Documento di consultazione del Ministero dell`Economia e delle

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STUDIO LEGALE OTTAIANO
Avv. Marco Ottaiano
Viale Amelia n. 40
00181 – ROMA
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Osservazioni in relazione al “Documento di consultazione” predisposto dal Ministero
dell’economia e delle finanze (Dipartimento del tesoro – Direzione IV – Ufficio VI) in
merito all’ attuazione della direttiva 2007/36/CE relativa all’esercizio di alcuni diritti degli
azionisti di società quotate.
Premessa
In data 19 giugno u.s. codesto on.le Ministero ha posto in consultazione un documento
relativo all’attuazione della direttiva 2007/36/CE, relativa all’esercizio di alcuni diritti degli
azionisti di società quotate (di seguito la “Direttiva” ).
La Direttiva -volta ad armonizzare le discipline nazionali degli Stati membri in materia,
favorendo la partecipazione degli azionisti alla vita delle società e disciplinando l’esercizio del
diritto di voto, anche su base transfrontaliera- disciplina, in particolare: le modalità di
convocazione dell’assemblea e l’informazione preassembleare; il diritto dei soci di inserire
punti all’ordine del giorno e di presentare proposte di delibera; la legittimazione all’intervento
in assemblea e al voto; la partecipazione all’assemblea attraverso l’ausilio di mezzi elettronici;
il diritto del socio di porre domande; il conferimento di deleghe di voto; i requisiti per
l’esercizio del voto da parte di chi, intestatario formale dei titoli, li detiene per conto di un altro
soggetto; il rendiconto della votazione ed i conseguenti obblighi di pubblicità.
Nei paragrafi che seguono vengono riportate le osservazioni che, al riguardo, si ritiene di
dover formulare, con prioritario ed esclusivo riferimento alle ragioni che renderebbero
opportuna l’esenzione delle società cooperative dall’applicazione della nuova disciplina, ai
sensi dell’articolo 1, par. 3, lett. c) della Direttiva.
Ambito di applicazione della Direttiva
Con riferimento all’ambito di applicazione della Direttiva si osserva quanto segue.
L’art. 1, par. 3, prevede espressamente che gli Stati membri possano escludere
dall’ambito di applicazione della Direttiva gli organismi di investimento collettivo (lett. a e b) e
le società cooperative (lett. c).
Si ritiene necessario che il Legislatore italiano si avvalga della precitata facoltà di esenzione
di cui alla lettera c) ed escluda espressamente le società cooperative dal campo di applicazione
della nuova disciplina.
Le norme recate dalla Direttiva, infatti, sono chiaramente orientate sulla disciplina prevista
per le società per azioni, in larga misura incompatibile con la vigente disciplina sia nazionale
(anche in seguito, peraltro, alle modifiche introdotte con la novella societaria del 2003) che
comunitaria applicabile alle società cooperative: tale è la ratio, del resto, che sembra avere
ispirato anche il Legislatore comunitario, attraverso l’introduzione della norma che prevede la
possibilità di escludere le società cooperative dall’ambito di applicazione della Direttiva.
Per quanto concerne le norme della Direttiva che presentano evidenti profili di
incompatibilità con le vigenti norme interne applicabili alle società cooperative, si chiede di
voler tenere in considerazioni le osservazioni che seguono.
1) “record date”
L’art. 7 della Direttiva, par. 2 e 3, impone agli Stati membri di prevedere che il diritto di un
azionista di partecipare all’assemblea e di votare sia determinato in funzione delle azioni
detenute da tale azionista a una determinata data (data di registrazione) che precede,
necessariamente, la data dell’assemblea cui si riferisce. Tale previsione è del tutto incompatibile
con le norme che regolano il diritto di voto e le modalità del suo esercizio nelle società
cooperative ove, nel rispetto del tradizionale scopo mutualistico, vige il principio della
preminenza della persona rispetto all’apporto di capitale, diversamente dalle società per azioni.
Nelle società cooperative, infatti il diritto di voto compete esclusivamente al socio e non ai meri
detentori delle azioni ai sensi dell’art. 2538, comma 1,
cod. civ., ai sensi del quale
«nell’assemblea hanno diritto di voto coloro che risultano iscritti da almeno 90 giorni nel libro
soci». La regola non subisce eccezioni, ed è anzi rafforzata, nel caso delle Banche Popolari
italiane, le cui azioni non attribuiscono automaticamente ai nuovi titolari di azioni tutti i relativi
diritti, in conformità al disposto dell’art. 30 del D. Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico
Bancario); le disposizioni vigenti prevedono, infatti, che chi sia interessato ad entrare nella
società presenti domanda di ammissione; solo una volta ammesso e trascorso un periodo di
tempo (90 giorni dall’iscrizione nel libro dei soci) potrà acquistare ed esercitare il diritto di
voto.
2) Requisiti per partecipare e votare all’assemblea
Per quanto concerne le previsioni di cui all’art. 7, par. 2 (che lega l’esercizio del diritto di
partecipazione e di voto al possesso dei titoli azionari detenuti alla data di registrazione) ed
all’art. 7, par. 2, lett. b) della Direttiva (inerente l’assenza di limitazioni al diritto dell’azionista
di partecipare all’assemblea e di votare), si può osservare quanto segue.
Le società cooperative sono ispirate al principio del voto “per testa” e dalla spettanza del
diritto di intervento e di voto in assemblea al solo socio, come sancito dall’art. 2538, comma 2
cod. civ., il quale stabilisce che “Ciascun socio cooperatore ha un voto, qualunque sia il valore
della quota o il numero delle azioni possedute”; essendo del tutto indifferente, ai fini della
disciplina cooperativistica, il quantitativo di azioni detenuto in prossimità dell’assemblea,
risulta evidente l’incompatibilità della norma comunitaria con il principio del voto capitario.
Per ciò che riguarda, invece, la rimozione di eventuali limitazioni al diritto dell’azionista di
partecipare all’assemblea e di votare, ci si limita ad osservare che la previsione del deposito e
dell’eventuale blocco delle azioni, a seguito della riforma del diritto societario del 2003, sia non
più un obbligo di legge ma una facoltà rimessa all’autonomia statutaria, ai sensi dell’art. 2370,
comma 2 cod. civ.; resta, tuttavia, da valutare, da parte del Legislatore nazionale, se le modalità
di esercizio di tale facoltà, attualmente rimesse all’autonomia societaria, rispondano al requisito
di proporzionalità delle misure di identificazione dell’azionista previsto dall’articolo 7,
paragrafo 4 della Direttiva.
3) Partecipazione all’assemblea con mezzi elettronici
Gli articoli 6 e 12 della Direttiva, allo scopo di facilitare la partecipazione degli azionisti
all’assemblea, recano disposizioni in relazione all’utilizzo di mezzi elettronici e voto a distanza.
Vi è da osservare che l’art. 2538, comma 6, pur ammettendo il voto per corrispondenza o
attraverso l’utilizzo di altri strumenti di comunicazione, subordina tale facoltà all’inserimento,
nell’avviso di convocazione, del testo per esteso della deliberazione proposta, onere non
previsto nell’attuale formulazione dell’art. 2370 cod. civ., applicabile alle società per azioni; lo
stesso articolo 2538, prevede ancora che i voti espressi per corrispondenza non vengano
considerati ai fini del computo del quorum costitutivo dell’assemblea.
Entrambe le disposizioni vigenti per le società cooperative, non sarebbero compatibili con le
previsioni di cui all’articolo 8, paragrafo 2 e di cui all’articolo 12 della Direttiva.
4) Deleghe di voto
La Direttiva vieta agli Stati membri di limitare la designazione di rappresentanti, stabilendo,
in particolare, che «A parte il requisito che il rappresentante abbia capacità giuridica, gli Stati
membri abrogano le norme giuridiche che limitano, o consentono alle società di limitare,
l’idoneità di persone ad essere designate come rappresentanti» (art. 10, comma 1, seconda
parte) e disponendo, altresì, che il rappresentante «può ricevere deleghe da parte di più di un
azionista, senza limitazioni riguardo al numero di azionisti rappresentati» (art. 10, comma 5).
In proposito si osserva come in considerazione della personalità della partecipazione, nelle
società cooperative la rappresentanza del socio in assemblea è disciplinata in termini più
stringenti rispetto alla società per azioni. In particolare, secondo la vigente disciplina codicistica
la rappresentanza può essere conferita solo a un altro socio ed ogni socio non può rappresentare
più di dieci soci (art. 2539, cod. civ.).
Come ritenuto dalla prevalente dottrina (cfr. ex multis, V. Buonocore, in Diritto della
cooperazione, Bologna, 1997, p. 152), il limite quantitativo alle deleghe è posto per
salvaguardare il carattere democratico e lo scopo mutualistico del modello organizzativo delle
cooperative poiché esso evita, impedendo l’incetta di procure, l’acquisto di una posizione
egemone da parte di uno o più soci. Si deve poi rilevare che anche con la nuova disciplina
introdotta dalla novella societaria del 2003, il Legislatore ha ritenuto di dover riconfermare il
tradizionale principio, limitandosi esclusivamente a modificare la più stringente disciplina
(contenuta nel previgente art. 2534 cod. civ.), che rendeva ammissibile la rappresentanza in
assemblea solo in presenza di un’espressa previsione statutaria e fissava a cinque il numero
massimo delle deleghe acquisibili.
Secondo un’interpretazione sostenuta da autorevole dottrina (G.. Bonfante, in Il nuovo
diritto societario, V. 2, p. 2567 e ss.), peraltro, anche nella vigenza dell’art. 2539 nuovo testo,
sarebbe comunque necessaria un’apposita previsione statutaria per autorizzare il voto per
delega, al fine di “…calibrare il conferimento delle deleghe in ragione della struttura
organizzativa e dello scopo mutualistico…” ed evitare, così, che in presenza di un modesto
numero di soci, pochi di essi possano rappresentare, attraverso le deleghe, l’intera compagine
sociale; lo stesso autore ritiene, altresì, indubitabile che la delega possa essere conferita solo ad
un socio della società cooperativa, nonostante la novella non abbia riprodotto l’espressa
previsione del precedente art. 2534.
Tale interpretazione, che qui si condivide, trova un’ulteriore conferma anche in altre norme
di rango comunitario; ci si riferisce, in particolare, all’art. 58, paragrafo 3 del vigente
Regolamento (CE) n. 1435/2003, relativo allo statuto della società cooperativa europea (SCE)
che prevede, a sua volta, che: « Lo statuto stabilisce il numero massimo di deleghe che possono
essere conferite». Il richiamo al Regolamento CE n. 1435/2003 e, in particolare, ai suoi
“consideranda”, offre anzi l’occasione per sottolineare come le tradizioni e le specificita'
«cooperativistiche», che hanno radici storiche profonde e differenziate per ciascun Paese, siano
ben presenti anche al Legislatore Comunitario, che in più occasioni ha dovuto prendere atto
dell’indisponibilità di alcuni Stati membri a modificare le proprie discipline nazionali.
Il divieto di raccolta delle deleghe -in considerazione degli elementi prettamente
personalistici che caratterizzano il modello organizzativo cooperativistico e, in particolare, del
principio del voto per testa- trova applicazione, del resto, anche per le società cooperative con
azioni quotate, atteso che, in base alla deroga contenuta nell’art. 137, comma 4, del Testo Unico
della Finanza, la disciplina delle deleghe di voto non trova applicazione per le società
cooperative.
Le previsioni di cui agli articoli 10 e 11 della Direttiva, nella misura in cui rimuovono ogni
limite soggettivo o quantitativo alla facoltà di attribuire le deleghe di voto, non sembrano,
perciò, compatibili con il vigente ordinamento di diritto cooperativo.
Far venir meno ogni limite al conferimento delle deleghe violerebbe il principio, proprio di
tutte le società cooperative, del primato della persona del socio, comportando, di fatto,
l’annullamento del principio del voto capitario che di quel primato rappresenta la più
importante espressione, sovvertendo così completamente il modello di governance cooperativa.
* **
Alla luce di quanto sin qui osservato, si ritiene necessario che le società cooperative, fra le
quali si annoverano le maggiori Banche Popolari italiane e la Società Cattolica di
Assicurazione, siano escluse come espressamente consentito dal Legislatore comunitario ai
sensi dell’articolo 1, par. 3, lett. c) della Direttiva, dall’applicazione della Direttiva: una scelta
diversa, non auspicata per quanto sopra considerato, comporterebbe di fatto il completo
snaturamento del modello delle società cooperative con azioni quotate in mercati regolamentati.
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