di ringhiera - Civiche Raccolte Storiche

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Corriere della Sera Domenica 23 Giugno 2013
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Cultura
&Tempo libero
Milanesando
IL PROGETTO
NANNINI
di ELISABETTA SGARBI
È già una sorpresa ospitare al Teatro Dal Verme Sandro Veronesi e Gianna Nannini, questa sera. Ma le sor-
prese non finiscono qui, perché il programma, stampato
e annunciato, ancora una
volta, non dice tutto. Gianna Nannini non farà semplicemente un concerto, perché ha inventato un concerto, una esclusiva, in anteprima per la Milanesiana: voce
e percussione, con la collaborazione di Trilok Gurtu e
le immagini a cura di Bettinetti/Zanzara. Forse lo replicherà, forse no.
E poi ci saranno due ospiti imprevisti e imprevedibili: l’artista degli specchi, Michelangelo Pistoletto, e il regista Ermanno Olmi, che, insieme con Gianna Nannini,
hanno dato vita, corpo, note, voce a un progetto pieno
di futuro. Un progetto sulla
maternità, in senso lato, che
per Gianna è stato premonitore. Dice Pistoletto ad Alain
Elkann in un recente libro:
«Gianna ha tratto energia
dal significato di quel lavoro, tanto da volere, dopo tre
anni, diventare mamma, ed
è nata la figlia Penelope».
© RIPRODUZIONE R SERVATA
Famiglie Anna Melato parla di Mariangela che stasera sarà ricordata con un premio al Mix
Mariangela Melato
(scomparsa a 71 anni l’11
gennaio scorso) e la sorella
Anna nel film «Casotto»
di Sergio Citti (1977)
Attrice
Con Tognazzi
(«Il gatto»
1967); con
Giannini
(«Travolti
da un
insolito...»,
1974); con
Arbore in tv
Sorelle
di ringhiera
«A
ll’inizio i nostri genitori non erano
contenti che Mariangela avesse scelto di fare
l’attrice. In famiglia ero l’unica che la sosteneva!». Anna
Melato, cantante, attrice e
doppiatrice, è la sorella più
giovane di Mariangela. E racconta un’infanzia milanese,
nei cortili di via Montebello.
«Non eravamo ricchi, anche
se abitavamo in centro. Eravamo una masnada di ragazzini.
Ricordo i giochi che Mariangela inventava per me: faceva il
teatrino, con pezzi di giornali
per i cappelli dei personaggi.
Io sono più piccola di undici
anni, lei era il mio riferimento, la mamma lavorava sempre. La chiamavo Manna».
Poi per Mariangela arrivò
il teatro vero.
«E anche il babbo, un ghisa
tutto d’un pezzo, cambiò idea
sulla professione della figlia.
Lui e la mamma quasi si camuffavano per andare a vederla recitare. Ricordo una delle
sue prime parti. Entrava in
scena con un vassoio truccata
da vecchia cameriera e diceva: "Poso qua". Ma la faceva
talmente lunga che durava un
quarto d’ora. Poi Dario Fo le
insegnò un certo modo coraggioso e vivace di essere. Visconti le voleva un gran bene.
Quando fece il provino per
"La Monaca di Monza" (di Testori, nel 1967, ndr), si tingeva i capelli di nero e aveva gli
occhi supertruccati. Una specie di Juliette Gréco di via Brera. Quando tocca a lei, dice a
Visconti: "Aspetti un momento". Va in bagno, si lava la faccia, esce struccata. "Se l’è succes?", le dice Visconti. "Possiamo raparla quella testolina
lì?". E lei: "Quello che vuole!".
«Per me inventava in
cortile il gioco del teatro,
io la chiamavo Manna»
Ed ebbe la parte di suor Ottavia. Alla prima il "signor conte, a teatro lo chiamavano così, prese mia madre sottobraccio e le disse "L’è brava quela
tusa lì, neh!". E continuò tutta la sera a parlarle in dialetto».
Che effetto le faceva sua
sorella a teatro?
«La folgorazione fu l’"Orlando Furioso" di Luca Ronconi, coi pennacchi in testa.
Qualcosa di completamente
nuovo. Tra lui e Mariangela
ci fu grande scambio artistico. Quando fecero "L’affare
Makropulos", alla prima mi
misi a ridere come una matta: era uno spettacolo comico. Tutti mi guardavano male, come fossi una dissacratrice. Ma dopo dieci minuti ridevano anche loro».
Al cinema qualche volta
avete recitato insieme.
«In "Film d’amore e d’anarchia" avevo fatto una piccola
parte. Ma per "Casotto", dove Mariangela era una delle
protagoniste, Sergio Citti si
fissò che ci volevano due sorelle, e mi convinse. Abbiamo riso tantissimo, improvvisavamo. Sergio veniva da
un mondo diverso dal nostro, ma ci intendevamo: avevamo radici simili».
Negli ultimi anni sua sorella si allontanò dal grande schermo.
«In ogni film era sempre
diversa. Mai uno stereotipo.
Faceva una ricerca sui personaggi che al cinema si trascura. A un certo punto si rese
conto che in Italia non si scrive per le donne. E pensò che
fosse più importante avere
un rapporto col pubblico, a
teatro. Fino alla fine sopportò le fatiche delle tournée».
Nella vita è sempre stata
lontana dai riflettori.
«Non ha mai raccontato i
fatti suoi, si è tirata fuori dai
vortici dei pettegolezzi. Era
impegnata, ma con discrezione. In questi ultimi anni parlava spesso del femminicidio. Per lei era importante
far capire che le donne non
sono un possesso per l’uomo».
Il suo ultimo spettacolo è
stato «Il dolore».
«Le dicevo: perché un testo così triste? Ora mi rendo
conto che aveva bisogno di
spiegare come stava: e con le
parole della Duras raccontava il suo dolore».
Rivede film e spettacoli
di Mariangela?
«Mi spiace non sia mai stato filmato "El nost Milan" di
Strehler. Rivedere Mariangela è un dolore fortissimo. È
così vivida: ma poi spengo la
tv, e mi rendo conto che non
c’è più. Quando se n’è andata aveva 71 anni, ma non aveva né la testa né il fisico di
una signora di quell’età. Nonostante fosse mingherlina,
quando era piccola mia mamma diceva che "l’era un ratin", aveva una forza incredibile. Non stava mai ferma. Faceva sembrare me quella con
undici anni di più».
Alberto Pezzotta
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Queen of Comedy
A sei mesi dalla scomparsa, Milano ricorda
Mariangela Melato. Il Festival Mix le dedica il
premio Queen of Comedy (stasera, Teatro
Strehler, 20.30). Martedì, alle 18.30, Anna Melato,
Giampiero Solari, Maurizio Porro e Antonio Calbi
aprono la rassegna «Lo schermo Melato» a
Palazzo Morando (via Sant’Andrea 6, ingr.
libero). In tre serate Michele Sancisi ha raccolto
tutte le partecipazioni tv di Mariangela, dal 1972
al 2010. Da «Canzonissima» al «Costanzo Show»,
interviste, musica («Sola me no vo» con Renzo
Arbore), documentari («Le ragazze di Milano» di
Tonino Curagi e Anna Gorio). (a.p.)
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