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04 | XII | 09
numero
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L’appuntamento del venerdì
REPORTAGE - GIORNICO
La chiesa di San Nicolao
AGORÀ Scuola " ARTI Hopper " DOMUS Il bagno
Corriere del Ticino
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laRegioneTicino
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Tessiner Zeitung
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CHF 3.–
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con Teleradio dal 6 al 12 dicembre
San Nicolao a Giornico
La foresta di simboli
“La verità può essere trasmessa [...] in maniera logica
oppure simbolica (Dionigi Pseudo-Areopagita). Il simbolo enuncia l’inadeguatezza del dato o dell’immagine
a esprimere il sacro e nello stesso tempo si dimostra
quale il mezzo più opportuno per rivelarlo, perché il
vero è invisibile, illimitato, inattingibile…”
di Fabio Martini; fotografie di Alessandra Meniconzi
Particolare dei due capitelli all’ingresso della
cripta: il fiore in sboccio (a sinistra) e il leone
(a destra). Il percorso simbolico è articolato
secondo un orientamento sud-nord
Il leone su uno dei due capitelli d’ingresso
sembra quasi aggredire il visitatore, come
a metterlo in guardia sulla natura sacra
e minacciosa del luogo
Il fonte battesimale fotografato in direzione
della facciata. Si noti il bassorilievo a carattere
zoomorfo
nostra stessa fisicità sembra tramutarsi,
mentre i simboli, di cui l’interno delle
chiesa è ricco, si accalcano attorno a
noi trasmettendoci un’energia oscura
e misteriosa.
A tal riguardo, il nostro cantone offre
i suoi tesori, luoghi e spazi che hanno saputo “resistere” – per qualità
intrinseche e un indiscutibile valore
storico-artistico – all’impressionante
modificazione del territorio accaduta
nel corso dei secoli.
L’occasione per trattarne è rafforzata
dal già citato studio di Francesca Selcioni, nel quale la storica dell’arte prende
in esame due piccoli “grandi” gioielli
ticinesi, San Nicolao a Giornico – che
Alessandra Meniconzi ha fotografato
per Ticinosette –, e San Vittore a Muralto; edifici che per valore simbolico,
ricchezza delle decorazioni e per le singolari caratteristiche archeo-astronomiche (questo aspetto è analizzato nel
volume da un dettagliato contributo
del prof. Adriano Gaspani, dell’Istituto
Nazionale di Astrofisica Osservatorio
Astronomico di Brera), consentono un
excursus di grande interesse sull’esperienza artistica del Romanico ticinese e sui suoi complessi addentellati,
spesso ignorati dai manuali di storia
dell’arte.
già al tempo della visita di San Carlo
Borromeo nel 1570 – rientrava dal 1298
nel priorato benedettino piemontese
che faceva capo all’abbazia di San Benigno in Fructuaria, fondata nel 1003
da Guglielmo da Volpiano, alla cui
concezione costruttiva è fatta risalire
la struttura dell’edificio. Restaurata
a metà del secolo scorso, la chiesa,
edificata in conci di granito, ha pianta
rettangolare con la facciata tripartita e
divisa da lesene congiunte in alto da
arcate cieche. Al suo interno, seguendo
il percorso orizzontale che conduce
dalla facciata all’abside, metafora del
cammino spirituale dal mondo materiale alla santità, San Nicolao offre
come scenografia spettacolare e immediatamente percepibile la visione
della cripta a tre navate sormontata
dal coro e dall’abside, notevolmente
elevati e raggiungibili attraverso due
scale laterali (a quella di sinistra è
affiancata la struttura del campanile
ricavata nello spazio della navata). La
dimensione verticale si manifesta con
forza agli occhi del visitatore: dalla
cripta, simbolo del regno delle tenebre, ma anche luogo di espiazione e
rinascita, l’occhio risale alla santità del
coro e al mondo celeste, rappresentato
dall’abside e dalla volta.
La cripta di San Nicolao riveste inoltre
una particolare importanza. Come
rileva Francesca Selcioni, “… è la più
suggestiva del nostro patrimonio artistico (…) Le figure che popolano i
capitelli, a parte lo sbocciare dei fiori
scolpiti, orientati verso l’entrata della
luce, sono per lo più zoomorfe e simbolicamente negative. Dunque, seguendo
i dettami della tradizione simbolica,
in apertura di reportage
La chiesa di San Nicolao fotografata in direzione
nord. Si noti la facciata tripartita e il portale sul
fianco rivolto a meridione. Il testo che la accompagna è tratto da: Natale Spineto, I simboli nella
storia dell'uomo, p. 7, Jaca Book, 2002
P
er motivi facilmente comprensibili legati al culto, al
sentimento religioso e a una
complessa valenza simbolica,
la chiesa antica si configura come un
dispositivo culturale capace di restituirci – talvolta in modo non facilmente
intelligibile –, non solo la memoria
di ciò che siamo stati ma anche le
modalità che hanno caratterizzato il
nostro passato. Del resto, il termine
“tempio”, nel suo significato di “porzione”, “sezione”, condivide la radice
etimologica con la parola “tempo” (dal
latino templum per tempulum, diminutivo di tempus). È infatti nell’atto di
varcare la soglia del tempio che l’uomo
si dispone a oltrepassare il margine fra
la limitatezza della propria esperienza
mondana e l’eternità, la dimensione
propria del divino. La navata, le volte,
l’abside, le colonne, le pareti stesse
delle chiese trascendono la loro fisicità per divenire, per via squisitamente
simbolica, superfici sensibili, quasi
osmotiche, in grado di trasmettere e
trascinare il fedele verso una dimensione cosmica e metafisica: “Il fatto di
costruire una chiesa, seppur di piccole
dimensioni, aveva lo scopo di aprire i
fedeli a una visione dell’universo come
veniva concepito allora”, scrive Francesca Selcioni nel suo recente saggio Le
pietre raccontano. Le rivelazioni della casa
di Dio (Armando Dadò Editore, 2009).
È un dato di fatto che – indipendentemente dalle proprie credenze o posizioni religiose – l’ingresso in una chiesa,
soprattutto se si tratta di edifici antichi,
infonda in noi un senso di straniamento e di profonda suggestione: il
senso del tempo appare alterato, la
San Nicolao, l’ingresso
nel microcosmo dei simboli
Il primo riferimento alla chiesa di San
Nicolao in Leventina è presente in un
documento del 1202 rinvenuto nell’archivio parrocchiale di Chironico. Inizialmente dedicata ad altri santi (forse
Giacomo e Filippo), la chiesa – con un
annesso convento, non più presente
La verticalità pronunciata della struttura composta dalla cripta e dall’abside sottolinea il passaggio dal mondo sotterraneo (cripta), a quello terreno
(pavimento), a quello celeste (volta). Al centro degli affreschi dell’abside la bella immagine del Cristo racchiusa nella mandorla
L’interno della navata di San Nicolao ripreso verso la zona absidale e la cripta. Sulla destra il fonte battesimale.
Particolare la struttura campanaria ricavata sulla destra all’interno della chiesa stessa
la cripta di Giornico è una cripta di purificazione
interiore”. La serie di capitelli suggerisce infatti al
visitatore un vero e proprio itinerario simbolico
in cui a dominare sono le immagini del fiore e del
leone. Mentre il primo, presente su più capitelli e
colto nelle sue differenti fasi di crescita, indica il
percorso di rinascita dell’anima del credente; il secondo, raffigurato due volte in posizioni differenti,
ammonisce il visitatore al suo ingresso nella cripta
ma al contempo lo guida all’uscita. Le colonne,
come tanti alberi di pietra, vengono così a costituire
una piccola foresta simbolica, un labirinto in cui
l’anima del fedele si può perdere ma in cui il filo
simbolico rappresentato dai capitelli – oltre al leone
e al fiore, compaiono anche le immagini della lepre,
del loup vert, della colomba e del libro – indica la
via verso la salvezza.
Le sculture presenti sulle pareti esterne dell’edificio sono tutte rivolte nella
direzione della luce, mentre le pareti esterne rivolte verso il “buio” ne sono prive
Una chiesa “spaziale”
L’altro aspetto di grande interesse della chiesa di
Giornico, è rappresentato dalla sua collocazione
spaziale e dal suo orientamento. La simbologia solare attribuita alla figura del Cristo ha profondamente
influenzato i criteri di orientamento delle chiese,
riassumibili nella formula Versum solem orientem.
In realtà la costruzione delle chiese con l’abside
rivolta a oriente e la facciata a occidente si registra
a partire dal V secolo, ma è nel corso del Medioevo,
grazie all’attività trattatistica di Gerberto d’Aurillac,
futuro papa Silvestro II (945 ca.–1003) che questi
criteri vengono sviluppati, perfezionati e universalmente adottati. Si afferma infatti il principio del Sol
Aequinotialis, secondo cui l’orientamento est-ovest
degli edifici sacri doveva avvenire in riferimento ai
punti di levata e discesa del sole in concomitanza
agli equinozi.
A parte le numerose eccezioni (San Pietro e San
Giovanni Laterano a Roma hanno l’abside rivolta
a occidente), il criterio fu mantenuto soprattutto
nel corso del Medioevo. San Nicolao presenta
però alcune specificità. Misure accurate, effettuate
anche grazie ai rilevamenti satellitari, mostrano
che l’edificio si discosta di ben 35° verso nord, con
un azimut astronomico di circa 55° nella direzione
dell’asse longitudinale che dall’abside corre alla
facciata. Questa deviazione dal Sol Aequinotialis, notata anche in altre chiese presenti nell’area alpina, è
dovuta alla differente percezione dell’orizzonte locale, non corrispondente all’orizzonte naturale per
l’ovvia presenza dei rilievi montuosi. Ne deriva che,
come dichiara Adriano Gaspani nel suo scritto in
appendice al saggio di Francesca Selcioni: “Il valore
dell’azimut astronomico di orientazione dell’asse
della navata della chiesa di San Nicolao è quindi
molto prossimo a quello del punto di levata del
Sole al solstizio d’estate, all’orizzonte astronomico
locale, durante il XIII secolo”.
Manifestazione diretta di Dio, la luce era dunque
l’elemento intorno al quale edificare la chiesa, vera
e propria imago mundi e luogo in cui si celebrava
il confronto serrato e costante fra luce e tenebre. E
alla Regione della luce, e al suo massimo splendore,
la chiesa di Giornico sembra dunque per sempre
appartenere.