Storia del Cerimoniale a) Cerimoniale La civiltà greca ci riporta prevalentemente al mondo sacro con il termine LEYTOUGHIA, derivazione da “leytourgós”, composto da “leiton” cioè luogo degli affari pubblici e da “ergon” ossia “opera”. Da ciò derivano i sinonimi, in religione, di celebrazioni, rituale e, in estensione concettuale al mondo profano, cerimoniale, procedura. Per il tardo latino, invece, il termine deriva da “caerimonia”, ossia venerazione, culto e suoi sinonimi sono: funzione, rito, commemorazione, solennità, da cui deriva proprio cerimoniale, cerimoniere. Si tratta cioè di un testo che descrive la successione degli atti e le regole da seguire per una cerimonia. Per un ulteriore approfondimento sulla comprensione dell’importanza della ritualità e della sostanza del cerimoniale, occorre esaminare funditus il significato del termine “liturgia”, estrapolandolo, per un attimo, dall’applicazione in campo religioso, per verificarne l’interazione con la ritualità che si svolge in sede profana. Infatti, il termine, derivando dalla radice greca Iheit (da le O’j = popolo) e dal termine “oergon” (= opera, lavoro), può significare “opera a favore del popolo ed indicava dei servizi che determinate categorie di persone svolgevano a favore della collettività (preparazione di feste e giochi, armamento di reparti militari in caso di guerre, etc). Successivamente, il termine ha subito, nel corso dei secoli, diverse applicazioni con significati molto vari sia in campo religioso, che in quello profano, indicando qualsiasi fenomeno che, analogamente ai fenomeni dell’area della religione, presenta comportamenti ritualizzati, per cui è evidente la valenza sociale del termine “liturgia”. A tale interpretazione concettuale va applicata anche quella simbolica, in quanto il simbolo, parola pure essa derivante dal greco, indica la funzione del collegare, dell’armonizzare. Esso simbolo, secondo L.M. Chauvet, oltre ad una valenza verticistica ascensionale (proiezione verso l’Alto), ha pure una valenza orizzontale sociale: esso è l’“operatore di un patto sociale di mutuo riconoscimento e per questo è il mediatore d’identità”; è ciò che permette ai membri di un gruppo di identificarsi con il gruppo medesimo, per cui è oltremodo appropriato anche al mondo civile ed all’Associazionismo Lionistico (si pensi ad es. al tocco della campana all’inizio ed alla fine di ogni incontro). Oggi è molto difficile rispettare le regole dettate per il comportamento dell’uomo in relazione a determinate occasioni pubbliche, poiché, credo, che una mentalità scientista ha portato, dal Rinascimento in poi, ad una eccessiva secolarizzazione del cosmo e una sfiducia nell’interiorità dell’uomo; tale mentalità, nella pretesa di analizzare un fenomeno, lo fraziona anziché ricondurlo all’unità (cosa che, invece, fa la mentalità simbolica). Inoltre, il pensiero contemporaneo ha diseducato ed affondato lo sguardo al di là del mero aspetto fenomenico, per cogliere la profonda realtà delle cose, per cui ne deriva l’avversione al rispetto delle regole in generale e, per restare nel nostro ambito, al rifiuto del rispetto di un cerimoniale. Ed ancora: come nel campo religioso esistono i “cerimoniali”, cioè i libri liturgici che descrivono con precisione lo svolgimento dei riti ed indicano il ruolo svolto dai protagonisti, allo stesso modo nel campo laico e profano ogni “societas” adotta un proprio libro comportamentale, nascendo, così i cerimoniali ufficiali degli Stati, come quello italiano, pubblicato con D.P.C.M. del 14/04/2006, integrato con DPCM del 16/04/2008 pubblicato nella G.U. n. 107 dell’08/05/2008, adottato anche dalla Regione Sicilia. b) Cerimoniere Fino ad ora sono state analizzate le origini della ritualità da un punto di vista normativo, adesso svolgerò qualche approfondimento sulle origini del Cerimoniere, cioè di colui che è preposto allo svolgimento di tali ritualità. I primi Cerimonieri nel campo religioso si hanno nel 710 in Roma e si chiamavano “Ordinator”, cioè “Maestri che insegnavano le cerimonie agli ordinandi”. La prima descrizione completa delle figure e dei compiti del cerimoniere, si ha tuttavia nel “cerimoniale Episcoporum del 1600”. Si legge nei testi specifici che compito fondamentale del Maestro delle celebrazioni è quello di favorire la bellezza, la semplicità e l’ordine della celebrazione presieduta dal Vescoso. La prima attenzione del Maestro deve essere rivolta all’Assemblea liturgica nel suo insieme ed in particolare alla partecipazione piena e attiva di tutto il popolo. Sempre al Maestro è richiesto di favorire lo splendore del decoro, cioè della bellezza di tale celebrazione. Ma da che cosa dipende la bellezza di una celebrazione? Occorreva instaurare con tutti i partecipanti rapporti di collaborazione, ispirati a gratuità, comprensione e stima reciproca. La bellezza nella liturgia riguardava, inoltre i sensi: la vista, l’udito; aveva, quindi, bisogno della musica, del canto, della luce, dei fiori. Come si può ben notare anche la soddisfazione dei sensi contribuisce alla riuscita di una manifestazione. Riflettendo per un attimo alle nostre conviviali, ci si accorge che tali principi possono essere sviluppati anche con un’attenta celebrazione del nostro cerimoniale. Basti pensare ad un ordinato tavolo della presidenza, ad un sobrio addobbo floreale, ad un gradevole e tempistico ascolto degli inni, ad un rispettoso ordine di posti in sala in presenza di particolari ospiti, ad un servizio fotografico coinvolgente di tutti i presenti. In altre organizzazioni laiche esistono figure simili al Cerimoniere: in Massoneria esiste la figura del Maestro delle Cerimonie e nell’Ordine Templare quella del Maresciallo del Tempio. Entrambe si occupano di organizzare le cerimonie nel rispetto dei relativi protocolli rituali o cerimoniali.