SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA
La tesina sulla Devianza è stata svolta nel corso di Sociologia Generale tenuto dal prof. Boccato da un gruppo di
studenti iscritto al corso di laurea triennale in psicologia Sociale, del Lavoro e della comunicazione.
Da quando gli uomini hanno iniziato ad interagire e a condurre quindi una vita a contatto con i
propri simili, si sono sviluppate quelle che possiamo definire “norme sociali” più o meno implicite.
Il loro compito è da sempre stato quello di regolare i rapporti sociali, al fine di prevenire eventuali
tentativi di inganno o di prevaricazione degli uni su gli altri. Nel momento in cui però ciò avviene
possiamo parlare di atto socialmente deviato ,e quindi di comportamento “criminale”. Per devianza
intendiamo infatti, ogni atto di una persona o di un gruppo che viola le norme di una collettività e
che di conseguenza, va incontro ad una qualche forma di sanzione. Tuttavia è importante tener
presente che una collettività risponde ad uno stesso atto a seconda del tempo e dello spazio, quindi
un comportamento ritenuto deviante in un paese e in una determinata epoca può essere accettata in
un‟altra. A tal proposito si parla di “ relatività dell‟atto deviante “ rispetto al contesto storico,
politico, sociale, geografico e situazionale. Ad esempio, il contrarre in matrimonio formale più
mogli in alcuni paesi è addirittura un privilegio, in altri invece, è visto come un atto che va incontro
a pesanti sanzioni punitive.
La selettività del concetto di devianza sociale tende quindi il postulato un qualcosa di molto
interessante da trattare al fine di osservare come il rapportarsi delle società nei confronti dei
devianti sia mutato nel tempo parallelamente al mutare delle situazioni storiche e sociali.
Vediamo quindi, come, partendo dal Medioevo, nella società occidentale tale concetto sia cambiato.
Nell‟ età di mezzo esisteva un sistema punitivo differente da quello attuale sia sotto l‟aspetto
dei tipi di reati considerati, sia sotto l‟aspetto dei tipi di pene inflitte.
Per quanto riguarda i reati, ad esempio, possiamo citare la stregoneria, crimine che al giorno d‟ oggi
almeno in Europa è assolutamente impensabile, e l‟eresia, che raggiunse il suo apice con i
movimenti luterani e la diffusine della dottrina protestante. Tali eventi furono contrastati in maniera
estremamente decisa dai più alti organi societari del tempo, tra cui la chiesa che è, con la creazione
dell‟inquisizione, perseguitò chiunque fosse ritenuto colpevole di tali peccati. A loro volta le pene
che venivano applicate a queste e tante altre devianze, erano caratterizzate da un‟estrema crudeltà
che al giorno d‟oggi risulterebbe assurda. Documenti del tempo riportano infatti processi nei quali
le condanne raggiungevano livelli di sadismo e fantasia inverosimili: sappiamo dell‟esistenza e del
frequente uso dei più disparati di sistemi di tortura, quali l‟estirpazione delle unghie o
l‟allungamento degli arti tramite mezzi meccanici, attraverso i quali si riusciva ad estrapolare
confessioni inimmaginabili da parte degli imputati.
Altra grossa differenza rispetto alla società europea attuale, era l‟esistenza della pena di morte alla
quale si giungeva con i metodi più disparati, come il rogo, la ghigliottina o l‟impiccagione.
Ci rendiamo quindi conto di come un „estrema crudeltà vigeva all‟epoca nei confronti dei criminali,
crudeltà che si esprimeva maggiormente nei confronti dei poveri che, a differenza dei ricchi, non
potevano commutare pene corporali o capitali in semplici “pagamenti” in denaro.
Da questo quadro complessivo ci accorgiamo quindi, di come la punizione era difficilmente
evitabile e soprattutto di come era quello il perno sul quale faceva leva la giustizia del tempo.
Oggi invece la situazione è fortemente cambiata: la pena assume molta importanza nella società
attuale, ma un ruolo di grande rilievo è rivestito anche dal sistema di prevenzione e di recupero nei
confronti di chi potrebbe compiere o ha compiuto reati.
Per quanto riguarda la prevenzione negli stati membri dell‟ Unione Europea sono le
amministrazioni locali che valutano, programmano e coordinano le attività che vengono poi gestite
da altri( ad esempio associazioni di volontariato o terzo settore). La sicurezza è l‟elemento
fondamentale all‟ interno delle comunità locali e in alcuni stati membri dell‟ UE il livello
territoriale che fa da traino a tutto il sistema della prevenzione è quello locale dove si realizzano le
esperienze più innovative e più interessanti.
Bisogna fare ora una distinzione tra politiche di sicurezza e politiche di prevenzione. Le prime
riguardano la tutela dei cittadini dalla percezione di insicurezza, sia questa legata o meno alla
criminalità; le politiche di prevenzione invece sono volte a impedire che vengano commessi reati e
così tutelano i cittadini dal rischio di essere vittime di eventi o di atti di inciviltà. Quest‟ ultima
elimina o riduce determinati comportamenti qualificati o meno come criminali, ricorrendo a
soluzioni diverse da quelle offerte dal sistema penale. Non si tratta dunque di prevenzione della
criminalità come scopo della pena né delle misure di prevenzione previste da numerosi codici
penali. Si propongono diversi obiettivi degli attori( non solo, ridurre la criminalità ma produrre
sicurezza) concentrandosi sulle vittime, focalizzando la dimensione locale e infine cambiando l‟
intervento sulle cause della criminalità e i suoi effetti. Giudicare e punire rimane un affare dello
stato, ma controllare e prevenire sono componenti dell‟ amministrazione locale.
Si previene dunque con strumenti diversi e strutture professionali, vale a dire contratti, convenzioni,
protocolli, ingiunzioni, ordinanze, leggi sull‟impiego che rappresentano delle modalità extra penali
di attuazione per intervenire direttamente sui fenomeni problematici. Queste nuove strategie, che in
italia sono ancora all‟ inizi, sembrano positivamente significative nelle politiche criminali.
I protagonisti di degrado e inciviltà sono proprio i giovani. Alcuni nell‟età adolescenziale cercano di
profilarsi per avere un impatto sulla società, coloro i quali non sono ben integrati e che non hanno
né obiettivi né prospettive per il proprio futuro scelgono di profilarsi attraverso la violenza.
In Svizzera e in Italia si ritiene che degrado e civiltà siano propri degli immigrati clandestini. Per
ogni giovane, però la criminalità e la violenza hanno una propria storia: né la nazionalità né l‟
appartenenza sociale spiegano da sole la tendenza alla delinquenza.
Per ridurre così la devianza nei giovani è necessario che essi ricevano aiuto dalle figure educative di
riferimento per avere fiducia in sè stessi ed esempi di onestà, tolleranza, correttezza ma soprattutto
di non violenza; hanno bisogno inoltre di limiti e di reazioni adeguate de parte delle figure
sopraccitate, in caso di azioni illecite ed inoltre tali figure devono essere capaci di trasmettere i
valori su cui si basano per risolvere i conflitti e per affrontare le differenze. Purtroppo però molte
volte tali tentativi di prevenzione falliscono e i giovani si rendono colpevoli di reati; di conseguenza
lo Stato risponde o attraverso il recupero o mediante la mera punizione.
Infine, per quanto riguarda una forma di detenzione più severa e sicuramente più comune,
abbiamo la reclusione in carcere.
Essa cambia da Stato a Stato, variando sia in alcune regole di base ce nella condotta di vita
all‟interno delle carceri e nella struttura delle stesse. Per quanto riguarda l‟Italia, vi sono diverse
tipologie di carcere scelte dai giudici in base al reato commesso o alla condotta del detenuto: ad
esempio le carceri ad alta sicurezza, il carcere punitivo, il carcere con obbligo di lavoro, etc. le
differenze stanno sostanzialmente nel possibile grado di libertà interna al carcere a disposizione del
detenuto.
In genere comunque, per la maggior parte dei reati i detenuti vengono rinchiusi in carceri che
potremmo definire “normali”. A livello formale, in Italia vi è una regolamentazione standard con
leggi comuni a tutte le Case Circondariali, mentre cambiano le caratteristiche sul piano informale,
quindi nei rapporti tra agenti e detenuti: questi variano in base a molteplici fattori, ad esempio il
numero di detenuti provenienti dallo stesso paese, la locazione geografica e conseguentemente
l‟approccio delle guardie stesse tra di loro e nei confronti dei detenuti.
Tra questi ultimi si viene a creare un gruppo totalitario dove quasi tutti i ruoli di una persona sono
interni al carcere; in esso non valgono le leggi sociali che una persona aveva “fuori”, si è infatti tutti
uguali e ci si mostra per quello che si è: se c‟è da fare una manifestazione come ad esempio uno
sciopero della fame, tutti devono aderire ed impegnarsi. All‟interno del carcere vige infatti un
codice non scritto di buon vivere e se qualcuno infrange questo codice il gruppo può far cambiare
opinione al soggetto con la violenza.
Date le dimensioni delle varie sezioni dei carceri, intorno alle 100 persone per sezione, vengono a
crearsi dei gruppi secondari con relazioni sia dirette che indirette. Ci sono quindi forti relazioni tra i
detenuti, dato il loro numero elevato e la totalità del tempo che passano assieme, per cui in un breve
periodo si crea una rete sociale a maglie strette ad altissima densità in cui uno conosce tutto degli
altri, e viceversa.
Spesso poi, può venirsi a creare un gruppo primario tra i tre elementi delle celle. Dato che si vive in
pochissimo spazio, in stretto contatto per minimo 20 ore al giorno, ci sono per forza delle relazioni
dirette. Possono inoltre esserci ostilità in quanto una cella richiede per gli occupanti gli stessi
comportamenti di una casa: pulire, mangiare, ordinare, e spesse volte in tali casi le differenze
culturali in gioco entrano in conflitto.
Nel momento in cui un individuo esce, si vede come quella vissuta all‟interno del carcere fosse una
relazione sociale transitoria dato che in libertà l‟individuo non pensa più al carcere perdendone il
più delle volte volutamente i contatti per iniziare così una nuova vita.
Abbiamo visto quindi come la visione, la prevenzione e i sistemi di reclusione nei confronti
di atti socialmente devianti siano inevitabilmente, e giustamente, mutati nel tempo di pari passo col
mutare dei contesti storici e sociali.
Noi crediamo che in una società come la nostra, in continua e costante evoluzione, dove le vite di
uomini provenienti dalle più lontane parti del globo si toccano fino a fondersi fra loro, uno spirito di
“vicinanza” e soprattutto di fratellanza dovrebbe essere alla base di ogni rapporto sociale.
Pensiamo cioè che sia importante non fermarsi di fronte alla semplice trasgressione, alla mera
devianza dalle norme sociali, impegnandosi invece a capire perché le persone “sbagliano” ed
aiutarle a non commettere più gli stessi errori, aiutarle a migliorare nella loro condotta di vita, per il
bene degli altri ma soprattutto per il loro.
Ci auspichiamo quindi un futuro dove l‟orgoglio dei governi, delle polizie e dei Paesi in generale
non sia il carcere a vita o addirittura la pena di morte; ciò di cui vorremmo vantarci è invece una
società che investe maggiormente sul proprio capitale umano, una società che mira a prevenire e
non semplicemente a curare limitandosi a punire chi trasgredisce alle regole, una società pronta a
capire, una società pronta ad aiutare gli uomini a vivere da uomini.