COSTI DELLA PRODUZIONE | 3.14 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza 3.14.21 3.14.21 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza A Aspetti civilistici Definizione di pubblicità Una definizione delle spese di pubblicità e propaganda, ivi incluse quelle di sponsorizzazione, e delle spese di rappresentanza, è contenuta nella sentenza del TAR del Lazio n. 673 del 18 maggio 1991 (29 aprile 1991) - Sez. I bis, secondo la quale «la pubblicità consiste in un messaggio che diffonde la conoscenza o ripropone il ricordo di un certo prodotto, divulga la notizia sulla convenienza di avvalersi di un determinato servizio e nello stesso tempo, ricorrendo a mezzi particolarmente accattivanti, attraenti, capaci di sollecitare emozioni e, comunque, sempre idonei a colpire l’attenzione del destinatario, rivolge un invito, esplicito o implicito, ad acquistare il prodotto, ad avvalersi del servizio, ad assistere a una rappresentazione o a seguire uno spettacolo». Secondo, invece, la Sent. n. 6502 del 19 maggio 2000 della Corte di Cassazione, Sez. tributaria, «la pubblicità non svolge più soltanto un ruolo puramente informativo di far conoscere l’esistenza di un prodotto sul mercato, ma può essere utilizzata anche per sensibilizzare preventivamente l’interesse dei consumatori verso beni e servizi non ancora concretamente offerti». Una definizione di spesa di pubblicità si rinviene anche al punto 3.1 della C.M. 13 luglio 2009, n. 34/E, dove è stato precisato che «le spese di pubblicità … sono caratterizzate dalla circostanza che il loro sostenimento è frutto di un contratto a prestazioni corrispettive, la cui causa va ricercata nell’obbligo della controparte di pubblicizzare/propagandare - a fronte della percezione di un corrispettivo - il marchio e/o il prodotto dell’impresa al fine di stimolarne la domanda». Pubblicità diretta Come precisato nella citata Sent. n. 673/1991 del TAR del Lazio, la pubblicità è diretta e indiretta. Nella pubblicità diretta il messaggio è apertamente rivolto ad attirare l’attenzione del pubblico dei consumatori e degli utenti sulla qualità dei beni (materiali o immateriali) prodotti ovvero sulla utilità di avvalersi dei servizi offerti attraverso la conoscenza dei medesimi ovvero attraverso la più approfondita conoscenza di determinate nuove qualità. La pubblicità diretta è, quindi, un mezzo sicuramente incidente sul volume degli affari in proporzione all’efficacia condizionante del messaggio. Nell’ambito della pubblicità diretta è possibile distinguere due forme a seconda che il messaggio, cioè l’invito all’acquisto, sia esplicito o meramente implicito. Pubblicità indiretta Nella pubblicità indiretta è invece posta in essere una attività che ha un suo scopo principale, che non è quello pubblicitario. Il messaggio pubblicitario col nome del prodotto, il marchio dell’impresa giunge al destinatario in occasione di fatti e attività che hanno tutt’altri fini, che potrebbero essere 1 3.14 | COSTI DELLA PRODUZIONE 3.14.21 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza egualmente perseguiti senza il connotato pubblicitario. L’effetto pubblicitario si ottiene attraverso una attività non pubblicitaria, che non contiene cioè alcun invito esplicito o implicito all’acquisto. Si pensi all’azienda che regala a una squadra di giovani giocatori le magliette sulle quali è impresso il nome della ditta. La pubblicità riguarda le merci o i servizi. Propaganda Per le idee, di qualunque genere, mezzo similare di diffusione è la propaganda. Sponsorizzazione Sempre secondo la citata Sent. n. 673/1991 del TAR del Lazio, la «sponsorizzazione»: - costituisce una forma intermedia di pubblicità (delle merci) o di propaganda (delle idee); - è una sorta di mecenatismo non disinteressato, perché l’autore pone affidamento sul ritorno in termini di pubblicità e di propaganda delle spese sostenute, che consistono in contributi erogati a terzi per l’organizzazione di convegni, manifestazioni culturali, sportive, musicali o di altro genere in cambio della menzione del prodotto o della idea nel corso della manifestazione; - non è una forma di pubblicità o di propaganda diretta, perché la manifestazione non è organizzata per reclamizzare il prodotto o per diffondere le idee, ma essa contiene un messaggio pubblicitario della azienda che si accolla in tutto o in parte gli oneri della organizzazione; - non è neppure una forma di pubblicità indiretta in quanto è reso palese che la manifestazione è stata organizzata con il contributo, spesso determinante, di una certa ditta, nell’intento di riaffermare o comunque ricordare al pubblico la sua presenza sul mercato o nella organizzazione della società. - pur avendo effetti pubblicitari, non è attività pubblicitaria né diretta né indiretta. In pratica, sempre secondo la citata Sent. n. 673/1991, per quanto riguarda gli effetti sulla diffusione del prodotto o delle idee, appare evidente che la sponsorizzazione (che è un mezzo più raffinato di diffusione con riferimento alle moderne tecniche di gestione aziendale) ha un ritorno in termini di pubblicità e di propaganda minore delle forme di pubblicità diretta, ma decisamente più vicino e immediato di quanto lo abbiano le forme di pubblicità indiretta. Una definizione di «sponsorizzazione» si rinviene anche nella Norma di comportamento n. 143 dell’Associazione Dottori commercialisti di Milano, nella quale è stato affermato che «con il contratto di sponsorizzazione una parte (sponsorizzato) si obbliga a rendere, verso corrispettivo, alla controparte (sponsor) prestazioni di servizi tali da consentire allo sponsor di abbinare a determinate attività o iniziative dello sponsorizzato il proprio nome o il marchio o il logo o in generale qualunque segno distintivo dell’azienda e dei suoi prodotti al fine di favorirne così la diffusione fra il pubblico. I predetti contratti possono avere per oggetto una singola manifestazione ovvero più manifestazioni programmate. Sono anche largamente diffusi, in particolare nel mondo sportivo, i contratti che prevedono l’obbligo di rendere una serie diversificata di servizi, in via continuativa per un certo periodo di tempo. In questo tipo di contratti, lo sponsorizzato assume normalmente obbligazioni di fare (ad esempio riportare il marchio dello sponsor sull’abbigliamento dell’atleta), di permettere (esempio consentire che lo sponsor nei suoi messaggi pubblicitari abbini 2 TORNA ALLA PAGINA COSTI DELLA PRODUZIONE | 3.14 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza 3.14.21 il proprio nome alla squadra sponsorizzata) e di non fare (esempio non reclamizzare prodotti concorrenti). ... Le predette forme contrattuali, pur essendo ricorrenti nel mondo sportivo, sono tuttavia presenti anche in altri settori, quali quelli artistici e culturali (per esempio sponsorizzazione di una stagione teatrale) e dello spettacolo in genere». Altra definizione di sponsorizzazione si rinviene nel Documento della FNC del 30 novembre 2015, «Le spese di sponsorizzazione nell’imposizione indiretta e nel reddito d’impresa», nel quale è stato indicato che «il contratto di sponsorizzazione, nella sua forma più generale e astratta, è quel particolare contratto atipico mediante il quale un contraente (l’impresa), lo sponsor, trasforma le prestazioni (normalmente spettacoli sportivi e culturali) dell’altro contraente, lo sponsee, in un veicolo pubblicitario, dietro prestazione di corrispettivo; a sua volta lo sponsorizzato si impegna a far sì che la sua ordinaria attività svolta divenga un veicolo pubblicitario». In tale contesto, lo sponsor normalmente eroga denaro e/o fornisce alcuni beni in cambio della possibilità di utilizzare il nome e l’attività dello sponsee a fini pubblicitari», per cui «si tratta ... di un contratto a prestazioni corrispettive o sinallagmatico». Sempre nel richiamato Documento della FNC è stato anche precisato che «i contratti di pubblicità in generale e» quelli «di sponsorizzazione ... si trovano fra loro in rapporto di genere a specie», dove i secondi sono una forma di «pubblicità indiretta», e che tra le diverse forme di sponsorizzazione vi rientrano le seguenti: «sponsorizzazione di una manifestazione sportiva, sponsorizzazione di un club o di una scuderia, sponsorizzazione di singoli atleti, sponsorizzazione tecnica; sponsorizzazione televisiva, ecc.». Definizioni di «sponsorizzazione» si rinvengono anche in sentenze della Suprema Corte. Nella Sent. della Corte di Cassazione, Sez. V civile, 27 aprile 2012, n. 6548, è stato a tale riguardo precisato che «il c.d. contratto di sponsorizzazione - fattispecie non specificamente disciplinata dalla legge - ricomprende tutte quelle ipotesi nelle quali un soggetto - detto «sponsorizzato» o, con terminologia anglosassone, «sponsee» - si obbliga, dietro corrispettivo, a consentire ad altri l’uso della propria immagine pubblica e del proprio nome, per promuovere un marchio o un prodotto specificamente marchiato, o anche a tenere determinati comportamenti di testimonianza in favore del marchio o del prodotto oggetto della veicolazione commerciale. Da tali caratteristiche del rapporto, si evince, pertanto, che la sponsorizzazione ... si traduce ... in una forma di pubblicità indiretta». Nella Sent. della Corte di Cassazione, Sez. tributaria, 16 novembre 2011, n. 24065, è stato invece affermato che nella «figura negoziale atipica» del contratto di «sponsorizzazione» «è stato ricondotto dalla giurisprudenza il fenomeno attraverso il quale il prodotto o la denominazione di una impresa vengono accostati, dietro corrispettivo, a «beni o persone particolarmente noti od ammirabili» ovvero «ad enti o manifestazioni o spettacoli» seguiti da un vasto pubblico: cfr. Corte Cass. 1 sez. 1.8.2009 n. 18218. Trattasi di contratto a prestazioni corrispettive nel quale il soggetto sponsorizzato si obbliga a consentire ad altri l’uso della propria immagine e del proprio nome, per promuovere un marchio od un prodotto specificamente marcato». Mecenatismo ed erogazioni liberali Dalla sponsorizzazione va, infine, tenuto distinto il mecenatismo, col quale una azienda commerciale, per puro amore dell’arte e delle scienze, eroga un contributo per l’organizzazione di mostre, convegni, simposi. 3 3.14 | COSTI DELLA PRODUZIONE 3.14.21 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza In proposito, nel Documento della FNC del 30 novembre 2015, «Le spese di sponsorizzazione nell’imposizione indiretta e nel reddito d’impresa», è stato affermato che, nel distinguere una sponsorizzazione da un’erogazione liberale, «elemento centrale da considerare è ... quello che è stato chiamato «evidenza pubblica»». Pertanto, «nel caso di un basso grado di evidenza pubblica si è in presenza di un’erogazione liberale», mentre «nel caso di un elevato grado si è in presenza di una sponsorizzazione». Una volta verificata l’esistenza di un elevato grado di «evidenza pubblica», occorre appurare la sussistenza dell’obbligo, «che deve risultare dagli accordi contrattuali, a carico dello sponsorizzato di evidenziare pubblicamente lo sponsor. Se tale obbligo non è possibile ravvisarlo si tratta non di una sponsorizzazione ma di una erogazione liberale, benché venga pubblicamente veicolato il nome del mecenate». In altre parole, alla luce di quanto sopra riportato, si è in presenza di un contratto di sponsorizzazione se esiste un obbligo contrattuale, a carico del soggetto sponsorizzato, di evidenziare lo sponsor pubblicamente e in modo evidente. Nel caso, invece, in cui l’obbligo di evidenziare lo sponsor sia previsto contrattualmente, ma in modo blando, ovvero tale obbligo non sia contrattualmente previsto, si è in presenza di una liberalità. Spese di rappresentanza Secondo ancora la sopra richiamata Sent. n. 673/1991 del TAR del Lazio, «le spese di rappresentanza sono in generale le spese sopportate dalle aziende commerciali non per andare in cerca del nuovo cliente, ma per curare il cliente già acquisito ovvero quello in fase di acquisizione. Rientrano nelle spese di rappresentanza quelle per la cura delle pubbliche relazioni. Si pensi al pranzo e al pernottamento offerto al cliente in visita agli stabilimenti per concludere un affare, alle agende distribuite dalle compagnie di assicurazione, al libretto portassegni degli istituti di credito. Le spese di rappresentanza non sono assunte a fronte di una attività volta ad espandere il prodotto sul mercato, ma sono dirette a mantenere soddisfatto il vecchio cliente nella speranza che questi voglia rinnovare la fiducia dimostrata nei confronti dell’azienda promotrice di questi piccoli doni» (per un approfondimento relativamente alla distinzione tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza, vedi anche Aspetti fiscali). Spese capitalizzabili Per quanto riguarda i costi di pubblicità capitalizzabili, vedi 3.1.4 Costi di pubblicità. B Aspetti fiscali Spese di pubblicità, propaganda e sponsorizzazione Deducibilità delle spese di pubblicità Tranne per quanto si dirà oltre in merito alle spese per pubblicità redazionale, alle spese di sponsorizzazione e a quelle per pubblicità dei medicinali, per quanto riguarda il regime fiscale di deducibilità delle spese di pubblicità e propaganda vedi 3.1.4 Costi di pubblicità. Con riferimento, invece, al requisito dell’inerenza delle spese di pubblicità e di propaganda, vedi 2.3. Principio dell’inerenza. 4 TORNA ALLA PAGINA COSTI DELLA PRODUZIONE | 3.14 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza 3.14.21 Per una definizione generale di spese di pubblicità, vedi «Aspetti civilistici». Pubblicità redazionale Per quanto riguarda le spese relative alla cosiddetta pubblicità redazionale, cioè a quella pubblicità che, pur pagata direttamente dall’imprenditore, viene presentata come l’opinione personale del giornalista o, quantomeno, come una notizia obiettiva che egli professionalmente diffonde, la relativa deducibilità è stata affermata nella Sentenza della Corte di Cassazione 10 ottobre 1991, n. 10662. Sponsorizzazione Con riferimento alle spese di sponsorizzazione si rileva che secondo l’Amministrazione Finanziaria (R.M. n. 9/204 del 17 giugno 1992) le spese di sponsorizzazione possono accomunarsi a quelle di pubblicità in quanto «sono connesse ad un contratto la cui caratterizzazione è costituita, di regola, da un rapporto sinallagmatico tra lo sponsor e il soggetto sponsorizzato, in base al quale le parti interessate fissano le clausole contrattuali in relazione agli scopi che esse intendono raggiungere. Generalmente mediante tale contratto lo sponsor si obbliga ad una prestazione in denaro o in natura nei confronti del soggetto sponsorizzato che, a sua volta, si impegna a pubblicizzare e/o a propagandare il prodotto, il marchio, i servizi, o comunque, l’attività produttiva dello sponsor e, pertanto, le relative spese, cui non può disconoscersi una stretta correlazione con l’intento di conseguire maggiori ricavi, rientrano nella previsione normativa di cui alla prima parte del comma 2 dell’art. 108 del TUIR, con i conseguenti riflessi in termini fiscali» (per il caso di contributi erogati gratuitamente per convegni, seminari e manifestazioni simili, vedi oltre con riferimento alle spese di rappresentanza). In particolare, nella R.M. n. 9/204 di cui sopra il Ministero delle finanze ha precisato che «la sponsorizzazione della denominazione della società finanziatrice nel corso di gare automobilistiche (esposizione del marchio su macchine da competizione, utilizzazione del materiale del team sul proprio materiale pubblicitario)» è spesa di pubblicità (e non di rappresentanza). Con la R.M. 14 novembre 2002, n. 356/E, l’Amministrazione finanziaria è tornata sul concetto di sponsorizzazione affermando che «la sponsorizzazione è un contratto bilaterale, a prestazioni corrispettive, in base al quale il soggetto sponsorizzato o sponsee si obbliga nei confronti dello sponsor ad effettuare determinate prestazioni pubblicitarie dietro versamento di un corrispettivo che può consistere in una somma di denaro, in beni o servizi, che lo sponsor deve erogare direttamente o indirettamente». Nella stessa R.M. n. 356/E di cui sopra è stato inoltre ribadito che, poiché le spese di sponsorizzazione, essendo «la finalità delle stesse quella di far conseguire maggiori ricavi allo sponsor», sono da assimilare a quelle di pubblicità, le stesse sono integralmente deducibili dal reddito d’impresa. In tale R.M. n. 356/E, inoltre, sono state specificamente inquadrate tra le spese di sponsorizzazione quelle conseguenti ad una campagna pubblicitaria effettuata «mediante l’utilizzo di una innovativa tecnica di origine anglosassone denominata «cause related marketing» che ... rappresenta ... «una nuova tecnica pubblicitaria ... che consiste nella valorizzazione di un marchio o nel lanciare un prodotto destinando risorse predeterminate o percentuali di ricavi al restauro di un’opera d’arte o al finanziamento di una struttura pubblica o ancora nell’abbinare il proprio marchio ad un’iniziativa di 5 3.14 | COSTI DELLA PRODUZIONE 3.14.21 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza solidarietà sociale o ad un progetto di interesse collettivo». Si tratta, sostanzialmente, ... di una nuova concezione di pubblicità rivolta al «sociale», caratterizzata dalla circostanza che le campagne pubblicitarie sono sempre più rivolte non tanto a reclamizzare un prodotto come tale, quanto a far sì che l’impresa venga percepita come un elemento indispensabile allo sviluppo della comunità socio-politica in cui è inserita». A tale riguardo, viene fatto l’esempio della diffusione di un messaggio pubblicitario del tipo: «l’impresa X contribuisce alla realizzazione dell’orfanotrofio in Brasile promosso dall’associazione Y (ente non profit)». Alla luce delle interpretazioni di cui sopra, non si ritiene condivisibile il pensiero espresso nel Parere 24 febbraio 2004, n. 1, del Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive dove è stato affermato che «sono da qualificare come spese di rappresentanza le sponsorizzazioni di manifestazioni culturali e sportive o culturali». Inerenza e congruità dei costi di sponsorizzazione e relativo onere della prova In merito al rispetto del principio dell’inerenza per la deducibilità delle spese di «sponsorizzazione», di cui all’art. 109, comma 5, del D.P.R. n. 917/1986 (vedi 2.3.1 Applicazione), nella Sent. della Corte di Cassazione, Sez. V civile, 27 aprile 2012, n. 6548, è stato affermato che «l’inerenza, ai fini fiscali, dei costi della sponsorizzazione all’attività di impresa, qualora lo sponsor sia lo stesso titolare del marchio o il produttore del bene da promuovere, non pare seriamente dubitabile. In siffatta ipotesi, è, invero, di chiara evidenza che la pubblicizzazione del marchio o del prodotto si traducono innegabilmente in un potenziale vantaggio economico diretto per l’impresa sponsorizzante, potendone derivare, in conseguenza, un incremento della propria attività commerciale». Al contrario, nella Sent. della Corte di Cassazione, Sez. VI civile, 5 marzo 2012, n. 3433, è stato sostenuto, con riferimento ad una società («Marfin»), «operante nel diversissimo settore dell’impiantistica per imballaggi», che aveva «sponsorizzato l’attività di un pilota professionista con apposizione sulla vettura da corsa della scritta «Marfin Packaging Machines Italy»», che non è ravvisabile il rispetto del principio dell’inerenza dei relativi costi, non avendo la società «spiegato, neppure in memoria, quale potesse essere la concreta finalità d’incremento commerciale, concernente la produzione d’impiantistica per imballaggi, nel contesto delle corse automobilistiche». Nella Sent. della Corte di Cassazione, Sez. tributaria, 16 novembre 2011, n. 24065, è stato invece sostenuto, sempre con riferimento ai costi di «sponsorizzazione», che «la norma fiscale che consente la deducibilità delle «spese di pubblicità e propaganda» ... non prescinde dalla prova del requisito della «inerenza» ... che, pertanto, grava sul contribuente anche in relazione alla congruità della spesa sostenuta rispetto «ai ricavi ... oggetto della impresa» (cfr. Corte Cass. 5 sez. 30.7.2002 n. 11240; id. 5 sez. 16.5.2007 n. 11205; id. 5 sez. 25.2.2010 n. 4554; id. 5 sez. 30.12.2010 n. 26480)» (con riferimento alla congruità dei costi vedi anche 2.3.2 Congruità e opportunità dei costi e degli oneri). Nella Sent. della Commissione Tributaria Provinciale di Mantova, Sez. 1, 30 aprile 2013, n. 114, è stato correttamente sostenuto che, nell’ambito dei contratti di sponsorizzazione, «deve escludersi che il comportamento del contribuente possa essere ritenuto antieconomico perché tale giudizio non può essere formulato valutando ex post i risultati ottenuti con riferimento all’incremento dei ricavi. Va infatti evidenziato che l’impegno finanziario per le spese di sponsorizzazione ... costituisce un rischio per l’imprenditore il 6 TORNA ALLA PAGINA COSTI DELLA PRODUZIONE | 3.14 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza 3.14.21 quale tende ad ottenere un incremento dei ricavi e l’acquisizione di una clientela ulteriore ma non può avere la certezza che i risultati siano quelli sperati». Secondo la citata Sent. n. 114/2013, pertanto, nella valutazione dell’inerenza e della congruità delle spese di sponsorizzazione non vale il «senno del poi», non essendo richiesto all’imprenditore di avere doti di preveggenza ed essendo insito nella sua attività il cosiddetto «rischio d’impresa». In tal senso, del resto, è anche la Sent. della Corte di Cassazione, Sez. tributaria, 19 maggio 2000, n. 6502, seppur con riferimento al più lato concetto di spese di pubblicità, dove è stato affermato che: - «non rileva neppure che alle spese pubblicitarie nella specie poste in essere non abbiano, nell’immediato, corrisposto realizzazioni concrete ed apprezzabili; infatti anche gli atti diretti a porre le premesse indispensabili per lo svolgimento o il rafforzamento di una data attività economica costituiscono parte integrante dell’attività imprenditoriale, sicché anche i relativi costi, anticipatori e prodromici, in quanto strumentali al consolidamento e all’ampliamento del mercato, che solo all’imprenditore spetta valutare, non possono che ritenersi deducibili, in quanto inerenti all’attività d’impresa»; - «non spetta all’ufficio valutare la portata dell’inerenza delle spese pubblicitarie all’attività d’impresa, ove quelle spese possano essere obiettivamente rapportate al nome e all’oggetto dell’impresa, ed inquadrate nello svolgimento e nello sviluppo dell’attività della stessa, in conformità di tali presupposti». Per approfondimenti in merito al rispetto del principio dell’inerenza per la deducibilità dei costi, vedi 2.3. Principio dell’inerenza. Contratto di sponsorizzazione stipulato a favore di un terzo Nella Sent. della Corte di Cassazione, Sez. tributaria, 16 novembre 2011, n. 24065, è stato sostenuto, con riferimento ad un contratto di sponsorizzazione stipulato da una società «con una società cinematografica per pubblicizzare l’immagine di un’altra società con la quale intratteneva rapporti commerciali», che «la mera prestazione pubblicitaria richiesta dalla contribuente a favore di un terzo soggetto non configura elemento sufficiente a qualificare il contratto come stipulato per conto altrui (con conseguente non inerenza ed indeducibilità della spesa), dovendo essere indagati eventuali rapporti tra la società contribuente ed il terzo tali che la prima possa comunque ottenere vantaggi ed utilità dalla pubblicità svolta in favore del terzo», «fermo il principio secondo cui la prova della inerenza della spesa grava sul contribuente». Con riferimento a tali rapporti commerciali tra lo sponsor e il terzo in forza dei quali si possa ritenere che lo sponsor comunque ritragga «vantaggi ed utilità dalla pubblicità svolta in favore del terzo», sempre nella Citata Sent. n. 24065/2011 vengono fatti i seguenti esempi: - «nel caso in cui sussista un rapporto di subfornitura, il subfornitore sostiene le spese di pubblicità del prodotto finale fabbricato o commercializzato da un’altra impresa: da tale pubblicità il sub-fornitore si attende infatti un potenziale incremento degli ordini di fornitura»; - «nel caso di clausola di esclusiva di rivendita, il rivenditore sostiene le spese di pubblicità del marchio della ditta produttrice: la pubblicità della immagine o dei prodotti della impresa produttrice ridonda, infatti, a favore del potenziale incremento delle vendite della concessionaria in esclusiva: cfr. Corte Cass. 1 sez. 11.10.1997 n. 9880)». Le argomentazioni di cui sopra sono state riprese e fatte proprie dalla Sent. della Corte di 7 3.14 | COSTI DELLA PRODUZIONE 3.14.21 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza Cassazione, Sez. V civile, 27 aprile 2012, n. 6548, dove, con riferimento al caso concreto in cui: - «la casa madre Seiko Epson Corporation» aveva conferito alla Epson Italia S.p.A. «l’incarico di «distributore esclusivo» in Italia, per l’attività di importazione, vendita e distribuzione dei prodotti contrassegnati con il marchio Epson», e - la società Epson Italia S.p.A. aveva sponsorizzato il «marchio «Epson», attraverso il servizio meteo offerto dalle reti Mediaset, nonché attraverso manifestazioni sportive e società terze», quantunque fosse la «casa madre giapponese, Seiko Epson Corporation», il soggetto «titolare del marchio e produttrice delle apparecchiature informatiche oggetto di sponsorizzazione», è stato affermato che, «a fronte della connaturale inerenza che l’attività di pubblicizzazione, sia pure indiretta, dei prodotti Epson da parte della Epson Italia presenta rispetto all’attività commerciale svolta dalla medesima, in quanto distributore in via esclusiva sul territorio nazionale», consegue la «legittimità della deduzione dei relativi costi» sostenuti dalla Epson Italia S.p.A.. Il tutto considerando anche che «sarebbe stato onere dell’amministrazione, attenendo la prova ai fatti costitutivi della maggiore pretesa azionata, comprovare che tali costi venivano ad incidere, in tutto o in parte, sull’attività della casa madre Seiko Epson Corporation» (in merito all’onere della prova vedi anche 2.3.3 Onere della prova). Più in generale, si legge sempre nella richiamata Sent. n. 6548/2012, «nel caso in cui lo sponsor sia il distributore esclusivo, per l’Italia, di un determinato prodotto, dalla sua relazione d’affari con il produttore, e dal fatto che anche quest’ultimo tragga vantaggio dalla maggiore diffusione del suo marchio presso i consumatori, non può trarsi - in via automatica – la conclusione per cui egli sia un contraente per conto altrui, e non nel proprio interesse, dovendo - per contro - tale eventualità essere accertata in fatto, nelle singole fattispecie concrete (cfr. Cass. 9880/97, 12801/06)». Elargizioni a favore dell’attività sportiva dilettantistica L’art. 90, comma 8, della Legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha stabilito una particolare presunzione per i corrispettivi in denaro o in natura elargiti, con finalità di sponsorizzazione, in favore dell’attività sportiva dilettantistica. Le elargizioni in argomento, innanzitutto, devono essere a favore dei soggetti indicati nel comma 8 di cui sopra, vale a dire oltre che a favore delle società e associazioni sportive dilettantistiche e delle fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, anche a favore di associazioni sportive scolastiche che «svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva». L’individuazione delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche di cui sopra è tuttavia agevolata dal fatto che, a norma dell’art. 90, comma 17, della Legge n. 289/2002, le stesse «devono indicare nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o la denominazione sociale dilettantistica» e a norma del successivo comma 20 devono essere iscritte presso un apposito registro tenuto presso il CONI. A tale riguardo, al punto 1.1. della C.M. 22 aprile 2003, n. 21/E, è stato precisato che «detto registro tenuto dal CONI può assolvere, per l’Amministrazione finanziaria, una importante funzione ricognitiva degli organismi sportivi dilettantistici ed è, quindi, particolarmente utile anche ai fini dell’attività di controllo». Premesso quanto sopra, la norma dispone che i corrispettivi in denaro o in natura elargiti in 8 TORNA ALLA PAGINA COSTI DELLA PRODUZIONE | 3.14 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza 3.14.21 favore dei soggetti come sopra individuati costituiscono, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, deducibile a norma dell’art. 108, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986. La stessa norma prevede, inoltre, che l’elargizione deve essere «volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario». Sul punto si rileva che, poiché l’importo di 200.000 euro è riferito ad un periodo di un anno, si ritiene che nel caso in cui il periodo d’imposta sia superiore o inferiore a dodici mesi tale importo debba essere ragguagliato alla durata del periodo d’imposta. Al punto 8. della C.M. 22 aprile 2003, n. 21/E, è stato inoltre precisato che «la disposizione in esame introduce, in sostanza, ai fini delle imposte sui redditi, una presunzione assoluta circa la natura di tali spese, che vengono considerate - nel limite del predetto importo - comunque di pubblicità e, pertanto, integralmente deducibili per il soggetto erogante ai sensi dell’art. 108, comma 2, del Tuir nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio medesimo e nei quattro anni successivi» (vedi 3.1.4 Costi di pubblicità). Al riguardo si rimarca che si tratta di una presunzione assoluta a favore del contribuente che non impedisce che le stesse elargizioni, per la parte dell’ammontare che supera il limite previsto dalla norma, possano in ogni caso anch’esse essere considerate spese di pubblicità. Del resto si è già visto prima che le spese di sponsorizzazione possono essere accomunate a quelle di pubblicità e nella C.M. n. 21/E di cui sopra è stato precisato che le spese in argomento, nei limiti del predetto importo, sono considerate «comunque» di pubblicità (senza bisogno di alcuna particolare analisi relativamente alla loro natura). L’interpretazione di cui sopra ha trovato conferma nella R.M. 23 giugno 2010, n. 57/E, dove è stato precisato che la norma in esame «non introduce un limite massimo all’integrale deducibilità dal reddito d’impresa delle somme corrisposte agli enti di cui trattasi, ma individua l’importo entro il quale dette somme costituiscono per presunzione assoluta spese di pubblicità. Pertanto, nella circostanza in cui … il soggetto erogante versi alle società o associazioni sportive dilettantistiche un corrispettivo di ammontare superiore al limite annuo complessivo di 200.000 euro, l’eccedenza sarà eventualmente deducibile in capo al medesimo erogante secondo le regole ordinarie previste dal TUIR. Più in particolare, l’eccedenza in discorso sarà deducibile dal reddito d’impresa del soggetto erogante ai sensi dell’art. 108, comma 2, primo periodo, del TUIR a condizione, ovviamente, che la natura del rapporto contrattuale presenti tutti i requisiti formali e sostanziali riscontrabili in un rapporto di sponsorizzazione o di altra prestazione». Sempre al punto 8. della C.M. n. 21/E sopra richiamata è stato anche precisato, rimarcando il contenuto della legge, che «si evidenzia che la fruizione dell’agevolazione in esame è subordinata alla sussistenza delle seguenti condizioni: 1) i corrispettivi erogati devono essere necessariamente destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante; 2) deve essere riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima». Nella Sent. della Commissione Tributaria Provinciale di Mantova, Sez. 1, 30 aprile 2013, n. 114, è stato sostenuto che: - la norma in questione ha introdotto, nell’ordinamento fiscale, una ««presunzione assoluta» circa la natura di spese di pubblicità delle somme corrisposte, nel limite d’importo annuo di euro 200.000, per la promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante», e 9 3.14 | COSTI DELLA PRODUZIONE 3.14.21 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza - il fatto che «il messaggio promozionale» sia «diretto all’esiguo numero di spettatori degli eventi sportivi» dilettantistici non può essere addotto quale valido motivo «al fine di valutare come antieconomico il costo sostenuto». Questo in quanto «deve considerarsi ... che il messaggio pubblicitario lanciato attraverso il sostegno economico fornito alle associazioni sportive dilettantistiche non raggiunge solo il pubblico presente agli eventi ma viene recepito positivamente da un numero molto più elevato di persone anche per effetto della cronaca sportiva della stampa locale». In senso più ampio si deve considerare che: - poiché non può essere contestato, per quanto già prima illustrato, che le spese di sponsorizzazione siano assimilate alle spese di pubblicità, e - poiché non esistono norme che pongono limiti alla deducibilità di tali spese, la norma in esame, non aggiungendo nulla alla normativa ordinariamente applicabile, ha un senso solo se la si interpreta nell’ambito della volontà del legislatore di assistere e di favorire l’attività promossa dalle società e associazioni sportive dilettantistiche, invogliando il privato a sostituirsi allo Stato in tale attività di sostegno. Occorre infatti considerare che, se è seppur vero che il contribuente trae un vantaggio fiscale dalla deducibilità delle erogazioni in argomento (minori IRES ed IRAP dovute), è altrettanto vero che la parte di tali erogazioni che non trova compensazione nel detto risparmio fiscale rappresenta un esborso vero e proprio del privato in sostituzione dello Stato nel sostenere tali attività sportive dilettantistiche, seppur con il fine concomitante di promuovere la propria immagine e/o i propri prodotti. Si deve pertanto ritenere che l’art. 90, comma 8, della Legge n. 289/2002 abbia introdotto, proprio per il fine sociale sopra illustrato, una presunzione non solo di inerenza ma anche di congruità delle erogazioni in questione, alla sola condizione che i corrispettivi siano destinati alla promozione dell’immagine e/o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario dell’erogazione. Al punto 1 della C.M. 13 luglio 2009, n. 34/E, è stato precisato che la disposizione in argomento continua a trovare applicazione anche dopo le modifiche che la Legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha apportato all’art. 108, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986. Pubblicità di medicinali Con il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 541, il legislatore ha dettato una particolare disciplina concernente la pubblicità dei medicinali per uso umano effettuata attraverso convegni e congressi. A tale riguardo, l’art. 36, comma 13, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449, dispone che «le spese di pubblicità di medicinali comunque effettuate dalle aziende farmaceutiche, ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 541, attraverso convegni e congressi, sono deducibili nella misura del 20 per cento ai fini della determinazione del reddito d’impresa». La deducibilità della spesa, inoltre, è subordinata all’ottenimento, da parte dell’azienda farmaceutica, della prescritta autorizzazione ministeriale alla partecipazione al convegno o al congresso in forma espressa, ovvero nelle forme del silenzio-assenso nei casi previsti dalla legge. Beni o servizi destinati a medici, veterinari o farmacisti Per quanto riguarda «i costi sostenuti per l’acquisto di beni o servizi destinati, anche indirettamente, a medici, veterinari o farmacisti, allo scopo di agevolare, in qualsiasi 10 TORNA ALLA PAGINA COSTI DELLA PRODUZIONE | 3.14 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza 3.14.21 modo, la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto ad uso farmaceutico», vedi 3.14.24 Altre spese ed oneri interamente indeducibili). Imprese di nuova costituzione Per quanto riguarda le imprese di nuova costituzione, l’art. 108, comma 4, del D.P.R. n. 917/1986 dispone che le spese di pubblicità e di propaganda sono fiscalmente deducibili a partire dall’esercizio in cui sono conseguiti i primi ricavi (per approfondimenti e per l’esame della riconciliazione di tale disposizione con le norme civilistiche, vedi 3.1.2 Costi di impianto e di ampliamento). Spese di rappresentanza Evoluzione normativa Il regime di deducibilità fiscale delle spese di rappresentanza è stato modificato dall’art. 9 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, con effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 7 ottobre 2015 (cioè, con effetto dal periodo d’imposta 2016 per le imprese il cui esercizio sociale è coincidente con l’anno solare). Nel proseguo sarà oggetto di esame il nuovo regime fiscale, mentre per il precedente si veda il corrispondente paragrafo 3.14.21 Spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza dell’edizione 2015 del libro. Normativa di riferimento L’art. 108, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986, come sostituito dal comma 1 dell’art. 9 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, dispone che «le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse». La norma di attuazione di cui sopra è stata emanata con il D.M. 19 novembre 2008. Beni di valore unitario non superiore a euro 50 Sempre l’art. 108, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986 dispone, inoltre, che «sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a euro 50». Si osserva, innanzitutto, che il fatto che tali spese siano «comunque deducibili» non vuol dire che le stesse non debbano rispettare i requisiti di «inerenza e «congruità», oltre illustrati, previsti dall’art. 1, comma 1, del D.M. 19 novembre 2008 per le spese di rappresentanza, ma semplicemente che per esse non si applicano i limiti di deducibilità che il comma 2 dello stesso art. 1 pone in proporzione ai ricavi e agli altri proventi. Del resto il successivo comma 4 di tale art. 1 prevede che le spese in questione sono «deducibili per il loro intero ammontare» (nello stesso senso è la R.M. 12 marzo 2014, n. 27/E). Il legislatore non pone inoltre limiti in merito all’origine dei beni che vengono distribuiti gratuitamente (omaggi). Gli stessi, pertanto, possono essere stati acquistati da terzi, come possono essere stati prodotti dall’impresa, possono essere beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, come possono essere beni estranei a tale attività. 11