dopo di aver avvicinata l'età raggiunta da mio padre, so con certezza che im uomo può avere
il sentimento di una propria altissima intelligenza che non dia altro. segno di
sé fuori di quel suo forte sentimento. Ecco: si dà un forte respiro e si accetta
5 Si veda nella Coscienza di
e
si
ammira
tutta la natura
com'è e come, immutabile,
ci è offerta:
con ciò
si
manifesta la stessa intelligenza che volle la Creazione intera."
6 Cfr.
la
nota precedente.
La coscienza
7 Cfr.
di
Zeno 691: "Da mio padre è
lucido della sua vita,
il
certo che nello ultimo istante
suo sentimento d'intelligenza fu originato da un'im-
provvisa ispirazione religiosa.
."
.
.
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