Il linguaggio della tradizione poetica italiana (continua) 3

Il linguaggio della tradizione poetica italiana (continua)
3. Correlato al punto precedente è il vasto impiego di latinismi. Esempi sono: aere ("aria, cielo"),
fatal ("fatale, destinato a morire"), secrete ("segrete"), cure ("passioni"), ire ("andare"), immago
("immagine"), reo ("colpevole"), Numi (dèi, divinità), inclito ("nobile"), ermo ("solitario"), famiglia
(che Leopardi usa con il significato di "insieme della servitù"), nembi ("nuvole"), pendevi (con il
significato di "stavi sospeso"), ti lice (per "ti è lecito"), furi (dal verbo furare, cioè "rubare"), almo
("che dà vita").
4. Anche la frequenza dell'apocope, cioè la caduta dell'ultima vocale nella parola, è un aspetto di
rilievo, nel linguaggio poetico tradizionale. L'apocope può riguardare ogni parte del discorso:
sostantivi (mar, suon); avverbi (sol per "solo"); verbi in tutti i modi, tempi e persone (corteggian per
"corteggiano", vagar per "vagare", furon per "furono"), preposizioni articolate (co' per "coi") ecc.
5. Numerosi infine i fenomeni morfologici, che mutano l'aspetto delle parole rispetto all'uso
corrente.
I più frequenti sono:
•
nell'imperfetto indicativo della seconda e terza coniugazione cade la -v nella desinenza. Si
avranno, per questo, forme come vedea per "vedeva", sorgea per "sorgeva", venia per
"veniva";
•
nell'imperfetto indicativo, la desinenza della prima persona singolare termina in - a: avremo
perciò io venia per "io venivo";
•
le forme di condizionale in -ia: p. es. vorria per "vorrei";
•
il passato remoto presenta una doppia forma, credei e credetti;
•
i pronomi personali e le particelle pronominali sono spesso unite al verbo encliticamente,
cioè a fine di parola: da qui forme come fassi ("si fa"), sovvienmi ("mi sowiene", cioè "mi
ricordo");
•
infine, l'uso dell'articolo determinativo è più variabile rispetto all'italiano moderno: Leopardi
scrive «li poggi» invece di «i poggi», come scriveremmo noi.