Diapositiva 1 - Associazione Pediatria di Comunità

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Priorità e scelte
in sanità pubblica:
Quali criteri?
Michele E. Grandolfo
Centro Nazionale di Epidemiologia Sorveglianza
e Promozione della Salute
Istituto Superiore di Sanità
Tel: 06 49904309/11 - Fax: 06 49904310
E-mail: [email protected]
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Possibili criteri per la definizione delle priorità sono
Frequenza
Gravità
Urgenza
Possibilità di intervento
Esemplarità pedagogica
Usualmente, non sempre correttamente, si considerano i
primi tre criteri
Sono invece decisivi gli ultimi due, soprattutto quando si ha
a che fare con la promozione della salute
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Premessa
La sanità pubblica trova la sua giustificazione solo se è in grado di ridurre
gli effetti sulla salute delle disuguaglianze sociali
Differenze di stato di salute per stratificazione sociale rappresentano un
allarme di scarsa qualità del servizio sanitario e si può dimostrare che
riducendo tali differenze migliora la salute di tutti, compresi i “better off”
(è una buona giustificazione per la progressività delle tasse)
La sanità pubblica, così come è prefigurata dalla legge 833/78, è fondata
su un modello sociale di salute e su un modello di welfare basato sulla
partecipazione e sull’empowerment (in opposizione al tradizionale
modello paternalistico-direttivo, sotteso da un modello biomedico di
salute)
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Nel controllo delle malattie infettive l’idea della salute come bene
collettivo viene esaltata
Le infezioni, nella generalità dei casi, circolano nelle comunità umane con
modalità ed effetti che dipendono, oltre che dalle caratteristiche
dell’agente infettante, dai determinanti sociali che caratterizzano le
comunità stesse.
Implicazioni: modello sociale di salute (i determinanti sociali come cause
dietro le cause biologiche)
Da cui consegue la necessità di un modello di sistema sanitario basato
sulla partecipazione e sull’empowerment (sotteso da un modello sociale
di salute), in quanto i determinanti sociali sono dicibili solo dalle persone,
aiutate con l’arte socratica della maieutica ad esprimerli
Si arriva alla stessa conclusione partendo dall’esigenza della valutazione
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Una eccellente dimostrazione dei precedenti assunti è stata fornita dalla
eradicazione del vaiolo e dai risultati relativi al controllo della poliomielite
e della difterite
eradicazione del vaiolo: il significato profondo di un successo clamoroso
Poliomielite e difterite: luci ed ombre
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Esempi di effetti dei determinanti sociali sulla circolazione delle infezioni
Epatite B
diversa incidenza e prevalenza per livello sociale
Morbillo
diversa precocità –herd immunity essenziale
Pertosse
diversa precocità –herd immunity importante
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Gli interventi sulle infezioni hanno, nella generalità dei casi,
ambiti e/o effetti di comunità
Riduzione dell’esposizione (igiene pubblica)
Protezione dall’esposizione (vaccinazione)
Protezione dalle conseguenze dell’esposizione (antibiotici)
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Nella promozione della salute (e la prevenzione vaccinale
deve essere inquadrata nel contesto epistemologico
proposto dalla Carta di Ottawa) non è possibile valutare
l’efficacia dell’intervento a livello individuale
Infatti non è disponibile la pur semplicistica osservazione
di una transizione (dal malessere al benessere)
disponibile negli interventi terapeutici,
mancando comunque la prova controfattuale
Non rimane altra alternativa se non osservare la riduzione
di incidenza o di prevalenza degli eventi o delle condizioni
di sofferenza che si avrebbero senza l’intervento, avendo
potuto escludere altri fattori.
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Si devono considerare strategie di promozione della salute con chiara
definizione
1. degli obiettivi
2. Dei sistemi e degli indicatori (processo, risultato ed esito) di
valutazione
3. Della popolazione bersaglio nelle varie fasi di applicazione della
strategia
4. Delle modalità di coinvolgimento
5. Delle modalità di intervento efficaci nella pratica
6. Dedicando particolare cura a stimare cosa accade nella sezione di
popolazione che non si è riusciti a coinvolge o che ci si è proposti di
non coinvolgere e i fattori di rischio del non coinvolgimento
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Il modello tradizionale in cui si iscrive la profilassi vaccinale
assume quale obiettivo della prevenzione la non insorgenza della
malattia nella persona esposta alla profilassi. Tale modello in
realtà è valido solo per la vaccinazione antitetanica. Se si
considerano
le
altre
vaccinazioni
(antipolio,
antidifterite,
antimorbillo, ecc.) questo modello non è più valido. Per
comprendere perché, è necessario riflettere su come si sviluppa il
processo di diffusione di una infezione in una comunità umana.
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La legge di azione di massa
La velocità della circolazione dell’infezione (incidenza: n. nuovi casi
nell’unità di tempo) è proporzionale all’entità dei suscettibili presenti
in una comunità
Il fattore di proporzionalità, chiamato forza di infezione, è determinato
dalla probabilità di contatto e dalla probabilità di contagio in caso di
contatto adeguato
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La probabilità che due persone entrino in contatto
fisico dipende dall’età, dalle condizioni socioeconomiche e dalla residenza.
La probabilità di contagio dipende dalle modalità di
trasmissione dell’infezione, dalla contagiosità
intrinseca dell’agente infettante e dalla modalità del
contatto fisico.
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Nella circolazione dell’infezione la probabilità di contatto gioca un
ruolo decisivo, perché questa probabilità dipende dalle condizioni
socioeconomiche, dall’età, dagli stili di vita, dalla dimensione della
famiglia, in generale dai meccanismi e dalle dimensioni di
aggregazione delle persone.
Le comunità umane non sono rappresentabili con il modello del moto
browniano delle molecole di un gas.
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Le implicazioni sono straordinariamente importanti. Se una infezione
dà luogo a patologie diverse o di diversa gravità a seconda dell’età, le
condizioni di aggregazione delle popolazioni umane e delle sue
articolazioni, determinano il quadro epidemiologico e la sua
evoluzione, nel breve (stagionalità), medio (ciclicità pluriennale) e
lungo (evoluzione secolare) periodo.
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Si realizza la profilassi non immunitaria quando si agisce sulla
forza di infezione.
Per esempio:
a) si agisce sulla probabilità di contatto quando si tiene in isolamento
la persona infettante;
b) si agisce sulla probabilità si contagio quando si adottano misure
igeniche.
Si realizza la profilassi immunitaria quando si agisce sulla
frazione di suscettibili.
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In questa prospettiva più moderna obiettivo della prevenzione
immunitaria è determinare una definita modificazione (in effetti la
riduzione o, meglio, l’eliminazione) della circolazione dell’infezione
nella comunità.
In questa prospettiva ogni singolo atto vaccinale, nel sottrarre dalla
comunità un suscettibile (che viene spostato nella classe degli
immuni) riduce, seppur di poco, la circolazione dell’infezione per cui i
residui suscettibili, avendo minore probabilità di contrarre l’infezione,
tendono ad essere infettati a età più avanzata, rispetto all’era
prevaccinale.
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Questo, in estrema sintesi, è la spiegazione dello spostamento
dell’età di massima incidenza, quando si adotta una strategia, più o
meno estesa, di vaccinazione dei soli nuovi nati fin dall’inizio
dell’era vaccinale
Se è vero, in generale, che l’efficacia di una misura di prevenzione
ha senso solo a livello di comunità, questo principio è ancora più
vero nella prevenzione vaccinale.
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Ha senso parlare di strategie vaccinali quando:
1) viene definito un obiettivo di riduzione di incidenza della patologia
prevenibile mediante vaccinazione in un definito periodo di tempo
e in un definito contesto comunitario;
2) viene definito uno specifico sistema di valutazione e opportuni
indicatori di esito e di processo;
3) viene definita la popolazione bersaglio all’inizio dell’applicazione
della strategia vaccinale e negli anni successivi;
4) vengono definite le procedure operative di offerta attiva
(comprendente l’attività di promozione ed educazione alla salute)
della profilassi vaccinale a tutte le persone appartenenti alla
popolazione bersaglio;
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5) vengono
definite
conservazione
e
le
procedure
somministrazione
di
acquisizione,
della
profilassi
vaccinale (chi, dove, quando, come) tali da garantire
l’efficacia nella pratica della vaccinazione;
6) viene istituita una anagrafe vaccinale;
7) vengono previsti ed effettuati studi per stimare i fattori di rischio
della non rispondenza e sull’incidenza della patologia nella
sezione di popolazione non raggiunta.
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Per molte infezioni importanti ai fini di sanità pubblica, l’unico
obiettivo ammissibile è l’eliminazione
su scala
locale e
l’eradicazione su scala globale.
In molti casi è essenziale che questo obiettivo sia raggiunto
immediatamente.
La qualità dell’agente infettante (unicità antigenica) e quella del
vaccino, nella sua capacità di indurre immunità immediata e a
distanza, l’assenza di riserve non umane svolgono un ruolo
essenziale nella ammissibilità di un obiettivo di eliminazione e,
quindi, di eradicazione.
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Il successo di una strategia vaccinale richiede la conoscenza della
distribuzione per età e per condizioni sociali dei suscettibili, ed è quindi
basato sulla capacità di erogare il massimo sforzo per ridurre la loro
concentrazione in ogni articolazione della comunità stessa, e non è
determinato dal tentativo di raggiungere un qualsivoglia livello di
immunità generale nella popolazione.
Un 90% di immunità nella popolazione generale potrebbe essere
determinato da un 98% di immunità nel 90% della comunità e da un
20% nel restante 10%. Poiché il 10% è normalmente clusterizzato il
potenziale epidemico è assicurato.
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Quando non esistono le condizioni per un
programma di eliminazione, fino all’eradicazione,
è molto problematico poter delineare una
strategia di sanità pubblica, soprattutto per le
limitazioni della possibilità di intervento.
Efficacia ridotta
Non unicità antigenica
Costi proibitivi
Alternative (profilassi non immunitaria)
fortemente raccomandabili
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