SOLFATO DI MAGNESIO PREOSPEDALIERO NON MIGLIORA L'OUTCOME DELL'ICTUS ACUTO MA APRE PROSPETTIVE 11 febbraio 2015 In pazienti colpiti da ictus ischemico acuto, l'inizio della terapia in fase preospedaliera con solfato di magnesio ad azione neuroprotettiva si è dimostrata sicura e ha permesso l'inizio della terapia trombolitica entro 2 ore dopo l'insorgenza dei sintomi ictali, ma non ha migliorato i risultati della disabilità a 90 giorni. Lo confermano i dati conclusivi - pubblicati sul New England Journal of Medicine - dello studio di fase 3 FAST-MAG condotto all’UCLA. «La neuroprotezione è una strategia promettente di trattamento complementare alla riperfusione» premettono i ricercatori, capitanati da Jeffrey L. Saver, del Comprehensive Stroke Center della David Geffen School of Medicine presso l’UCLA (University of California, Los Angeles). «Gli agenti neuroprotettivi interrompono i processi cellulari, biochimici e metabolici che mediano il danno al tessuto cerebrale durante o dopo l'ischemia. Dato che sono in genere sicuri e potenzialmente benefici nei pazienti con ictus sia emorragico che ischemico, questi agenti possono essere somministrati, in linea di principio, prima di effettuare l'imaging cerebrale, anche in ambiente preospedaliero, per stabilizzare i tessuti minacciati fino alla riperfusione, terapeutica o spontanea». «Il magnesio solfato» spiegano gli autori «svolge un’affidabile azione di protezione delle strutture cerebrali in diversi modelli animali di ictus, esercitando effetti sia vasodilatatori sia neuroprotettivi e glioprotettivi diretti. Inoltre è poco costoso, ampiamente disponibile e semplice da somministrare». Uno precedente studio pivotale con solfato di magnesio in pazienti colpiti da ictus non aveva mostrato alcun beneficio quando l'agente veniva somministrato in un tempo mediano di 7,4 ore dopo l'insorgenza dei sintomi ma ha suggerito la potenziale efficacia della sostanza in un sottogruppo di pazienti trattati entro le prime 3 ore dopo l'inizio della sintomatologia ictale. «Abbiamo allora intrapreso uno studio pivotale con inizio della terapia di solfato di magnesio entro 2 ore dopo l'insorgenza dei sintomi» affermano Saver e collaboratori. In particolare «abbiamo randomizzato i pazienti con sospetto ictus a ricevere il composto per via endovenosa o un placebo, iniziando entro 2 ore dall'insorgenza dei sintomi» spiegano i ricercatori. «Una dose di carico è stata somministrata da personale paramedico prima dell’arrivo del paziente in ospedale, dove è stata avviata un’infusione di mantenimento di 24 ore». L'outcome primario era costituito dal grado di disabilità a 90 giorni, misurato secondo i punteggi della scala di Rankin modificata (range: da 0 a 6, con punteggi più alti rappresentativi di maggiore disabilità). Tra i 1.700 pazienti arruolati (857 nel gruppo magnesio e 843 in quello placebo), l'età media (± SD) era di 69 ± 13 anni, il 42,6% era formato da donne e il punteggio medio prima del trattamento alla Los Angeles Motor Scale (LAMS) di severità dell’ictus (range: 0-10, con punteggi più alti indicativi di deficit motori più elevati) era di 3,7 ± 1,3. «La diagnosi finale dell'evento qualificante è stata di ischemia cerebrale nel 73,3% dei pazienti, emorragia intracranica nel 22,8% e una condizione similictale nel 3,9% dei casi» affermano Saver e collaboratori. «L'intervallo medio tra il momento in cui il paziente era riconosciuto per l’ultima volta come libero dai sintomi di ictus e l'inizio dell'infusione del farmaco in studio è stato di 45 minuti e il 74,3% dei soggetti ha ricevuto l'infusione del farmaco in studio entro la prima ora dal momento dell'insorgenza dei sintomi». Non si è rilevato alcun cambiamento significativo nella distribuzione degli outcome di disabilità a 90 giorni sulla scala globale di Rankin modificata tra i pazienti del gruppo magnesio e quelli del gruppo placebo (p=0,28 al test Cochran-Mantel-Haenszel); anche i punteggi medi a 90 giorni non sono risultati differenti tra il gruppo magnesio e quello placebo (2,7 in ogni gruppo, P=1,00). Infine, nessuna differenza significativa tra i due gruppi è stati registrata in termini di mortalità (15,4% nel gruppo magnesio vs 15,5% nel gruppo placebo; p=0,95) o di eventi avversi gravi totali. Secondo Saver e colleghi ci sono diverse possibili spiegazioni per i risultati neutri del solfato di magnesio. «Il passaggio del magnesio attraverso la barriera ematoencefalica non è immediato. La concentrazione di magnesio nel fluido cerebrospinale raggiunge un picco 4 ore dopo la somministrazione parenterale in presenza di una barriera ematoencefalica intatta mentre il processo è più rapido nelle regioni di ischemia focale dove la barriera stessa viene perturbata. Inoltre il solfato di magnesio potrebbe non essere accumulato nei tessuti cerebrali abbastanza rapidamente per produrre un beneficio nonostante il rapido conseguimento di un aumento dei livelli sierici. Infine, un singolo agente neuroprotettivo potrebbe non essere sufficiente a interdire le vie dell'elaborazione molecolare del danno ischemico e potrebbero essere necessari combinazioni di agenti oppure agenti con effetti altamente pleiotropici». Oltre a allo specifico studio sul solfato di magnesio, puntualizzano ancora gli autori, lo studio FAST-MAG è stato condotto con l'obiettivo di gran lunga principale di sviluppare e convalidare metodi che potessero essere usati in studi pilota di trattamenti neuroprotettivi in ambito preospedaliero. La fase 3 studio FAST-MAG non ha dunque confermato l’ipotesi primaria che l'inizio preospedaliero della somministrazione di solfato di magnesio in pazienti con sospetto ictus durante la fase iperacuta avrebbe ridotto il livello di disabilità a 90 giorni. Non si è inoltre rilevata significativa differenza nella mortalità e il numero complessivo di eventi avversi gravi è stato simile nel gruppo magnesio e in quello placebo. Lo studio però – sottolineano gli autori - grazie alla sua organizzazione tra personale medico e paramedico, ha raggiunto l’obiettivo di fornire l'agente di studio ai pazienti con ictus più rapidamente che nei precedenti trial di fase 3, con quasi tre quarti dei pazienti trattati nella "golden hour", corrispondente ai primi 60 minuti dopo l'inizio di ictus. Una premessa per il raggiungimento di risultati più rilevanti una volta identificato un agente neuroprotettivo più efficace in questo setting. Arturo Zenorini Saver JL, Starkman S, Eckstein M, et al. Prehospital use of magnesium sulfate as neuroprotection in acute stroke. N Engl J Med, 2015;372(6):528-36.