3.14.21 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza

annuncio pubblicitario
COSTI DELLA PRODUZIONE | 3.14
Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza 3.14.21
3.14.21 Spese di pubblicità e propaganda
e spese di rappresentanza
A
Aspetti civilistici
Definizione di pubblicità
Una definizione delle spese di pubblicità e propaganda, ivi incluse quelle di
sponsorizzazione, e delle spese di rappresentanza, è contenuta nella sentenza del TAR
del Lazio n. 673 del 18 maggio 1991 (29 aprile 1991) - Sez. I bis, secondo la quale «la
pubblicità consiste in un messaggio che diffonde la conoscenza o ripropone il ricordo
di un certo prodotto, divulga la notizia sulla convenienza di avvalersi di un determinato
servizio e nello stesso tempo, ricorrendo a mezzi particolarmente accattivanti, attraenti,
capaci di sollecitare emozioni e, comunque, sempre idonei a colpire l’attenzione del
destinatario, rivolge un invito, esplicito o implicito, ad acquistare il prodotto, ad avvalersi
del servizio, ad assistere a una rappresentazione o a seguire uno spettacolo».
Secondo, invece, la Sent. n. 6502 del 19 maggio 2000 della Corte di Cassazione, Sez.
tributaria, «la pubblicità non svolge più soltanto un ruolo puramente informativo di far
conoscere l’esistenza di un prodotto sul mercato, ma può essere utilizzata anche per
sensibilizzare preventivamente l’interesse dei consumatori verso beni e servizi non
ancora concretamente offerti».
Una definizione di spesa di pubblicità si rinviene anche al punto 3.1 della C.M. 13 luglio
2009, n. 34/E, dove è stato precisato che «le spese di pubblicità … sono caratterizzate
dalla circostanza che il loro sostenimento è frutto di un contratto a prestazioni corrispettive,
la cui causa va ricercata nell’obbligo della controparte di pubblicizzare/propagandare - a
fronte della percezione di un corrispettivo - il marchio e/o il prodotto dell’impresa al fine
di stimolarne la domanda».
Pubblicità diretta
Come precisato nella citata Sent. n. 673/1991 del TAR del Lazio, la pubblicità è diretta
e indiretta.
Nella pubblicità diretta il messaggio è apertamente rivolto ad attirare l’attenzione del
pubblico dei consumatori e degli utenti sulla qualità dei beni (materiali o immateriali)
prodotti ovvero sulla utilità di avvalersi dei servizi offerti attraverso la conoscenza dei
medesimi ovvero attraverso la più approfondita conoscenza di determinate nuove qualità.
La pubblicità diretta è, quindi, un mezzo sicuramente incidente sul volume degli affari in
proporzione all’efficacia condizionante del messaggio.
Nell’ambito della pubblicità diretta è possibile distinguere due forme a seconda che il
messaggio, cioè l’invito all’acquisto, sia esplicito o meramente implicito.
Pubblicità indiretta
Nella pubblicità indiretta è invece posta in essere una attività che ha un suo scopo
principale, che non è quello pubblicitario.
Il messaggio pubblicitario col nome del prodotto, il marchio dell’impresa giunge al
destinatario in occasione di fatti e attività che hanno tutt’altri fini, che potrebbero essere
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egualmente perseguiti senza il connotato pubblicitario.
L’effetto pubblicitario si ottiene attraverso una attività non pubblicitaria, che non contiene
cioè alcun invito esplicito o implicito all’acquisto.
Si pensi all’azienda che regala a una squadra di giovani giocatori le magliette sulle quali
è impresso il nome della ditta.
La pubblicità riguarda le merci o i servizi.
Propaganda
Per le idee, di qualunque genere, mezzo similare di diffusione è la propaganda.
Sponsorizzazione
Sempre secondo la citata Sent. n. 673/1991 del TAR del Lazio, la «sponsorizzazione»:
- costituisce una forma intermedia di pubblicità (delle merci) o di propaganda (delle idee);
- è una sorta di mecenatismo non disinteressato, perché l’autore pone affidamento sul
ritorno in termini di pubblicità e di propaganda delle spese sostenute, che consistono
in contributi erogati a terzi per l’organizzazione di convegni, manifestazioni culturali,
sportive, musicali o di altro genere in cambio della menzione del prodotto o della idea nel
corso della manifestazione;
- non è una forma di pubblicità o di propaganda diretta, perché la manifestazione non
è organizzata per reclamizzare il prodotto o per diffondere le idee, ma essa contiene
un messaggio pubblicitario della azienda che si accolla in tutto o in parte gli oneri della
organizzazione;
- non è neppure una forma di pubblicità indiretta in quanto è reso palese che la
manifestazione è stata organizzata con il contributo, spesso determinante, di una certa
ditta, nell’intento di riaffermare o comunque ricordare al pubblico la sua presenza sul
mercato o nella organizzazione della società.
- pur avendo effetti pubblicitari, non è attività pubblicitaria né diretta né indiretta.
In pratica, sempre secondo la citata Sent. n. 673/1991, per quanto riguarda gli effetti
sulla diffusione del prodotto o delle idee, appare evidente che la sponsorizzazione (che
è un mezzo più raffinato di diffusione con riferimento alle moderne tecniche di gestione
aziendale) ha un ritorno in termini di pubblicità e di propaganda minore delle forme di
pubblicità diretta, ma decisamente più vicino e immediato di quanto lo abbiano le forme
di pubblicità indiretta.
Una definizione di «sponsorizzazione» si rinviene anche nella Norma di comportamento
n. 143 dell’Associazione Dottori commercialisti di Milano, nella quale è stato affermato
che «con il contratto di sponsorizzazione una parte (sponsorizzato) si obbliga a rendere,
verso corrispettivo, alla controparte (sponsor) prestazioni di servizi tali da consentire allo
sponsor di abbinare a determinate attività o iniziative dello sponsorizzato il proprio nome o
il marchio o il logo o in generale qualunque segno distintivo dell’azienda e dei suoi prodotti
al fine di favorirne così la diffusione fra il pubblico. I predetti contratti possono avere per
oggetto una singola manifestazione ovvero più manifestazioni programmate. Sono anche
largamente diffusi, in particolare nel mondo sportivo, i contratti che prevedono l’obbligo
di rendere una serie diversificata di servizi, in via continuativa per un certo periodo di
tempo. In questo tipo di contratti, lo sponsorizzato assume normalmente obbligazioni
di fare (ad esempio riportare il marchio dello sponsor sull’abbigliamento dell’atleta), di
permettere (esempio consentire che lo sponsor nei suoi messaggi pubblicitari abbini
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Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza 3.14.21
il proprio nome alla squadra sponsorizzata) e di non fare (esempio non reclamizzare
prodotti concorrenti). ... Le predette forme contrattuali, pur essendo ricorrenti nel mondo
sportivo, sono tuttavia presenti anche in altri settori, quali quelli artistici e culturali (per
esempio sponsorizzazione di una stagione teatrale) e dello spettacolo in genere».
Altra definizione di sponsorizzazione si rinviene nel Documento della FNC del 30
novembre 2015, «Le spese di sponsorizzazione nell’imposizione indiretta e nel reddito
d’impresa», nel quale è stato indicato che «il contratto di sponsorizzazione, nella sua
forma più generale e astratta, è quel particolare contratto atipico mediante il quale un
contraente (l’impresa), lo sponsor, trasforma le prestazioni (normalmente spettacoli
sportivi e culturali) dell’altro contraente, lo sponsee, in un veicolo pubblicitario, dietro
prestazione di corrispettivo; a sua volta lo sponsorizzato si impegna a far sì che la sua
ordinaria attività svolta divenga un veicolo pubblicitario». In tale contesto, lo sponsor
normalmente eroga denaro e/o fornisce alcuni beni in cambio della possibilità di utilizzare
il nome e l’attività dello sponsee a fini pubblicitari», per cui «si tratta ... di un contratto a
prestazioni corrispettive o sinallagmatico».
Sempre nel richiamato Documento della FNC è stato anche precisato che «i contratti
di pubblicità in generale e» quelli «di sponsorizzazione ... si trovano fra loro in rapporto
di genere a specie», dove i secondi sono una forma di «pubblicità indiretta», e che tra
le diverse forme di sponsorizzazione vi rientrano le seguenti: «sponsorizzazione di una
manifestazione sportiva, sponsorizzazione di un club o di una scuderia, sponsorizzazione
di singoli atleti, sponsorizzazione tecnica; sponsorizzazione televisiva, ecc.».
Definizioni di «sponsorizzazione» si rinvengono anche in sentenze della Suprema Corte.
Nella Sent. della Corte di Cassazione, Sez. V civile, 27 aprile 2012, n. 6548, è stato
a tale riguardo precisato che «il c.d. contratto di sponsorizzazione - fattispecie non
specificamente disciplinata dalla legge - ricomprende tutte quelle ipotesi nelle quali un
soggetto - detto «sponsorizzato» o, con terminologia anglosassone, «sponsee» - si
obbliga, dietro corrispettivo, a consentire ad altri l’uso della propria immagine pubblica e
del proprio nome, per promuovere un marchio o un prodotto specificamente marchiato,
o anche a tenere determinati comportamenti di testimonianza in favore del marchio o
del prodotto oggetto della veicolazione commerciale. Da tali caratteristiche del rapporto,
si evince, pertanto, che la sponsorizzazione ... si traduce ... in una forma di pubblicità
indiretta».
Nella Sent. della Corte di Cassazione, Sez. tributaria, 16 novembre 2011, n. 24065, è stato
invece affermato che nella «figura negoziale atipica» del contratto di «sponsorizzazione»
«è stato ricondotto dalla giurisprudenza il fenomeno attraverso il quale il prodotto o la
denominazione di una impresa vengono accostati, dietro corrispettivo, a «beni o persone
particolarmente noti od ammirabili» ovvero «ad enti o manifestazioni o spettacoli» seguiti
da un vasto pubblico: cfr. Corte Cass. 1 sez. 1.8.2009 n. 18218. Trattasi di contratto a
prestazioni corrispettive nel quale il soggetto sponsorizzato si obbliga a consentire ad
altri l’uso della propria immagine e del proprio nome, per promuovere un marchio od un
prodotto specificamente marcato».
Mecenatismo ed erogazioni liberali
Dalla sponsorizzazione va, infine, tenuto distinto il mecenatismo, col quale una
azienda commerciale, per puro amore dell’arte e delle scienze, eroga un contributo per
l’organizzazione di mostre, convegni, simposi.
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3.14.21 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza
In proposito, nel Documento della FNC del 30 novembre 2015, «Le spese di
sponsorizzazione nell’imposizione indiretta e nel reddito d’impresa», è stato affermato
che, nel distinguere una sponsorizzazione da un’erogazione liberale, «elemento centrale
da considerare è ... quello che è stato chiamato «evidenza pubblica»». Pertanto, «nel
caso di un basso grado di evidenza pubblica si è in presenza di un’erogazione liberale»,
mentre «nel caso di un elevato grado si è in presenza di una sponsorizzazione». Una
volta verificata l’esistenza di un elevato grado di «evidenza pubblica», occorre appurare
la sussistenza dell’obbligo, «che deve risultare dagli accordi contrattuali, a carico dello
sponsorizzato di evidenziare pubblicamente lo sponsor. Se tale obbligo non è possibile
ravvisarlo si tratta non di una sponsorizzazione ma di una erogazione liberale, benché
venga pubblicamente veicolato il nome del mecenate».
In altre parole, alla luce di quanto sopra riportato, si è in presenza di un contratto di
sponsorizzazione se esiste un obbligo contrattuale, a carico del soggetto sponsorizzato,
di evidenziare lo sponsor pubblicamente e in modo evidente. Nel caso, invece, in cui
l’obbligo di evidenziare lo sponsor sia previsto contrattualmente, ma in modo blando,
ovvero tale obbligo non sia contrattualmente previsto, si è in presenza di una liberalità.
Spese di rappresentanza
Secondo ancora la sopra richiamata Sent. n. 673/1991 del TAR del Lazio, «le spese di
rappresentanza sono in generale le spese sopportate dalle aziende commerciali non per
andare in cerca del nuovo cliente, ma per curare il cliente già acquisito ovvero quello in
fase di acquisizione. Rientrano nelle spese di rappresentanza quelle per la cura delle
pubbliche relazioni.
Si pensi al pranzo e al pernottamento offerto al cliente in visita agli stabilimenti per
concludere un affare, alle agende distribuite dalle compagnie di assicurazione, al libretto
portassegni degli istituti di credito.
Le spese di rappresentanza non sono assunte a fronte di una attività volta ad espandere
il prodotto sul mercato, ma sono dirette a mantenere soddisfatto il vecchio cliente nella
speranza che questi voglia rinnovare la fiducia dimostrata nei confronti dell’azienda
promotrice di questi piccoli doni» (per un approfondimento relativamente alla distinzione
tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza, vedi anche Aspetti fiscali).
Spese capitalizzabili
Per quanto riguarda i costi di pubblicità capitalizzabili, vedi 3.1.4 Costi di pubblicità.
B
Aspetti fiscali
Spese di pubblicità, propaganda e sponsorizzazione
Deducibilità delle spese di pubblicità
Tranne per quanto si dirà oltre in merito alle spese per pubblicità redazionale, alle spese
di sponsorizzazione e a quelle per pubblicità dei medicinali, per quanto riguarda il regime
fiscale di deducibilità delle spese di pubblicità e propaganda vedi 3.1.4 Costi di pubblicità.
Con riferimento, invece, al requisito dell’inerenza delle spese di pubblicità e di
propaganda, vedi 2.3. Principio dell’inerenza.
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COSTI DELLA PRODUZIONE | 3.14
Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza 3.14.21
Per una definizione generale di spese di pubblicità, vedi «Aspetti civilistici».
Pubblicità redazionale
Per quanto riguarda le spese relative alla cosiddetta pubblicità redazionale, cioè a
quella pubblicità che, pur pagata direttamente dall’imprenditore, viene presentata come
l’opinione personale del giornalista o, quantomeno, come una notizia obiettiva che egli
professionalmente diffonde, la relativa deducibilità è stata affermata nella Sentenza della
Corte di Cassazione 10 ottobre 1991, n. 10662.
Sponsorizzazione
Con riferimento alle spese di sponsorizzazione si rileva che secondo l’Amministrazione
Finanziaria (R.M. n. 9/204 del 17 giugno 1992) le spese di sponsorizzazione possono
accomunarsi a quelle di pubblicità in quanto «sono connesse ad un contratto la cui
caratterizzazione è costituita, di regola, da un rapporto sinallagmatico tra lo sponsor e il
soggetto sponsorizzato, in base al quale le parti interessate fissano le clausole contrattuali
in relazione agli scopi che esse intendono raggiungere. Generalmente mediante tale
contratto lo sponsor si obbliga ad una prestazione in denaro o in natura nei confronti del
soggetto sponsorizzato che, a sua volta, si impegna a pubblicizzare e/o a propagandare
il prodotto, il marchio, i servizi, o comunque, l’attività produttiva dello sponsor e, pertanto,
le relative spese, cui non può disconoscersi una stretta correlazione con l’intento di
conseguire maggiori ricavi, rientrano nella previsione normativa di cui alla prima parte
del comma 2 dell’art. 108 del TUIR, con i conseguenti riflessi in termini fiscali» (per il
caso di contributi erogati gratuitamente per convegni, seminari e manifestazioni simili,
vedi oltre con riferimento alle spese di rappresentanza).
In particolare, nella R.M. n. 9/204 di cui sopra il Ministero delle finanze ha precisato che
«la sponsorizzazione della denominazione della società finanziatrice nel corso di gare
automobilistiche (esposizione del marchio su macchine da competizione, utilizzazione
del materiale del team sul proprio materiale pubblicitario)» è spesa di pubblicità (e non
di rappresentanza).
Con la R.M. 14 novembre 2002, n. 356/E, l’Amministrazione finanziaria è tornata sul
concetto di sponsorizzazione affermando che «la sponsorizzazione è un contratto
bilaterale, a prestazioni corrispettive, in base al quale il soggetto sponsorizzato o sponsee
si obbliga nei confronti dello sponsor ad effettuare determinate prestazioni pubblicitarie
dietro versamento di un corrispettivo che può consistere in una somma di denaro, in beni
o servizi, che lo sponsor deve erogare direttamente o indirettamente».
Nella stessa R.M. n. 356/E di cui sopra è stato inoltre ribadito che, poiché le spese di
sponsorizzazione, essendo «la finalità delle stesse quella di far conseguire maggiori ricavi
allo sponsor», sono da assimilare a quelle di pubblicità, le stesse sono integralmente
deducibili dal reddito d’impresa.
In tale R.M. n. 356/E, inoltre, sono state specificamente inquadrate tra le spese
di sponsorizzazione quelle conseguenti ad una campagna pubblicitaria effettuata
«mediante l’utilizzo di una innovativa tecnica di origine anglosassone denominata
«cause related marketing» che ... rappresenta ... «una nuova tecnica pubblicitaria ... che
consiste nella valorizzazione di un marchio o nel lanciare un prodotto destinando risorse
predeterminate o percentuali di ricavi al restauro di un’opera d’arte o al finanziamento
di una struttura pubblica o ancora nell’abbinare il proprio marchio ad un’iniziativa di
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solidarietà sociale o ad un progetto di interesse collettivo». Si tratta, sostanzialmente, ...
di una nuova concezione di pubblicità rivolta al «sociale», caratterizzata dalla circostanza
che le campagne pubblicitarie sono sempre più rivolte non tanto a reclamizzare un
prodotto come tale, quanto a far sì che l’impresa venga percepita come un elemento
indispensabile allo sviluppo della comunità socio-politica in cui è inserita». A tale riguardo,
viene fatto l’esempio della diffusione di un messaggio pubblicitario del tipo: «l’impresa X
contribuisce alla realizzazione dell’orfanotrofio in Brasile promosso dall’associazione Y
(ente non profit)».
Alla luce delle interpretazioni di cui sopra, non si ritiene condivisibile il pensiero espresso
nel Parere 24 febbraio 2004, n. 1, del Comitato consultivo per l’applicazione delle norme
antielusive dove è stato affermato che «sono da qualificare come spese di rappresentanza
le sponsorizzazioni di manifestazioni culturali e sportive o culturali».
Inerenza e congruità dei costi di sponsorizzazione e relativo onere
della prova
In merito al rispetto del principio dell’inerenza per la deducibilità delle spese di
«sponsorizzazione», di cui all’art. 109, comma 5, del D.P.R. n. 917/1986 (vedi 2.3.1
Applicazione), nella Sent. della Corte di Cassazione, Sez. V civile, 27 aprile 2012, n. 6548,
è stato affermato che «l’inerenza, ai fini fiscali, dei costi della sponsorizzazione all’attività
di impresa, qualora lo sponsor sia lo stesso titolare del marchio o il produttore del bene
da promuovere, non pare seriamente dubitabile. In siffatta ipotesi, è, invero, di chiara
evidenza che la pubblicizzazione del marchio o del prodotto si traducono innegabilmente
in un potenziale vantaggio economico diretto per l’impresa sponsorizzante, potendone
derivare, in conseguenza, un incremento della propria attività commerciale».
Al contrario, nella Sent. della Corte di Cassazione, Sez. VI civile, 5 marzo 2012, n. 3433,
è stato sostenuto, con riferimento ad una società («Marfin»), «operante nel diversissimo
settore dell’impiantistica per imballaggi», che aveva «sponsorizzato l’attività di un pilota
professionista con apposizione sulla vettura da corsa della scritta «Marfin Packaging
Machines Italy»», che non è ravvisabile il rispetto del principio dell’inerenza dei relativi
costi, non avendo la società «spiegato, neppure in memoria, quale potesse essere la
concreta finalità d’incremento commerciale, concernente la produzione d’impiantistica
per imballaggi, nel contesto delle corse automobilistiche».
Nella Sent. della Corte di Cassazione, Sez. tributaria, 16 novembre 2011, n. 24065, è
stato invece sostenuto, sempre con riferimento ai costi di «sponsorizzazione», che «la
norma fiscale che consente la deducibilità delle «spese di pubblicità e propaganda»
... non prescinde dalla prova del requisito della «inerenza» ... che, pertanto, grava sul
contribuente anche in relazione alla congruità della spesa sostenuta rispetto «ai ricavi ...
oggetto della impresa» (cfr. Corte Cass. 5 sez. 30.7.2002 n. 11240; id. 5 sez. 16.5.2007
n. 11205; id. 5 sez. 25.2.2010 n. 4554; id. 5 sez. 30.12.2010 n. 26480)» (con riferimento
alla congruità dei costi vedi anche 2.3.2 Congruità e opportunità dei costi e degli oneri).
Nella Sent. della Commissione Tributaria Provinciale di Mantova, Sez. 1, 30 aprile 2013,
n. 114, è stato correttamente sostenuto che, nell’ambito dei contratti di sponsorizzazione,
«deve escludersi che il comportamento del contribuente possa essere ritenuto
antieconomico perché tale giudizio non può essere formulato valutando ex post i risultati
ottenuti con riferimento all’incremento dei ricavi. Va infatti evidenziato che l’impegno
finanziario per le spese di sponsorizzazione ... costituisce un rischio per l’imprenditore il
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Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza 3.14.21
quale tende ad ottenere un incremento dei ricavi e l’acquisizione di una clientela ulteriore
ma non può avere la certezza che i risultati siano quelli sperati».
Secondo la citata Sent. n. 114/2013, pertanto, nella valutazione dell’inerenza e della
congruità delle spese di sponsorizzazione non vale il «senno del poi», non essendo
richiesto all’imprenditore di avere doti di preveggenza ed essendo insito nella sua attività
il cosiddetto «rischio d’impresa». In tal senso, del resto, è anche la Sent. della Corte di
Cassazione, Sez. tributaria, 19 maggio 2000, n. 6502, seppur con riferimento al più lato
concetto di spese di pubblicità, dove è stato affermato che:
- «non rileva neppure che alle spese pubblicitarie nella specie poste in essere non
abbiano, nell’immediato, corrisposto realizzazioni concrete ed apprezzabili; infatti anche
gli atti diretti a porre le premesse indispensabili per lo svolgimento o il rafforzamento di una
data attività economica costituiscono parte integrante dell’attività imprenditoriale, sicché
anche i relativi costi, anticipatori e prodromici, in quanto strumentali al consolidamento e
all’ampliamento del mercato, che solo all’imprenditore spetta valutare, non possono che
ritenersi deducibili, in quanto inerenti all’attività d’impresa»;
- «non spetta all’ufficio valutare la portata dell’inerenza delle spese pubblicitarie all’attività
d’impresa, ove quelle spese possano essere obiettivamente rapportate al nome e
all’oggetto dell’impresa, ed inquadrate nello svolgimento e nello sviluppo dell’attività
della stessa, in conformità di tali presupposti».
Per approfondimenti in merito al rispetto del principio dell’inerenza per la deducibilità dei
costi, vedi 2.3. Principio dell’inerenza.
Contratto di sponsorizzazione stipulato a favore di un terzo
Nella Sent. della Corte di Cassazione, Sez. tributaria, 16 novembre 2011, n. 24065, è stato
sostenuto, con riferimento ad un contratto di sponsorizzazione stipulato da una società
«con una società cinematografica per pubblicizzare l’immagine di un’altra società con la
quale intratteneva rapporti commerciali», che «la mera prestazione pubblicitaria richiesta
dalla contribuente a favore di un terzo soggetto non configura elemento sufficiente a
qualificare il contratto come stipulato per conto altrui (con conseguente non inerenza
ed indeducibilità della spesa), dovendo essere indagati eventuali rapporti tra la società
contribuente ed il terzo tali che la prima possa comunque ottenere vantaggi ed utilità
dalla pubblicità svolta in favore del terzo», «fermo il principio secondo cui la prova della
inerenza della spesa grava sul contribuente».
Con riferimento a tali rapporti commerciali tra lo sponsor e il terzo in forza dei quali si
possa ritenere che lo sponsor comunque ritragga «vantaggi ed utilità dalla pubblicità
svolta in favore del terzo», sempre nella Citata Sent. n. 24065/2011 vengono fatti i
seguenti esempi:
- «nel caso in cui sussista un rapporto di subfornitura, il subfornitore sostiene le spese
di pubblicità del prodotto finale fabbricato o commercializzato da un’altra impresa: da
tale pubblicità il sub-fornitore si attende infatti un potenziale incremento degli ordini di
fornitura»;
- «nel caso di clausola di esclusiva di rivendita, il rivenditore sostiene le spese di
pubblicità del marchio della ditta produttrice: la pubblicità della immagine o dei prodotti
della impresa produttrice ridonda, infatti, a favore del potenziale incremento delle vendite
della concessionaria in esclusiva: cfr. Corte Cass. 1 sez. 11.10.1997 n. 9880)».
Le argomentazioni di cui sopra sono state riprese e fatte proprie dalla Sent. della Corte di
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3.14.21 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza
Cassazione, Sez. V civile, 27 aprile 2012, n. 6548, dove, con riferimento al caso concreto
in cui:
- «la casa madre Seiko Epson Corporation» aveva conferito alla Epson Italia S.p.A.
«l’incarico di «distributore esclusivo» in Italia, per l’attività di importazione, vendita e
distribuzione dei prodotti contrassegnati con il marchio Epson», e
- la società Epson Italia S.p.A. aveva sponsorizzato il «marchio «Epson», attraverso il
servizio meteo offerto dalle reti Mediaset, nonché attraverso manifestazioni sportive e
società terze», quantunque fosse la «casa madre giapponese, Seiko Epson Corporation»,
il soggetto «titolare del marchio e produttrice delle apparecchiature informatiche oggetto
di sponsorizzazione»,
è stato affermato che, «a fronte della connaturale inerenza che l’attività di pubblicizzazione,
sia pure indiretta, dei prodotti Epson da parte della Epson Italia presenta rispetto
all’attività commerciale svolta dalla medesima, in quanto distributore in via esclusiva
sul territorio nazionale», consegue la «legittimità della deduzione dei relativi costi»
sostenuti dalla Epson Italia S.p.A.. Il tutto considerando anche che «sarebbe stato
onere dell’amministrazione, attenendo la prova ai fatti costitutivi della maggiore pretesa
azionata, comprovare che tali costi venivano ad incidere, in tutto o in parte, sull’attività
della casa madre Seiko Epson Corporation» (in merito all’onere della prova vedi anche
2.3.3 Onere della prova).
Più in generale, si legge sempre nella richiamata Sent. n. 6548/2012, «nel caso in cui
lo sponsor sia il distributore esclusivo, per l’Italia, di un determinato prodotto, dalla sua
relazione d’affari con il produttore, e dal fatto che anche quest’ultimo tragga vantaggio
dalla maggiore diffusione del suo marchio presso i consumatori, non può trarsi - in via
automatica – la conclusione per cui egli sia un contraente per conto altrui, e non nel
proprio interesse, dovendo - per contro - tale eventualità essere accertata in fatto, nelle
singole fattispecie concrete (cfr. Cass. 9880/97, 12801/06)».
Elargizioni a favore dell’attività sportiva dilettantistica
L’art. 90, comma 8, della Legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha stabilito una particolare
presunzione per i corrispettivi in denaro o in natura elargiti, con finalità di sponsorizzazione,
in favore dell’attività sportiva dilettantistica.
Le elargizioni in argomento, innanzitutto, devono essere a favore dei soggetti indicati nel
comma 8 di cui sopra, vale a dire oltre che a favore delle società e associazioni sportive
dilettantistiche e delle fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, anche a favore di
associazioni sportive scolastiche che «svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta
dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva».
L’individuazione delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche di cui sopra è
tuttavia agevolata dal fatto che, a norma dell’art. 90, comma 17, della Legge n. 289/2002,
le stesse «devono indicare nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione
o la denominazione sociale dilettantistica» e a norma del successivo comma 20 devono
essere iscritte presso un apposito registro tenuto presso il CONI.
A tale riguardo, al punto 1.1. della C.M. 22 aprile 2003, n. 21/E, è stato precisato che
«detto registro tenuto dal CONI può assolvere, per l’Amministrazione finanziaria,
una importante funzione ricognitiva degli organismi sportivi dilettantistici ed è, quindi,
particolarmente utile anche ai fini dell’attività di controllo».
Premesso quanto sopra, la norma dispone che i corrispettivi in denaro o in natura elargiti in
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COSTI DELLA PRODUZIONE | 3.14
Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza 3.14.21
favore dei soggetti come sopra individuati costituiscono, per il soggetto erogante, fino ad
un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità,
deducibile a norma dell’art. 108, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986. La stessa norma
prevede, inoltre, che l’elargizione deve essere «volta alla promozione dell’immagine o
dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario».
Sul punto si rileva che, poiché l’importo di 200.000 euro è riferito ad un periodo di un
anno, si ritiene che nel caso in cui il periodo d’imposta sia superiore o inferiore a dodici
mesi tale importo debba essere ragguagliato alla durata del periodo d’imposta.
Al punto 8. della C.M. 22 aprile 2003, n. 21/E, è stato inoltre precisato che «la disposizione
in esame introduce, in sostanza, ai fini delle imposte sui redditi, una presunzione assoluta
circa la natura di tali spese, che vengono considerate - nel limite del predetto importo
- comunque di pubblicità e, pertanto, integralmente deducibili per il soggetto erogante
ai sensi dell’art. 108, comma 2, del Tuir nell’esercizio in cui sono state sostenute o in
quote costanti nell’esercizio medesimo e nei quattro anni successivi» (vedi 3.1.4 Costi
di pubblicità).
Al riguardo si rimarca che si tratta di una presunzione assoluta a favore del contribuente
che non impedisce che le stesse elargizioni, per la parte dell’ammontare che supera il
limite previsto dalla norma, possano in ogni caso anch’esse essere considerate spese di
pubblicità. Del resto si è già visto prima che le spese di sponsorizzazione possono essere
accomunate a quelle di pubblicità e nella C.M. n. 21/E di cui sopra è stato precisato che
le spese in argomento, nei limiti del predetto importo, sono considerate «comunque» di
pubblicità (senza bisogno di alcuna particolare analisi relativamente alla loro natura).
L’interpretazione di cui sopra ha trovato conferma nella R.M. 23 giugno 2010, n. 57/E,
dove è stato precisato che la norma in esame «non introduce un limite massimo
all’integrale deducibilità dal reddito d’impresa delle somme corrisposte agli enti di cui
trattasi, ma individua l’importo entro il quale dette somme costituiscono per presunzione
assoluta spese di pubblicità. Pertanto, nella circostanza in cui … il soggetto erogante
versi alle società o associazioni sportive dilettantistiche un corrispettivo di ammontare
superiore al limite annuo complessivo di 200.000 euro, l’eccedenza sarà eventualmente
deducibile in capo al medesimo erogante secondo le regole ordinarie previste dal TUIR.
Più in particolare, l’eccedenza in discorso sarà deducibile dal reddito d’impresa del
soggetto erogante ai sensi dell’art. 108, comma 2, primo periodo, del TUIR a condizione,
ovviamente, che la natura del rapporto contrattuale presenti tutti i requisiti formali e
sostanziali riscontrabili in un rapporto di sponsorizzazione o di altra prestazione».
Sempre al punto 8. della C.M. n. 21/E sopra richiamata è stato anche precisato,
rimarcando il contenuto della legge, che «si evidenzia che la fruizione dell’agevolazione
in esame è subordinata alla sussistenza delle seguenti condizioni:
1) i corrispettivi erogati devono essere necessariamente destinati alla promozione
dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante;
2) deve essere riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario
della medesima».
Nella Sent. della Commissione Tributaria Provinciale di Mantova, Sez. 1, 30 aprile 2013,
n. 114, è stato sostenuto che:
- la norma in questione ha introdotto, nell’ordinamento fiscale, una ««presunzione
assoluta» circa la natura di spese di pubblicità delle somme corrisposte, nel limite
d’importo annuo di euro 200.000, per la promozione dell’immagine o dei prodotti del
soggetto erogante», e
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3.14 | COSTI DELLA PRODUZIONE
3.14.21 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza
- il fatto che «il messaggio promozionale» sia «diretto all’esiguo numero di spettatori
degli eventi sportivi» dilettantistici non può essere addotto quale valido motivo «al fine di
valutare come antieconomico il costo sostenuto». Questo in quanto «deve considerarsi
... che il messaggio pubblicitario lanciato attraverso il sostegno economico fornito alle
associazioni sportive dilettantistiche non raggiunge solo il pubblico presente agli eventi
ma viene recepito positivamente da un numero molto più elevato di persone anche per
effetto della cronaca sportiva della stampa locale».
In senso più ampio si deve considerare che:
- poiché non può essere contestato, per quanto già prima illustrato, che le spese di
sponsorizzazione siano assimilate alle spese di pubblicità, e
- poiché non esistono norme che pongono limiti alla deducibilità di tali spese,
la norma in esame, non aggiungendo nulla alla normativa ordinariamente applicabile,
ha un senso solo se la si interpreta nell’ambito della volontà del legislatore di assistere
e di favorire l’attività promossa dalle società e associazioni sportive dilettantistiche,
invogliando il privato a sostituirsi allo Stato in tale attività di sostegno. Occorre infatti
considerare che, se è seppur vero che il contribuente trae un vantaggio fiscale dalla
deducibilità delle erogazioni in argomento (minori IRES ed IRAP dovute), è altrettanto
vero che la parte di tali erogazioni che non trova compensazione nel detto risparmio
fiscale rappresenta un esborso vero e proprio del privato in sostituzione dello Stato
nel sostenere tali attività sportive dilettantistiche, seppur con il fine concomitante di
promuovere la propria immagine e/o i propri prodotti.
Si deve pertanto ritenere che l’art. 90, comma 8, della Legge n. 289/2002 abbia introdotto,
proprio per il fine sociale sopra illustrato, una presunzione non solo di inerenza ma anche
di congruità delle erogazioni in questione, alla sola condizione che i corrispettivi siano
destinati alla promozione dell’immagine e/o dei prodotti del soggetto erogante mediante
una specifica attività del beneficiario dell’erogazione.
Al punto 1 della C.M. 13 luglio 2009, n. 34/E, è stato precisato che la disposizione in
argomento continua a trovare applicazione anche dopo le modifiche che la Legge 24
dicembre 2007, n. 244, ha apportato all’art. 108, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986.
Pubblicità di medicinali
Con il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 541, il legislatore ha dettato una particolare disciplina
concernente la pubblicità dei medicinali per uso umano effettuata attraverso convegni e
congressi.
A tale riguardo, l’art. 36, comma 13, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449, dispone che
«le spese di pubblicità di medicinali comunque effettuate dalle aziende farmaceutiche, ai
sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 541, attraverso convegni e congressi,
sono deducibili nella misura del 20 per cento ai fini della determinazione del reddito
d’impresa». La deducibilità della spesa, inoltre, è subordinata all’ottenimento, da parte
dell’azienda farmaceutica, della prescritta autorizzazione ministeriale alla partecipazione
al convegno o al congresso in forma espressa, ovvero nelle forme del silenzio-assenso
nei casi previsti dalla legge.
Beni o servizi destinati a medici, veterinari o farmacisti
Per quanto riguarda «i costi sostenuti per l’acquisto di beni o servizi destinati, anche
indirettamente, a medici, veterinari o farmacisti, allo scopo di agevolare, in qualsiasi
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COSTI DELLA PRODUZIONE | 3.14
Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza 3.14.21
modo, la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto ad uso farmaceutico»,
vedi 3.14.24 Altre spese ed oneri interamente indeducibili).
Imprese di nuova costituzione
Per quanto riguarda le imprese di nuova costituzione, l’art. 108, comma 4, del D.P.R. n.
917/1986 dispone che le spese di pubblicità e di propaganda sono fiscalmente deducibili
a partire dall’esercizio in cui sono conseguiti i primi ricavi (per approfondimenti e per
l’esame della riconciliazione di tale disposizione con le norme civilistiche, vedi 3.1.2
Costi di impianto e di ampliamento).
Spese di rappresentanza
Evoluzione normativa
Il regime di deducibilità fiscale delle spese di rappresentanza è stato modificato dall’art.
9 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, con effetto dal periodo d’imposta successivo a
quello in corso alla data del 7 ottobre 2015 (cioè, con effetto dal periodo d’imposta 2016
per le imprese il cui esercizio sociale è coincidente con l’anno solare).
Nel proseguo sarà oggetto di esame il nuovo regime fiscale, mentre per il precedente si
veda il corrispondente paragrafo 3.14.21 Spese di pubblicità e propaganda e spese di
rappresentanza dell’edizione 2015 del libro.
Normativa di riferimento
L’art. 108, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986, come sostituito dal comma 1 dell’art. 9
del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, dispone che «le spese di rappresentanza sono
deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza
e congruità stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in
funzione della natura e della destinazione delle stesse».
La norma di attuazione di cui sopra è stata emanata con il D.M. 19 novembre 2008.
Beni di valore unitario non superiore a euro 50
Sempre l’art. 108, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986 dispone, inoltre, che «sono
comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario
non superiore a euro 50».
Si osserva, innanzitutto, che il fatto che tali spese siano «comunque deducibili» non
vuol dire che le stesse non debbano rispettare i requisiti di «inerenza e «congruità»,
oltre illustrati, previsti dall’art. 1, comma 1, del D.M. 19 novembre 2008 per le spese di
rappresentanza, ma semplicemente che per esse non si applicano i limiti di deducibilità
che il comma 2 dello stesso art. 1 pone in proporzione ai ricavi e agli altri proventi.
Del resto il successivo comma 4 di tale art. 1 prevede che le spese in questione sono
«deducibili per il loro intero ammontare» (nello stesso senso è la R.M. 12 marzo 2014,
n. 27/E).
Il legislatore non pone inoltre limiti in merito all’origine dei beni che vengono distribuiti
gratuitamente (omaggi). Gli stessi, pertanto, possono essere stati acquistati da terzi, come
possono essere stati prodotti dall’impresa, possono essere beni alla cui produzione o al cui
scambio è diretta l’attività dell’impresa, come possono essere beni estranei a tale attività.
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