Perché i pregiudizi resistono alla prova dei fatti che li contraddicono

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Perché i pregiudizi resistono
alla prova dei fatti che li
contraddicono
Nemmeno i fatti riescono a vincere i pregiudizi. A questa
conclusione sono giunti i ricercatori Troy Campbell e Justin
Friedsen che hanno pubblicato le loro ricerche e
considerazioni sul Journal of Personality
Psychology, riprese da Mente & Cervello.
and
Social
Dai loro test emerge che molte convinzioni radicate, di fronte
ai fatti che le smentiscono, non cambiano direzione, solo si
ammorbidiscono, rifugiandosi in territori non verificabili,
come la morale, la fede, ecc.. “Per evitare di essere
costretta a trarre conclusioni sgradite, la gente può scappare
via dalla realtà e utilizzare strumenti, fatti apposta per
proteggere le proprie credenze profonde” affermano Campbell e
Friedsen.
Ho studiato Psicologia sociale e posso integrare queste
ricerche con qualche mia nota e riflessione.
Il pregiudizio fugge dalla realtà per rifugiarsi in un mondo
precostruito che trasmette sicurezza alla persona senza
costringerla a rivedere le sue posizioni e la complessità
della vita. Ma questo è un problema per il singolo, che fugge
anche dagli stimoli della vita, e per la società, che
s’impoverisce.
Sulla prevenzione e lotta contro i pregiudizi la scuola
riveste un ruolo primario, ma prima occorrerebbe selezionare
gli insegnanti con test che accertino il loro livello di
pregiudizi. Certamente, un buon livello di istruzione è una
buona medicina contro i pregiudizi. Occorrerebbe poi insegnare
ai ragazzi, ma anche agli adulti perché non è mai troppo
tardi, ad impegnarsi nel pensiero critico e a rifiutare la
rigidità delle ideologie, in cambio del vantaggio di una
maggiore comprensione della complessità della vita e, di
conseguenza, di una maggiore soddisfazione, senza bisogno di
nascondersi o rifugiarsi in alcunché.
Occorre poi trattare i fatti in modo sano, non come si sente
spesso per televisione o sui giornali dove le opinioni vengono
fatte passare per fatti ed i fatti rari vengono ripetuti ed
ingigantiti.
Il pregiudizio è, insieme agli stereotipi, un prodotto del
nostro cervello non perfetto, alla continua ricerca di
scorciatoie e sistemi per ridurre la complessità cognitiva
della vita, pertanto non riusciremo a liberarcene
completamente. Tuttavia possiamo governarlo se impariamo a
riconoscerlo sul nascere e a impedire che ci appiattisca
troppo la vita. Vivi la vita!
Cinzia Malaguti
Leggi anche:
Stereotipi e pregiudizi
Cinema – Mission: Impossible
– Rogue Nation
Mission Impossible – Rogue Nation è il quinto film della serie
Mission Impossible e, come gli altri, è pieno di effetti
speciali, acrobazie ed azioni incalzanti. Tuttavia la serie
sta perdendo smalto e quest’ultimo film è più vicino a quelli
di 007 che al primo Mission Impossibile.
Missino Impossible – Rogue Nation è stato diretto da
Christopher McQuarrie ed il protagonista principale è sempre
Tom Cruise, nei panni dell’agente di spionaggio Ethan Hunt,
qui spalleggiato dalla bella attrice svedese Rebecca Ferguson.
Della trama vi dico poco per non togliervi il piacere di
andare a scoprirlo al cinema; siamo sempre di fronte alla
lotta dei buoni contro i cattivi, dove i cattivi qui sono
rappresentati dal “sindacato” un gruppo corporativo di ex
agenti malintenzionati appoggiati da governanti corrotti.
Molte belle le scenografie in Marocco, a Vienna ed a Londra
dove è stato girato l’anno scorso (2014); grande utilizzo di
controfigure, ma la scena di Ethan Hunt appeso all’esterno di
un Airbus in volo è stata girata da Tom Cruise in persona.
Mission Impossibile – Rogue Nation è stato girato in pochi
mesi (agosto 2014 – marzo 2015) e si vede perché il risultato
non è dei migliori, a tratti comico e a tratti noioso, ma
complessivamente tiene il ritmo e non manca l’azione;
soprattutto belle le ambientazioni e la scenografia.
Cinzia Malaguti
Cani gatti & Co., antistress
e non solo
Ho trovato nel dossier pubblicato su Mente & Cervello, dal
titolo Noi e i nostri animali, interessanti spunti di
riflessione sul nostro rapporto con gli animali domestici.
In Italia gli animali domestici (cani, gatti, uccelli, pesci,
ecc.) sono circa 60 milioni e per lo più sono considerati
membri della famiglia.
Ma cos’è che ci attira di esseri viventi così diversi da noi,
al punto da adottarli? Alcune teorie mi sembrano sensate,
altre un po’ meno, ma partiamo dalle ricerche.
L’attrazione che proviamo per la compagnia degli animali è in
parte innata?
Nel 2012 lo psicologo Hiroshi Nittono e i suoi colleghi
dell’Università di Hiroshima, hanno condotto una serie di
esperimenti chiedendo a 132 studenti universitari di cercare
una certa cifra all’interno di matrici numeriche o di estrarre
piccoli oggetti attraverso dei buchi usando un paio di
pinzette. Quando gli è stato chiesto di ripetere la prova,
dopo aver visto prima immagini di animali adulti e poi
immagini di cuccioli, si è verificato che solo nella prova
eseguita dopo aver visto immagini di cuccioli, le pinzette
sono diventate più veloci e precise e la ricerca dei numeri ha
richiesto meno tempo.
Questo esperimento dimostra che la vista di cuccioli, di
qualsiasi specie, ci intenerisce, in un qualche modo ci
rilassa, stimola il nostro istinto materno e paterno, ma non
spiega perché adottiamo a volte animali anche già
adulti. Concordo sul fatto che un animale domestico mette
tenerezza e risponde al bisogno biologico di prendersi cura di
un “cucciolo”, visto che gli animali sono, diciamo così, come
dei bambini che non crescono mai. Il miglioramento delle
prestazioni intellettive ha senso solo se rapportato ad un
effetto antistress.
Gli animali domestici hanno un effetto antistress?
Per uno studio del 2012 la psicologa e ricercatrice israeliana
Sigal Zilcha-Mano ha chiesto a 285 padroni di un cane o di un
gatto di rispondere a un questionario relativo alla propria
connessione emotiva con l’animale. In seguito, ha sottoposto
120 dei partecipanti a un test linguistico piuttosto
impegnativo, misurando la loro pressione arteriosa come
indicatore di stress. Nell’articolo pubblicato sullo studio,
la ricercatrice ha riportato che gli individui che avevano con
sé il proprio animale domestico, o che lo avevano pensato poco
prima del test, hanno registrato livelli di stress
generalmente inferiori agli altri, precisando che l’effetto
benefico dipendeva però da quanto la persona si sentiva vicina
al suo animale, fisicamente e psicologicamente.
Quindi emerge che l’effetto antistress dipende dal grado di
attaccamento all’animale. Direi che il risultato era
prevedibile, nel senso che solo una persona che entra in
sintonia con il proprio animale, con la sua semplicità, con la
sua genuinità, con la sua onestà, può provare un effetto
positivo dalla sua presenza.
Cinzia & Nikita
Da cosa dipende il grado di attaccamento ad un animale?
Per uno studio pubblicato nel 2012, la biologa Linda Handlin
dell’Università Skovde in Svezia, ha misurato i livelli di
ossitocina (l’ormone dei legami affettivi) e quelli di
cortisolo (l’ormone dello stress) in 10 proprietari di
labrador femmina, per poi correlare i risultati con i dati
autodichiarati dai partecipanti sul rapporto che avevano con i
loro cani. Ne è risultato che, ad esempio, le persone che
baciavano spesso i loro cani avevano livelli
ossitocina e le donne che dichiaravano di temere
loro cane avevano livelli di cortisolo
probabilmente perché facevano affidamento proprio
per ridurre lo stress.
più alti di
la morte del
più bassi,
sull’animale
Questa ricerca dimostra che c’è una correlazione inversa tra
attaccamento ad un animale e livelli di stress, cioè
all’aumentare dell’attaccamento si verifica una diminuzione
della presenza di cortisolo, l’ormone dello stress.
Per esperienza posso affermare che un animale domestico
risponde ad alcuni bisogni dell’essere umano, primo tra tutti
quello di vivere in una dimensione più semplice e più naturale
in cui ti spinge il tuo animale domestico e per questo fatto
finisci per adorarlo. Il grado di attaccamento dipende da
quanto il padrone riesce ad interagire con il suo animale in
questa dimensione.
A quali altri bisogni dell’essere umano risponde un animale
domestico?
Oltre a quelli di cui ho già parlato, ci sono sicuramente
quelli legati al divertimento (gli atteggiamenti buffi sono
divertenti), quelli legati alla sensazione di essere utili
(per via della responsabilità del benessere di un altro essere
vivente) e quello legato alla possibilità di fare nuove
esperienze ed amicizie.
Adottate un animale domestico, non ve ne pentirete!
Cinzia Malaguti
Fonte: Mente & Cervello, mensile di psicologia e neuroscienze,
n. 129, settembre 2015
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