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CONSIDERAZIONI A MARGINE della SENTENZA 29 luglio 2013, n. 17
CONSIGLIO DI STATO – ADUNANZA PLENARIA
A cura di ANTONIO FEDELE BELLACOSA MAROTTI
Verso una definizione di interesse legittimo
condivisa in giurisprudenza
Con decisione in esame, l’A.P. del Consiglio di Stato ha deliberato in materia di giurisdizione sulle
controversie aventi ad oggetto (c.d.) “revoca” di finanziamenti pubblici riaffermando principi
consolidati e, tuttavia, fortemente evolutivi.
L’ordinanza di rimessione n. 517/2013 della Sez. VI aveva rivendicato in merito a questa materia
una migliore valorizzazione della giurisdizione del giudice amministrativo sulla scorta di diversi
criteri di frequente richiamo in dottrina e giurisprudenza:
a) l’esercizio da parte della P.A. di poteri autoritativi;
b) il perseguimento dell’interesse pubblico;
c) la concentrazione della tutela giurisdizionale.
Dette argomentazioni sono state condivise solo in parte dall’A.P. che ha, invece, confermato
perentoriamente l’orientamento costante seguito in questa materia dalla Cassazione SS.UU.,
orientamento ribadito con richiamo espresso alla sentenza del 25.11.2008 n. 28041 di cui viene
persino tradotta la massima nella pronuncia commentata: “questa Corte, in materia di contributi e
sovvenzioni pubbliche, ha affermato il principio che il collegio condivide, secondo cui il riparto di
giurisdizione deve essere attuato distinguendo le ipotesi in cui il contributo o la sovvenzione sono
riconosciuti direttamente dalla legge ed alla P.A. è demandato esclusivamente il controllo della
effettiva esistenza di presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa, da quelle in cui la legge
attribuisce invece alla P.A. il potere di riconoscere l'ausilio, previa valutazione comparativa degli
interessi pubblici e privati in relazione all'interesse pubblico primario, apprezzando
discrezionalmente l'"an", il "quid" ed il "quomodo" dell'erogazione (cfr. Cass. sez. un. n. 10689 del
2002)”.
La sentenza della A.P. può apparire laconica e, per così dire, scontata.
Invece consolida prospettive di indagine assai feconde.
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I. In primo luogo nella ricostruzione dogmatica della disciplina della materia.
La decisione della A.P. postula la coesistenza in subiecta materia (finanziamenti pubblici) di due
distinte fattispecie giuridiche che pervengono al medesimo effetto giuridico ma attraverso due
procedimenti assai dissimili in ciascuno dei quali si evidenzia una marcata contrapposizione. Questa
contrapposizione trae origine dalla fonte del rapporto che conforma in modo differente la posizione
giuridica dell’aspirante al beneficio.
La Giurisprudenza richiamata, infatti, distingue:
a) il finanziamento concesso in attuazione di prescrizioni normative vincolanti.
In questa prima ipotesi, in base alla ricostruzione dogmatica giurisprudenziale, la relazione tra Ente
erogatore e beneficiario viene ad essere retta direttamente dalla legge; il rapporto è disciplinato dal
diritto privato, con conseguenti posizioni relazionali tra erogatore e beneficiario di diritto
soggettivo/obbligo in rapporto sinllagmatico.
Consegue che per questa prima fattispecie il bando di finanziamento costituisce “offerta al
pubblico”, ai sensi dell’art. 1336, co.I, cod. civ.1. La proposizione della domanda di finanziamento
equivale ad accettazione dell’offerta; detta manifestazione di volontà perfeziona il contratto con il
conseguente sorgere di diritti ed obblighi reciprocamente assunti dalle parti; obblighi e diritti non
esecutivi ma soggetti a condizione, sospensiva e risolutiva. Con l’approvazione del finanziamento si
avvera la clausola sospensiva ed il contratto diventa finalmente efficace2, senza necessità di ulteriori
adempimenti.
b) Attribuzione del beneficio per effetto di un processo selettivo della P.A.. In questa seconda
ipotesi il rapporto è regolato, quanto al procedimento di individuazione del beneficiario
(nell’ambito di una platea specifica di candidati) da disciplina pubblicistica; in una conseguente
relazione tra Ente erogatore ed aspiranti di interesse legittimo. A questa fase si sovrappone, con
l’emanazione del provvedimento attributivo del finanziamento, un nuovo rapporto soggettivo tra
“L'offerta al pubblico, quando contiene gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta,
vale come proposta, salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi”.
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2
Cfr.: Cass. SS.UU. 10.10.86 n.63; sez. lav. 26.02.88 n.2064; 28.11.92 n.12744; 12.11.93 n.11158; 06.10.95
n.10500; 05.11.98 n.11142; 25.11.99 n.13138; 06.06.07 n.13273.
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Ente erogatore e beneficiario nell’ambito del quale sussistono posizione soggettive paritarie che
implicano prestazioni e controprestazioni, collegate da nesso sinallagmatico3.
Per l’effetto, in questa seconda ipotesi concorrono due autonome posizioni giuridiche collegate da
rapporto di antecedenza temporale logica e giuridica. E che conservano la reciproca autonomia.
Interesse legittimo prima; rapporto paritario poi4.
II. In merito, poi, all’esercizio dei poteri di revoca, i bandi di finanziamento, a prescindere se
collocabili nella disciplina privatistica o pubblicistica, prevedono (come evidenziato anche nella
ordinanza di rimessione) varie ipotesi di vizio mortale del rapporto che involge la conseguente
concessione di finanziamento, tutte definite genericamente come “revoca”; termine descrittivo che,
in assenza di altri riscontri giuridici, non vincola l’interpretazione dell’agente a quel determinato
modello giuridico5.
Invero, più frequentemente le fattispecie, impropriamente chiamate “revoca”, riguardano - per
primo presupposto - non l’attività della P.A. ma il mancato rispetto da parte del soggetto cui è stato
attribuito un finanziamento delle clausole del bando che prevedono adempimenti relativi alla fase
della esecuzione del beneficio concesso; attività, quindi che attengono alla fase di attuazione del
contratto quando tra le parti (sia nella prima che nella seconda fattispecie distinte dalla
Giurisprudenza richiamata) concorre un rapporto paritario6.
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cfr.: Cass. SS.UU. 25.05.01 n.225; 22.06.07 n.14572; 10.05.01 n.183; 12.11.99 n.758; 05.09.97 n.8585;
26.09.97 n.8056; 25.05.99 n.288; 12.11.99 n.758.
Sempre per il precedente commentato: “in materia di contributi e di sovvenzioni pubbliche, il privato vanta
una posizione di interesse legittimo, con la conseguente devoluzione della relativa controversia alla
giurisdizione del giudice amministrativo, se detta controversia attiene alla fase procedimentale anteriore
alla emanazione del provvedimento attributivo del beneficio, mentre vanta una posizione di diritto
soggettivo, con conseguente devoluzione della controversia al giudice ordinario, se la stessa concerne la
successiva fase di erogazione del contributo (cfr. Cass. sez. un. n. 11649 del 2003). Cass. SS. UU.
25/11/2008 n. 28041.
A tale orientamento, aggiunge l’ordinanza di rimessione, si è adeguata la prevalente giurisprudenza
amministrativa, per la quale è configurabile una situazione soggettiva d’interesse legittimo, con conseguente
giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale
precedente al provvedimento attributivo del beneficio, o se, a seguito della concessione del beneficio, il
provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico
interesse (ma non per inadempienze del beneficiario: cfr. Cons. St., Sez. IV, sent. 28 marzo 2011, n. 1875;
Sez. VI, sent. 24 gennaio 2011, n. 465; Sez. V, sent. 10 novembre 2010, n. 7994 » ».
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5
Così: Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2001 n. 343; Cass. sez. III, 20 novembre 2002, n. 16342.
“Nel caso in cui sia stato emanato un atto di revoca di un provvedimento che abbia disposto un contributo
pubblico, si è consolidato un risalente orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione, per il
quale rilevano gli ordinari criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive azionate, con la
conseguenza che, qualora la controversia sorga in relazione alla fase di erogazione del contributo o di ritiro
della sovvenzione, sulla scorta di un addotto inadempimento del destinatario, la giurisdizione spetta al
giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti denominati come revoca, decadenza o risoluzione,
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Per l’effetto, stante la natura paritetica del rapporto, la clausola del bando che dispone la c.d.
“revoca” in funzione di un non esatto adempimento contrattuale non introduce l’esercizio di un
potere di autotutela (che, come universalmente rilevato, risulterebbe illegittimo ed inammissibile in
relazione a rapporto non <o non più> autoritativo e pubblicistico) ma postula più propriamente,
secondo lo schema normativo di riferimento, una clausola risolutiva espressa, ex art. 1456 c.c.: “i
contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una
determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite”7; “in questo caso, la
risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi
della clausola risolutiva”8
Premesso che“ l'operatività della clausola risolutiva espressa è sempre condizionata all'emissione
della dichiarazione di volersene avvalere da parte del contraente interessato”9, il provvedimento di
c.d. “revoca”, così impropriamente denominato dai bandi, altro non è che la dichiarazione prevista
dal comma II del citato art. 1456 c.c.. Giova rilevare come anche nell’esercizio del potere di
applicazione della clausola risolutiva espressa la P.A. opera in carenza di potere discrezionale.
Modalità di esercizio che involge anche i poteri del Giudice civile: “la clausola risolutiva espressa
rende irrilevante l'indagine circa l'importanza di un determinato inadempimento, che è valutata
anticipatamente dalle parti, mentre il giudice deve verificare soltanto se sussista o non la colpa
dell'obbligato”10.
Compete, pertanto, al Giudice Ordinario unicamente il verificare “la persistente efficacia della
clausola stessa, rispetto allo specifico inadempimento denunciato, e la sussistenza e colpevolezza
dell'inadempienza medesima”11.
purché essi si fondino sull'asserito inadempimento, da parte del beneficiario, quanto alle obbligazioni
assunte di fronte alla concessione del contributo”. Cons. Stato, Sez VI n. 517/2013.
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9
Comma I.
Comma II.
Trib. Cagliari, 28 febbraio 1995, in Riv. giur. sarda, 1996, 405.
10
Cass. sez. II, 26 novembre 1994, n. 10102 ; sez. III, 17 ottobre 1995, n. 10815.
Così CAO, “Brevi considerazioni in tema di clausola risolutiva espressa, risoluzione del contratto per
inadempimento e provvisoria esecuzione della sentenza”; commento a Cass. 26 marzo 1997 n. 2674; in
termini: Cass. 18 giugno 1997 n. 5455.
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Tanto premesso, correttamente la ricostruzione dogmatica recepita dall’A.P., circoscrive le
fattispecie di “revoca”, quale espressione effettiva del potere di autotutela, alle ipotesi di riscontrata
intervenuta modifica dei requisiti di concessione del finanziamento e quindi al venir meno delle
condizioni di pubblico interesse (ovvero, come si evidenzierà di seguito, del bene della vita
perseguito dalla norma) che hanno determinato la erogazione del finanziamento. Circostanze,
quest’ultime, che incidono non sulla corretta esecuzione del contratto ma in ragione della fase
prodromica di selezione dell’impresa beneficiaria e del procedimento di erogazione, nell’ambito del
quale l’impresa soggiace all’esercizio di poteri autoritativi e quindi in posizione soggettiva di
interesse legittimo12.
III. Come evidenziato, la pronuncia commentata si inserisce in un consolidato orientamento
giurisprudenziale, condiviso da giudice ordinario e giudice amministrativo; la Plenaria ha
evidenziato così un criterio di riparto che traduce il punto di arrivo della evoluzione dogmatica sui
caratteri di contrapposizione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo che trova riscontro anche
nel recente indirizzo della Corte Cost. laddove spiega come “la disciplina dell’effetto giuridico, cioè
dell’idoneità o attitudine di un atto a produrre certe conseguenze nel mondo del diritto, appartiene
al diritto civile, dal quale, dunque, è regolata”13.
In questa ricostruzione dogmatica la sussistenza di discrezionalità amministrativa costituisce il
criterio discriminante ed assorbente tra le posizioni giuridiche citate.
Quanto consente di porre in correlazione gli ulteriori profili qualificanti dell’interesse legittimo
sopra richiamati (come individuati dalla ordinanza di rimessione) in una rapporto di causa – effetto.
Anche l’attribuzione di poteri autoritativi è, per questa costruzione dogmatica, conseguenza (ovvero
sintomo) ma non motivo fondante della posizione soggettiva14.
12
Cfr.: Cass. SS.UU. 25.05.01 n. 225; Cons. Stato, sez. VI, 09 settembre 2008, n. 4298; T.A.R. Liguria
Genova, sez. II, 12 novembre 2008, n. 1955; T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 26 settembre 2008, n. 623;
Cons. Stato , sez. VI, 17 maggio 2006, n. 2886.
13
Corte Cost.19.06.13 n.159.
14
Difatti:
a) considerare l’attribuzione alla P.A. di poteri autoritativi quale unico canone di distinzione della categoria
generale dell’interesse legittimo, come accorpata dalla tradizione giuridica, risulta, con riferimento ai profili
strutturali e funzionali delle figure, tautologico e descrittivo; non scientifico;
b) analoga considerazione in merito all’interesse pubblico (perchè è, per definizione, sempre perseguito dalla
P.A., pure nell’esercizio di attività iure privatorum);
c) a ben vedere, anche la presenza da un punto di vista tecnico di un procedimento non comporta
necessariamente la corrispondenza della posizione del privato in interesse legittimo posto che procedimento
sussiste anche in relazione ad attività della P.A., esercitate secondo schemi pubblicistici e con poteri
autoritativi, ma vincolate.
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Dal criterio di distinzione fatto proprio dalla A.P. scaturisce che le posizioni giuridiche di diritto
soggettivo ed interesse legittimo certamente si differenziano per la fonte e le modalità di
concessione del finanziamento; conseguentemente si distinguono sotto tali profili anche per i
contorni strutturali (con il diritto soggettivo il rapporto è diretto tra erogatore e beneficiario; nella
relazione di interesse legittimo il rapporto coinvolge più soggetti concorrenti).
A maggior ragione per i profili funzionali, con riferimento al bene della vita coinvolto. Il
procedimento di erogazione del finanziamento viene sempre disciplinato dalla norma primaria ma
con regole che vengono date in funzione dell’obiettivo diretto (l’interesse tutelato) posto dalla
norma stessa, istitutive del beneficio. Nella fattispecie di diritto soggettivo il diritto stesso sorge con
la norma di relazione che lo prevede; la finalità del precetto normativo è, infatti, assicurare il bene
della vita in favore di chi ne ha titolo. Nella specie di interesse legittimo, invece, la P.A. persegue
altre finalità più ampie che prevedono l’erogazione del contributo quale oggetto interposto; per
l’effetto anche il rapporto è mediato dalle regole dettate dalla P.A. che dispone di potere
discrezionale nello stabilire modalità di conseguimento dell’obiettivo perseguito dalla norma; con
esercizio di discrezionalità che viene espresso nell’ambito di un procedimento amministrativo.
L’interesse legittimo, pertanto, comporta che l’attribuzione del bene della vita in favore nella
prospettiva del beneficiario sia non certa ma eventuale. L’interesse legittimo traduce, così, quel
criterio di eventualità che lo configura ontologicamente con quella caratteristica di obliquità che ne
esprime la effettiva discriminate con il diritto soggettivo15.
Nozione in parte difforme da quella a cui era pervenuta in precedenza l’A.P. con celebre sentenza n.3/11,
laddove il bene della vita viene considerato non prioritariamente con riferimento alle finalità della legge, ma
con osservanza della pretesa sostanziale dell’interessato. “L'interesse legittimo va, quindi, inteso come la
posizione di vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita interessato dall’esercizio
del potere pubblicistico, che si compendia nell'attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul
corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione o la difesa dell'interesse al bene.
15
Anche nei riguardi della situazione di interesse legittimo, l'interesse effettivo che l'ordinamento intende
proteggere è quindi sempre l'interesse ad un bene della vita che l’ordinamento, sulla base di scelte
costituzionalmente orientate confluite nel disegno codicistico, protegge con tecniche di tutela e forme di
protezione non più limitate alla demolizione del provvedimento ma miranti, ove possibile, alla soddisfazione
completa della pretesa sostanziale”. Adunanza Plenaria, n. 3/2011
Al contrario, quanto rileva anche dal precedente oggetto di commento, è come l’interesse pubblico esprima
un bene della vita distinto dal vantaggio cui ambisce l’interessato in posizione di interesse legittimo; bene
della vita che ha una sua palpabilità. Chi scrive, pertanto, non condivide l’indirizzo dottrinario che attribuisce
rilevanza assorbente alla aspettativa del privato interessato; teoria che conduce alla seguente definizione:
“l’interesse legittimo è l’interesse a conseguire un provvedimento favorevole (attributivo di <<un bene della
vita>>) o ad evitare un provvedimento sfavorevole (soppressione o diminutivo del bene della vita). In questi
termini esso è per nulla <<strumentale>>all’interesse pubblico, ma è <<finale>> del soggetto titolare” (G.
Falcon, La responsabilità dell’amministrazione e il potere amministrativo in Dir. proc. amm. n. 2/09, pg.
245).
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Criterio di eventualità che è nozione in parte diversa dalla discrezionalità (di cui è, tuttavia,
espressione sintomatica).
IV. Come evidenziato, nella seconda fattispecie di erogazione concorrono, in relazione di
consequenzialità logica e giuridica, due rapporti: di interesse legittimo prima della selezione e
paritetico dopo16.
La conseguenza davvero innovativa di questa costruzione dogmatica, con riferimento alla
fattispecie esaminata dalla A.P., è la riconosciuta ammissibilità dell’esercizio dei poteri di
autotutela, (secondo le modalità correttamente precisate dalla A.P.) anche dopo che si è concluso il
procedimento di scelta del contraente ed è stato concesso il finanziamento.
Più in generale, la Giurisprudenza amministrativa è incerta nel ritenere esercitatile il ricorso a poteri
autoritativi laddove sia subentrato tra il privato e la P.A.un rapporto contrattuale17.
Per quest’ultima scuola, la differenza con il diritto soggettivo si coglie laddove “nell’interesse legittimo
esiste, un profilo di spettanza ma questa non forma il contenuto di una obbligazione che a priori stringa due
soggetti, bensì il risultato dell’esercizio legittimo del potere, il quale la definisce” (G. Falcon, op. cit.,
pg.247).
Tesi, ad avviso di chi scrive, non condivisibile. Come dire che nella fattispecie di un concorso pubblico il
bene della vita protetto dalla norma non è il potenziamento dell’organico dell’ente ma la pretesa
all’assunzione del concorrente. Certamente questo accade nella realtà; ma non è il criterio giuridico previsto
dall’ordinamento.
“In materia di erogazione di contributi, anche dopo la fase di ammissione al contributo, la pubblica
amministrazione conserva il potere di autotutela, espressione dei principi di buon andamento dell’azione
amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione, il cui esercizio implica attività discrezionale idonea ad
affievolire le situazioni soggettive del beneficiario (cfr. Cons. Stato, sezione sesta, 23 settembre 2002, n.
4810; 20 aprile 2000, n. 2454). La posizione del privato è, quindi, di interesse legittimo, come tale tutelabile
davanti al giudice amministrativo, nella fase procedimentale anteriore all’emanazione del provvedimento
attributivo del beneficio, ovvero nel caso che tale provvedimento venga annullato o revocato in autotutela
per vizi di legittimità o per il suo contrasto con il pubblico interesse; è di diritto soggettivo perfetto, come
tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, se la controversia attiene alla fase esecutiva del rapporto di
sovvenzione e all’adempimento degli obblighi a cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione
(Cass. SS. UU, 25 luglio 2006, n. 16896; 23 febbraio 2001, n. 66). Sulla scorta di tali criteri, la controversia
in esame appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo in concreto il potere, per
altro esercitato, dell’amministrazione di valutare l’esistenza del presupposto per la concessione del
finanziamento” (Cons. Stato, Sez. V, 23.10.2012, n. 5412).
16
“In presenza, infatti, di un contratto di diritto privato qualificabile, come si dirà più oltre, quale contratto
d’appalto di servizi, già stipulato ed in corso di esecuzione, non è ammissibile un intervento autoritativo in
autotutela che incida sulla fase amministrativa a monte del contratto stesso, in quanto in tema di attività
negoziale della pubblica amministrazione rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie
aventi ad oggetto tutti gli atti della serie negoziale successiva alla stipulazione del contratto (cfr., ex multis,
Consiglio di Stato, sez. V, 7 giugno 2013, 3133).
Peraltro, deve essere osservato più in generale che l’avvenuta stipulazione di un contratto di diritto privato
costituisce una garanzia per il cittadino, che sia controparte contrattuale con la Pubblica Amministrazione,
17
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Tuttavia, alla costruzione dogmatica della A.P. n.17/13 per forza di cose consegue che l’interesse
legittimo sopravviva al sorgere del diritto soggettivo; a corollario consegue che l’interesse
legittimo, come posizione giuridica, non si trasforma in diritto, né perisce con la conclusione del
procedimento di selezione.
Cosi l’A.P. commentata: “l’ordinanza ricorda ancora in proposito che la configurabilità di un
potere autoritativo e di un correlativo interesse legittimo, in presenza dell’esercizio del potere di
autotutela, risulta più rispondente alle esigenze di certezza del diritto pubblico (conseguendo l’atto
di revoca la sua inoppugnabilità, nel caso di mancata tempestiva impugnazione) ed a quelle di
corretta gestione del denaro pubblico, poiché l’esercizio del medesimo potere autoritativo agevola
non solo il rapido recupero della somma in ipotesi non dovuta, ma anche la conseguente
erogazione dei relativi importi ad altri soggetti, con ulteriori atti aventi natura autoritativa”18.
Ad ulteriore corollario consegue che tra ente erogatore e beneficiario del finanziamento non sussiste
unica relazione ma due posizioni giuridiche che coesistono per tutta la durata del rapporto.
Nella teoria generale a tanto consegue che l’interesse legittimo, né si espande, né si evolve; è
interesse legittimo, autonomo dal correlato diritto soggettivo, e basta.
V. Quella spiegata dalla A.P. n.17/13 è, dunque, una nozione di interesse legittimo più scientifica,
siccome non ancorata al criterio discriminante dell’esercizio del potere autoritativo e che evidenzia
la piena autonomia a dignità di questa posizione rispetto al diritto soggettivo, per profili funzionali
(sopratutto in relazione al differenziarsi del bene della vita perseguito dalla norma) e strutturali.
Il precedente commentato introduce, così, una nozione più selettiva dell’interesse legittimo laddove
contrappone, quale elemento discriminante, le attività vincolate da quelle discrezionali19.
rispetto ad ogni intervento autoritativo che possa in qualche modo pregiudicarne o condizionarne
l’esecuzione, al di fuori dei poteri contrattuali previsti dalla disciplina civilistica o dallo speciale regime,
sempre di diritto privato, cui il contratto stesso rimane integralmente sottoposto.
E’ pur vero che, anche quando si avvalga di strumenti alternativi all'attività di carattere provvedimentale,
l'Amministrazione non perde il potere autoritativo di gestione dell'interesse pubblico (cfr. Consiglio di Stato,
sez. VI, 18 dicembre 2012, n. 6474); tale regola, tuttavia, incontra sempre il limite, per le ragioni anzidette,
dell’avvenuta conclusione di un contratto di diritto privato, come nella specie è avvenuto.
Ed è pur vero, inoltre, che il testo del comma 1-bis dell’art. 21-quinquies cit. prevede espressamente la
possibilità di revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incidente su rapporti
negoziali, ma rimane circoscritta tale norma ai rapporti che non abbiano natura contrattuale, ove invece
l’Amministrazione si è spogliata della sua veste di Autorità ed agisce in posizione di parità con le parti”.
Cons Stato, Sez.V, 27.12.13 n.6262.
18
A.P. n. 17/13.
19
Traduce così il pensiero giuridico di E. Capaccioli: "Manuale di diritto amministrativo", Cedam 1983;
“Diritto e processo. Scritti vari di diritto pubblico”, Cedam 1978.
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Quanto pone riserve sulla ascrivibilità all’interesse legittimo di quelle posizioni soggettive nelle
quali la P.A. agisce con poteri autoritativi, in esecuzione del modulo procedimentale pubblicistico
previsto per legge, ma osserva un attività che non è discrezionale ma vincolata nel risultato.
La ricostruzione dogmatica di cui al precedente commentato, poiché assume unico criterio di
distinzione tra le posizioni: diritto soggettivo/interesse legittimo, proprio la discrezionalità
amministrativa esclude situazioni intermedie; ne consegue che le posizioni soggette a procedimenti
amministrativi autoritativi ma vincolati vanno ascritti alla figura del diritto soggettivo 20.
La pronuncia perviene così alla definizione di un criterio di distinzione tra le posizioni di diritto
soggettivo ed interesse legittimo, unico, univoco ed esaustivo.
In conclusione, dalla sentenza della A.P. n.17/13 emergono criteri ermeneutici tutt’altro che scontati
che consentono di definire in modo più selettivo e scientifico le posizioni di interesse legittimo e
diritto soggettivo; criteri utili anche ai fini della ricostruzione del sistema.
20
Parte della dottrina continua a considerare la posizione soggette a procedimento amministrativo vincolato
come di interesse legittimo per la presenza di controinteressato.
In merito giova, tuttavia, rilevare come nella attività obbligata il controinteressato è il soggetto esterno al
rapporto che è legittimato all’azione dalla lesività/illegittimità dell’atto amministrativo in relazione ad un suo
diritto o, comunque, alla sua pretesa ad un comportamento legittimo della P.A.. La sua tutela risarcitoria si
spiega benissimo con il divieto di neminem ledere di cui all’art. 2043 c.c., atteso che, come di recente
osservato da F. Trimarchi Banfi (L’interesse legittimo: teoria e prassi, in Dir. Proc. Amm. 4/13, pgg. 1005
ss.) la sua posizione in relazione al procedimento è più assumibile all’interesse semplice.
Nell’attività discrezionale, invece, il controinteressato è all’interno della stessa relazione nella posizione di
concorrente (anche solo potenziale o indiretto); il procedimento è finalizzato non all’attribuzione ma a
stabilire proprio a chi spetta il bene della vita tra i diversi controinteressati.
Dunque, solo nell’interesse legittimo soggetto leso e controinteressato osservano la medesima posizione
giuridica, interscambiabile e differenziabile solo in ambito processuale.
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