Recalcati con il cuore in mano «Sempre riconoscente a Varese» Basket serie A. L'allenatore canturino "di là" ha tra l'altro vinto lo storico scudetto del la stella «Spiace che dal soffitto del PalaDesio non pendanogli stendardi a ricordo dei successi di Cantù» ALBERTO GAFFURI CANTÙ Cantù-Varese (il prossimo atto sarà quello di domani a Desio con inizio alle 20.45 e con diretta su Rai Sport), per Carlo Recalcati, rappresenta molto più di una semplice partita di basket. Per lui, infatti, non si tratta soltanto di uno dei derby più accesi della tradizione cestistica italiana, bensì di un'occasione, l'ennesima, per ricordare momenti indelebili che hanno caratterizzato la sua carriera di giocatore prima e di allenatore poi. Da questa sfida sportiva, per esempio, passano lo scudetto 1974-75 strappato dai canterini proprio a Varese e, in epoca più recente, lo scudetto della stella - con lui quale head coach - varesina. Attimi impressi nella memoria di tutti gli appassionati di pallacanestro, che Charlie racconta con il sorriso sulla bocca nella consueta conferenza stampa del venerdì. «Ricordi piacevoli» Sono più dolci i ricordi sulla panchina di Varese, oppure quelli raccolti con la maglia di Cantù? «Sarò sempre riconoscente a Varese perché quella società, per la prima volta, m'ha dato la possibilità di allenare ad altissimi livelli met- tendomi a disposizione una squadra davvero competitiva. A Cantù, però, ho avuto emozioni incredibili. Se devo sceglierne una, penso proprio allo scudetto vinto contro Varese. I ricordi, insomma, sono comunque piacevoli, a prescindere dalla squadra cui si riferiscono. In questo modo, non faccio torno a nessuno». I «Vietare lo sport è una sconfìtta per la nostra società nel suo complesso» Osannato quasi come un eroe perla stella a Varese. Vera e propria icona del basket canturino. Quale dei due ruoli le si addice di più? «La stella è stato uno dei principali traguardi che ho raggiunto come allenatore. Fu una grandissima opportunità e, dunque, sarò sempre grato a chi me l'ha data. Nella mia vita ho giocato tantissimi derby e, negli ultimi anni, ne ho allenato qualcuno... È evidente che la bilancia, se proprio lo devo dire, pende per i successi colti da giocatore con la maglia di Cantù». L'attaccamento alla maglia Giocare a Desio, ovviamente, non sarà come farlo nel vecchio Pianella. Che ne pensa? «Se devo essere sincero, mi spiace che dal soffitto del PalaDesio non pendano gli stendardi che ricordano i successi di Cantù. L'avevo detto già quando non ero ancora stato scelto come allenatore e lo penso, a maggior ragione, ora. Averli contribuirebbe a far ricordare a tutti la storicità della squadra che rappresentiamo. Avversari compresi». Nel basket moderno, in effetti, l'attaccamento alla maglia dei giocatori è un elemento meno pregnante che in passato. «La pallacanestro di oggi è caratterizzata da tanti stranieri e da molti cambi nel corso della stagione. Questo non facilita la conoscenza delle tradizioni. Per fortuna a Cantù è una cosa diversa: i giocatori sono costantemente a contatto con i tifosi e, dunque, percepiscono l'importanza di un derby come quello contro Varese». In quest'ottica, cosa ne pensa dei provvedimenti che vietano ai tifosi ospiti di assistere anche ad alcuni match di cartello? «Vietare lo sport è una sconfitta per la nostra società nel suo complesso. Lo è anche costruire gabbie per contenere i tifosi avversari. Come cittadini siamo sconfitti quando è necessario limitare la nostra libertà di partecipazione a un evento sportivo». Carlo Recalcati indica il quattro con la mano, come a dire che chiede la quarta vittoria della sua gestione