www.ildirittoamministrativo.it CONSIDERAZIONI A MARGINE della SENTENZA 29 luglio 2013, n. 17 CONSIGLIO DI STATO – ADUNANZA PLENARIA A cura di ANTONIO FEDELE BELLACOSA MAROTTI Verso una definizione di interesse legittimo condivisa in giurisprudenza Con decisione in esame, l’A.P. del Consiglio di Stato ha deliberato in materia di giurisdizione sulle controversie aventi ad oggetto (c.d.) “revoca” di finanziamenti pubblici riaffermando principi consolidati e, tuttavia, fortemente evolutivi. L’ordinanza di rimessione n. 517/2013 della Sez. VI aveva rivendicato in merito a questa materia una migliore valorizzazione della giurisdizione del giudice amministrativo sulla scorta di diversi criteri di frequente richiamo in dottrina e giurisprudenza: a) l’esercizio da parte della P.A. di poteri autoritativi; b) il perseguimento dell’interesse pubblico; c) la concentrazione della tutela giurisdizionale. Dette argomentazioni sono state condivise solo in parte dall’A.P. che ha, invece, confermato perentoriamente l’orientamento costante seguito in questa materia dalla Cassazione SS.UU., orientamento ribadito con richiamo espresso alla sentenza del 25.11.2008 n. 28041 di cui viene persino tradotta la massima nella pronuncia commentata: “questa Corte, in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, ha affermato il principio che il collegio condivide, secondo cui il riparto di giurisdizione deve essere attuato distinguendo le ipotesi in cui il contributo o la sovvenzione sono riconosciuti direttamente dalla legge ed alla P.A. è demandato esclusivamente il controllo della effettiva esistenza di presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa, da quelle in cui la legge attribuisce invece alla P.A. il potere di riconoscere l'ausilio, previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all'interesse pubblico primario, apprezzando discrezionalmente l'"an", il "quid" ed il "quomodo" dell'erogazione (cfr. Cass. sez. un. n. 10689 del 2002)”. La sentenza della A.P. può apparire laconica e, per così dire, scontata. Invece consolida prospettive di indagine assai feconde. 1 www.ildirittoamministrativo.it I. In primo luogo nella ricostruzione dogmatica della disciplina della materia. La decisione della A.P. postula la coesistenza in subiecta materia (finanziamenti pubblici) di due distinte fattispecie giuridiche che pervengono al medesimo effetto giuridico ma attraverso due procedimenti assai dissimili in ciascuno dei quali si evidenzia una marcata contrapposizione. Questa contrapposizione trae origine dalla fonte del rapporto che conforma in modo differente la posizione giuridica dell’aspirante al beneficio. La Giurisprudenza richiamata, infatti, distingue: a) il finanziamento concesso in attuazione di prescrizioni normative vincolanti. In questa prima ipotesi, in base alla ricostruzione dogmatica giurisprudenziale, la relazione tra Ente erogatore e beneficiario viene ad essere retta direttamente dalla legge; il rapporto è disciplinato dal diritto privato, con conseguenti posizioni relazionali tra erogatore e beneficiario di diritto soggettivo/obbligo in rapporto sinllagmatico. Consegue che per questa prima fattispecie il bando di finanziamento costituisce “offerta al pubblico”, ai sensi dell’art. 1336, co.I, cod. civ.1. La proposizione della domanda di finanziamento equivale ad accettazione dell’offerta; detta manifestazione di volontà perfeziona il contratto con il conseguente sorgere di diritti ed obblighi reciprocamente assunti dalle parti; obblighi e diritti non esecutivi ma soggetti a condizione, sospensiva e risolutiva. Con l’approvazione del finanziamento si avvera la clausola sospensiva ed il contratto diventa finalmente efficace2, senza necessità di ulteriori adempimenti. b) Attribuzione del beneficio per effetto di un processo selettivo della P.A.. In questa seconda ipotesi il rapporto è regolato, quanto al procedimento di individuazione del beneficiario (nell’ambito di una platea specifica di candidati) da disciplina pubblicistica; in una conseguente relazione tra Ente erogatore ed aspiranti di interesse legittimo. A questa fase si sovrappone, con l’emanazione del provvedimento attributivo del finanziamento, un nuovo rapporto soggettivo tra “L'offerta al pubblico, quando contiene gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta, salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi”. 1 2 Cfr.: Cass. SS.UU. 10.10.86 n.63; sez. lav. 26.02.88 n.2064; 28.11.92 n.12744; 12.11.93 n.11158; 06.10.95 n.10500; 05.11.98 n.11142; 25.11.99 n.13138; 06.06.07 n.13273. 2 www.ildirittoamministrativo.it Ente erogatore e beneficiario nell’ambito del quale sussistono posizione soggettive paritarie che implicano prestazioni e controprestazioni, collegate da nesso sinallagmatico3. Per l’effetto, in questa seconda ipotesi concorrono due autonome posizioni giuridiche collegate da rapporto di antecedenza temporale logica e giuridica. E che conservano la reciproca autonomia. Interesse legittimo prima; rapporto paritario poi4. II. In merito, poi, all’esercizio dei poteri di revoca, i bandi di finanziamento, a prescindere se collocabili nella disciplina privatistica o pubblicistica, prevedono (come evidenziato anche nella ordinanza di rimessione) varie ipotesi di vizio mortale del rapporto che involge la conseguente concessione di finanziamento, tutte definite genericamente come “revoca”; termine descrittivo che, in assenza di altri riscontri giuridici, non vincola l’interpretazione dell’agente a quel determinato modello giuridico5. Invero, più frequentemente le fattispecie, impropriamente chiamate “revoca”, riguardano - per primo presupposto - non l’attività della P.A. ma il mancato rispetto da parte del soggetto cui è stato attribuito un finanziamento delle clausole del bando che prevedono adempimenti relativi alla fase della esecuzione del beneficio concesso; attività, quindi che attengono alla fase di attuazione del contratto quando tra le parti (sia nella prima che nella seconda fattispecie distinte dalla Giurisprudenza richiamata) concorre un rapporto paritario6. 3 cfr.: Cass. SS.UU. 25.05.01 n.225; 22.06.07 n.14572; 10.05.01 n.183; 12.11.99 n.758; 05.09.97 n.8585; 26.09.97 n.8056; 25.05.99 n.288; 12.11.99 n.758. Sempre per il precedente commentato: “in materia di contributi e di sovvenzioni pubbliche, il privato vanta una posizione di interesse legittimo, con la conseguente devoluzione della relativa controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, se detta controversia attiene alla fase procedimentale anteriore alla emanazione del provvedimento attributivo del beneficio, mentre vanta una posizione di diritto soggettivo, con conseguente devoluzione della controversia al giudice ordinario, se la stessa concerne la successiva fase di erogazione del contributo (cfr. Cass. sez. un. n. 11649 del 2003). Cass. SS. UU. 25/11/2008 n. 28041. A tale orientamento, aggiunge l’ordinanza di rimessione, si è adeguata la prevalente giurisprudenza amministrativa, per la quale è configurabile una situazione soggettiva d’interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio, o se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse (ma non per inadempienze del beneficiario: cfr. Cons. St., Sez. IV, sent. 28 marzo 2011, n. 1875; Sez. VI, sent. 24 gennaio 2011, n. 465; Sez. V, sent. 10 novembre 2010, n. 7994 » ». 4 5 Così: Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2001 n. 343; Cass. sez. III, 20 novembre 2002, n. 16342. “Nel caso in cui sia stato emanato un atto di revoca di un provvedimento che abbia disposto un contributo pubblico, si è consolidato un risalente orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione, per il quale rilevano gli ordinari criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive azionate, con la conseguenza che, qualora la controversia sorga in relazione alla fase di erogazione del contributo o di ritiro della sovvenzione, sulla scorta di un addotto inadempimento del destinatario, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti denominati come revoca, decadenza o risoluzione, 6 3 www.ildirittoamministrativo.it Per l’effetto, stante la natura paritetica del rapporto, la clausola del bando che dispone la c.d. “revoca” in funzione di un non esatto adempimento contrattuale non introduce l’esercizio di un potere di autotutela (che, come universalmente rilevato, risulterebbe illegittimo ed inammissibile in relazione a rapporto non <o non più> autoritativo e pubblicistico) ma postula più propriamente, secondo lo schema normativo di riferimento, una clausola risolutiva espressa, ex art. 1456 c.c.: “i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite”7; “in questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva”8 Premesso che“ l'operatività della clausola risolutiva espressa è sempre condizionata all'emissione della dichiarazione di volersene avvalere da parte del contraente interessato”9, il provvedimento di c.d. “revoca”, così impropriamente denominato dai bandi, altro non è che la dichiarazione prevista dal comma II del citato art. 1456 c.c.. Giova rilevare come anche nell’esercizio del potere di applicazione della clausola risolutiva espressa la P.A. opera in carenza di potere discrezionale. Modalità di esercizio che involge anche i poteri del Giudice civile: “la clausola risolutiva espressa rende irrilevante l'indagine circa l'importanza di un determinato inadempimento, che è valutata anticipatamente dalle parti, mentre il giudice deve verificare soltanto se sussista o non la colpa dell'obbligato”10. Compete, pertanto, al Giudice Ordinario unicamente il verificare “la persistente efficacia della clausola stessa, rispetto allo specifico inadempimento denunciato, e la sussistenza e colpevolezza dell'inadempienza medesima”11. purché essi si fondino sull'asserito inadempimento, da parte del beneficiario, quanto alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo”. Cons. Stato, Sez VI n. 517/2013. 7 8 9 Comma I. Comma II. Trib. Cagliari, 28 febbraio 1995, in Riv. giur. sarda, 1996, 405. 10 Cass. sez. II, 26 novembre 1994, n. 10102 ; sez. III, 17 ottobre 1995, n. 10815. Così CAO, “Brevi considerazioni in tema di clausola risolutiva espressa, risoluzione del contratto per inadempimento e provvisoria esecuzione della sentenza”; commento a Cass. 26 marzo 1997 n. 2674; in termini: Cass. 18 giugno 1997 n. 5455. 11 4 www.ildirittoamministrativo.it Tanto premesso, correttamente la ricostruzione dogmatica recepita dall’A.P., circoscrive le fattispecie di “revoca”, quale espressione effettiva del potere di autotutela, alle ipotesi di riscontrata intervenuta modifica dei requisiti di concessione del finanziamento e quindi al venir meno delle condizioni di pubblico interesse (ovvero, come si evidenzierà di seguito, del bene della vita perseguito dalla norma) che hanno determinato la erogazione del finanziamento. Circostanze, quest’ultime, che incidono non sulla corretta esecuzione del contratto ma in ragione della fase prodromica di selezione dell’impresa beneficiaria e del procedimento di erogazione, nell’ambito del quale l’impresa soggiace all’esercizio di poteri autoritativi e quindi in posizione soggettiva di interesse legittimo12. III. Come evidenziato, la pronuncia commentata si inserisce in un consolidato orientamento giurisprudenziale, condiviso da giudice ordinario e giudice amministrativo; la Plenaria ha evidenziato così un criterio di riparto che traduce il punto di arrivo della evoluzione dogmatica sui caratteri di contrapposizione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo che trova riscontro anche nel recente indirizzo della Corte Cost. laddove spiega come “la disciplina dell’effetto giuridico, cioè dell’idoneità o attitudine di un atto a produrre certe conseguenze nel mondo del diritto, appartiene al diritto civile, dal quale, dunque, è regolata”13. In questa ricostruzione dogmatica la sussistenza di discrezionalità amministrativa costituisce il criterio discriminante ed assorbente tra le posizioni giuridiche citate. Quanto consente di porre in correlazione gli ulteriori profili qualificanti dell’interesse legittimo sopra richiamati (come individuati dalla ordinanza di rimessione) in una rapporto di causa – effetto. Anche l’attribuzione di poteri autoritativi è, per questa costruzione dogmatica, conseguenza (ovvero sintomo) ma non motivo fondante della posizione soggettiva14. 12 Cfr.: Cass. SS.UU. 25.05.01 n. 225; Cons. Stato, sez. VI, 09 settembre 2008, n. 4298; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 12 novembre 2008, n. 1955; T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 26 settembre 2008, n. 623; Cons. Stato , sez. VI, 17 maggio 2006, n. 2886. 13 Corte Cost.19.06.13 n.159. 14 Difatti: a) considerare l’attribuzione alla P.A. di poteri autoritativi quale unico canone di distinzione della categoria generale dell’interesse legittimo, come accorpata dalla tradizione giuridica, risulta, con riferimento ai profili strutturali e funzionali delle figure, tautologico e descrittivo; non scientifico; b) analoga considerazione in merito all’interesse pubblico (perchè è, per definizione, sempre perseguito dalla P.A., pure nell’esercizio di attività iure privatorum); c) a ben vedere, anche la presenza da un punto di vista tecnico di un procedimento non comporta necessariamente la corrispondenza della posizione del privato in interesse legittimo posto che procedimento sussiste anche in relazione ad attività della P.A., esercitate secondo schemi pubblicistici e con poteri autoritativi, ma vincolate. 5 www.ildirittoamministrativo.it Dal criterio di distinzione fatto proprio dalla A.P. scaturisce che le posizioni giuridiche di diritto soggettivo ed interesse legittimo certamente si differenziano per la fonte e le modalità di concessione del finanziamento; conseguentemente si distinguono sotto tali profili anche per i contorni strutturali (con il diritto soggettivo il rapporto è diretto tra erogatore e beneficiario; nella relazione di interesse legittimo il rapporto coinvolge più soggetti concorrenti). A maggior ragione per i profili funzionali, con riferimento al bene della vita coinvolto. Il procedimento di erogazione del finanziamento viene sempre disciplinato dalla norma primaria ma con regole che vengono date in funzione dell’obiettivo diretto (l’interesse tutelato) posto dalla norma stessa, istitutive del beneficio. Nella fattispecie di diritto soggettivo il diritto stesso sorge con la norma di relazione che lo prevede; la finalità del precetto normativo è, infatti, assicurare il bene della vita in favore di chi ne ha titolo. Nella specie di interesse legittimo, invece, la P.A. persegue altre finalità più ampie che prevedono l’erogazione del contributo quale oggetto interposto; per l’effetto anche il rapporto è mediato dalle regole dettate dalla P.A. che dispone di potere discrezionale nello stabilire modalità di conseguimento dell’obiettivo perseguito dalla norma; con esercizio di discrezionalità che viene espresso nell’ambito di un procedimento amministrativo. L’interesse legittimo, pertanto, comporta che l’attribuzione del bene della vita in favore nella prospettiva del beneficiario sia non certa ma eventuale. L’interesse legittimo traduce, così, quel criterio di eventualità che lo configura ontologicamente con quella caratteristica di obliquità che ne esprime la effettiva discriminate con il diritto soggettivo15. Nozione in parte difforme da quella a cui era pervenuta in precedenza l’A.P. con celebre sentenza n.3/11, laddove il bene della vita viene considerato non prioritariamente con riferimento alle finalità della legge, ma con osservanza della pretesa sostanziale dell’interessato. “L'interesse legittimo va, quindi, inteso come la posizione di vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita interessato dall’esercizio del potere pubblicistico, che si compendia nell'attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione o la difesa dell'interesse al bene. 15 Anche nei riguardi della situazione di interesse legittimo, l'interesse effettivo che l'ordinamento intende proteggere è quindi sempre l'interesse ad un bene della vita che l’ordinamento, sulla base di scelte costituzionalmente orientate confluite nel disegno codicistico, protegge con tecniche di tutela e forme di protezione non più limitate alla demolizione del provvedimento ma miranti, ove possibile, alla soddisfazione completa della pretesa sostanziale”. Adunanza Plenaria, n. 3/2011 Al contrario, quanto rileva anche dal precedente oggetto di commento, è come l’interesse pubblico esprima un bene della vita distinto dal vantaggio cui ambisce l’interessato in posizione di interesse legittimo; bene della vita che ha una sua palpabilità. Chi scrive, pertanto, non condivide l’indirizzo dottrinario che attribuisce rilevanza assorbente alla aspettativa del privato interessato; teoria che conduce alla seguente definizione: “l’interesse legittimo è l’interesse a conseguire un provvedimento favorevole (attributivo di <<un bene della vita>>) o ad evitare un provvedimento sfavorevole (soppressione o diminutivo del bene della vita). In questi termini esso è per nulla <<strumentale>>all’interesse pubblico, ma è <<finale>> del soggetto titolare” (G. Falcon, La responsabilità dell’amministrazione e il potere amministrativo in Dir. proc. amm. n. 2/09, pg. 245). 6 www.ildirittoamministrativo.it Criterio di eventualità che è nozione in parte diversa dalla discrezionalità (di cui è, tuttavia, espressione sintomatica). IV. Come evidenziato, nella seconda fattispecie di erogazione concorrono, in relazione di consequenzialità logica e giuridica, due rapporti: di interesse legittimo prima della selezione e paritetico dopo16. La conseguenza davvero innovativa di questa costruzione dogmatica, con riferimento alla fattispecie esaminata dalla A.P., è la riconosciuta ammissibilità dell’esercizio dei poteri di autotutela, (secondo le modalità correttamente precisate dalla A.P.) anche dopo che si è concluso il procedimento di scelta del contraente ed è stato concesso il finanziamento. Più in generale, la Giurisprudenza amministrativa è incerta nel ritenere esercitatile il ricorso a poteri autoritativi laddove sia subentrato tra il privato e la P.A.un rapporto contrattuale17. Per quest’ultima scuola, la differenza con il diritto soggettivo si coglie laddove “nell’interesse legittimo esiste, un profilo di spettanza ma questa non forma il contenuto di una obbligazione che a priori stringa due soggetti, bensì il risultato dell’esercizio legittimo del potere, il quale la definisce” (G. Falcon, op. cit., pg.247). Tesi, ad avviso di chi scrive, non condivisibile. Come dire che nella fattispecie di un concorso pubblico il bene della vita protetto dalla norma non è il potenziamento dell’organico dell’ente ma la pretesa all’assunzione del concorrente. Certamente questo accade nella realtà; ma non è il criterio giuridico previsto dall’ordinamento. “In materia di erogazione di contributi, anche dopo la fase di ammissione al contributo, la pubblica amministrazione conserva il potere di autotutela, espressione dei principi di buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione, il cui esercizio implica attività discrezionale idonea ad affievolire le situazioni soggettive del beneficiario (cfr. Cons. Stato, sezione sesta, 23 settembre 2002, n. 4810; 20 aprile 2000, n. 2454). La posizione del privato è, quindi, di interesse legittimo, come tale tutelabile davanti al giudice amministrativo, nella fase procedimentale anteriore all’emanazione del provvedimento attributivo del beneficio, ovvero nel caso che tale provvedimento venga annullato o revocato in autotutela per vizi di legittimità o per il suo contrasto con il pubblico interesse; è di diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, se la controversia attiene alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all’adempimento degli obblighi a cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione (Cass. SS. UU, 25 luglio 2006, n. 16896; 23 febbraio 2001, n. 66). Sulla scorta di tali criteri, la controversia in esame appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo in concreto il potere, per altro esercitato, dell’amministrazione di valutare l’esistenza del presupposto per la concessione del finanziamento” (Cons. Stato, Sez. V, 23.10.2012, n. 5412). 16 “In presenza, infatti, di un contratto di diritto privato qualificabile, come si dirà più oltre, quale contratto d’appalto di servizi, già stipulato ed in corso di esecuzione, non è ammissibile un intervento autoritativo in autotutela che incida sulla fase amministrativa a monte del contratto stesso, in quanto in tema di attività negoziale della pubblica amministrazione rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto tutti gli atti della serie negoziale successiva alla stipulazione del contratto (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 7 giugno 2013, 3133). Peraltro, deve essere osservato più in generale che l’avvenuta stipulazione di un contratto di diritto privato costituisce una garanzia per il cittadino, che sia controparte contrattuale con la Pubblica Amministrazione, 17 7 www.ildirittoamministrativo.it Tuttavia, alla costruzione dogmatica della A.P. n.17/13 per forza di cose consegue che l’interesse legittimo sopravviva al sorgere del diritto soggettivo; a corollario consegue che l’interesse legittimo, come posizione giuridica, non si trasforma in diritto, né perisce con la conclusione del procedimento di selezione. Cosi l’A.P. commentata: “l’ordinanza ricorda ancora in proposito che la configurabilità di un potere autoritativo e di un correlativo interesse legittimo, in presenza dell’esercizio del potere di autotutela, risulta più rispondente alle esigenze di certezza del diritto pubblico (conseguendo l’atto di revoca la sua inoppugnabilità, nel caso di mancata tempestiva impugnazione) ed a quelle di corretta gestione del denaro pubblico, poiché l’esercizio del medesimo potere autoritativo agevola non solo il rapido recupero della somma in ipotesi non dovuta, ma anche la conseguente erogazione dei relativi importi ad altri soggetti, con ulteriori atti aventi natura autoritativa”18. Ad ulteriore corollario consegue che tra ente erogatore e beneficiario del finanziamento non sussiste unica relazione ma due posizioni giuridiche che coesistono per tutta la durata del rapporto. Nella teoria generale a tanto consegue che l’interesse legittimo, né si espande, né si evolve; è interesse legittimo, autonomo dal correlato diritto soggettivo, e basta. V. Quella spiegata dalla A.P. n.17/13 è, dunque, una nozione di interesse legittimo più scientifica, siccome non ancorata al criterio discriminante dell’esercizio del potere autoritativo e che evidenzia la piena autonomia a dignità di questa posizione rispetto al diritto soggettivo, per profili funzionali (sopratutto in relazione al differenziarsi del bene della vita perseguito dalla norma) e strutturali. Il precedente commentato introduce, così, una nozione più selettiva dell’interesse legittimo laddove contrappone, quale elemento discriminante, le attività vincolate da quelle discrezionali19. rispetto ad ogni intervento autoritativo che possa in qualche modo pregiudicarne o condizionarne l’esecuzione, al di fuori dei poteri contrattuali previsti dalla disciplina civilistica o dallo speciale regime, sempre di diritto privato, cui il contratto stesso rimane integralmente sottoposto. E’ pur vero che, anche quando si avvalga di strumenti alternativi all'attività di carattere provvedimentale, l'Amministrazione non perde il potere autoritativo di gestione dell'interesse pubblico (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 18 dicembre 2012, n. 6474); tale regola, tuttavia, incontra sempre il limite, per le ragioni anzidette, dell’avvenuta conclusione di un contratto di diritto privato, come nella specie è avvenuto. Ed è pur vero, inoltre, che il testo del comma 1-bis dell’art. 21-quinquies cit. prevede espressamente la possibilità di revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incidente su rapporti negoziali, ma rimane circoscritta tale norma ai rapporti che non abbiano natura contrattuale, ove invece l’Amministrazione si è spogliata della sua veste di Autorità ed agisce in posizione di parità con le parti”. Cons Stato, Sez.V, 27.12.13 n.6262. 18 A.P. n. 17/13. 19 Traduce così il pensiero giuridico di E. Capaccioli: "Manuale di diritto amministrativo", Cedam 1983; “Diritto e processo. Scritti vari di diritto pubblico”, Cedam 1978. 8 www.ildirittoamministrativo.it Quanto pone riserve sulla ascrivibilità all’interesse legittimo di quelle posizioni soggettive nelle quali la P.A. agisce con poteri autoritativi, in esecuzione del modulo procedimentale pubblicistico previsto per legge, ma osserva un attività che non è discrezionale ma vincolata nel risultato. La ricostruzione dogmatica di cui al precedente commentato, poiché assume unico criterio di distinzione tra le posizioni: diritto soggettivo/interesse legittimo, proprio la discrezionalità amministrativa esclude situazioni intermedie; ne consegue che le posizioni soggette a procedimenti amministrativi autoritativi ma vincolati vanno ascritti alla figura del diritto soggettivo 20. La pronuncia perviene così alla definizione di un criterio di distinzione tra le posizioni di diritto soggettivo ed interesse legittimo, unico, univoco ed esaustivo. In conclusione, dalla sentenza della A.P. n.17/13 emergono criteri ermeneutici tutt’altro che scontati che consentono di definire in modo più selettivo e scientifico le posizioni di interesse legittimo e diritto soggettivo; criteri utili anche ai fini della ricostruzione del sistema. 20 Parte della dottrina continua a considerare la posizione soggette a procedimento amministrativo vincolato come di interesse legittimo per la presenza di controinteressato. In merito giova, tuttavia, rilevare come nella attività obbligata il controinteressato è il soggetto esterno al rapporto che è legittimato all’azione dalla lesività/illegittimità dell’atto amministrativo in relazione ad un suo diritto o, comunque, alla sua pretesa ad un comportamento legittimo della P.A.. La sua tutela risarcitoria si spiega benissimo con il divieto di neminem ledere di cui all’art. 2043 c.c., atteso che, come di recente osservato da F. Trimarchi Banfi (L’interesse legittimo: teoria e prassi, in Dir. Proc. Amm. 4/13, pgg. 1005 ss.) la sua posizione in relazione al procedimento è più assumibile all’interesse semplice. Nell’attività discrezionale, invece, il controinteressato è all’interno della stessa relazione nella posizione di concorrente (anche solo potenziale o indiretto); il procedimento è finalizzato non all’attribuzione ma a stabilire proprio a chi spetta il bene della vita tra i diversi controinteressati. Dunque, solo nell’interesse legittimo soggetto leso e controinteressato osservano la medesima posizione giuridica, interscambiabile e differenziabile solo in ambito processuale. 9